Gestione e Retrofitting degli impianti a ciclo combinato: le proposte

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Gestione e Retrofitting degli impianti a ciclo combinato: le proposte
Gestione e Retrofitting degli impianti a ciclo combinato: le proposte
della ricerca
S. Besseghini, L. Mazzocchi – RSE SpA
1. Premessa
Il rapido mutare delle condizioni determinate dal mercato elettrico e dalle scelte di politica
energetica richiedono risposte “adattative”, che coinvolgono approfondite conoscenze
multidisciplinari, e la messa a punto di strategie che possano essere proposte agli operatori, in
coerenza con il quadro normativo e con una precisa conoscenza dei parametri tecnico economici di
ogni tecnologia coinvolta. Le proposte elaborate dalla ricerca non possono che essere sviluppate in
stretta collaborazione con chi gestisce gli impianti, in un’ottica di sistema integrato, la cui struttura
unificante che, con un paragone tratto dalla fisiologia, compie le funzioni di sistema di circolazione
e di sistema nervoso centrale, è rappresentata dalle reti elettriche.
Tra le attività svolte con il finanziamento del Fondo della Ricerca di Sistema, per illustrare il ruolo
della ricerca nel contesto disegnato dal convegno ANIMP-ATI abbiamo quindi tratto spunto da:
•
gli studi di scenario, che permettono di valutare diverse situazioni di mix energetico;
•
gli studi di rete, che valutano le criticità ed i rischi connessi a contingenze di rapide
variazioni di immissione in rete delle fonti rinnovabili non programmabili,
•
le ricerche sul sistema di automazione e controllo degli impianti a ciclo combinato durante
le fasi critiche di avviamento e variazioni di carico;
•
le ricerche sui materiali nelle parti più sollecitate degli impianti, al fine di stimare il
consumo di vita dei componenti associato a regimi di esercizio sempre più dinamici.
2. Considerazioni sul sistema elettrico italiano
Il sistema elettrico italiano presenta alcune peculiarità, derivanti in parte da fattori di lungo periodo
(rinuncia al nucleare e mancato decollo del carbone), in parte dagli investimenti effettuati negli anni
della liberalizzazione, in parte infine dalla successiva politica di incentivazione delle fonti
rinnovabili, attuata anche in relazione agli impegni assunti in sede europea con orizzonte al 2020.
Nel periodo concomitante e immediatamente seguente la liberalizzazione, si è assistito ad una
rapida e marcata penetrazione dei cicli combinati alimentati a gas, scelta determinata da
considerazioni sugli elevati rendimenti, ma anche sulla bassa intensità di capitale e da una relativa
facilità degli iter autorizzativi, fattori entrambi favorevoli in una logica di redditività di breve-medio
periodo. Come risultato, ad oggi circa la metà della potenza installata del parco termoelettrico è
costituita da impianti a gas naturale (in gran parte cicli combinati, in senso stretto o in
configurazione “ripotenziata”) e la produzione di energia elettrica da gas naturale sfiora il 50 % del
totale.
1
L’accettazione dell’impegno di raggiungere il 17 % di quota di rinnovabili sui consumi energetici
totali ha negli ultimi anni condotto a decise politiche di incentivazione, finanziate da un prelievo
sulle tariffe dei clienti finali, innescando una crescita esponenziale nel vero senso del termine, che
ha portato le nuove fonti rinnovabili (soprattutto vento e sole, cioè le Fonti Rinnovabili Non
Programmabili, FRNP) da una presenza pressoché trascurabile 5-6 anni fa ad un valore odierno di
20 GW di potenza installata.
L’ultimo fattore da menzionare per le considerazioni che seguiranno è una stagnazione o addirittura
una riduzione dei consumi finali di elettricità per le gli anni più recenti (dal 2007 in poi), a fronte di
un periodo almeno trentennale di crescita regolare, dell’ordine del 2-3%.
L’insieme dei fattori citati determina per il mercato italiano alcune conseguenze, così sintetizzabili:
Vi è un consistente eccesso di capacità produttiva, che determina un sottoutilizzo degli
impianti di “metà classifica” e a maggior ragione di quelli marginali: ciò va a discapito dei
produttori, ma in ultima analisi anche degli utenti finali, su cui inevitabilmente tendono a
scaricarsi i costi non remunerati dalla vendita di energia
La domanda di base è ampiamente coperta dagli impianti a basso costo o per i quali per vari
motivi non risulta conveniente attuare fermate o modulazioni di carico: carbone,
idroelettrico ad acqua fluente, grande cogenerazione industriale, importazioni a basso costo
Le punte di domanda sono soddisfatte dalle tecnologie intrinsecamente flessibili, soprattutto
l’idroelettrico a serbatoio, ma anche in misura crescente dal fotovoltaico la cui produzione
tende ad essere contemporanea ai picchi di domanda; normalmente tali tecnologie non
risultano però sufficienti e questo ruolo è coperto anche dai cicli combinati a gas, anche se
questo tipo di impianti è stato inizialmente concepito per un servizio di base e pertanto non
risulta ideale per un utilizzo con frequenti avviamenti/fermate o con rapide variazioni di
carico
Il ruolo dei pompaggi idroelettrici si va sempre più restringendo per quanto riguarda
l’energia immessa nelle ore di punta, presumibilmente perché i produttori trovano più
vantaggioso impiegarli per altri servizi (riserva, bilanciamento) e/o perché tendono ad offrire
in alternativa la produzione dei cicli combinati, da tempo sottoutilizzati.
3. I cicli combinati e la copertura dei costi fissi
Vale la pena di dedicare un breve approfondimento alla situazione dei cicli combinati nel mercato
attuale dell’energia.
Una recente analisi, svolta da congiuntamente da RSE e da Edison (1), ha evidenziato che, sulla
base dei prezzi del combustibile stimati in base alla Componentedi Commercializzazione
all’Ingrosso definita dall’AEEG a cui sono stati aggiunti i costi di trasporto e l’accisa, un ciclo
combinato allo stato dell’arte (rendimento netto del 55%) riesce a coprire i costi variabili offrendo
l’energia sul Mercato del Giorno Prima (MGP) per circa 4000 ore all’anno. Il dato può apparire
perfino ottimistico, ma va considerato che il cosiddetto “LUEC” (Levelised Unit Energy Cost”) è
composto dal costo variabile e dai costi fissi, fra i quali predomina quello di ammortamento del
capitale investito. In questa seconda ottica, il numero di ore per le quali il prezzo di mercato è
almeno pari al costo totale scende drasticamente a valori compresi fra le 1000 e le 2200 ore, a
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seconda delle zone di mercato, isole escluse. Si noti che tali valutazioni si basano sull’assunzione
semplificativa di una perfetta flessibilità del ciclo combinato, mentre è noto che esiste per i cicli
combinati, come per tutti gli impianti termoelettrici tutta una serie di vincoli, come i tempi di
avviamento, la velocità di variazione di carico ed il minimo tecnico.
Pur con le incertezze sugli effettivi costi del combustibile, che potrebbero discostarsi anche in modo
significativo da quelli assunti nello studio per la sicura presenza di contratti di fornitura di lungo
termine, lo studio rende ragione dell’attuale modesto fattore di utilizzo dei cicli combinati, ed
evidenzia la possibilità di ottenere un’ulteriore quota di remunerazione attraverso il Mercato dei
Servizi di Dispacciamento (MSD), mercato che peraltro, come e a maggior ragione rispetto
all’MGP, necessita di impianti di elevata flessibilità operativa.
Si può quindi concludere che da questo punto di vista i cicli combinati soffrono oggi di notevoli
difficoltà ad essere competitivi, per una serie di ragioni (alti prezzi del gas, domanda elettrica
stagnante, crescente presenza di Fonti Rinnovabili), e che il margine di competitività è strettamente
legato alla flessibilità operativa.
4. Alcune criticità del sistema italiano, le risposte possibili
Dalle considerazioni svolte è abbastanza immediato comprendere quali criticità possano derivare al
sistema elettrico italiano:
a. La produzione da FRNP è in buona misura prevedibile(si veda ad esempio (2)), ma la
previsione è comunque affetta da un notevole margine di errore, che si traduce in maggiore
incertezza sulla copertura del carico. Ciò determina la necessità di un maggiore margine di
riserva, che rappresenta un costo per gli utilizzatori finali.
b. Gli impianti di alimentati da FRNP, e in particolare quelli di piccola-media taglia, per lo più
connessi alle reti di distribuzione, non partecipano ai servizi alla rete e non pagano gli oneri
degli sbilanciamenti da essi stessi causati; si ha quindi un aggravio in termini di servizi da
rendere da parte di altri soggetti, con conseguenti costi per gli utilizzatori finali. Va detto
che tale situazione è in certa misura in fase di superamento: è stato pubblicato da Terna
l’Allegato 70 al codice di rete (3) che definisce per la generazione distribuita alcuni requisiti
minimi a supporto della rete, e l’Autorità per l’Energia AEEG ha affrontato il tema del costo
degli sbilanciamenti causati dalle FRNP, (4).
c. Soprattutto in situazioni di basso carico e di elevata produzione da FRNP, la riserva rotante,
rappresentata dal termoelettrico e dal grande idroelettrico, ottimale per svolgere servizi
come la regolazione primaria e secondaria di frequenza, è disponibile in quantità piuttosto
limitata e quindi, come ogni bene scarso, può avere prezzi più elevati
d. In relazione alla forte crescita della potenza installata del fotovoltaico, si può assistere
talvolta ad un effetto di “rampa serale di carico” delle centrali termoelettriche, soprattutto
dei cicli combinati, che nasce dalla sovrapposizione fra il brusco calo della produzione
fotovoltaica al tramonto e un certo incremento di consumi nelle ore serali. Un riflesso chiaro
3
di tale situazione è visibile dalla curva dei prezzi dell’energia nei giorni 11 e 13 giugno
2012, presi come esempio e mostrati in fig. 1. Tale rampa determina da un lato la necessità
per gli impianti a gas di effettuare una presa di carico molto rapida, che potrebbe a lungo
andare risultare usurante, e dall’altro un picco di prezzo dell’energia, che può risultare il
massimo assoluto della giornata.
Fig. 1: Esiti del Mercato del Giorno Prima per l’11/6/2012 (a sinistra, venerdì) e 13/6/2012 (a
destra, domenica). Si noti che il tramonto del sole in una località centrale dell’Italia avviene in
questi giorni alle 20.45 circa.
A fronte delle criticità evidenziate, quali strumenti si possono attivare ?
Una risposta, per certi aspetti la più ovvia e di più basso costo, è perfezionare gli strumenti di
previsione della produzione da FRNP. Su questo fronte la ricerca, ed in particolare RSE, è
fortemente impegnata. Occorre poi che gli strumenti previsionali via via più sofisticati siano resi
anche efficaci nelle applicazioni quotidiane, e certamente gli indirizzi che emergono dal documento
AEEG (4) vanno in questa direzione.
Un tema molto dibattuto in questo periodo e di sicuro interesse è quello dell’accumulo di energia,
nelle diverse forme ben note (pompaggio idroelettrico, CAES, batterie), che idealmente dovrebbero
assicurare basse perdite energetiche, grande capacità di accumulo, flessibilità di impiego quasi
completa e costi contenuti. Una disamina piuttosto completa di questo tema è presentata in (5). Al
di là di auspicare un più ampio e completo utilizzo dei pompaggi esistenti, è però opportuno
osservare che la realizzazione di nuovi pompaggi o impianti ad aria compressa (CAES) ha costi
rilevanti e può incontrare difficoltà di localizzazione, mentre le batterie, certamente di più semplice
e rapida realizzazione, presentano ancora costi di investimento molto elevati.
Nasce quindi molto opportuna una considerazione sulla possibilità di sfruttare in modo più ampio il
parco termoelettrico sotto il profilo della flessibilità operativa. Il tema investe in particolare il parco
dei cicli combinati esistenti, sia per l’elevata potenza installata, sia perché si tratta degli impianti
che già oggi per ragioni di mercato operano con avviamenti piuttosto frequenti e con variazioni di
carico ampie e relativamente rapide. Tali impianti potrebbero in realtà offrire prestazioni dinamiche
anche superiori, sia effettuando più rapidamente le variazioni di carico realizzando una maggior
flessibilità nell’offerta dell’energia su Mercato del Giorno Prima e nel servizio di bilanciamento, sia
intervenendo nei servizi di più breve termine, come la riserva primaria, con bande di variazione
4
anche più ampie di quelle previste dalla normativa attuale. Trattandosi di impianti già molto
presenti, addirittura in “overcapacity”, non sono in questo caso da prevedere importanti oneri di
investimento. È però necessario porsi alcune domande preliminari:
In che misura l’esercizio flessibile può determinare un invecchiamento precoce degli
impianti ?
Quali azioni si rendono possibili e opportune per conciliare le esigenze di flessibilità, da un
lato, e la salvaguardia degli investimenti e della affidabilità di esercizio, dall’altro ?
A tali domande la ricerca di RSE ha cercato di fornire alcune risposte, che vengono nel seguito
sintetizzate.
5. Il ciclo combinato: caratteristiche e limiti di flessibilità
Come ben noto, per motivi di ottimizzazione termodinamica il ciclo combinato è l’integrazione di
due cicli, uno a gas (Joule-Brayton) e uno a vapore (Rankine), con caratteristiche termodinamiche e
tecnologiche assai diverse.
Il ciclo Joule-Brayton si compie in una turbina a gas, componente giustamente considerato molto
flessibile grazie ai tempi di avviamento piuttosto rapidi (anche solo 15 minuti). Va però considerata
l’evoluzione tecnologica che, nella ricerca di sempre più alte temperature di ingresso turbina (1400
°C sono da considerarsi consolidati, ma sono annunciati valori fino a 1600 °C su modelli in fase di
sviluppo) ha fatto ricorso a materiali e strutture sempre più sofisticate (superleghe monocristalline
come materiali base, con rivestimenti ceramici aventi la funzione di “scudi termici”). Ciò comporta
la necessità di monitorare con notevole attenzione lo stato di degrado delle cosiddette “parti calde”
delle turbine a gas, anche con ispezioni piuttosto frequenti, e di effettuare quando necessario
interventi di riparazione/sostituzione dei componenti più critici. Si tratta di attività affidate a
personale qualificato e molto specializzato, che comportano elevati costi sia per la manutenzione
che per le perdite di produzione associate. È quindi evidente la necessità di quantificare gli effetti
dannosi che un esercizio ciclico, con variazioni di temperatura frequenti e di grandissima ampiezza,
può determinare in termini di accorciamento della vita media dei componenti. La tabella 1 tratta da
(6) mostra ad esempio come in una paletta, per diverse temperature operative, il tempo di distacco
dei rivestimenti ceramici si abbrevi considerevolmente al diminuire della durata del ciclo termico,
cioè all’aumentare della frequenza con cui il turbogas viene fermato e riavviato. Va però segnalato
che la quantificazione di questi effetti di degrado è molto complessa e costituisce tuttora argomento
di ricerca.
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Tab.1 Previsione del tempo di distacco, espresso in ore di barriere termiche, per diverse periodicità
del ciclaggio termico (tc) e temperature operative. Le previsioni sono state effettuate con un
modello di calcolo validato con dati sperimentali (6)
Fra i fattori che limitano la flessibilità dei turbogas, va anche considerato il “minimo tecnico”, cioè
il valore minimo di carico generato al quale la macchina può permanere indefinitamente con piena
stabilità e nel rispetto di assegnati limiti sulle emissioni inquinanti. Un turbogas con basso minimo
tecnico ha la possibilità di restare in servizio anche nelle ore di basso prezzo di mercato, utilizzando
poco combustibile e limitando le perdite economiche, ma evitando di moltiplicare i cicli di
avviamento/fermata. Tradizionalmente, i limiti sulle emissioni di NOx e CO fissavano fra il 60 – 70
% e il 100 % il campo di lavoro sfruttabile, ma lo sviluppo di sistemi di combustione sempre più
avanzati ha consentito di scendere al 40 e anche al 30% (si veda ad es. (7)).
Il ciclo Rankine si compie invece in un Generatore di Vapore a Recupero (GVR) nel quale il calore
dei gas di scarico del turbogas è ceduto all’acqua producendo vapore a vari livelli di pressione,
vapore che poi evolve in una classica turbina a vapore a condensazione. In questo caso le
temperature sono assai più basse, dato che il vapore non supera mai i 600 °C, ma la maggiore
complessità di avviamento del ciclo a vapore e la presenza di corpi metallici di grande spessore,
come corpi cilindrici, collettori del GVR, ma soprattutto il rotore della turbina a vapore, impongono
tempi di avviamento notevolmente più lunghi, anche dell’ordine di 2 ore. Pur essendo la tecnologia
meno sofisticata di quella delle turbine a gas, e non richiedendo lo stesso sforzo per ispezioni e
manutenzioni frequenti, il rischio di rottura catastrofica dei componenti spessi per meccanismi di
“fatica termomeccanica” (sollecitazione meccanica ciclica derivante da variazioni di temperatura)
impone anche qui una notevole cautela nell’esercizio e nei controlli periodici dei componenti. In
ogni caso il ciclo a vapore rappresenta lo “stadio lento” per l’avviamento del ciclo combinato.
Sul complesso del ciclo combinato, non va nemmeno trascurato il rischio di non riuscita degli
avviamenti. Motivi anche banali possono mandare in blocco l’impianto durante la fase di
avviamento, soprattutto per la parte vapore, determinando dannosi ed onerosi sbilanciamenti
rispetto al programma di carico prestabilito.
Va precisato che le effettive caratteristiche di flessibilità di ciascun ciclo combinato dipendono in
gran parte dalle scelte progettuali adottate caso per caso.
Fra le configurazioni o le opzioni vantaggiose sotto il profilo della flessibilità si possono citare:
La configurazione “2+1” (due turbogas gemelli alimentano ciascuno un GVR, il vapore si
miscela e viene inviato ad un’unica turbina a vapore). Rispetto alla configurazione “1+1” si
6
ha la possibilità, nelle ore di basso carico, di fermare un turbogas, portare l’altro al minimo
tecnico e ottenere quindi un carico minimo del 20 % circa, mantenendo però il ciclo a
vapore operativo. La successiva presa di carico necessita solo dell’avviamento del turbogas
fermo, che però è veloce.
La presenza di un “camino di bypass”, che quando richiesto può scaricare all’atmosfera i gas
in uscita dal turbogas, consente di mandare rapidamente in produzione il turbogas, anche se
con efficienza ridotta, e in un secondo tempo avviare il ciclo a vapore.
La presenza di un post-combustore, collocato di solito nella sezione di entrata dei fumi nel
GVR. Anche tale scelta determina, quando il combustore entra in funzione, una certa perdita
di efficienza, ma offre la possibilità di modulare molto rapidamente la potenza generata
(anche del 10-15 %), soprattutto nelle ore di punta.
L’installazione di un sistema di umidificazione dell’aria aspirata (“fogging system” o “wet
compression”) è un altro metodo per incrementare molto velocemente la potenza generata.
L’iniezione di acqua finemente nebulizzata che evapora nel condotto di aspirazione
(fogging) o in parte anche nel compressore (wet compression) determina un raffreddamento
adiabatico dell’aria, con riduzione del volume specifico incremento della portata massica
aspirata. In condizioni ambientali adatte, il fogging può determinare un aumento di potenza
del 5-7 %, la wet compression anche del 15-20 %. Nel caso della wet compression occorre
valutare il rischio di erosione dei primi stadi di compressione.
6. Come migliorare la flessibilità: l’approccio della ricerca RSE
L’attività di ricerca RSE sul tema della flessibilità ha per obiettivo individuare metodi di
conduzione degli impianti e interventi di retrofit che con investimenti medio-bassi consentano di
ottenere un miglior bilancio fra i vantaggi di un esercizio flessibile e i costi ad esso associati, in
termini di mancata produzione, manutenzioni più frequenti e più onerose, accorciamento della
vita dei componenti. Ci si è indirizzati verso tale approccio considerando che l’alternativa, più
radicale, legata alle scelte generali di progetto, è applicabile di fatto solo a impianti nuovi ed è
quindi di scarso interesse nell’attuale situazione italiana di sovrabbondanza di potenza installata.
I passi logici adottati nello sviluppo dell’attività sono:
a) Studio teorico-sperimentale delle “leggi di danno” del materiale, cioè di quei meccanismi di
base che determinano il degrado, o l’invecchiamento accelerato, di un materiale a fronte di
un esercizio di tipo flessibile e quindi caratterizzato da veloci e ampie variazioni di stato,
essenzialmente termico. Fenomeni di particolare importanza sono la fatica termomeccanica
negli acciai dei rotori di turbina a vapore o nelle superleghe che formano il materiale base
delle palette dei turbogas, e i meccanismi di ossidazione ciclica ad alta temperatura, che
conducono al distacco dei rivestimenti ceramici delle palette di turbogas. Tali fenomeni
sono ancora oggetto di ricerca in quanto vari meccanismi non sono ancora perfettamente
quantificati.
b) Modellazione termomeccanica numerica (Finite Element Method, FEM)dei componenti più
critici, ad esempio il rotore della turbina a vapore, che consente di determinare l’evoluzione
nel tempo delle sollecitazioni in tutti i punti del componente, durante manovre tipiche. Dopo
7
c)
d)
e)
f)
un’adeguata validazione del modello, sfruttando anche dati sperimentali, si è in grado di
eseguire un calcolo accurato degli sforzi, a partire da assegnate condizioni iniziali e dalle
condizioni al contorno relative ad una certa manovra (ad esempio, gli andamenti in funzione
del tempo della portata e la temperatura del vapore in ingresso alla turbina durante un
avviamento). Una volta noti gli sforzi, in base alle “leggi di danno” di cui al punto a) si
ricava il consumo di vita, esprimibile ad esempio come numero di cicli, uguali a quello
analizzato, che il componente può sopportare in condizioni di sicurezza.
Formulazione di modelli semplificati, e quindi adatti ad un’applicazione all’interno di un
simulatore d’impianto, del campo termico e degli sforzi nel componente durante le manovre.
I modelli si basano comunque su leggi fisiche, ma data la semplificazione geometrica
adottata necessitano di una validazione mediante un più accurato calcolo FEM di cui al
punto b) o direttamente in base a dati sperimentali. Gli stessi modelli semplificati sono
potenzialmente adatti per un uso in linea nel sistema di controllo o in sistemi di supporto in
tempo reale degli operatori di centrale.
Sviluppo di un simulatore di processo del ciclo combinato, inclusa la relativa automazione.
Si tratta di uno strumento di calcolo in grado di riprodurre l’evoluzione dei principali
parametri operativi durante transitori tipici di avviamento, fermata, variazione di carico.
Essendo dotato di modelli di calcolo del consumo di vita associato alle manovre, sviluppati
secondo quanto descritto al punto c), il simulatore costituisce uno strumento flessibile e
ragionevolmente accurato per lo studio e l’ottimizzazione delle manovre, ad esempio di
avviamento.
Studio e ottimizzazione delle manovre. Utilizzando il simulatore, a partire dalle eventuali
procedure già note ed utilizzate è possibile studiare tutta una serie di varianti, in termini di
profili di presa di carico, intervalli di stabilizzazione e loro durata ecc., al fine di individuare
una o più modalità che soddisfino in modo ottimale a determinati obiettivi, come abbreviare
la durata della manovra, o ridurre il consumo di vita, o una combinazione delle due cose.
Una volta individuate modalità di manovra ritenute ottimali, queste possono semplicemente
affidate agli operatori in turno, sotto forma di procedure o, preferibilmente, tradotte in
funzioni di automazione che, assicurando un andamento regolare e prevedibile delle diverse
fasi della manovra, da un lato evitano rischi di sbilanciamento rispetto ad un programma
predefinito di immissione in rete dell’energia, dall’altro garantiscono un consumo di vita
minimo.
Lo schema concettuale delle attività è descritto in fig. 2.
8
Caratterizzazione
dei materiali
Modello agli elementi finiti TV
(FEM)
Turbine Stress Evaluator
(TSE)
Campo termico, degli sforzi e
consumo di vita
Operatore
SIMULATORE RT
dell’impianto
(Processo-Controllo)
IMPIANTO
Metodi/Strumenti di
diagnostica
Misure delle variabili di processo
Fig. 2 – Schema concettuale dello studio sulla flessibilità dei cicli combinati (RT Real Time)
RSE ha già svolto l’intero percorso dal punto a) al punto f), come illustrato in (8) e (9), facendo
riferimento ad un ciclo combinato dell’Italia del Nord da 800 MWe, in configurazione 2+1.
La fig. 3 mostra una sezione della turbina a vapore presa a riferimento per la verifica del
modello termomeccanico, scelta in quanto su tale turbina era stata a suo tempo effettuata una
campagna di prove per la determinazione delle temperature di metallo durante manovre di
avviamento. Alcuni dei risultati ottenuti nel confronto fra dati sperimentali e calcoli
termomeccanici a elementi finiti sono rappresentati in Fig. 4.
Fig. 3 – Sezione della turbina a vapore scelta come riferimento per la messa a punto del modello di
calcolo termomeccanico
9
Presa di
giri
.
ω=3000 rmp
Presa di
carico
Carico costante
(320 MW)
500
450
Temperatura [°C]
400
350
Tc2 EXP
Tc2 ABA
Tc4 EXP
Tc4 ABA
Tc5 EXP
Tc5 ABA
Tc6 EXP
Tc6 ABA
Tc9 EXP
Tc9 ABA
Tc11 EXP
Tc11 ABA
300
250
200
150
Hp di scambio termico:
- Coeff. H(Pvap)
- T imposta su tutto il profilo del rotore
ad eccezione degli stadi di AP e MP
100
50
0
0
5
10
15
20
25
30
35
40
Tempo [h]
Fig. 4 – Confronto fra dati di temperatura misurati su impianto (simboli) e calcolati con il
modello termomeccanico (linee continue) durante un transitorio di avviamento
Le figure successive illustrano il simulatore utilizzato per gli studi sulle manovre del ciclo
combinato: la fig. 5 presenta lo schema generale, mentre la fig. 6 illustra l’interfaccia di
controllo e supervisione.
Fig. 5 - Schema modellistico dell’impianto a ciclo combinato di riferimento
10
Fig. 6 – Interfaccia operatore per il controllo e la supervisione del simulatore: pagina principale
La fig. 7 illustra un esempio di manovra di avviamento ottimizzata. La curva blu rappresenta
l’avviamento effettuato secondo le modalità abituali. Si nota che il massimo consumo di vita si
verifica nelle fasi iniziali, quando è massima la differenza di temperatura fra il vapore e il rotore
ancora relativamente freddo, e risulta quindi massimo il gradiente di temperatura nel rotore stesso.
La curva verde rappresenta un avviamento più rapido, in un tempo di circa 3000 s anziché 5000
dell’avviamento secondo le modalità abituali. Ciononostante, grazie ad un diverso profilo della fase
di presa di giri, il consumo di vita risulta pressoché lo stesso. La curva rossa, infine, corrisponde ad
un diverso tipo di ottimizzazione della manovra: si tratta di un caso più conservativo, nel senso che
sempre sfruttando un diverso profilo è possibile ridurre di quasi un fattore due il consumo di vita,
mantenendo la durata della manovra ai circa 5000 s del caso di riferimento.
11
Consumo di vita del rotore durante l'avviamento (1/N)
-2
10
Avviamento "STANDARD"
Avviamento "RAPIDO"
Avviamento "RIPETIBILE"
116 sec
1,2 10-3
280 sec
567 sec
872 sec
1761 sec
1342 sec
2276 sec
-3
10
0,7 10-3
2929 sec
N=800
341 sec
N=1400
604 sec
168 sec
970 sec
1879 sec
1395 sec
-4
10
2582 sec
500 sec
1000 sec
1500 sec
3422 sec
2500 sec
5000 sec
2000 sec
3000 sec
4000 sec
200
220
240
260
280
300
320
340
360
380
Temperatura media [°C]
Fig. 7 – Ottimizzazione della manovra di avviamento
Gli studi sulla flessibilità dei cicli combinati proseguono, con obiettivi di approfondire alcuni temi
relativi al comportamento dei materiali sia delle turbine a vapore che dei turbogas, in condizioni di
frequente ciclaggio termico e contemporaneamente in presenza di fenomeni di creep. Un altro
obiettivo è migliorare l’accuratezza delle valutazioni di scambio termico fra il fluido e il rotore, che
influenzano criticamente il calcolo del consumo di vita. Sono inoltre in fase di sviluppo tecniche
innovative di misura, monitoraggio e diagnostica, sia in esercizio che fuori linea, atte a migliorare la
confidenza nelle valutazioni di consumo di vita e a garantire quindi un’elevata affidabilità e
sicurezza di esercizio, pur in presenza di un esercizio sempre più sfidante.
7. Considerazioni finali
È stata delineata un’analisi delle peculiarità del sistema elettrico italiano e di alcune criticità che
stanno emergendo, viste nell’ottica delle attività di studi e ricerche multidisciplinari svolte da RSE
nell’ambito della Ricrca di Sistema per il settore elettrico. Dall’analisi si evidenziano importanti
opportunità di un maggiore utilizzo del parco termoelettrico, e in particolare dei cicli combinati che
ne costituiscono l’ossatura principale, con aspettativa di maggiore valorizzazione del parco stesso e
di un contributo di notevole portata al mantenimento di elevati standard di servizio e al
contenimento dei costi per gli utenti
I cicli combinati si possono considerare impianti già di per sé dotati di una discreta flessibilità. Si
può quindi ritenere possibile un esercizio di questi impianti che si ponga sempre più al servizio del
sistema elettrico anche in senso dinamico, con avviamenti pressoché quotidiani e capacità di fornire
servizi, come la riserva e il bilanciamento, di cui il sistema elettrico ha necessità crescente. Tali
servizi rappresentano un rilevante beneficio per il sistema e in particolare per gli utenti finali, dal
12
momento che non si rendono necessari investimenti significativi sul macchinario esistente.
L’esercizio flessibile può andare a vantaggio degli stessi operatori dei cicli combinati, se non altro
perché consente un profilo di generazione che sfrutta quasi perfettamente le leggi di mercato, ma
anche perché i servizi alla rete possono essere in gran parte remunerati.
Se per impianti nuovi è consigliabile adottare criteri di progettazione adatti a realizzare la massima
flessibilità (configurazioni 2+1, camino di bypass, post-combustione, air fogging o wetcompression
cc.), per i numerosi impianti esistenti può rendersi opportuna l’adozione di metodi di gestione
innovativi e di limitati investimenti in tecniche di monitoraggio in linea e in funzioni per la totale
automazione delle manovre, inclusa la gestione dei possibili malfunzionamenti. Tali provvedimenti
portano sia a garantire una maggiore ripetibilità delle manovre e un più accurato rispetto dei
programmi di produzione, sia a mantenere elevati livelli di affidabilità e sicurezza di esercizio.
Bibliografia
(1) M. Benini, M. S.Pasquadibisceglie - Redditività degli impiantiCCGT e remunerazione
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