Anno XIV - n. 3 maggio-giugno 2016
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Anno XIV - n. 3 maggio-giugno 2016
Anno XIV - n. 3 maggio-giugno 2016 ricordo di te 4 InFabiana... Autorizz. Tribunale di Rossano Reg. Periodici N. 02/03 - 25 marzo 2003 Sede: Via M. Montessori Tel. 0983.031492 - CORIGLIANO CAL. (Cs) www.mondiversi.it - [email protected] Direttore Responsabile: CARMINE CALABRESE Direttore Editoriale: ANGELA DE GIACOMO Redazione: RAFFAELLA AMATO, CARMINE CIANCI ENZO CUMINO,COSIMO ESPOSITO, CRISTIAN FIORENTINO, ANTONIO GIOIELLO, ERNESTO PAURA LUCA POLICASTRI, ADALGISa Reda, Mario Reda, LUISA SANGREGORIO FRANCESCO SOMMARIO Grafica e Stampa: Tipografia ORLANDO s.a.s. Via SS. Pietro e Paolo 87064 CORIGLIANO CALABRO (Cs) [email protected] Tel. 0983.84623 Copertina a cura di Luca Policastri di Antonella Martilotti 6 Giornata della legalità di Sonia Leonino 8 Corigliano: porto di migranti di Antonella Sapia 18 Tanti per tutti di GAETANO GIANZI “Quadrato Compa20 Ilgna”... di Franco Liguori alla città 22 Restituito l’Arco di S. Gennaro di E. Cumino e C. Cianci 24 La bambina e il sognatore 8 Immigrazione la città ha una 26 Personaggi di un tempo 10 Rossano: nuova amministrazione mondiinversi 27 e valorizzazione 12 Gestione del Centro Storico 28 Itinerari da valorizzare degli Unesco 14 8°nelWorkshop 30 Narrare con le foto in due Parco del Pollino di ANTONIO GIOIELLO di GIOVANNI TORCHIARO di Aldo Fusaro di Sandrino Fullone a cura di Giuseppe De Rosis di Francesco Sommario di GRAZIA VULCANO 16 Inaugurazione Orto Sociale “Margherita” di COSIMO ESPOSITO di Cosimo Esposito e Antonio Ida di Pino e Matteo Maria Marasco l’ora Legale 33 Flussi migratori verso l’Europa di Raffaella Amato Per contributi e donazioni all’Associazione Mondiversi e per sostenere le attività del Centro Antiviolenza Fabiana - IBAN: IT24K0306780691000000000055 dona il tuo 5xmille-codice fiscale 97011930787 MARTEDI’ 25 OTTOBRE In ricordo di te Fabiana... di Antonella Martilotti 4 24 Maggio 2016 ore 9.30, sono passati esattamente 3 anni dalla scomparsa di Fabiana e come ogni anno da quel tragico evento ci ritroviamo lì, in quel luogo dove la giovane veniva ritrovata ormai senza vita. La giornata inizia proprio da qui… una rosa bianca posta sul luogo del delitto, un luogo che racconta, nel quale ancora si avverte sofferenza e brutalità In ricordo di te Fabiana è il titolo della giornata commemorativa fortemente sentita e organizzata per il terzo anno consecutivo dal Centro Antiviolenza Fabiana in collaborazione con l’Istituto Tecnico Commerciale L. Palma, il supporto attivo delle Associazioni del terzo settore del territorio di Corigliano e il gratuito patrocinio della Camera dei Deputati, della Regione Calabria, della Provincia di Cosenza, del Comune di Corigliano, dell’ASP Cosenza. La manifestazione si è svolta in due momenti importanti, il primo in quell’angusto terreno incolto, dove adesso è stato ricavato uno spazio recintato, qui gli amici di Fabiana, le Associazioni, le Scuole e le Istituzioni hanno partecipato con forte commozione a momenti di preghiera e riflessione personale; il secondo momento della giornata, ha avuto luogo nella palestra dell’Istituto Tecnico Commerciale L. Palma, intitolata alla stessa Fabiana. La palestra colma di tanti giovani, ha ospitato la famiglia Luzzi, i rappresentanti delle Istituzioni e le Associazioni del territorio. Il dirigente scolastico Cinzia D’amico ha saputo condurre una manifestazione che ha visto protagonisti soprattutto i giovani studenti, i quali si sono resi protagonisti e testimoni di una giornata triste, ma che ha offerto diversi spunti di riflessione su un fenomeno quale quello della violenza di genere che dilaga e non conosce età, né limiti geo- grafici. I diversi momenti sono stati accompagnati anche da esibizioni musicali, di danza, prendendo spunto da quanto successo e interrogandosi su che cosa si può fare affinché la tragica vicenda di Fabiana non cada nel dimenticatoio, ma anzi sia da esempio per evidenziare il vero valore della vita e dell’amore sano, lanciando messaggi forti perché atti così gravi non vengano mai più commessi. Durante la manifestazione, si è voluto fortemente porre l’attenzione sul ruolo dei giovani come perno della comunità positiva, una comunità bisognosa di cambiamenti radicali che possano portare ad avere una visione diversa della donna, una donna che contribuisce nella società sia culturalmente, economicamente professionalmente e personalmente. Durante la giornata sono stati diversi gli interventi da parte dei rappresentanti delle istituzioni locali e non che hanno presenziato sottolineando ognuno il proprio pensiero rispondendo alle diverse domande poste dagli stessi studenti sul tema della violenza di genere. La commozione è stata tanta ripensando a Fabiana, a quan- to avrebbe potuto fare ancora nella sua vita e non è riuscita a realizzare. Momento fortemente commovente, la premiazione del concorso di poesia, altra passione della giovane, indetto dall’Istituto Tecnico Commerciale L. Palma, rivolto a tutte le scuole di Corigliano Calabro. Tra i tanti brani pervenuti, quelli scelti per la premiazione sono stati quattro: per il biennio degli istituti superiori a vincere è stata Marinella Cropanise con la poesia “Come essere donna “; per il triennio vince Giuseppe Fusaro con “ La fenice” ; per l’Istituto Tecnico Commerciale Davide Gammaro con “Stasera non torno”; per la scuola media V. Tieri Francesca De Gaetano con “Ali di donna”. Sempre in occasione della giornata in ricordo di Fabiana è stata allestita nella palestra dell’I.T.C L. Palma, la mostra di Maria Tavernise, dal titolo “L’arte della donna”, le cui opere, sono state visionabili fino a luglio presso la sede dell’Associazione Mondiversi anche sede del Centro Antiviolenza Fabiana, in via Montessori. La giornata volge al termine tra ricordi, tristezza, commozione, ma anche con la consapevolezza che momenti di sensibilizzazione e informazione siano necessari e fondamentali per instaurare quella cultura della non violenza e del rispetto dell’unione sana tra uomo e donna. 5 ILLUMINAZIONI INTERNE ED ESTERNE MATERIALE ELETTRICO SISTEMI DI ALLARME E VIDEOSORVEGLIANZA Giornata della legalità di Sonia Leonino Lo scorso 19 Maggio si è tenuta, presso il Cinema Teatro Metropol, la seconda delle due manifestazioni di sensibilizzazione previste dal progetto “Legalmente Giovani” dell’Associazione Mondiversi, approvato e finanziato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della Gioventù e del Servizio Civile Nazionale. L’evento ha coinvolto la popolazione studentesca, circa 1800 studenti degli Istituti Superiori di Corigliano Calabro. All’evento patrocinato dalla Regione Calabria, hanno preso anche gli associati esterni che hanno coadiuvato l’azione progettuale: il Comune di Corigliano Calabro, l’associazione “Tendiamo le mani” e il CIF (Centro Italiano Femminile). Durante la manifestazione, i giovani studenti hanno portato in scena il frutto della loro partecipazione ai “Laboratori della Legalità”, dove hanno sviluppato considerazioni e riflessioni sui temi cari al progetto: abuso di sostanze stupefacenti e alcool, gioco d’azzardo, microcriminalità, immigrazione, usura e raket, a partire dalla locandina della “Giornata della Legalità”, realizzata dagli studenti che hanno preso parte al Laboratorio multimediale. E’ stata allestita una mostra fotografica nell’atrio del Cinema, incentrata anch’essa sui temi della legalità, ideata e realizzata dagli studenti che hanno partecipato nell’ultimo anno al laboratorio fotografico. Sulle note di “Hallelujah”, di Leonard Cohen, Angelo Pio De Vincenzo e Giampaolo La macchia hanno recitato un brano scritto da loro: “A te che cerchi rimedio in quella bottiglia, sperando che possa cancellare i ricordi, cancellare un passato oscuro e fuggire dalla relatà. Ma non è così, sai? Non serve un liquido per alleviare il dolore, on serve ubriacarsi per raggiungere la felicità, non è bevendo che riuscirai ad essere una persona migliore. Perché i problemi vanno affrontati, non bevuti. A te, che non puoi fare a meno di quella sostanza, quella che pensi sia la soluzione, quella sostanza che, giorno dopo giorno, ti uccide. Forse non te ne rendi conto, ma facendo uso di droghe abusi della tua vita, abusi della tua salute. E non ti rendi conto che facendo uso di queste sostanze i tuoi problemi non svaniscono, ma si accumulano ancor di più. 6 Tutte queste schifezze, ricorda, sono delle finte realtà, sono finti sorrisi, sono una finta felicità.” I giovani che hanno frequentato il Laboratorio musicale si sono esibiti in un brano inedito dal titolo “Vivi nella legalità”: “Un bicchiere per divertirmi Uno in più per distruggermi Il cervello può deludere La mia vita è tutta un vivere. Questa è droga che può uccidermi Questa è merda che non può sorridermi Il mio cuore è a suon di musica La mia vita è cosa magnifica. RIT. Amo la mia legalità Vivo con la mia libertà! Amo la mia legalità Vivo con la mia libertà! Non ti voglio sentire diverso Se mi eviti sei tu che hai perso Giochi troppo ma non sei vincente Questo sballo ti rovina la mente. Non ha prezzo la tua libertà Lotta sempre per la tua città Nessun essere è illegale Se non sembra a te uguale. RIT. Amo la mia legalità Vivo con la mia libertà! Amo la mia legalità Vivo con la mia libertà!” Sulle note de “I cento passi”, dei Modena City Ramblers, i giovani studenti del Liceo Scientifico F. Bruno si sono esibiti intonando pezzi della famosa canzone intervallati da momenti di danza e momenti recitati sulla vita di Peppino Impastato. Protagonisti della giornata, quindi, i destinatari diretti del progetto stesso, i giovani tra i 14-19 che hanno maturato in questi mesi di durata del progetto, consapevolezze e riflessioni sui temi cari all’azione progettuale, favorendo quel flebile instaurarsi della cultura della legalità sorretto dal principio cardine che si è fortemente cercato di diffondere: “Rispetta te stesso, rispetta gli altri, rispetta l’ambiente in cui vivi”. A concludere la giornata è stata la compagnia teatrale Ansiteatro di Aversa, che ha portato in scena il musical C.da Muzzari Tel. 0983 887740 - cell. 366 3461618 CORIGLIANO CALABRO (Cs) e-mail: [email protected] www.sergiogodinoilluminazioni.com “Don Peppe Diana, per non dimenticare” scritto da Giuseppe Capuluongo per la regia di Franco Apicella. La rappresentazione è la storia di un prete che ha sacrificato la vita per amore del suo popolo, un prete morto per aver voluto compiere fino in fondo la sua missione, contrastando con la dialettica dell’amore e della ragione la violenza di chi impone un modo di vita che imbarbarisce il genere umano. Don Peppe fu ucciso dal clan dei Casalesi il 19 marzo 1994 nella parrocchia di San Nicola, mentre si preparava a celebrare la messa, ammazzato perché non si era arreso e voleva educare i giovani alla legalità e al rifiuto della confidenza con la camorra e il suo sistema di potere. Il musical scelto come colonna portante della seconda Giornata della Legalità ha offerto al giovane pubblico in sala momenti tragici, momenti d’amore, brillanti, di commozione. Si assiste al male che viene combattuto dal bene, al cambiamento che si realizza anche quando è insperato. È questo cambiamento delle coscienze, della cultura, delle condotte che l’azione principale del progetto ha tentato di realizzare nei 18 mesi di durata dello stesso. Certi, che ancora tanto bisognerebbe fare nel nostro territorio per affermare quel principio che fortemente si è tentato di diffondere: RISPETTA TE STESSO, RISPETTA GLI ALTRI, RISPETTA L’AMBIENTE, L’Associazione Mondiversi onlus garantirà la continuità e la sostenibilità dell’obiettivo di diffusione della legalità attraverso le sue attività istituzionali, la pubblicazione del proprio periodico che continuerà ad ospitare interventi sui temi cari al progetto, la gestione dei centri di aggregazione per il sociale, le attività di solidarietà. VITERITTI ARREDAMENTI Via S.S. 106 - Cantinella Corigliano Calabro (CS) Tel. 0983 80049 - [email protected] 7 Corigliano: porto di migranti di Antonella Sapia 8 L’immigrazione è un fenomeno irreversibile, l’Italia è tra le nazioni europee che negli ultimi anni ha registrato la crescita più significativa di popolazione straniera con la conseguenza che il “bel paese” ha ormai una identità multietnica. Gli sbarchi che insistono quotidianamente sulle nostre coste confermano un’impennata dell’80% del numero di migranti rispetto allo scorso anno, 10.165 nel 2015 e 18,234 da gennaio a marzo 2016. Sono ben 109.320 i migranti ospitati in Italia al 30 marzo 2016. Bisogna tenere conto che le ondate di sbarchi variano di settimana in settimana, a seconda delle condizioni del tempo e di fattori geopolitici, alternate a giorni di relativa calma. Corigliano Calabro: 7 sbarchi tra il 2015 e il 2016, 2572 migranti in tutto, 238 i minori. Il nostro territorio da sempre terra di emigrati, diventa “terra di immigrati”, mosaico di popoli di diversa nazionalità e cultura, persone che vivono accanto a noi, sono nostri colleghi, o vicini di casa, arrivati fuggendo da guerre e povertà, alla ricerca di un futuro migliore. Gli ultimi sbarchi, avvenuti rispettivamente il 30 Maggio 2016 e il 29 Giugno 2016 nel Porto di Schiavonea, hanno registrato l’arrivo anche di bambini e ragazzi soli, meglio definiti come “Minori stranieri non accompagnati”. Nascosti tra le centinaia di disperati che sbarcano sulle nostre coste a bordo delle carrette del mare, affrontano viaggi ai limiti della sopportazione umana. Nessun genitore o familiare al loro seguito e neanche un documento in tasca, sono ragazzi che a causa delle condizioni igienico-sanitarie in cui hanno attraversato il viaggio, risultano affetti da infezioni come scabbia, varicella, pidocchi. Tuttavia ogni cosa passa in secondo piano, ciò che cattura l’attenzione di molti presenti immediatamente dopo lo sbarco, sono i loro sguardi, i loro sorrisi e ancor di più, per chi ha avuto modo di rincontrarli in un secondo momento, i racconti di un vissuto più grande di loro. Hanno toccato con mano paura, diffidenza, dolore, solitudine,spinti dalla forza dei loro sogni, spesso indirizzati più al bene delle famiglie lasciate nel paese d’origine che a sé stessi. Ragazzi che hanno meno di 18 anni, ma con già molte vite alle spalle, spesso marchiate da violenza, ragazzi che arrivano pieni di speranze, ma che hanno sperimentato maltrattamenti, abusi, minacce, prostituzione, sfruttamento, hanno assistito a volte impotenti alla morte dei loro compagni. Il 30 maggio 2016 n. 403 migranti (360 uomini, 40 donne) sono sbarcati dalla nave Dignity I di Medicisenza Frontiere nel Porto di Schiavonea. Sono stati assegnati al Comune di Corigliano Calabro n. 61 minori, di età compresa tra 16 e 17 anni, di cui n. 60 maschi e n. 1 femmina. Trenta ragazzi sono stati affidati alla Diocesi di Rossano, che si è resa disponibile all’accoglienza. Nello stesso sbarco, il sindaco, Giuseppe Geraci, ha ritenuto necessario adottare un provvedimento urgente di collocamento di n. 31 minori stranieri non accompagnati presso il Palazzetto dello Sport di Corigliano Calabro, dove è stato allestito uno spazio con brandine per poterli ospitare, in accordo con il Presidente e i collaboratori della Corigliano Volley, che si sono resi disponibili e concordi davanti ad una situazione di emergenza. Ad occuparsi dei minori, per circa quindici giorni, sono stati gli operatori della Cooperativa Nuove Strade. I giovani stranieri seppur con difficoltà di comunicazione dovute alla lingua, in condizioni di abitabilità non idonee, hanno regalato sorrisi e hanno individuato nei volontari dei punti di riferimento. L’azione della Cooperativa è stata supportata dalla Caritas impegnata nella preparazione dei pasti, da diversi volontari, rappresentanti di Associazioni e Cooperative del Terzo Settore, che hanno affiancato gli operatori della Cooperativa nella gestione dei turni. La stessa popolazione Coriglianese ha fornito beni di prima necessità, attivando una forte rete di solidarietà. Alcuni dei minori stranieri non accompagnati, perlopiù somali, si sono allontanati volontariamente e di nascosto, senza lasciare traccia di sé. Fermo restando, la difficoltà di trovare delle strutture non solo in Calabria, ma anche fuori Regione, ormai al collasso o non disponibili perché i fondi per l’accoglienza non arrivano a destinazione in tempi congrui , assistendo a un rimpallo di responsabilità tra Comuni e Ministero, tra comunità di accoglienza e Comuni, nei giorni successivi allo sbarco al- cuni dei minori sono stati trasferiti a Cropani (CZ),altri a Montesanto (SA) , altri ancora sono stati affidati temporaneamente presso la Struttura della Fondazione A.D.F.L Rovitti, sita a Francavilla Marittima. A distanza di circa un mese dallo sbarco dello scorso 30 maggio, nel Porto di Corigliano Calabro attracca la nave militare irlandese “Roisini”, con a bordo 498 migranti, provenienti da Nigeria, Mali, Eritrea, Etiopia, Ghana e Cameroon. I minori non accompagnati sono stati 92, tra cui una donna affidata all’Istituto Sacro Cuore e due fratelli, rispettivamente di 8 e 16 anni affidati al Responsabile dell’Istituto Salesiano “Sacro Cuore”. Gli altri minori sono stati collocati in modo temporaneo al Palazzetto dello Sport, affidati al Presidente dell’Associazione Marinella Bruno di Morano Calabro, Giuseppe Bruno. Considerato il consistente numero di minori, rispetto allo sbarco precedente, appurate le difficoltà di ordine pubblico, di limitate condizioni igieniche e sanitarie che un luogo seppur ampio e ospitale come il Palazzetto dello Sport offre; costatata la complessità oggettiva di reperire beni di prima necessità e tutte le problematiche di tipo logistico e organizzativo si è reso necessario costituire un gruppo definito “Solidarietà Sempre”, che mira ad attivare una rete di supporto, formata da singoli privati o Associazioni del territorio che offrono un contributo atto ad affiancare le autorità Comunali e il lavoro dell’Associazione che ha in carico la gestione dello sbarco. Nonostante tutto,la gestione degli 89 minori anche al fine di garantire la minima assistenza sta diventando sempre più gravosa e incerta. Solo ascoltando i bisogni più profondi di questi minori, le loro storie, conoscendo le drammatiche condizioni in cui si sono trovati costretti a vivere, potremmo riflettere su quali possibili soluzioni potranno permettere loro di fuoriuscire dalla condizione di marginalità, per volgersi verso un futuro che valga la pena di essere vissuto, verso la realizzazione di un progetto di vita per il quale hanno lasciato tutto, limitando o annullando forme di razzismo, diffidenza, rifiuto, esclusione. Forse, iniziando a non concepire gli sbarchi come fenomeno di emergenza nell’emergenza, ma come evento naturale, radicato nella nostra società, e orientandoci verso un sistema di programmazione e di accoglienza, che diamo al nostro territorio la possibilità di aiutare e integrare questi ragazzi evitando che fuggano a proprio rischio o, peggio ancora, che finiscano preda di traffici illegali, nella prostituzione, nella devianza o nel reclutamento da parte di criminalità organizzata. 9 Di Vincenzo ph Alfonso Immigrazione sicurezza, accoglienza, solidarietà di ANTONIO GIOIELLO 10 Oumar Sangare, questo il nome dichiarato, proveniente dalla Costa D’Avorio, è morto a solo 17 anni mentre faceva il bagno nelle acque del mare Jonio, in un caldo pomeriggio di inizio luglio. I suoi funerali, si sono svolti due giorni dopo, fatti gli accertamenti formali, secondo il rito musulmano. Il Mediterraneo Oumar l’aveva attraversato tutto, in uno di quei viaggi in cui non sai come finirà, se arriverai alla meta oppure se lungo il tragitto la tua vita non prenderà un’altra direzione. Affidato alla sorte, alla fortuna, alla buona fede delle persone a cui i suoi familiari lo hanno consegnato dietro il pagamento di ingenti cifre e alla sua capacità di resistenza, alla sua voglia di farcela. Aveva passato la parte forse più difficile del suo cammino, o forse quella che gli avevano detto essere il tratto più pericoloso. Non era morto durante la traversata, il suo barcone non si era capovolto, né gli era successo qualcosa prima, nel viaggio all’interno dell’Africa. Era uno dei circa 90 minori arrivati a Corigliano Calabro con lo sbarco del 29 giugno; trattenuto assieme agli altri nel palazzetto dello sport della Città, in attesa di una collocazione in strutture di accoglienza. Dopo qualche giorno dallo sbarco, tramite i volontari che gli offrivano solidarietà, era riuscito a mettersi in contatto con i familiari, li aveva tranquillizzati, “ce l’ho fatta, sono in Italia”, avrà presumibilmente potuto dire. Ed invece poco dopo, una scorribanda al mare, come si usa tra adolescenti, e la tragica fine. Attualmente gli extracomunitari che arrivano nei porti con navi di soccorso, dopo essere stati recuperati in mare, nel tentativo di attraversare il Mediterraneo su barconi di fortuna, è gestita così. Una specie di filiera mal funzionante, che raccoglie i migranti in mare, li accompagna nei porti ed i sindaci dei comuni nei quali ricadono i porti li trattengono alla meno peggio in “contenitori” inadatti per poi smistarli in altrettanto inadeguate strutture di pseudo accoglienza. Senza una strategia, un piano, un progetto, una visione. Come se le varie comunità di transito o di permanenza dovessero da sole assorbire l’urto degli arrivi sempre più numerosi. Intanto Città e Paesi si riempiono di presenze, più o meno tollerate, di immigrati vaganti. Alla mercé, quando va bene, di sfruttatori di ogni risma (dal locatore che approfitta per un posto letto in un ambiente insano, ai vari caporali di mano d’opera a basso costo, sino al privato per lavori di “servitù”); quando va male, ingaggiati da vere e proprie organizzazioni criminali per introdurli nello spaccio di stupefacenti ed in giri illeciti, le ragazze nel giro della prostituzione. Organizzazioni criminali di cui si sta sottovalutando la pericolosità, ma che stanno “conquistando” territori sempre più estesi. E la Sibaritide è uno di questi. Noi sembra non ve- diamo quello che c’è attorno a noi: prostituzione in ogni via di accesso, sulla statale 106, alle periferie del paese, negli alberghi, nelle case; spaccio di stupefacenti all’aperto; caporali che gestiscono squadre di braccianti provenienti dall’Africa. Queste realtà presuppongono la presenza di organizzazioni criminali strutturate nel territorio. Di chi la responsabilità di tutto questo? Dell’Unione Europea? Del Governo Nazionale? Certo hanno le maggiori responsabilità: né sono stati capaci di approvare provvedimenti e misure per frenare quest’esodo, né hanno adottato politiche di accoglienza degne di questo nome. E le Regioni? Forse non hanno responsabilità? Non riescono a varare norme per definire i requisiti delle strutture di accoglienza. Non adottano Piani Strategici. Con il risultato che la gran parte degli immigrati arrivati, secondo il Rapporto SPRAR, rimangono nelle regioni del Centro-Sud, economicamente più povere e svantaggiate rispetto a quelle del Nord: il numero effettivo degli accolti nel 2015 è di 29.698: oltre il 40% delle presenze si registrano nel Lazio (22,4% del totale nazionale) e in Sicilia (20,1%), seguite da Puglia (9,4%) e Calabria (8,9%); nelle restanti regioni il peso di tale presenza in ciascuna regione è inferiore al 6%. Nella lettura di tali dati va inoltre considerato che Lazio, Sicilia, Puglia e Calabria sono i territori con la maggiore capienza dello SPRAR: il complessivo dei posti delle quattro regioni è pari al 62,9% del totale. Tendenza che si sta confermando anche per il 2016. E Forse i Comuni non hanno responsabilità? Possibile che non ci si ponga il dubbio se un “capannone” sia un luogo idoneo per l’intervento di prima accoglienza, soprattutto se questa supera i due-tre giorni. Davvero non ci sono altre soluzioni? Troppa superficialità, troppa improvvisazione, troppi atteggiamenti da Ponzio Pilato. Quando ci si consegna alla fatalità e all’impotenza, le tragedie sono dietro l’angolo. Stesso sapore dell’improvvisazione hanno alcune proposte miracolistiche che vedrebbero la risoluzione del problema in questa o quella struttura, in questa o quella organizzazione sociale o umanitaria, o incontri istituzionali che sembrano più occasioni propagandistiche che eventi utili alla ricerca effettiva di risposte efficaci. Ci vuole molto di più. Veramente non si vuole vedere che la mancata equa distribuzione tra le regioni del peso dell’accoglienza sarà un altro gravissimo danno economico e sociale per il Sud? In questa maniera non si fa accoglienza, si costruiscono minacce, si preparano tragedie. In questa maniera le città, i nostri piccoli paesi si rendono insicuri, le nostre abitudini, la nostra convivenza è minata. In questa maniera non si favorisce la solidarietà, ma si alimenta il razzismo, l’intolleranza, il pregiudizio. Sicurezza e accoglienza sono sistemi che si influenzano reciprocamente. La solidarietà o l’intolleranza, l’integrazione o l’emarginazione ne sono una conseguenza. Sicurezza e buona ed adeguata accoglienza per chi arriva, a cominciare dalla qualità dei luoghi in cui si è ospitati, sono principi di sicurezza anche per le popolazioni ospitanti. Non interrogarsi e non cercare oggi risposte, non intervenire con politiche attive a tutti i livelli di Governo, lasciare che “ognuno se la sbrighi da sé”, significherà pagare a breve un alto costo sociale in termini di criminalità, insicurezza sociale, precarietà . Immigrazione=criminalità? I demagoghi e chi vuole soffiare il fuoco dell’intolleranza e del razzismo sollevano tale equiparazione. Ma è ipocrisia e miopia non considerare che un flusso di queste proporzioni, che ricade soprattutto nel Centro-Sud, di donne ed uomini giovanissimi, che arrivano in modo incontrollato, non programmato e non gestito nei nostri paesi, possano essere degli innocui fantasmi che non incideranno nel nostro presente e sul nostro futuro prossimo. Aumar ha terminato il suo viaggio proprio quando non se l’aspettava. Imprudenza, imperizia, sventura o chissà cosa in quei fatali istanti. Ogni giorno, altri suoi compagni di viaggio si allontanano a gruppi di 10-15 dalla struttura. Scompaiono, desaparecidos dei giorni nostri. A tutti loro auguriamo buona fortuna. Ma alla notizia del loro allontanamento invece di un sospiro di sollievo (tanti in meno di cui occuparsi), dovremmo chiederci con preoccupazione “dove vanno”, “chi li guida”, “in quali mani finiscono”. Per Aumar lacrime vere dei suoi amici e di quelli che lo hanno aiutato nel suo breve soggiorno nelle nostre terre. Per lui ed i suoi compagni, per i nuovi fantasmi, nessun commento, nessun lutto, nessun consiglio comunale straordinario, “Problemi più seri ed importanti da affrontare”. Dalle Regioni, dal Governo Nazionale, dall’Europa per tutti i morti nel Mediterraneo e per tutti quelli che sbarcano sulle nostre coste una assenza dalle conseguenze imprevedibili. ASSISTENZA MINORI IMMIGRATI CORIGLIANO COMUNICATO In merito alla questione relativa alla gestione dei minori non accompagnati sbarcati al porto di Corigliano il 29 giugno, vogliamo ribadire: 1) Non ci è mai stata chiesta la disponibilità ad occuparsi dei minori né al momento dello sbarco e né nei giorni successivi; 2) Ad un incontro svolto giorni dopo in data 7 luglio presso la sede comunale, abbiamo sollevato diverse riserve sullo stato di sicurezza e sulla trasparenza della gestione dei minori; e pur rimanendo disponibili a verificare le condizioni per un nostro contributo, la risposta è stata l’affidamento della gestione dei minori ad altri soggetti; 3) Abbiamo proposto da un anno al Comune di Corigliano un protocollo di intesa di collaborazione gratuita per l’assistenza agli sbarchi che si verificheranno al porto di Corigliano. Riteniamo che la ricerca di una corresponsabilità tra Istituzioni e componenti sia religiose che laiche della società, compreso il mondo economico-imprenditoriale, i sindacati ed il terzo settore sia la via da perseguire per affrontare nel migliore dei modi possibili questa complessa situazione, per la quale non esistono soluzioni facili e risolutive. E confermiamo, in un quadro istituzionale formalizzato, la disponibilità già più volte espressa e mai ascoltata a: 1) garantire una rete di supporto per l’assistenza agli sbarchi; 2) collaborare per gestire le fasi di assistenza dei migranti e dei minori non accompagnati, in un ottica di superamento dell’accoglienza in strutture inadeguate come il palazzetto dello sport a favore di una accoglienza diffusa, che risponda a parametri di sicurezza per i migranti e per i soccorritori e di effettiva e dignitosa ospitalità. In realtà, ci sembra invece che le nostre proposte non vogliano essere ascoltate e si preferiscano vie più facili e di comodo. Associazione Mondiversi Onlus 11 Rossano: la città ha una nuova amministrazione di Sandrino Fullone 12 La Città di Rossano, dopo la parentesi commissariale, ritorna ad essere governata da una nuova Amministrazione legittimata dal voto popolare. In verità l’intera fase che ha caratterizzato la gestione politica dell’evento (a partire dalla costituzione delle alleanze alla formazione delle liste) è stata condizionata dalla caduta imprevista, sulla quale durante la campagna elettorale si è sottaciuto, del sindaco pro-tempore Antoniotti; mai sinora era accaduto tanto proliferare di candidati a Sindaco, sette per la precisione (un candidato a sindaco ogni 5 mila abitanti) e ben 486 candidati alla carica di consigliere comunale, un vero e proprio esercito. Tutto ciò conferma che anche a Rossano il vento della crisi del sistema politico soffia forte; gli elettori sono stati 30.097, ciò significa che c’è stato un candidato ogni 77 abitanti. Se questa come si dice, è l’era dell’antipolitica, perché sono numerose le persone che si presentano per contendersi un seggio? Può la crisi economica indurre a questa scelta? Morta la democrazia dei partiti è dilagata una sorta di “ateismo civico” fondato non sul governo del bene comune, ma su un indotto, credo, clientelare. La vittoria conseguita dal candidato Mascaro lascia a Rapani l’amaro in bocca; perde per 62 voti con una percentuale del 45,15% (7.109 voti conseguiti) a fronte del risultato del vincitore che ottiene 7.171 voti con una percentuale del 45,55% su 15.774 votanti, ovvero il 50,94% del corpo elettorale. Anche a Rossano si conferma la Il neo Sindaco Stefano Mascaro tendenza nazionale: l’astensionismo, mentre i candidati vincenti ottengono maggioranze elettorali e non politiche. Al primo turno si sono recati al voto 21.886 elettori, ovvero il 70,81%. Questo dato è ovviamente influenzato dalla pressione che sugli elettori hanno esercitato i candidati alla carica di consigliere comunale, presenti in 21 liste, espressione di sette aggregazioni politiche. Quali rapporti di forza tra i vari attori politici? Come si presenta il nuovo consiglio comunale, quali le aspettative dei cittadini, quali le reazioni, quale giudizio politico/morale può essere espresso sull’andamento e la gestione della campagna elettorale, quale ruolo ha giocato l’informazione, quali i punti di forza e di debolezza persistono oltre la campagna elettorale? Come questo evento ha strutturato il sistema dei partiti locali? Poniamo queste domande perche questo passaggio politico-istitu- zionale non parla solo ai rossanesi, ma per l’importanza che ha la Città di Rossano nello scacchiere regionale e territoriale, esso assume un significato extraterritoriale. È su questi interrogativi che la direzione vuole continuare ad indagare richiamando al confronto tutti i candidati a sindaco e non solo. Inoltre, per chi ha buona memoria si è conclusa una campagna elettorale che non trova alcun riscontro nel passato. L’astensionismo è stato la risposta ad una degenerazione che in alcuni momenti ha toccato punte di inciviltà inimmaginabili. È da qui che bisogna ripartire, sarebbe esiziale assumere atteggiamenti passivi e di sottovalutazione di quello che è accaduto. Il neo Sindaco non si lasci prendere dal contingente, eviti il solito gioco delle tre carte, non si lasci catturare dall’ordinaria amministrazione. Proceda ad una analisi attenta dello stato e della condizione strutturale del Comune per avviare un processo graduale di cambiamento che poggi UMBERTO URSETTA sia sulle condizioni immateriali (democrazia, partecipazione, legalità, trasparenza) che materiali dell’Ente. Ritorni a parlare con i cittadini, proponendo e realizzando forme nuove di autogoverno. Restituisca dignità al Consiglio Comunale, inesorabilmente ridotto a cassa di risonanza dei voleri degli esecutivi. Va ricercato un diverso equilibrio tra i poteri (Consiglio, Giunta, amministrazione e gestione) un nuovo rapporto tra l’amministrazione ed i corpi intermedi presenti nella società. Va superata una visione centralistica del governo locale assumendo nuove forme di decentramento di funzioni verso i territori (centro, scalo, frazioni oggi non più tali). Il traguardo della fusione Rossano- Corigliano non può prescindere da una nuova architettura istituzionale vissuta in simbiosi con gli amministratori ed i cittadini di Corigliano. Va insomma, tessuta una nuova tela di governo del territorio. Questa è la sfida, la risposta necessaria per il superamento delle contraddizioni che si sono sedimentate nella pancia della Città. Urge una risposta politico- culturale alta: “le risposte semplici ai problemi complessi esistono, ma sono false”. GIOVEDÌ 18 AGOSTO ALLE ORE 21.30 presenta il libro Vittime e Ribelli PELLEGRINI EDITORE Dialoga con l’autore Antonio Pistoia Intervento Luisa Altomare Presso EDONE’ CAFE’ Piazza Curatelo Celi ex Piazzetta Fiume a Schiavonea In collaborazione con l’Associazione Mondiversi CORIGLIANO - MONDADORI POINT - VIA NAZIONALE, 87 mondadoristore.it Un mondo di cultura e emozioni 067989-UmbertoUrsetta_Corigliano.indd 1 18/07/16 17:39 PORTA APERTE alla NUOVA TECNOLOGIA per L’UDITO Apparecchi acustici 0983 201512 Via M. Montessori - CORIGLIANO CALABRO (Cs) 13 di Francesco Sommario 14 Il recupero del Centro Storico di Corigliano deve essere una delle priorità di intervento per avviare processi di riqualificazione del nostro sistema urbano, oltre che un’opportunità di sviluppo incentrata su una delle risorse riconosciute come ad alto potenziale. Si devono perseguire obiettivi di tutela e conservazione del patrimonio storico e, al contempo, supportare la sua promozione, gestione e valorizzazione con la realizzazione, ad esempio, di: attività di carattere didattico, divulgativo e di ricerca; riuso del patrimonio immobiliare inutilizzato; miglioramento della qualità insediativa e di vita attraverso il potenziamento dei servizi urbani; recupero dei valori identitari e culturali; riqualificazione e valorizzazione per una maggiore potenzialità attrattiva dei flussi turistici. Bisogna, intanto, pensare alla costruzione di conoscenze che facilitino la comprensione delle dinamiche in atto nel borgo antico ed ipotizzare scenari futuri e alternative di intervento. Ma ciò non può prescindere dalla conoscenza oggettiva e scientifica della realtà urbana e delle sue identità storiche, delle modificazioni del patrimonio edilizio e del tessuto sociale che le caratterizzano. Un valido aiuto potrebbe venire dalla creazione e utilizzo di un Sistema Informativo Territoriale, il quale potrebbe assolvere il ruolo di supporto tecnico e metodologico per la strumentazione urbanistica. Considerando che, nelle varie tornate elettorali, i candidati a sindaco hanno sempre messo fra i punti più importanti del loro programma politico la valorizzazione del Centro Storico, volendo informarmi sullo stato degli interventi che l’attuale Amministrazione Comunale ha messo in atto o programmati per esso, ho ‘scaricato’ dal sito web del Comune il “Documento Unico di Programmazione e Bilancio di Previsione 2016-18”, appena approvato, che ha ottenuto anche il parere favorevole dell’Organo di Revisione. A pagina sedici di tale importante documento mi si presenta una prima sconcertante notizia: Il Comune non è dotato di piani e strumenti urbanistici quali il Piano regolatore, il Programma di fabbricazione, Carlo Caruso ph Gestione e valorizzazione del Centro Storico il Piano di edilizia economica e popolare e il Sistema Informativo Territoriale (GIS); né tantomeno ha adottato o approvato i piani di insediamenti produttivi Industriali, Artigianali e Commerciali. Ciò significa che la ‘politica’ a Corigliano non ha voluto o non è capace di programmare a lungo e medio termine ma amministra l’ordinario, il giornaliero, venendo meno al suo fine primario. Proseguendo nella visione del Documento, scopro che la spesa prevista nel biennio 2017-2018 è “ZERO” per la realizzazione delle seguenti “missioni”: Politiche giovanili, sport e tempo libero; Trasporti e diritto alla mobilità; Sviluppo economico e competitività; Agricoltura, politiche agroalimentari e pesca; Sistema integrato di sicurezza urbana; Istruzione universitaria; Istruzione tecnica superiore; Valorizzazione dei beni di interesse storico; Politiche giovanili, sport e tempo libero; Edilizia residenziale pubblica e locale e piani di edilizia economico-popolare; Difesa del suolo; Tutela, valorizzazione e recupero ambientale; Tutela e valorizzazione delle risorse idriche; Qualità dell’aria e riduzione dell’inquinamento; Trasporto pubblico locale; Viabilità e infrastrutture stradali; Interventi a seguito di calamità naturali; Interventi per la disabilità; Interventi per gli anziani; Interventi per il diritto alla casa; Cooperazione e associazionismo; Industria, PMI e Artigianato; Ricerca e innovazione; Sviluppo del settore agricolo e del sistema agroalimentare; Caccia e pesca. Altre “missioni” (in totale sono 18 linee guida) prevedono più che altro spese di gestione e quasi zero investimenti. Da tutto ciò emerge l’assoluta mancanza di investimenti sulla scuola, sulla ricerca e innovazione e sulle attività produttive, sulla famiglia, sulla salvaguardia del territorio e, di conseguenza, sui giovani. Ciò appare come un messaggio esplicito per i giovani: “abbandonate Corigliano, per voi qui non c’è futuro”. Se quanto indicano i dati contabi- li citati è vero, c’è da chiedersi: tale documento di “programmazione”, se in esso non si programma niente, fermo restando il “rientro di bilancio”, su quali basi ha ottenuto l’approvazione dell’intero Consiglio Comunale il 13 maggio 2016 e successivo parere favorevole dell’Organo di Revisione a firma dei dottori Francesco Pagliaro e Giuseppe Aloe? Nel Documento è presente anche un paragrafo specifico riguardante il Centro Storico (pagina 56), in cui si Sistema Informativo Territoriale Un S.I.T. si basa, principalmente, sulla realizzazione di una scheda descrittiva per ciascuna unità immobiliare del patrimonio edilizio, utilizzando supporti informatici, con la possibilità di associare agli oggetti presenti in una cartografia (fabbricati, isolati, aree, infrastrutture) informazioni relative a caratteristiche morfologiche (numero di piani, volumi, struttura costruttiva), ad usi, notazioni storiche o informazioni ambientali. Da tale banca dati strutturata, un S.I.T. è capace di ricavare informazioni su un singolo oggetto o su un sistema di oggetti territoriali. Un Sistema Informativo Territoriale è in grado di creare un modello virtuale del mondo reale e di agire su di esso con simulazioni e modelli matematici volti a mettere a punto strategie, altrimenti impensabili, di protezione, di valorizzazione e di utilizzo delle risorse presenti nel nostro Centro Storico, il più possibile sostenibili per l’ambiente e per la popolazione. Le nuove tecnologie S.I.T si configurano, quindi, come un vero e proprio “laboratorio” nel quale sperimentare e mettere a punto nuove metodologie di interpretazione e nuove strategie di intervento da applicare al “sistema territorio”, inteso, quest’ultimo, come somma di vari sottosistemi quali, ad esempio, sistema insediativo, industriale, ambientale, stradale, idrico, storico. Una volta attuato e adottato, il S.I.T diventerà uno strumento indispensabile sia per i tecnici sia per gli amministratori quando dovranno programmare interventi sull’esistente (centro storico) o realizzare nuove strutture urbanistiche insediative o industriali o altro. afferma, testualmente, che per il suo recupero è necessario avviare “… una seria e ponderata strategia finalizzata al recupero ed alla riqualificazione del tessuto urbano, nella prospettiva di avviare un processo di bonifica ambientale e di rigenerazione sociale complessiva del borgo antico, facendo emergere l’identità dei luoghi e reinserendoli con dignità nel contesto urbano di appartenenza…”, senza, però, indicare come rendere concreto ciò; inoltre i verbi utilizzati nell’intero testo sono quasi tutti al condizionale: “si potrebbe”, “speriamo”, “sembra opportuno”, “risulterebbe indispensabile”. Chiaramente, il condizionale è d’obbligo se si prevedono investimenti “ZERO” nei prossimi due anni. Forse il “come” è suggerito in un altro passo dello stesso paragrafo che così recita: “…è necessario intraprendere un percorso che veda: il coinvolgimento dei Parroci e dei Sacerdoti che, nelle Parrocchie e negli annessi Oratori, svolgono il loro apostolato…”; ovvero, siamo nelle mani di Dio. 15 Dal 3 al 7 luglio si è svolto nel Parco Nazionale del Pollino 8° workshop degli Unesco Global Geopark Italiani di GRAZIA VULCANO In questi 3 giorni il Parco Nazionale del Pollino ha accolto i delegati provenienti da Geoparchi Mondiali Unesco di tutto il territorio nazionale, aderenti alla Rete Europea e Globale dei Geoparchi, network che raccoglie 120 geoparchi mondiali in 33 paesi, di cui 69 in Europa e 10 in Italia. Nel settembre dello scorso anno, il Parco Nazionale del Pollino è entrato a far parte della rete Europea dei Geoparchi (EGN), in occasione della convention tenuta a Rokua in Finlandia e successivamente ha ottenuto il riconoscimento all’interno della rete Globale dei Geoparchi(GGN) e, per conquistare questa candidatura il Parco Nazionale del Pollino ha individuato, cartografato e caratterizzato 69 geositi ricadenti all’interno del territorio protetto. In queste tre giornate si sono ritrovati nel Parco Nazionale del Pollino, i delegati provenienti dai Geoparchi Mondiali Unesco di tut- 16 to il territorio nazionale, i rappresentanti degli ordini professionali dei geologi calabresi e lucani, per una convention di studio, approfondimento e scambio di buone pratiche. La prima giornata di lavori si è conclusa a Civita con le Gole del Raganello e il Ponte del Diavolo, contesto naturale che ha affascinato tutti i partecipanti al meeting. La seconda giornata di lavori ha visto la carovana dei Geoparchi, sapientemente guidati dalla Professoressa Giovanna Rizzo dell’Università della Basilicata, spostarsi sul versante lucano dell’area protetta , a Terranova di Pollino un Comune di 1.291 abitanti, situato nel cuore del Parco del Pollino, con la visita ai Geositi: la Timpa delle Murge , con le sue rocce basaltiche formatesi per estrusione di magma nelle profondità marine, sollevate successivamente in quota da profondi movimenti tettonici e Timpa di Pietrasasso . La terza giornata quella conclusiva ha visto compiersi l’escursione a Piano Ruggio, dove dal Belvedere del Malvento, balconata naturale sulla valle del Coscile e sulla Calabria, abbiamo ammmirato l’albero simbolo del Parco del Pollino il Pino Loricato, anche qui sapientemente guidati dal professore Francesco Muto dell’Univer- sità della Calabria. Continuando con Papasidero, un Comune di 741 abitanti nella provincia di Cosenza, dove guidati dal Pof. Fabio Martini dell’Università di Firenze, abbiamo ammirato il sito archeologico della Grotta del Romito. L’importante scoperta avvenuta nel 1961 ha gettato una straordinaria luce sulle vicende preistoriche della Calabria settentrionale, dimostrando che essa era abitata da almeno 20.000 anni fa. All’interno della Grotta sulla parete è inciso un Bovide, il Bos primigenius. Nella grotta è possibile osservare nel luogo del rinvenimento, delle produzioni di sepoltura datate all’incirca 9.200 anni a.C. contenenti ciascuna una coppia di individui disposti secondo un rituale ben definito. E per finire Laino Castello, un Comune di 872 abitanti adagiato nella valle percorso dal Lao, un fiume molto frequentato dagli SEDE OPERATIVA: Via Michelangelo Buonarroti, 49 tel. +39.0983.80159 amanti del rafting. Il centro storico abbandonato negli anni 80 in parte è stato ripreso tra cui la maestosa chiesa di San Teodoro, di origine bizantina, che si erge con la sua imponente torre campanaria. Durante il periodo natalizio il borgo si presta a divenire scenario di un vero e proprio “presepe vivente”. Tre giorni in un complesso contesto naturale, ricco di storia, biodiversità e gastronomia tutto da vivere. Istituto di Vigilanza Le RONDE CORIGLIANO CALABRO (Cosenza) SEDE LEGALE: Via Giotto, 17 [email protected] www.leronde.it Inaugurazione Orto Sociale “Margherita” di COSIMO ESPOSITO 18 18 Il 25 giugno alle ore 17 è avvenuta l’inaugurazione dell’orto sociale “Margherita”, promosso e realizzato dall’ associazione Auser Corigliano e dai suoi volontari. L’orto, sito in località Villaggio Frassa di Corigliano e posto nelle immediate vicinanze della scuola elementare, occupa una superficie di 3500 metri quadrati; all’interno di essa sono stati ricavati 70 piccoli lotti di 35 mq ciascuno, già assegnati ad altrettanti soci Auser, tra i quali la rappresentanza femminile è ragguardevole. La manifestazione è iniziata con il taglio del nastro da parte del sindaco dott. Giuseppe Geraci e del presidente del Consorzio di Bonifica dott. Marsio Blaiotta. E’ seguita la visita sul campo da parte di tutti gli intervenuti che sono stati molto numerosi e molto interessati. La manifestazione è poi proseguita nello spazio appartenente alla scuola elementare dove è ubicata una piccola gradinata ad anfiteatro, occupata dai partecipanti. Qui tutti gli alunni della scuola elementare di Frassa hanno regalato ai presenti una recita con poesie, dialoghi e racconti tutti con riferimento al tema del verde, dell’agricoltura e dell’ambiente; sono stati tutti e tutte bravissimi e divertentissimi; si ringraziano le insegnanti per il grande lavoro di preparazione e il dirigente scolastico di Cantinella, dott. Guzzo, per la disponibilità mostrata. E’ poi intervenuto il presidente dell’Auser Cosimo Esposito che ha brevemente illustrato lo spirito del progetto, con particolare riguardo ai temi dell’invecchiamento attivo, allo scambio di esperienze e di conoscenze intergenerazionale, alla salvaguardia ambientale, alla partecipazione delle scolaresche e delle associazioni delle famiglie di giovani con difficoltà fisiche e mentali; ha ringraziato tutti i volontari Auser che hanno offerto il loro lavoro gratuito nella fase di partenza e ha ringraziato il presidente del Consorzio che ha reso possibile la partenza del progetto; ha ringraziato altresì la CGIL comprensoriale e l’ Auser regionale per i contributi economici in fase di avviamento. E’ seguito l’intervento del Sindaco che ha apprezzato lo spirito del progetto e ne ha sottolineato il valore positivo con riferimento alla salvaguardia ambientale. Il Presidente del Consorzio ha ricordato di avere contribuito alla sua rea- lizzazione sia con la concessione del terreno sia un aiuto concreto nella fase di avviamento. Il segretario della camera del lavoro di Corigliano, Giuseppe De Lorenzo, ha parlato del valore sociale del progetto e di come tutta la CGIL locale e comprensoriale ne ha sposato lo spirito. Angelo Sposato, segretario generale della camera del lavoro comprensoriale, partendo dal valore positivo del progetto, ha fatto riferimento al valore della terra, alla necessità della salvaguardia ambientale e alla necessità di utilizzare le terre incolte in termini di recupero di posti di lavoro. Giovanni Sisca, dello Spi di Rossano, ha apprezzato il progetto e ne ha auspicato una proposizione a livello territoriale più largo. E’ seguito un brindisi di augurio per il raggiungimento degli obiettivi che il progetto si pone. Tanti per tutti Viaggio nel volontariato italiano di GAETANO GIANZI L’Associazione Culturale Corigliano per la Fotografia ,la FIAF, Federazione Italiana Associazioni Fotografiche e CSVnet, Coordinamento Nazionale dei Centri di Servizio per il Volontariato, hanno presentato “Tanti per Tutti. Viaggio nel Volontariato italiano”, il primo progetto di documentazione del mondo del volontariato in Italia attraverso la fotografia che racconta la vita delle associazioni, mostrando le iniziative, i luoghi di incontro e le attività promosse dai milioni di volontari attivi nel nostro Paese. Il progetto “Tanti per Tutti. Viaggio nel Volontariato italiano” ha visto il suo momento culminante con l’inaugurazione della Mostra Nazionale l’11 Giugno 2016 presso il Centro Italiano della Fotografia d’Autore (CIFA) a Bibbiena (AR) e con l’inaugurazione in contemporanea di oltre 150 Mostre Locali dislocate su tutto il territorio nazionale. Il nostro territorio ha contribuito al progetto nazionale con il lavoro di Gaetano Gianzi, presidente dell’as- sociazione fotografica coriglianese, con gli scatti presso la Mensa Caritas di Schiavonea, inaugurando il 9 giugno scorso la Mostra locale a Corigliano Calabro, presso la sede dell’associazione Fontanelle 35. La mostra locale è stata visionabile fino al 23 giuno e insieme con le 150 mostre contemporaneamente aperte in tutta la nazione, testimonia l’impegno civile e culturale degli appassionati di fotografia che hanno partecipato attivamente a una celebrazione importante per tutta la collettività. Il progetto nazionale “Tanti per Tutti. Viaggio nel Volontariato italiano” si propone, attraverso l’attività fotografica, di rappresentare le diverse realtà di volontariato nelle regioni italiane mostrando le iniziative, i luoghi di incontro, le fasi progettuali e la realizzazione delle attività promosse dall’esercito di volontari del nostro Paese, supportati e sorretti dai più diversi interessi e da differenti motivazioni, ma tutti uniti nella precisa volontà di partecipazione e di solidarietà. Il progetto ha visto la partecipazione di oltre 700 Autori, di cui 300 selezionati per documentare, con oltre 1400 immagini, tutte le molteplici e variegate esperienze di volontariato che spaziano dall’assistenza sociale, salute, organizzazioni del tempo libero, cultura e sport, protezione civile, educazione e ricerca, ambiente, tutela dei diritti, cooperazione e solidarietà internazionale. Un profondo lavoro di ricerca sul territorio che permette di scoprirne le potenzialità e le necessità, indagare lo spazio pubblico, il senso della comunità, scoprire il rapportarsi della vita del volontario con la vita lavorativa, individuare tempi e modi di un vivere completo che prevede spazi dedicati a sé stessi e spazi strettamente relazionati alle esigenze degli altri. CSVnet, Coordinamento Nazionale dei Centri di Servizio per il Volontariato e partner del progetto “Tanti per Tutti. Viaggio nel Volontariato italiano”, grazie alla presenza su tutto il territorio nazionale, ha aiutato e supportato i fotografi coinvolti nel progetto, facilitandoli nell’individuare le associazioni disponibili a far entrare la macchina fotografica nelle loro attività. La capitalizzazione del percorso porterà alla realizzazione, a cura di CSVnet, del primo archivio nazionale fotografico on line del volontariato: un patrimonio di scatti appositamente selezionati tra le migliaia di lavori pervenuti, che saranno resi disponibili e catalogati in base ai diversi ambiti in cui il volontariato agisce. 19 Il “Quadrato Compagna”, un monumentale complesso architettonico in stile neoclassico da recuperare e valorizzare 170 anni or sono (1846) iniziavano i lavori per la costruzione del Palazzo delle Fiere di Schiavonea, progettato dall’architetto Francesco Bartolini di Franco Liguori 20 Il 20 febbraio 1846, su autorizzazione del re delle Due Sicilie Ferdinando II di Borbone, la famiglia dei baroni Compagna, dava avvio ai lavori di costruzione, a Schiavonea di Corigliano, del “Fabbricato delle Fiere”, più conosciuto come Quadrato Compagna. Lavori che si conclusero nel giro di pochi anni, nel 1851. L’idea di realizzare l’importante struttura architettonica fu del barone Luigi Compagna, che incaricò per la progettazione dell’opera e la direzione dei lavori, l’architetto Francesco Bartolini (1818-1889), professionista di valore, laureato a Napoli, molto attivo a Corigliano dagli anni ’40 agli anni ’80 del XIX secolo. Le due fiere annuali che si svolgevano a Schiavonea, a maggio e a novembre, che egli voleva far crescere aumentandone il concorso di gente e di mercanti, e il desiderio di “dare commodi ai bagnanti”(G. Amato) che, nel periodo estivo, da tutta la provincia accorrevano alla Marina, furono le motivazioni di fondo che spinsero Luigi Compagna alla realizzazione del “Quadrato”, un complesso architettonico di grande pregio e una preziosa testimonianza della ricchezza e dell’importanza di Corigliano nell’Ottocento come vitale centro commerciale ed economico. Così lo storico Giuseppe Amato descrive il Fabbricato delle Fiere nella sua “Crono-istoria di Corigliano Calabro” (1884): “Nel 1846 si diede mano a questa bellissima fabbrica, che racchiude 8388 metri quadrati di spazio. E’ di forma rettangolare ed ha quattro entrate, chiuse a cancelli di ferro. Il prospetto principale, che guarda la città, ha otto colonne di ordine dorico, le altre entrate sono ornate con quattro pilastri di ordine toscano. Nei muri di cinta, a parte interna, vi sono praticate 60 botteghe, od archi ben grandi e spaziosi. Il piano superiore dei due lati stretti del rettangolo, cioè quel- lo di oriente e quello di occidente, contengono delle stanze per l’intiera larghezza, con entrate separate, per mezzo di un largo corridoio. Nel lato sud,ov’è il Porticato, il piano superiore è della lunghezza di quant’è lo stesso Porticato, ed ha due quartini superiori, e due a pian terreno; il lato nord non ha quartini a pian terreno, bensì botteghe….Il piazzale interno di questo grande rettangolo è diviso da due strade rette, una che principia dalla porta di Rossano, va alla porta di Cassano; l’altra che principia alla porta di Corigliano e va a quella di Mare, e si tagliano ad angolo retto, formando del piazzale quattro rettangoli; ognuno dei quali è circondato da un muretto, largo circa 60 centimetri e fatto a bello studio, onde depositarvi le mercanzie gli ambulanti merciai.” Questa puntuale ed entusiastica descrizione dell’Amato ci dà la misura della soddisfazione e dell’orgoglio dei Coriglianesi nel vedere realizzata la “bellissima fabbrica” del Palazzo delle Fiere di Schiavonea, una struttura unica nel territorio e forse in tutta la Calabria, che faceva della Marina di Schiavonea un polo fieristico e commerciale di prim’ordine, molto frequentato da “merciai” d’ogni parte della regione e non solo, perché , in occasione delle due fiere, di maggio e di novembre, grande era l’affluenza di gente che vi giungeva. La struttura offriva ai visitatori ogni confort possibile, come ricorda l’Amato nella descrizione sopra riportata ; “In questo fabbricato sì nelle fiere che nei tempi dei bagni, vi è tutto quello che si può desiderare, come caffè, ristoranti, macelli, vendita di neve, di pesce, di frutta, erbaggi, oltre allo spaccio di privativa colà sempre aperto per uso dei pescatori, loro famiglie e delle guardie doganali”. Veramente interessante la “storia” di questo singolare complesso architettonico, che i Coriglianesi si ostinano a chiamare “Quadrato”, nonostante esso sia di forma rigorosamente rettangolare ! La sua “centralità” come “luogo fisico” delle due fiere di Schiavonea (maggio e novembre) è durata fino alla metà del Novecento. Una testimonianza della vivacità e della ricchezza di colori che caratterizzava il Quadrato, in occasione delle fiere, ci è data da un bellissimo articolo apparso nel 1948, a cent’anni dalla costruzione della struttura fieristica, sulla rivista del Touring Club Italiano “Le vie d’Italia”. Au- tore dello scritto è il giornalista e storico Giovanni Mira (1891-1966), intellettuale antifascista che prese parte alla Resistenza e fu segretario di Ferruccio Parri nel 1945 e scrisse, insieme a Luigi Salvatorelli, la “Storia d’Italia nel periodo fascista”. Mira fu anche vice presidente del Touring Club Italiano e diresse la rivista turistico-culturale “Le vie d’Italia”. Nelle sue “peregrinazioni” attraverso i luoghi più belli d’Italia, a Mira capitò di visitare anche la Piana di Sibari, una visita che lo entusiasmò a tal punto che volle lasciarne un ricordo sulla rivista da lui diretta. Nell’articolo, intitolato “La Piana di Sibari”, egli riserva ampio spazio alla descrizione della Fiera di Schiavonea, che visitò, insieme ad alcuni amici, nella prima domenica di maggio del 1948 : “La Marina di Corigliano, che porta il nome di Schiavonea, è tutt’altra cosa. Qui sorge accanto al villaggio di pescatori e di contadini un santuario di antica data (…). A pochi passi dal santuario la solita torre-fortezza trasformata in caserma. Ma l’edificio più importante è il palazzo della fiera: un vastissimo quadrato in muratura con un portale neoclassico a colonne, eretto nella prima metà del secolo scorso dal signore del luogo, il barone Compagna, per ospitare la fiera che qui si tiene due volte l’anno: nella prima domenica di maggio e nella prima domenica di novembre. Noi vi capitammo proprio nella prima domenica di questo maggio. La fiera della Schiavonea occupa non soltanto il vastissimo cortile interno del palazzo, ma anche tutto il terreno circostante. Dal monte e dal piano, dai borghi aggrappati alle cime e dalle masserie sparse tra gli ulivi, tutto il popolo conviene alla fiera: chi in birocci trainati da focosi cavalli di razza, chi in lenti plaustri aggiogati a coppie di bovi, chi in rozzi autocarri e chi in vetuste automobili, chi a dorso di ciuco e chi in bicicletta, e molti anche a piedi con camminate di molti chilometri: perché alla Fiera di Schiavonea non si può mancare. In uno degli spiazzi circostanti sono raccolti i bovini portati al mercato, in un altro cavalli e puledri, asini e muli. Davanti al portale e nel cortile interno si addensano tende e bancarelle con utensili agricoli, finimenti e fruste, selle e cordami, e altre con stoviglie di ceramica, pentola di rame, secchi ed anfore, e altre con cotonate e fustagni, scarpe e sanda- li, tele da lenzuola e coperte di falso damasco. Qua e là una friggitoria di pesce all’aria aperta, un’osteria improvvisata, una mostra di ciambelle e di dolci. E gran folla dentro e fuori del mercato : proprietari e mercanti ben piantati e stivalati, frotte di poveri contadinelli dai panni frusti e sudati, donne in costume con le sottane di cento pieghe e i fazzoletti colorati intrecciati ai capelli; qualche matrona dei villaggi albanesi nel suo costume sgargiante e pesante. Il gridìo dei venditori, i nitriti e i muggiti delle bestie, le strombettate degli imbonitori, le zaffate dell’olio che frigge, il brusìo confuso della folla: tutto si mescola sotto il sole tra le folate impetuose che vengono dal mare….”. Veramente una stupenda pagina di letteratura veristica, quest’articolo di Giovanni Mira, che rivela la grande capacità di osservazione dell’autore, che riesce a cogliere gli aspetti tipici della varia umanità (mercanti, venditori, contadini, donne dei paesi albanesi, ecc..) che affolla la fiera di maggio a Schiavonea, in quegli anni dell’immediato secondo dopoguerra, quando anche in Calabria si viveva quel clima di speranza e di fiducia in una prossima rinascita economica e sociale del nostro Paese, dopo gli anni bui della guerra e del ventennio fascista. A nostro avviso, anche queste testimonianze letterarie, insieme alla memoria storica tramandata dalla carte d’archivio e dalle narrazioni degli storici locali, rappresentano, insieme all’edificio stesso del Palazzo delle Fiere o Quadrato Compagna che di dir si voglia, un bene culturale prezioso per la città di Corigliano e per tutto il territorio. Il Quadrato è sicuramente un “tesoro architettonico” da preservare, da recuperare e da valorizzare, dandogli una destinazione nuova che lo trasformi in un centro polivalente di manifestazioni culturali di ogni tipo e ne faccia la location ideale di grandi eventi legati alla plurimillenaria storia della Sibaritide, dall’età magnogreca al bizantino, dall’epoca normanno-sveva alla dominazione spagnola, dai Borboni all’Unità d’Italia. Dal 1985 l’edificio è stato dichiarato “di notevole interesse storico” da parte del Ministero per i Beni Culturali e Ambientali (decreto del 06 dicembre 1985) e questo dimostra ancora di più, se ce ne fosse bisogno, che Il Palazzo delle Fiere della Marina di Corigliano necessita di grande rispetto e attenzione, prima di operare su di esso qualsiasi intervento di restauro o di recupero dei tratti andati distrutti o modificati a partire dall’inizio degli anni Sessanta, quando la struttura fu venduta “a pezzi” ai privati, che vi costruirono brutte case, modificandone l’aspetto originario. Chi scrive, nella veste di presidente della Sezione Calabria della SIPBC (Società Italiana per la Protezione dei Beni Culturali) lancia un appello agli amministratori locali di riservare attenzione e sollecitudine a questo singolare manufatto architettonico ottocentesco, proteggendolo e valorizzandolo sempre più, perché esso riassume tanta parte della storia della comunità coriglianese e, in special modo, della identità del vecchio borgo marinaro di Schiavonea, oggi notevolmente cresciuto demograficamente ed urbanisticamente e diventato importante località balneare frequentata da tanti turisti italiani e stranieri, ed anche sede di un importante porto industriale nonché scalo di rinomate navi da crociera. 21 Restituito alla città l’Arco di S. Gennaro (Un restauro voluto dalla comunità coriglianese) di Enzo Cumino e Carmine Cianci Su Mondiversi n. 1/2014, veniva lanciato un S.O.S. per un immediato ed urgente restauro dell’Arco di S. Gennaro, uno dei monumenti più cari alla comunità coriglianese, posto com’è in prossimità della chiesa del santo protet- tore della città (S. Francesco di Paola) e, da sempre, elemento architettonico caratterizzante della piazza Vittorio Veneto. Attraverso la rubrica “Monumenti da … recuperare”, curata a due mani da Enzo Cumino e Carmine Cianci, venivano messe in evidenza, di volta in volta, tutte le emergenze architettoniche cittadine bisognose di intervento da parte di chi deve salvaguardare i beni della comunità. Il “grido di dolore” dei due operatori culturali di Corigliano cadeva, come spesso avviene, nel vuoto. Ma era opportuno che, davanti a resistenze che rischiavano di cancellare per sempre un manufatto di grande valore artistico e “identitario”, non ci si fermasse. Attraverso il coinvolgimento di varie associazioni e la continua denuncia per mezzo della testata giornalistica Mondiversi, finalmente nel febbraio del 2015 iniziavano i lavori di restauro del monumento, affidati dall’amministrazione comunale all’artista Carmine Cianci. In pratica, giusto dopo un anno, le denunce del giornale trovavano finalmente un minimo d’ascolto. Si deve, quindi, alla tenacia e all’amore per il territorio dei due suddetti operatori culturali e alla volontà della comunità tutta se, oggi, finalmente il monumento si può ammirare in tutta la sua bellezza e in tutto il suo splendore. Finalmente, a S. Gennaro è stata “restituita” la testa e tutte le parti del manufatto sono state sanate, secondo le odierne metodologie di restauro conservativo. Accanto alle ditte Fusaro e Bruno, le quali hanno fornito gratuitamente le impalcature, va dato un pubblico plauso a quanti si sono adoperati fattivamente per la concreta e non più differibile realizzazione dell’opera di restauro del suddetto Arco. Per la cronaca, la cerimonia per la conclusione dei lavori di restauro si è svolta domenica 10 luglio 2016. Giovanni Torchiaro ci accompagna in un viaggio nella letteratura d’autore, scrittori ed opere contemporanee interpretati attraverso il mezzo della sola lettura, libero da condizionamenti , guidato dall’intuizione e dalla passione personale. Non si tratta di semplice recensione, ma di entrare in punta di piedi nella storia, raccontandone emozioni, considerazioni, apportando una nuova narrazione. Dopo Monte Sardo di Dante Maffia, Giovanni Torchiaro ci racconta con introspezione l’ultimo commovente romanzo di Dacia Maraini, “La bambina e il sognatore”. LA BAMBINA E IL SOGNATORE di Dacia Maraini di GIOVANNI TORCHIARO 24 Scritto in prima persona e con voce maschile, Dacia Maraini ci dona quest’ultimo suo commovente romanzo (La bambina e il sognatore, BeS - Rizzoli 2015). Ne seguiranno altri, naturalmente. La grande scrittrice italiana (toscana o siciliana? romana?) lo ha sempre dichiarato: finché le sarà possibile scriverà. E, d’altrocanto, scrivere (e leggere) per lei è vita: la letteratura, in tutte le sue sfaccettature, è bisogno, urgenza, così come per il protagonista del romanzo: di conoscere e di conoscersi, forse anche di perdersi; ma essa è soprattutto atto d’amore: nasce quando il bambino dice alla mamma: “mamma, raccontami una storia” (97). La risposta della mamma è immediata, perché scaturisce come atto d’amore. Di questo tema - ben noto a chi ha seguito negli anni la Maraini - e di alcuni altri, intensamente presenti (il sogno, la solitudine, l’amore fedele, la paternità negata, il cinismo), si alimenta il libro; ma, naturalmente, la Maraini è sempre se stessa: il tema della violenza sulla donna ritorna e si declina nelle tante forme dei tempi nuovi, e ritroviamo - pur nei tentativi più o meno riusciti di reazione consapevole - la costante del violento affossamento di genere, in una linea di continuità che ci ha fatto conoscere, solo per citarne alcune, Marianna e Isabella, e Clitennestra o, per arrivare a noi, le tante che popolano L’amore rubato(Rizzoli, 2012), uno dei suoi più crudi romanzi. Solo che questa volta, complessivamente cedendo al combinatorio gusto ottocentesco del romanpopulaire, la Maraini dà al testo un che di ingannevole e misterioso. Tanto per cominciare dal titolo, la bambina non è una ma almeno due; poi, il sognatore non è il protagonista (il maestro elementare Nani Sapienza), come ci fa credere per quattro/quinti del volume, ma l’uomo violento (non tanto, alla fine), l’orco: ovvero, anche il maestro è un gran sognatore, ma in un senso del tutto opposto a quello del violentatore (anche la sinossi della sovraccoperta ci trae nell’inganno). Potrebbe credersi, da questo, che nel testo si creino degli ingorghi narrativi. Niente affatto. La scrittura è, per quattrocento pagine, leggera e comprensibilissima e le vicende narrate si dipanano, nel contesto di tematiche e possibilità drammatiche le più varie, in uno svolgimento sobrio e partecipato. Partecipato non è termine neutro. Esso attiene al contributo degli alunni e di uno in particolare, di quarta elementare, del maestro Speranza, e alla mente attenta del lettore. La violenza sulle bambine - si anticipava - è quella che, ormai, i mezzi di comunicazione di massa propinano ai cittadini nelle sue moderne forme: vendita di carne umana, per l’utilizzo nei postriboli dell’est asiatico; come bombe umane nella guerra assurda del nuovo terrorismo islamico; come prodotto da vetrina, in fotografie e in immagini offerte dalle mamme nella prospettiva del successo; come oggetto di dominio dell’”uomo solo” delle nostra città. Il lettore, dunque, partecipa ansioso e spera in un esito positivo, sebbene, realisticamente, abbia assai poco di che sperare bene. Vi sono, però, a copertura del rischio assoluto, presidi fortissimi. Il sogno, innanzitutto: come possibilità, non freudiana, di fondare ipotesi risolutive alternative; la letteratura - già si è accennato - che ti può aiutare a “scovare i nessi tra i personaggi, fra le trame dei grandi libri e la vita reale”, col rischio, tuttavia, di cadere nelle sue solite stradine sotterranee…” (25): Cappucetto Rosso che sparisce; e, attraverso la letteratura, la conoscenza di altre culture e di altri linguaggi: e ciò “perché tutti i linguaggi sono legittimi ed esprimono qualcosa di essenziale” (108). Ma, complessivamente, vi è, sparso nel testo, in maniera piuttosto diffusa, una visione salvificamente francescana, nel rafforzato senso: di Francesco d’Assisi e del Papa Francesco della preziosissima enciclica Laudatosi’, proprio là dove, per esempio, il buon maestro, dialogando con i suoi studenti, dice che “per fortuna gli esseri umani sono anche gentili e si innamorano l’uno dell’altro” (87); oppure: “la sola regola che ho chiara in testa è quella di evitare di fare male al prossimo. Francescano? Forse” (126). E così, p.e. alle pagg 212, 229, 235, tutto ciò non è un caso. Una doppia storia, dunque, che da un piccolo paese di provincia -dal quale non uno dei cattivi vezzi tipici è escluso - si diffrange verso diverse parti del mondo, per tornare a concludersi nel luogo da cui è partita, apparentemente a lieto fine: le due bambine salve, il maestro che ritornerà a vivere con Anita, la moglie perduta. Sarebbe bello godersi il lieto fine, ma non può essere cosi. Le bambine, di meno di dieci anni, dalle vite dimidiate dalla violenza, fisica e psicologica, ripetutamente esercitata da esseri umani brutali e senza visione del mondo se non per il proprio piacere; una, senza più genitori, l’altra rientrata in una famiglia in cui i genitori, accecati dal lavoro, nemmeno si riconoscono. E il maestro - innamorato fedele e cuore buono - nell’illusione che la moglie ritrovata possa rimanergli sempre accanto pur nel ricordo incancellabile della piccola figlia uccisa dalla malattia. Vi è una possibilità, però, nella fortunosa combinazione tra esseri umani (solo un esempio: il gigante buono, che ha riportato a casa la piccola orfana prostituta,si innamora della nonna di lei, per essere entrambi i nuovi genitori della bambina): sta nella generazione di ragazzi che cominciano a crescere e a capire sotto la guida del maestro Speranza -nomenomen: consapevoli, curiosi, capaci di capirsi perché capaci di intendere il linguaggio dell’altro. 25 PERSONAGGI DI UN TEMPO Antonio Toscano, l’eroe Coriglianese della Repubblica Partenopea del 1799 YVONNE BELCASTRO, nata a Cosenza nel 1977, laureata in Scienze Motorie e Sportive, attualmente insegna a Corigliano Calabro presso l’Istituto Tecnico per Geometri “Falcone e Borsellino”. Appassionata di musica, arte e natura, ha coltivato la poesia nel tempo, tenendola sempre chiusa nello scrigno del suo cuore, anche per una specie di pudore. E’ al suo primo lavoro. Una forte tendenza idealizzante, una motrice di chiaro profilo spirituale, un valore oltre la breve aiuola terrena, pur da essa partendo, sono i segni di poesie, che delineano e tracciano coordinate in cui la consapevolezza della condizione umana si coniuga con la necessità di un inderogabile riscatto, affidato al culto di quei valori senza i quali la vita sarebbe vuota e disperata. di Aldo Fusaro 26 Liberale, idealista, rivoluzionario, Antonio Toscano nacque a Corigliano Calabro il 22 gennaio 1777 da una numerosa famiglia borghese, il cui capofamiglia era avvocato e la moglie casalinga cattolica, attenta alla formazione umana, religiosa, culturale e professionale dei propri figli. Antonio, però, dopo la morte del padre Pasquale, avvenuta nel 1792, non eseguì più le direttive della madre e fondò con altri intellettuali, tra cui Luigi Rossi, il suo maestro e compagno di battaglie politiche per l’emancipazione del popolo sottomesso e schiavizzato, il club patriottico “Sala di Zaleuco” a cui aderirono molti calabresi, anche perché sostenuta da numerosi liberali cosentini guidati dal famoso poeta F. S. Salfi. Toscano, cultore e seguace delle idee rivoluzionarie francesi, aderì subito alla Repubblica Partenopea promossa da intellettuali napoletani e sostenuta, oltre che dai francesi, da una donna coraggiosa, Eleonora Fonseca Pimmentel, fondatrice e direttrice del periodico “Il Monitore” che divenne quasi organo d’informazione dei rivoluzionari, mettendo anche in evidenza la rozzezza culturale e civile di un regno che sfruttava fino all’inverosimile i suoi sudditi. Eleonora, come vedremo, pagherà con la morte la sua lotta per uno stato repubblicano e rispettoso delle condizioni umane e sociali del popolo meno fortunato. L’occasione di proclamare la Repubblica Partenopea si ebbe quando Maria Carolina di Barbone, volendo vendicare la decapitazione, durante la rivoluzione dell’89, a cura di Giuseppe De Rosis della sorella Maria Antonietta e del cognato Luigi XVI di Francia, spinse suo marito, Ferdinando di Borbone a partecipare alla guerra contro i rivoluzionari francesi. I Borboni riportarono una prima vittoria, ma vennero poi sconfitti e costretti a lasciare Napoli per rifugiarsi a Palermo. La regina M. Carolina meditò a lungo la vendetta e affidò poi la riscossa al giovane, ambizioso e audace cardinale Ruffo che, messosi a capo dei sanfedisti, mobilitò con false promesse e pregiudizi religiosi un popolo di contadini ignoranti e ossequiosi verso la chiesa dei preti e i padroni di sempre. Perciò, nonostante i principi liberali, i contenuti sociali, egalitari e di libertà per il popolo su cui si basava il progetto costituzionale di Repubblica Partenopea, il tentativo rivoluzionario, dopo cinque mesi, fallì. Tra i tanti aspetti, la Costituzione elaborata dai padri fondatori della Rivoluzione Partenopea aboliva il feudo con le leggi che lo regola- vano e dava la terra ai contadini, oltre che la libertà e la possibilità di progredire. Non si fece però in tempo ad informare e coinvolgere un popolo che, per troppo tempo, aveva servito i padroni e non comprendendo che gli intellettuali illuminati lavoravano per gli interessi degli oppressi e degli sfruttati e non per se stessi, come falsamente faceva credere il Cardinale Ruffo, non accettò le idee del cambiamento. Perciò, si diede inizio ad una guerra fratricida tra meridionali, tra calabresi e calabresi, come fu per Toscano e tanti altri patrioti. Così la Repubblica Partenopea, proclamata a gennaio, nel giugno cadeva e Napoli ritornava ai Borboni, mentre i protagonisti di quel primo grande tentativo rivoluzionario del nostro Risorgimento, salirono al patibolo in piazza Mercato o come Toscano cadevano in combattimento da eroi, lasciando al popolo in eredità una grande idea di libertà e di emancipazione che darà i frutti solo molto più tardi. Vita L’ALBA DELL’OMBRA Vita, la consapevolezza ti impone necessariamente la legge dell’attimo, dell’istante che abbraccia l’immortalità dell’anima. E poi arriva per tutti, inevitabilmente, il grande Incontro. Il buco nero dell’anima, famelico di essenza, raggiunge ogni spazio interstiziale dell’Essere, superando le sottili barriere di un’epidermide rugosa, anestetizzata ai grandi tumulti e sussulti del cuore. Ed è dolore, sofferenza, disperazione, paura. E inizia la fuga, l’angoscia, il tormento. Infine la resa, l’abbandono, l’abbraccio embrionale dell’Ombra, che attendeva da tempo di farsi fluire. 27 ITINERARI DA VALORIZZARE Percorso dalla Valle del Coriglianeto a Contrada Baraccone di Cosimo Esposito e Antonio Ida L’inizio del percorso descritto in questo numero è nel punto in cui il torrentello Petraro, che nasce in contrada Baraccone, confluisce nel Coriglianeto (nella cartina geografica è riportato come punto B). Per arrivare a questo punto di inizio percorso, si arriva in auto alla con- 28 trada Foresta, in auto si scende da Foresta nel Coriglianeto, si attraversa in auto un piccolo ponte ( nella cartina è riportato come punto A) e si risale in auto, costeggiando il corso d’acqua, per circa 3 chilometri fino a una masseria con piccole case attorno : qui ( punto B ) si lascia l’auto e comincia il percorso, a piedi, che porta da un’altitudine di 435 metri ( valle del Coriglianeto) a una di 930 ( strada provinciale per la Sila in contrada Baraccone). La lunghezza del percorso è 4800 metri all’andata, quasi tutta in salita, e altrettanti al ritorno, quasi tutto in discesa. Per una persona di 80 chili si consumano circa 1030 Calorie; quindi il percorso è adatto per persone che hanno un discreto allenamento; se il peso non è 80 chilogrammi bisogna fare una proporzione. Il percorso è quasi tutto in terra battuta ed è anche quasi tutto carrabile ( tutta la strada è discretamente manutenuta, molto probabilmente dai privati proprietari, che rendono un buon servizio alla comunità salvaguardando una bella fetta di territorio). Tutto il percorso avviene all’interno di un folta vegetazione boschiva (la maggior parte degli alberi è formata da querce e cerri, molto simili tra loro; sono presenti molti aceri; a terra sono numerosissimi i pungitopo che producono delle belle bacche rosse non commestibili; il bosco, molto pulito e praticabile, è di una grande bellezza e ispira grande tranquillità). Le coordinate geografiche, con riferimento alla cartina allegata, sono per l’ INIZIO (punto B) 39°32’32,04” di latitudine Nord e 16°30’39 ,23” di longitudine Est e altitudine 435 metri ; per la FINE (Baraccone) sono 39° 31’ 12,22” di latitudine Nord e 16° 31’ 03,10” di longitudine Est e altitudine 930 metri. Chi volesse fare il percorso in due tappe separate, data la difficoltà di esso, può fare la prima metà partendo dal punto iniziale sopra descritto e tornare indietro dopo avere percorso 2400 metri e fare la seconda parte, in un altro giorno, scendendo dal Baraccone per 2400 metri e poi risalire. Si ricorda a chi fosse interessato che le passeggiate si svolgono regolarmente di domenica, se il tempo è clemente, con partenza alle 8,15 dal numero 25 di via Nazionale allo Scalo. Per questo percorso si ringrazia il sig. Settimio Tonino Zanfino, abitante in contrada Baraccone, che ha voluto gentilmente farci da gui- da e che ci ha indicato anche un percorso alternativo molto bello, più corto di circa un chilometro, ma anche, ovviamente, un po’ più ripido. Il sig. Settimio Tonino ha anche dato la disponibilità per una collaborazione su altri percorsi montani che nel prossimo futuro bandremo a descrivere. 29 Narrare con le foto in due Periferie a cura di Pino Marasco a cura di Matteo Maria Marasco Ho deciso di dividere questo spazio di riflessione testuale e visiva con dei giovani e presentare, in ogni numero, una tematica da due punti di vista che si confrontano: con gli occhi di una persona che ha attraversato gran parte della sua vita e di un giovane che inizia a viverla consapevolmente, ponendosi tante domande. E’ il tentativo di dare spazio alle nuove generazioni per dialogare con loro o, quantomeno, per ascoltare il loro modo di leggere la realtà. In questo numero presenterò, insieme a Matteo Maria Marasco, il tema delle PERIFERIE, luoghi fragili, ai margini delle città, con i problemi che esse presentano e con i tentativi di trovarvi delle soluzioni. Ricordo a questo proposito: -il progetto dell’architetto e senatore Renzo Piano “Il rammendo urbano” che tenta, con il gruppo 124, di riprogettare alcune periferie; - la Biennale di architettura il cui direttore, Alejandro Aravena, mette in mostra a Venezia quest’anno un catalogo di soluzioni architettoniche creative che, superando limitazioni e condizionamenti di ogni genere, rispondono in modo semplice ai bisogni dei singoli e delle comunità. - la street art che costituisce un tentativo dal basso di dare un volto nuovo alla periferia. Straordinaria è la foto della mostra internazionale di architettura che trovi di seguito. Per capire i problemi delle periferie e più in generale degli spazi urbani delle città contemporanee, suggerisco il libro di Marc Augé “I Nonluoghi”, pubblicato da Elèuthera nel 1993. Durante un suo viaggio in America del Sud – racconta Alejandro Aravena - Bruce Chatwin incontrò un’anziana signora che camminava nel deserto trasportando una scala di alluminio sulle spalle. Era l’archeologa tedesca Maria Reiche, che studiava le linee di Nazca. A guardarle stando con i piedi appoggiati al suolo, le pietre non avevano alcun senso, sembravano soltanto banali sassi. Ma dall’alto della scala, le pietre si trasformavano in uccelli, giaguari, alberi o fiori.» I luoghi cambiano per come li osserviamo, per come li ascoltiamo, per come li viviamo. La periferia che vi racconto non è caotica , ne’ rumorosa come si potrebbe immaginare. In questo spazio ho trovato ordine nelle linee geometriche dei palazzi, ma solitudine nei pochi volti che ho incontrato; l’unico suono che si udiva era quello delle auto che viaggiavano verso la città di Bologna, che cambia di giorno in giorno, che si muove in modo frenetico, che non ha più un’identità precisa. Dipingere muri Solitudine Periferie Tra ferro e cemento Periferie dell’anima. La solitudine di alcuni giovani affogata nell’alcool 30 La speranza. Stare sulle macerie e non lasciarsi schiacciare dalla pesante e disastrosa eredità della vecchia generazione Case sparse. Sono tante le case sparse a Corigliano C. e molti pensano che, abitarvi, è come vivere in mezzo alla natura. Non è così, credetemi, per i ragazzi, per gli adolescenti, per i giovani. Le considerano delle residenze isolate, “fuori dal mondo”. Dimore che li privano delle necessarie esperienze di socializzazione. Per loro inizia presto la vita da pendolari. Trasmissioni Recinti di gioco Giganti di periferia Flussi migratori verso l’Europa Le ricerche criminologiche mettono in guardia sui rischi per i migranti di sviluppare disturbi psicotici di Raffaella Amato Solitamente si tende a mettere in relazione le ondate migratorie con un aumento dei reati, soprattutto quelli di microcriminalità. Da questo punto di vista si tende ad evidenziare ad esempio la relazione tra i flussi migratori ed i reati c.d. per la sopravvivenza: reati commessi per necessità in risposta allo stato di indigenza e quindi si parla di accattonaggio, crimini contro la proprietà, come scippi, taccheggi, furti con scasso, aggressioni a scopo di rapina, furti di auto e tutti i reati connessi alla prostituzione. Analogamente si tende ad evidenziare un potenziale aumento correlato ai flussi migratori di crimini derivanti dalle condizioni di vita, ovvero reati commessi in risposta allo stress generato dalla precarietà della propria situazione: in questa categoria rientrano forme minori di violenza o i reati connessi all’uso di sostanze illecite. Si parla poi dei reati da stigmatizzazione: le forze dell’ordine, a causa delle pressioni derivanti dall’opinione pubblica, rivolgono maggiore attenzione a comportamenti che di solito verrebbero ignorati. L’attenzione al potenziale significato criminogenetico dell’immigrazione rischia di mettere in secondo piano come l’esperienza migratoria rappresenti un evento di vita con un impatto fortemente stressante per il soggetto, impatto che può anche risultare associato allo sviluppo di disturbi psichiatrici quali deliri, allucinazioni, eloquio disorganizzato, comportamento catatonico o disorganizzato, sintomi negativi ecc. In realtà negli ultimi anni, il problema dell’incidenza dei disturbi psichiatrici nelle popolazioni migranti in Europa sta acquisendo sempre maggiore importanza. Sebbene la percentuale di soggetti migranti che utilizzano servizi di salute mentale in Europa sia sensibilmente aumentato negli anni più recenti, numerosi studi dimostrano che per i migranti il livello di accesso ai servizi tende ancora ad essere nettamente inferiore rispetto a quello delle popolazioni native. C’è da tener presente poi che i gruppi migranti sembrano possedere una più scarsa conoscenza sui servizi sanitari e sui trattamenti disponibili. Le ricerche criminologiche più recenti hanno ipotizzato come un fattore di rischio nella causazione dei disturbi psichiatrici di cui sopra possa essere di tipo neuroevolutivo: ad esempio un basso livello di vitamina D durante il periodo prenatale può agire come fattore predisponente lo sviluppo di psicosi. Secondo questa ipotesi i migranti di etnia nera sarebbero maggiormente a rischio di psicosi, in quanto spostandosi dal proprio ambiente di origine verso Paesi con climi più freddi potrebbero sperimentare gli effetti negativi di una carenza di vitamina D in conseguenza della ridotta esposizione agli effetti della luce. Ulteriori ipotesi hanno chiamato in causa il ruolo di fattori di tipo psicosociale. Ad esempio è stato proposto che i migranti sarebbero a maggior rischio di psicosi a causa di un più forte utilizzo di sostanze stupefacenti. In letteratura in effetti numerosi studi sembrano sostenere, in effetti, una significativa associazione tra abuso di sostanze ( in particolare cannabis) e sintomatologia psicotica. Altri studiosi hanno preso in esame il ruolo svolto da esperienze ed eventi di vita stressanti associati al processo di migrazione, quali separazione dalla famiglia di origine, disoccupazione, ridotto supporto sociale ed isolamento, problemi linguistici, discriminazione percepita e ridotta integrazione nella società, basso accesso ai servizi sanitari. Ancora più recentemente sono state avanzate ipotesi di tipo socio-evolutivo. Secondo tali proposte teoriche, fattori di vulnerabilità di tipo genetico (attinenti ai livelli di dopamina) interagirebbero con eventi di vita stressanti ed esperienze avverse, che invece agirebbero come fattori precipitanti, e con ulteriori fattori di mantenimento o esacerbanti (quali uso di alcool e sostanze). Secondo tali ipotesi, inoltre, fattori di rischio e fattori protettivi potrebbero essere differenti e avere un ruolo specifico per alcuni sottogruppi di migranti (ad esempio agirebbero fattori diversi per i migranti di prima e seconda generazione o per i migranti di etnie diverse). Il fatto che sia stato effettuato un numero limitato di studi suggerisce l’importanza di ulteriori ricerche sulla relazione tra status migratorio e psicosi. Prospettive per la ricerca futura riguardano anche lo studio di ulteriori variabili moderatrici del rischio di psicosi. Appare utile analizzare il ruolo della provenienza geografica dei migranti come possibile moderatore. Studi futuri dovranno ad esempio chiarire se i tassi di incidenza di psicosi varino tra i migranti provenienti da contesti geografici e culture extraeuropei e migranti che si spostano all’interno del territorio europeo. Una ulteriore implicazione riguarda l’importanza di indagare il ruolo della percezione soggettiva dell’esperienza migratoria, così come i livelli di stress ad essa associati. Parallelamente a questi aspetti studi futuri si potrebbe prendere in esame il contributo di specifici fattori protettivi, quali la rete sociale o la resilienza che potrebbero ridurre il rischio di psicopatologia. In conclusione può dirsi che è evidente come le popolazioni migranti sul territorio europeo possano essere maggiormente vulnerabili per i disturbi psicotici rispetto ai nativi. Gli interventi, in un’ottica di prevenzione primaria e secondaria, dovrebbero essere rivolti sia ai migranti di prima che di seconda generazione, dal momento che le ricerche effettuate non suggeriscono significative differenze nei livelli di rischio tra i due sottogruppi. Inoltre occorrono interventi a sostegno soprattutto dei migranti di etnia nera, che risulta essere il sottogruppo più a rischio. 33 di MASSIMO PETRONE PARTNER INSTALLAZIONE E RIPARAZIONE IMPIANTI IDROTERMOSANITARI ED INSTALLAZIONE CLIMATIZZATORE STUFE A PELLET PANNELLI FOTOVOLTAICI Via Lucarini - CORIGLIANO CALABRO (Cs) Tel. 0983.201413 - cell. 338.3974104 e-mail: [email protected]