Anno XIV - n. 3 maggio-giugno 2016

Transcript

Anno XIV - n. 3 maggio-giugno 2016
Anno XIV - n. 3 maggio-giugno 2016
ricordo di te
4 InFabiana...
Autorizz. Tribunale di Rossano Reg. Periodici
N. 02/03 - 25 marzo 2003
Sede: Via M. Montessori
Tel. 0983.031492 - CORIGLIANO CAL. (Cs)
www.mondiversi.it - [email protected]
Direttore Responsabile:
CARMINE CALABRESE
Direttore Editoriale:
ANGELA DE GIACOMO
Redazione:
RAFFAELLA AMATO, CARMINE CIANCI
ENZO CUMINO,COSIMO ESPOSITO,
CRISTIAN FIORENTINO,
ANTONIO GIOIELLO, ERNESTO PAURA
LUCA POLICASTRI,
ADALGISa Reda, Mario Reda,
LUISA SANGREGORIO
FRANCESCO SOMMARIO
Grafica e Stampa:
Tipografia ORLANDO s.a.s.
Via SS. Pietro e Paolo
87064 CORIGLIANO CALABRO (Cs)
[email protected]
Tel. 0983.84623
Copertina a cura
di Luca Policastri
di Antonella Martilotti
6 Giornata della legalità
di Sonia Leonino
8 Corigliano:
porto di migranti
di Antonella Sapia
18 Tanti per tutti
di GAETANO GIANZI
“Quadrato Compa20 Ilgna”...
di Franco Liguori
alla città
22 Restituito
l’Arco di S. Gennaro
di E. Cumino e C. Cianci
24 La bambina e il sognatore
8 Immigrazione
la città ha una
26 Personaggi di un tempo
10 Rossano:
nuova amministrazione
mondiinversi
27
e valorizzazione
12 Gestione
del Centro Storico
28 Itinerari da valorizzare
degli Unesco
14 8°nelWorkshop
30 Narrare con le foto in due
Parco del Pollino
di ANTONIO GIOIELLO
di GIOVANNI TORCHIARO
di Aldo Fusaro
di Sandrino Fullone
a cura di Giuseppe De Rosis
di Francesco Sommario
di GRAZIA VULCANO
16
Inaugurazione
Orto Sociale “Margherita”
di COSIMO ESPOSITO
di Cosimo Esposito e Antonio Ida
di Pino e Matteo Maria Marasco
l’ora Legale
33 Flussi
migratori
verso l’Europa
di Raffaella Amato
Per contributi e donazioni all’Associazione Mondiversi e per sostenere le attività del Centro Antiviolenza Fabiana - IBAN: IT24K0306780691000000000055
dona il tuo 5xmille-codice fiscale 97011930787
MARTEDI’ 25 OTTOBRE
In ricordo di te Fabiana...
di Antonella Martilotti
4
24 Maggio 2016 ore 9.30, sono
passati esattamente 3 anni dalla
scomparsa di Fabiana e come
ogni anno da quel tragico evento ci ritroviamo lì, in quel luogo
dove la giovane veniva ritrovata ormai senza vita.
La giornata inizia proprio da
qui… una rosa bianca posta
sul luogo del delitto, un luogo
che racconta, nel quale ancora
si avverte sofferenza e brutalità
In ricordo di te Fabiana è il titolo della giornata commemorativa fortemente sentita e organizzata per il terzo anno consecutivo dal Centro Antiviolenza
Fabiana in collaborazione con
l’Istituto Tecnico Commerciale L. Palma, il supporto attivo
delle Associazioni del terzo settore del territorio di Corigliano
e il gratuito patrocinio della Camera dei Deputati, della Regione Calabria, della Provincia di
Cosenza, del Comune di Corigliano, dell’ASP Cosenza.
La manifestazione si è svolta
in due momenti importanti, il
primo in quell’angusto terreno
incolto, dove adesso è stato ricavato uno spazio recintato, qui
gli amici di Fabiana, le Associazioni, le Scuole e le Istituzioni
hanno partecipato con forte
commozione a momenti di preghiera e riflessione personale; il
secondo momento della giornata, ha avuto luogo nella palestra
dell’Istituto Tecnico Commerciale L. Palma, intitolata alla
stessa Fabiana.
La palestra colma di tanti giovani, ha ospitato la famiglia Luzzi,
i rappresentanti delle Istituzioni
e le Associazioni del territorio.
Il dirigente scolastico Cinzia
D’amico ha saputo condurre
una manifestazione che ha visto
protagonisti soprattutto i giovani studenti, i quali si sono resi
protagonisti e testimoni di una
giornata triste, ma che ha offerto diversi spunti di riflessione su
un fenomeno quale quello della
violenza di genere che dilaga e
non conosce età, né limiti geo-
grafici.
I diversi momenti sono stati accompagnati anche da esibizioni
musicali, di danza, prendendo
spunto da quanto successo e interrogandosi su che cosa si può
fare affinché la tragica vicenda
di Fabiana non cada nel dimenticatoio, ma anzi sia da esempio
per evidenziare il vero valore
della vita e dell’amore sano,
lanciando messaggi forti perché
atti così gravi non vengano mai
più commessi.
Durante la manifestazione, si
è voluto fortemente porre l’attenzione sul ruolo dei giovani
come perno della comunità positiva, una comunità bisognosa
di cambiamenti radicali che
possano portare ad avere una
visione diversa della donna, una
donna che contribuisce nella società sia culturalmente, economicamente professionalmente e
personalmente.
Durante la giornata sono stati diversi gli interventi da parte dei
rappresentanti delle istituzioni
locali e non che hanno presenziato sottolineando ognuno il
proprio pensiero rispondendo
alle diverse domande poste dagli stessi studenti sul tema della
violenza di genere.
La commozione è stata tanta
ripensando a Fabiana, a quan-
to avrebbe potuto fare ancora
nella sua vita e non è riuscita a
realizzare. Momento fortemente commovente, la premiazione del concorso di poesia, altra
passione della giovane, indetto
dall’Istituto Tecnico Commerciale L. Palma, rivolto a tutte le
scuole di Corigliano Calabro.
Tra i tanti brani pervenuti, quelli scelti per la premiazione sono
stati quattro: per il biennio degli istituti superiori a vincere è
stata Marinella Cropanise con
la poesia “Come essere donna
“; per il triennio vince Giuseppe Fusaro con “ La fenice” ; per
l’Istituto Tecnico Commerciale
Davide Gammaro con “Stasera
non torno”; per la scuola media
V. Tieri Francesca De Gaetano
con “Ali di donna”.
Sempre in occasione della giornata in ricordo di Fabiana è stata
allestita nella palestra dell’I.T.C
L. Palma, la mostra di Maria Tavernise, dal titolo “L’arte della
donna”, le cui opere, sono state
visionabili fino a luglio presso
la sede dell’Associazione Mondiversi anche sede del Centro
Antiviolenza Fabiana, in via
Montessori.
La giornata volge al termine tra
ricordi, tristezza, commozione,
ma anche con la consapevolezza che momenti di sensibilizzazione e informazione siano
necessari e fondamentali per instaurare quella cultura della non
violenza e del rispetto dell’unione sana tra uomo e donna.
5
ILLUMINAZIONI INTERNE ED ESTERNE
MATERIALE ELETTRICO
SISTEMI DI ALLARME E VIDEOSORVEGLIANZA
Giornata della legalità
di Sonia Leonino
Lo scorso 19 Maggio si è tenuta, presso il Cinema
Teatro Metropol, la seconda delle due manifestazioni
di sensibilizzazione previste dal progetto “Legalmente
Giovani” dell’Associazione Mondiversi, approvato e
finanziato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri
– Dipartimento della Gioventù e del Servizio Civile
Nazionale. L’evento ha coinvolto la popolazione
studentesca, circa 1800 studenti degli Istituti Superiori
di Corigliano Calabro.
All’evento patrocinato dalla Regione Calabria, hanno
preso anche gli associati esterni che hanno coadiuvato
l’azione progettuale: il Comune di Corigliano Calabro,
l’associazione “Tendiamo le mani” e il CIF (Centro
Italiano Femminile).
Durante la manifestazione, i giovani studenti hanno
portato in scena il frutto della loro partecipazione ai
“Laboratori della Legalità”, dove hanno sviluppato
considerazioni e riflessioni sui temi cari al progetto:
abuso di sostanze stupefacenti e alcool, gioco d’azzardo,
microcriminalità, immigrazione, usura e raket, a partire
dalla locandina della “Giornata della Legalità”, realizzata
dagli studenti che hanno preso parte al Laboratorio
multimediale. E’ stata allestita una mostra fotografica
nell’atrio del Cinema, incentrata anch’essa sui temi
della legalità, ideata e realizzata dagli studenti che hanno
partecipato nell’ultimo anno al laboratorio fotografico.
Sulle note di “Hallelujah”, di Leonard Cohen, Angelo
Pio De Vincenzo e Giampaolo La macchia hanno recitato
un brano scritto da loro:
“A te che cerchi rimedio in quella bottiglia, sperando che
possa cancellare i ricordi, cancellare un passato oscuro
e fuggire dalla relatà. Ma non è così, sai? Non serve un
liquido per alleviare il dolore, on serve ubriacarsi per
raggiungere la felicità, non è bevendo che riuscirai ad
essere una persona migliore. Perché i problemi vanno
affrontati, non bevuti.
A te, che non puoi fare a meno di quella sostanza, quella
che pensi sia la soluzione, quella sostanza che, giorno
dopo giorno, ti uccide. Forse non te ne rendi conto,
ma facendo uso di droghe abusi della tua vita, abusi
della tua salute. E non ti rendi conto che facendo uso
di queste sostanze i tuoi problemi non svaniscono, ma si
accumulano ancor di più.
6
Tutte queste schifezze, ricorda, sono delle finte realtà,
sono finti sorrisi, sono una finta felicità.”
I giovani che hanno frequentato il Laboratorio musicale
si sono esibiti in un brano inedito dal titolo “Vivi nella
legalità”:
“Un bicchiere per divertirmi
Uno in più per distruggermi
Il cervello può deludere
La mia vita è tutta un vivere.
Questa è droga che può uccidermi
Questa è merda che non può sorridermi
Il mio cuore è a suon di musica
La mia vita è cosa magnifica.
RIT. Amo la mia legalità
Vivo con la mia libertà!
Amo la mia legalità
Vivo con la mia libertà!
Non ti voglio sentire diverso
Se mi eviti sei tu che hai perso
Giochi troppo ma non sei vincente
Questo sballo ti rovina la mente.
Non ha prezzo la tua libertà
Lotta sempre per la tua città
Nessun essere è illegale
Se non sembra a te uguale.
RIT. Amo la mia legalità
Vivo con la mia libertà!
Amo la mia legalità
Vivo con la mia libertà!”
Sulle note de “I cento passi”, dei Modena City Ramblers,
i giovani studenti del Liceo Scientifico F. Bruno si sono
esibiti intonando pezzi della famosa canzone intervallati
da momenti di danza e momenti recitati sulla vita di
Peppino Impastato.
Protagonisti della giornata, quindi, i destinatari diretti del
progetto stesso, i giovani tra i 14-19 che hanno maturato
in questi mesi di durata del progetto, consapevolezze e
riflessioni sui temi cari all’azione progettuale, favorendo
quel flebile instaurarsi della cultura della legalità sorretto
dal principio cardine che si è fortemente cercato di
diffondere: “Rispetta te stesso, rispetta gli altri, rispetta
l’ambiente in cui vivi”.
A concludere la giornata è stata la compagnia teatrale
Ansiteatro di Aversa, che ha portato in scena il musical
C.da Muzzari
Tel. 0983 887740 - cell. 366 3461618
CORIGLIANO CALABRO (Cs)
e-mail: [email protected]
www.sergiogodinoilluminazioni.com
“Don Peppe Diana, per non dimenticare” scritto da
Giuseppe Capuluongo per la regia di Franco Apicella.
La rappresentazione è la storia di un prete che ha
sacrificato la vita per amore del suo popolo, un prete
morto per aver voluto compiere fino in fondo la sua
missione, contrastando con la dialettica dell’amore e
della ragione la violenza di chi impone un modo di vita
che imbarbarisce il genere umano. Don Peppe fu ucciso
dal clan dei Casalesi il 19 marzo 1994 nella parrocchia
di San Nicola, mentre si preparava a celebrare la messa,
ammazzato perché non si era arreso e voleva educare
i giovani alla legalità e al rifiuto della confidenza con la
camorra e il suo sistema di potere.
Il musical scelto come colonna portante della seconda
Giornata della Legalità ha offerto al giovane pubblico
in sala momenti tragici, momenti d’amore, brillanti, di
commozione. Si assiste al male che viene combattuto
dal bene, al cambiamento che si realizza anche quando
è insperato.
È questo cambiamento delle coscienze, della cultura, delle
condotte che l’azione principale del progetto ha tentato
di realizzare nei 18 mesi di durata dello stesso. Certi, che
ancora tanto bisognerebbe fare nel nostro territorio per
affermare quel principio che fortemente si è tentato di
diffondere: RISPETTA TE STESSO, RISPETTA GLI
ALTRI, RISPETTA L’AMBIENTE, L’Associazione
Mondiversi onlus garantirà la continuità e la sostenibilità
dell’obiettivo di diffusione della legalità attraverso le
sue attività istituzionali, la pubblicazione del proprio
periodico che continuerà ad ospitare interventi sui temi
cari al progetto, la gestione dei centri di aggregazione
per il sociale, le attività di solidarietà.
VITERITTI
ARREDAMENTI
Via S.S. 106 - Cantinella
Corigliano Calabro (CS)
Tel. 0983 80049 - [email protected]
7
Corigliano:
porto di migranti
di Antonella Sapia
8
L’immigrazione è un fenomeno irreversibile, l’Italia è tra le nazioni europee che negli ultimi anni ha registrato la crescita più significativa di
popolazione straniera con la conseguenza che il “bel paese” ha ormai
una identità multietnica. Gli sbarchi
che insistono quotidianamente sulle nostre coste confermano un’impennata dell’80% del numero di
migranti rispetto allo scorso anno,
10.165 nel 2015 e 18,234 da gennaio a marzo 2016. Sono ben 109.320
i migranti ospitati in Italia al 30
marzo 2016. Bisogna tenere conto
che le ondate di sbarchi variano di
settimana in settimana, a seconda
delle condizioni del tempo e di fattori geopolitici, alternate a giorni di
relativa calma.
Corigliano Calabro: 7 sbarchi tra il
2015 e il 2016, 2572 migranti in tutto, 238 i minori.
Il nostro territorio da sempre terra
di emigrati, diventa “terra di immigrati”, mosaico di popoli di diversa
nazionalità e cultura, persone che
vivono accanto a noi, sono nostri
colleghi, o vicini di casa, arrivati
fuggendo da guerre e povertà, alla
ricerca di un futuro migliore.
Gli ultimi sbarchi, avvenuti rispettivamente il 30 Maggio 2016 e il 29
Giugno 2016 nel Porto di Schiavonea, hanno registrato l’arrivo anche
di bambini e ragazzi soli, meglio
definiti come “Minori stranieri non
accompagnati”. Nascosti tra le centinaia di disperati che sbarcano sulle
nostre coste a bordo delle carrette
del mare, affrontano viaggi ai limiti
della sopportazione umana.
Nessun genitore o familiare al loro
seguito e neanche un documento
in tasca, sono ragazzi che a causa
delle condizioni igienico-sanitarie
in cui hanno attraversato il viaggio,
risultano affetti da infezioni come
scabbia, varicella, pidocchi. Tuttavia ogni cosa passa in secondo
piano, ciò che cattura l’attenzione
di molti presenti immediatamente
dopo lo sbarco, sono i loro sguardi,
i loro sorrisi e ancor di più, per chi
ha avuto modo di rincontrarli in un
secondo momento, i racconti di un
vissuto più grande di loro. Hanno
toccato con mano paura, diffidenza,
dolore, solitudine,spinti dalla forza
dei loro sogni, spesso indirizzati
più al bene delle famiglie lasciate
nel paese d’origine che a sé stessi.
Ragazzi che hanno meno di 18 anni,
ma con già molte vite alle spalle,
spesso marchiate da violenza, ragazzi che arrivano pieni di speranze,
ma che hanno sperimentato maltrattamenti, abusi, minacce, prostituzione, sfruttamento, hanno assistito
a volte impotenti alla morte dei loro
compagni.
Il 30 maggio 2016 n. 403 migranti
(360 uomini, 40 donne) sono sbarcati dalla nave Dignity I di Medicisenza Frontiere nel Porto di Schiavonea.
Sono stati assegnati al Comune di
Corigliano Calabro n. 61 minori, di
età compresa tra 16 e 17 anni, di cui
n. 60 maschi e n. 1 femmina. Trenta
ragazzi sono stati affidati alla Diocesi di Rossano, che si è resa disponibile all’accoglienza. Nello stesso
sbarco, il sindaco, Giuseppe Geraci,
ha ritenuto necessario adottare un
provvedimento urgente di collocamento di n. 31 minori stranieri non
accompagnati presso il Palazzetto
dello Sport di Corigliano Calabro,
dove è stato allestito uno spazio con
brandine per poterli ospitare, in accordo con il Presidente e i collaboratori della Corigliano Volley, che
si sono resi disponibili e concordi
davanti ad una situazione di emergenza.
Ad occuparsi dei minori, per circa
quindici giorni, sono stati gli operatori della Cooperativa Nuove Strade.
I giovani stranieri seppur con difficoltà di comunicazione dovute alla
lingua, in condizioni di abitabilità
non idonee, hanno regalato sorrisi e
hanno individuato nei volontari dei
punti di riferimento.
L’azione della Cooperativa è stata
supportata dalla Caritas impegnata nella preparazione dei pasti, da
diversi volontari, rappresentanti di
Associazioni e Cooperative del Terzo Settore, che hanno affiancato gli
operatori della Cooperativa nella
gestione dei turni. La stessa popolazione Coriglianese ha fornito beni
di prima necessità, attivando una
forte rete di solidarietà. Alcuni dei
minori stranieri non accompagnati,
perlopiù somali, si sono allontanati
volontariamente e di nascosto, senza
lasciare traccia di sé.
Fermo restando, la difficoltà di trovare delle strutture non solo in Calabria, ma anche fuori Regione, ormai
al collasso o non disponibili perché
i fondi per l’accoglienza non arrivano a destinazione in tempi congrui ,
assistendo a un rimpallo di responsabilità tra Comuni e Ministero, tra
comunità di accoglienza e Comuni,
nei giorni successivi allo sbarco al-
cuni dei minori sono stati trasferiti
a Cropani (CZ),altri a Montesanto
(SA) , altri ancora sono stati affidati
temporaneamente presso la Struttura della Fondazione A.D.F.L Rovitti,
sita a Francavilla Marittima.
A distanza di circa un mese dallo
sbarco dello scorso 30 maggio, nel
Porto di Corigliano Calabro attracca
la nave militare irlandese “Roisini”, con a bordo 498 migranti, provenienti da Nigeria, Mali, Eritrea,
Etiopia, Ghana e Cameroon. I minori non accompagnati sono stati 92,
tra cui una donna affidata all’Istituto
Sacro Cuore e due fratelli, rispettivamente di 8 e 16 anni affidati al
Responsabile dell’Istituto Salesiano
“Sacro Cuore”. Gli altri minori sono
stati collocati in modo temporaneo
al Palazzetto dello Sport, affidati al
Presidente dell’Associazione Marinella Bruno di Morano Calabro,
Giuseppe Bruno.
Considerato il consistente numero
di minori, rispetto allo sbarco precedente, appurate le difficoltà di ordine pubblico, di limitate condizioni
igieniche e sanitarie che un luogo
seppur ampio e ospitale come il Palazzetto dello Sport offre; costatata
la complessità oggettiva di reperire
beni di prima necessità e tutte le problematiche di tipo logistico e organizzativo si è reso necessario costituire un gruppo definito “Solidarietà
Sempre”, che mira ad attivare una
rete di supporto, formata da singoli
privati o Associazioni del territorio
che offrono un contributo atto ad
affiancare le autorità Comunali e il
lavoro dell’Associazione che ha in
carico la gestione dello sbarco. Nonostante tutto,la gestione degli 89
minori anche al fine di garantire la
minima assistenza sta diventando
sempre più gravosa e incerta.
Solo ascoltando i bisogni più profondi di questi minori, le loro storie, conoscendo le drammatiche condizioni
in cui si sono trovati costretti a vivere, potremmo riflettere su quali possibili soluzioni potranno permettere
loro di fuoriuscire dalla condizione
di marginalità, per volgersi verso un
futuro che valga la pena di essere
vissuto, verso la realizzazione di un
progetto di vita per il quale hanno lasciato tutto, limitando o annullando
forme di razzismo, diffidenza, rifiuto, esclusione. Forse, iniziando a non
concepire gli sbarchi come fenomeno di emergenza nell’emergenza, ma
come evento naturale, radicato nella
nostra società, e orientandoci verso un sistema di programmazione e
di accoglienza, che diamo al nostro
territorio la possibilità di aiutare e
integrare questi ragazzi evitando che
fuggano a proprio rischio o, peggio
ancora, che finiscano preda di traffici illegali, nella prostituzione, nella
devianza o nel reclutamento da parte
di criminalità organizzata.
9
Di Vincenzo
ph Alfonso
Immigrazione
sicurezza, accoglienza, solidarietà
di ANTONIO GIOIELLO
10
Oumar Sangare, questo il nome dichiarato, proveniente dalla Costa D’Avorio, è morto a solo 17 anni mentre
faceva il bagno nelle acque del mare
Jonio, in un caldo pomeriggio di inizio luglio. I suoi funerali, si sono svolti
due giorni dopo, fatti gli accertamenti
formali, secondo il rito musulmano.
Il Mediterraneo Oumar l’aveva attraversato tutto, in uno di quei viaggi in
cui non sai come finirà, se arriverai
alla meta oppure se lungo il tragitto
la tua vita non prenderà un’altra direzione. Affidato alla sorte, alla fortuna,
alla buona fede delle persone a cui i
suoi familiari lo hanno consegnato
dietro il pagamento di ingenti cifre
e alla sua capacità di resistenza, alla
sua voglia di farcela. Aveva passato la
parte forse più difficile del suo cammino, o forse quella che gli avevano
detto essere il tratto più pericoloso.
Non era morto durante la traversata,
il suo barcone non si era capovolto, né
gli era successo qualcosa prima, nel
viaggio all’interno dell’Africa. Era uno
dei circa 90 minori arrivati a Corigliano Calabro con lo sbarco del 29 giugno; trattenuto assieme agli altri nel
palazzetto dello sport della Città, in
attesa di una collocazione in strutture
di accoglienza. Dopo qualche giorno
dallo sbarco, tramite i volontari che
gli offrivano solidarietà, era riuscito
a mettersi in contatto con i familiari,
li aveva tranquillizzati, “ce l’ho fatta,
sono in Italia”, avrà presumibilmente
potuto dire. Ed invece poco dopo, una
scorribanda al mare, come si usa tra
adolescenti, e la tragica fine.
Attualmente gli extracomunitari che
arrivano nei porti con navi di soccorso, dopo essere stati recuperati in
mare, nel tentativo di attraversare il
Mediterraneo su barconi di fortuna, è
gestita così. Una specie di filiera mal
funzionante, che raccoglie i migranti
in mare, li accompagna nei porti ed i
sindaci dei comuni nei quali ricadono
i porti li trattengono alla meno peggio
in “contenitori” inadatti per poi smistarli in altrettanto inadeguate strutture di pseudo accoglienza. Senza una
strategia, un piano, un progetto, una
visione. Come se le varie comunità
di transito o di permanenza dovessero da sole assorbire l’urto degli arrivi
sempre più numerosi. Intanto Città e
Paesi si riempiono di presenze, più o
meno tollerate, di immigrati vaganti.
Alla mercé, quando va bene, di sfruttatori di ogni risma (dal locatore che
approfitta per un posto letto in un
ambiente insano, ai vari caporali di
mano d’opera a basso costo, sino al
privato per lavori di “servitù”); quando va male, ingaggiati da vere e proprie organizzazioni criminali per introdurli nello spaccio di stupefacenti ed
in giri illeciti, le ragazze nel giro della
prostituzione.
Organizzazioni criminali di cui si sta
sottovalutando la pericolosità, ma
che stanno “conquistando” territori sempre più estesi. E la Sibaritide
è uno di questi. Noi sembra non ve-
diamo quello che c’è attorno a noi:
prostituzione in ogni via di accesso,
sulla statale 106, alle periferie del paese, negli alberghi, nelle case; spaccio di stupefacenti all’aperto; caporali
che gestiscono squadre di braccianti
provenienti dall’Africa. Queste realtà
presuppongono la presenza di organizzazioni criminali strutturate nel territorio.
Di chi la responsabilità di tutto questo? Dell’Unione Europea? Del Governo Nazionale? Certo hanno le maggiori responsabilità: né sono stati capaci
di approvare provvedimenti e misure
per frenare quest’esodo, né hanno
adottato politiche di accoglienza degne di questo nome. E le Regioni?
Forse non hanno responsabilità? Non
riescono a varare norme per definire i
requisiti delle strutture di accoglienza.
Non adottano Piani Strategici.
Con il risultato che la gran parte degli
immigrati arrivati, secondo il Rapporto SPRAR, rimangono nelle regioni del
Centro-Sud, economicamente più povere e svantaggiate rispetto a quelle
del Nord: il numero effettivo degli accolti nel 2015 è di 29.698: oltre il 40%
delle presenze si registrano nel Lazio
(22,4% del totale nazionale) e in Sicilia (20,1%), seguite da Puglia (9,4%) e
Calabria (8,9%); nelle restanti regioni
il peso di tale presenza in ciascuna regione è inferiore al 6%. Nella lettura
di tali dati va inoltre considerato che
Lazio, Sicilia, Puglia e Calabria sono i
territori con la maggiore capienza dello SPRAR: il complessivo dei posti delle
quattro regioni è pari al 62,9% del totale. Tendenza che si sta confermando
anche per il 2016.
E Forse i Comuni non hanno responsabilità? Possibile che non ci si ponga
il dubbio se un “capannone” sia un
luogo idoneo per l’intervento di prima accoglienza, soprattutto se questa
supera i due-tre giorni. Davvero non
ci sono altre soluzioni? Troppa superficialità, troppa improvvisazione,
troppi atteggiamenti da Ponzio Pilato.
Quando ci si consegna alla fatalità e
all’impotenza, le tragedie sono dietro
l’angolo.
Stesso sapore dell’improvvisazione
hanno alcune proposte miracolistiche
che vedrebbero la risoluzione del problema in questa o quella struttura, in
questa o quella organizzazione sociale
o umanitaria, o incontri istituzionali
che sembrano più occasioni propagandistiche che eventi utili alla ricerca
effettiva di risposte efficaci. Ci vuole
molto di più.
Veramente non si vuole vedere che
la mancata equa distribuzione tra le
regioni del peso dell’accoglienza sarà
un altro gravissimo danno economico
e sociale per il Sud?
In questa maniera non si fa accoglienza, si costruiscono minacce, si preparano tragedie. In questa maniera le
città, i nostri piccoli paesi si rendono
insicuri, le nostre abitudini, la nostra
convivenza è minata. In questa maniera non si favorisce la solidarietà, ma si
alimenta il razzismo, l’intolleranza, il
pregiudizio. Sicurezza e accoglienza
sono sistemi che si influenzano reciprocamente. La solidarietà o l’intolleranza, l’integrazione o l’emarginazione ne sono una conseguenza. Sicurezza e buona ed adeguata accoglienza
per chi arriva, a cominciare dalla qualità dei luoghi in cui si è ospitati, sono
principi di sicurezza anche per le popolazioni ospitanti. Non interrogarsi e
non cercare oggi risposte, non intervenire con politiche attive a tutti i livelli di Governo, lasciare che “ognuno
se la sbrighi da sé”, significherà pagare
a breve un alto costo sociale in termini di criminalità, insicurezza sociale,
precarietà .
Immigrazione=criminalità? I demagoghi e chi vuole soffiare il fuoco dell’intolleranza e del razzismo sollevano
tale equiparazione. Ma è ipocrisia e
miopia non considerare che un flusso di queste proporzioni, che ricade
soprattutto nel Centro-Sud, di donne
ed uomini giovanissimi, che arrivano
in modo incontrollato, non programmato e non gestito nei nostri paesi,
possano essere degli innocui fantasmi
che non incideranno nel nostro presente e sul nostro futuro prossimo.
Aumar ha terminato il suo viaggio
proprio quando non se l’aspettava.
Imprudenza, imperizia, sventura o
chissà cosa in quei fatali istanti. Ogni
giorno, altri suoi compagni di viaggio
si allontanano a gruppi di 10-15 dalla
struttura. Scompaiono, desaparecidos
dei giorni nostri. A tutti loro auguriamo buona fortuna. Ma alla notizia del
loro allontanamento invece di un sospiro di sollievo (tanti in meno di cui
occuparsi), dovremmo chiederci con
preoccupazione “dove vanno”, “chi li
guida”, “in quali mani finiscono”. Per
Aumar lacrime vere dei suoi amici e
di quelli che lo hanno aiutato nel suo
breve soggiorno nelle nostre terre.
Per lui ed i suoi compagni, per i nuovi
fantasmi, nessun commento, nessun
lutto, nessun consiglio comunale straordinario, “Problemi più seri ed importanti da affrontare”. Dalle Regioni,
dal Governo Nazionale, dall’Europa
per tutti i morti nel Mediterraneo
e per tutti quelli che sbarcano sulle
nostre coste una assenza dalle conseguenze imprevedibili.
ASSISTENZA MINORI IMMIGRATI CORIGLIANO
COMUNICATO
In merito alla questione relativa alla gestione dei minori non accompagnati
sbarcati al porto di Corigliano il 29 giugno, vogliamo ribadire:
1) Non ci è mai stata chiesta la disponibilità ad occuparsi dei minori né
al momento dello sbarco e né nei giorni successivi;
2) Ad un incontro svolto giorni dopo in data 7 luglio presso la sede
comunale, abbiamo sollevato diverse riserve sullo stato di sicurezza
e sulla trasparenza della gestione dei minori; e pur rimanendo
disponibili a verificare le condizioni per un nostro contributo, la
risposta è stata l’affidamento della gestione dei minori ad altri
soggetti;
3) Abbiamo proposto da un anno al Comune di Corigliano un protocollo
di intesa di collaborazione gratuita per l’assistenza agli sbarchi che si
verificheranno al porto di Corigliano.
Riteniamo che la ricerca di una corresponsabilità tra Istituzioni e componenti sia
religiose che laiche della società, compreso il mondo economico-imprenditoriale,
i sindacati ed il terzo settore sia la via da perseguire per affrontare nel migliore
dei modi possibili questa complessa situazione, per la quale non esistono
soluzioni facili e risolutive.
E confermiamo, in un quadro istituzionale formalizzato, la disponibilità già più
volte espressa e mai ascoltata a:
1) garantire una rete di supporto per l’assistenza agli sbarchi;
2) collaborare per gestire le fasi di assistenza dei migranti e dei minori
non accompagnati, in un ottica di superamento dell’accoglienza in
strutture inadeguate come il palazzetto dello sport a favore di una
accoglienza diffusa, che risponda a parametri di sicurezza per i
migranti e per i soccorritori e di effettiva e dignitosa ospitalità.
In realtà, ci sembra invece che le nostre proposte non vogliano essere ascoltate e
si preferiscano vie più facili e di comodo.
Associazione Mondiversi Onlus
11
Rossano: la città ha una
nuova amministrazione
di Sandrino Fullone
12
La Città di Rossano, dopo la parentesi commissariale, ritorna ad
essere governata da una nuova
Amministrazione legittimata dal
voto popolare.
In verità l’intera fase che ha caratterizzato la gestione politica
dell’evento (a partire dalla costituzione delle alleanze alla formazione delle liste) è stata condizionata dalla caduta imprevista,
sulla quale durante la campagna
elettorale si è sottaciuto, del sindaco pro-tempore Antoniotti; mai
sinora era accaduto tanto proliferare di candidati a Sindaco, sette
per la precisione (un candidato
a sindaco ogni 5 mila abitanti) e
ben 486 candidati alla carica di
consigliere comunale, un vero e
proprio esercito.
Tutto ciò conferma che anche a
Rossano il vento della crisi del
sistema politico soffia forte; gli
elettori sono stati 30.097, ciò significa che c’è stato un candidato
ogni 77 abitanti.
Se questa come si dice, è l’era
dell’antipolitica, perché sono numerose le persone che si presentano per contendersi un seggio?
Può la crisi economica indurre a
questa scelta? Morta la democrazia dei partiti è dilagata una sorta
di “ateismo civico” fondato non
sul governo del bene comune, ma
su un indotto, credo, clientelare.
La vittoria conseguita dal candidato Mascaro lascia a Rapani l’amaro in bocca; perde per 62 voti
con una percentuale del 45,15%
(7.109 voti conseguiti) a fronte
del risultato del vincitore che ottiene 7.171 voti con una percentuale del 45,55% su 15.774 votanti, ovvero il 50,94% del corpo
elettorale.
Anche a Rossano si conferma la
Il neo Sindaco Stefano Mascaro
tendenza nazionale: l’astensionismo, mentre i candidati vincenti
ottengono maggioranze elettorali
e non politiche.
Al primo turno si sono recati al
voto 21.886 elettori, ovvero il
70,81%.
Questo dato è ovviamente influenzato dalla pressione che
sugli elettori hanno esercitato i
candidati alla carica di consigliere comunale, presenti in 21 liste,
espressione di sette aggregazioni
politiche.
Quali rapporti di forza tra i vari
attori politici?
Come si presenta il nuovo consiglio comunale, quali le aspettative dei cittadini, quali le reazioni,
quale giudizio politico/morale
può essere espresso sull’andamento e la gestione della campagna elettorale, quale ruolo ha
giocato l’informazione, quali i
punti di forza e di debolezza persistono oltre la campagna elettorale? Come questo evento ha
strutturato il sistema dei partiti
locali?
Poniamo queste domande perche
questo passaggio politico-istitu-
zionale non parla solo ai rossanesi, ma per l’importanza che ha la
Città di Rossano nello scacchiere
regionale e territoriale, esso assume un significato extraterritoriale.
È su questi interrogativi che la
direzione vuole continuare ad indagare richiamando al confronto
tutti i candidati a sindaco e non
solo. Inoltre, per chi ha buona
memoria si è conclusa una campagna elettorale che non trova alcun riscontro nel passato.
L’astensionismo è stato la risposta ad una degenerazione che in
alcuni momenti ha toccato punte
di inciviltà inimmaginabili.
È da qui che bisogna ripartire, sarebbe esiziale assumere atteggiamenti passivi e di sottovalutazione di quello che è accaduto.
Il neo Sindaco non si lasci prendere dal contingente, eviti il solito gioco delle tre carte, non si
lasci catturare dall’ordinaria amministrazione. Proceda ad una
analisi attenta dello stato e della
condizione strutturale del Comune per avviare un processo graduale di cambiamento che poggi
UMBERTO
URSETTA
sia sulle condizioni immateriali
(democrazia, partecipazione, legalità, trasparenza) che materiali
dell’Ente. Ritorni a parlare con i
cittadini, proponendo e realizzando forme nuove di autogoverno.
Restituisca dignità al Consiglio
Comunale, inesorabilmente ridotto a cassa di risonanza dei voleri degli esecutivi.
Va ricercato un diverso equilibrio
tra i poteri (Consiglio, Giunta,
amministrazione e gestione) un
nuovo rapporto tra l’amministrazione ed i corpi intermedi presenti nella società.
Va superata una visione centralistica del governo locale assumendo nuove forme di decentramento
di funzioni verso i territori (centro, scalo, frazioni oggi non più
tali).
Il traguardo della fusione Rossano- Corigliano non può prescindere da una nuova architettura
istituzionale vissuta in simbiosi
con gli amministratori ed i cittadini di Corigliano. Va insomma,
tessuta una nuova tela di governo
del territorio.
Questa è la sfida, la risposta necessaria per il superamento delle
contraddizioni che si sono sedimentate nella pancia della Città.
Urge una risposta politico- culturale alta: “le risposte semplici ai
problemi complessi esistono, ma
sono false”.
GIOVEDÌ 18 AGOSTO ALLE ORE 21.30
presenta il libro
Vittime e Ribelli
PELLEGRINI EDITORE
Dialoga con l’autore
Antonio Pistoia
Intervento Luisa Altomare
Presso
EDONE’ CAFE’
Piazza Curatelo Celi
ex Piazzetta Fiume a Schiavonea
In collaborazione con
l’Associazione Mondiversi
CORIGLIANO - MONDADORI POINT - VIA NAZIONALE, 87
mondadoristore.it
Un mondo di cultura e emozioni
067989-UmbertoUrsetta_Corigliano.indd 1
18/07/16 17:39
PORTA APERTE alla NUOVA TECNOLOGIA per L’UDITO
Apparecchi acustici
0983 201512
Via M. Montessori - CORIGLIANO CALABRO (Cs)
13
di Francesco Sommario
14
Il recupero del Centro Storico di
Corigliano deve essere una delle
priorità di intervento per avviare processi di riqualificazione del
nostro sistema urbano, oltre che
un’opportunità di sviluppo incentrata su una delle risorse riconosciute come ad alto potenziale. Si
devono perseguire obiettivi di tutela e conservazione del patrimonio
storico e, al contempo, supportare
la sua promozione, gestione e valorizzazione con la realizzazione,
ad esempio, di: attività di carattere
didattico, divulgativo e di ricerca; riuso del patrimonio immobiliare inutilizzato; miglioramento
della qualità insediativa e di vita
attraverso il potenziamento dei
servizi urbani; recupero dei valori identitari e culturali; riqualificazione e valorizzazione per una
maggiore potenzialità attrattiva dei
flussi turistici.
Bisogna, intanto, pensare alla costruzione di conoscenze che facilitino la comprensione delle dinamiche in atto nel borgo antico ed
ipotizzare scenari futuri e alternative di intervento. Ma ciò non
può prescindere dalla conoscenza
oggettiva e scientifica della realtà
urbana e delle sue identità storiche,
delle modificazioni del patrimonio
edilizio e del tessuto sociale che le
caratterizzano.
Un valido aiuto potrebbe venire
dalla creazione e utilizzo di un Sistema Informativo Territoriale, il
quale potrebbe assolvere il ruolo di
supporto tecnico e metodologico
per la strumentazione urbanistica.
Considerando che, nelle varie tornate elettorali, i candidati a sindaco
hanno sempre messo fra i punti più
importanti del loro programma politico la valorizzazione del Centro
Storico, volendo informarmi sullo
stato degli interventi che l’attuale
Amministrazione Comunale ha
messo in atto o programmati per
esso, ho ‘scaricato’ dal sito web
del Comune il “Documento Unico
di Programmazione e Bilancio di
Previsione 2016-18”, appena approvato, che ha ottenuto anche il
parere favorevole dell’Organo di
Revisione.
A pagina sedici di tale importante
documento mi si presenta una prima sconcertante notizia: Il Comune non è dotato di piani e strumenti
urbanistici quali il Piano regolatore, il Programma di fabbricazione,
Carlo Caruso
ph
Gestione e valorizzazione
del Centro Storico
il Piano di edilizia economica e
popolare e il Sistema Informativo
Territoriale (GIS); né tantomeno
ha adottato o approvato i piani di
insediamenti produttivi Industriali,
Artigianali e Commerciali. Ciò significa che la ‘politica’ a Corigliano non ha voluto o non è capace di
programmare a lungo e medio termine ma amministra l’ordinario, il
giornaliero, venendo meno al suo
fine primario.
Proseguendo nella visione del
Documento, scopro che la spesa
prevista nel biennio 2017-2018 è
“ZERO” per la realizzazione delle seguenti “missioni”: Politiche
giovanili, sport e tempo libero;
Trasporti e diritto alla mobilità;
Sviluppo economico e competitività; Agricoltura, politiche agroalimentari e pesca; Sistema integrato di sicurezza urbana; Istruzione
universitaria; Istruzione tecnica
superiore; Valorizzazione dei beni
di interesse storico; Politiche giovanili, sport e tempo libero; Edilizia residenziale pubblica e locale
e piani di edilizia economico-popolare; Difesa del suolo; Tutela,
valorizzazione e recupero ambientale; Tutela e valorizzazione delle
risorse idriche; Qualità dell’aria e
riduzione dell’inquinamento; Trasporto pubblico locale; Viabilità
e infrastrutture stradali; Interventi
a seguito di calamità naturali; Interventi per la disabilità; Interventi per gli anziani; Interventi per il
diritto alla casa; Cooperazione e
associazionismo; Industria, PMI e
Artigianato; Ricerca e innovazione; Sviluppo del settore agricolo e
del sistema agroalimentare; Caccia
e pesca. Altre “missioni” (in totale
sono 18 linee guida) prevedono più
che altro spese di gestione e quasi
zero investimenti.
Da tutto ciò emerge l’assoluta mancanza di investimenti sulla scuola,
sulla ricerca e innovazione e sulle
attività produttive, sulla famiglia,
sulla salvaguardia del territorio e,
di conseguenza, sui giovani. Ciò
appare come un messaggio esplicito per i giovani: “abbandonate
Corigliano, per voi qui non c’è futuro”.
Se quanto indicano i dati contabi-
li citati è vero, c’è
da chiedersi: tale
documento di “programmazione”, se
in esso non si programma
niente,
fermo restando il
“rientro di bilancio”, su quali basi
ha ottenuto l’approvazione dell’intero
Consiglio Comunale il 13 maggio
2016 e successivo
parere favorevole
dell’Organo di Revisione a firma dei
dottori Francesco
Pagliaro e Giuseppe Aloe?
Nel Documento è
presente anche un
paragrafo specifico riguardante il
Centro Storico (pagina 56), in cui si
Sistema Informativo Territoriale
Un S.I.T. si basa, principalmente, sulla realizzazione di una scheda descrittiva
per ciascuna unità immobiliare del patrimonio edilizio, utilizzando supporti informatici, con la possibilità di associare agli oggetti presenti in una cartografia
(fabbricati, isolati, aree, infrastrutture) informazioni relative a caratteristiche
morfologiche (numero di piani, volumi, struttura costruttiva), ad usi, notazioni
storiche o informazioni ambientali. Da tale banca dati strutturata, un S.I.T.
è capace di ricavare informazioni su un singolo oggetto o su un sistema di
oggetti territoriali. Un Sistema Informativo Territoriale è in grado di creare
un modello virtuale del mondo reale e di agire su di esso con simulazioni e
modelli matematici volti a mettere a punto strategie, altrimenti impensabili, di
protezione, di valorizzazione e di utilizzo delle risorse presenti nel nostro Centro Storico, il più possibile sostenibili per l’ambiente e per la popolazione. Le
nuove tecnologie S.I.T si configurano, quindi, come un vero e proprio “laboratorio” nel quale sperimentare e mettere a punto nuove metodologie di interpretazione e nuove strategie di intervento da applicare al “sistema territorio”,
inteso, quest’ultimo, come somma di vari sottosistemi quali, ad esempio, sistema insediativo, industriale, ambientale,
stradale, idrico, storico. Una volta attuato
e adottato, il S.I.T diventerà uno strumento
indispensabile sia per i
tecnici sia per gli amministratori quando
dovranno programmare interventi sull’esistente (centro storico)
o realizzare nuove
strutture urbanistiche
insediative o industriali o altro.
afferma, testualmente, che per il
suo recupero è necessario avviare
“… una seria e ponderata strategia finalizzata al recupero ed alla
riqualificazione del tessuto urbano,
nella prospettiva di avviare un processo di bonifica ambientale e di
rigenerazione sociale complessiva
del borgo antico, facendo emergere
l’identità dei luoghi e reinserendoli
con dignità nel contesto urbano di
appartenenza…”, senza, però, indicare come rendere concreto ciò;
inoltre i verbi utilizzati nell’intero
testo sono quasi tutti al condizionale: “si potrebbe”, “speriamo”,
“sembra opportuno”, “risulterebbe
indispensabile”.
Chiaramente, il condizionale è
d’obbligo se si prevedono investimenti “ZERO” nei prossimi due
anni. Forse il “come” è suggerito
in un altro passo dello stesso paragrafo che così recita: “…è necessario intraprendere un percorso che
veda: il coinvolgimento dei Parroci
e dei Sacerdoti che, nelle Parrocchie e negli annessi Oratori, svolgono il loro apostolato…”; ovvero,
siamo nelle mani di Dio.
15
Dal 3 al 7 luglio si è svolto nel
Parco Nazionale del Pollino 8° workshop
degli Unesco Global Geopark Italiani
di GRAZIA VULCANO
In questi 3 giorni il Parco Nazionale del Pollino ha accolto i delegati
provenienti da Geoparchi Mondiali Unesco di tutto il territorio nazionale, aderenti alla Rete Europea
e Globale dei Geoparchi, network
che raccoglie 120 geoparchi mondiali in 33 paesi, di cui 69 in Europa e 10 in Italia.
Nel settembre dello scorso anno, il
Parco Nazionale del Pollino è entrato a far parte della rete Europea
dei Geoparchi (EGN), in occasione della convention tenuta a Rokua
in Finlandia e successivamente ha ottenuto il riconoscimento
all’interno della rete Globale dei
Geoparchi(GGN) e, per conquistare questa candidatura il Parco
Nazionale del Pollino ha individuato, cartografato e caratterizzato
69 geositi ricadenti all’interno del
territorio protetto.
In queste tre giornate si sono ritrovati nel Parco Nazionale del
Pollino, i delegati provenienti dai
Geoparchi Mondiali Unesco di tut-
16
to il territorio nazionale, i rappresentanti degli ordini professionali
dei geologi calabresi e lucani, per
una convention di studio, approfondimento e scambio di buone
pratiche.
La prima giornata di lavori si è
conclusa a Civita con le Gole del
Raganello e il Ponte del Diavolo, contesto naturale che ha affascinato tutti i partecipanti al meeting.
La seconda giornata di lavori ha visto la carovana dei Geoparchi, sapientemente guidati dalla Professoressa Giovanna Rizzo dell’Università della Basilicata, spostarsi sul
versante lucano dell’area protetta ,
a Terranova di Pollino un Comune
di 1.291 abitanti, situato nel cuore
del Parco del Pollino, con la visita
ai Geositi: la Timpa delle Murge ,
con le sue rocce basaltiche formatesi per estrusione di magma nelle
profondità marine, sollevate successivamente in quota da profondi movimenti tettonici e Timpa di
Pietrasasso .
La terza giornata quella conclusiva ha visto compiersi l’escursione a Piano Ruggio, dove dal Belvedere del Malvento, balconata
naturale sulla valle del Coscile e
sulla Calabria, abbiamo ammmirato l’albero simbolo del Parco del
Pollino il Pino Loricato, anche qui
sapientemente guidati dal professore Francesco Muto dell’Univer-
sità della Calabria. Continuando
con Papasidero, un Comune di 741
abitanti nella provincia di Cosenza, dove guidati dal Pof. Fabio
Martini dell’Università di Firenze,
abbiamo ammirato il sito archeologico della Grotta del Romito.
L’importante scoperta avvenuta
nel 1961 ha gettato una straordinaria luce sulle vicende preistoriche
della Calabria settentrionale, dimostrando che essa era abitata da
almeno 20.000 anni fa. All’interno
della Grotta sulla parete è inciso un
Bovide, il Bos primigenius. Nella
grotta è possibile osservare nel
luogo del rinvenimento, delle produzioni di sepoltura datate all’incirca 9.200 anni a.C. contenenti
ciascuna una coppia di individui
disposti secondo un rituale ben definito. E per finire Laino Castello,
un Comune di 872 abitanti adagiato nella valle percorso dal Lao,
un fiume molto frequentato dagli
SEDE OPERATIVA:
Via Michelangelo Buonarroti, 49
tel. +39.0983.80159
amanti del rafting. Il centro storico
abbandonato negli anni 80 in parte
è stato ripreso tra cui la maestosa
chiesa di San Teodoro, di origine
bizantina, che si erge con la sua
imponente torre campanaria. Durante il periodo natalizio il borgo
si presta a divenire scenario di un
vero e proprio “presepe vivente”.
Tre giorni in un complesso contesto naturale, ricco di storia, biodiversità e gastronomia tutto da vivere.
Istituto di Vigilanza
Le RONDE
CORIGLIANO CALABRO
(Cosenza)
SEDE LEGALE:
Via Giotto, 17
[email protected]
www.leronde.it
Inaugurazione
Orto Sociale “Margherita”
di COSIMO ESPOSITO
18
18
Il 25 giugno alle ore 17 è avvenuta l’inaugurazione dell’orto sociale
“Margherita”, promosso e realizzato
dall’ associazione Auser Corigliano e
dai suoi volontari. L’orto, sito in località Villaggio Frassa di Corigliano
e posto nelle immediate vicinanze
della scuola elementare, occupa una
superficie di 3500 metri quadrati;
all’interno di essa sono stati ricavati
70 piccoli lotti di 35 mq ciascuno, già
assegnati ad altrettanti soci Auser, tra
i quali la rappresentanza femminile è
ragguardevole. La manifestazione è
iniziata con il taglio del nastro da parte del sindaco dott. Giuseppe Geraci e
del presidente del Consorzio di Bonifica dott. Marsio Blaiotta. E’ seguita
la visita sul campo da parte di tutti gli
intervenuti che sono stati molto numerosi e molto interessati. La manifestazione è poi proseguita nello spazio
appartenente alla scuola elementare
dove è ubicata una piccola gradinata
ad anfiteatro, occupata dai partecipanti. Qui tutti gli alunni della scuola
elementare di Frassa hanno regalato
ai presenti una recita con poesie, dialoghi e racconti tutti con riferimento
al tema del verde, dell’agricoltura e
dell’ambiente; sono stati tutti e tutte
bravissimi e divertentissimi; si ringraziano le insegnanti per il grande lavoro di preparazione e il dirigente scolastico di Cantinella, dott. Guzzo, per la
disponibilità mostrata. E’ poi intervenuto il presidente dell’Auser Cosimo
Esposito che ha brevemente illustrato
lo spirito del progetto, con particolare
riguardo ai temi dell’invecchiamento
attivo, allo scambio di esperienze e di
conoscenze intergenerazionale, alla
salvaguardia ambientale, alla partecipazione delle scolaresche e delle
associazioni delle famiglie di giovani con difficoltà fisiche e mentali; ha
ringraziato tutti i volontari Auser che
hanno offerto il loro lavoro gratuito
nella fase di partenza e ha ringraziato il presidente del Consorzio che ha
reso possibile la partenza del progetto; ha ringraziato altresì la CGIL
comprensoriale e l’ Auser regionale
per i contributi economici in fase di
avviamento. E’ seguito l’intervento
del Sindaco che ha apprezzato lo spirito del progetto e ne ha sottolineato
il valore positivo con riferimento alla
salvaguardia ambientale.
Il Presidente del Consorzio ha ricordato di avere contribuito alla sua rea-
lizzazione sia con la concessione del
terreno sia un aiuto concreto nella
fase di avviamento. Il segretario della camera del lavoro di Corigliano,
Giuseppe De Lorenzo, ha parlato del
valore sociale del progetto e di come
tutta la CGIL locale e comprensoriale
ne ha sposato lo spirito. Angelo Sposato, segretario generale della camera
del lavoro comprensoriale, partendo
dal valore positivo del progetto, ha
fatto riferimento al valore della terra,
alla necessità della salvaguardia ambientale e alla necessità di utilizzare
le terre incolte in termini di recupero di posti di lavoro. Giovanni Sisca,
dello Spi di Rossano, ha apprezzato il
progetto e ne ha auspicato una proposizione a livello territoriale più largo.
E’ seguito un brindisi di augurio per il
raggiungimento degli obiettivi che il
progetto si pone.
Tanti
per
tutti
Viaggio nel volontariato italiano
di GAETANO GIANZI
L’Associazione Culturale Corigliano
per la Fotografia ,la FIAF, Federazione Italiana Associazioni Fotografiche e CSVnet, Coordinamento Nazionale dei Centri di Servizio per il
Volontariato, hanno presentato “Tanti per Tutti. Viaggio nel Volontariato
italiano”, il primo progetto di documentazione del mondo del volontariato in Italia attraverso la fotografia
che racconta la vita delle associazioni, mostrando le iniziative, i luoghi
di incontro e le attività promosse dai
milioni di volontari attivi nel nostro
Paese.
Il progetto “Tanti per Tutti. Viaggio
nel Volontariato italiano” ha visto il
suo momento culminante con l’inaugurazione della Mostra Nazionale
l’11 Giugno 2016 presso il Centro
Italiano della Fotografia d’Autore
(CIFA) a Bibbiena (AR) e con l’inaugurazione in contemporanea di
oltre 150 Mostre Locali dislocate su
tutto il territorio nazionale.
Il nostro territorio ha contribuito al
progetto nazionale con il lavoro di
Gaetano Gianzi, presidente dell’as-
sociazione fotografica coriglianese,
con gli scatti presso la Mensa Caritas di Schiavonea, inaugurando il
9 giugno scorso la Mostra locale a
Corigliano Calabro, presso la sede
dell’associazione Fontanelle 35.
La mostra locale è stata visionabile fino al 23 giuno e insieme con
le 150 mostre contemporaneamente aperte in tutta la nazione, testimonia l’impegno civile e culturale
degli appassionati di fotografia che
hanno partecipato attivamente a una
celebrazione importante per tutta la
collettività.
Il progetto nazionale “Tanti per Tutti. Viaggio nel Volontariato italiano”
si propone, attraverso l’attività fotografica, di rappresentare le diverse
realtà di volontariato nelle regioni
italiane mostrando le iniziative, i
luoghi di incontro, le fasi progettuali
e la realizzazione delle attività promosse dall’esercito di volontari del
nostro Paese, supportati e sorretti dai
più diversi interessi e da differenti
motivazioni, ma tutti uniti nella precisa volontà di partecipazione e di
solidarietà.
Il progetto ha visto la partecipazione
di oltre 700 Autori, di cui 300 selezionati per documentare, con oltre
1400 immagini, tutte le molteplici e
variegate esperienze di volontariato
che spaziano dall’assistenza sociale, salute, organizzazioni del tempo
libero, cultura e sport, protezione civile, educazione e ricerca, ambiente,
tutela dei diritti, cooperazione e solidarietà internazionale. Un profondo
lavoro di ricerca sul territorio che
permette di scoprirne le potenzialità e le necessità, indagare lo spazio
pubblico, il senso della comunità,
scoprire il rapportarsi della vita del
volontario con la vita lavorativa, individuare tempi e modi di un vivere
completo che prevede spazi dedicati
a sé stessi e spazi strettamente relazionati alle esigenze degli altri.
CSVnet, Coordinamento Nazionale
dei Centri di Servizio per il Volontariato e partner del progetto “Tanti
per Tutti. Viaggio nel Volontariato
italiano”, grazie alla presenza su tutto il territorio nazionale, ha aiutato
e supportato i fotografi coinvolti nel
progetto, facilitandoli nell’individuare le associazioni disponibili a far
entrare la macchina fotografica nelle
loro attività. La capitalizzazione del
percorso porterà alla realizzazione, a
cura di CSVnet, del primo archivio
nazionale fotografico on line del volontariato: un patrimonio di scatti appositamente selezionati tra le migliaia di lavori pervenuti, che saranno
resi disponibili e catalogati in base
ai diversi ambiti in cui il volontariato
agisce.
19
Il “Quadrato Compagna”,
un monumentale
complesso architettonico
in stile neoclassico da
recuperare e valorizzare
170 anni or sono (1846) iniziavano i lavori
per la costruzione del Palazzo delle Fiere
di Schiavonea, progettato dall’architetto
Francesco Bartolini
di Franco Liguori
20
Il 20 febbraio 1846, su autorizzazione del re delle Due Sicilie Ferdinando II di Borbone, la famiglia
dei baroni Compagna, dava avvio
ai lavori di costruzione, a Schiavonea di Corigliano, del “Fabbricato
delle Fiere”, più conosciuto come
Quadrato Compagna. Lavori che si
conclusero nel giro di pochi anni, nel
1851. L’idea di realizzare l’importante struttura architettonica fu del
barone Luigi Compagna, che incaricò per la progettazione dell’opera
e la direzione dei lavori, l’architetto
Francesco Bartolini (1818-1889),
professionista di valore, laureato a
Napoli, molto attivo a Corigliano
dagli anni ’40 agli anni ’80 del XIX
secolo. Le due fiere annuali che si
svolgevano a Schiavonea, a maggio
e a novembre, che egli voleva far
crescere aumentandone il concorso
di gente e di mercanti, e il desiderio
di “dare commodi ai bagnanti”(G.
Amato) che, nel periodo estivo, da
tutta la provincia accorrevano alla
Marina, furono le motivazioni di
fondo che spinsero Luigi Compagna
alla realizzazione del “Quadrato”, un
complesso architettonico di grande
pregio e una preziosa testimonianza
della ricchezza e dell’importanza di
Corigliano nell’Ottocento come vitale centro commerciale ed economico.
Così lo storico Giuseppe Amato descrive il Fabbricato delle Fiere nella
sua “Crono-istoria di Corigliano Calabro” (1884): “Nel 1846 si diede
mano a questa bellissima fabbrica,
che racchiude 8388 metri quadrati
di spazio. E’ di forma rettangolare
ed ha quattro entrate, chiuse a cancelli di ferro. Il prospetto principale,
che guarda la città, ha otto colonne di ordine dorico, le altre entrate
sono ornate con quattro pilastri di
ordine toscano. Nei muri di cinta,
a parte interna, vi sono praticate
60 botteghe, od archi ben grandi e
spaziosi. Il piano superiore dei due
lati stretti del rettangolo, cioè quel-
lo di oriente e quello di occidente,
contengono delle stanze per l’intiera
larghezza, con entrate separate, per
mezzo di un largo corridoio. Nel lato
sud,ov’è il Porticato, il piano superiore è della lunghezza di quant’è lo
stesso Porticato, ed ha due quartini superiori, e due a pian terreno;
il lato nord non ha quartini a pian
terreno, bensì botteghe….Il piazzale
interno di questo grande rettangolo
è diviso da due strade rette, una che
principia dalla porta di Rossano, va
alla porta di Cassano; l’altra che
principia alla porta di Corigliano e
va a quella di Mare, e si tagliano ad
angolo retto, formando del piazzale
quattro rettangoli; ognuno dei quali è circondato da un muretto, largo
circa 60 centimetri e fatto a bello
studio, onde depositarvi le mercanzie gli ambulanti merciai.”
Questa puntuale ed entusiastica descrizione dell’Amato ci dà la misura
della soddisfazione e dell’orgoglio
dei Coriglianesi nel vedere realizzata la “bellissima fabbrica” del Palazzo delle Fiere di Schiavonea, una
struttura unica nel territorio e forse
in tutta la Calabria, che faceva della
Marina di Schiavonea un polo fieristico e commerciale di prim’ordine,
molto frequentato da “merciai” d’ogni parte della regione e non solo,
perché , in occasione delle due fiere,
di maggio e di novembre, grande era
l’affluenza di gente che vi giungeva.
La struttura offriva ai visitatori ogni
confort possibile, come ricorda l’Amato nella descrizione sopra riportata ; “In questo fabbricato sì nelle fiere che nei tempi dei bagni, vi è tutto
quello che si può desiderare, come
caffè, ristoranti, macelli, vendita di
neve, di pesce, di frutta, erbaggi,
oltre allo spaccio di privativa colà
sempre aperto per uso dei pescatori,
loro famiglie e delle guardie doganali”.
Veramente interessante la “storia” di
questo singolare complesso architettonico, che i Coriglianesi si ostinano
a chiamare “Quadrato”, nonostante esso sia di forma rigorosamente
rettangolare ! La sua “centralità”
come “luogo fisico” delle due fiere
di Schiavonea (maggio e novembre)
è durata fino alla metà del Novecento. Una testimonianza della vivacità
e della ricchezza di colori che caratterizzava il Quadrato, in occasione
delle fiere, ci è data da un bellissimo
articolo apparso nel 1948, a cent’anni dalla costruzione della struttura
fieristica, sulla rivista del Touring
Club Italiano “Le vie d’Italia”. Au-
tore dello scritto è il giornalista e
storico Giovanni Mira (1891-1966),
intellettuale antifascista che prese
parte alla Resistenza e fu segretario
di Ferruccio Parri nel 1945 e scrisse, insieme a Luigi Salvatorelli, la
“Storia d’Italia nel periodo fascista”. Mira fu anche vice presidente
del Touring Club Italiano e diresse
la rivista turistico-culturale “Le vie
d’Italia”. Nelle sue “peregrinazioni” attraverso i luoghi più belli d’Italia, a Mira capitò di visitare anche
la Piana di Sibari, una visita che lo
entusiasmò a tal punto che volle lasciarne un ricordo sulla rivista da lui
diretta. Nell’articolo, intitolato “La
Piana di Sibari”, egli riserva ampio
spazio alla descrizione della Fiera di
Schiavonea, che visitò, insieme ad
alcuni amici, nella prima domenica
di maggio del 1948 : “La Marina
di Corigliano, che porta il nome di
Schiavonea, è tutt’altra cosa. Qui
sorge accanto al villaggio di pescatori e di contadini un santuario di
antica data (…). A pochi passi dal
santuario la solita torre-fortezza
trasformata in caserma. Ma l’edificio più importante è il palazzo della
fiera: un vastissimo quadrato in muratura con un portale neoclassico a
colonne, eretto nella prima metà del
secolo scorso dal signore del luogo,
il barone Compagna, per ospitare la
fiera che qui si tiene due volte l’anno: nella prima domenica di maggio
e nella prima domenica di novembre. Noi vi capitammo proprio nella
prima domenica di questo maggio.
La fiera della Schiavonea occupa
non soltanto il vastissimo cortile
interno del palazzo, ma anche tutto il terreno circostante. Dal monte
e dal piano, dai borghi aggrappati
alle cime e dalle masserie sparse
tra gli ulivi, tutto il popolo conviene alla fiera: chi in birocci trainati da focosi cavalli di razza, chi in
lenti plaustri aggiogati a coppie di
bovi, chi in rozzi autocarri e chi in
vetuste automobili, chi a dorso di
ciuco e chi in bicicletta, e molti anche a piedi con camminate di molti chilometri: perché alla Fiera di
Schiavonea non si può mancare. In
uno degli spiazzi circostanti sono
raccolti i bovini portati al mercato,
in un altro cavalli e puledri, asini e
muli. Davanti al portale e nel cortile
interno si addensano tende e bancarelle con utensili agricoli, finimenti
e fruste, selle e cordami, e altre con
stoviglie di ceramica, pentola di
rame, secchi ed anfore, e altre con
cotonate e fustagni, scarpe e sanda-
li, tele da lenzuola e coperte di falso
damasco. Qua e là una friggitoria di
pesce all’aria aperta, un’osteria improvvisata, una mostra di ciambelle
e di dolci. E gran folla dentro e fuori
del mercato : proprietari e mercanti ben piantati e stivalati, frotte di
poveri contadinelli dai panni frusti
e sudati, donne in costume con le
sottane di cento pieghe e i fazzoletti
colorati intrecciati ai capelli; qualche matrona dei villaggi albanesi
nel suo costume sgargiante e pesante. Il gridìo dei venditori, i nitriti e i
muggiti delle bestie, le strombettate
degli imbonitori, le zaffate dell’olio
che frigge, il brusìo confuso della
folla: tutto si mescola sotto il sole
tra le folate impetuose che vengono dal mare….”. Veramente una
stupenda pagina di letteratura veristica, quest’articolo di Giovanni
Mira, che rivela la grande capacità
di osservazione dell’autore, che riesce a cogliere gli aspetti tipici della
varia umanità (mercanti, venditori,
contadini, donne dei paesi albanesi,
ecc..) che affolla la fiera di maggio a
Schiavonea, in quegli anni dell’immediato secondo dopoguerra, quando anche in Calabria si viveva quel
clima di speranza e di fiducia in una
prossima rinascita economica e sociale del nostro Paese, dopo gli anni
bui della guerra e del ventennio fascista. A nostro avviso, anche queste testimonianze letterarie, insieme
alla memoria storica tramandata dalla carte d’archivio e dalle narrazioni
degli storici locali, rappresentano,
insieme all’edificio stesso del Palazzo delle Fiere o Quadrato Compagna
che di dir si voglia, un bene culturale
prezioso per la città di Corigliano e
per tutto il territorio.
Il Quadrato è sicuramente un “tesoro architettonico” da preservare,
da recuperare e da valorizzare, dandogli una destinazione nuova che lo
trasformi in un centro polivalente
di manifestazioni culturali di ogni
tipo e ne faccia la location ideale di
grandi eventi legati alla plurimillenaria storia della Sibaritide, dall’età
magnogreca al bizantino, dall’epoca
normanno-sveva alla dominazione spagnola, dai Borboni all’Unità
d’Italia. Dal 1985 l’edificio è stato dichiarato “di notevole interesse
storico” da parte del Ministero per i
Beni Culturali e Ambientali (decreto
del 06 dicembre 1985) e questo dimostra ancora di più, se ce ne fosse
bisogno, che Il Palazzo delle Fiere
della Marina di Corigliano necessita di grande rispetto e attenzione,
prima di operare su di esso qualsiasi
intervento di restauro o di recupero
dei tratti andati distrutti o modificati
a partire dall’inizio degli anni Sessanta, quando la struttura fu venduta
“a pezzi” ai privati, che vi costruirono brutte case, modificandone
l’aspetto originario. Chi scrive, nella
veste di presidente della Sezione Calabria della SIPBC (Società Italiana
per la Protezione dei Beni Culturali) lancia un appello agli amministratori locali di riservare attenzione
e sollecitudine a questo singolare
manufatto architettonico ottocentesco, proteggendolo e valorizzandolo
sempre più, perché esso riassume
tanta parte della storia della comunità coriglianese e, in special modo,
della identità del vecchio borgo marinaro di Schiavonea, oggi notevolmente cresciuto demograficamente
ed urbanisticamente e diventato importante località balneare frequentata da tanti turisti italiani e stranieri,
ed anche sede di un importante porto
industriale nonché scalo di rinomate
navi da crociera.
21
Restituito alla città
l’Arco di S. Gennaro
(Un restauro voluto dalla comunità coriglianese)
di Enzo Cumino e Carmine Cianci
Su Mondiversi n. 1/2014, veniva lanciato un S.O.S. per un
immediato ed urgente restauro dell’Arco di S. Gennaro,
uno dei monumenti più cari
alla comunità coriglianese,
posto com’è in prossimità
della chiesa del santo protet-
tore della città (S. Francesco
di Paola) e, da sempre, elemento architettonico caratterizzante della piazza Vittorio
Veneto.
Attraverso la rubrica “Monumenti da … recuperare”, curata a due mani da Enzo Cumino e Carmine Cianci, venivano messe in evidenza, di
volta in volta, tutte le emergenze architettoniche cittadine bisognose di intervento da
parte di chi deve salvaguardare i beni della comunità.
Il “grido di dolore” dei due
operatori culturali di Corigliano cadeva, come spesso
avviene, nel vuoto. Ma era
opportuno che, davanti a resistenze che rischiavano di
cancellare per sempre un manufatto di grande valore artistico e “identitario”, non ci si
fermasse. Attraverso il coinvolgimento di varie associazioni e la continua denuncia
per mezzo della testata giornalistica Mondiversi, finalmente nel febbraio del 2015
iniziavano i lavori di restauro del monumento, affidati
dall’amministrazione comunale all’artista Carmine Cianci. In pratica, giusto dopo un
anno, le denunce del giornale
trovavano finalmente un minimo d’ascolto.
Si deve, quindi, alla tenacia e
all’amore per il territorio dei
due suddetti operatori culturali e alla volontà della comunità tutta se, oggi, finalmente
il monumento si può ammirare in tutta la sua bellezza e in
tutto il suo splendore. Finalmente, a S. Gennaro è stata
“restituita” la testa e tutte le
parti del manufatto sono state sanate, secondo le odierne
metodologie di restauro conservativo.
Accanto alle ditte Fusaro e
Bruno, le quali hanno fornito
gratuitamente le impalcature,
va dato un pubblico plauso a
quanti si sono adoperati fattivamente per la concreta e
non più differibile realizzazione dell’opera di restauro
del suddetto Arco. Per la cronaca, la cerimonia per la conclusione dei lavori di restauro
si è svolta domenica 10 luglio
2016.
Giovanni Torchiaro ci accompagna in un viaggio nella letteratura d’autore, scrittori ed opere contemporanee interpretati attraverso il mezzo della sola lettura, libero da condizionamenti , guidato dall’intuizione e dalla passione
personale. Non si tratta di semplice recensione, ma di entrare in punta di piedi nella storia, raccontandone emozioni,
considerazioni, apportando una nuova narrazione. Dopo Monte Sardo di Dante Maffia, Giovanni Torchiaro ci racconta con introspezione l’ultimo commovente romanzo di Dacia Maraini, “La bambina e il sognatore”.
LA BAMBINA E
IL SOGNATORE
di Dacia Maraini
di GIOVANNI TORCHIARO
24
Scritto in prima persona e con voce
maschile, Dacia Maraini ci dona
quest’ultimo suo commovente romanzo (La bambina e il sognatore,
BeS - Rizzoli 2015).
Ne seguiranno altri, naturalmente.
La grande scrittrice italiana (toscana
o siciliana? romana?) lo ha sempre
dichiarato: finché le sarà possibile
scriverà. E, d’altrocanto, scrivere
(e leggere) per lei è vita: la letteratura, in tutte le sue sfaccettature, è
bisogno, urgenza, così come per il
protagonista del romanzo: di conoscere e di conoscersi, forse anche di
perdersi; ma essa è soprattutto atto
d’amore: nasce quando il bambino
dice alla mamma: “mamma, raccontami una storia” (97). La risposta della mamma è immediata, perché scaturisce come atto d’amore.
Di questo tema - ben noto a chi ha
seguito negli anni la Maraini - e di
alcuni altri, intensamente presenti (il
sogno, la solitudine, l’amore fedele,
la paternità negata, il cinismo), si
alimenta il libro; ma, naturalmente,
la Maraini è sempre se stessa: il tema
della violenza sulla donna ritorna e
si declina nelle tante forme dei tempi
nuovi, e ritroviamo - pur nei tentativi
più o meno riusciti di reazione consapevole - la costante del violento
affossamento di genere, in una linea
di continuità che ci ha fatto conoscere, solo per citarne alcune, Marianna
e Isabella, e Clitennestra o, per arrivare a noi, le tante che popolano
L’amore rubato(Rizzoli, 2012), uno
dei suoi più crudi romanzi.
Solo che questa volta, complessivamente cedendo al combinatorio
gusto ottocentesco del romanpopulaire, la Maraini dà al testo un che
di ingannevole e misterioso. Tanto
per cominciare dal titolo, la bambina non è una ma almeno due; poi,
il sognatore non è il protagonista (il
maestro elementare Nani Sapienza),
come ci fa credere per quattro/quinti del volume, ma l’uomo violento
(non tanto, alla fine), l’orco: ovvero,
anche il maestro è un gran sognatore, ma in un senso del tutto opposto
a quello del violentatore (anche la
sinossi della sovraccoperta ci trae
nell’inganno).
Potrebbe credersi, da questo, che nel
testo si creino degli ingorghi narrativi.
Niente affatto. La scrittura è, per
quattrocento pagine, leggera e comprensibilissima e le vicende narrate
si dipanano, nel contesto di tematiche e possibilità drammatiche le più
varie, in uno svolgimento sobrio e
partecipato.
Partecipato non è termine neutro.
Esso attiene al contributo degli alunni e di uno in particolare, di quarta
elementare, del maestro Speranza,
e alla mente attenta del lettore. La
violenza sulle bambine - si anticipava - è quella che, ormai, i mezzi
di comunicazione di massa propinano ai cittadini nelle sue moderne forme: vendita di carne umana,
per l’utilizzo nei postriboli dell’est
asiatico; come bombe umane nella
guerra assurda del nuovo terrorismo
islamico; come prodotto da vetrina,
in fotografie e in immagini offerte
dalle mamme nella prospettiva del
successo; come oggetto di dominio
dell’”uomo solo” delle nostra città.
Il lettore, dunque, partecipa ansioso
e spera in un esito positivo, sebbene,
realisticamente, abbia assai poco di
che sperare bene.
Vi sono, però, a copertura del rischio
assoluto, presidi fortissimi. Il sogno,
innanzitutto: come possibilità, non
freudiana, di fondare ipotesi risolutive alternative; la letteratura - già
si è accennato - che ti può aiutare
a “scovare i nessi tra i personaggi,
fra le trame dei grandi libri e la vita
reale”, col rischio, tuttavia, di cadere nelle sue solite stradine sotterranee…” (25): Cappucetto Rosso che
sparisce; e, attraverso la letteratura,
la conoscenza di altre culture e di altri linguaggi: e ciò “perché tutti i linguaggi sono legittimi ed esprimono
qualcosa di essenziale” (108). Ma,
complessivamente, vi è, sparso nel
testo, in maniera piuttosto diffusa,
una visione salvificamente francescana, nel rafforzato senso: di Francesco d’Assisi e del Papa Francesco
della preziosissima enciclica Laudatosi’, proprio là dove, per esempio,
il buon maestro, dialogando con i
suoi studenti, dice che “per fortuna
gli esseri umani sono anche gentili e
si innamorano l’uno dell’altro” (87);
oppure: “la sola regola che ho chiara in testa è quella di evitare di fare
male al prossimo. Francescano? Forse” (126). E così, p.e. alle pagg 212,
229, 235, tutto ciò non è un caso.
Una doppia storia, dunque, che da
un piccolo paese di provincia -dal
quale non uno dei cattivi vezzi tipici
è escluso - si diffrange verso diverse
parti del mondo, per tornare a concludersi nel luogo da cui è partita,
apparentemente a lieto fine: le due
bambine salve, il maestro che ritornerà a vivere con Anita, la moglie
perduta.
Sarebbe bello godersi il lieto fine,
ma non può essere cosi.
Le bambine, di meno di dieci anni,
dalle vite dimidiate dalla violenza,
fisica e psicologica, ripetutamente
esercitata da esseri umani brutali e
senza visione del mondo se non per
il proprio piacere; una, senza più genitori, l’altra rientrata in una famiglia in cui i genitori, accecati dal lavoro, nemmeno si riconoscono. E il
maestro - innamorato fedele e cuore
buono - nell’illusione che la moglie
ritrovata possa rimanergli sempre
accanto pur nel ricordo incancellabile della piccola figlia uccisa dalla
malattia.
Vi è una possibilità, però, nella fortunosa combinazione tra esseri umani (solo un esempio: il gigante buono, che ha riportato a casa la piccola
orfana prostituta,si innamora della
nonna di lei, per essere entrambi i
nuovi genitori della bambina): sta
nella generazione di ragazzi che
cominciano a crescere e a capire
sotto la guida del maestro Speranza
-nomenomen: consapevoli, curiosi,
capaci di capirsi perché capaci di intendere il linguaggio dell’altro.
25
PERSONAGGI DI UN TEMPO
Antonio Toscano, l’eroe Coriglianese
della Repubblica Partenopea del 1799
YVONNE BELCASTRO, nata a Cosenza nel 1977, laureata in Scienze Motorie e Sportive, attualmente
insegna a Corigliano Calabro presso l’Istituto Tecnico per Geometri “Falcone e Borsellino”. Appassionata di musica, arte e natura, ha coltivato la poesia nel tempo, tenendola sempre chiusa nello scrigno
del suo cuore, anche per una specie di pudore. E’ al suo primo lavoro.
Una forte tendenza idealizzante, una motrice di chiaro profilo spirituale, un valore oltre la breve aiuola
terrena, pur da essa partendo, sono i segni di poesie, che delineano e tracciano coordinate in cui la
consapevolezza della condizione umana si coniuga con la necessità di un inderogabile riscatto, affidato al culto di quei valori senza i quali la vita sarebbe vuota e disperata.
di Aldo Fusaro
26
Liberale, idealista, rivoluzionario,
Antonio Toscano nacque a Corigliano Calabro il 22 gennaio 1777
da una numerosa famiglia borghese, il cui capofamiglia era avvocato
e la moglie casalinga cattolica, attenta alla formazione umana, religiosa, culturale e professionale dei
propri figli.
Antonio, però, dopo la morte
del padre Pasquale, avvenuta nel
1792, non eseguì più le direttive
della madre e fondò con altri intellettuali, tra cui Luigi Rossi, il suo
maestro e compagno di battaglie
politiche per l’emancipazione del
popolo sottomesso e schiavizzato,
il club patriottico “Sala di Zaleuco” a cui aderirono molti calabresi,
anche perché sostenuta da numerosi liberali cosentini guidati dal
famoso poeta F. S. Salfi.
Toscano, cultore e seguace delle
idee rivoluzionarie francesi, aderì
subito alla Repubblica Partenopea promossa da intellettuali napoletani e sostenuta, oltre che dai
francesi, da una donna coraggiosa,
Eleonora Fonseca Pimmentel, fondatrice e direttrice del periodico “Il
Monitore” che divenne quasi organo d’informazione dei rivoluzionari, mettendo anche in evidenza
la rozzezza culturale e civile di un
regno che sfruttava fino all’inverosimile i suoi sudditi.
Eleonora, come vedremo, pagherà
con la morte la sua lotta per uno
stato repubblicano e rispettoso
delle condizioni umane e sociali
del popolo meno fortunato.
L’occasione di proclamare la Repubblica Partenopea si ebbe quando Maria Carolina di Barbone,
volendo vendicare la decapitazione, durante la rivoluzione dell’89,
a cura di Giuseppe De Rosis
della sorella Maria Antonietta e
del cognato Luigi XVI di Francia,
spinse suo marito, Ferdinando di
Borbone a partecipare alla guerra
contro i rivoluzionari francesi.
I Borboni riportarono una prima
vittoria, ma vennero poi sconfitti e
costretti a lasciare Napoli per rifugiarsi a Palermo.
La regina M. Carolina meditò a
lungo la vendetta e affidò poi la riscossa al giovane, ambizioso e audace cardinale Ruffo che, messosi
a capo dei sanfedisti, mobilitò con
false promesse e pregiudizi religiosi un popolo di contadini ignoranti e ossequiosi verso la chiesa dei
preti e i padroni di sempre.
Perciò, nonostante i principi liberali, i contenuti sociali, egalitari
e di libertà per il popolo su cui si
basava il progetto costituzionale di
Repubblica Partenopea, il tentativo
rivoluzionario, dopo cinque mesi,
fallì.
Tra i tanti aspetti, la Costituzione
elaborata dai padri fondatori della
Rivoluzione Partenopea aboliva il
feudo con le leggi che lo regola-
vano e dava la terra ai contadini,
oltre che la libertà e la possibilità
di progredire. Non si fece però in
tempo ad informare e coinvolgere
un popolo che, per troppo tempo,
aveva servito i padroni e non comprendendo che gli intellettuali illuminati lavoravano per gli interessi
degli oppressi e degli sfruttati e
non per se stessi, come falsamente
faceva credere il Cardinale Ruffo,
non accettò le idee del cambiamento. Perciò, si diede inizio ad una
guerra fratricida tra meridionali,
tra calabresi e calabresi, come fu
per Toscano e tanti altri patrioti.
Così la Repubblica Partenopea,
proclamata a gennaio, nel giugno
cadeva e Napoli ritornava ai Borboni, mentre i protagonisti di quel
primo grande tentativo rivoluzionario del nostro Risorgimento,
salirono al patibolo in piazza Mercato o come Toscano cadevano in
combattimento da eroi, lasciando
al popolo in eredità una grande
idea di libertà e di emancipazione
che darà i frutti solo molto più tardi.
Vita
L’ALBA DELL’OMBRA
Vita,
la consapevolezza
ti impone necessariamente
la legge dell’attimo,
dell’istante che abbraccia
l’immortalità dell’anima.
E poi arriva per tutti,
inevitabilmente,
il grande Incontro.
Il buco nero dell’anima,
famelico di essenza,
raggiunge
ogni spazio interstiziale
dell’Essere,
superando le sottili barriere
di un’epidermide rugosa,
anestetizzata ai grandi tumulti e
sussulti del cuore.
Ed è dolore, sofferenza,
disperazione, paura.
E inizia la fuga, l’angoscia,
il tormento.
Infine la resa, l’abbandono,
l’abbraccio embrionale
dell’Ombra,
che attendeva da tempo
di farsi fluire.
27
ITINERARI DA VALORIZZARE
Percorso dalla Valle del Coriglianeto
a Contrada Baraccone
di Cosimo Esposito e Antonio Ida
L’inizio del percorso descritto in
questo numero è nel punto in cui
il torrentello Petraro, che nasce in
contrada Baraccone, confluisce nel
Coriglianeto (nella cartina geografica è riportato come punto B). Per
arrivare a questo punto di inizio
percorso, si arriva in auto alla con-
28
trada Foresta, in auto si scende da
Foresta nel Coriglianeto, si attraversa in auto un piccolo ponte ( nella cartina è riportato come punto A)
e si risale in auto, costeggiando il
corso d’acqua, per circa 3 chilometri fino a una masseria con piccole
case attorno : qui ( punto B ) si lascia l’auto e comincia il percorso, a
piedi, che porta da un’altitudine di
435 metri ( valle del Coriglianeto)
a una di 930 ( strada provinciale
per la Sila in contrada Baraccone).
La lunghezza del percorso è 4800
metri all’andata, quasi tutta in salita, e altrettanti al ritorno, quasi
tutto in discesa. Per una persona di
80 chili si consumano circa 1030
Calorie; quindi il percorso è adatto
per persone che hanno un discreto
allenamento; se il peso non è 80
chilogrammi bisogna fare una proporzione. Il percorso è quasi tutto
in terra battuta ed è anche quasi
tutto carrabile ( tutta la strada è
discretamente manutenuta, molto
probabilmente dai privati proprietari, che rendono un buon servizio alla comunità salvaguardando
una bella fetta di territorio). Tutto
il percorso avviene all’interno di
un folta vegetazione boschiva (la
maggior parte degli alberi è formata da querce e cerri, molto simili
tra loro; sono presenti molti aceri;
a terra sono numerosissimi i pungitopo che producono delle belle
bacche rosse non commestibili; il
bosco, molto pulito e praticabile,
è di una grande bellezza e ispira
grande tranquillità). Le coordinate
geografiche, con riferimento alla
cartina allegata, sono per l’ INIZIO
(punto B) 39°32’32,04” di latitudine Nord e 16°30’39 ,23” di longitudine Est e altitudine 435 metri
; per la FINE (Baraccone) sono 39°
31’ 12,22” di latitudine Nord e 16°
31’ 03,10” di longitudine Est e altitudine 930 metri.
Chi volesse fare il percorso in due
tappe separate, data la difficoltà di esso, può fare la prima metà
partendo dal punto iniziale sopra
descritto e tornare indietro dopo
avere percorso 2400 metri e fare la
seconda parte, in un altro giorno,
scendendo dal Baraccone per 2400
metri e poi risalire.
Si ricorda a chi fosse interessato
che le passeggiate si svolgono regolarmente di domenica, se il tempo è clemente, con partenza alle
8,15 dal numero 25 di via Nazionale allo Scalo.
Per questo percorso si ringrazia il
sig. Settimio Tonino Zanfino, abitante in contrada Baraccone, che
ha voluto gentilmente farci da gui-
da e che ci ha indicato anche un
percorso alternativo molto bello,
più corto di circa un chilometro,
ma anche, ovviamente, un po’ più
ripido. Il sig. Settimio Tonino ha
anche dato la disponibilità per una
collaborazione su altri percorsi
montani che nel prossimo futuro
bandremo a descrivere.
29
Narrare con le foto in due
Periferie
a cura di Pino Marasco
a cura di Matteo Maria Marasco
Ho deciso di dividere questo spazio di riflessione testuale e visiva con dei
giovani e presentare, in ogni numero, una tematica da due punti di vista
che si confrontano: con gli occhi di una persona che ha attraversato gran
parte della sua vita e di un giovane che inizia a viverla consapevolmente,
ponendosi tante domande. E’ il tentativo di dare spazio alle nuove
generazioni per dialogare con loro o, quantomeno, per ascoltare il loro
modo di leggere la realtà.
In questo numero presenterò, insieme a Matteo Maria Marasco, il tema
delle PERIFERIE, luoghi fragili, ai margini delle città, con i problemi che
esse presentano e con i tentativi di trovarvi delle soluzioni.
Ricordo a questo proposito:
-il progetto dell’architetto e senatore Renzo Piano “Il rammendo
urbano” che tenta, con il gruppo 124, di riprogettare alcune periferie;
- la Biennale di architettura il cui direttore, Alejandro Aravena, mette in mostra a Venezia quest’anno un catalogo
di soluzioni architettoniche creative che, superando limitazioni e condizionamenti di ogni genere, rispondono in
modo semplice ai bisogni dei singoli e delle comunità.
- la street art che costituisce un tentativo dal basso di dare un volto nuovo alla periferia.
Straordinaria è la foto della mostra internazionale di architettura che trovi di seguito.
Per capire i problemi delle periferie e più in generale degli spazi urbani delle città contemporanee, suggerisco il libro
di Marc Augé “I Nonluoghi”, pubblicato da Elèuthera nel 1993.
Durante un suo viaggio in America del Sud –
racconta Alejandro Aravena - Bruce Chatwin
incontrò un’anziana signora che camminava nel
deserto trasportando una scala di alluminio sulle
spalle. Era l’archeologa tedesca Maria Reiche, che
studiava le linee di Nazca. A guardarle stando con
i piedi appoggiati al suolo, le pietre non avevano
alcun senso, sembravano soltanto banali sassi. Ma
dall’alto della scala, le pietre si trasformavano in
uccelli, giaguari, alberi o fiori.»
I luoghi cambiano per come
li osserviamo, per come
li ascoltiamo, per come li
viviamo. La periferia che vi
racconto non è caotica , ne’
rumorosa come si potrebbe
immaginare. In questo spazio
ho trovato ordine nelle linee
geometriche dei palazzi, ma
solitudine nei pochi volti che ho
incontrato; l’unico suono che si
udiva era quello delle auto che viaggiavano verso la città
di Bologna, che cambia di giorno in giorno, che si muove
in modo frenetico, che non ha più un’identità precisa.
Dipingere muri
Solitudine
Periferie
Tra ferro e cemento
Periferie dell’anima.
La solitudine di alcuni giovani affogata nell’alcool
30
La speranza.
Stare sulle macerie e non lasciarsi schiacciare dalla
pesante e disastrosa eredità della vecchia generazione
Case sparse.
Sono tante le case sparse a Corigliano C. e molti pensano che, abitarvi, è come vivere in mezzo alla natura.
Non è così, credetemi, per i ragazzi, per gli adolescenti, per i giovani. Le considerano delle residenze isolate, “fuori dal
mondo”. Dimore che li privano delle necessarie esperienze di socializzazione. Per loro inizia presto la vita da pendolari.
Trasmissioni
Recinti di gioco
Giganti di periferia
Flussi migratori
verso l’Europa
Le ricerche criminologiche mettono
in guardia sui rischi per i migranti
di sviluppare disturbi psicotici
di Raffaella Amato
Solitamente si tende a mettere in
relazione le ondate migratorie con
un aumento dei reati, soprattutto
quelli di microcriminalità. Da questo punto di vista si tende ad evidenziare ad esempio la relazione
tra i flussi migratori ed i reati c.d.
per la sopravvivenza: reati commessi per necessità in risposta
allo stato di indigenza e quindi si
parla di accattonaggio, crimini contro la proprietà, come
scippi, taccheggi, furti con scasso, aggressioni a scopo
di rapina, furti di auto e tutti i reati connessi alla prostituzione. Analogamente si tende ad evidenziare un potenziale aumento correlato ai flussi migratori di crimini
derivanti dalle condizioni di vita, ovvero reati commessi
in risposta allo stress generato dalla precarietà della
propria situazione: in questa categoria rientrano forme
minori di violenza o i reati connessi all’uso di sostanze illecite. Si parla poi dei reati da stigmatizzazione: le forze
dell’ordine, a causa delle pressioni derivanti dall’opinione pubblica, rivolgono maggiore attenzione a comportamenti che di solito verrebbero ignorati.
L’attenzione al potenziale significato criminogenetico
dell’immigrazione rischia di mettere in secondo piano
come l’esperienza migratoria rappresenti un evento di
vita con un impatto fortemente stressante per il soggetto, impatto che può anche risultare associato allo
sviluppo di disturbi psichiatrici quali deliri, allucinazioni,
eloquio disorganizzato, comportamento catatonico o disorganizzato, sintomi negativi ecc.
In realtà negli ultimi anni, il problema dell’incidenza dei
disturbi psichiatrici nelle popolazioni migranti in Europa
sta acquisendo sempre maggiore importanza. Sebbene
la percentuale di soggetti migranti che utilizzano servizi
di salute mentale in Europa sia sensibilmente aumentato
negli anni più recenti, numerosi studi dimostrano che per
i migranti il livello di accesso ai servizi tende ancora ad
essere nettamente inferiore rispetto a quello delle popolazioni native. C’è da tener presente poi che i gruppi migranti sembrano possedere una più scarsa conoscenza
sui servizi sanitari e sui trattamenti disponibili.
Le ricerche criminologiche più recenti hanno ipotizzato
come un fattore di rischio nella causazione dei disturbi
psichiatrici di cui sopra possa essere di tipo neuroevolutivo: ad esempio un basso livello di vitamina D durante il
periodo prenatale può agire come fattore predisponente
lo sviluppo di psicosi. Secondo questa ipotesi i migranti
di etnia nera sarebbero maggiormente a rischio di psicosi, in quanto spostandosi dal proprio ambiente di origine
verso Paesi con climi più freddi potrebbero sperimentare
gli effetti negativi di una carenza di vitamina D in conseguenza della ridotta esposizione agli effetti della luce.
Ulteriori ipotesi hanno chiamato in causa il ruolo di fattori
di tipo psicosociale. Ad esempio è stato proposto che i
migranti sarebbero a maggior rischio di psicosi a causa
di un più forte utilizzo di sostanze stupefacenti. In letteratura in effetti numerosi studi sembrano sostenere, in effetti, una significativa associazione tra abuso di sostanze
( in particolare cannabis) e sintomatologia psicotica.
Altri studiosi hanno preso in esame il ruolo svolto da
esperienze ed eventi di vita stressanti associati al processo di migrazione, quali separazione dalla famiglia
di origine, disoccupazione, ridotto supporto sociale ed
isolamento, problemi linguistici, discriminazione percepita e ridotta integrazione nella società, basso accesso ai
servizi sanitari.
Ancora più recentemente sono state avanzate ipotesi
di tipo socio-evolutivo. Secondo tali proposte teoriche,
fattori di vulnerabilità di tipo genetico (attinenti ai livelli di
dopamina) interagirebbero con eventi di vita stressanti
ed esperienze avverse, che invece agirebbero come fattori precipitanti, e con ulteriori fattori di mantenimento o
esacerbanti (quali uso di alcool e sostanze).
Secondo tali ipotesi, inoltre, fattori di rischio e fattori
protettivi potrebbero essere differenti e avere un ruolo
specifico per alcuni sottogruppi di migranti (ad esempio
agirebbero fattori diversi per i migranti di prima e seconda generazione o per i migranti di etnie diverse).
Il fatto che sia stato effettuato un numero limitato di studi
suggerisce l’importanza di ulteriori ricerche sulla relazione tra status migratorio e psicosi. Prospettive per la
ricerca futura riguardano anche lo studio di ulteriori variabili moderatrici del rischio di psicosi. Appare utile analizzare il ruolo della provenienza geografica dei migranti
come possibile moderatore. Studi futuri dovranno ad
esempio chiarire se i tassi di incidenza di psicosi varino
tra i migranti provenienti da contesti geografici e culture
extraeuropei e migranti che si spostano all’interno del
territorio europeo. Una ulteriore implicazione riguarda
l’importanza di indagare il ruolo della percezione soggettiva dell’esperienza migratoria, così come i livelli di
stress ad essa associati. Parallelamente a questi aspetti
studi futuri si potrebbe prendere in esame il contributo
di specifici fattori protettivi, quali la rete sociale o la resilienza che potrebbero ridurre il rischio di psicopatologia.
In conclusione può dirsi che è evidente come le popolazioni migranti sul territorio europeo possano essere
maggiormente vulnerabili per i disturbi psicotici rispetto
ai nativi. Gli interventi, in un’ottica di prevenzione primaria e secondaria, dovrebbero essere rivolti sia ai migranti
di prima che di seconda generazione, dal momento che
le ricerche effettuate non suggeriscono significative differenze nei livelli di rischio tra i due sottogruppi. Inoltre
occorrono interventi a sostegno soprattutto dei migranti
di etnia nera, che risulta essere il sottogruppo più a rischio.
33
di MASSIMO PETRONE
PARTNER
INSTALLAZIONE E RIPARAZIONE
IMPIANTI IDROTERMOSANITARI
ED INSTALLAZIONE CLIMATIZZATORE
STUFE A PELLET
PANNELLI FOTOVOLTAICI
Via Lucarini - CORIGLIANO CALABRO (Cs)
Tel. 0983.201413 - cell. 338.3974104
e-mail: [email protected]