Undiciannidicarcere aipiratidellastrada chetravolseroAlex
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R T1 CV PR T2 LA STAMPA VENERDÌ 13 LUGLIO 2012 . Cronaca di Torino .49 CORSO PESCHIERA NON SI FERMARONO, DOVEVANO ANDARE A COMPRARE LA DROGA RIVOLI Undici anni di carcere ai pirati della strada che travolsero Alex Ustionata dalla depilazione a luce pulsata Condanna severa: ai giovani valdostani una pena maggiore di quanto richiesto PAOLA ITALIANO Ieri, nell’aula 42 di palazzo di Giustizia, Simonetta Del Re ha visto per la prima volta in faccia Alessandro Cadeddu e Francesco Grauso, i due pirati della strada che il 3 dicembre scorso hanno falciato sulle strisce pedonali il suo piccolo Alex, 7 anni. Lui usciva con la sua famiglia da un negozio di giocattoli, loro correvano dal loro spacciatore di eroina. Li ha visti nel giorno della loro condanna: undici anni di reclusione per entrambi. Una sentenza severissima rispetto ai reati contestati, al di là di ogni precedente. I due ragazzi di Aosta sono stati riconosciuti colpevoli in eguale misura, sebbene solo Cadeddu fosse alla guida della Clio nera che travolse in corso Peschiera il piccolo Alessandro Sgrò, suo padre Calogero (tuttora in ospedale) e Simonetta. Pene al di là anche degli 8 anni e 4 mesi che il pm, Gabriella Viglione, aveva chiesto. Alex, 7 anni Era il 3 dicembre 2011 quando fu investito Solo aggravanti Cadeddu e Grauso, 34 e 26 anni, che stanno scontando l’arresto in due comunità di recupero, avevano scelto il rito abbreviato, che prevede la riduzione di un terzo della pena.Gli undici anni inflitti dal Gup Rosanna La Rosa sono il risultato scontato di una condanna piena a 16 anni e mezzo per omicidio colposo, lesioni e omissione di soccorso. Nessuna attenuante, solo aggravanti: la fuga e poi il tentativo di nascondere l’auto, fino a quando la Polizia Municipale di Torino non l’ha individuata in un garage ad Aosta, 40 giorni dopo, grazie a pochi pezzi rimasti sull’asfalto. «Pene a livelli dell’omicidio volontario», commenta Claudio Strata, avvocato di Simonetta, pensando ai 16 anni inflitti nel processo Thyssen per omicidio con dolo eventuale. Bisognerà attendere le motivazioni, ma è chiaro che il gup ha accolto l’impostazione del pm Viglione, sebbene sia stata più severa. «Non era scontato commenta ancora Strata - che venisse riconosciuto che affidare il veicolo a una persona che pacificamente assumeva eroina tutti i giorni, abbia messo Grauso nella condizione di dover prevedere l’evento». Il processo ha avuto momenti tesi, specie quando hanno testimoniato i genitori dei ragazzi. Che hanno detto di non aver mai sospettato nulla dell’incidente - nonostante la Clio semidistrutta e mai più usata dal 3 dicembre ma neppure della tossicodipendenza dei figli. Il racconto è parso a tratti inverosimile, tanto che una mamma è stata invitata ad avvalersi del diritto di non rispondere per non incorrere in un’imputazione per falsa testimonianza. Risarcimenti Neppure il risarcimento del dan- «La nostra vita finita quel giorno» La mamma, Simonetta Del Re, con l’avvocato Claudio Strata: «Anche mio marito - ha detto ieri - non sarà più lo stesso» no è valso come attenuante. Anche perchè solo ieri, un attimo prima dell’udienza, si è siglato l’accordo che ha riconosciuto ai genitori (in cambio del ritiro della costituzione di parte civile) una somma per la perdita di Alex. La famiglia di Caselle non vuole rendere noto l’importo. «Una somma commisurata alla gravità dei fatti», si è limitata a dire l’avvocato Giovanna Cosentini, che rappresenta nonni e zii di Alex. «E’ stata un’erogazione dovuta - sottolinea Strata - dalla compagnia assicurativa per responsabilità indubbie. Prima di firmare le quietanze, ci è stato pure chiesto di ritirare la querela per lesioni. Abbiamo rifiutato. Ci sembrava paradossale». Il dolore della mamma «Penso che la sentenza vada bene, ma niente può restituirci ciò che abbiamo perso. Anche mio marito non sarà più lo stesso». Simonetta non piangeva all’uscita dall’aula, si teneva le mani e misurava le parole, dette a bassa voce, con una dignità grande quanto il dolore che ha dentro. «Certo, uno vorrebbe che li chiudessero dentro e non uscissero più...». Le avevano garantito che non c’erano controindicazioni, che la depilazione all’inguine con luce pulsata si poteva fare anche in presenza di un tatuaggio. Invece, si è ritrovata ustionata al Cto una donna di 49 anni che si era rivolta a un centro estetico di Rivoli per il trattamento. La vicenda è finita sul tavolo del procuratore Raffaele Guariniello che sta valutando se procedere lesioni personali colpose. La vittima era andata sul lettino dell’estetista ai primi di maggio. Nei giorni successivi aveva iniziato ad accusare arrossamento e bruciore, effetti collaterali che si manifestano comunemente nei giorni successivi a questo tipo di trattamento. Ma dolore e irritazione non cessavano, tanto che la donna è ricorsa alle cure mediche al Cto di Torino. È solo l’ultima di molte denunce seguite a trattamenti con luce pulsata intensa (Ipl), effettuata con un’apparecchiatura elettronica che utilizza impulsi di luce ad alta intensità per depilare, ma anche per intervenire su lesioni vascolari, lentiggini e macchie scure. È un’evoluzione del laser, che permette di agire su una porzione di pelle più estesa, ma bisogna dosare bene il tempo di esposizione, conoscere effetti collaterali e le raccomandazioni d’uso. Come il fatto che è caldamente sconsigliata proprio in caso di tatuaggi. [P. ITA.]