La crescita della finanza verde
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La crescita della finanza verde
80% Organo ufficiale d’informazione della Federazione dei Verdi Anno V - n. 32 giovedì 12 febbraio 2009 Le coppie italiane con problemi di fertilità che si sentono danneggiate dalla legge 40 Sped. in Abb. Post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 1 DCB - Roma Gianpaolo Silvestri Non sono un familista. Anzi, aborro con nausea tutta quella melassa da “mulino bianco” che da anni pervade la nostra cultura, la stessa politica e il senso comune. È stantia retorica coniugata nella triade Dio/patria/famiglia, da sempre il coacervo e il brodo di coltura di tutti i poteri reazionari della storia. Rivendico, tra l’altro, anche il diritto di non farmi una famiglia, di essere singol. C’è però da rimanere stupefatti di come la sacra famiglia venga immediatamente annullata nel caso il biopotere, le strutture politiche e/o religiose, rischino di perdere l’ultima (inumana) parola sui destini altrui, sui loro corpi, sulla vita e sulla morte. Tutto ciò è evidentissimo nella tragedia di Eluana Englaro e della sua famiglia. Lo Stato con tutti i suoi apparati repressivi (anzi, gli Stati, visto che c’è anche la teocratica Città del Vaticano) lascia nulla di intentato affinché l’ultima parola non spetti al padre, tutore legale di Eluana, ma a loro, al nostro governo che all’unanimità, dopo aver decretato che la salute non è più un diritto ma che può essere negata a esseri umani “clandestini”, si ammanta di defensor vitae. Si accodano Udc e coloro che furbescamente e ipocritamente decretano libertà di coscienza. Terribile: libertà di decidere sui destini altrui, libertà di rinnegare la Costituzione, libertà di giocare sporco sulle sofferenze. È il caso dell’Italia dei valori e dei tantissimi nel Pd che evidentemente non hanno mai accettato la laicità della nostra Repubblica. Di fronte alla necessità di riaffermare e tenere nelle loro mani il biopotere, annullano anche il loro familsmo d’accatto e il padre di Eluana diventa de facto un assassino. Quando passerà la legge voluta da Berlusconi sarà anche inutile continuare a discutere di testamento biologico: come ha ricordato Veronesi, se non si considera accanimento terapeutico l’idratazione e l’alimentazione forzata è inutile fare la legge, anzi, è dannoso. Il testamento biologico è operante in tanti Paesi proprio per decidere in tempo il consapevole rifiuto di sopravvivere anni in uno stato vegetativo, proprio come i 17 di Eluana. Ognuno deciderà - qui si davvero - in propria coscienza. Ma per Berlusconi, Ratzinger, Binetti, Letta e marcia compagnia ciò è intollerabile: guai ai vinti, guai a chi pretende di decidere in conoscenza, responsabilità e libertà. Dagli all’untore, ai relativisti etici, alla laica convivenza e - in questo caso - anche alla famiglia. È inutile che parlino di vita, esprimono solo una appestante aria di morte. È tempo di aprire porte e finestre e far circolare aria non inquinata. Ora. C’è chi la definisce capacità di immaginare, chi la chiama fantasia. È il pensiero. L’unico in grado di determinare nascita e fine vita, umana. pdm Ambiente Pubblicato negli Stati Uniti il secondo Rapporto annuale sull’investimento ecologico La crescita della finanza verde Nonostante la crisi economica e le turbolenze dei mercati finanziari molti investitori sono ottimisti e pronti a sfruttare il potenziale economico verde. È quanto emerge dal secondo Rapporto annuale sull’investimento ecologico della Allianz global investors. Secondo i dati raccolti il 78 per cento degli intervistati ritiene molto probabile che nel corso del primo anno dell’amministrazione Obama saranno varate più politiche di sostegno per gli investimenti aziendali nell’ambiente e nelle tecnologie ecocompatibili di quante ne abbia adottate il predecessore Bush nei suoi otto anni di mandato. Paolo Tosatti a pagina 3 Israele, vince l’ingovernabilità © Schalit/LaPresse La dittatura del biopotere Fonte: Censis Cancellata la sinistra, frammentata la destra, per Netaniahu e Livni si profila una difficile alleanza con i partiti ultraortodossi. Nessun governo Annalena Di Giovanni a pagina 3 è ipotizzabile senza fare i conti con gli oltranzisti Elettrosmog 2 La Corte d’appello di Versailles ordina a un operatore di telefonia mobile di rimuovere un’antenna ritenuta dannosa. I pareri di Massimo Scalia e Paolo Vecchia a confronto Dibattito I Verdi verso le elezioni europee. I contributi di Loredana De Petris, firmataria della mozione approvata, e Barbara Diolaiti, autrice del documento di minoranza 4 La Corte dei conti accusa: Italia il Paese delle truffe Corruzione mon amour Rossella Anitori T ruffe, sperperi e corruzione: il procuratore generale della Corte dei conti Furio Pasqualucci ha inaugurato l’anno giudiziario della magistratura contabile con una dura denuncia. «Nonostante Tangentopoli - ha detto - il livello di corruzione in Italia è ancora molto elevato». Pasqualucci ha definito «inopportuno» lo smantellamento di alcuni organismi preposti alla sorveglianza. «Dove manca la trasparenza si genera il cono d’ombra entro cui possono trovare spazio quei fatti di corruzione o di concussione che rendono poi indispensabile l’intervento del giudice penale», ha aggiunto il presidente della Corte dei conti Tullio Lazzaro. In Italia siamo agli ultimi posti della classifica internazionale sulla lotta alla corruzione. Vincere questa battaglia è possibile e utili alleati, secondo il presidente, saranno il Codice penale, la Guardia di finanza ma, soprattutto, specifiche politiche di controllo. 2 Primo piano giovedì 12 febbraio 2009 Inumana Diaz Milleproroghe contestato «Quanto accadde all’interno della scuola Diaz fu al di fuori di ogni principio di umanità, oltre che di ogni regola e ogni previsione normativa, anche se fu disposto in presenza dei presupposti di legge». È quanto si legge nella motivazione della sentenza del processo per i fatti avvenuti all’interno della scuola Diaz durante il G8 di Genova del 2001. Il governo ha ottenuto la fiducia del Senato sul maxiemedamento al decreto Milleproroghe con 162 sì e 126 no. Il provvedimento ora passa alla Camera. Ma gli ambientalisti protestano: «Il governo ha cancellato la norma che prevedeva l’obbligo secondo il quale le nuove costruzioni dovevano essere alimentate almeno in parte da fonti rinnovabili». ELETTROSMOG In Francia il timore dei danni causati dall’esposizione ai campi elettromagnetici viene legittimato dalla magistratura Mentre gli studi ancora non hanno dato risposte certe circa l’impatto sulla salute, la normativa stabilisce solo limiti precauzionali Legge puntata al 2001 Rossella Anitori V ia le antenne. Una sentenza della Corte d’appello di Versailles ha condannato l’operatore di telefonia mobile Bouygues Telecom a rimuovere definitivamente uno dei suoi ripetitori, installato vicino Lione. La magistratura francese ha ordinato alla compagnia di risarcire gli abitanti del posto per averli esposti a un rischio sanitario. Nel commento alla sentenza la Corte sostiene che «non c’è alcun elemento che permetta di scartare perentoriamente l’impatto sulla salute pubblica delle onde o dei campi elettromagnetici». Gli studi che riguardano gli effetti dell’esposizione alle alte frequenze sono ancora allo statu nascen- ti e non concordano sulle variabili da prendere in considerazione, tanto meno sui risultati. L’autorità giudiziaria francese ha scelto dunque di adottare il principio di precauzione, in base al quale in caso di dubbio è meglio evita- re rischi. «Non ci sono evidenze in un senso né in un altro», commenta Gianfranco Amendola, magistrato e già parlamentare europeo. «Non si può escludere, né dire con certezza che l’esposizione delle persone alle onde provo- chi danni». L’ex “pretore d’assalto”, autore del libro In nome del popolo inquinato sostiene inoltre che «ci sono studi in cui risulta che la vicinanza ai campi elettromagnetici implica conseguenze per l’organismo. È indubbio che ci siano ripercussioni sul fisico, ma non è stato ancora possibile stabilire se e quanto siano nocive e cosa comportino a lungo termine». La questione degli effetti dell’esposizione umana ai campi elettromagnetici è un tema relativamente recente, che ha assunto notevole evidenza in seguito alla massiccia introduzione dei sistemi di telecomunicazione nella vita quotidiana. La legge che regolamenta la materia è allo stato embrionale: «Sia la normativa internazionale che quella italiana stabiliscono dei limiti precauzionali - osserva Amendola -, ma vogliono dire poco perché non si hanno certezze sulla soglia di pericolosità del fenomeno». Il magistrato sostiene che dal 2001, anno del primo provvedimento legislativo in materia, non siano stati fatti molti passi in avanti: «Le sanzioni sono minime e i limiti abbastanza ampi. Ma è comunque qualcosa, di fronte al niente». Il dibattito rimane ancora aperto. PRO CONTRO Massimo Scalia: «Ben fatto» Professore, cosa ne pensa degli effetti dei campi elettromagnetici sull’uomo? Il pianeta Terra è naturalmente dotato di un suo campo elettromagnetico, che assume valori diversi a seconda della banda di frequenza nella quale i fenomeni naturali lo collocano. è in presenza di questo fattore, variabile ma ben definito, che la vita umana ha trovato le condizioni favorevoli per evolversi. Lo sviluppo della tecnologia elettronica, che a partire dalla Seconda guerra mondiale ha avuto ritmi di crescita esponenziali, ha alterato in maniera massiccia gli equilibri ambientali, generando campi elettromagnetici e aree, gli hot spot, nelle quali si registra una densità di potenza 10mila, 100mila, anche un milione di volte superiore a quella naturale. Condizioni in cui l’organismo umano deve riuscire a stabilire nuovi equilibri. Per i mammiferi di taglia grande, quali sono gli uomini, sono necessarie moltissime generazioni, forse centinaia, per adattarsi. È ragionevole ritenere che in assenza di questo equilibrio possano verificarsi conseguenze negative per l’organismo umano? Alcuni studi epidemiologici hanno messo in evidenza che l’uomo risente sia dei campi elettromagnetici “deboli”, quelli degli elettrodotti per intenderci, sia dei campi ad alta frequenza, quelli delle telecomunicazioni. Per quest’ultimo aspetto la vicenda delle antenne di Radio Vaticana di Cesano, vicino Roma, ha avuto una risonanza internazionale. A quando risale la querelle sul tema? Degli effetti dei campi elettromagnetici sulla salute umana si discute dalla fine dell’800. E se i pareri sulla questione sono ancora oggi Paolo Vecchia: «Sentenza ingiustificata» Massimo Scalia Paolo Vecchia Docente all’università La Sapienza di Roma, già parlamentare dei Verdi, tra i fondatori di Legambiente e uno dei padri dell’ambientalismo scientifico in Italia. Dirigente di ricerca presso il dipartimento Tecnologie e salute dell’Istituto superiore di sanità e membro del comitato di consulenza scientifica del progetto Cem (Campi elettromagnetici). discordi è perché tengono in conto presupposti differenti. Cosa prevede la legge sul tema? La normativa internazionale non prende in considerazione gli effetti a lungo termine, che sono invece quelli che preoccupano cittadini e comitati. Infatti, considera solo gli effetti termici e non attribuisce un rischio sanitario a quelli non riconducibili a essi (causa di tumori e leucemie). Questa è la linea adottata dall’Organizzazione mondiale della sanità (Who) e, in larga misura, dall’Istituto superiore di sanità in Italia. È ovvio quindi che non ci possa essere un parere unanime sulla questione e che molti scienziati prendano le distanze dalla normativa internazionale. La scuola russa, per esempio, ha un altro approccio al problema e non riconosce le linee guida emanate dalla Who, proprio perché in tali linee guida non sono contemplati gli effetti a lungo termine. r.a. Organo ufficiale d’informazione della Federazione dei Verdi Registrazione Tribunale di Roma n. 34 del 7/2/2005 Spedizione in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 1 DCB - Roma Professore, è corretto ritenere che i campi elettromagnetici abbiano effetti negativi sulla salute umana? Per quanto riguarda la radio, la tv e le antenne della telefonia non ci sono evidenze di danni alla salute. I dati epidemiologici sono molto rassicuranti. Certo, ogni tanto viene pubblicato un articolo che suggerisce un pericolo, ma quando si replica lo studio i risultati non vengono comprovati. Il consenso del mondo scientifico è unanime sull’argomento: non è stata rilevata alcuna pericolosità, neanche su animali e colture cellulari che vengono esposti a densità di radiazioni maggiori. I risultati sono sempre e comunque negativi. L’esposizione è bassa e dunque non pericolosa. Perché allora tutti questi timori? Causa di tutte le preoccupazioni è la mancanza di un’informazione adeguata. Le nuove tecnologie incuriosiscono quanto spaventano. Le persone sono per lo più disorientate e la stampa ha le Direttore responsabile: Pino Di Maula • Direttore editoriale: Giovanni Nani Vicedirettore: Vincenzo Mulè • Caporedattore: Valerio Ceva Grimaldi Editore: undicidue srl, via del Porto Fluviale, 9/a - Roma Stampa: Rotopress, via E. Ortolani, 33 - Roma sue responsabilità: una buona notizia non fa notizia. La percezione del rischio è stata distorta. I campi elettromagnetici sono diventati tra le prime fonti di preoccupazione generale, il nemico invisibile. Bisogna invece cercare di gestire senza allarmismi la tecnologia che ormai fa parte delle nostre vite. Per i cellulari e le reti wireless vale lo stesso ragionamento? Per la telefonia mobile i problemi vengono dal telefono più che dall’antenna. Le emissioni dell’apparecchio sono 1.000 volte più nocive e il fattore determinante è la vicinanza: il cellulare si tiene vicino alla testa mentre l’antenna è lontana. Per il wireless vale lo stesso discorso, in quanto funziona con la medesima logica anche se il tipo di segnale è diverso. C’è una base emittente e un dispositivo che riceve il segnale. A differenza del telefonino il computer è meno dannoso perché non viene utilizzato a stretto contatto con gli organi sensibili. E allora perché la Corte d’appello di Versailles ha emesso questo provvedimento? La sentenza del tribunale è ingiustificata. Gran parte del mondo scientifico è rimasta colpita dalla decisione della Corte. È addirittura probabile che nei prossimi giorni l’Agenzia francese per la sicurezza e la salute ambientale presenti un ricorso. Gli operatori telefonici sono preoccupati e i ricercatori ritengono la scelta infondata. Per giustificare la decisione è stato invocato il principio di precauzione, ma visto che non è stata individuata alcuna soglia limite, al di sopra della quale gli effetti nocivi dell’esposizione si rivelerebbero, il provvedimento è immotivato. r.a. Redazione: via del Portofluviale, 9/a - 00154 Roma tel. 06.45.47.07.00 - fax 06.42.01.31.31 - [email protected] Stampato su carta ecologica La testata fruisce dei contributi di cui alla legge 7 agosto 1990 n. 250 © LaPresse Esteri Il 74 per cento degli statunitensi ritiene che il nuovo Congresso sarà più favorevole agli investimenti nelle nuove ecotecnologie giovedì 12 febbraio 2009 Incidenti Diritti Sei italiani sono morti in due distinti incidenti in Perù e Australia. A Puno, nello stato sudamericano, lo scontro tra due corriere e un piccolo camion su un ponte ha causato la morte di due donne e un uomo. Il giorno prima, a Brisbane, un altro incidente è risultato fatale per tre giovani connazionali. Erano in vacanza e stavano viaggiando in camper. La Haka appartiene alla tribù Maori. Il governo neozelandese ha attribuito ai nativi la proprietà intellettuale e i diritti d’autore sulla danza resa celebre in tutto il mondo dagli All blacks, la nazionale di rugby. Il copyright sulla danza spetta infatti al capo guerriero Te Rauparaha che la eseguì per la prima volta all’inizio del XIX secolo. 3 Negli Usa cresce la voglia di finanza verde Paolo Tosatti di famiglie con attività finanziarie pari almeno a 100mila dollari. Il campione è stato ponderato per rispecchiare le caratteristiche della popolazione complessiva in termini di sesso, età, livello di patrimonio familiare e regione. Secondo Bozena Jankowska, portfolio manager di Allianz: «Ba- Sull’onda della rivoluzione di Obama si punta alla sostenibilità rack Obama è stato eletto sulla spinta di una forte necessità di cambiamento. Le modifiche al quadro normativo che il neopresidente intende adottare saran- © Dharapak/LaPresse C resce negli Stati Uniti la voglia di investimenti per la sostenibilità ambientale: nonostante la crisi economica, molti investitori sono ottimisti e pronti a sfruttare il potenziale economico verde. È quanto emerge dal secondo Rapporto annuale sull’investimento ecologico della Allianz global investors. Secondo i dati raccolti, il 78 per cento degli intervistati ritiene molto probabile che nel corso del primo anno dell’amministrazione Obama saranno varate più politiche di sostegno per gli investimenti aziendali nell’ambiente di quante ne abbia adottate il predecessore Bush nei suoi otto anni di mandato. Il 74 per cento ritiene inoltre che il nuovo Congresso sarà più favorevole alle misure in sostegno degli investimenti delle imprese nelle nuove tecnologie ambientali rispetto al vecchio. L’indagine è stata condotta su un campione di 1.264 persone, e ha esaminato il livello di conoscenza e il modo di affrontare le questioni ambientali dal punto di vista di un investitore. Le interviste sono state condotte via internet dalla Gf K. I partecipanti, con un’età minima di 25 anni, erano tutte persone con una responsabilità primaria o condivisa per le decisioni di investimento no probabilmente molto favorevoli agli investimenti ambientali. Questo tipo di stimolo proposto da Obama rappresenta un’opportunità rilevante per gli investitori. Più in generale, a Washington stanno cambiando i toni, l’intensità e i contenuti del dibattito sulle tematiche verdi: questo è ciò che veramente conta». Le cose non cambiano solo oltre oceano: anche in Europa la questione degli investimenti etici è di crescente interesse: basti pensare al recente annuncio della Norvegia, che ha escluso dal proprio fondo sovrano alcune società che gestivano attività legate alla produzione di cluster bomb e che danneggiavano l’ambiente. L’anno trascorso è stato attraversato da pesanti turbolenze dei mercati economici e finanziari, con rallentamenti dell’attività produttiva, tagli dei costi da parte delle imprese e ridimensionamenti delle strutture aziendali. L’indagine condotta negli Stati Uniti dimostra però che gli investitori in generale sono ancora ottimisti sulle possibilità di sviluppo del settore ambientale, e che va rapidamente aumentando il numero di quelli che presta attenzione non solo alla massimizzazione ma anche alla modalità di realizzazione dei profitti. Nel 72 per cento dei casi gli intervistati hanno affermato che il recente ribasso delle quotazioni del mondo azionario non ha avuto alcun impatto sulla loro propensione a investire in titoli ambientali, mentre il 48 per cento considera probabile tornare a investire in questo tipo di società entro il prossimo anno. Israele, se l’instabilità è assicurata dal voto Solo 28 seggi alla destra moderata di Kadima, guidata da Tzipi Livni. Appena 27 ai falchi del Likud, con Netaniahu Elezioni Annalena Di Giovanni © Dejong/LaPresse H a vinto soltanto la matematica nelle elezioni della diciottesima Knesset in Israele e da oggi (giovedì, ndr), con lo sfoglio finale dei voti dell’esercito, cominciano i trenta giorni di maratona post voto per cercare di mettere insieme una improbabile coalizione che si assicuri almeno 61 dei 120 seggi del Parlamento di Tel Aviv. Sconfitta della destra moderata di Kadima, guidata da Tzipi Livni, uscita con soli 28 seggi dalla contesa, dopo aver perso voti a destra dal momento in cui i suoi elettori hanno votato Likud. Sconfitti i falchi del Likud, con Netaniahu dato vincente fino all’ultimo e poi arroccato sui soli 27 seggi, dato che i fedeli del partito hanno deciso di votare per l’estrema destra del partito russo-laico di Avigdor Lieberman. Sconfitta infine la sinistra di Meretz e del partito arabo-ebraico di Hadash, che insieme non totalizzano neanche 10 seggi dopo che la sinistra israeliana ha scelto di non “disperdere” il voto, e di contrastare i numeri del Likud puntando su Kadima. E proprio per via della corsa al “voto utile”, la diciottesima Knesset resterà la più “sguarnita” delle piccole formazioni Verdi, Partito dei pensionati, ecc. - che garantivano coalizioni di più ampio respiro. Non restano, infatti, che pochi partiti, tut- ti a destra, col seggio assicurato: Kadima, Likud e Israel Beitenu di Avidgor Lieberman i principali; e poi i partiti ultraortodossi. Qualsiasi coalizione, dunque, dovrà scegliere l’abbraccio delle formazioni oltranziste, per guadagnarsi il governo. Anche perché i laburisti del Mapai (Labour), hanno annunciato di voler sedere all’opposizione. Una sconfitta non soltanto po- litica - Ehud Barack ha trascurato in questi mesi le politiche sociali e i negoziati di pace per imbarcarsi nell’avventura militare su Gaza, lasciando molti perplessi - ma anche una caduta interna: molti fedeli del Labour, infatti, lamentano il dirigismo di Ehud, che ha continuato a marginalizzare le critiche dei colleghi interni dettando lui solo l’agenda del partito e del governo. Entro quattordici mesi le primarie laburiste per sostituire Ehud, ma mancano volti nuovi. Sul piano nazionale, è probabile che i due partiti vincenti - Kadima e Likud - verranno incaricati dal presidente Simon Peres a condividere la presidenza del Consiglio, con un ruolo di primo piano affidato all’estrema destra di Yisrael Beitenu e qualche pesante concessione - ad esempio il ministero dell’Educazione - ai partiti religiosi. Sempre che Livni e Netaniahu depongano le armi per scegliere di collaborare. Di fatto, è probabile che qualsiasi coalizione avrà vita breve. Colpa del sistema proporzionale da cambiare, per molti. Ma è difficile non notare il malessere profondo messo a nudo da questa tornata elettorale, conclusasi con la scomparsa di fatto della sinistra israeliana e delle forze laiche, in un Paese ancora profondamente diviso fra minoranze e classi sociali, già povero e adesso ulteriormente piegato dal crac finanziario e dallo smantellamento della sicurezza sociale. 4 Dibattito giovedì 12 febbraio 2009 I Verdi verso le elezioni europee Il Consiglio federale nazionale dei Verdi, al termine dei lavori di sabato e domenica scorsi, ha deciso a larghissima maggioranza (75 per cento dei votanti) di proporre per le prossime elezioni europee la costruzione di un’alleanza per la presentazione di una lista che raccolga le forze del mondo laico, ecologista, di sinistra, riformista, delle realtà civiche, associative e di movimento. È stata invece bocciata (20 per cento dei votanti) la mozione che prevedeva la presentazione autonoma dei Verdi. Dopo aver ospitato nei giorni scorsi la riflessione della portavoce Grazia Francescato, pubblichiamo oggi gli interventi di Loredana De Petris, firmataria della mozione approvata, e di Barbara Diolaiti, presentatrice del documento di minoranza. Un’Europa verde, democratica e solidale Le questioni che sono davanti a noi, in Italia e in Europa, non possono essere affrontate con l’idea della nostra autosufficienza. Dobbiamo saper costruire un’alleanza ampia Loredana De Petris Coordinamento nazionale dei Verdi è forse la prima volta che i Verdi si trovano ad affrontare le elezioni europee in un momento così delicato per il nostro Paese, nel pieno di una grave crisi economica e di un’involuzione profonda del nostro sistema democratico. Il conflitto istituzionale apertosi sul caso Eluana, l’attacco eversivo di Ber- lusconi alla nostra Costituzione, le pulsioni razziste e xenofobe trasformate in leggi in aperto contrasto ormai con la pura e la semplice pietà umana, rendono ancor più evidente quanto sia scellerato l’accordo tra Pd e Berlusconi per l’introduzione delle sbarramento del 4 per cento a soli quattro mesi dalle elezioni. Per incardinare definitivamente il nostro sistema politico su un modello bipartitico che esclude milioni di cittadini dalla rappresentanza e tentare di frenare la crisi elettorale e politica del Pd, Veltroni ancora una volta ha creato le condizioni per un ulteriore rafforzamento di Berlusconi, cercando di annullare i potenziali alleati per la ricostruzione di un centrosinistra in grado di tornare a vincere. Le risposte del governo alla crisi economica, che nel 2009 manifesterà i suoi effetti più devastanti, scontano la drammatica mancanza di un piano credibile, mentre in America Obama annuncia e comincia a concretizzare un Green new deal, rendendo chiaro a tutti quello che come Verdi sosteniamo da tempo e cioè che la concomitanza della crisi economica con quella ambientale non è casuale, ma anzi esse sono fortemente interconnesse. In questo quadro, dove la questione della riconversione ecologica dell’economia assume un carattere di priorità strategica per varare un piano non solo italiano ma necessariamente europeo per la crisi economica e sociale e per il lavoro, i Verdi non possono essere ripiegati su se stessi e badare solo all’affermazione della propria identità, ma devono, proprio a partire da tale identità, avere la forza e la capacità di costruire un’alleanza ampia che sappia unire intorno all’ecologismo le forze della sinistra non comunista, le forze laiche e i movimenti che in questi anni si sono battuti per i diritti civili e sociali, per la difesa dei beni comuni e per una società laica e solidale. Le questioni che sono davanti a noi in Italia e in Europa non possono essere affrontate con l’idea della nostra autosufficienza. È lo stesso percorso che ha portato i Verdi francesi a ritenere necessario e a realizzare un’ampia alleanza “per l’Europa e l’ecologia” con Bovè e altre esperienze della sinistra francese e dei movimenti, che oggi è data intorno al 10 per cento. Per tutto questo e non solo per superare il 4 per cento, i Verdi al Consiglio federale hanno deciso di mettersi in cammino per costruire una lista ecologista, laica e di sinistra che sappia parlare agli italiani di una “Europa verde, giusta, democratica e solidale” e si proponga come una vera alternativa alle forze che si possono liberare dalla crisi del Pd. Lo spazio politico elettorale c’è. Sono in molti a chiederci di riempirlo, con i contenuti e i valori che oggi non trovano più rappresentanza in un Partito democratico confuso e senza anima e in un Dipietrismo populista e demagogico. Ecologisti del terzo millennio Se il “cartello” votato dal Consiglio federale diventerà una “locandina” qualcuno dovrà scegliere. Noi l’abbiamo già fatto. Vorremmo, semplicemente, ricominciare a fare i Verdi Barbara Diolaiti Coordinamento nazionale dei Verdi M entre negli Stati Uniti Obama lancia il Green new deal, in Italia il governo risponde staccandosi dall’Europa per le politiche ambientali e per quelle energetiche, togliendo soldi alla scuola, alla ricerca e all’università, attaccando i diritti individuali e collettivi, rendendo sempre più solide le basi di un razzismo diffuso e mai sopito, organizzando una progressiva perdita di democrazia della quale la soglia del 4 per cento per le elezioni europee è solo uno degli elementi. Di fronte a questa situazione, che vede l’intero centrosinistra avvitato in una crisi pesante, si è fatta drammatica la distanza fra il bisogno di Verdi consapevoli della centralità della questione ecologista e ciò che i Verdi invece sono o temono di essere. Il nodo, per alcuni, è la paura di non farcela e per altri la convinzione che sia giunto il momento di cambiare direzione. La sintesi è affidata alla verifica di un possibile cartello elettorale che tale sarà solo con tanti e diversi soggetti disponibili a farne parte; in caso contrario - lo sappiamo bene tutti - si tradurrebbe in un piccolo Arcobaleno: la “Sinistra del terzo millennio”. Con la nostra mozione vogliamo dar voce alla speranza, agli “Ecologisti del terzo millennio”, alla centralità dell’elaborazione ecologista, alla sua possibilità di produrre una trasformazione profonda. È singolare ed emblematico che mentre nel mondo arriva “l’onda verde” come risposta alla crisi, i principali rappresentanti dei Verdi italiani liquidino la presentazione autonoma dei Verdi alle europee con una frase: «Non ci avrebbe permesso di riaffacciarci a Strasburgo». Da dove nasce tanta autolesionista certezza? Certamente non dalla profonda conoscenza di quel nostro elettorato che ci somiglia e che non Rassegna stanca Il traffico? Colpa dei communisti! «Gli effetti della caduta del muro di Berlino sono stati devastanti» per il Veneto. Lo scrive Giorgio Gasco sul quotidiano romano Il Messaggero. «La fine del muro sconvolse la viabilità del Nord-Est. Il nuovo scenario europeo appesantì il traffico mandando in tilt la rete stradale veneta. Si intuisce in quel periodo che la tangenziale di Mestre, fino ad allora sufficiente, non lo sarebbe stata ancora per molto» la Rana è disponibile ad aderire a incoerenti scelte di vertice. L’abbiamo toccato con mano meno di un anno fa. Non vi è alcuna certezza di superare quel 4 per cento né in un modo né nell’altro. È certo però che il partito dei Verdi europei non corre alcun rischio di sparire da Strasburgo. Il congresso di Chianciano non ha lasciato emergere le due posizioni vere: rilanciare i Verdi o sciogliere i Verdi. L’ambiguità di allora è l’ambiguità di oggi, sintetizzata nella mozione approvata. Se il “cartello” dovesse diventare una “locandina” qualcuno dovrà scegliere. Noi l’abbiamo già fatto. Vorremmo, semplicemente ma con fermezza, ricominciare a fare i Verdi. Nuovi Verdi, in grado di coniugare governo e cultura del limite con l’obiettivo di cambiare questo modello sociale ed economico, i sistemi di produzione, la gestione del territorio, gli stili di vita individuali. Nuovi Verdi capaci di unire tutti gli ecologisti. Verdi capaci, con entusiasmo e coraggio, di costruire il progetto ecologista di oggi - non di sopravvivere aggrappati a quello di vent’anni fa - per tradurre nell’azione quotidiana la speranza di un futuro migliore, più felice, più civile per tutti. La direzione e la natura della trasformazione - se questa cioè andrà a ridurre o ad acuire le diseguaglianze e le ingiustizie, se saprà rendere più sostenibile o no il sistema socioeconomico mondiale - dipende da ciò che sapremo mettere in campo ora. Chi pensa di non poterlo fare, di non esserne in grado, ha ben poco da portare in dote al cartello politico/elettorale, si tratta solo di una fuga verso altro...