sentenza n. 464 del 29 giugno 2012 del T.A.R. Emilia

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sentenza n. 464 del 29 giugno 2012 del T.A.R. Emilia
Sent. n. 464/2012
R E P U B B L I C A
I T A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso n. 1218 del 2011 proposto da Marzia Bulzoni, rappresentata e difesa dall’avv. Giuseppe
Fino e presso lo stesso elettivamente domiciliata in Bologna, via M. D’Azeglio n. 39;
contro
il Comune di Castel San Pietro Terme, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’avv.
Nazzarena Zorzella e presso la stessa elettivamente domiciliato in Bologna, via Caprarie n. 7;
per l'annullamento
dell’ordinanza di demolizione e rimessa in pristino n. 78/2011, prot. n. 11728, del 27 maggio 2011,
emessa a carico della ricorrente dal Responsabile dell’Area Servizi per il Territorio del Comune di
Castel San Pietro Terme;
per quanto occorrer possa, del verbale di accertamento di violazione urbanistico-edilizia della
Polizia Municipale di Castel San Pietro Terme n. 24/2010 in data 8 luglio 2010, dell’ordinanza di
sospensione dei lavori n. 151/2010 del 22 settembre 2010 (prot. n. 21233), del rapporto di abuso
edilizio della Polizia Municipale n. 19/2011 del 7 maggio 2011 e dell’art. 2 del Regolamento
edilizio comunale.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Castel San Pietro Terme;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Nominato relatore il dott. Italo Caso;
Udito, per l’Amministrazione, alla pubblica udienza del 14 giugno 2012 il difensore come
specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
A sèguito di una relazione della Polizia municipale in ordine ad abusi edilizi accertati presso l’unità
abitativa della ricorrente e consistenti nella realizzazione, senza titolo abilitativo, di una pensilina di
legno con copertura in tegole posizionata su di una porta-finestra del giardino nonché di un accesso
pedonale diretto dalla pubblica via mediante cancello ricavato dall’apertura della rete metallica (v.
verbale n. 24/2010 in data 8 luglio 2010), il Responsabile dell’Area Servizi per il Territorio del
Comune di Castel San Pietro Terme riteneva integrata la fattispecie di cui all’art. 16 della legge reg.
n. 23 del 2004 e, in ragione di ciò, disponeva la sospensione dei lavori (ord. n. 151/2010 del 22
settembre 2010). Intervenuto, successivamente, un nuovo sopralluogo della Polizia municipale e
accertato in quella circostanza che gli abusi pregressi erano stati portati a compimento e che
risultava altresì realizzato medio tempore un manufatto di legno ad uso “gazebo” con dimensioni di
m. 4x4 e altezza variabile tra m. 2 e m. 3 (rapporto di abuso edilizio della Polizia Municipale n.
19/2011 del 7 maggio 2011), l’Amministrazione comunale ne desumeva l’esecuzione di opere
edilizie in violazione degli artt. 11, 14 e 16 della legge reg. n. 23 del 2004 e ingiungeva di
conseguenza ai proprietari dell’immobile la demolizione delle opere abusive e il ripristino dello
stato dei luoghi (v. ordinanza di demolizione e rimessa in pristino n. 78/2011, prot. n. 11728, del 27
maggio 2011, a firma del Responsabile dell’Area Servizi per il Territorio del Comune di Castel San
Pietro Terme).
Avverso i suindicati atti ha proposto impugnativa la ricorrente, comproprietaria dell’unità abitativa.
Assume che il pergolato/gazebo e la pensilina rientrino tra le opere di edilizia libera, ai sensi
dell’art. 6 del d.P.R. n. 380 del 2001 (nel testo modificato dalla legge n. 73 del 2010), e che
eventuali preclusioni derivanti dall’art. 2 del Regolamento edilizio comunale dovrebbero indurre
all’annullamento di detta norma per incompatibilità con la legge statale; lamenta, in via subordinata,
la carenza di motivazione relativamente alle ragioni di contrasto con gli strumenti urbanistici che
impedirebbero l’applicazione di una sanzione pecuniaria, ai sensi degli artt. 14 e 16 della legge reg.
n. 23 del 2004; censura, poi, l’assunto per cui il pergolato/gazebo richiederebbe un titolo abilitativo
nonostante la relativa copertura si presenti provvisoria e precaria, e si duole della circostanza che
l’intervento sia stato considerato irregolare in conseguenza della violazione della distanza dai
confini condominiali nonostante la mancata specificazione delle norme asseritamente violate,
nonostante il tipo di opera realizzata si sottragga di per sé a simili prescrizioni e nonostante i
rapporti interni al condominio siano del tutto irrilevanti ai fini urbanistici; denuncia, ancora, quanto
alla pensilina, l’omessa considerazione che, per essere la stessa di profondità inferiore a m. 1,50, se
ne dovrebbe ritenere del tutto libera la realizzazione e, in ogni caso, non irrogabile una sanzione
diversa da quella pecuniaria, ai sensi dell’art. 16 del d.P.R. n. 380 del 2001; si duole, infine, dei
rilievi mossi al passaggio pedonale, non essendosi tenuto conto della circostanza che il cancello è
stato posto in essere sull’area di proprietà privata e che sul suolo pubblico sono stati solo collocati
due vasi e realizzato un piccolo passaggio, sì da doversi escludere per tale parte la sussistenza di
opere edili. Di qui la richiesta di annullamento degli atti impugnati.
Si è costituito in giudizio il Comune di Castel San Pietro Terme, resistendo al gravame.
L’istanza cautelare della ricorrente veniva accolta dalla Sezione alla Camera di Consiglio del 24
novembre 2011 (ord. n. 935/2011).
All’udienza del 14 giugno 2012, ascoltato il rappresentante dell’Amministrazione, la causa è
passata in decisione.
In via preliminare, va dichiarata priva di fondamento l’eccezione di inammissibilità del ricorso per
tardiva impugnazione dell’ordinanza di sospensione dei lavori. Come è noto, infatti, la mancata
impugnazione dell’ordine di sospensione dei lavori non rende inammissibile la successiva
impugnativa dell’ordine di demolizione, per essere il primo provvedimento di carattere provvisorio,
fondato su di un’istruttoria sommaria e produttivo di una temporanea lesione della sfera giuridica
del privato, mentre l’altro provvedimento costituisce l’atto finale del relativo procedimento ed ha
alla sua base un’adeguata istruttoria, con definitiva lesione della sfera del privato (v., tra le altre,
Cons. Stato, Sez. V, 29 novembre 2004 n. 7746; TAR Basilicata 15 febbraio 2001 n. 134). Nella
fattispecie, peraltro, l’impugnativa dell’ordinanza di sospensione dei lavori è stata effettuata in via
puramente prudenziale, sicché la controversia ha ad oggetto solo e soltanto l’ordine di demolizione
delle opere abusive.
Nel merito, ritiene il Collegio che, relativamente alla pensilina e al pergolato/gazebo, vada innanzi
tutto accertato se e in quali limiti l’invocata disciplina di cui all’art. 6 del d.P.R. n. 380 del 2001, nel
testo risultante dalle modifiche apportate dal decreto-legge n. 40 del 2010 e dalla relativa legge di
conversione (n. 73/2010), interviene a regolare la fattispecie oggetto della controversia. Secondo la
ricorrente, infatti, per doversi ascrivere le opere in esame alla categoria dell’«attività edilizia libera»
ivi prevista – ed in particolare all’àmbito degli “elementi di arredo delle aree pertinenziali degli
edifici” [comma 2, lett. e)] –, insussistenti sarebbero le irregolarità che le sono state addebitate.
Secondo l’Amministrazione comunale, invece, la necessità di un titolo abilitativo scaturirebbe dal
disposto dell’art. 2 del Regolamento edilizio comunale, non travolto in parte qua dalla sopraggiunta
normativa statale, ed abusivo in ogni caso risulterebbe il pergolato/gazebo perché lesivo del limite
di distanza dal confine di proprietà condominiale.
Va premesso che, pur sottraendo al previo titolo abilitativo l’esecuzione di vari interventi edilizi,
l’art. 6 del d.P.R. n. 380 del 2001 stabilisce tuttavia che ciò avvenga “fatte salve le prescrizioni
degli strumenti urbanistici comunali, e comunque nel rispetto delle altre normative di settore aventi
incidenza sulla disciplina dell’attività edilizia e, in particolare, delle norme antisismiche, di
sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie, di quelle relative all’efficienza energetica nonché delle
disposizioni contenute nel codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22
gennaio 2004, n. 42 …”. La giurisprudenza ne ha desunto che a, fronte di una generale
individuazione di tipologie di opere ritenute tendenzialmente prive di impatto sull’assetto
territoriale, il legislatore statale sia stato consapevole di non poter operare scelte di carattere
assoluto, e quindi di dover far salva, da un lato, la normativa di settore che abbia rilevanza
nell’àmbito dell’attività edilizia, e di dover lasciare integro, dall’altro lato, il potere di governo del
territorio di spettanza delle Amministrazioni comunali, sicché – ad es. – anche per tali opere va
rispettata la destinazione urbanistica prevista in ogni comparto dallo strumento di piano e risulta
quindi preclusa la loro realizzazione in caso di incompatibilità con il regime d’uso della
corrispondente area (v. Cass. pen., Sez. III, 27 aprile 2011 n. 19316; TAR Puglia, Bari, Sez. III, 13
gennaio 2012 n. 184; TAR Veneto, Sez. II, 30 settembre 2010 n. 5244). Naturalmente, per non
vanificare la parziale liberalizzazione introdotta dalla normativa statale, le prescrizioni degli
strumenti urbanistici comunali di cui occorre tenere conto sono solo quelle che attengono ai
presupposti e alle modalità di realizzazione dell’attività edilizia, non quelle che si limitano a
prevedere il rilascio di appositi titoli abilitativi senza accompagnare il precetto con vincoli di
carattere sostanziale.
Ciò posto, appare fondata la doglianza con cui la ricorrente lamenta che le sia stato addebitato di
avere realizzato senza titolo abilitativo la pensilina sulla porta-finestra e il contiguo
pergolato/gazebo. Entrambe le opere, invero, appaiono riconducibili agli “elementi di arredo delle
aree pertinenziali degli edifici” di cui all’art. 6, comma 2, lett. e), del d.P.R. n. 380 del 2001, con la
conseguenza che sarebbe stata necessaria solo la previa comunicazione di inizio dei lavori,
sanzionabile – in caso di inerzia – con una mera sanzione pecuniaria (v. comma 7), non certamente
con la qualificazione delle relative opere come abusive. Non è invece applicabile nella fattispecie
l’invocato (dall’Amministrazione) art. 2 del Regolamento edilizio comunale (“Chiunque intenda,
nell’ambito del territorio comunale, eseguire nuove costruzioni, ampliare, modificare o demolire
quelle esistenti, ovvero procedere all’esecuzione di opere di urbanizzazione del territorio, deve
chiedere apposita autorizzazione al Sindaco e deve sottostare alle prescrizioni procedurali e
tecniche del presente regolamento. In particolare, sono soggette ad autorizzazione: … p)
costruzione o trasformazione di vetrine, collocamento di insegne, mostre, cartelli od affissi
pubblicitari o indicatori, lumi, memorie, monumenti, costruzioni di tettoie, di pensiline, cabine
balneari, verande all’esterno degli edifici o tende anche provvisorie sporgenti su luoghi pubblici,
aperti o prospettanti luoghi pubblici; q) esecuzione di manutenzione straordinaria qualora
comporti modificazioni delle strutture o dell’aspetto esterno degli edifici ivi compresi rivestimenti,
decorazioni e colorazioni; …”), per trattarsi di normativa locale che, in ragione del mero richiamo
ad un obbligo di carattere procedimentale – svincolato da previsioni di carattere sostanziale –, cede
di fronte alla prevalente disciplina statale in tema di liberalizzazione dell’attività edilizia minore.
Quanto al pergolato/gazebo, in verità, l’Amministrazione comunale ha altresì rilevato
l’inosservanza della distanza dai confini di proprietà condominiale, limite nella fattispecie riferito
alla regolamentazione contenuta nel piano particolareggiato di iniziativa pubblica “Quaderna”; la
stessa ricorrente, da parte sua, si è detta consapevole di tale disciplina nel comparto di che trattasi,
ma ne esclude l’applicabilità ai pergolati e nega altresì che il vincolo valga per i confini di proprietà
condominiale. In effetti, i pergolati/gazebo con struttura leggera di legno articolata in quattro
colonne e sovrastante copertura, se aperta su tutti i lati e di modeste dimensioni, fungono da mero
arredo per spazi esterni e non creano superfici utili o volumetria (v., tra le altre, TAR Lombardia,
Brescia, Sez. II, 7 aprile 2011 n. 526), sicché restano, per definizione, insensibili alle norme
urbanistiche che definiscono le distanze minime dai confini di proprietà, in ossequio a regole
generali rispetto alle quali cedono eventuali differenti criteri interpretativi elaborati in sede locale.
Dal che l’erroneità dell’assunto dell’Amministrazione.
In conclusione, si presenta illegittimo l’ordine di rimozione della pensilina e del pergolato/gazebo,
per trattarsi di interventi ascrivibili alla fattispecie di cui all’art. 6, comma 2, lett. e), del d.P.R. n.
380 del 2001, e per non avere l’Amministrazione comunale motivato la misura con profili ostativi
correttamente riconducibili alla disciplina di piano locale o alla normativa di settore applicabile
all’attività edilizia.
Restano da esaminare le censure relative all’accesso pedonale aperto sul suolo pubblico con
realizzazione di un cancello a margine del giardino di proprietà della ricorrente. Ella lamenta, in
particolare, che non sia tenuto conto della circostanza che il cancello sarebbe in realtà collocato sul
muretto di sua esclusiva proprietà, mentre sul suolo pubblico si sarebbe semplicemente provveduto
a posizionare due vasi e a creare un piccolo passaggio, senza quindi effettuare opere edili; denuncia,
inoltre, il difetto di motivazione, per non essersi specificato di quali irregolarità si tratta e quali
ragioni ostano all’applicazione di una sanzione pecuniaria in luogo della demolizione.
Le doglianze sono infondate.
Quanto al cancello, appare superfluo accertarne in questa sede il reale punto di ubicazione, posto
che, ove pure fosse stato localizzato su suolo privato, sarebbe stato in ogni caso necessario acquisire
il previo titolo abilitativo, così come si evince dal richiamato art. 2 del Regolamento edilizio
comunale (“…sono soggette ad autorizzazione: … i) costruzione, modifica, demolizione e
ricostruzione di: muri di cinta, cancellate, recinzioni prospicienti spazi di uso pubblico, chioschi
permanenti e provvisori; …”). Quanto, poi, alle modifiche apportate all’area pubblica per
realizzarvi il breve percorso di accesso al giardino privato, appare sufficiente richiamare il costante
orientamento giurisprudenziale secondo cui assume rilievo urbanistico-edilizio, e necessita quindi
dell’apposito titolo abilitativo, ogni intervento che con il mero impiego di materiale posto sul suolo
determini una perdurante variazione dello stato dei luoghi e una sua diversa destinazione d’uso, pur
in assenza di opere in muratura (v. Cons. Stato, Sez. V, 27 aprile 2012 n. 2450). Quanto, infine, alla
motivazione, il rinvio all’art. 11 (“Tutela dei suoli di proprietà degli enti pubblici”) della legge reg.
n. 23 del 2004 e all’art. 2 del Regolamento edilizio comunale rende agevolmente comprensibili,
anche per il carattere vincolato delle relative determinazioni, le tipologie di irregolarità accertate,
così come è evidente che, al fine di rimuovere in toto l’indebita destinazione del suolo pubblico a
passaggio pedonale privato, il ripristino dello stato dei luoghi dovesse necessariamente estendersi
all’eliminazione del varco di accesso creato ad hoc, obiettivo insuscettibile di conseguimento con
una mera sanzione pecuniaria.
Di qui l’accoglimento del ricorso limitatamente alle opere consistenti nella realizzazione della
pensilina sulla porta-finestra e del pergolato/gazebo, con conseguente annullamento in parte qua
dell’ordinanza n. 78/2011, prot. n. 11728, del 27 maggio 2011.
Le spese di lite seguono la soccombenza dell’Amministrazione comunale, e vengono liquidate
come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia-Romagna, Bologna, Sez. I, pronunciando sul
ricorso in epigrafe, lo accoglie nei limiti di cui in motivazione (opere inerenti la pensilina sulla
porta-finestra e il pergolato/gazebo) e, per l’effetto, annulla in parte qua l’ordinanza n. 78/2011,
prot. n. 11728, del 27 maggio 2011.
Condanna l’Amministrazione al pagamento delle spese di lite, nella misura complessiva di €
2.000,00 (duemila/00), oltre agli accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.
Così deciso in Bologna, nella Camera di Consiglio del 14 giugno 2012, con l’intervento dei
magistrati:
Giuseppe Calvo, Presidente
Ugo Di Benedetto, Consigliere
Italo Caso, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 29/06/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)