La prescrizione dell`azione sociale di responsabilità nelle

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La prescrizione dell`azione sociale di responsabilità nelle
La prescrizione dell’azione sociale di responsabilità nelle procedure
concorsuali
SOMMARIO: 1. - La fattispecie concreta – 2. Le azioni di responsabilità contro gli amministratori:
caratteri essenziali – 3. Segue: le azioni di responsabilità contro gli amministratori esercitate nelle
procedure concorsuali – 4. La prescrizione delle azioni di responsabilità nelle procedure
concorsuali – 5. Conclusioni.
1. Una società per azioni viene sottoposta alla procedura concorsuale di
Amministrazione Straordinaria in base alla c.d. Legge Prodi-bis (D.lgs. 8 luglio 1999 n.
270). Il Commissario Straordinario della procedura, dopo aver esaminato la
documentazione contabile della società, si risolve ad intraprendere un’azione di
responsabilità, ai sensi degli artt. 2393 e 2394 c.c., nei confronti dei membri del
consiglio di amministrazione che si sono succeduti negli anni precedenti la
dichiarazione di insolvenza, i quali avrebbero colposamente commesso fatti che
avrebbero condotto al dissesto dell’azienda.
In relazione all’instauranda azione giudiziale, ci si chiede pertanto quando inizi a
decorrere il termine di prescrizione delle c.d. azioni sociali di responsabilità, che l’art.
2949 c.c. individua in un periodo di cinque anni, estendendo tale durata anche alle
azioni dei creditori di cui all’art. 2394 c.c.
2. Conviene innanzitutto, prima di addentrarsi nell’analisi di un tema caratterizzato da
orientamenti non del tutto univoci, esaminare gli elementi distintivi delle azioni di cui
rispettivamente agli artt. 2393 e 2394 c.c. e le particolari conformazioni delle stesse
nelle ipotesi in cui vengano esercitate nell’ambito di una procedura concorsuale1.
L’art. 2393 c.c. disciplina l’azione esercitabile dalla società per il venir meno degli
amministratori ai propri doveri di cui al precedente art. 2392 c.c. Pur essendo
caratterizzata da una prescrizione quinquennale, è generalmente ritenuto che si tratti
di una responsabilità contrattuale derivante dal rapporto di fiducia che si instaura tra
l’ente societario ed il proprio organo gestorio2. È controverso se la prescrizione
dell’azione sociale di responsabilità decorra dal compimento della violazione da parte
dell’amministratore o dal successivo momento in cui si verifica il pregiudizio per la
società3. Tuttavia, poiché l’art. 2393, comma 4, c.c. afferma che l’azione può essere
Cfr. QUATRARO, P ICONE, La responsabilità di amministratori, sindaci, direttori generali e liquidatori di società,
Milano, 1998, I, p. 611 ss.; BONELLI, La responsabilità degli amministratori, in COLOMBO, PORTALE (a cura di),
Trattato delle società per azioni, Torino 1999, 423 ss.; CONFORTI, La responsabilità civile degli amministratori di
società, II, Milano, 2003, p. 595 ss.; AMBROSINI, Il termine per l’esercizio delle azioni di responsabilità, in AMBROSINI
(a cura di), La responsabilità di amministratori, sindaci e revisori contabili, Milano, 2007, p. 213 ss.
2 Cfr. QUATRARO , PICONE, ivi; BONELLI, op.cit., p. 423; CONFORTI, ivi.
3 In questo ultimo senso Cass. civ., sez. un., 6 ottobre 1981 n. 5241, in Dir. fall. 1982, p. 20; contra Trib. Torino,
12 gennaio 1999, in Fall., 1999, p. 572; Cass. civ., sez. I, 25 luglio 1979 n. 4415, in Giur. comm., 1980, p. 325;
QUATRARO, P ICONE, op.cit., p. 682; PAJARDI, Codice del fallimento, Milano, 2009, p. 1614 ss. In dottrina cfr.
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esercitata entro cinque anni dalla cessazione dalla carica dell’amministratore, si
interpreta tale disposizione ritenendo che la prescrizione rimane sospesa per tutta la
durata dell’incarico e la si fa, di conseguenza, decorrere dal momento della sua
cessazione4.
L’art. 2394 c.c., invece, disciplina l’azione spettante ai creditori della società nel caso in
cui gli amministratori abbiano violato i propri obblighi relativi alla conservazione
dell’integrità del patrimonio sociale. Diversamente dall’azione sociale ex art. 2393 c.c.,
ci troviamo qui di fronte ad una responsabilità di natura extracontrattuale5, con tutte le
conseguenze che ne derivano soprattutto in tema di onere probatorio. Il comma 2 della
norma in oggetto aggiunge come condizione necessaria all’esercizio dell’azione dei
creditori che il patrimonio sociale, in conseguenza dell’illecito degli amministratori, sia
risultato insufficiente a soddisfare i crediti degli attori6. Tale condizione ha consentito
di individuare il termine iniziale di decorrenza della prescrizione quinquennale non
tanto nel compimento dell’illecito da parte dell’amministratore, nemmeno nel
successivo momento in cui si determina l’insufficienza del patrimonio sociale bensì in
quello ancora posteriore in cui l’insufficienza patrimoniale sia oggettivamente
conoscibile dalla collettività dei creditori.
Nella prassi, la stragrande maggioranza delle azioni ex art. 2394 c.c. viene esercitata in
costanza di sottoposizione della società a procedura concorsuale, in ragione del fatto
che proprio le indagini svolte dall’autorità giudiziaria e la successiva dichiarazione di
fallimento o insolvenza sono in grado di rendere conoscibile alla massa dei creditori la
situazione di insufficienza patrimoniale della società. Tuttavia, al riguardo è necessario
svolgere alcune considerazioni.
L’insufficienza patrimoniale di cui all’art. 2394 c.c. è un concetto distinto da quello di
insolvenza come requisito per la dichiarazione di fallimento (o sottoposizione ad altre
procedure concorsuali). L’insolvenza, infatti, può essere identificata con tutte quelle
situazioni di mancanza di liquidità tale da rendere impossibile la soddisfazione dei
crediti sociali; tuttavia la mancanza di liquidità può essere solo temporanea e può non
coincidere con un cronico deficit patrimoniale dell’ente societario7.
CONFORTI, op.cit., p. 695; BONELLI, op.cit., p. 431; secondo TEDESCHI, La prescrizione delle azioni di responsabilità,
in Soc., 1988, p. 1010, per momento in cui si produce il danno per il patrimonio si intende quello in cui il
danno viene scoperto o avrebbe potuto essere scoperto usando la normale diligenza.
4 Per effetto di tale disposizione, la questione circa la decorrenza del termine prescrizionale risulta pressoché
ininfluente, cfr. CONFORTI, op.cit., p. 696.
5 Cfr. QUATRARO, PICONE, op.cit., p. 713 ss.; contra BONELLI, op.cit., p. 436 il quale rileva come tale
responsabilità derivi dall’inadempimento ad una preesistente obbligazione e non dal compimento di un atto
dannoso, e conclude che anche nell’azione dei creditori sociali è sufficiente provare l’inadempimento degli
amministratori ed il successivo danno per la società, senza necessità di dimostrare la colpa, conformemente
alla giurisprudenza dominante.
6 Cfr. CONFORTI, op.cit., p. 730 ss.
7 Cfr. QUATRARO, PICONE, op.cit., p. 718 ss.; BONELLI, op.cit., p. 443; CONFORTI, op.cit., p. 734. In
giurisprudenza cfr. Cass. civ., 14. febbraio 1966, n. 441, in Giust. civ., 1966, p. 450, ha statuito che
“L’insufficienza del patrimonio sociale rappresenta una situazione più grave e definitiva dell’insolvenza; quest’ultima
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Come già anticipato, l’art. 2394 c.c. richiede, come condizione necessaria per l’azione,
che il patrimonio sociale “risulti” insufficiente8. Ciò significa che è necessaria una
manifestazione esteriore di tale deficit. La dottrina9 e la giurisprudenza10 al riguardo
hanno precisato che tale manifestazione esteriore non deve essere effettiva ma solo
oggettiva e potenziale. Non è quindi necessario che tutti i creditori della società in
dissesto siano a conoscenza diretta dello “stato di salute” del proprio debitore, ma solo
che siano a loro disposizione gli strumenti per conoscere tale stato.
Se è vero che, nella prassi, la dichiarazione di fallimento è il momento privilegiato per
rendere conoscibile la situazione di insufficienza patrimoniale di una società, in via
teorica l’apertura di una procedura concorsuale e la manifestazione dell’insufficienza
patrimoniale possono anche non coincidere11. In particolare, la giurisprudenza ha
individuato alcune ipotesi concrete in cui l’insufficienza patrimoniale può dichiararsi
manifestata ben prima del deposito della sentenza di fallimento, ad esempio in caso di
plurime azioni esecutive individuali di gran parte dei creditori rivelatesi infruttuose,
oppure una proposta di concordato preventivo rivolta ai creditori, poi non
approvata12. Va comunque rilevato che, quando non vengono forniti elementi
probatori sufficienti ad individuare l’esatto momento di risultanza dell’insufficienza
patrimoniale, i giudici di merito sovente ricorrono alla fictio di far coincidere questo
momento con quello della dichiarazione di fallimento13. Naturalmente spetterà
può infatti derivare anche da uno stato di il liquidità al momento della scadenza delle obbligazioni, pur essendo integro
il patrimonio sociale”.
8 Cfr. B ONELLI, op.cit., p. 444.
9 Cfr. QUATRARO , PICONE, op.cit., p. 719.
10 Cfr. Cass. civ., sez. un., 6 ottobre 1981, n. 5241 in Giur. comm., 1981, p. 768 (“…deve trattarsi di situazione
verificatasi oggettivamente in un momento temporale alla dichiarazione [di fallimento, ndr.] pur potendosi
esteriorizzare, risultando percepibile dai terzi sia prima che dopo tale dichiarazione”) e tra le più recenti Cass. civ.
sez. I, 8 aprile 2009, n. 8516, in Giust. Civ. Mass., 2009, p. 4; Cass. civ., sez. I, 22 ottobre 2004, n. 20637, in Giust.
civ. Mass., 2004, p. 10.
11 Cfr. QUATRARO , PICONE, op.cit., p. 724 ss.; CONFORTI, op.cit., pp. 736 ss. e 817 ss.
12 La recente Cass. civ., sez. I, 8 aprile 2009, n. 8516, cit., ha affermato che “la conoscibilità esteriore
dell’incapienza patrimoniale… va accertata alla stregua di fatti sintomatici di assoluta evidenza, come la chiusura della
sede, bilanci fortemente passivi, l’assenza di cespiti suscettibili di espropriazione forzata…”; Cass. civ., sez. I, 12
marzo 2008, n. 6719 in Giur. comm., 2009, p. 309, Trib. Napoli, 12 settembre 2002 in Giur. nap., 2003, p. 160,
sostengono che anche il bilancio di esercizio possa essere un elemento oggettivo da cui rilevare
l’insufficienza patrimoniale; Cass. civ., sez. I, 18 gennaio 2005, n. 941, in Giust. civ., 2006, p. 445, nega che la
liquidazione ordinaria sia indice di insufficienza patrimoniale, in quanto non è necessariamente determinata
dalla eccedenza delle passività sulle attività patrimoniali; Cass. civ., sez. I, 22 ottobre 2004, n. 20637, cit.,
precisa che l’insufficienza patrimoniale può desumersi da qualsiasi fatto che possa essere conosciuto anche
senza verifica diretta della contabilità della società, non richiedendosi a tal fine che essa risulti da un bilancio
approvato dall’assemblea dei soci. Sulla proposta di concordato preventivo con cessione dei beni come
elemento dotato di rilevanza probatoria dell’insufficienza patrimoniale cfr. Trib. Torino, 28 maggio 1997, in
Giur. it. 1997, p. 625; Trib. Milano, 19 settembre 2003, in Giur. it., 2004, p. 1015 con nota di IOZZO, però nega
che si possa ritenere oggettivamente percepibile l’insufficienza patrimoniale da un bilancio d’esercizio per la
cui comprensione siano necessarie particolari nozioni tecniche o la conoscenza di altri elementi non
direttamente desumibili dagli allegati.
13 Cfr. CONFORTI, op.cit., p. 823; AMBROSINI, op.cit., p. 218.
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all’amministratore convenuto nell’azione promossa dai creditori eccepire che
l’insufficienza patrimoniale si è manifestata in un momento diverso, ai fini
dell’individuazione del termine iniziale della prescrizione quinquennale, fornendo
altresì la prova di tale diverso momento14.
3. Si è già premesso che il maggiore ambito di operatività delle azioni sociali di
responsabilità è quello delle procedure concorsuali15, spesso come conseguenza del
fatto che solo con l’ingresso di un soggetto estraneo alla gestione quale il curatore
fallimentare o il commissario nominato dal giudice delegato, oppure con il venir meno
del rapporto di fiducia che spesso lega i soci all’organo gestorio, riescono ad emergere
le condotte illecite degli amministratori. Peraltro, nella maggior parte dei casi
l’insufficienza patrimoniale ex art. 2394 c.c. e le condizioni per l’apertura delle
procedure concorsuali coincidono. Le azioni di responsabilità ex artt. 2393 e 2394 c.c.
nel corso delle procedure di insolvenza si atteggiano in maniera particolare proprio a
causa del momento “patologico” in cui vengono esercitate e per le finalità parzialmente
diverse a cui attengono.
L’art. 146, comma 2°, L.F. stabilisce che sono esercitate dal curatore fallimentare, previa
autorizzazione del giudice delegato e sentito il comitato dei creditori, le azioni di
responsabilità contro gli amministratori. Il plurale usato nel testo normativo ha fatto
correttamente concludere che si stia trattando non soltanto dell’azione propriamente
“sociale” di responsabilità ex art. 2393 c.c. ma anche dell’azione dei creditori sociali ex
art. 2394 c.c.16. A conferma di ciò si noti che l’art. 206 L.F., in tema di liquidazione
coatta amministrativa, attribuisce al commissario liquidatore il potere di esercitare
“l’azione di responsabilità contro gli amministratori e i componenti degli organi di controllo
dell’impresa in liquidazione, a norma degli artt. 2393 e 2394 c.c.”. Ciò perché il curatore del
fallimento (ed il commissario liquidatore), nell’occuparsi di recuperare al patrimonio
della società insolvente i beni che ne sono fuoriusciti per colpa degli amministratori,
agisce nel precipuo interesse dei creditori, al cui soddisfacimento la sua attività è
preordinata. È logico quindi ritenere che egli possa esercitare anche l’azione che in
bonis sarebbe spettata ai creditori, i cui interessi per l’appunto egli rappresenta17.
Peraltro la riforma del diritto societario operata attraverso il D.lgs. 17 gennaio 2003 n. 6
ha introdotto nel c.c. l’art. 2394-bis18 attraverso il quale è stata definitivamente fugata
ogni incertezza interpretativa, affermando che entrambe le azioni di responsabilità
previste dai precedenti artt. 2393 e 2394, in caso di fallimento, liquidazione coatta
14 Cfr. Trib. Salerno, 14 luglio 2006, in Fall., 2006, p. 1456; Trib. Marsala, 2 maggio 2005, in Fall., 2006, p. 461;
Cass. civ., sez. I, 18 gennaio2005, n. 941, cit.; Trib. Milano, 7 febbraio 2003, in Soc., 2003, p. 1385; in dottrina
AMBROSINI, op.cit., p. 219.
15 Cfr. B ONELLI, op.cit., p. 435 ss.
16 QUATRARO, PICONE, op.cit., p. 731.
17 QUATRARO, PICONE, op.cit., p. 732 ss.; CONFORTI, op.cit., p. 768 ss.
18 Cfr. ZAMPERETTI, Azioni di responsabilità nelle procedure concorsuali, in COTTINO, B ONFANTE, CAGNASSO,
MONTALENTI, (a cura di), Il nuovo diritto societario, Bologna, 2004, p. 826 ss.
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amministrativa e amministrazione straordinaria spettano, rispettivamente, al curatore
fallimentare, al commissario liquidatore ed al commissario straordinario.
La riforma del 2003 ha, inoltre, contribuito a risolvere un dubbio a suo tempo oggetto
di forte dibattito circa la natura dell’azione ex art. 146 L.F.19. Tuttavia, sia la dottrina20
che la giurisprudenza21 già avevano concordemente concluso che la legge fallimentare
non introduceva un’azione autonoma e distinta dalle azioni sociali esercitabili in bonis,
le quali al contrario rimangono distinte anche se esercitate congiuntamente dal
curatore fallimentare (o dal commissario liquidatore o straordinario). L’unica
particolarità delle azioni sociali di responsabilità esercitate nel corso di una procedura
concorsuale sta nel fatto che la legittimazione attiva, prima spettante rispettivamente
alla società ed ai creditori della stessa, si trasferisce cumulativamente in capo al
curatore, il quale con una sola azione potrà far valere nei confronti degli
amministratori sia gli addebiti di cui all’art. 2393 c.c. sia quelli caratteristici della
responsabilità ex art. 2394 c.c. Ne consegue che le due azioni, seppur esercitate in
forma unitaria, mantengono i propri tratti caratteristici, in termini di natura ed oggetto
della responsabilità.
4. Il nodo forse più problematico è proprio quello della diversa decorrenza della
prescrizione quinquennale delle due azioni22.
Nella pratica, infatti, si potrebbero verificare distinte situazioni: (i) il curatore contesta
agli amministratori solo addebiti ex art. 2393 c.c., ovvero l’inosservanza di obblighi
inerenti alla corretta gestione della società: in questo caso si ritiene23 che l’azione in
questione si prescriva in cinque anni dal momento di cessazione della carica
dell’amministratore convenuto; (ii) il curatore contesta agli amministratori solo
addebiti ex art. 2394 c.c., ovvero il compimento di fatti che hanno condotto ad
un’insufficienza patrimoniale della società tale che i debiti non potevano più essere
regolati: l’azione qui si prescrive in cinque anni dal momento in cui si è palesata detta
insufficienza patrimoniale; (iii) il curatore contesta agli amministratori sia addebiti ex
art. 2393 sia illeciti ex art. 2394 c.c.: quid juris sotto il profilo del termine iniziale della
prescrizione di questa unica azione?
L’opinione prevalente della giurisprudenza24 è nel senso di far sì che l’unica azione
cumulativa del curatore benefici dei caratteri di entrambe le azioni, e che quindi possa
19 Si discuteva, in particolare, se l’art. 146 L.F. introducesse un’azione di responsabilità contro gli
amministratori distinta ed autonoma dalle azioni di cui agli artt. 2393 e 2394 c.c., delle quali però mutuava la
disciplina, oppure se la norma in esame si limitasse ad introdurre un trasferimento in capo al curatore
fallimentare della legittimazione attiva alle azioni sociali di responsabilità generalmente disciplinate.
20 QUATRARO, PICONE, op.cit., p. 732.
21 Da ultimo Cass. civ., sez. I, 28 novembre 1984, n. 6187, in Fall., 1985, p. 527.
22 QUATRARO, PICONE, op.cit., p. 756 ss.
23 QUATRARO, PICONE, op.cit., p. 757.
24 Per una rassegna delle pronunce più recenti, sia di merito che di legittimità, cfr. Trib. Milano, 7 febbraio
2003, cit., secondo cui l’azione ex art. 146 L.F. “compendia in sé le azioni ex art. 2393 e 2394 c.c. ed è diretta alla
reintegrazione del patrimonio sociale, visto unitariamente come garanzia e dei soci e dei creditori sociali”; Trib. Napoli,
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considerarsi come termine iniziale della prescrizione quello – in genere – più lungo
dell’azione ex art. 2394 c.c. anche per gli addebiti di responsabilità che propriamente
rientrerebbero nell’azione di cui all’art. 2393 c.c.
La motivazione di questa scelta è stata approfonditamente espressa dalla Suprema
Corte nella sentenza del 25 luglio 1979 n. 441525 traendo fondamento dal carattere
unitario dell’azione del curatore fallimentare ex art. 146 L.F. (ed ora anche ex art. 2394bis c.c.). La Cassazione premette che la ratio della legittimazione del curatore ad
esercitare congiuntamente le due azioni in forma inscindibile sta nel cumulo di
interessi che si sovrappongono proprio in capo al curatore: da un lato l’interesse della
società fallita ad acquisire all’attivo tutto ciò di cui il patrimonio sociale è stato
depauperato per fatto e colpa degli amministratori in violazione dei doveri loro
imposti dalla legge e dallo statuto, dall’altro l’interesse dei creditori sociali ad acquisire
alla massa attiva del fallimento beni e somme che consentano il soddisfacimento dei
loro crediti. La legittimazione unitaria è, quindi, l’effetto della corrispondente
opportunità che la reintegrazione del patrimonio della società avvenga
contemporaneamente a garanzia dei soci e dei creditori.
Prosegue poi la Corte ribadendo come la legittimazione unitaria non significhi il
sorgere di una nuova e diversa azione del curatore (in conformità all’orientamento
consolidato), e quindi la sua prescrizione non si possa far decorrere in maniera
autonoma dalla dichiarazione di fallimento. Dovrà, pertanto, farsi riferimento ai
termini di prescrizione stabiliti dalla legge per le due azioni.
La Cassazione conclude che il carattere unitario dell’azione, come illustrato, fa sì che
per il suo esercizio debbano essersi verificate tutte le condizioni di legge, e che quindi
debba applicarsi la regola dell’art. 2394, comma 2°, c.c., secondo cui l’azione può essere
proposta quando il patrimonio risulta insufficiente al soddisfacimento dei crediti
sociali (momento che cronologicamente, almeno nella maggior parte dei casi, è
successivo alla cessazione della carica degli amministratori convenuti in giudizio).
Come già anticipato, la giurisprudenza prevalente26 si è attestata sull’orientamento
delineato dalla Cassazione nel 1979, ritenendo che l’unica azione esercitabile dal
curatore si prescriva in cinque anni dal momento in cui risulta l’insufficienza
patrimoniale della società, anche se vengono addebitati agli amministratori fatti
convergenti nella responsabilità di cui all’art. 2393 c.c.; tuttavia non sono mancate voci
contrarie27, seppur limitate alle pronunce dei giudici di merito.
12 settembre 2002 cit.; Cass. civ., sez. I, 7 novembre 1997, n. 10937, in Fall., 1998, p. 697; Trib. Milano, 13
ottobre 1988, in Dir. fall., 1989, p. 442.
25 In Fall., 1980, p. 313 e in Giur. it., 1980, p. 55.
26 V. nota 24.
27 Cfr. Trib. Milano, 29 novembre 2003, in Giur. it., 2004, p. 1216, per la quale “laddove il curatore abbia fatto
valere entrambi i profili di responsabilità, il compimento del termine prescrizionale (in entrambi i casi di durata
quinquennale) dovrà essere valutato in riferimento allo specifico“ dies a quo” relativo a ciascuna delle due azioni”;
Trib. Messina, 12 novembre 1999, in Fall., 2000, p. 1279 afferma che “Mentre l’azione sociale di responsabilità ai
sensi dell’art. 2393 c.c. e 146 l. fall. si prescrive nel termine di cinque anni decorrente dal giorno in cui l’ente avrebbe
potuto agire in giudizio, quella dei creditori sociali inizia a decorrere dal momento in cui si verifica l’insufficienza del
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La tesi contraria in questione afferma che l’assunto della legittimazione unitaria del
curatore all’esercizio di due distinte azioni, seppur cumulate in maniera inscindibile,
deve portare all’applicazione integrale delle due distinte discipline delle azioni
considerate; non solo, quindi, in termini di natura della responsabilità, di onere
probatorio, di contenuto dell’obbligazione risarcitoria, ma anche di diversità del
regime della prescrizione. Rimarrebbe, quindi, invariata la decorrenza dell’azione
promossa ex art. 146 L.F. a seconda degli addebiti mossi agli amministratori anche in
via cumulativa.
Non va però taciuto che parte della dottrina si è schierata con tale tesi minoritaria in
maniera critica rispetto all’orientamento prevalente, sostenendo che, attraverso
l’individuazione di un unico termine iniziale di prescrizione per le due azioni
cumulativamente esercitate, la giurisprudenza ha di fatto creato un’autonoma azione
di responsabilità per le procedure concorsuali, in maniera contraddittoria con
l’orientamento prevalente, che vede le due distinte azioni originarie cumulate solo ai
fini della legittimazione attiva28.
Senza volersi addentrare in questa sede sulla correttezza di un orientamento o
dell’altro, non si può non rilevare come la giurisprudenza, sulla scorta della pronuncia
della Cassazione del 1979 sopra richiamata, abbia delineato una posizione non
facilmente superabile e ben consolidata29.
Per quanto riguarda, infine, la fattispecie dell’amministrazione straordinaria, prima
ancora che l’art. 2394-bis introducesse espressamente la legittimazione del commissario
straordinario, l’art. 36 della Legge Prodi-bis compiva un generale richiamo alla
disciplina del commissario liquidatore nella liquidazione coatta amministrativa, al fine
di regolare i poteri del commissario straordinario. Come già anticipato, l’art. 206 L.F.
attribuisce al commissario liquidatore la legittimazione ad esercitare l’azione di
responsabilità ex art. 2393 e 2394 c.c. previa autorizzazione dell’autorità vigilante. E
così avviene anche nella procedura di amministrazione straordinaria. Infatti, a
differenza ma in maniera analoga rispetto al fallimento, nell’amministrazione
straordinaria la decorrenza della prescrizione dell’azione di responsabilità si potrà far
coincidere con il deposito del decreto del tribunale ex art. 30 D.lgs. 270/1999 mediante
il quale viene aperta la procedura, e non con la precedente sentenza che dichiara lo
patrimonio sociale”; Trib. Milano, 2 settembre 1988, che afferma “la unitarietà di tale strumento giuridico,
partecipe sia della natura contrattuale dell’azione ex art. 2393 c.c., sia della natura aquiliana dell’azione ex art. 2394
c.c.” ma continua a distinguere: “il dies a quo dei relativi termini prescrizionali decorre dalla cessazione degli organi
sociali dalle funzioni, nell’azione ex art. 2393 c.c.; e dal verificarsi dell’insufficienza del patrimonio sociale a fronte delle
pretese creditorie, nell’azione ex art. 2394 c.c.”.
28 Cfr. JAEGER, La responsabilità degli amministratori e dei sindaci nelle procedure concorsuali: una valutazione critica,
in Giur. comm., 1988, p. 548 ss., richiamato da ZAMPERETTI, ivi.
29 Non mancano invero massime giurisprudenziali che si limitano ad affermare tout court che l’azione del
curatore ex art. 146 LF. si prescrive in cinque anni dal momento in cui si è manifestata l’insufficienza del
patrimonio sociale: cfr. Trib. Bari, 13 giugno 2007, in Corr. mer., 2007, p. 1259; Trib. Salerno, 14 luglio 2006, in
Fall. 2006, p. 1456.
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stato di insolvenza della società ai sensi dell’art. 3 D.lgs. 270/1999, per le già esposte
ragioni.
5. Per giungere al caso prospettato in apertura, alla luce di un orientamento
giurisprudenziale fortemente consolidato e prevalente, il commissario straordinario di
una società sottoposta alla procedura di cui alla Legge Prodi-bis potrà esercitare
l’azione di responsabilità ex art. 2394-bis c.c. tenendo come momento di riferimento per
la prescrizione di tale azione il deposito del decreto che dichiara aperta la procedura di
amministrazione straordinaria, quale evento che ha reso oggettivamente conoscibile
alla collettività dei creditori un’insufficienza tale dell’attivo patrimoniale a soddisfare i
loro crediti.
L’amministratore convenuto in giudizio dal commissario straordinario potrà però
eccepire la prescrizione dell’azione rivolta contro di lui, affermando che l’insufficienza
del patrimonio sociale si è manifestata ai creditori in epoca antecedente rispetto
all’apertura della procedura concorsuale.
Tuttavia, egli sarà gravato dell’onere di dedurre e provare i fatti a sostegno di tale
asserzione, come è stato sopra evidenziato.
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