Cammini Giubilari

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Cammini Giubilari
camminiamo
insieme
guida ai cammini giubilari
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insieme
guida ai cammini giubilari
storia delle tappe
Camminiamo insieme
Guida ai Cammini giubilari
A cura del Press Point “Roma per il Giubileo”
Ideazione
Ferdinando Santoriello e Luciana Coretto
Progettazione editoriale, selezione iconografica e assistenza redazionale
Roma Capitale
Francesca Cellamare, Daniela Rustici
Città Metropolitana
Riccardo Bertini, Antonella Dolcemascolo, Emiliano Le Moglie
Prefettura di Roma
Alessandra Candelori, Alessia Pedrola, Silvia Friggeri, Giuliana Cruciani
Realizzazione grafica
Valerio Ventucci (Università degli Studi di Roma Tor Vergata)
Foto
Ufficio Stampa Roma Capitale – Servizio Fotografico
Marco Catani
Francesca Di Majo
Claudio Papi
Claudio Valletti
Redazione Roma per il Giubileo
Un particolare ringraziamento va ai tirocinanti, agli stagisti e a tutti quelli che
hanno lavorato nella redazione.
© 2016 - Roma per il Giubileo
Via dei Penitenzieri, 14 - Roma
www.romaperilgiubileo.gov.it
[email protected]
La vita è un pellegrinaggio e l’essere umano è un viator,
un pellegrino che percorre una strada fino alla meta agognata.
Misericordiae Vultus
“Il pellegrinaggio è un segno peculiare nell’Anno Santo, perché è
icona del cammino che ogni persona compie nella sua esistenza.
La vita è un pellegrinaggio e l’essere umano è viator, un
pellegrino che percorre una strada fino alla meta agognata”
Papa Francesco
Misericordiae Vultus
Bolla d’indizione del Giubileo Straordinario della Misericordia
prefazione
Questo progetto editoriale poggia le basi sulla suggestiva idea dell’Opera Romana
Pellegrinaggi, realizzata insieme a Roma Capitale, di tracciare quattro cammini dedicati
ai fedeli in arrivo a Roma per il Giubileo Straordinario della Misericordia, sulle orme degli
itinerari spirituali percorsi dai pellegrini di tutto il mondo nel corso dei secoli, a partire dal
1300, anno in cui Bonifacio VIII indisse il primo Anno Santo.
Ogni cammino, suddiviso in tappe, permette di raggiungere a piedi la Basilica di San Pietro,
soffermandosi sui luoghi religiosi più significativi per la Chiesa cattolica. Per quei cammini
passa la storia della cristianità e passano le stratificazioni culturali che caratterizzano la
Città Eterna. Una storia e tante culture che si intrecciano da millenni e che abbiamo voluto
descrivere da un punto di vista laico, individuando in questa pubblicazione lo strumento più
adatto per consegnare questo ricco patrimonio culturale, storico e artistico oltre il Giubileo
della Misericordia.
Il nostro intento è quello di fare un grande omaggio a Roma, ai suoi cittadini per esplorare
angoli della città in modo del tutto nuovo, ai turisti per scoprire percorsi inediti, ai fedeli
che continueranno ad arrivare nella Capitale per immergersi a fondo nella sua spiritualità
diffusa.
La segnaletica che identifica i quattro cammini - cerchi colorati incollati sulle strade e sui
marciapiedi - è destinata a cancellarsi con il passare del tempo. E con il passare del tempo
c’è il rischio che venga dispersa questa immensa eredità spirituale e culturale. Proprio con
l’ottica di preservare tutto questo, vogliamo lasciare una traccia tangibile per continuare a
valorizzare scorci inconsueti della storia millenaria di Roma, cristiana e laica.
È significativo che questa idea progettuale di trasmissione dei cammini giubilari sia nata
da un’esperienza professionale unica che si è svolta, durante l’intero Anno Santo, al Press
Point in via dei Penitenzieri, un luogo operativo gestito da Prefettura, Regione Lazio, Città
Metropolitana e Roma Capitale, in collaborazione con i tre Atenei pubblici della città.
Tramite un protocollo d’intesa, circa duecento giovani tirocinanti, guidati da ottimi
professionisti, si sono impegnati in attività di comunicazione e di informazione ai cittadini
e ai pellegrini per promuovere tutte le iniziative e gli eventi legati al Giubileo sui canali
dedicati, mettendo a disposizione il loro entusiasmo, la loro creatività e i loro studi.
Un’esperienza più che riuscita nella quale i concetti di tirocinio e lavoro si sono sovrapposti,
creando originali sinergie e arrivando a risultati concreti e soddisfacenti come questa Guida,
di cui sono particolarmente fiero.
Entrato a regime sin da subito, il Press Point è diventato un modello lavorativo dalle mille
potenzialità che, mi auguro, venga percepito dalle Amministrazioni Pubbliche come un
valore aggiunto per integrare comunicazione istituzionale e nuovi linguaggi e che, quindi,
possa essere replicato in altri ambiti.
Ferdinando Santoriello
Coordinatore della Segreteria Tecnica per il Giubileo
6
I cammini giubilari
e la diffusione dell’arte al popolo attraverso la religione
“Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla
condizione servile: non avrai altri dei di fronte a me. Non ti farai idolo né immagine
alcuna di quanto è lassù nel cielo, né di quanto è quaggiù sulla terra, né di quanto è
nelle acque sottoterra”
(Es 20, 2-4)
La parola di Dio “portata” ai figli di Abramo, riluttanti fuggiaschi dall’Egitto, per bocca
di Mosè sembra inequivocabile. Non solo non avrai altro Dio all’infuori di me, ma ti
proibisco di rappresentare quello che è in cielo, in terra e addirittura sotto i mari. E
così anche il cristianesimo avrebbe dovuto seguire la parola di Dio come avveniva
nel popolo eletto e in seguito nell’Islam. Tutti conosciamo la radice comune delle
tre religioni che hanno in comune storie, santi e profeti. Sappiamo anche che le
“differenze” tra le tre grandi Religioni, al di là di quello che radicalismo e fanatismo
vorrebbero farci credere, sono molte meno delle affinità elettive.
Ma allora perché il Cristianesimo è l’unica delle grandi religioni monoteiste che fa
eccezione alla Parola di Dio? Una riflessione teologica che ha percorso i secoli arrivando
fino a noi e che ha “rovesciato” la proibizione divina consentendo la venerazione di
immagini che vanno dalla Cappella Sistina alle icone bizantine. Tutto il cristianesimo,
non solo la confessione cattolica.
La “differenza cristiana” nei confronti di ebraismo e islamismo riguarda proprio la
rappresentazione del divino: la fede nell’incarnazione di Dio che si fa uomo è la chiave
di lettura. Con l’incarnazione del Verbo sono abolite le distanze che separavano Dio
dagli uomini.
Con l’incarnazione l’Invisibile ha preso forma, quantità, colore. Ormai, attraverso
l’umanità di Cristo, si manifesta la divinità. Gli avvenimenti della sua vita, il suo
insegnamento, i suoi miracoli ci rivelano la vera natura di Dio: il Dio di Gesù è un Dio
che è Amore, un Dio che salva.
Questa deificazione della figura umana, o se preferite umanizzazione della figura
divina, ha prodotto una contiguità fino a quel momento impensabile. L’uomo e Dio non
sono mai stati così vicini dal momento in cui Gesù introduce la corporalità dell’uomo
nella realtà divina. Possiamo rappresentare Dio senza aver paura di umiliarlo perché
assumendo le forme della nostra carne l’ha elevata al ruolo di “carne divina”. Ma la
questione è ancora più complessa perché alla richiesta dei suoi discepoli di mostrare
il volto del Padre, Gesù stesso risponde «Chi ha visto me, ha visto il Padre (Gv 14,8)».
Con Gesù, Dio non ha solo un volto, ma una storia umana che può essere raccontata
attraverso le testimonianze degli amici, di chi lo ha incontrato realmente. Giovanni
Damasceno, santo e teologo arabo vissuto tra VII e VIII secolo si spinge a dire che:
«Finché Dio è invisibile non si devono fare immagini di Dio, ma a partire dal momento in
cui Dio si è reso visibile nella persona di Gesù, si è autorizzati a produrre delle immagini
di Dio in Gesù». Non solo il volto di Gesù diventa il volto di Dio, ma la sofferenza sulla
croce diventa il simbolo della sofferenza umana e contemporaneamente il sacrificio
di un Dio per le proprie creature. Un cortocircuito tra umano e divino letteralmente
inaudito ed impensabile fino a quel momento, il vero effetto moderno e dirompente
del cristianesimo.
L’altra riflessione che si impone riguarda l’arte o, per meglio dire, lo sviluppo della storia
dell’arte in relazione all’esigenza della rappresentazione. Secondo Ernest H. Gombrich,
il grande storico dell’arte inglese, c’è un intimo legame tra lo sviluppo della storia
dell’arte e i motivi per cui si sceglie una modalità di rappresentazione che è al tempo
stesso compendio e superamento dei precedenti stili. In questo senso ogni opera
d’arte si pone come una raccolta dei precedenti punti di vista e contemporaneamente
un nuovo punto di vista. La frattura, dunque, che a volte sembra inspiegabile tra
arte classica e arte medievale, dove l’arte medievale sembra farsi portatrice di una
regressione nelle forme, trova invece il suo senso più profondo proprio nella necessità
di quest’ultima, intimamente connessa alla “sua” committenza religiosa, di comunicare
“meglio” ai propri fedeli le storie del Vangelo, le storie della Bibbia e le storie dei
Santi. Fermo restando che episodi di una cosiddetta “rinascenza” dell’arte classica
si possono trovare lungo il corso di tutto il Medioevo in Europa in quel sempre attivo
gioco dei vasi comunicanti di cui parlavamo in precedenza.
Ciò che conta non è più dunque la pregevole estetica di figure universali come quelle,
per intenderci, del “Discobolo” di Mirone o della “Venere di Milo” o dei fregi del
Partenone di Fidia. Il messaggio, la parola o la novella diventano centrali a scapito
della forma. Quei bassorilievi gotici e romanici con quelle figure sproporzionate e
goffe dovevano parlare al popolo e per parlare al popolo dovevano essere chiare
e di semplicità disarmante come i disegni dei bambini. La sostanza sopra e oltre la
forma. Una separazione, se così si può dire, che si ricomporrà definitivamente soltanto
durante il Rinascimento.
Ed eccoci quindi giunti al cuore del problema. La rappresentazione sacra è il mezzo
con cui la parola di Dio si fa immagine a prescindere dalla fallacità della lingua e
delle parole. E l’immagine artistica si pone come mezzo centrale ed universalmente
riconosciuto per l’evangelizzazione delle masse.
Roma, in questo senso, sembra essere l’emblema vivente di questo sviluppo. Con i
suoi duemila anni di storia e con l’incredibile numero di lingue, razze e culture che
l’hanno abitata, Roma non solo si erige a monumento vivente alla storia dell’arte, ma
anche come suo gigantesco contenitore.
II
III
Passeggiando per i vicoli della Città Eterna, seguendo il solco di uno qualsiasi dei
quattro cammini giubilari disegnati dall’Opera Romana Pellegrinaggi in collaborazione
con Roma Capitale sulla traccia degli antichi percorsi dei pellegrini, si riesce a rintracciare
questo filo rosso. La Basilica di San Clemente a due passi dal Colosseo, è un perfetto
paradigma di questo “viaggio nello sviluppo della storia dell’arte”. Sorta nel IX secolo
sui resti di una antica casa romana, si è poi “stratificata” tra pavimenti cosmateschi,
mosaici medievali e pitture proto-rinascimentali fino ad arrivare al chiostro seicentesco
che ricorda l’oscuro e onirico barocco spagnolo.
Si riesce solo ad immaginare il senso di stupore e meraviglia che dovevano provare
i pellegrini all’ingresso di queste incredibili basiliche nella Roma del primo Giubileo,
quello del 1300. Roma all’epoca era “la Città Santa”, l’equivalente di quello che è La
Mecca per la religione islamica e la Città di Davide per la religione ebraica. Ogni angolo
della città eterna, oggi come allora, parlava una lingua semplice e comprensibile a
tutti. Raccontava al popolo la storia, la grandezza, la meraviglia e la bellezza di Dio e
della sua Chiesa, della storia di Gesù, figlio di Dio e dei suoi discepoli, della Madonna,
la madre di Cristo redentore e dei santi attraverso la pittura, la scultura e l’architettura.
E incamminarsi per quei vicoli era ed è ancora oggi simbolo di evoluzione da un lato
spirituale e dall’altro culturale.
Sarà per questo motivo che percorrendo fino in fondo il Cammino Papale, il Cammino
del Pellegrino, il Cammino Mariano o quello della Misericordia si approda nel medesimo
luogo, centro propulsivo e fulcro del cattolicesimo nel mondo: la basilica di San Pietro.
Il grande colonnato, lo spettacolare abbraccio architettonico ideato da Gian Lorenzo
Bernini, ci accoglie ed accompagna verso la Porta Santa. Se il passaggio attraverso
la Porta Santa rappresenta il percorso che ogni fedele compie dal peccato alla grazia
allora, in un gioco di specchi e rimandi simbolici, al di là di quella porta, subito sulla
destra, non può che esserci il simbolo artistico della grazia ma anche della misericordia
tout-court: la Pietà di Michelangelo Buonarroti.
La scultura dell’artista fiorentino, oltre qualsiasi parola, ci “mostra” cosa sia fisicamente
la misericordia. Non un concetto astratto, ma un’emozione reale, vivida. Quel nobile
sentimento di compassione, attiva verso l’infelicità altrui, promosso da una virtuosa
inclinazione alla pietà e al perdono. La pietà della madre verso il figlio morente che
si trasforma nella pietà che ogni essere umano dovrebbe provare per un suo simile in
difficoltà.
Ecco come arte e religione hanno collaborato nei secoli. Nello svelamento e
nell’approfondimento di temi e principi universali, validi per ogni credo e ad ogni
latitudine, e nella diffusione di questi attraverso la bellezza. Una bellezza che travalica
i confini dell’umano fino a spingersi al cospetto del grande mistero della creazione.
Mons. Liberio Andreatta
Opera Romana Pellegrinaggi
cammino papale
Uno dei quattro cammini giubilari è il Cammino Papale. Una tradizione antichissima
ma ancora viva vuole infatti che il Papa neoeletto assuma il ruolo di Vescovo di Roma
insediandosi nella Basilica di San Giovanni in Laterano, Mater et Caput di tutte le chiese
della Città e del Mondo. Qui il Pontefice ne riceveva le chiavi, simbolo del potere spirituale
della Chiesa, dopo aver già avuto quelle di Pietro, simbolo del potere temporale. In
quell’occasione il percorso era compiuto in senso inverso rispetto a oggi: si andava da San
Pietro a San Giovanni, che era anticamente la sede papale. Il Papa veniva accompagnato
da un lungo corteo tra le vie del Campo Marzio e del Celio, passando per il Campidoglio,
il Foro Romano e gli archi di Tito e Costantino.
L’itinerario si snoda oggi per antichi monasteri e chiese medievali, i resti più importanti
della Roma imperiale e le grandi chiese del Cinquecento e del Seicento. Una delle tappe
fondamentali è il Carcere Mamertino, dove gli apostoli Pietro e Paolo sarebbero stati tenuti
prigionieri per molti mesi. Il percorso prosegue tra le vie del centro storico ed è analogo al
Cammino della Misericordia (il secondo percorso giubilare) fino a Piazza Navona, una delle
piazze più importanti e conosciute della Capitale. Qui si biforca in due itinerari alternativi
che comunque si concludono a Castel Sant’Angelo e quindi nella Basilica di San Pietro.
1 - Basilica di San Giovanni in Laterano
2 - Scala Santa e Sancta Sanctorum
3 - Complesso Lateranense
4 - Santi Quattro Coronati
5 - San Clemente
6 - Colosseo
7 - Archi Imperiali
8 - Santa Francesca Romana
9 - Santi Cosma e Damiano e San Lorenzo
in Miranda
10 - Foro Romano
11 - Carcere Mamertino
12 - Santa Maria in Aracoeli
13 - Piazza del Campidoglio
14 - Monastero delle Oblate di Santa
Francesca Romana
15 - Teatro Marcello
16 - Santa Maria in Portico in Campitelli
17 - Santa Caterina dei Funari
18 - Piazza Mattei e Fontana delle
Tartarughe
19 - Area Sacra Argentina
20 - SS. Stimmate di San Francesco
21 - San Giovanni della Pigna
22 - Santa Maria sopra Minerva
23 - Santa Maria ad Martyres (Pantheon)
24 - Sant’Eustachio in Campo Marzio
25 - Sant’Ivo alla Sapienza
26 - Piazza Navona
27 - Sant’Agnese in Agone
28 - Piazza Pasquino
29 - Santa Maria in Vallicella
30 - Ponte Sant’Angelo
31 - Castel Sant’Angelo
32 - Piazza San Pietro
33 - Basilica di San Pietro
Scala Santa - Tappa 2 - Basilica di San Giovanni in Laterano
Il cammino permette al fedele di visitare la chiesa di Santa Maria in Vallicella, una delle
tre chiese giubilari. All’interno della chiesa, conosciuta anche come Chiesa Nuova, è
conservato il corpo di San Filippo Neri, il santo che fondò la Confraternita della Trinità per
dare ospitalità ai pellegrini e ai viandanti.
Nell’anno del Giubileo della Misericordia indetto da Papa Francesco, la chiesa di Santa
Maria in Vallicella ha celebrato anche il cinquantenario della nascita di San Filippo Neri.
VI
cammino della misericordia
1 - Basilica di San Giovanni in Laterano
2 - Scala Santa e Sancta Sanctorum
3 - Complesso Lateranense
4 - Santi Quattro Coronati
5 - San Clemente
6 - Colosseo
7 - Archi Imperiali
8 - Santa Francesca Romana
9 - Santi Cosma e Damiano e San Lorenzo
in Miranda
10 - Foro Romano
11 - Carcere Mamertino
12 - Santa Maria in Aracoeli
13 - Piazza del Campidoglio
14 - Monastero delle Oblate di Santa
Francesca Romana
15 - Teatro Marcello
16 - Santa Maria in Portico in Campitelli
17 - Santa Caterina dei Funari
18 - Piazza Mattei e Fontana delle
Tartarughe
Dopo l’editto di Costantino del 313 d.C., che riconosceva la libertà di culto nell’Impero
Romano e quindi l’espansione del culto cristiano, crebbe la devozione per gli apostoli
Pietro e Paolo, martirizzati a Roma verso l’anno 67 e ritenuti i fondatori della Chiesa, e il
pellegrinaggio verso Roma si affiancò presto a quello a Gerusalemme.
19 - Area Sacra Argentina
20 - SS. Stimmate di San Francesco
21 - San Giovanni della Pigna
Secondo la tradizione, infatti, l’apostolo Pietro fu detenuto presso il Carcere Mamertino,
l’antico carcere Tullianum, oggi situato al di sotto della chiesa di San Giuseppe dei
Falegnami, e - probabilmente - il carcere più antico di Roma o, addirittura, il carcere più
antico del mondo.
22 - Santa Maria sopra Minerva
23 - Santa Maria ad Martyres (Pantheon)
24 - Sant’Eustachio in Campo Marzio
25 - Sant’Ivo alla Sapienza
26 - Piazza Navona
27 - Sant’Agnese in Agone
28 - Santa Maria dell’Anima
29 - Santa Maria della Pace e Chiostro
del Bramante
30 - San Salvatore in Lauro
31/32 Ponte Sant’Angelo e Castello
33 - Piazza San Pietro
34 - Basilica di San Pietro
Articolato in 33 tappe, il Cammino della Misericordia parte dalla Basilica di San Giovanni in
Laterano e arriva a San Pietro ripercorrendo, nel suo tratto finale, la strada dei pellegrini
che arrivavano dal Nord per visitare la tomba di San Pietro, replicando quella che - nel
San Pietro e Paolo affresco - Tappa 11 - Carcere Mamerino
Medioevo - diventò una delle tre peregrinationes maiores insieme alla Terra Santa e a
Santiago di Compostela.
Il Carcere Mamertino rappresenta una tappa fondamentale del Cammino della Misericordia,
che si snoda poi lungo le vie della Roma medievale e rinascimentale, passando per la chiesa
giubilare di San Salvatore in Lauro nel rione Ponte, posta sulla direttrice verso il Ponte
Sant’ Angelo e San Pietro. La chiesa di San Salvatore in Lauro, santuario mariano dedicato
alla Madonna di Loreto, che negli ultimi anni ha accentuato la vocazione alla preghiera,
alla confessione e alla spiritualità basata sul carisma di San Pio da Pietralcina, è stata scelta
come chiesa giubilare e conserva le reliquie di Santi molto conosciuti in tutto il mondo,
come quelle degli Apostoli San Giuda Taddeo e San Pietro, Santi “romani” come San Paolo
e San Filippo Neri e altri più vicini al nostro tempo: Santa Bernadette, San Josèmaria Escrivà
de Balaguer e San Pio da Pietrelcina.
VIII
cammino del pellegrino
Il Cammino del Pellegrino ripercorre uno degli itinerari tradizionalmente seguiti dai
“Romei” che raggiungevano a Roma partendo da diverse parti d’Italia e d’Europa.
Il termine “Romei”, infatti, era utilizzato per indicare i fedeli cristiani che in età
medievale si recavano a Roma per venerare e pregare sulle tombe dei martiri, in
particolare di Pietro e di Paolo.
Il percorso parte dalla Basilica di San Giovanni in Laterano e, attraverso un percorso
di 30 tappe disseminate lungo più di 8 chilometri, raggiunge la Basilica di San Pietro.
Una delle tappe fondamentali del Cammino è la chiesa della Santissima Trinità dei
Pellegrini, luogo storico di accoglienza di migliaia di pellegrini nei Giubilei del XVI e
XVII secolo.
Particolare facciata - Tappa 21 - San Paolo alla Regola
1 - Basilica di San Giovanni in Laterano
2 - Scala Santa e Sancta Sanctorum
3 - Complesso Lateranense
4 - Santi Quattro Coronati
5 - San Clemente
6 - Colosseo
7 - Archi Imperiali
8 - Santa Francesca Romana
9 - Santi Cosma e Damiano e San Lorenzo
in Miranda
10 - Foro Romano
11 - Carcere Mamertino
12 - Santa Maria in Aracoeli
13 - Piazza del Campidoglio
14 - Monastero delle Oblate di Santa
Francesca Romana
15 - Teatro Marcello
16 - Santa Maria in Portico in Campitelli
17 - Santa Caterina dei Funari
18 - Piazza Mattei e Fontana delle
Tartarughe
19 - San Carlo ai Catinari
20 - Santa Maria in Monticelli
21 - San Paolo alla Regola
22 - Santissima Trinità dei Pellegrini
23 - Palazzo Spada
24 - Piazza Farnese e Santa Brigida
25 - Via Giulia
26 - San Giovanni dei Fiorentini
27 - Ponte Sant’Angelo
28 - Castel Sant’Angelo
29 - Piazza San Pietro
30 - Basilica di San Pietro
La chiesa, che si trova nel Rione Regola, è fortemente legata all’opera di San Filippo
Neri, fondatore della Confraternita della Trinità, creata per accogliere e curare
viandanti, pellegrini e indigenti provenienti da diverse zone della città.
L’itinerario prosegue, poi, per via Giulia e permette ai pellegrini di fare tappa nella
chiesa di San Giovanni Battista dei Fiorentini, una delle tre chiese giubilari. La scelta
di San Giovanni dei Fiorentini come chiesa giubilare può essere ricondotta sia alla
sua posizione, vicina a Ponte Sant’Angelo e quindi a San Pietro, sia alla quantità
di memorie storiche che la legano ai Giubilei a al tema della Divina Misericordia.
La devozione alla Divina Misericordia, proibita negli anni ’50, riprese vigore proprio
presso questo luogo dove si è sviluppata grazie ad alcuni gruppi di preghiera per poi
spostarsi definitivamente, con l’intervento di Giovanni Paolo II, presso la Chiesa di
Santo Spirito in Sassia.
X
cammino mariano
Il Cammino Mariano parte dalla Basilica di Santa Maria Maggiore e arriva alla Basilica
di San Pietro dopo 28 tappe, passando per via Urbana, via Madonna ai Monti, via Tor
dei Conti, via dei Fori Imperiali e il Carcere Mamertino, dove si connette con il primo
e secondo itinerario fino a piazza Navona, per poi separarsi nuovamente.
La Basilica di Santa Maria Maggiore, da cui il Cammino trae il suo nome, è situata
sull’estremità del monte Esquilino e rappresenta un autentico gioiello di bellezze dal
valore inestimabile. Da circa sedici secoli domina la città di Roma: tempio mariano per
eccellenza e culla della civiltà artistica, rappresenta un punto di riferimento per i cives
mundi che da ogni parte del globo giungono nella Città Eterna.
1 - Basilica di Santa Maria Maggiore
2 - Santa Pudenziana
3 - San Lorenzo in Fonte
4 - Madonna dei Monti
5 - Foro Romano
6 - Carcere Mamertino
7 - Santa Maria in Aracoeli
8 - Piazza del Campidoglio
9 - Monastero delle Oblate di Santa
Francesca Romana
10 - Teatro Marcello
11 - Santa Maria in Portico in Campitelli
12 - Santa Caterina dei Funari
13 - Piazza Mattei e Fontana delle
Tartarughe
14 - Area Sacra Argentina
15 - SS. Stimmate di San Francesco
16 - San Giovanni della Pigna
17 - Santa Maria sopra Minerva
18 - Santa Maria ad Martyres (Pantheon)
19 - Sant’Eustachio in Campo Marzio
20 - Sant’Ivo alla Sapienza
21 - Piazza Navona
22 - Sant’Agnese in Agone
23 - Piazza Pasquino
24 - Santa Maria in Vallicella
25 - Ponte Sant’Angelo
26 - Castel Sant’Angelo
27 - Piazza San Pietro
Interno Basilica - Tappa 1 - Basilica di Santa Maria Maggiore
Al suo interno alcune particolarità la rendono unica, come i mosaici della navata
centrale e dell’Arco Trionfale risalenti al V secolo d.C., realizzati durante il pontificato di
Sisto III (432-440), e quelli dell’Abside, la cui esecuzione fu affidata al frate francescano
Jacopo Torriti per ordine di Papa Niccolò IV.
Il cammino prosegue per via Liberiana fino ad arrivare a via del Governo Vecchio, dove
si incontra una delle tre chiese giubilari: “Santa Maria in Vallicella” che, pur avendo
ormai quasi quattro secoli di vita, rimane sempre la “Chiesa Nuova”. La chiesa, infatti,
venne eretta al posto di una vecchia chiesa medioevale di Santa Maria in Vallicella,
incorporando, allo stesso tempo, anche altri due edifici sacri: la chiesa di S. Elisabetta
a Pozzo Bianco e quella di S.Cecilia a Monte Giordano. Era il 1575 quando l’antica
Chiesa di Santa Maria in Vallicella fu donata da Gregorio XIII a S. Filippo Neri, il quale,
con l’aiuto dello stesso Pontefice e del cardinal Cesi, fece edificare la nuova chiesa da
Matteo da Città di Castello e da Martino Longhi il Vecchio.
30 - Basilica di San Pietro
XII
archi imperiali
Gli archi trionfali, una delle tipologie
architettoniche
più
originali
e
affascinanti di Roma, venivano realizzati
per celebrare un generale o un
imperatore al termine di una campagna
militare vittoriosa. Dopo aver percorso
la via Sacra carichi del bottino di
guerra, con al seguito i prigionieri
resi schiavi, le truppe passavano sotto
queste imponenti “porte sacre” che
avevano la funzione di celebrarne
le gesta e di “purificarli” dal sangue
versato.
Una
volta
attraversato
l’arco, i soldati deponevano le armi e
tornavano a essere semplici cittadini.
Questi monumenti avevano delle
caratteristiche comuni: si strutturavano
in un parallelepipedo con uno o più
attraversamenti e, nella parte superiore,
possedevano un’iscrizione che riportava
la motivazione della costruzione.
Già presenti nel II secolo, si
moltiplicarono in età imperiale, quando
assunsero un significato simbolico
indissolubilmente legato alla volontà
di glorificare gli imperatori o i cittadini
virtuosi. Tuttavia, oggi, sono visibili
soltanto tre archi: quelli fatti edificare
da Tito e Settimio Severo, che si
trovano nel Rione Campitelli, e quello
Come Arrivare
Via dell’Arco di Settimio, 1
B Colosseo
3/51/85/87/117
www.archeoroma.beniculturali.it
di Costantino, nel Rione Celio.
L’arco di Tito, situato nella parte
occidentale del Foro Romano, è in
marmo e a un solo fornice, i cui pilastri
presentano quattro semicolonne che
sorreggono una trabeazione con
fregio. Fu eretto tra l’82 e il 90 d.C. per
celebrare la vittoria contro i Giudei e la
presa di Gerusalemme ad opera dello
stesso Tito, raffigurato mentre viene
portato in cielo da un’aquila.
L’arco di Settimio Severo e quello di
Costantino celebrano rispettivamente la
vittoria sui Parti e quella su Massenzio.
Entrambi realizzati in marmo, sono
costruzioni a tre fornici con un passaggio
centrale più grande e due laterali più
piccoli.
7
1
7
7
Passare sotto un arco dopo una campagna militare
vittoriosa, oltre alla celebrativa, aveva anche una
funzione purificatrice simbolica: deporre le armi e
lavarsi dal sangue dei vinti.
area sacra argentina
La piazza di Largo di Torre Argentina
è situata nell’antica zona di Campo
Marzio, area consacrata al dio Marte
e adibita ad esercizi militari. La
denominazione “Argentina” deriva
da Argentoratum, antico nome di
Strasburgo, città di origine di Johannes
Burckardt, cerimoniere di Alessandro
VI Borgia e noto anche come vescovo
argentinensis. Egli, infatti, chiamò
Argentina dal nome latino della sua città
natale la torre inclusa nel suo palazzo.
Con il passare del tempo l’appellativo
“Argentina” si sostituì a quello
precedente “Calcarario”, dalle calcare,
cioè le fornaci per la trasformazione
dei marmi in calcare di cui la zona era
fornita.
Lavori di demolizione iniziati nel
1926 riportarono alla luce uno dei più
importanti complessi archeologici della
città, inaugurato il 21 aprile 1929 da
Benito Mussolini. L’area comprende una
vasta piazza lastricata su cui sorgono i
resti di quattro templi romani designati
con le lettere A, B, C e D poiché non
è stato possibile determinare con
certezza a chi fossero dedicati, anche
se alcune ipotesi fanno riferimento alle
dee Feronia, Fortuna, Giuturna e ai Lari
Permarini. I templi, risalenti all’età della
Repubblica, si ergono di fronte a una
strada pavimentata, ricostruita in epoca
imperiale dopo l’incendio dell’80 d.C.
Come Arrivare
Via di San Nicola de’ Cesarini
8/40/62/64/70/492
www.sovraintendenzaroma.it
Nel corso del V secolo l’area è stata
progressivamente abbandonata e,
di conseguenza, gli edifici lì situati
hanno cambiato la propria funzione,
subendo probabilmente anche delle
modifiche strutturali. Infatti, sulla
base delle strutture ancora visibili, si
può ipotizzare che la zona sia stata
inizialmente occupata da un complesso
monastico per poi lasciare spazio a
imponenti edifici, verosimilmente delle
case aristocratiche e anche una chiesa,
realizzati con grandi blocchi di tufo tra
l’VIII e il IX secolo d.C.
La leggenda, recentemente supportata
da evidenze storico-archeologiche,
vuole che proprio in quest’area sia
stato ucciso Giulio Cesare: è stato
infatti trovato un basamento della curia
di Pompeo, luogo in cui i congiurati
pugnalarono il dittatore.
19 19 14
3
La leggenda vuole che proprio in
quest’area sia stato ucciso Giulio Cesare.
basilica di s. giovanni in laterano
L’Arcibasilica del SS.mo Salvatore
e dei Santi Giovanni Battista ed
Evangelista, comunemente detta
San Giovanni in Laterano, sorge nelle
vicinanze del monte Celio ed è la
mater et caput di tutte le chiese di
Roma e del mondo. La Basilica sorge
ancora nello stesso luogo in cui fu
eretta dall’imperatore Costantino,
sui terreni di proprietà della nobile
famiglia romana dei Laterani, dalla
quale prende il nome tutta l’area.
Il Patriarchio, o dimora lateranense,
fu la residenza dei Papi fino al XIV
secolo e l’epicentro della cristianità
durante il Medioevo. La pianta della
primitiva basilica costantiniana era
molto simile a quella odierna, con
le cinque navate e i muri perimetrali.
La facciata settecentesca, ideata da
Francesco Borromini, è stata realizzata
dall’architetto Alessandro Galilei.
Il transetto sud della chiesa ospita
l’altare del SS. Sacramento sovrastato
da un ciborio barocco con pietre
preziose. In una nicchia, sopra il
ciborio, vi era un bassorilievo in
argento dorato di Curzio Vanni (15881589) del peso di mille libre sorretto
da due angeli modellati da Ambrogio
Buonvicino (1552-1622) e fusi da
Come Arrivare
Piazza S. Giovanni in Laterano, 4
A San Giovanni
3/16/81/85/87/117/186/218
571/650/665/714/850
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Orazio Censore. Questo era posto
a protezione di una tavola di legno
di cedro ritenuta quella dell’Ultima
Cena. Sopra la confessione vi è
l’altare papale con il baldacchino
gotico, opera dell’architetto Giovanni
di Stefano.
Nella parte superiore dell’altare
papale, protetto da una fitta grata in
oro, il reliquiario conserva le teste dei
SS. Pietro e Paolo, precedentemente
custodite nel Sancta Sanctorum,
l’edificio dove oggi si trova la Scala
Santa. Particolare importanza artistica
riveste anche l’abside decorato con
il mosaico della Vergine e Santi,
realizzato nel 1291 da Jacopo Torriti.
Nel 1300 proprio a San Giovanni in
Laterano fu indetto il primo grande
Giubileo della storia.
1
5
1
1
La mater et caput di tutte le chiese di Roma deve
il suo nome all’antica famiglia romana dei Laterani,
sui cui terreni sorgeva e sorge ancora la Basilica.
basilica di santa maria maggiore
La Basilica di Santa Maria Maggiore
sorge sulla sommità del colle
Esquilino e fa parte delle quattro
basiliche patriarcali di Roma.
Tempio mariano per eccellenza e
culla della civiltà artistica, è l’unica
che ha conservato la primitiva
struttura paleocristiana benché
arricchita da successive aggiunte.
La struttura interna dell’edificio
è resa unica dalla presenza di
alcune particolarità: i mosaici della
navata centrale e dell’arco trionfale
risalenti al V secolo d.C. e realizzati
durante il pontificato di Sisto III
(432-440); i mosaici dell’abside, la
cui esecuzione fu affidata al frate
francescano Jacopo Torriti per
ordine di Papa Niccolò IV (12881292) e il pavimento “cosmatesco”
di Eugenio III donato dal cavaliere
Scoto Paparone e dai suoi figli nel
1288. I lavori di ampliamento e
revisione dello spazio della basilica,
affidati a Giacomo Lauro nel 1618,
prevedevano la convivenza dei
mosaici dell’antica facciata, opera di
Filippo Rusuti (1290), con le recenti
realizzazioni del pontificato di Paolo
V: il palazzo laterale destro, opera
di Flaminio Ponzio, e la colonna
corinzia proveniente dalla Basilica
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Come Arrivare
Piazza S. Maria Maggiore, 42
A Termini
16/70/71/360/649/714
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di Massenzio, collocata nella piazza
antistante la basilica nel 1614.
La leggenda vuole che sia stata
proprio la Vergine a ispirare la
costruzione della chiesa, apparendo
in sogno al patrizio Giovanni e al
Papa Liberio nella notte fra il 4 e il
5 agosto del 352 d.C. avvisandoli
che il giorno dopo, nonostante il
caldo afoso avrebbe nevicato solo
sul punto in cui lei desiderava si
costruisse una chiesa. La Basilica di
S.Maria Maggiore, infatti, è anche
detta S. Maria della Neve poiché
il mattino del 5 agosto la sommità
del monte Crispio (Esquilino) era
ricoperta di un soffice manto di
neve.
1
Il più grande santuario mariano del mondo è
chiamato dai romani Santa Maria della Neve. La
leggenda vuole che il 5 agosto del 352 d.c. la
Vergine abbia coperto con un manto di neve il
luogo su cui sarebbe dovuta sorgere.
Basilica di San Pietro
San Pietro in Vaticano è la maggiore
delle quattro basiliche papali.
L’attuale complesso ha un’origine
antichissima, frutto di secoli
di stratificazione. Nel I secolo
d.C. l’area vaticana ospitava gli
Horti di Agrippina, grande villa
che comprendeva anche il circo
nei pressi del quale, in epoca
neroniana, si formò la necropoli
con tombe perlopiù pagane.
Quest’ultima fu interrata per volere
dell’imperatore Costantino e al suo
posto fu costruita la grande basilica
costantiniana, abbattuta soltanto
all’epoca di Paolo V (1605-1621).
A mille anni dalla fondazione,
San Pietro andava in rovina e fu
Niccolò V a iniziarne l’ampliamento
su suggerimento di Leon Battista
Alberti e su progetto di Bernardo
Rossellino. Tuttavia fu Papa Giulio
II della Rovere a terminare i lavori
affidandoli al Bramante, il quale
conferì alla basilica il suo aspetto
attuale. Da quel momento sono
trascorsi 120 anni, durante i quali si
sono avvicendati diversi artisti tra cui
Antonio da Sangallo, Michelangelo,
Carlo Maderno e Bernini.
Come Arrivare
Piazza San Pietro
A Ottaviano FS Stazione S.Pietro
19/46/64/98/190/590/881
916/982
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La cupola, sorprendente per
dimensione e armonia, fu ideata
da Michelangelo a partire dalla
fine del 1546 ed è la più grande
d’Europa. I lavori furono interrotti
alla morte dell’artista, nel 1564,
e ripresi durante il pontificato di
Sisto V Peretti da Giacomo Della
Porta e Domenico Fontana. Dentro
la basilica è presente il gruppo
scultoreo della Pietà, realizzata da
Michelangelo nel 1499. Nella navata
centrale si erge il Baldacchino, alto
28 metri e realizzato nel 1624 da
Gian Lorenzo Bernini su incarico di
Papa Urbano VIII Barberini.
33 34 30 28
9
Da necropoli a basilica cristiana attraverso
duemila anni di storia. San Pietro è il
centro universale della cristianità.
carcere mamertino
L’antico carcere Mamertino (o Tulliano)
si trova all’ombra del Campidoglio, nel
rione Campitelli, parzialmente nascosto
dalla chiesa di San Giuseppe dei
Falegnami, costruita sopra di esso nel
XVI secolo. È un luogo fondamentale
per la cristianità essendo stata la
prigione in cui furono rinchiusi San
Pietro e San Paolo prima del martirio.
Le origini di questo edificio oscillano
tra realtà e leggenda: sembra che
sia stato edificato da Anco Marzio
nel VII secolo a.C., anche se vi sono
tracce di insediamenti risalenti all’età
arcaica. Diverse fonti, tra cui lo storico
Sallustio, accertano il suo uso in epoca
repubblicana, durante la quale fu
ampliato, e “ospitò” illustri personaggi
come Vercingetorige e Giugurta. La
cristianizzazione del sito risale invece
all’VIII secolo, periodo in cui il nome
“mamertino” prevalse sul precedente
“tulliano”.
Nonostante del carcere Mamertino
sia rimasta soltanto una piccola parte,
sono ancora ben visibili i due livelli su
cui era ed è dislocato: quello superiore,
di forma trapezoidale, chiamata Carcer,
presenta muri realizzati in blocchi di tufo
su cui vi sono ancora degli affreschi. Al
centro dell’ambiente si trova una botola
che rappresenta l’accesso alla zona
sottostante (ipogeo), oggi raggiungibile
Come Arrivare
Via Clivo Argentario, 1
B Colosseo
51/60/63/83/85/87/117/118
160/170
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per mezzo di una scala. Il livello ipogeo,
circolare, è quello più antico ed è
chiamato “tulliano” (dal latino tullus)
per la presenza di una sorgente d’acqua
e risale all’età arcaica ed era il luogo in
cui venivano gettati e abbandonati al
loro triste destino di morte i prigionieri
di Stato.
La leggenda narra che San Pietro,
scendendo nel Tullianum, batté la testa
lasciando così un’impronta che è ancora
oggi visibile e protetta da una grata.
Nel periodo della loro detenzione i due
Apostoli fecero scaturire per miracolo
una polla d’acqua e convertirono i
loro carcerieri Processo e Martiniano,
divenuti martiri a loro volta. Dopo
lunghi lavori di restauro il carcere è
stato riaperto al pubblico nel mese di
luglio 2016.
11 11 11 6
11
Questo luogo, considerato il carcere più antico del
mondo, ha ospitato i grandi nemici e i traditori di
Roma: da Vercingetorige a Giugurta,
da Gracco all’apostolo Pietro.
castel sant’angelo
Poco lontano dalla Basilica di
San Pietro, al termine di Ponte
Sant’Angelo, si erge imponente
Castel Sant’Angelo. Il mausoleo,
realizzato per volere dell’imperatore
Adriano nel 123 d.C. come tomba
per sé e i suoi familiari, venne
ultimato da Antonino Pio nel 139.
Mentre tutti gli altri monumenti di
epoca romana vengono stravolti,
ridotti a rovine o a cave di materiali
di spoglio da riciclare in nuovi e
moderni edifici, il Castello, attraverso
una serie ininterrotta di sviluppi
e trasformazioni che sembrano
scivolare l’una nell’altra senza
soluzione di continuità, accompagna
per quasi duemila anni le sorti e la
storia di Roma.
Sede del museo nazionale di Castel
S. Angelo dal 1925, ospita collezioni
di arte e storia nonché cimeli
dell’Esercito Italiano in una cornice
monumentale unica. Da monumento
funerario ad avamposto fortificato,
a edificio con funzione di carcere,
la storia complessa e stratificata del
mausoleo è riconducibile dunque
ai tre nuclei principali, che sono:
le vestigie romane del mausoleo
imperiale, il castello fortificato e gli
appartamenti papali.
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Come Arrivare
Lungotevere Castello, 50
A Lepanto
23/32/34/40/49/62/81/87/280
590/926/982/990
castelsantangelo.beniculturali.it
In alcuni periodi dell’anno è possibile
percorrere il famoso “Passetto”
o “er Corridore” (il Corridoio), di
Borgo: un passaggio sopraelevato e
fortificato che collega il Vaticano con
Castel Sant’Angelo, passando sulle
Mura Vaticane. Tale passaggio, che
portava al Castello direttamente dai
Palazzi Vaticani, permetteva al capo
della Chiesa di rifugiarsi in caso di
necessità dentro la fortezza stessa.
Nel 1527 il passetto fu utilizzato
come via di fuga anche dal Pontefice
Clemente VII Medici che si rifugiò
a Castello durante il Sacco di Roma
perpetrato dai Lanzichenecchi di
Carlo V. È questa l’ultima grande
impresa legata al Passetto, che
dalla fine del Cinquecento vede
tramontare la sua funzione difensiva.
31 32 28 26
Quando vide la luce non era un castello ma un
sepolcro, e tra le numerose statue che lo ornavano
non c’erano né santi né angeli.
Il Colosseo, simbolo universale
della Città Eterna, si trova nel cuore
del rione Celio. Il nome originario
di questo imponente monumento,
con pianta a base ellittica e una
circonferenza di 527 metri, è
Amphitheatrum
Flavium,
dalla
dinastia Flavia cui appartenevano gli
imperatori Vespasiano e Tito che si
occuparono della sua realizzazione.
colosseo
Inaugurato nell’80 d.C., ospitò
a lungo i giochi tra i gladiatori
(munera), le simulazioni di battaglie
navali (naumachie) e quelle di
caccia ad animali feroci ed esotici
(venationes). Nel 1349 cadde in uno
stato di abbandono a seguito di un
terremoto che devastò gli ordini
rivolti verso la collina del Celio.
Durante quel periodo il Colosseo
fu utilizzato quindi come fonte di
materiali da costruzione. Il marmo
della facciata e gli ornamenti in
bronzo e in ferro furono utilizzati
nelle costruzioni di edifici storici
della città. L’esterno è composto
da quattro ordini architettonici
sovrapposti. I primi tre sono formati
da ottanta arcate, mentre il quarto
è suddiviso in riquadri intervallati da
finestre.
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Come Arrivare
Piazza del Colosseo, 1
B Colosseo
3/51/85/87/117
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Nell’ultimo ordine erano inseriti
supporti in muratura e in legno
per sostenere un immenso telone
(velarium) che serviva a riparare
gli spettatori dal sole. All’interno
(cavea) c’erano gradinate in laterizio
rivestite in marmo.
Il Colosseo è conosciuto come tale
in quanto sarebbe stato costruito a
pochi metri dalla statua di Nerone
detta “Colosso”. Secondo un’altra
versione, invece, il nome Coliseum
(Collis Isei) deriva dalla sua
collocazione nel luogo in cui una
volta sorgeva un tempio dedicato a
Iside. L’anfiteatro è stato dichiarato
patrimonio dell’UNESCO nel 1980
e nel luglio del 2007 è stato inserito
tra le nuove sette meraviglie del
mondo.
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6
6
“Finché esisterà il Colosseo, esisterà anche Roma;
quando cadrà il Colosseo, cadrà anche Roma;
quando cadrà Roma, cadrà anche il mondo”
- Beda il Venerabile, Santo e Dottore della Chiesa
complesso lateranense
Distrutto da un incendio nel
1308 fu ricostruito tra il 1586 e
il 1589 dall’architetto Domenico
Fontana, nell’ambito dei lavori
commissionati da Sisto V per la
nuova edificazione del Complesso
Lateranense.
Il
battistero
costantiniano,
detto anche “San Giovanni
in Fonte” o “San Giovanni in
Onda”, è stato costruito con dei
materiali antichissimi risalenti
al V secolo. Grazie ai moderni
scavi sono state riscoperte forme
architettoniche più vicine a
quelle originali come: la pianta
dell’edificio, l’andamento del
muro perimetrale e la posizione
dei pilastri di rafforzo. Fu Sergio
III a far trasformare la pianta
circolare originale in ottagonale,
a delimitare la vasca battesimale
con le otto colonne di porfido, a
ornare la volta con mosaico e a far
incidere sull’architrave ottagonale
i suoi versi sulla dottrina del
battesimo. Nel corso dei secoli
sono stati realizzati diversi lavori
di ampliamento e restauro del
Come Arrivare
Piazza San Giovanni in Laterano
A San Giovanni
3/16/81/85/87/117/186/218
571/650/665/714/850
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battistero, i più importanti dei
quali su commissione di Gregorio
XIII, Innocenzo X e Urbano VIII.
Nel Complesso Lateranense
grande importanza ha l’obelisco
in granito rosso, uno dei più
antichi di Roma, proveniente
dall’area orientale del tempio
di Amon-Ra a Karnak (Egitto).
Secondo una leggenda romana,
riportata sulla base dell’obelisco
lateranense, Sant’Elena, madre
di Costantino, sarebbe stata
battezzata nello stesso battistero
provvedendo in seguito ad
arricchirlo con quanto Tito e
Vespasiano avevano sottratto al
tempio di Gerusalemme.
3
17
3
3
L’insieme dei palazzi lateranensi sono stati sede
papale per più di mille anni fino
alla cattività avignonese.
Il Foro Romano (Forum Magnum o
semplicemente Forum per i romani)
occupa una vasta area del rione
Campitelli ed è un sito archeologico
ricchissimo di storia in cui per secoli
si è concentrata la vita pubblica della
città. La valle del Foro, paludosa e
inospitale, venne utilizzata tra il X
e il VII secolo a.C. come necropoli.
Solo nel 600 a.C. circa, per volontà
di Tarquinio Prisco, venne costruita
una delle più antiche condotte
fognarie, detta Cloaca Maxima, con
lo scopo di bonificare le paludi.
foro romano
Vista la sua collocazione strategica
nel punto in cui convergevano la via
Sacra, il Vicus Tuscus, il Vicus Iugarius
e il Clivus Capitolinus, la piazza
venne inizialmente utilizzata come
luogo di scambi commerciali per
poi divenire fulcro della vita sociale,
politica e giudiziaria dell’Urbe. Con
il declino dell’impero, il Foro perse
progressivamente la sua importanza
tanto da essere utilizzato come
pascolo nel Medioevo e come cava
di materiali durante il Rinascimento.
Grazie al lavoro degli archeologi
è oggi possibile godere di un
panorama che ci riporta indietro
19
Come Arrivare
Via dei Fori Imperiali
B Colosseo
3/51/85/87/117
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nel tempo: dal Campidoglio si vede
in primo piano il Tempio di Vesta,
quello dei Castori e quello del Divo
Giulio, ai cui lati si trovano i resti
della basilica Giulia (a sinistra) e della
basilica Emilia (a destra). Davanti a
quest’ultima si stagliano imponenti
la Curia e l’arco di Settimio Severo.
Completano il quadro il Tempio di
Saturno e quello della Concordia. La
maggior parte di questi monumenti
risale
all’epoca
repubblicana,
mentre in età imperiale fu poggiata
la pavimentazione in travertino
ancora visibile e sorsero numerosi
monumenti onorari, ultimo dei quali
la colonna dedicata nel 608 d.C.
all’imperatore Foca.
10 10 10 5
Sembra incredibile, ma quello che oggi è una vera
e propria finestra sulla storia, fino al XVI secolo era
un semplice pascolo conosciuto col nome
di Campo Vaccino.
madonna dei monti
Santa Maria ai Monti (detta anche
Madonna dei Monti) è la seconda
chiesa dell’Ordine dei Gesuiti e si
trova nell’omonimo rione su una
via che collega via dei Serpenti
a via di Tor de’ Conti. La strada
ripercorre approssimativamente
un tracciato molto antico, quello
dell’Argiletum, che collegava il
Foro Romano alla Suburra.
La chiesa si erge sul luogo dove
un tempo sorgeva un monastero
di Clarisse che in seguito fu
trasformato in una serie di
abitazioni private. Nel 1579
l’edificio fu interessato da diverse
scosse, tanto che gli abitanti
pensarono che fosse infestato dagli
spiriti. Incuriosito, un fienarolo di
nome Giampietro, entrò nel fienile
e comiciò a colpire la parete con
la sua falce. Subito fu udita una
voce che pregava di non far male
all’infante. Secondo la leggenda,
a parlare era stato l’affresco,
poi rinvenuto, rappresentante
la Vergine con il Bambino. Da
quel giorno a Roma si diffuse la
voce dell’accaduto e iniziarono a
Come Arrivare
Via della Madonna dei Monti, 41
B Cavour
75/117
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verificarsi guarigioni miracolose.
Questo convinse Papa Gregorio
XIII ad affidare a Giacomo Della
Porta l’incarico di costruire la
chiesa di Santa Maria ai Monti e
il relativo altare maggiore in cui è
custodita l’immagine miracolosa.
L’edificio, progettato nel 1580,
presenta una facciata armonica a
due ordini, con paraste e capitelli
corinzi, nicchie simmetriche e
un portale classico con loggia
superiore colonnata. L’interno
della chiesa è a croce latina e a
navata unica nella quale si aprono
alcune cappelle laterali. La volta
è affrescata con L’Ascensione e
Angeli e Dottori della Chiesa di
Cristoforo Consolari del 1620.
4
21
La distruzione programmata di un fienile.
Un affresco nascosto parlante e la nascita
di una nuova chiesa dedicata alla Vergine.
monastero delle oblate
Il Monastero delle Oblate di Santa
Francesca Romana è situato ai piedi
del Campidoglio, fra la basilica di
Santa Maria in Aracoeli e le rovine
del teatro Marcello all’interno del
Foro Romano. L’edificio deve il suo
nome alla comunità religiosa delle
Oblate Benedettine di Monte Oliveto
fondata dalla patrona di Roma, Santa
Francesca Romana. Il 15 agosto
del 1425, dieci donne, guidate da
Francesca, si offrirono come oblate
della Vergine nella basilica di S. Maria
Nova al Palatino, retta dai monaci
olivetani. Il piccolo gruppo delle
compagne era costituito da esponenti
delle famiglie più ricche e facoltose
della nuova nobiltà cittadina. Queste,
pur continuando a vivere nelle proprie
case, si impegnavano con l’oblazione
a una vita cristiana più perfetta,
nella frequenza sacramentale, nelle
penitenze e nelle opere di carità al
servizio del prossimo.
L’edificio, inaugurato il 25 marzo 1433
nel giorno della festa dell’Annunziata,
rispetta i canoni architettonici del
Quattrocento
caratterizzandosi
per l’aspetto regolare e semplice.
All’interno dell’oratorio è possibile
ammirare il ciclo narrativo di affreschi
sulle storie di Santa Francesca, con
Come Arrivare
Via del Teatro di Marcello, 32
30/44/46/62/64/70/87/492
780/781
www.tordespecchi.it
delle didascalie, scritte nella lingua
romana dell’epoca, che raccontano
il rapporto significativo che questa
aveva con la sua città. L’interno è in
gran parte rimasto intatto; l’atrio,
originariamente una stalla, conserva
ancora la mangiatoia, ricavata
all’interno di un grande sarcofago che
serviva alla santa per distribuire cibo e
vestiti ai poveri.
Il monastero, di stretta clausura, apre
al pubblico soltanto il 9 marzo di ogni
anno, in occasione della ricorrenza
della morte della Santa, quando si
svolge anche l’antichissimo rito della
benedizione dell’unguento e delle
fettucce per le partorienti, che le
suore distribuiscono alle fedeli.
14 14 14 9
23
Il monastero nasce dall’esperienza delle “case
sante”, che conciliavano gli ideali monastici con i
valori della spiritualità laica.
palazzo spada
Palazzo Spada, oggi sede del
Consiglio di Stato, si trova in Piazza
Capo di Ferro, nel Rione Regola,
lungo il percorso che da piazza
Farnese conduce a via Arenula. A
partire dal 1548 il cardinale Girolamo
Capodiferro commissionò all’architetto Bartolomeo Baronino la
costruzione del palazzo, che nel
1632 fu comprato dal cardinale
Bernardino Spada. Quest’ultimo
ne volle fare la sua stabile dimora
e incaricò diversi architetti, pittori
e scultori di ristrutturarlo in stile
barocco. Tra questi vi fu Francesco
Borromini che, tra il 1652 e il 1653,
si occupò della realizzazione della
celebre Galleria Prospettica, caratterizzata da un’illusione ottica
ottenuta grazie alla sequenza di
colonne di altezza decrescente e
al dislivello del pavimento che la
fanno apparire ben più profonda di
quello che è in realtà.
Queste ricercate soluzioni spaziali
rispondevano alla volontà del
cardinale Spada di esprimere,
attraverso l’architettura, il significato simbolico dell’inganno morale
e dell’illusione delle grandezze
terrene.
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Come Arrivare
Piazza Capo di Ferro, 13
23/280
galleriaspada.beniculturali.it
Le decorazioni scultoree rendono
la facciata tra le più ricche del
panorama cinquecentesco romano.
Al primo piano si trova una serie di
otto nicchie con statue di uomini
illustri della storia di Roma. Fra
le varie opere conservate negli
spazi interni e appartenenti alla
collezione privata del cardinale
Capodiferro, il palazzo ospita anche
una colossale scultura di Pompeo
Magno, ritrovata nel 1552, e ai cui
piedi sarebbe caduto Giulio Cesare
trafitto dalle pugnalate dei suoi
assassini.
23
L’illusione ottica della Galleria Prospettica, opera
del Borromini, è una geniale metafora dell’inganno
morale e dell’utopia delle grandezze terrene.
piazza del campidoglio
Situata sul colle capitolino, Piazza
del Campidoglio è sin dal Medioevo
la sede delle principali istituzioni
della città. L’elegante spazio della
piazza, così come si presenta oggi, è
il frutto del progetto di Michelangelo
Buonarroti che, intorno al 1540,
in occasione della visita a Roma
dell’imperatore Carlo V, fu incaricato
da papa Paolo III Farnese di
occuparsi del recupero dell’area del
Campidoglio. La facciata del Palazzo
Senatorio con la scala frontale a due
rampe, la ristrutturazione del Palazzo
dei Conservatori e la costruzione
del Palazzo Nuovo, oggi sede dei
Musei Capitolini, sono attribuibili
infatti al genio dell’artista fiorentino.
La costruzione prospettica ideata
da Michelangelo usa i due palazzi
e la chiesa dell’Aracoeli come
una “quinta” per ottenere una
piazza perfettamente autonoma e
indipendente dal contesto urbano
circostante.
In Piazza del Campidoglio è possibile
ammirare anche le fontane della Dea
Roma e dei Leoni Egizi. La prima fu
costruita nel 1588 e l’autore è Matteo
Bartolani da Castello, vincitore del
concorso indetto da Papa Sisto V che
intendeva celebrare la costruzione
Come Arrivare
Scala dell’Arcicapitolina, 12
30/44/46/62/64/70/87/492
780/781
www.museicapitolini.org
del nuovo acquedotto dell’Acqua
Felice. Le statue ai due lati della
fontana rappresentano i fiumi Tevere
e Nilo e nel 1593 fu aggiunta, in
posizione centrale, la statua della
Dea Minerva che nel tempo prese la
denominazione di “Dea Roma”.
La fontana dei Leoni Egizi, invece, è
costituita da due leoni in basalto nero
di Numidia, che precedentemente
ornavano l’ingresso della chiesa di
Santo Stefano del Cacco e che ora
invece si trovano alla base della
scalinata che conduce alla piazza. Si
racconta che, per l’elezione di Papa
Innocenzo X Pamphili (1644-1655)
e di Papa Clemente X Altieri (16701676) dalle cannelle di queste fontane
anziché acqua venne fatto sgorgare
vino bianco e vino rosso.
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27
Il nuovo orientamento della piazza, non più verso il
Foro ma verso San Pietro, voluto da Michelangelo
avrebbe rappresentato simbolicamente anche il
cambiamento negli equilibri politici romani.
piazza farnese
Palazzo Farnese, chiamato “il dado
dei Farnese” per la sua mole e forma,
è l’attuale sede dell’ambasciata
francese ed è considerato una delle
meraviglie architettoniche di Roma.
Si trova nell’omonima piazza nel
rione Regola. Le storie della piazza
e del palazzo sono intimamente
legate e cominciano nel XVI secolo
quando il cardinale Alessandro
Farnese, il futuro Paolo III, avviò
la ristrutturazione di un vecchio
edificio appartenuto al vescovo di
Taranzona. Fu edificato nel 1515
da Antonio Sangallo il Giovane e
alla sua morte i lavori proseguirono
con Michelangelo Buonarroti, che si
occupò della realizzazione del primo
piano. Il progetto fu poi portato a
termine dal Vignola che, tra il 1569
e il 1573, costruì nell’ala posteriore
due grandi logge alle quali Giacomo
della Porta ne aggiunse una terza
quando subentrò nella conduzione
dei lavori nel 1589.
La facciata principale, disegnata da
Sangallo, è caratterizzata da una
loggia con una finestra centrale
incorniciata da quattro colonne
e sul cui architrave campeggiano
i gigli, simbolo della famiglia
29
Come Arrivare
Piazza Farnese, 96
23/44/64/280
www.brigidine.org
Farnese. All’interno del palazzo
è possibile visitare la celebre
galleria che venne affrescata tra il
1597 e il 1604 dai fratelli Carracci.
Il grande salone è abbellito da
un ricco soffitto a cassettoni,
alcuni arazzi che riproducono gli
affreschi raffaelleschi delle Stanze
Vaticane e le statue della Pietà e
dell’Abbondanza di Giacomo Della
Porta.
Nell’omonima piazza che ospita il
palazzo sono presenti due fontane,
realizzate utilizzando grandi bacini
in granito provenienti dalle Terme
di Caracalla, e la chiesa di Santa
Brigida, inserita in un complesso
edilizio comprendente, oltre alla
chiesa, la casa che la religiosa e la
figlia santa Caterina abitarono dal
1350 fino alla loro morte.
24
Palazzo Farnese, più noto come “il dado” a causa
della sua forma cubica, è considerato una delle
quattro meraviglie di Roma.
piazza mattei
Situata ai confini dell’antico ghetto
di Roma, la piazza prende il nome
dal palazzo appartenente alla
famiglia Mattei, realizzato nel XV
secolo da Nanni di Baccio Biglio,
che insieme ad altri quattro edifici
presenti nella piazza costituisce
la cosiddetta “isola Mattei”. La
facciata, affrescata da monocromi
di Taddeo Zuccari che raffigurano
le “storie di Furio Camillo” oggi
completamente
scomparsi,
è
caratterizzata da una finestra murata
a cui è legato un racconto a metà
tra realtà e leggenda.
Si narra che, nella metà del 1500
il duca Mattei, giocatore incallito,
riuscì a perdere in una sola notte
una somma ingentissima. Il futuro
suocero, furibondo, gli disse che
mai e poi mai avrebbe dato sua
figlia in moglie a uno squattrinato
incosciente e buono a nulla come
lui. Per conservare l’onore e per
stupire il futuro suocero, il duca
fece costruire in una sola notte una
fontana davanti alla sua abitazione.
Il giorno successivo fece affacciare
alla finestra la promessa sposa
con il padre per ammirare l’opera.
Affinché nessun altro potesse più
31
Come Arrivare
Piazza Mattei
8/40/62/64/70/492
godere dello stesso spettacolo, il
giovane duca fece murare la finestra
che è possibile vedere ancora oggi.
La Fontana delle Tartarughe, situata
al centro dell’omonima piazza, è
stata disegnata da Giacomo della
Porta nel 1585 mentre le sculture
dei quattro efebi sono opera di
Matteo Landini. Soltanto nel 1658
Gian Lorenzo Bernini ha aggiunto
le tartarughe che danno il nome
alla fontana. Tuttavia quelle che
vediamo oggi sono soltanto delle
copie: anche quelle custodite
nei Musei Capitolini sono delle
riproduzioni visto che gli originali,
rubati nel 1973, non sono mai stati
ritrovati.
18 18 18 13
“Ecco cosa è capace di fare in poche ore uno
squattrinato Mattei”
piazza navona
Piazza Navona è una delle più
importanti piazze di Roma. La sua
caratteristica forma ovale ricalca il
perimetro dell’antico stadio costruito
dall’imperatore Domiziano prima
dell’86 d.C. e utilizzato per le gare
atletiche e per le competizioni. Da
qui derivava il nome “agones”, che
successivamente divenne “n’agone”,
poi “navone”, e infine mutò in
“Navona”.
Intorno all’anno Mille lo stadio
era ancora interamente chiuso,
con una sola strada che correva
lungo le attuali vie di Pasquino e
dei
Canestrari, mentre la piazza
si presentava divisa in piccoli orti
con qualche casa e la piccola e
primitiva chiesa di Sant’Agnese.
Nella seconda metà del XV secolo,
venne trasferito qui il mercato
che si teneva precedentemente in
piazza del Campidoglio rendendo
così questo luogo un punto fisso
di vendita di ortaggi, carni e merci
varie. Sotto il pontificato di Gregorio
XIII Boncompagni furono realizzate
alle estremità della piazza due
fontane, quella dei Calderari posta a
settentrione e la fontana Del Moro a
meridione.
Come Arrivare
Piazza Navona
30/70/81/492/628
Nel 1651, il Bernini realizzò al
centro della piazza la Fontana dei
Quattro Fiumi, uno degli esempi
più rappresentativi della Roma
barocca. Sormontata da un obelisco
proveniente dal circo di Massenzio, la
fontana rappresenta i quattro grandi
fiumi allora conosciuti, il Gange, il
Nilo, il Danubio e il Rio della Plata.
La roccia piramidale del monumento
è decorata con lo stemma araldico
della famiglia papale che raffigura la
colomba con il ramo d’olivo, simbolo
del potere divino il quale, come un
raggio solare, scende e illumina i
quattro angoli dell’obelisco. Secondo
l’iscrizione voluta da Innocenzo X,
l’opera scultorea intende offrire
“salubre amenità a chi passeggia,
bevanda a chi ha sete, occasione per
chi vuole meditare”.
26 26 21
33
Il nome di questa splendida piazza deriva da “in
agones” in onore dei giochi che qui si tenevano
durante l’impero di Domiziano.
piazza di pasquino
Piazza Pasquino prende il nome
dalla più famosa delle “statue
parlanti” di Roma posta all’angolo
con palazzo Braschi. La statua è
il frammento di un antico gruppo
ellenistico riconducibile al III secolo
a.C.
raffigurante
probabilmente
Menelao che sorregge il corpo di
Patroclo morente. In passato questa
piazza era chiamata piazza di Parione
o piazza dei Librai ed era frequentata
da scrittori e artisti. Sull’origine del
nome “Pasquino” vi sono diverse
interpretazioni: chi lo vuole riferito a
un oste, chi a un barbiere, chi a un
maestro di scuola e chi ancora a un
ciabattino. Il cardinale Oliviero Carafa,
il quale aveva acquistato dagli Orsini
l’edificio che sorgeva dove oggi è
palazzo Braschi, si era adoperato per
sistemare la piazzetta, lastricandone il
fondo. Proprio durante questi lavori,
nel 1501, venne scoperto il gruppo
marmoreo.
Alla statua sono legate le famose
“pasquinate”: feroci satire rivolte
al pontefice o ai personaggi più
Come Arrivare
Piazza di Pasquino
40/46/62/64/916
importanti dell’epoca, scritte su
biglietti anonimi affissi al piedistallo
della statua. Lo scopo era di dar voce
al popolo di Roma e alla proverbiale
vena umoristica dei romani. Le pene
per i colpevoli di “pasquinate”
erano severissime e arrivavano fino
a quella capitale. Oggi Pasquino
non è l’unica superstite delle “statue
parlanti”, simbolo dell’atteggiamento
irriverente dei cittadini nei confronti
del potere e delle sue più vuote
ostentazioni.
Marforio, Madama Lucrezia, Abate
Luigi, Facchino e Babuino sono le
altre statue che si possono ammirare
nel centro di Roma.
28 23
“Ognun vede quanto propizio terreno sia Roma
per la satira, dove essa ha un doppio bersaglio: il
dispotismo politico e quello religioso.”
- G.G. Belli
35
piazza san pietro
Una delle piazze più conosciute al
mondo è Piazza San Pietro e si trova
nella Città del Vaticano, proprio al
confine con lo Stato italiano.
Da secoli punto di incontro per
migliaia di fedeli, la piazza ha
subìto notevoli cambiamenti nel
corso del tempo specialmente a
partire dal Seicento, quando si
decise di riprogettare in maniera
funzionale alla Basilica di San
Pietro lo spazio antistante noto
fino ad allora come Platea Sancti
Petri. Il progetto presentava delle
difficoltà:
andavano
conciliati
aspetti architettonici (come la
facciata e le relative dimensioni)
con quelli urbanistici, funzionali
e liturgici. L’incarico fu affidato
a Gian Lorenzo Bernini, il quale
riuscì a valorizzare il complesso
con interventi mirati e ottenne
un risultato straordinariamente
armonico: venne realizzata una
piazza trapezoidale, delimitata
da due bracci porticati rettilinei
leggermente divergenti verso la
facciata, che collegava la basilica a
un altro piazzale a forma di ellissi.
Come Arrivare
Piazza San Pietro
A Ottaviano FS Stazione S.Pietro
19/46/64/98/190/590/881
916/982
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Quest’ultimo, largo 240 metri,
venne poi circondato dal famoso
colonnato,
simbolo
eterno
dell’abbraccio tra chiesa e fedeli.
Il colonnato, costituito da una
quadruplice fila di 284 colonne e
88 pilastri e coronato da 140 statue
alte più di 3 metri che raffigurano
i santi, contribuisce in maniera
sostanziale all’armonia di tutta la
piazza con la quale interagisce,
creando sorprendenti effetti ottici
(peraltro caratteristica peculiare
del Bernini). Tra i più noti c’è
l’allineamento delle colonne, che è
calcolato sui raggi dell’ellisse e il cui
centro è indicato da una piastrella
posta sul pavimento della piazza,
in modo da dare all’osservatore
l’impressione che le quattro file di
colonne convergano in una sola.
32 33 29 27
37
Arrivammo percorrendo i vicoli.
Poi, dietro l’ultimo muro di una casa che si aprì
come un sipario, vidi questa immensa piazza.
Il colonnato del Bernini, la cupola.
Un colpo di scena da rimanere a bocca aperta.
- Alberto Sordi
ponte sant’angelo
Da quasi duemila anni si erge
imponente sul Tevere Ponte
Sant’Angelo, preziosa via di
collegamento tra Castel Sant’Angelo
e il Lungotevere Vaticano. Costruito
dall’Imperatore Publio Elio Adriano
nel 130 d.C. con il nome “Ponte
Elio”, fu originariamente pensato
come via di accesso al Mausoleo di
Adriano, oggi Castel Sant’Angelo.
Durante il Medioevo il nome fu
mutato in ponte San Pietro, poiché
rappresentava l’unica via di accesso
per l’attuale Basilica di San Pietro. Il
nome attuale venne dato da Papa
Gregorio Magno che, nel 590 d.C.,
nell’attraversare il ponte durante
una processione penitenziale, ebbe
la visione dell’Arcangelo Michele
e decise di chiamare la struttura
“Ponte Sant’Angelo”.
Per molto tempo questo è stato
il luogo di esecuzione della pena
capitale e di esposizione dei corpi
dei condannati a morte. Negli
anni furono talmente numerose le
impiccagioni che in seno al popolo
nacque il commento proverbiale:
“Ce so’ più teste mozze su le
spallette che meloni al mercato”.
Come Arrivare
Lungotevere Castello, 50
A Lepanto
23/32/34/40/49/62/81/87/280
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castelsantangelo.beniculturali.it
La magnificenza del ponte deriva
non solo dalla struttura possente,
ma anche dalle statue realizzate
dagli allievi del Bernini poste sul
parapetto, realizzato nel 1669
dal Bernini stesso per volere di
Papa Clemente IX. Queste statue
affiancano quelle di San Pietro e
Paolo, poste all’ingresso del ponte
e risalenti al 1535, e raffigurano
degli angeli con in mano gli
strumenti della flagellazione di
Cristo. La presenza delle statue
angeliche sembra dunque voler
accompagnare il pellegrino nel
suo percorso verso San Pietro,
rendendo il ponte una ricostruzione
cronologica della Passione di Cristo
e dunque una sorta di cammino
spirituale.
30 31 27 25
39
Non è un semplice collegamento tra la Roma
profana e quella sacra. Piuttosto rappresenta
l’unione tra cielo e terra mediata dai santi e dagli
angeli raffigurati su dodici magnifiche statue.
san carlo ai catinari
La chiesa dei Santi Biagio e Carlo
ai Catinari, comunemente detta
San Carlo ai Catinari, è situata in
piazza Benedetto Cairoli nel rione
sant’Eustachio. La denominazione
“ai Catinari” deriva dalle antiche
botteghe di fabbricanti di catini che si
trovavano in questa zona. Fu edificata
per volontà dell’ordine barnabita
a partire dal 1611 e completata
intorno al 1620 su progetto di Rosato
Rosati. La chiesa fu consacrata
definitivamente nel 1722 sotto Papa
Clemente XII e dedicata a San Carlo
Borromeo, benefattore dello stesso
ordine religioso.
L’intero edificio, in stile barocco,
è caratterizzato dalla facciata in
travertino su due ordini completata nel
1638 dall’architetto romano Giovanni
Battista Soria. Nel 1627 il cardinale
Leni donò i fondi per il restauro della
chiesa e per questo venne omaggiato
con una iscrizione nella fascia che
divide i due ordini della facciata. La
cupola, una delle più grandi della
capitale, è stata completata nel 1620
dal Rosati e ha subito nel tempo
diversi danni: è stata colpita per ben
tre volte da un fulmine e addirittura
da un colpo di cannone sparato dal
Gianicolo durante i moti del ‘48. I
Come Arrivare
Piazza Benedetto Cairoli, 117
8/40/46/62/64/70/81/87/492
628/916
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quattro pennacchi della parte interna
della cupola sono stati affrescati dal
Domenichino tra il 1627 e il 1630 con
le raffigurazioni delle quattro virtù
cardinali: Prudenza, Temperanza,
Giustizia e Fortezza.
Il restauro dell’interno della chiesa fu
affidato a Virginio Vespignani nel 1861.
Tra le molte opere d’arte custodite a
San Carlo ai Catinari ricordiamo: la
pala dell’altare maggiore raffigurante
San Carlo Borromeo in Processione
con il Sacro Chiodo di Pietro da
Cortona (1650), l’affresco San Carlo
Borromeo in preghiera di Guido Reni,
il Crocifisso bronzeo dello scultore
Algardi (1595-1654) e Cristo deriso
del Cavalier d’Arpino (1598).
19
41
La cupola di San Carlo ha resistito a diversi
danneggiamenti, tra cui tre fulmini
e un colpo di cannone.
san clemente
La basilica di San Clemente sorge
nel Rione Monti, nella valle tra
l’Esquilino e il Celio, a soli 300
metri dal Colosseo. Dedicata a
Clemente I, terzo successore di
San Pietro, questa chiesa gode
del titolo di “basilica minore”,
denominazione onorifica che il Papa
conferisce a edifici religiosi cattolici
particolarmente importanti.
Questa struttura costituisce un caso
di “stratificazione architettonica”,
dovuta a processi di sedimentazione
iniziati con il celebre incendio
del 64 d.C. attribuito a Nerone.
Sono stati infatti stati scoperti i
resti di preesistenti edifici posti su
due livelli, uno dei quali servì da
sostruzione alla primitiva basilica e
l’altro fu solo in parte interessato
dalla costruzione dell’abside della
stessa. Si è ipotizzato dunque che
nel primo ambiente, con pochi
e stretti ingressi e senza taberne
all’esterno, si trovasse la Moneta
(l’officina della zecca imperiale).
Si suppone invece che il secondo
ambiente, il quale presenta stanza
ornate da stucchi e collegate da
un corridoio, ospitasse il più antico
culto di Clemente all’interno della
43
Come Arrivare
Via Labicana, 95
B Colosseo
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“titulus Clementis”, una chiesa
adattata in un’abitazione privata.
Nel 1108 il Papa Pasquale II edificò
sulle sue rovine la chiesa superiore,
ristrutturata durante il pontificato
di Clemente XI da Carlo Fontana,
alla quale si accede tramite un
suggestivo e stretto vicolo romano.
L’interno della basilica è suddiviso
in tre navate da colonne romane di
marmo e granito con capitelli ionici.
Gli affreschi raffigurano alcuni
miracoli attribuiti a San Clemente,
tra cui “La leggenda di Sisinnio”,
dipinto importante non solo dal
punto di vista artistico ma anche
storico-linguistico.
Il
riquadro
inferiore dell’affresco infatti riporta
alcune delle più antiche iscrizioni in
una lingua intermedia fra il latino e il
volgare databili tra il 1084 e il 1100.
5
5
5
San Clemente custodisce il primo caso di volgare
italiano usato su un manufatto artistico al posto del
latino: l’iscrizione contenuta nell’affresco
San Clemente e Sisinnio databile
intorno all’XI secolo.
san giovanni dei fiorentini
La chiesa di San Giovanni dei
Fiorentini fu costruita per la
numerosa comunità fiorentina che
viveva nella zona compresa tra
piazza dell’Oro e il lungotevere dei
Fiorentini.
Per edificare questa basilica,
dedicata al patrono di Firenze
San Giovanni Battista, fu demolita
l’antica chiesa di San Pantaleone
concessa da papa Leone X, con
una bolla del 29 gennaio 1519,
all’Università
della
Nazione
Fiorentina e Compagnia della Pietà
di Roma. Tra i disegni presentati,
tra cui quelli di Michelangelo, di
Raffaello e del Peruzzi, il pontefice
scelse quello di Jacopo Sansovino
che iniziò la costruzione nel
1519. Tuttavia il progetto rimase
incompiuto e i lavori furono presi
in carico nell’ordine da Antonio da
Sangallo il Giovane, Giacomo Della
Porta e Carlo Maderno al quale si
deve la caratteristica cupola a forma
allungata. La facciata in travertino,
eretta dall’architetto Alessandro
Galilei nel 1734, presenta tre portali
d’ingresso corrispondenti alle tre
navate interne.
Come Arrivare
Piazza dell’Oro
A Termini
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L’interno
della
chiesa
è
particolarmente ricco di affreschi,
quadri e marmi. Le cappelle
sono dedicate soprattutto ai
santi fiorentini, mentre in una
nicchia collocata sulla porta della
sacrestia è conservata la statuetta
raffigurante San Giovanni Battista,
che secondo molti è opera giovanile
di Michelangelo. Inoltre in questo
luogo sono sepolti alcuni personaggi
storici di grande rilievo: il cardinale
Ludovico Maria Torriggiani, Carlo
Maderno, Francesco Borromini,
Ludovico Cardi detto “il Cigoli”,
Onofrio del Grillo, ispiratore del
personaggio principale del film “Il
marchese del Grillo”, l’architetto
Carlo Murena e il giurista e letterato
Ansaldo Ansaldi.
26
45
La sua cupola, di forma allungata, viene
giocosamente chiamata dai romani
“il confetto succhiato”
san giovanni della pigna
La chiesa di San Giovanni della Pigna
si trova nell’omonima piazza del rione
Pigna. Menzionata nelle bolle papali
di Agapito II (955) e Giovanni XII
(962) in origine era dedicata ai santi
martiri Eleuterio e Genesio. Soltanto
nel 1624 fu consacrata a San Giovanni
Battista, quando venne riedificata
dall’architetto Angelo Torroni per
volontà della Confraternita della Pietà
ai Carcerati.
La Confraternita nacque grazie
all’iniziativa del padre gesuita
Giovanni Tallier, di nazionalità francese
ma residente a Roma, che nel 1575
fungeva da confessore nelle carceri
romane. Inizialmente il padre sollecitò
ed organizzò un nucleo di persone
pie e generose che si prendevano
cura dei carcerati, ma già quattro anni
dopo, papa Gregorio XIII diede un
forte impulso all’iniziativa erigendola
ad Arciconfraternita. Infine nel 1585
papa Sisto V, cardinale protettore
sin dalle origini della pia compagnia,
ne confermò l’organizzazione e le
competenze. La facciata della chiesa
è coronata da un semplice timpano
sormontato da una croce in ferro.
Sul fianco destro dell’edificio,
percorso dal vicolo della Minerva, è
Come Arrivare
Vicolo della Minerva, 51
8/40/62/64/70/492
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presente una Madonnella costituita
da un’edicola quadrangolare con
due lesene laterali che racchiude un
grande affresco seicentesco. L’edicola,
detta Madonna col Bambino e Santi,
presenta la Vergine seduta sulle nubi
tra testine angeliche con il Bambino
benedicente in braccio, mentre sulla
destra è possibile ammirare i Santi
Pietro e Paolo, uno inginocchiato
e l’altro in piedi. All’interno della
chiesa, a navata unica, è situato
l’altare maggiore con un San Giovanni
Battista di Baldassarre Croce.
Questo edificio porta scolpiti su di
sé i simboli del rione cui appartiene:
due piccole pigne sono incise
direttamente sulle lesene mentre
un’altra, più grande, è posta sul fianco
della chiesa al di sopra dell’edicola
stessa.
21 21 16
Fu sede dell’Arciconfraternita della Pietà ai
Carcerati, influente a tal punto tra XVI e XVII
secolo, da ottenere la liberazione di alcuni
prigionieri e la grazia per i condannati a morte.
47
san lorenzo in fonte
La chiesa di San Lorenzo in Fonte
è situata nel cuore di quello
che durante la Roma imperiale
corrispondeva
al
quartiere
popolare della Suburra. La
storia di questa chiesa trae
origine da un’iscrizione presente
sull’architrave: S. LAURENTIO
ET IPPOLYTO MARTIRIBUS (Ai
martiri S. Lorenzo e Ippolito). La
leggenda narra che San Lorenzo
venne catturato nel 258 d.C.
dalle milizie dell’imperatore
Valeriano. Scampato per caso
al martirio, fu affidato a un
centurione, Ippolito, che lo
rinchiuse nel sotterraneo del
suo palazzo situato sulla via
Urbana. Qui Lorenzo battezzò
con l’acqua di una sorgente
che sgorgava nel sotterraneo
il suo carceriere Ippolito, che si
convertì al cristianesimo.
In epoca medievale, sotto il
pontificato di Bonifacio IX,
sorgeva in questo luogo un
piccolo oratorio dei monaci
benedettini e così fu fino al
Come Arrivare
Via Urbana, 50
A / B Termini
70/71/75
cinquecento. La chiesa attuale
risale al 1530, fu ristrutturata
definitivamente nel 1628 da
Domenico Castelli mentre la
facciata è ottocentesca di gusto
tardo-neoclassico. L’interno è a
navata unica con volta a botte
e scolpita sul pavimento è
possibile ammirare la graticola
di S. Lorenzo. L’accesso agli
ambienti ipogei avviene oggi
attraverso una porta sulla parete
sinistra della chiesa sulla quale
appare un’iscrizione in latino
che fa riferimento alla fonte da
cui scorga ancora oggi acqua.
Scendendo alcuni gradini si
giunge a una serie di ambienti
romani considerati l’antica casa
di Ippolito.
3
49
La leggenda narra che qui sgorgasse l’acqua
di una fonte con la quale Lorenzo
battezzò il cieco Lucillo ridandogli la vista.
san paolo alla regola
La chiesa di San Paolo alla Regola,
comunemente
chiamata
“San
Paolino”, è situata nell’omonima
piazza del rione Regola. La prima
menzione ufficiale della sua
esistenza risale a una bolla del
1186 di Papa Urbano III, che la
indica come parrocchia dipendente
da San Lorenzo in Damaso.
Tuttavia, secondo la tradizione,
ha un’origine molto più antica
che si lega all’arrivo nella Capitale
di San Paolo, che qui avrebbe
sostato e tenuto le sue prediche.
La memoria del suo passaggio è
conservata all’interno della stanza,
oggi trasformata in cappella, in
cui l’apostolo scrisse alcune lettere
ai Colossesi, a Filemone, agli
Efesini e ai Filippesi. La dedica
all’apostolo Paolo è riportata anche
nell’iscrizione presente sulla facciata
“GENTIUM DOCTORI DIVO PAULO
APOSTOLO COLLEGIUM SICULUM
TERT ORD S. FRANCISCI” (Il
Collegio Siculo del Terzo Ordine di
San Francesco a San Paolo apostolo
dottore delle Genti).
Dopo che per molto tempo fu
officiata dai frati di Sant’Agostino,
nel 1619 la chiesa fu affidata ai
51
Come Arrivare
Via di San Paolo alla Regola, 6
8/23/280
francescani, i quali vi istituirono
un Collegium Siculum, tuttora
esistente. Il Collegio, grazie alla
diretta protezione del re Filippo
IV di Spagna, era dotato di una
ricca biblioteca contenente libri
di filosofia e teologia e di un
consistente
archivio,
entrambi
andati distrutti durante i tumulti del
1799 che segnarono la fine della
prima Repubblica Romana.
Nel XVII secolo la chiesa fu riedificata
dall’architetto bolognese Giovanni
Battista Bergonzoni. L’interno è a
croce greca con cupola con quattro
cappelle agli angoli. Nel fondo si
trova una grande abside affrescata
con “Storie della Vita di San Paolo”
di Luigi Garzi.
21
Si dice che una delle cappelle laterali
fosse la stanza dove San Paolo
scrisse alcune delle sue lettere.
san salvatore in lauro
La chiesa di San Salvatore in Lauro,
nell’omonima piazza nel rione Ponte,
sorge nel punto in cui anticamente
vi era un tempio pagano, circondato
da piante di alloro – in latino laurus
- dedicato alla dea Europa. È nel
famoso Liber Census di Cencio
Savelli, divenuto poi Papa Onorio III,
che si riscontra la prima attestazione
della chiesa, sotto il titolo Sancti
Salvatoris de Lauro.
Intorno all’anno Mille, un gruppo di
frati devoti a San Giorgio in Alga,
in seguito alle razzie perpetuate dai
barbari, decise di ricostruire e ampliare
la chiesa e la struttura rimase in loro
possesso per più di duecento anni. La
chiesa fu interamente ricostruita dopo
un devastante incendio nel 1591 e
fu poi assegnata alla fine del ‘600 al
Pio Sodalizio dei Piceni, una delle
più antiche istituzioni marchigiane
della capitale, i quali ampliarono
la struttura includendo l’adiacente
convento e trasformando l’intera
struttura in un complesso integrato. Il
progetto originale della ricostruzione
della chiesa è probabilmente opera
di Ottavio Nonni detto il Mascherino,
meglio conosciuto come l’architetto
del Palazzo del Quirinale. A partire
dall’inizio del ‘700 e per diversi
Come Arrivare
Piazza di S. Salvatore in Lauro, 15
23/30/40/46/62/64/70/81/87
280/492
www.sansalvatoreinlauro.org
decenni si susseguirono diversi
interventi di ampliamento e restauro.
La pianta a croce latina si presenta
con un’unica ampia navata adornata
da colonne corinzie. La facciata, di
ispirazione purista, è stata realizzata
da Camillo Guglielmetti e presenta un
protiro sormontato da un bassorilievo
di Rinaldo Rinaldi raffigurante la
“Traslazione della Santa Casa di
Loreto”.
Dal 2007 San Salvatore in Lauro è il
centro di diffusione della spiritualità di
San Pio da Pietrelcina, di cui la chiesa
conserva alcune reliquie. In occasione
del Giubileo della Misericordia è
stata scelta come chiesa ausiliaria per
offrire in ogni momento ai pellegrini
la possibilità di confessarsi e vivere un
momento di preghiera.
30
Il suo nome deriva dalla piante di alloro che
circondavano il tempio pagano
sulle cui rovine nasce la chiesa.
53
sant’agnese in agone
La chiesa di Sant’Agnese in Agone,
posta sul lato occidentale di Piazza
Navona, porta il nome di una delle
prime martiri della cristianità. Agnese,
che aveva deciso di offrire al Signore
la sua verginità, fu denunciata come
cristiana dal figlio del prefetto di Roma
che, non corrisposto, si era invaghito
di lei. Esposta nuda al Circo Agonale,
nei pressi dell’attuale piazza Navona,
fu dapprima gettata nel fuoco, che si
estinse a causa delle sue orazioni, e
poi trafitta con un colpo di spada alla
gola. Il cranio della martire fu posto nel
Sancta Sanctorum, la cappella papale
del Laterano, per essere poi traslato
da Papa Leone XIII nella chiesa a lei
dedicata. Nel 1651 Giovanni Battista
Pamphilj, divenuto papa con il nome
di Innocenzo X, dopo aver intrapreso
la costruzione dell’imponente palazzo
di famiglia e adornato piazza Navona
con una grandiosa fontana, decise di
erigere una nuova chiesa.
I lavori iniziarono nel 1652 e furono
affidati in un primo tempo all’architetto
Girolamo Rainaldi e a Carlo, suo
figlio. Nel 1653 la direzione dei
lavori fu invece affidata a Francesco
Borromini che eliminò il vestibolo
e costruì ai lati della facciata due
bassi campanili. Borromini fu inoltre
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Via S. Maria dell’Anima, 30
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autore della sagrestia, un ambiente
destinato alle funzioni private della
famiglia che presenta la tipica
divisione in quattro parti delle antiche
chiese paleocristiane. Nel 1655 un
nuovo cambio nella direzione lavori
vide il ritorno dei Rainaldi che alterò il
progetto borrominiano emendandolo
delle parti più fantasiose.
Una curiosa leggenda lega la chiesa
all’antistante Fontana dei 4 Fiumi del
Bernini. Si crede che la statua del Rio
de la Plata tenga alzato il braccio nel
timore di un crollo della chiesa e che
quella del Nilo si copra il volto per
non doverla vedere. Si tratta di una
semplice leggenda poiché la fontana
fu realizzata prima della chiesa,
mentre Borromini sopraggiunse nel
cantiere di Sant’Agnese intorno al
1653.
27 27 22
55
“Una piccola chiesa meravigliosa: la facciata, con
i suoi avancorpi e le sue rientranze, è tanto bella
quanto singolare”
- Montesquieu
sant’eustachio in campo marzio
La basilica di S. Eustachio in Campo
Marzio sorge sopra le antiche rovine
delle Terme Neroniane e secondo la
tradizione fu fondata dall’imperatore
Costantino, come riportano alcuni
documenti risalenti al X e XI secolo.
Le origini della chiesa sono legate ad
una leggenda secondo cui un certo
Placido, capitano delle milizie sotto
l’imperatore Traiano, si convertì al
cristianesimo e fu ribattezzato come
Eustachio. La struttura fu riedificata
nel 1196 da Celestino III e a quel
periodo risale anche il campanile
romanico, uno dei pochi elementi
dell’epoca medievale sopravvissuti a
Roma. Tra il 1650 e il 1706 la chiesa fu
restaurata da Cesare Corvara e Gian
Battista Contini e poi interamente
ricostruita tra il 1724 ed il 1728.
Il timpano della facciata è sormontato
da una testa di cervo con la croce,
esplicito riferimento all’episodio che
indusse Eustachio alla conversione.
L’interno della chiesa, a croce latina,
è a navata unica con tre cappelle
laterali comunicanti tra loro e
decorate con tele e architetture
settecentesche. La mensa dell’altare
poggia su un’urna di porfido rosso
contenente le reliquie del santo
e dei suoi familiari. La storia di
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Come Arrivare
Via di Sant’Eustachio, 19
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Sant’Eustachio è inoltre intimamente
legata al concetto di carità cristiana.
Ogni giorno questo organismo
ecclesiale dispensava elemosine
ai poveri e alle vedove, mediante
le offerte raccolte tra i fedeli o
attingendo ai lasciti patrimoniali di
alcuni benefattori. Ma soprattutto
distribuiva aiuti in natura agli
indigenti come pasti caldi, verdure,
carne, formaggio, vino e lardo,
provenienti dal palazzo Lateranense.
È su questo nobile principio che
ancora oggi alle 12,30 di ogni giorno
non festivo, la navata centrale della
basilica si trasforma per incanto in
ristorante, con tanto di sedie e tavoli
da pranzo apparecchiati con cura.
24 24 19
Da secoli, ogni giorno alle 12.30,
la navata centrale della Basilica si trasforma in un
ristorante per gli indigenti.
sant’ivo alla sapienza
La chiesa di Sant’Ivo sorge all’interno
del cortile del palazzo della
Sapienza, sede dell’antica Università
di Roma, nata per volontà di Papa
Leone X come cappella universitaria
dedicata ai Santi Leone Papa e
Fortunato martire. Nel 1431 Papa
Eugenio IV volle dare all’Università
una struttura più articolata e per
questo acquistò alcuni edifici nel
rione Sant’Eustachio. Agli inizi del
Cinquecento Papa Leone X, figlio di
Lorenzo de’ Medici, diede un forte
impulso all’Ateneo aggiungendo
una cappella e due cortili e
soprattutto richiamando a Roma
famosi studiosi provenienti da tutta
l’Europa i quali contribuirono al
prestigio di questo luogo. Sotto il
pontificato di Urbano VIII Barberini
fu Francesco Borromini a portare
a termine l’intero complesso, nel
quale è inserita anche la bellissima
chiesa di Sant’Ivo, la cui costruzione
era condizionata dal palazzo e dal
cortile preesistenti realizzati da
Giacomo Della Porta.
La pianta della chiesa rappresenta
il sigillo di Salomone, il quale è
composto da due triangoli equilateri
incrociati. Quest’ultimo racchiude
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Corso del Rinascimento, 40
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la sintesi del pensiero ermetico e
massonico nei quattro elementi
fuoco, acqua, aria e terra che
stanno a indicare simbolicamente
la riduzione dal multiplo all’uno,
dall’imperfetto al perfetto. Anche la
cupola presenta una pianta insolita:
è detta infatti “stellare” poiché è
formata dall’unione di due triangoli
equilateri e deriva dalla stilizzazione
dell’ape, emblema della famiglia
Barberini.
All’interno della chiesa è conservata
la pala d’altare Sant’Ivo patrono
degli avvocati di Pietro da Cortona,
che rimase incompiuta a causa della
morte del maestro avvenuta nel
1669, e fu terminata dai suoi allievi.
25 25 20
La splendida cupola di Sant’Ivo, nel progetto
di Borromini, rappresenta, attraverso simboli e
decorazioni, la simbolica discesa
della Sapienza Divina sulla Terra.
santa caterina dei funari
Santa Caterina dei Funari si trova
nel cuore del rione Sant’Angelo e il
suo appellativo deriva dai fabbricanti
di corde che esercitavano il loro
mestiere proprio in questo quartiere.
Nel 1558 la chiesa fu concessa da
Papa Paolo III a Sant’Ignazio di Loyola
che vi fondò il Conservatorio di
Santa Caterina della Rosa. In origine
l’edificio era noto come “Sancta
Maria Dominae Rosae” o “Sancta
Maria in Castro Aureo”, ma durante il
periodo di ristrutturazione, avvenuto
tra il 1560 e il 1564, fu riedificato e
dedicato definitivamente a Santa
Caterina d’Alessandria d’Egitto,
martire del IV secolo.
I lavori eseguiti modificarono
profondamente la struttura dello
stabile: all’esterno Guidetto Guidetti
realizzò un’imponente facciata in
travertino a due ordini di paraste
con un portale racchiuso tra colonne,
con evidenti richiami a modelli
rinascimentali; fu costruito anche
il campanile su una preesistente
torre medioevale; infine, all’interno,
le tre navate furono ridotte a una
sola con tre cappelle semicircolari
per lato, un presbiterio di forma
rettangolare e una copertura a
volta. La chiesa di Santa Caterina
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Come Arrivare
Via dei Funari
30/44/81/118/170/628/715
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dei Funari custodisce un patrimonio
artistico vario, costituito da dipinti
realizzati da Marcello Venusti, autore
delle Storie di San Giovanni, e dagli
affreschi raffiguranti le Storie di Santa
Caterina attributi a Federico Zuccari.
Di particolare interesse è il dipinto
Santa Margherita di Annibale
Carracci, ancora collocato nella
cornice originaria, che raffigura la
santa di Antiochia con in mano un
libro sacro e la palma (simbolo del
suo martirio) mentre poggia il braccio
sinistro su un antico piedistallo. Su
quest’ultimo è riportata l’iscrizione:
SURSUM CORDA “in alto i cuori”.
Allo stesso tempo, con il piede sinistro
schiaccia il demonio raffigurato con
le sembianze di un drago.
17 17 17 12
Santa Maria Dominae Rosae, il suo nome originale,
cambiò ben presto in “dei Funari” a causa dei
fabbricanti di funi che esercitavano
il loro mestiere in questa zona.
santa francesca romana
Nel rione Campitelli, a due passi
dall’Arco di Tito, si trova la chiesa di
Santa Maria Nova, fondata da Leone
IV nell’850 circa fra le rovine di una
più antica e piccola chiesa che il Papa
Paolo I aveva dedicato agli apostoli
Pietro e Paolo. La chiesa assunse quindi
la denominazione di Nova poiché
fu eretta in sostituzione di quella di
S. Maria Antiqua che le frequenti
inondazioni avevano reso impraticabile.
Qui, nel 1440 fu sepolta Santa
Francesca Romana, appartenente alla
nobile famiglia dei Ponziani e istitutrice
dell’ordine religioso delle Oblate di Tor
de’ Specchi.
Nel corso del tempo la basilica è
stata oggetto di numerosi restauri e
dell’aggiunta di un convento che fu
abitato prima dai Canonici Regolari
della congregazione di San Frediano di
Lucca, poi dai Canonici Lateranensi e
infine dai monaci benedettini di Monte
Oliveto. Oggi ospita l’Antiquarium,
dove sono esposti i ritrovamenti più
importanti del Foro Romano.
La facciata in travertino si deve a Carlo
Lambardi (1615) ed è costituita da un
arioso portico al piano terreno da cui si
innalzano coppie di lesene congiunte
all’ordine superiore e al timpano. Alle
estremità superiori della facciata vi
sono cinque statue fra cui quelle di
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P.zza S. Francesca Romana, 4
B Colosseo
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S. Francesca Romana e di S. Agnese,
sull’apice c’è quella della Vergine Maria.
Le altre raffigurano L’Angelo e S. Cecilia.
L’interno della chiesa, a una sola navata
con cappelle laterali e un ricco soffitto
a cassettoni di stile settecentesco,
custodisce numerose opere come la
Madonna con bambino, detta Madonna
del Conforto, attribuita a San Luca.
Tra le opere presenti si segnalano il
gruppo scultoreo della “Confessione”,
disegnato da Gian Lorenzo Bernini,
situato in fondo alla navata, e il dipinto
“La Natività” di Carlo Maratta, nella
prima cappella a sinistra.
Da notare i silices apostolici, cioè
un basolo sul quale vi sarebbero le
impronte delle ginocchia di S. Pietro,
lasciate dall’apostolo quando si
inginocchiò per pregare affinché fallisse
il tentativo di volo di Simon Mago, che
volle sfidare pubblicamente gli apostoli
Pietro e Paolo.
8
63
8
8
I silices apostolici, incastonati in una parete della
chiesa alla destra dell’altare, contengono le
impronte delle ginocchia di San Paolo e San Pietro.
Santa Maria ad Martyres
Edificato da Marco Vipsanio Agrippa tra
il 27 e il 25 a.C. come tempio dedicato
ai dodici dei e al sovrano vivente, il
Pantheon, situato nel rione Pigna, fu
poi distrutto dai terribili incendi dell’80
e del 110 d.C. e fatto ricostruire da
Adriano. Fu ufficialmente convertito in
basilica cristiana con il nome di Santa
Maria ad Martyres o Santa Maria della
Rotonda soltanto nel 608 d.C., quando
Papa Bonifacio IV lo fece trasformare
in una chiesa cristiana, dedicata alla
Vergine Maria.
Il magnifico complesso è preceduto
da un monumentale pronao composto
da otto colonne corinzie. La grande
cella circolare è cinta da spesse pareti
in muratura e da otto grandi piloni su
cui è ripartito il peso della caratteristica
cupola emisferica, una delle più grandi
di tutta l’antichità con i suoi 43 metri
di diametro. Al centro della stessa vi è
un’apertura circolare detta “oculo” che
permette l’illuminazione dell’ambiente
interno. Una curiosità riguardante
l’oculo sta nell’”effetto camino”:
infatti, quando piove, la corrente d’aria
ascensionale porta alla frantumazione
delle gocce d’acqua, così all’interno
sembra che non piova.
Entrando si notano due file di colonne
che dividono lo spazio in tre navate:
quella centrale, più ampia, conduce
alla grande porta di accesso della
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P.zza della Rotonda
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cella, mentre le due laterali terminano
su ampie nicchie. Dopo l’anno 1000
la chiesa prese il nome di Santa Maria
Rotunda, dalla quale deriva il nome
della piazza antistante, e sotto il
pontificato di Papa Eugenio IV (14311447), l’edificio fu restaurato. Nel 1632,
durante il pontificato di Papa Urbano
VIII Barberini, gli elementi in bronzo
della copertura del pronao furono
tolti e fusi dal Bernini per realizzare
ottanta cannoni con cui munire Castel
Sant’Angelo, ed edificare le colonne
tortili del baldacchino sull’altare papale
di San Pietro.
Ancora oggi all’interno del Pantheon
si conservano, fra le altre, le tombe
dei pittori Raffaello Sanzio e Annibale
Carracci, dell’architetto Baldassarre
Peruzzi, del musicista Arcangelo Corelli
e quelle dei sovrani d’Italia Vittorio
Emanuele II, Umberto I e sua moglie, la
regina Margherita di Savoia.
23 23 18
65
Uno dei capolavori architettonici della storia d’Italia
dove l’antica Roma incontra duemila anni di storia
cristiana, passando per i Savoia.
Santa Maria della Pace
La chiesa di Santa Maria della Pace
fu fondata nel luogo dove era situata
l’antica cappella di Sant’Andrea de
Acquanarii, termine con cui si era
soliti indicare i venditori ambulanti
di acqua raccolta dal fiume Tevere e
lasciata riposare per alcuni giorni in
appositi recipienti, per far depositare
la rena sul fondo. La chiesa, che sorge
in via dell’Arco della Pace, deve il
nome attuale alla Pace di Bagnolo
(1484) stipulata in occasione della fine
della guerra tra lo Stato Pontificio,
Venezia e il Regno di Napoli.
Secondo una leggenda, nel 1480
l’immagine della Vergine, in passato
posta sotto il portico, venne colpita
da un sasso lanciato da alcuni
“giuocatori” e si mise a sanguinare,
come il bibliografo Gaetano Moroni
riferisce nel Dizionario di erudizione
storico-ecclesiastica. Fu allora che
Papa Sisto IV, venuto a conoscenza
dell’accaduto, decise di cambiare il
nome della chiesa in Santa Maria della
Virtù. Il Santo Padre ne commissionò il
restauro all’architetto Baccio Pontelli,
ma fu Piero da Cortona a eseguirlo
e ad aggiungere la facciata barocca
(1656) che ancora oggi è possibile
ammirare. L’interno è costituito da
una navata a due campate con volte
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Via Arco della Pace, 5
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a crociera, che conserva intatta la
struttura quattrocentesca.
In quest’area della chiesa sono
presenti le Sibille dipinte da Raffaello
nel 1514 su commissione del
banchiere senese Agostino Chigi. Di
notevole interesse il chiostro, opera
eseguita da Donato Bramante, primo
architetto di Papa Giulio II. Esempio di
linearità ed eleganza, ogni elemento
compositivo della costruzione è
stato scelto per rispettare i criteri
di proporzione ed equilibrio. Il
genio del Bramante traspare nella
ricerca dell’armonia tra elementi
stilisticamente diversi che donano
alla struttura piacevoli giochi di luci e
ombre. Recentemente è stato adibito
a spazio museale ospitando alcune
delle più belle esposizioni d’arte
degli ultimi anni.
29
67
Michelangelo, Raffaello e Bramante.
Il Rinascimento italiano passa per la navata di
questa piccola chiesa
e per il suo bellissimo chiostro.
Santa Maria dell’Anima
Santa Maria dell’Anima è da secoli
la chiesa nazionale della comunità
tedesca di Roma. La struttura
prende il nome dalla raffigurazione
marmorea della Madonna invocata
dalle anime del Purgatorio, posto
sulla porta d’ingresso. Inizialmente
fu solo ospizio, eretto nel 1378
grazie al contributo dei coniugi
Johannes Peter e Katharina di
Dordrecht, ad uso dei pellegrini
tedeschi e olandesi in arrivo a
Roma. Una prima testimonianza si
ritrova, infatti, nella bolla di Papa
Bonifacio VIII del 1398.
L’interno dell’edificio segue il
modello della Hallenkirche (chiesa
a sala), stile tipico delle chiese
germaniche
tardogotiche,
pur
restando
evidente
l’impronta
italiana. In una delle cappelle
presenti nelle navate laterali è
possibile infatti ammirare una
reinterpretazione
della
Pietà
del Michelangelo realizzata da
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Via di Santa Maria dell’Anima, 66
3/16/81/85/87/117/186/218
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Lorenzetto e Nanni di Baccio Bigio.
All’interno della stessa cappella
è custodita anche la pala d’altare
Sacra famiglia con santi di Giulio
Romano, allievo di Raffaello.
L’opera fu commissionata dai fratelli
Fugger, ricchi banchieri tedeschi.
Di rilievo anche il monumento
funebre dedicato a Papa Adriano I
e realizzato da Baldassarre Peruzzi.
Infine, passando lungo via dell’Arco
della Pace, è possibile ammirare
il campanile ornato da ceramiche
colorate,
tipiche
dello
stile
germanico e unico nel suo genere
a Roma.
28
69
L’insolita, per forma e contenuto, chiesa di
riferimento della comunità tedesca a Roma.
Santa Maria in Aracoeli
La chiesa si erge sulla sommità
settentrionale del colle Capitolino dove
sorgeva l’antico tempio di Giunone
Moneta (dal latino monere, avvertire). Il
tempio risalirebbe al 343 a.C. e fu fatto
costruire dal dittatore Lucio Furio Camillo
dopo la vittoria sugli Aurunci. Accanto fu
edificata la Zecca di Roma, denominata
“Moneta” poiché costruita nei pressi del
tempio: da qui il nome “moneta” che
tuttora diamo al denaro. L’originario nome
della chiesa è Santa Maria in Capitolio e
la prima costruzione risale al VI secolo. La
struttura divenne poi parte del complesso
di edifici legati al monastero sorto sul
Campidoglio durante il Medioevo.
Il nuovo orientamento fu opera dei
francescani e la chiesa in stile gotico fu
inaugurata nel 1348 insieme alla scalinata
di 124 gradini realizzata da Lorenzo di
Simone Andreozzi a spese del popolo
romano come ringraziamento alla Vergine
per aver salvato la città dalla peste. Risale
allo stesso periodo storico anche la
denominazione “In Ara Coeli”.
Secondo il mito, la chiesa sorgerebbe
là dove Augusto ebbe la visione della
Madonna con un bambino in braccio e
udì una voce dire “Questa è l’ara del figlio
di Dio”. L’interno ha tre navate con archi
a tutto sesto ed è dotato di tre cappelle
absidali terminali. Santa Maria in Ara Coeli
è famosa soprattutto per il Santo Bambino:
la tradizione dice che questa scultura fu
intagliata nel XV secolo con il legno d’ulivo
del giardino del Getsemani e battezzata
Come Arrivare
Scala dell’Arcicapitolina, 12
B Colosseo
51/60/63/83/85/87/117/118
160/170
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nel fiume Giordano. Secondo la credenza
popolare, il Bambino sarebbe dotato di
poteri miracolosi. La statua, trafugata nel
febbraio del 1994, non è stata più ritrovata,
e al suo posto c’è una copia.
Gli anni immediatamente precedenti il
giubileo del 1350, concesso, preparato
e celebrato in assenza del pontefice,
sono segnati dalla cattività avignonese,
dall’epidemia di peste che affligge l’Europa
e dal disastroso terremoto romano del
1349. In questo clima assume un significato
particolare la costruzione della grande
scalinata della chiesa di Santa Maria in Ara
Coeli, unico intervento urbano di rilievo
di tutto il Trecento. Realizzata grazie alle
elemosine dei romani, in una sorta di exvoto collettivo alla Madonna che aveva
liberato la città dalla peste, rappresenta
la prima di una lunga serie di operazioni
di appropriazione, da parte della Chiesa,
dei simboli e dei luoghi della Roma
antica e del potere laico e cittadino, che
caratterizzeranno poi la politica urbanistica
dei grandi Papi nei secoli successivi.
12 12 12 7
71
Nel Medioevo la scalinata di questa chiesa,
realizzata a spese del popolo romano, divenne il
nuovo “foro” della città.
Santa Maria in monticelli
La chiesa di Santa Maria in Monticelli,
originariamente chiamata Sancta
Maria in Monticellis Arenulae de
Urbe, sorge nell’omonima via del
rione Regola. La sua denominazione
trae origine dalla posizione in cui si
trova: secondo alcune fonti, infatti,
venne costruita in un punto rialzato
del terreno, detto monticello,
affinché fosse protetta dalle
inondazioni del Tevere. Il monticello
era costituito dai resti dell’antico
Tempio di Nettuno, costruito
dall’architetto greco Hermodoros di
Salamina, la cui attività si svolse a
Roma tra il 146 e il 102 a.C. Si tratta
di una chiesa costruita ai tempi di
Papa Pasquale II (1099-1118), anche
se per alcuni l’origine sarebbe
più antica. Fu Papa Innocenzo II a
riconsacrarla il 6 maggio del 1143.
Di questo nucleo medievale non
rimane molto a eccezione del
campanile romanico, in origine
più alto e ridotto alle dimensioni
odierne al tempo di Paolo V (15661572) per motivi di stabilità. Come
per altre chiese di epoca medievale
anche Santa Maria in Monticelli
conobbe secoli di abbandono. La
chiesa fu completamente ricostruita
73
Come Arrivare
Via di Santa Maria in Monticelli, 28
8/40/46/62/64/70/81/87/492
628/916
nel 1715 da Matteo Sassi per volere
di Clemente XI e completata nel
1860
dall’architetto
Francesco
Azzurri.
Attualmente l’edificio presenta
una pianta a croce latina con tre
navate e tre cappelle per lato. Al
suo interno si trovano importanti
testimonianze artistiche: i resti di un
mosaico del Duecento raffigurante
la Testa del Redentore; il dipinto
Madonna con Bambino e Santi di
Sebastiano Conca; La flagellazione,
affresco del XVII secolo di Antonio
Carracci e uno splendido crocifisso
ligneo trecentesco attribuito a
Pietro Cavallini. Oggi la chiesa è
sede della curia generalizia dei
Padri dottrinari.
20
La chiesa sorge su un monticello, in realtà i resti del
tempio di Nettuno, “…elevato in modo che nelle
maggiori inondationi di Roma
la chiesa rimanga illesa dalle acque”
Santa Maria in Portico Campitelli
La chiesa di Santa Maria in Portico
in Campitelli è situata nel rione
Sant’Angelo ed è uno dei più antichi
santuari mariani di Roma. Furono
il Senato, il popolo romano e il
pontefice Alessandro VII a volerne
la costruzione, per un voto in onore
di Santa Maria in Portico fatto in
occasione della pestilenza del 1656.
Fu lo stesso Papa a depositare la
prima pietra il 29 settembre del
1660, concedendo alla Madonna il
titolo di Romanae Portus Securitatis.
Il 14 gennaio del 1703, durante il
terremoto che sconvolse Roma, il
Senato e il popolo romano tornarono
davanti all’altare della chiesa per un
altro voto solenne: per cento anni
gli abitanti della città avrebbero
digiunato a ogni vigilia della festa
della Candelora.
Nel 1662 Papa Alessandro VII affidò
la progettazione della chiesa a Carlo
Rainaldi, ma i lavori furono subito
sospesi dalla congregazione dei
Chierici che giudicò le dimensioni
del disegno preparatorio troppo
piccole. L’incarico passò quindi
all’architetto Giovanni Antonio De
Rossi con la specifica richiesta di
ingrandire la struttura. Infine la chiesa
venne aperta al culto nel 1667,
75
Come Arrivare
Piazza Campitelli, 9
30/44/81/118/170/628/715
716/781
www.santamariainportico.it
nonostante fosse ancora incompleta.
La chiesa assunse la sua attuale
denominazione l’11 luglio del 1728
per volere del cardinale Pompeo
Aldobrandi, vescovo di Neocesarea.
La facciata, in stile barocco è
dominata da giochi verticali di luci
e ombre e resa plastica dal modo
in cui sono disposte le colonne. La
pianta dell’edificio è costituita da
due organismi distinti: il primo a
croce greca con cappelle laterali;
il secondo, che comprende l’altare
maggiore, sostiene la cupola, le cui
prospettive creano un gioco di effetti
scenografici. Nelle cappelle laterali
vi sono opere dei maggiori pittori
barocchi di Roma tra cui Sebastiano
Conca, Giovanni Battista Gaulli detto
“Il Baciccia” e Luca Giordano.
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Più volte nel corso della storia i romani hanno
utilizzato questo antichissimo santuario mariano
come “porto sicuro” durante eventi catastrofici
come il terremoto o la peste.
Santa Maria in vallicella
Santa
Maria
in
Vallicella,
detta
tradizionalmente
“Chiesa
Nuova”,
è un luogo di culto cattolico di età
cinquecentesca. Costruita per volontà
di San Filippo Neri in occasione del
Giubileo del 1575, è punto di ritrovo dei
pellegrini in partenza per il “giro delle
sette chiese”. La chiesa medioevale,
risalente al XII secolo, era chiamata in
Vallicella perché in quel luogo il terreno
formava un piccolo avvallamento.
La ricostruzione della chiesa (da qui
Chiesa Nuova), iniziata nel 1575 da Pietro
Bartolini di Città di Castello, proseguì nel
1583 con Martino Longhi il Vecchio. In
una minuta e decorata cappella presente
all’interno del luogo sacro, è conservato
il corpo del santo, al quale si deve anche
la costruzione di un oratorio per bambini
e ragazzi. Al di sopra della teca vi è un
mosaico ricavato da un dipinto di Guido
Reni che mostra il santo genuflesso
mentre contempla la Madonna. Al
pianterreno è possibile visitare le
camere di San Filippo Neri, tra le quali
la cosiddetta “camera rossa” nella quale
sono contenuti le sue reliquie e i suoi
ricordi, come lo stendardo realizzato
in occasione della canonizzazione, e la
cappella interna.
Come Arrivare
Via del Governo Vecchio, 134
40/62/64/916
www.vallicella.org
della vita del santo in cui fu salvato da un
intervento miracoloso di Maria.
Costruita per volontà di San Filippo Neri
per il Giubileo del 1575, la Chiesa Nuova
divenne da allora in poi luogo di raduno
per i pellegrini in partenza per il giro
delle sette chiese.
La fabbrica borrominiana per il
complesso
dell’Oratorio
è
stata
descritta da Borromini e dal suo amico
e mecenate Virgilio Spada tra il 1646 e
il 1647, in un’opera dal titolo di Opus
architectonicum. I due, tuttavia, non
riuscirono a darla alle stampe e, solo
nel 1725, l’editore romano Sebastiano
Giannini la pubblicò con il titolo di
Opus architectonicum equitis Francisci
Boromini.
L’altare è sormontato da un affresco
che raffigura Filippo Neri in preghiera,
attribuito al Guercino, mentre il dipinto
riportato sulla volta illustra un episodio
29 24
77
Rubens, Caravaggio, Guido Reni, Pietro da Cortona
e Carlo Maratta. Solo nella chiesa voluta da San
Filippo Neri è possibile incontrarli tutti insieme.
Santa Maria sopra minerva
La basilica di Santa Maria sopra
Minerva si trova nell’omonima
piazza del rione Pigna, nei pressi del
Pantheon. La costruzione di questa
grandiosa chiesa gotica ebbe inizio
nel 1280 anche grazie al finanziamento
del pontefice Bonifacio VIII che nel
1295 elargì un’ingente somma di
denaro. Dopo il completamento della
zona absidale, della crociera e delle
navate laterali, a metà del XIV secolo
la basilica fu aperta al culto.
L’edificio,
costruito
in
stile
gotico, è stato oggetto, fino al
periodo rinascimentale, di diverse
contaminazioni
architettoniche
attraverso
il
contributo
dei
protagonisti del tempo: Baldassarre
Peruzzi, Giovan Battista da Sangallo
e Antonio da Sangallo il Giovane.
All’interno, durante l’epoca barocca,
sono state apportate modifiche
come la riduzione a tutto sesto degli
archi mediante sovrastrutture in
legni e stucchi, mentre la facciata è
un classico esempio di architettura
romanica.
In Santa Maria sopra Minerva sono
contenute le tombe di Santa Caterina
da Siena, del Beato Angelico
dichiarato da Giovanni Paolo II nel
Come Arrivare
Piazza della Minerva, 42
8/40/62/64/70/492
www.basilicaminerva.it
1984 il “Patrono Universale degli
Artisti”, dei Pontefici Urbano VII e
Benedetto XIII e di Pietro Bembo.
Molte, inoltre, sono le opere d’arte
conservate nella chiesa: il Cristo
risorto di Michelangelo; la cappella
Carafa, capolavoro di Filippino
Lippi; la cappella dell’Annunziata e il
suggestivo monumento funebre del
Bernini dedicato a Maria Raggi.
Il famoso monumento dell’elefantino
che sorregge un obelisco, disegnato
dal Bernini e collocato al centro
della piazza antistante, risale al
1667. L’iscrizione sul basamento
recita: “Chiunque qui vede i segni
della Sapienza d’Egitto scolpiti
sull’obelisco, sorretto dall’elefante,
la più forte delle bestie, intenda
questo come prova che è necessaria
una mente robusta per sostenere una
solida sapienza”.
22 22 17
79
È un compendio di storia dell’arte che abbraccia
tre stili architettonici: gotico, romanico e barocco.
Santa pudenziana
La chiesa di Santa Pudenziana,
risalente al V secolo d.C., è
situata in via Urbana (l’antico
vicus Patricius) nel rione Monti.
Oggi è la chiesa nazionale dei
Filippini ed è dedicata a santa
Pudenziana, sorella di santa
Prassede e figlia del senatore
romano Pudente. Per secoli si è
ritenuto che questa fosse la più
antica chiesa cristiana di Roma.
Inizialmente si supponeva che
l’edificio fosse stato costruito sulla
domus del senatore, a nove metri
di profondità rispetto al piano
della basilica. I lavori di restauro
eseguiti negli anni quaranta del
1900 hanno tuttavia dimostrato
che l’edificio sarebbe il risultato
della trasformazione delle Terme
di Novato (II secolo) in chiesa,
avvenuta alla fine del IV secolo
sotto il pontificato di papa Siricio.
Originariamente a tre navate, fu
ristrutturata in un’unica navata
nel 1588 da Francesco Capriani,
detto il Volterra, su commissione
del cardinale Enrico Caetani.
All’interno
dell’edificio
è
di
Come Arrivare
Via Urbana, 160
A/B Termini
70/71/75
www.stpudenziana.org
particolare interesse il mosaico
che rappresenta “Cristo fra
gli Apostoli, Gerusalemme e
il Golgota con i simboli degli
evangelisti e la personificazione
della chiesa e delle genti e di
quella della circoncisione che
incoronano i Ss. Pietro e Paolo”. Il
mosaico, nel catino absidale sopra
l’altare maggiore, rappresenta
la parusia, ossia l’apparizione di
Cristo Giudice con gli Apostoli.
Anche la cupola è stata progettata
da Capriani e affrescata da Niccolò
Circignani detto il Pomarancio.
La facciata del 1870, ricostruita
per cura del cardinale Luciano
Bonaparte, è di Antonio Manno
e presenta affreschi di Pietro
Gagliardi.
2
81
La Domus Prudentiana (casa di Pudente), poi
Domus Ecclesia e infine Ecclesia Pudentiana è una
delle più antiche di Roma
e fu donata nel 154 dc a papa Pio I.
Santi Cosma e Damiano
La Basilica dei Santi Cosma e
Damiano è situata nel Foro Romano
e appartiene dal 1512 al Terzo ordine
regolare di S. Francesco. Dedicato ai
fratelli Cosma e Damiano, dottori e
martiri del IV secolo, l’edificio venne
convertito ad uso cristiano nel 527
da Papa Felice IV, divenendo così
il primo luogo di culto del Foro
Romano. Durante il pontificato
di Clemente VIII subì una prima
trasformazione con l’aggiunta di
sette nuove cappelle. Tra il 1632 e
il 1640 la chiesa venne interamente
ricostruita per volere di Papa Urbano
VIII date le condizioni in cui era
giunto il Foro Romano, malsano,
acquitrinoso e infestato dalla malaria.
L’area fu divisa dunque in due con
la costruzione del pavimento; le
cappelle e gli altari furono spostati o
ristrutturati; infine vennero realizzati
i nuovi edifici del monastero e un
cortile con portici.
L’interno della chiesa, a navata unica,
è ornato da uno splendido soffitto
dipinto e dorato con stemmi di
Urbano VIII Barberini e Gloria dei
Santi titolari. Imponente il mosaico
absidale, risalente all’epoca di Felice
IV, e quindi da lui voluto, dove
vediamo gli apostoli “Pietro e Paolo
83
Come Arrivare
Via in Miranda, 10
B Colosseo
3/51/85/87/117
www.cosmadamiano.com
presentare a Gesù Cristo i Ss. Cosma
e Damiano”. Alla base è Gesù come
Agnello Mistico e i dodici agnelli
che convergono rappresentano i
dodici discepoli e metaforicamente
le dodici tribù d’Israele quali simboli
di tutti i popoli del mondo.
La chiesa di San Lorenzo in Miranda
si trova nel Foro Romano, all’interno
del tempio voluto dall’imperatore
Antonino Pio nel 141 d.C. per
celebrare la consorte Faustina.
Dedicata
al
diacono
romano
Lorenzo, tra il 1429 e il 1430 venne
concessa da Papa Martino V al
Collegio degli Speziali. Sull’altare
maggiore è possibile ammirare “il
martirio di San Lorenzo” di Pietro
da Cortona mentre, nella Cappella
Porfiri, La Madonna con i SS. Filippo
e Giacomo del Domenichino.
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9
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Una delle due entrate di questa curiosa chiesa è
all’interno del Foro Romano, in corrispondenza
dell’antico tempio del Divo Romolo, sui resti del
quale sorgeva l’antica Basilica.
Santi Quattro Coronati
Sulle pendici del monte Celio,
nell’omonimo rione, si erge maestosa
la basilica dei Santi Quattro Coronati,
simile per aspetto più a una fortezza
che a una chiesa.
Le diverse revisioni apportate
a questo monumento l’hanno
distanziato dai canoni classici delle
costruzioni ecclesiastiche. La basilica
fu edificata nel IV sec. d.C., con
l’insediamento, all’interno di una
sontuosa villa patrizia, di una domus
ecclesiae
cristiana,
trasformata
nel VII sec. da Papa Onorio I nella
chiesa dedicata ai Santi Quattro
Coronati Martiri. Dal IV al XVII secolo
per la sua posizione urbanistica ha
assolto anche la funzione militare
di roccaforte difensiva della sede
papale di San Giovanni in Laterano.
Nel 1084 fu distrutta dalle truppe
di Roberto il Guiscardo e nel 1116
Papa Pasquale II volle ricostruirla:
fu sfruttata solo l’ala ovest della
preesistente
navata
centrale
carolingia, motivo per cui l’abside
abbraccia tutte e tre le navate
odierne, rappresentando un caso
unico a Roma. I restanti spazi furono
inglobati in altri edifici o sfruttati
per la creazione dei cortili, grazie ai
quali oggi è possibile accedere ad
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Come Arrivare
Via dei Santi Quattro, 20
B Colosseo
3/8/51/75/81/117
alcune aree come l’oratorio di San
Silvestro. Sulle pareti dello stesso
sono dipinti meravigliosi affreschi
realizzati nel 1248 rappresentanti la
vita dell’imperatore Costantino I così
come riportato negli Actus Silvestri,
agiografia di Papa Silvestro I.
Il nome “Santi Quattro Coronati”
avrebbe due differenti origini:
secondo la tradizione, deriva dai
quattro scalpellini dalmati Sinforiano,
Claudio, Nicostrato e Castorio,
condannati perché si rifiutarono di
scolpire l’effigie di un idolo pagano e
furono per questo “coronati dal lauro
del martirio”; l’altra versione, invece,
parla di quattro soldati convertiti al
cristianesimo e martirizzati per non
aver voluto abiurare alla loro nuova
fede.
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4
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Il chiostro medievale di questa basilica è ricco di
simboli esoterici e massonici.
Santissima Trinità dei Pellegrini
La chiesa della Santissima Trinità
dei Pellegrini è un luogo di culto
situato nel rione Regola, nei pressi
di Palazzo Farnese. La sua storia è
strettamente legata alla missione
di accoglienza e di integrazione dei
pellegrini condotta da San Filippo
Neri nella Capitale, motivo per cui fu
appellato “terzo apostolo di Roma”.
Egli commissionò la costruzione
della struttura all’Arciconfraternita
dei Pellegrini e Convalescenti della
SS. Trinità, da lui fondata nel 1548
in favore dei poveri e dei malati.
Circa dieci anni dopo Papa Paolo IV
donò all’Arciconfraternita gli edifici
dell’antica parrocchia trecentesca
di San Benedetto de Arenula, nota
anche come “degli Scozzesi”, che
furono integrati al nucleo originario.
L’attuale facciata, ornata dalle statue
dei Quattro Evangelisti di Bernardino
Ludovisi, fu realizzata dall’architetto
Giuseppe Sardi su disegno di
Francesco de Sanctis, ideatore della
scalinata di Trinità dei Monti.
L’interno, a croce latina con dodici
colonne corinzie a base alta e capitello
composito, fu quasi interamente
Come Arrivare
Via dei Pettinari, 36A
8/23/280
restaurato tra il 1847 e il 1853. Di
notevole importanza, nel lanternino
della cupola, il dipinto “Padre Eterno
ed Angeli” di Guido Reni (1612). Nella
cappella della crociera destra si trova
il gruppo marmoreo di “S. Matteo con
angelo”, opera del Cobert, risalente al
1614.
Su proposta del cardinale Camillo Ruini,
il 23 marzo 2008, Papa Benedetto XVI
ha affidato la chiesa della Santissima
Trinità dei Pellegrini alla comunità
apostolica Fraternità Sacerdotale di
San Pietro, per assicurare un’adeguata
assistenza religiosa all’intera comunità
dei fedeli residenti nella Diocesi di
Roma che seguono la Santa Messa e
tutti i Sacramenti secondo la forma
extraordinaria del Rito Romano.
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87
La chiesa e l’adiacente ospizio sono stati,
dal XVI al XIX secolo, ospedale e ricovero per feriti
oltre ad uno dei maggiori centri
di accoglienza religiosa a Roma.
Ss Stimmate di San Francesco
La chiesa delle SS. Stimmate di San
Francesco è situata in via dei Cestari,
nel rione Pigna, quasi ad angolo con
Largo Argentina. Fu edificata sui resti
della chiesa medievale dei Santissimi
Quaranta Martiri del Calcarario,
termine utilizzato per indicare i forni
presenti in zona in cui i marmi degli
edifici in disfacimento venivano cotti
e trasformati in calce bianca.
Nel 1597 fu assegnata da papa
Clemente VII all’Arciconfraternita
delle SS. Stimmate e dedicata alle
piaghe della crocifissione che San
Francesco ricevette sul monte della
Verna il 14 settembre 1224. L’edificio
fu fatto riedificare su progetto di
Giovanni Battista Contini nel 1714 e
venne ultimato nel 1721. La facciata
a due ordini presenta nella parte
inferiore un portico in cui si apre un
portale con arco a tutto sesto. Sopra
l’architrave un timpano spezzato
racchiude la statua in stucco di San
Francesco attribuita ad Antonio
Raggi. Nell’ordine superiore si
apre una grande finestra decorata
con una testa di serafino in stucco.
A coronamento vi è l’emblema
dell’Arciconfraternita
delle
Stimmate. L’interno, ispirato all’arte
del Borromini, presenta una pianta
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Come Arrivare
Largo delle Stimmate, 1
8/40/62/64/70/492
www.vicariatusurbis.org
a navata unica con tre cappelle per
lato. Di notevole interesse anche le
volte a botte con sei finestre, le tre
cappelle intercomunicanti per lato e
il presbiterio a fondo piatto.
Sull’altare maggiore è posta la pala,
datata 1719, nota come “Le Stimmate
di San Francesco” di Francesco
Trevisani. Nella sagrestia è custodito
sopra l’altare un pregevole reliquiario
in argento che contiene frammenti di
tela e spugna imbevuti del sangue
che sgorgò dalle stimmate di San
Francesco d’Assisi, raccolto da fra
Leone, che assistette al prodigio
(1633). Infine, al primo piano si
trova l’oratorio dell’Arciconfraternita,
ora aula delle Stimmate, con pareti
dipinte a monocromi architettonici
risalenti al XVIII secolo.
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È uno degli edifici barocchi in cui l’esigenza di
esorcizzare e spettacolarizzare la morte, usando il
macabro come spinta vitale, raggiunge il culmine.
scala santa e sancta sanctorum
Nel santuario adiacente alla
Basilica di San Giovanni in Laterano
sono custoditi i 28 gradini della
cosiddetta Scala Santa, che,
secondo la tradizione, Gesù salì il
giorno della sua morte nel palazzo
di Ponzio Pilato a Gerusalemme.
Situata
inizialmente
nel
Patriarchium, o complesso dei
Palazzi Lateranensi, in seguito fu
spostata presso la chiesa di San
Lorenzo in Palatio (conosciuta come
Sancta Sanctorum) per opera di
Domenico Fontana, incaricato da
Papa Sisto V di sistemare la cappella
papale privata tra il 1586 e il 1589.
Artefice di abbellimeti e restauri del
Sancta Sanctorum fu Papa Niccolò
III (1280): durante il suo pontificato
Come Arrivare
P.zza San Giovanni in Laterano, 14
A San Giovanni
3/16/81/85/87/117/186/218
571/650/665/714/850
www.scala-santa.it
furono eseguiti gli affreschi della
Scuola Romana, il mosaico sopra
l’altare e il pavimento cosmatesco.
Sulla parete dietro l’altare è
collocata un acheropita (dal greco:
dipinto non creato da mano
umana) raffigurante il SS. Salvatore.
L’immagine, ritenuta miracolosa,
veniva portata in processione dai
pontefici per scongiurare grandi
calamità.
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I 28 gradini che Gesù salì il giorno della sua
crocifissione per accedere al palazzo di Ponzio
Pilato, si salgono sulle ginocchia come forma di
rispetto e per invocare penitenza e grazie.
teatro marcello
Il Teatro Marcello, situato nel
Rione Sant’Angelo, è l’unico dei
tre dell’antica Roma giunto fino
a noi ancora visibile, nonostante
anch’esso abbia subito nei secoli
molti danni e diverse modifiche.
Fu Giulio Cesare a gettare le
fondamenta di quest’edificio che
tuttavia fu ultimato da Augusto, il
quale lo inaugurò intorno al 12 a.C.
e lo dedicò a Claudio Marcello, suo
nipote ed erede. Si narra che proprio
in occasione dell’inaugurazione la
sedia del primo imperatore cedette,
facendolo cadere a terra davanti una
folla immensa.
Il Teatro, sede di spettacoli magnifici,
cadde in disgrazia nella Roma
cristiana, quando le rappresentazioni
furono soppresse. Tornò in auge
diversi anni dopo quando, data la
posizione strategica nei pressi del
Tevere, alcune famiglie romane lo
trasformarono in una fortezza. Fu
così che questa costruzione passò
dai Fabi ai Pierleoni e da questi ai
Savelli. Ultimi proprietari furono
gli Orsini (XVIII secolo), prima che
negli anni ‘30 il Comune decidesse
di riappropriarsi delle parti d’epoca
romana dell’edificio.
Come Arrivare
Via del Teatro di Marcello, 32
30/44/81/118/170/628/715
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In origine il Teatro Marcello era
una grandiosa costruzione dal
diametro di 130 metri, realizzata
sul modello tipico del teatro
romano: la cavea poggiava infatti
su strutture in muratura e non su un
declivio naturale, come in quello
greco. La sua capienza era di circa
15mila posti. La scena, di modesta
profondità e decorata da colonne e
statue di marmo, era fiancheggiata
da due parasceni a triplice navata e
completata alle spalle da una grande
abside eretta contro le eventuali
inondazioni del Tevere. All’esterno
l’edificio presentava una facciata
ricurva in travertino a tre ordini, di
cui si conservano quelli inferiori. È
curioso notare come molte persone,
forse poco attente, scambino il
Teatro Marcello con il Colosseo.
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93
Esordi sfortunati: Il giorno dell’inaugurazione
lo scranno dell’imperatore Augusto si ruppe
mandandolo letteralmente a gambe all’aria.
Fu Papa Sisto IV Della Rovere nel
1478 a ideare la progettazione di Via
Giulia, denominata via “mercatoria”,
poiché collegava la zona finanziaria
di Ponte Sant’Angelo ai mercati
di Piazza Navona e Campo de’
Fiori. Su progetto del Bramante
la realizzazione della via cominciò
nel 1508 per volere di Papa Giulio
II Della Rovere, nell’ambito della
Renovatio Romae.
La Strada Julia, in onore del
Papa, è conosciuta anche come
“Via Recta”, poiché fu la prima a
snodarsi su un tracciato rettilineo
lungo il quale trovavano spazio i
“blasoni” più importanti dell’epoca,
dai Sacchetti ai Ricci fino ai Chigi.
Dopo il 1870, a seguito della
costruzione dei muraglioni del
Tevere, il caratteristico aspetto della
via mutò. Infatti le case lungo il
fiume furono demolite e molti edifici
ridimensionati. L’iniziale progetto
del Palazzo dei Tribunali, tra via del
Cefalo e via del Gonfalone, rimase
Come Arrivare
Via Giulia
23/40/46/64/280/916
incompiuto a causa della morte di
Papa Giulio II e del Bramante. Oggi
il basamento originario dell’edificio,
costituito da alcuni filari di pietre
sporgenti, è noto come “sofà di Via
Giulia”.
Molti sono i luoghi d’interesse che
si affacciano su Via Giulia: la chiesa
di Santa Maria del Suffragio, la
chiesa di San Biagio degli Armeni; il
palazzo Medici Clarelli; la “Casa di
Raffaello” così chiamata in quanto
residenza dell’artista e infine
un palazzetto, detto “Casa dei
Fiorentini”, offerto da papa Giulio II
alla comunità fiorentina.
via giulia
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La “Strada Julia” era già importante
prima della sua costruzione.
Appena ultimata vi si trasferirono tutte le potenti
famiglie di banchieri residenti a Roma.
annotazioni