3 rivelazione Bibbia comunicazione

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3 rivelazione Bibbia comunicazione
Dio Si comunica
mediante la Bibbia nella pentecoste dei suoi linguaggi
La Bibbia è un libro. Ma un libro composto da tanti altri libri. Perciò la metafora più
frequente che utilizziamo per rappresentare e presentare la Bibbia è quella della biblioteca:
libri diversi per autori, per generi letterari, per periodi storici in cui sono stati scritti, per
finalità diversi per cui gli autori hanno scritto. Libri di una biblioteca antica per redazione: il
testo più vicino a noi è del I secolo dopo Cristo: ben 19 secoli fa!
Come biblioteca la Bibbia presenta una particolarità: ha un solo Autore che ha ispirato gli
autori-agiografi a comporre tutti questi libri: da Genesi all’Apocalisse. Tanti gli autoriagiografi, uno solo l’Autore ispirante.
Un Autore che per molti secoli ha ispirato autori-agiografi a scrivere, a produrre testi
narrativi, poetici, storici, liturgici, e di tanti altri generi letterari. E l’intenzione di questo
Autore è stata sempre quella di comunicare ai suoi ‘ascoltatori’ e poi ‘lettori’ qualcosa di se
stesso che coinvolgeva anche chi ascoltava e chi leggeva le sue parole.
La natura della Bibbia è proprio in questa intenzione dell’Autore-Dio. Non è una
biblioteca di riflessioni personali, studi, ricerche, analisi… ma il racconto continuo di storie
che hanno visto come protagonista Dio-Autore e gli uomini con i quali intendeva stabilire
una comunicazione forte, intensa, costitutiva.. quella che con l’adeguata proprietà di
linguaggio si chiama “alleanza”.
Questa biblioteca di libri della Bibbia ha quindi origine e si è costituita mediante un
processo di eventi di comunicazione tra Dio e gli uomini, la cui iniziativa parte da Dio che
cerca l’uomo, anzi lo crea per poter comunicare con qualcuno che sia sua immagine e
somiglianza. Un insieme di eventi non casuali ma intenzionali, tali da costituire una vera e
propria economia di eventi che hanno avuto origine dal primo gesto di comunicazione di
Dio: quello di creare il mondo e poi lasciarvi abitare l’uomo e la donna, sue creature. E da
allora sono continuati attraverso le storie dei personaggi del popolo di Israele e poi con
Gesù Cristo e poi con il nuovo popolo di Dio, la Chiesa e i suoi protagonisti che hanno
scritto i libri della nuova alleanza.
E questa biblioteca di libri della Bibbia non è lì in fondo ad una stanza, a decorare le pareti
o ad ostentare una preziosa collezione di libri. E’ una biblioteca di libri che ancora oggi
sono consultati, interpretati, riletti, esplorati, …. Anzi è una biblioteca di libri che dà origine
a nuovi processi di comunicazione, crea e dà significato ad eventi di comunicazione tra gli
uomini e Dio, attiva modalità di comunicazione tra persone che hanno in comune soltanto
la propria umanità e/o la condivisione della fede… Proviamo allora ad organizzare alcune
idee sintetiche intorno alla Bibbia come codice e documenti di intenzioni
comunicative tra Dio e gli uomini.
1. La Bibbia è un insieme di libri scritti da Dio come Autore ispirante che vuole
comunicare se stesso ai suoi ascoltatori-lettori. Nella Bibbia Dio dimostra che vivere è
comunicare. Anche con Dio. Così come tra gli uomini. Dio mette in comune la sua
Persona con quella dei suoi ascoltatori. Chi ascolta la Parola di Dio e la legge viene a
trovarsi insieme, a comunicare con chi è l’ispiratore di quelle parole che sta leggendo.
“Quando vedo le parole della Bibbia intravedo Colui che le ha comunicate”. Ed in questa
economia di comunicazione, Dio ha raggiunto il massimo del suo mettersi in comune con
chi ascolta e legge le sue parole, facendosi la Parola di Dio e personificandosi: Gesù Cristo
rappresenta la persona di Dio comunicante con gli uomini. L’incarnazione è un evento di
comunicazione unico di Dio agli uomini. E nella
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2. I libri della Bibbia sono stati scritti in momenti particolari della storia tra Dio e gli
uomini ed in terre geografiche diverse. E queste diversità di storia e di geografia la si ritrova
nei diversi libri della Bibbia. Ed è una diversità che si manifesta nella cultura, nella
mentalità, nel modo di interpretare la natura, l’esistenza, nei linguaggi mediante i quali
gli uomini comunicavano tra di loro e con Dio. I libri della Bibbia sono quindi
un’immensa partitura di questi diversi linguaggi di comunicazione. Voler conoscere quindi
l’intenzione di Chi ispira e quindi la Sua persona richiede la conoscenza dei linguaggi
mediante i quali gli autori-agiografi hanno scritto. Linguaggi che sono poi stati codificati in
quelle lingue che parlavano gli uomini in Israele e nei suoi dintorni e in quella lingua che gli
autori del Nuovo testamento scelgono per continuare ad annunciare quelle novità e notizie
di comunicazioni insegnate da Gesù di Nazareth, il Cristo e il Signore.
3. I linguaggi della comunicazione umana ospitano la Parola di Dio, la inculturano,
le offrono gli strumenti per umanizzarsi, e rendersi comprensibile agli uomini. Il ministro
della Parola (dall’esegeta al liturgo, al cristiano con la sua vita) veicolano la Parola di Dio
scritta nella Bibbia e la ri-scrivono mediante i molteplici e diversi linguaggi della
comunicazione umana: dalla comunicazione scolastica a quella catechetica a quella liturgica
a quella dei saperi scolastici e culturali.
4. In questa prospettiva di comunicazione, la Bibbia è un documento che testimonia e
garantisce la presenza comunicativa di Dio. In quanto documento, insegna (documento dal
verbo latino docere), orienta, indica, si propone alla considerazione di chi ascolta. E’ un
documento letterario, storico, narrativo, religioso, ecumenico, interreligioso…
5. La potenzialità della sua comunicazione dipende anche da chi l’ascolta e la legge: Scriptura
crescit cum legente insegnava san Gregorio Magno. Questa potenzialità rende la Bibbia
un’opera aperta, un documento di comunicazione aperta, solare, ecumenica, globale,
disponibile a tutti e per tutti, nonostante la sua codificazione risente ovviamente della
cultura e della mentalità del tempo di cui racconta le storie e la vita. Ogni chiusura
relazionale e comunicativa si interpone come ostacolo all’ascolto e alla lettura della Bibbia.
Così come ogni situazione scismatica, disamorata, tradita, infedele, incoerente, ostinata,
privata…
6. Un’altra potenzialità comunicativa è data dalla disponibilità che ha la Parola di Dio scritta
nella Bibbia: si fa studiare da tutti e con tutti metodi e con tutti gli approcci; non c’è scienza
e arte che non si sia lasciato ispirare da questo grande codice della cultura che è la Bibbia.
E’ un codice generativo di effetti culturali e di modalità diverse di comunicare e di
inventare linguaggi. L’arte, la musica, le letterature hanno plasmato le loro opere con le
storie e le interpretazioni della Bibbia. E Dio non disdegna di farsi proporre e di far
interpretare e comunicare la sua Parola da ogni arte e invenzione dell’uomo. Pur dovendo
ovviamente sottolineare che nelle arti il segno e il simbolo devono orientare al significato e
al senso, al messaggio e all’intenzione di chi ha ispirato e scritto la Bibbia. La fedeltà alla
Bibbia è anche in questa professionalità degli artisti, dei musicisti, degli scrittori… i quali
creando non tradiscono, ma rischiano le interpretazioni pur di comunicare in un ulteriore
modo la infinita potenzialità comunicativa della Parola di Dio.
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7. L’interpretazione della Bibbia parte dai linguaggi che hanno ospitato la parola di Dio ma
viene riproposta e comunicata con i linguaggi mediante i quali oggi gli uomini
comunicano. Ed i linguaggi, per quanto siano sempre più globalizzati, si caratterizzano
sempre mediante la geografia e la storia culturale e religiosa di chi li gestisce. Questo
obbliga l’ascoltatore-lettore della Bibbia a conoscere i linguaggi e le mentalità degli autoriagiografi della Bibbia e a conoscere i linguaggi dei destinatari contemporanei di questa
comunicazione che Dio ha voluto con gli uomini ed ancora vuole che venga loro proposta.
8. Ed il cristianesimo in particolare si caratterizza proprio per questa novità di modalità e di
linguaggi di comunicazione: Paolo stesso parla greco con i greci, ragiona alla maniera greca
per annunciare il Risorto; gli autori del Nuovo Testamento scelgono di scrivere non in
ebraico, né in aramaico (rispettivamente la lingua liturgica e quotidiana di Israele al tempo
di Gesù) ma optano per il greco quotidiano, quella particolare lingua comune che la gente
parlava pur appartenendo alle diverse etnie. La scelta di questa koiné dialektos (lingua
corrente) non solo evidenzia che il vangelo è annunciabile e comunicabile a tutti, ma che gli
stessi autori-agiografi si sanno adeguare alle esigenze di chi deve leggere (e chi sa quanto
sarà loro costato questa disponibilità!) e che la Parola di Dio richiede che sia annunciata a
tutti in ogni modo, perché questa è la sua volontà e la sua intenzione. San Giovanni
Crisostomo sintetizza questa disponibilità comunicativa di Dio con una parola composta da
due preposizioni e da un verbo, la parola composita sin-kata-basis: Dio viene (il verbo baino)
incontro (la preposizione kata) a noi per poterci mettere in comunione (la preposizione sin)
con Lui. Questa economia di ‘accondiscendenza’ si realizza anche mediante la Bibbia in
quanto libro di comunicazione e di comunione ancora vivente e vivificante. E si
realizza soprattutto nella divina liturgia, come rinnovata pentecoste di comunicazione
vissuta, celebrata e santificata.
9. Ogni interprete della Bibbia attualizza e continua nella sua vita e nelle sue funzioni di
ministro della parola di Dio quel processo di comunicazione che è cominciato dalla
creazione si è costituita come paradigma nella Pasqua ebraica e cristiana di Gesù di
Nazareth (la ri-.creazione) e si protende verso quella pienezza di rivelazione in cui tutto sarà
donato in comunicazione e sarà in comune, senza che sia necessario utilizzare strumenti e
media di comunicazione come i linguaggi, le lingue, le parole, i generi letterari… . Allora
l’economia di questo processo di comunicazione sarà pienamente adempiuto e tutto
sarà visibile: l’economia di comunicazione dell’ascoltare e del leggere si aprirà alla visione: il
libro sarà privato delle parole e rivelerà colui che in quelle parole si è rivelato per tanti
secoli a tanti uomini.
10. Nell’attesa di questa pienezza di comunicazione negli ultimi tempi, quelli escatologici e
della parusia, Dio freme di mettersi in comune, di condividere e di donarsi già adesso,
provando a farci gustare il profumo delle spezie delle sue parole ed il sapore del suo parlare.
E lo fa non rivelando altre parole o utilizzando altri linguaggi, ma lo fa con gli eventi della
divina liturgia. Questi eventi attualizzano ed interpretano ancora oggi la sua volontà di
comunicare: ogni qualvolta invochiamo la sua presenza, poniamo davanti a lui le nostre
esistenze e le nostre storie e lo preghiamo di condividere e mettere in comunione con noi la
nostra vita per poter condividere con lui la Sua. La divina liturgia nel suo momento di
annuncio omiletico, in quello eucaristico ed in quello della preghiera nel tempo delle ore
espone l’uomo davanti a Dio perché l’uomo possa comunicare con Lui mediante segni,
simboli, parole, gesti, eventi che evidenziano la nostra intenzione di comunicare con lui e
quindi poter dare un ulteriore senso alla comunicazione tra gli uomini. La divina liturgia
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come evento di comunicazione si avvale soprattutto della Bibbia come documento
di comunicazione.
11. Coloro che partecipano a questa divina liturgia vivono esperienze di comunicazione
e di comunione con Dio e tra di loro grazie alla presenza reale e liturgica di Gesù Cristo.
Da Lui imparano a conoscere la sua Parola così come rivelata nella comunicazione scritta e
storicamente documentata della Bibbia. E tra coloro che partecipano a questa divina liturgia
i ministri imparano a comunicare con questa Parola-parola e Parola-sacramento imparando
ad esserne ministri, cioè diafani comunicatori che con i linguaggi della contemporaneità
provano a comunicare l’eternità della Parola di Dio, ad attualizzarle e ad incarnarla nel
tempo e nello spazio della loro comunicazione culturale e liturgica. Consapevoli che
l’autenticità della comunicazione di Dio è condizionata dalle loro competenze di saper
parlare al cuore ed alla mente della gente di oggi. Competenze che si imparano studiando.
Competenze che si invocano per riceverne da Dio il dono e la grazia di imparare a saper
comunicare la Sua persona e la Sua Parola.
12. E tutto questo è possibile perché Dio ha inteso comunicarsi a tal punto da diventare
come il destinatario della Sua comunicazione: il destinatario viene assunto
dall’emittente, il Figlio di Dio diventa uomo, abita tra gli uomini, pone la sua tenda tra gli
uomini e ne assume le sue modalità di comunicazione e di relazioni. E questa assunzione,
che è storicamente l’incarnazione, rende ancora più comunicativa la comunicazione tra Dio
e gli uomini: Dio non è come quegli autori che comunicano idee ma addirittura comunica
se stesso anche mediante le idee, anche mediante le storie che intreccia con gli uomini,
anche tutti quei segni che lo rivelano… L’incarnazione è la pienezza della
comunicazione della persona di Dio agli uomini: è il paradigma che rende possibile la
comunicazione liturgica e l’annuncio come comunicazione vivificante nella storia. Nella
divina liturgia tutto questo è pregato, vissuto, celebrato, santificato, espresso, comunicato,
percepito. A condizione che la benedizione di Dio su ciò che ci mette in comunione non
sia ostacolata dal privilegio del privato e dalle miopie della solitudine comunicativa
dell’infedeltà e della ostinazione di chi comunica soltanto per se stesso, perimetrando il suo
orizzonte al proprio ombelico. Ogni comunicazione è non solo infranta, ma addirittura
impedita e ostacolata. E questo può avvenire ogniqualvolta il ministro della Parola la
privatizza con la propria incompetenza e con l’appropriazione indebita che caratterizza gli
incomunicabili.
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