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ANNO VI / N°5 - Giugno 2016 a cura dell’ufficio PD Italiani nel mondo [email protected] Chiuso in redazione il 13 giugno 2016 SOMMARIO........................ EDITORIALE Gli “italici”: potenziali pilastri della nostra politica estera di Eugenio Marino QUI ITALIA EUGENIO MARINO PAG. 3 Le insolite promesse dei candidati romani alle amministrative di Alfredo Orlando DAL PARLAMENTO PAG. 5 Uruguay: il Parlamento commemora la festa del 2 giugno di Fabio Porta 1946-2016: auguri alla Repubblica e auguri alle donne italiane di Laura Garavini QUI CANADA PAG. 7 A Toronto l’inseganmento della lingua italiana è a un bivio di Giuseppe Cafiso OLTRE IL BORDO DEL PIATTO PAG. 8 Ascoltare i cittadini per pianificare le scelte del futuro di Carla Ciarlantini-Krick QUI NEW YORK PAG. 9 Hillary favorita alla Convention di Philadelphia di Silvana Mangione ANALISI E COMMENTI PAG. 11 Temi cruciali in vista del Consiglio europeo di fine giugno di Roberto Serra Ucraina: due anni di conflitto lacerante e libertà violate di Cono Giardullo DEMOCRATICI NEL MONDO PAG. 15 Riforme istituzionali necessarie per garantire stabilità e credibilità di Filippo Quadrelli Il Telero di Carlo Levi: viaggio nella questione meridionale di Domenico Cerabona NEWS Gli “italici”: potenziali pilastri della nostra politica estera PAG. 18 P er tutti noi che seguiamo assiduamente le tematiche dell’emigrazione italiana, discutere dell’oggi e del futuro, e non solo della nostra storia di emigranti, rappresenta un’occasione importantissima per ragionare in un’ottica innovativa di geopolitica. Ed è ciò che è stato fatto a Monza, qualche giorno fa, ad un convegno sul tema degli “Italici”, promosso dalla Camera di Commercio locale e dall’Associazione Globus et locus, che ringrazio per le iniziative sempre serie e stimolanti. Dopo più di 150 anni l’Italia continua a essere un Paese di emigrazione, con una consistente presenza italiana nel mondo. In tutti questi anni abbiamo avuto una politica migratoria a fasi alterne: a volte politiche intelligenti, altre volte inefficaci, altre ancora assenza di politiche generali su questo universo. Per molto tempo si è discusso – e lo si fa anche oggi – di quali siano i problemi legati all’emigrazione, di come arginarla. Oggi, poi, va molto di moda la retorica dei “cervelli in fuga”. Si fanno discussioni, anche corrette, su quanto lo Stato abbia investito nel formare cervelli, di quale perdita rappresenti consegnare questo capitale umano a paesi che ne beneficiano a costo zero. E si ragiona su politiche che dovrebbero porre un freno a questo esodo e, qualche volta, su provvedimenti che hanno l’illusorio intento di invertire la direzione e far rientrare chi è partito. Raramente si discute su chi siano coloro che se sono andati, i loro discendenti, le loro famiglie, coloro che italiani non sono più del tutto, ma che all’Italia guardano sempre. Raramente si discute con cognizione e volontà progettuale di cosa sia questa comunità chiamata degli “italici”. E ancor meno si discute di come valorizzare, mettere l’Italia in connessione sentimentale, culturale, sociale ed economica con gli italici. Questo universo mantiene un legame con l’Italia, fatto di consanguineità, radice culturale, affetto, interessi economici. Consuma prodotti italiani, crea un substrato fertile che veicola la nostra cultura, il nostro stile di vita e i nostri prodotti. Si tratta di una collettività fatta di milioni di persone che si rapporta anche istituzionalmente con l’Italia. E che vorrebbe farlo in modo più strutturato e meno dispersivo da un punto di vista politico e strategico, perché sa di essere un pezzo di politica estera e di proiezione internazionale. Per farlo avrebbe bisogno di una cabina di regia adeguata, pensata e valorizzata come uno dei pezzi di una diplomazia che lavora come sistema Paese a determinati obiettivi. Una sorta di megadiplomazia fatta dalla diplomazia ufficiale, ma anche da quella economica, da quella solidale delle Ong, dagli stessi italici. Purtroppo ancora oggi questa comunità valoriale ed economica non è riconosciuta SEGUE PAGINA 2 mondo ....... NOTIZIARIO DEL PARTITO DEMOCRATICO PER GLI ITALIANI ALL’ESTERO DA PAGINA 2 come tale e come parte del sistema Paese, sebbene abbia istituzioni di rappresentanza articolate in tre livelli: quello di base dei Comites, che coincide con le circoscrizioni consolari; quello intermedio del CGIE, che coincide con i livelli statali e continentali, che fa capo alla Farnesina; quello parlamentare, composto di 18 eletti all’estero nei due rami del Parlamento. Oggi è in corso una riflessione sulla riforma di queste istituzioni che spero porti a un’organicità di strumenti e strategia politica verso le comunità italiche e a un investimento politico (ed economico) in chiave contemporanea in diffusione di lingua, cultura e impresa italiana, di servizi ai cittadini e alle imprese, di valorizzazione e riconoscimento di questo universo italico in un contesto di politica estera e proiezione del sistema Paese. Alla fine degli anni ‘70, la Fondazione Agnelli aveva riconosciuto in un suo bellissimo studio, che la penetrazione commerciale di FIAT all’estero era stata molto agevolata dalla presenza di comunità italiane emigrate. Ciò significa che l’impresa italiana ha tratto, e ancora trae, un vantaggio di marketing gratuito dalle comunità italiche. Se questo vantaggio spontaneo lo sappiamo organizzare avremo grandi e ulteriori chance. Rimanendo al piano competitivo e strategico, sappiamo che nel sistema globale si gioca sulla base dei rapporti di forza più che con spirito solidale e redistributivo. Chi ha più forza, risorse economiche, idee e strumenti, riesce a far circolare i propri prodotti e piazzarli meglio sul mercato globale. Come sostiene una delle massime menti del marketing globale, Mary Douglas, il prodotto oggi non coincide con il suo contenuto, ma con il suo racconto. Una regola che vale particolarmente per l’Italia, patria del “Cunto de li Cunti”, che fu forse nel pieno barocco del ‘600 il primo straordinario market place del made in italy, dove la dieta mediterranea veniva declinata lungo la linea della magia della commedia dell’arte. Oggi siamo alla fase suprema di questa strategia, e proprio in questo tornante il nostro Paese si trova disarmato, senza linguaggi e senza lingue. In questo senso un tema che ancora oggi è un buco nero, riguarda la TV italiana nel mondo, che il racconto dell’Italia dovrebbe fare più di altri. Alle spalle abbiamo anni di esperienze infelici a fronte di una straordinaria domanda di italianità. Non si tratta di riproporre una TV bandiera, che trasmetta un palinsesto di quanto va in onda in patria, ma di lavorare sullo sfondo più che sulla scena. Come spiega il giornalista Rai Michele Mezza, occorre costruire colonne sonore e visive che siano di integrazione e di accompagnamento agli eventi che il made in italy organizza nel mondo e in Italia. Occorrerebbe farne un’agenzia di diffusione dell’offerta comunicativa italiana puntando, ad esempio, su contenuti di qualità, come i Festival, l’Auditorium della musica di Roma, la Scala di Milano, il San Carlo di Napoli, le Università e via di seguito. Assicurare un striscia di informazione sui primati italiani: il mondo e la politica internazionale letti attraverso la geopolitica dell’eleganza, del gusto, della bellezza e della qualità. Trasformare la TV in un centro di traduzione e reimpaginazione del modo italiano, nei vari settori delle sue imprese che guardano ai mercati esteri. Rai Italia dovrebbe quindi sviluppare una politica di sponsorizzazioni, alleanze e coordinamento con enti, istituzioni e imprese proiettati all’estero, con gli influencer più rappresentativi (tra i quali gli italici), con i distretti di produzione e di eccellenza in Italia e italiani nel mondo. Occorrerebbe costruire un sistema audiovisivo che sia una piattaforma di coinvolgimento dove si guardi, si ascolti, ma si interviene anche e si acquista o si chiede, un market place della bellezza da modellare area per area, città per città, settore per settore. Basterebbe una struttura leggera che selezioni le priorità (design italiano negli USA, enogastronomia in Cina, moda e design in Sud America, arredo in Asia e Americhe) e allo stesso tempo proponga pacchetti multimediali, dove il web diventa la fabbrica aperta e la TV un network distributivo. Insomma, bisognerebbe darsi una politica per gli italici che porti a considerarli ciò che sono: un pezzo consistente, fondamentale e strategico della presenza e proiezione italiana nel mondo. Notiziario del Partito Democratico per gli italiani all’estero Redazione Eugenio Marino, Alessandra Cattoi, Alessandra Fabrizio Alfredo Orlando, Silvana Mangione, Carla Ciarlantini Roberto Serra Progetto grafico e impaginazione Silvio Garbini mail: [email protected] 123456789101112131415161718192021222324252627282930 mondo ....... NOTIZIARIO DEL PARTITO DEMOCRATICO PER GLI ITALIANI ALL’ESTERO Le insolite promesse dei candicati romani alle amministrative Pedaggi, funivia, baratto e una nuova Ferrari per Marchini QUI ITALIA ALFREDO ORLANDO Brillanti idee per i romani al voto La campagna elettorale per le amministrative del 5 maggio è stata caratterizzata, soprattutto a Roma, da una serie di straordinari impegni programmatici da parte di alcuni candidati sindaco. Considerato che è stata la più votata dai cittadini della capitale (al ballottaggio del19 giugno se la vedrà col candidato Pd Roberto Giachetti), l’onore di aprire la carrellata delle singolari, quando non stravaganti promesse agli elettori, spetta a Virginia Raggi. Ecco, fra le altre cose, quanto l’esponente del Movimento 5 Stelle si è impegnata a realizzare una volta eletta sindaco: funivie per collegare le zone più periferiche della capitale alle stazioni della metropolitana, in modo da evitare il traffico; pannolini lavabili, e quindi riutilizzabili, per limitare i rifiuti; adozione del baratto – di fatto un ritorno ai primordi dell’attività economica - per affrontare la crisi delle aziende. E che dire, restando in campo penta stellato, di quello che ha fatto Beppe Grillo. Il comico, fondatore del Movimento, si è mostrato in un video che lo ritraeva mentre camminava sulle acque, ha salutato gli attivisti che partecipavano a una manifestazione in piazza del Popolo, e li ha resi edotti sul fatto che gli amministratori 5 stelle sono capaci di fare anche le cose più straordinarie: messaggio per sottintendere che il suo Movimento se prende impegni, anche i più difficili da realizzare, è sempre in grado di rispettarli. Giorgia Meloni, leader del raggruppamento di destra Fratelli d’ Italia, se eletta sindaco avrebbe voluto intitolare una strada a Giorgio Almirante, storico segretario del Movimento sociale. La sua idea era stata però bocciata da Matteo Salvini, capo della Lega e per l’occasione suo sostenitore, che di idee ne ha avuta un’altra: far pagare un pedaggio alle migliaia di automobilisti che ogni giorno percorrono il Grande Raccordo Anulare che cinge Roma, utilizzato per entrare in città o uscirne. Ma questa volta a dire no è stata la Meloni. Alfio Marchini, il grande sconfitto del primo turno per l’elezione del sindaco nonostante l’appoggio di Silvio Berlusconi e di quel che resta di Forza Italia - o, forse, vittima proprio di quell’appoggio - ha avuto la seguente brillante idea: andare a chiedere voti nelle periferie a bordo di una utilitaria e, una volta terminato il giro di propaganda, raggiungere la sua fiammante Ferrari parcheggiata sul Raccordo anulare e tornarsene a casa con questa, più adeguata al suo status. Una volta scoperto, ha annunciato: vendo la Ferrari. Bene, ora che ha perso la corsa al Campidoglio, per consolarsi di Ferrari può addirittura comprarsene due. Simone Di Stefano, capo del gruppo di estrema destra Casapound aveva immaginato di chiudere tutti i centri di accoglienza per immigrati, i campi rom e di abolire i fondi destinati ai bisognosi non italiani: e se non ci fosse riuscito con le buone avrebbe usato le manieri forti perché Roma si può cambiare “solo a calci”. Infine, l’ineffabile senatore di Forza Italia Antonio Razzi. Per lui il problema più grave di Roma è rappresentato dalla presenza di migliaia di topi che scorrazzano per la città. E dopo avere annunciato di volersi candidare a sindaco (candidatura poi immediatamente ritirata sicuramente per imposizione del suo gran capo, indovinate chi), ha reso noto di essersi assicurato la fornitura di “500 mila gatti asiatici”. Successo della tecnologia italiana La più importante commessa di un progetto nel settore dell’astronomia è stata assegnata presso la sede dell’ ESO (European Southern Observatory), al consorzio di Società italiana Ace, che vede insieme la Astaldi e la Cimolai spa, con la firma di un contratto dall’importo di 400 milioni di euro circa, per la costruzione, in collaborazione con la società di ingegneria Eie group, della cupola e della struttura meccanica di supporto del telescopio E-ELT (European Extremely Large Telescope). Questo telescopio (ottico e infrarosso) sarà il più grande al mondo ed è frutto anche del lavoro del nostro Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) che a livello mondiale è considerato uno dei più prestigiosi Istituti di Ricerca. “Se è vero che la politica dell’ESO è basata su un principio di equo ritorno sia scientifico che economico per i Paesi membri, è anche vero – ha tenuto a sottolineare Nicolò D’Amico, Presidente dell’INAF - che non si tratta di un principio garantiSEGUE PAGINA 4 123456789101112131415161718192021222324252627282930 mondo ....... NOTIZIARIO DEL PARTITO DEMOCRATICO PER GLI ITALIANI ALL’ESTERO DA PAGINA 3 sta perché in ESO vince il migliore, e il tasso di utilizzo italiano dei telescopi da parte dell’Osservatorio Europeo e il ritorno industriale per il Paese hanno raggiunto ormai valori di assoluto primato”. Secondo gli esperti, lo specchio principale di E-ELT, dal diametro di 39,3 metri, raccoglierà 13 volte più luce rispetto ai telescopi più grandi di oggi, e consentirà di ottenere immagini 16 volte più nitide del telescopio spaziale “Hubble”. Sarà quindi un super-occhio, capace di raccogliere 100 milioni di volte più luce dell’occhio umano, e che potrà quindi sondare il cosmo con un dettaglio senza precedenti. Questo telescopio consentirà inoltre di determinare con altissima precisione la composizione chimica dell’atmosfera dei pianeti extrasolari. Sarà quindi un super-occhio, capace di raccogliere 100 milioni di volte più luce dell’occhio umano, e che potrà quindi sondare il cosmo con un dettaglio senza precedenti. Questo telescopio consentirà inoltre di determinare con altissima precisione la composizione chimica dell’atmosfera dei pianeti extrasolari. Il contratto è stato siglato dal Direttore Generale di ESO Tim de Zeeuw, dal presidente di Astaldi, Paolo Astaldi e dal presidente di Cimolai, Luigi Cimolai. Alla cerimonia della firma erano presenti il Ministro dell’Istruzione, Università e della Ricerca, On. Stefania Giannini, il Console Generale d’Italia a Monaco Renato Cianfrani, il presidente del Council di ESO Patrick Roche e i delegati italiani al Council di ESO, ovvero il Presidente dell’Istituto Nazionale di Astrofisica, Nicolò D’Amico, e Matteo Pardo, Addetto scientifico presso l’Ambasciata Italiana a Berlino, oltre al presidente e Ceo di Eie group. Dalla ex Padania con rabbia Matteo Salvini, all’inizio della campagna elettore per le amministrative, ha lanciato un suo blog, chiamato “Il Populista” - contente articoli, commenti e video - che ha fatto arrabbiare i giornalisti che lavoravano per la Padania e che dopo la chiusura del giornale, due anni or sono, sono stati collocati in cassa integrazione con l’impegno, sottoscritto in accordi sindacali, di una loro ricollocazione. In sostanza, i giornalisti protestano per non essere stati utilizzati per il blog . “I giornalisti cassa integrati della Padania – si legge in una nota del Comitato di redazione diffusa dall’agenzia Ansa - ‘liberano la bestia che è in loro’ e con ‘audacia e istinto’ (frasi con evidente intento sarcastico riprese dal sito salviniano) si rivolgono per l’ennesima volta a Salvini che da tempo, nonostante le ripetute chieste, tace, almeno su questo fronte, e chiedono a gran voce: come la metti con i ‘tuoi’ collaboratori?”. 123456789101112131415161718192021222324252627282930 mondo ....... NOTIZIARIO DEL PARTITO DEMOCRATICO PER GLI ITALIANI ALL’ESTERO Uruguay: il Parlamento commemora la festa del 2 giugno I legami storici, culturali e politici rendono vivo il rapporto con il nostro Paese DAL PARLAMENTO FABIO PORTA C on una cerimonia solenne il Parlamento dell’Uruguay ha reso uno storico omaggio ai 70 anni della Repubblica italiana: una decisione presa all’unanimità dai deputati di tutti i gruppi parlamentari, che hanno accolto subito e con favore una proposta avanzata dai rappresentanti locali del Comites e del Cgie. Ho avuto l’onore di rappresentare il Parlamento italiano in questa importante occasione, su incarico della Presidente della Camera Laura Boldrini che ha scritto al suo omologo Geraldo Amarilla ringraziando per l’invito, scusandosi per l’impossibilità di essere presente e indicando me (nella mia duplice funzione di eletto nella ripartizione America Meridionale e di Presidente del Comitato italiani nel mondo e promozione del Sistema Paese della Camera dei Deputati) come rappresentante suo e del Parlamento italiano. La Presidente Boldrini ha anche fatto pervenire ai colleghi del Parlamento uruguaiano un affettuoso e significativo indirizzo di saluto, letto nel corso della seduta ufficiale della “Camera dei rappresentanti”. Pochi Paesi al mondo sono così intimamente legati all’Italia come l’Uruguay; ciò avviene non soltanto in ragione del 40% della popolazione di origine italiana ma di profondi legami storici, culturali e politici che ancora oggi mantengono vivo e dinamico questo rapporto. Ma c’è anche un altro evento “storico” che ha contribuito a rendere forte e profondo il legame tra i nostri due Paesi. Lo scorso anno è iniziato in Italia il processo sui crimini commessi dalle dittature sudamericane degli anni ’70 a seguito del cosiddetto “Plan Condor”, un’operazione di intelligence e coordinamento della repressione poliziesca che si basava sulla complicità degli Stati Uniti e sulla mutua collaborazione tra i regimi dittatoriali di quei Paesi. Grazie alla giustizia italiana per la prima volta un processo internazionale potrà esprimersi e giudicare crimini commessi durante uno dei periodi più bui della nostra storia. Lo Stato italiano e quello dell’Uruguay si sono costituiti parte civile nel processo e analogamente anche il Partito Democratico e il “Frente Amplo” (la coalizione di centro-sinistra che guida il Paese sudamericano) hanno preso tale decisione. Il processo dovrebbe concludersi quest’anno e, nonostante coinvolga diversi Paesi latino-americani, riguarda in maniera prevalente crimini commessi proprio in Uruguay che hanno coinvolto diversi cittadini di origine italiana. Nel corso del mio recente viaggio istituzionale ho potuto contare sulla collaborazione costante dell’Ambasciatore Gianni Piccato e soprattutto del supporto indispensabile e prezioso dell’amico Renato Palermo, responsabile del Partito Democratico e rappresentante nel Consiglio Generale degli Italiani all’Estero. Ho così avuto modo di incontrare, dopo la visita ufficiale al Presidente della Camera, il Sindaco della città di Montevideo Martinez, la senatrice Monica Xavier (già Presidente del FA) e uno dei principali candidati alle elezioni primarie che tra qualche settimana definiranno la nuova presidenza del Frente Ampio, Javier Miranda; abbiamo avuto anche altri importanti incontri di carattere politico-istituzionale con il Sindaco di Canelones (la seconda città del Paese) e il Ministro dei Trasporti, l’italo-uruguaiano Rossi. In tutti questi incontri sono apparsi chiari e forti i vincoli politici e culturali tra i nostri Paesi e, in maniera del tutto speciale, tra il Frente Amplo e il Partito Democratico. La visita del Presidente della Repubblica Mattarella, prevista per la prima settimana di luglio e attesa con grande emozione dagli oltre centomila italiani con passaporto e da oltre un milione di italo-uruguaiani, sancirà in maniera plasticamente visibile e istituzionalmente significativa questo rapporto storico, che il nostro partito e il governo che guidiamo deve assolutamente tradurre in politiche strategicamente intelligenti tanto in relazione ai rapporti economici e commerciali quanto con riferimento ai servizi alla collettività italiana ed alla promozione della lingua e della cultura italiana. 123456789101112131415161718192021222324252627282930 mondo ....... NOTIZIARIO DEL PARTITO DEMOCRATICO PER GLI ITALIANI ALL’ESTERO 1946-2016: auguri alla Repubblica, auguri alle donne italiane 70 anni fa le basi dell’emancipazione, ma tanto lavoro resta ancora da fare DAL PARLAMENTO LAURA GARAVINI Q uesto mese abbiamo festeggiato una ricorrenza storica per la nostra democrazia, quella dei settant’anni della Repubblica italiana. Sono passati sette decenni, infatti, da quel 2 giugno del 1946, quando attraverso un referendum l’Italia decise di abbandonare la monarchia per scegliere di diventare una Repubblica. Ma quella data va ricordata anche per un’altra e non meno importante ragione. Fino ad allora le donne italiane non godevano degli stessi diritti degli uomini, a partire dal diritto di scegliere chi governava il Paese o di essere chiamate a servirlo in Parlamento. E dunque senza esitazione possiamo affermare che dal 2 giugno 1946 l’Italia è una democrazia. E dal 1946 ne sono stati fatti di progressi. Da un Parlamento di soli maschi siamo passati a un Parlamento costituito da più del 30 per cento di donne, una buona percentuale che vede il nostro paese posizionarsi nella parte alta della classifica della rappresentanza femminile nei parlamenti europei. Al primo posto, come era da immaginare, troviamo la Svezia, con una presenza quasi paritaria tra uomini e donne (43%). L’Italia è al decimo posti con un soddisfacente 31,4%, mentre democrazie consolidate come Francia o Gran Bretagna fanno più fatica ad eleggere molte donne nelle loro assemblee legislative e infatti i cugini d’Oltralpe si posizionano al tredicesimo posto in Europa (pari a 26,2% di donne elette) mentre le parlamentari inglesi sono il 22,6% degli eletti. Ma se in Italia abbiamo fatto tanta strada lo dobbiamo proprio alle elezioni del giugno del 1946, che segnarono il primo formale ingresso delle donne nella vita politica italiana. In quell’occasione, le donne italiane poterono per la prima volta esercitare un diritto fondamentale: il diritto di voto, attivo e passivo. Un’elezione importantissima, perché comprendeva un duplice voto: quello per la forma istituzionale e quello per l’Assemblea costituente. Dopo la dittatura fascista, che molte di loro contribuirono a combattere da protagoniste, partecipando alla Resistenza, le donne italiane smisero di essere considerate cittadine di serie B, e poterono non solo votare ma anche essere elette. E la partecipazione delle donne alle urne fu altissima, a riprova del fatto che quel passo era atteso e fortemente voluto. Nella stessa Assemblea Costituente, istituita per redigere la nuova Costituzione, furono presenti ventuno donne (pari al 4% degli eletti), così che la Costituzione non ha solo padri, ma anche madri costituenti. Certo: resta ancora molta strada da percorrere per raggiungere la completa eguaglianza fra donne e uomini e le pari opportunità restano per ora un obiettivo ancora lontano da raggiungere. Basta citare il Global gender gap index, il documento ufficiale che registra l’indice sul divario di genere stilato ogni anno dal World Economic Forum di Ginevra. Come si può leggere nel rapporto, lo scorso anno l’Italia ha guadagnato nove posizioni nella classifica mondiale, ma siamo ancora al 71esimo posto su 136 Paesi. Nettamente dietro ai paesi scandinavi, l’Italia si colloca al 65esimo posto in tema di scolarizzazione, al 72esimo per la salute, al 44esimo per l’accesso al potere politico e solo al 97esimo posto su 136 per quanto riguarda la partecipazione femminile alla vita economica. I dati sono chiari e si spiegano da soli. Infatti, se in Italia il 74 per cento degli uomini lavora, per le donne la percentuale di abbassa al 51 per cento. Per non parlare dei livelli salariali dove le disparità restano molto evidenti sia a livello impiegatizio ma soprattutto dirigenziale. Tuttavia, nel giugno del 1946 si posero le basi per l’inizio dell’emancipazione femminile nel nostro Paese. Ed è con grande soddisfazione che da un Parlamento composto per un terzo da donne ricordiamo questa illuminante ricorrenza. 123456789101112131415161718192021222324252627282930 mondo ....... NOTIZIARIO DEL PARTITO DEMOCRATICO PER GLI ITALIANI ALL’ESTERO A Toronto l’insegnamento della lingua italiana è a un bivio Per evitare l’interruzione del programma servirebbe l’intervento del Governo italiano QUI CANADA GIUSEPPE CAFISIO* M artedì 31 maggio vi è stato un importante incontro presso il Provveditorato scolastico dello York Catholic District School Board nella Provincia (Regione) dell’Ontario. Tema scottante era la proposta di eliminare le classi di italiano offerte durante la settimana come parte integrante del programma scolastico quotidiano. Erano presenti alla riunione i rappresentanti istituzionali italiani: l’ambasciatore d’Italia in Canada, Gian Lorenzo Cornado, il console generale d’Italia a Toronto, Giuseppe Pastorelli, e l’onorevole Francesca La Marca, deputata PD per il Centro e Nord America. Come pure presenti vi erano politici italocanadesi e rappresentanti dell’ente gestore Centro Scuola, quale Alberto Di Giovanni oltre al sottoscritto in qualità di rappresentante del Circolo PD di Toronto e coordinatore del Film Festival Italiano dei Ragazzi. La proposta al centro della discussione comporterebbe l’eliminazione del programma di lingua italiana in ben ventitre scuole elementari nella York Region. E in queste scuole, vale la pensa sottolinearlo a chiare lettere, usufruiscono del programma di insegnamento della lingua italiana più di 8 mila e 500 studenti. Se la proposta sarà votata dalla maggioranza dei Trustees (Fiduciari), l’effetto sul futuro della lingua italiana potrebbe essere devastante non solo per la zona periferica di Toronto, ma eventualmente potrebbe dare un forte segnale al Provveditorato di Toronto, Toronto Catholic District School Board, dove una simile proposta fu avanzata un anno fa e, fortunatamente, bocciata. Lo stesso esito non sarà garantito la prossima volta. Anzi, a Toronto, dove la presenza di studenti italocanadesi è in diminuzione, la battaglia sarà molto più dura. Ma quali sono i motivi che spingono a formulare queste proposte? Innanzitutto il Provveditorato Scolastico di York Catholic District School Board si trova attualmente, come tanti altri, in una situazione tale da dover revisionare vari programmi scolastici per non rischiare di doversi confrontare con un possibile deficit finanziario. Il Governo dell’Ontario, infatti, ha ridotto ultimamente i contributi finanziari per tutti i Provveditorati, i quali da un paio di anni, hanno dovuto cambiare, ridurre o eliminare del tutto programmi e servizi che erano in vigore da moltissimi tempo. Difatti, tra le varie proposte, vi è quella assurda di tagliare programmi e personale gestiti dal Dipartimento della Special Education, che si cura dei programmi differenziati per gli studenti disabili, autistici e così via, quali quelli dello stesso dipartimento a cui il Toronto Catholic District School Board approvò l’anno scorso tagli che colpirono molti bambini bisognosi. Alla riunione del 31 maggio tutti coloro che sono intervenuti erano concordi nel credere che l’apprendimento dell’italiano sia un valore aggiunto per lo sviluppo accademico, sociale e culturale dei bambini e dei ragazzi di ogni età; un valore indiscutibile anche fra i membri dei Trustees del York Catholic. Il vero problema non è la validità del programma di insegnamento dell’italiano, né l’utilità dell’apprendimento della lingua italiana. Il vero problema, alla fine, è di tipo economico legato ai finanziamenti. In tale contesto di difficoltà finanziarie, l’ambasciatore italiano Gian Lorenzo Cornado, assieme al console Giuseppe Pastorelli e all’onorevole Francesca La Marca, ha ribadito la volontà del Governo italiano di continuare il rapporto di collaborazione per mantenere in vita il programma di insegnamento della lingua italiana. Tuttavia, quello che ora è necessario è un maggiore contributo di fondi da parte del Governo italiano. Purtroppo i tempi sono stretti e il momento di agire è proprio adesso! Il prossimo 14 giugno si terrà la riunione dei Trustees durante la quale sarà votata la mozione. Si spera che invece dell’eliminazione totale del programma si facciano delle modifiche per una più efficiente programmazione dal punto di vista finanziario. *segretario Circolo PD di Toronto 123456789101112131415161718192021222324252627282930 mondo ....... NOTIZIARIO DEL PARTITO DEMOCRATICO PER GLI ITALIANI ALL’ESTERO Ascoltare i cittadini per pianificare le scelte del futuro A Monaco un’esperienza positiva di democrazia partecipata OLTRE IL BORDO DEL PIATTO CARLA CIARLANTINI-KRICK A ll’inizio di Giugno si è tenuto in Baviera un parlamento di tipo un po’ particolare. Si chiama “Parlament der Generationen”, ossia parlamento delle generazioni. Si tratta di un’iniziativa che si tenne per la prima volta nel 2013 a Bonn e che ora è stata ripetuta a Monaco di Baviera ed è per molti versi un vero e proprio parlamento. Su iniziativa del parlamento regionale bavarese e dell’Accademia di Formazione Politica di Tutzing, vengono scelte alcune decine di candidati, facendo attenzione a che la composizione del gruppo rispecchi quella della popolazione per età, livello d’istruzione, provenienza nazionale e così via. I prescelti si riuniscono in commissioni, incaricate di discutere temi di interesse generale, come salute, assistenza sociale, lavoro, infrastrutture, istruzione, dopodiché, come in un vero parlamento, i risultati dei lavori delle commissioni vengono presentati in aula dai rispettivi relatori e messi ai voti. Il tutto ha un tema specifico: come sarà il mondo nel 2050? Uno dei partecipanti all’edizione 2016 è stato Giorgio Pomillo, italiano da decenni in Germania, impegnato sia nella politica comunale con la SPD, sia con il PD Germania. Come sei entrato nel Parlament der Generationen? Un amico mi ha proposto di candidarmi. Sono stato selezionato in quanto portavo nel gruppo due elementi rispondenti alla reale struttura demografica della regione: fascia di età senior e provenienza estera. Perché è stata decisa questa iniziativa? Perché il cambiamento demografico comporta che la società del futuro sarà drasticamente diversa da quella attuale. Gli anziani saranno oltre il 35%: con quali conseguenze per il sistema sociale, la spesa pubblica, la vita quotidiana? Il governo bavarese voleva l’opinione dei cittadini su questi temi e sulle priorità da darsi. Possibile che la classe politica abbia bisogno di un’iniziativa abbastanza onerosa per scoprirli? Certo che sono temi noti, ma anzitutto il Landtag (parlamento regionale – NdA) voleva offrire ad una rappresentanza di cittadini un forum serio di discussione. Siamo sicuri che non si tratti del solito contentino? No, nel complesso, sia per l’organizzazione che per l’andamento dei lavoro, mi è sembrata una cosa seria. Del resto i risultati verranno resi pubblici e gli organiz- zatori, Landtag e Accademia di Formazione Politica, si sono impegnati a tenerne conto nella futura attività politica. Insomma, la convinzione generale era che quel che discutevamo veniva ascoltato davvero. Lo svolgimento dei lavori è stato tranquillo? Non del tutto. Ci sono state discussioni anche piuttosto accese. Ad esempio, nella mia commissione sono volati i piatti, in senso figurato, tra i giovani, che non consideravano prioritaria la salute e l’assistenza agli anziani negli anni futuri e noi che anziani lo siamo già oggi. Possibile che i ragazzi non se ne rendessero conto? È normale: tu quando eri studentessa ci pensavi alla tua pensione? Il gruppo dei giovani ad esempio riteneva che anche in futuro gli asili nido saranno più importanti dell’assistenza quotidiana agli anzianI. Se ci saranno pochi giovani a mantenere molti anziani, loro dovranno lavorare e avranno tutti il problema di dove lasciare i loro bambini. Gli asili ci vorranno... Non dico che gli asili saranno superflui, ma ciò non vuol dire che i servizi di assistenza agli anziani saranno una faccenda secondaria. Come vedi, le risposte a questi temi non sono affatto scontate e iniziative come il Parlament der Generationen possono aiutare a creare informazione e consapevolezza. E come è andato a finire lo scontro? In commissione l’hanno spuntata i giovani, poi però il dibattito e il voto in aula hanno capovolto la cosa. Come capita anche in parlamento. Ti risulta che sia mai stato fatto qualcosa di simile anche in Italia? Non credo proprio. Purtroppo in Italia c’è un problema di fondo: non siamo lungimiranti. Si ragiona e si agisce sempre sul breve termine, nelle aziende come in politica. Non si pianifica e non si guarda al futuro e il risultato è che stiamo rimanendo indietro. Se non si cambia metodo, perdiamo il treno del futuro. Giusto per curiosità, come mai stavolta si è fatto in Baviera? Beh, un po’ di opportunismo c’è. Intanto la Baviera ha questa tendenza a ritenersi più brava del resto del mondo e poi le elezioni sono in vista: nel 2017 quelle per il parlamento federale e nel 2018 quelle regionali bavaresi. Un po’ di pubblicità se la vogliono fare. Ma se questo si traduce in un’iniziativa valida, mi sta benissimo. 123456789101112131415161718192021222324252627282930 mondo ....... NOTIZIARIO DEL PARTITO DEMOCRATICO PER GLI ITALIANI ALL’ESTERO Hillary favorita alla Convention di Philadelphia Dovrà unire tutto il Partito Democratico per contrastare il pericolo Trump QUI NEW YORK SILVANA MANGIONE E ra cominciato benissimo questo giugno 2016. Era arrivata negli Stati Uniti una delegazione del Comitato per le questioni degli italiani all’estero del Senato, per l’indagine conoscitiva sull’insegnamento dell’italiano all’estero, guidata dal senatore Claudio Micheloni. Celebrando a New York il 70esimo anniversario della Repubblica, Micheloni ha dichiarato nel suo discorso: “Se vogliamo sapere quanto costa la democrazia, dovremmo chiederlo a quei soldati italoamericani che combatterono con l’esercito della loro nuova patria, per liberare quella vecchia e garantirle un futuro di democrazia e benessere, a quei soldati italiani che non eseguirono gli ordini infami di una monarchia indegna, a quei cittadini che scesero in strada a Roma sulla via Ostiense per combattere i nazisti a mani nude, a quelle centinaia di migliaia di italiani che pochi mesi dopo salirono in montagna e restituirono al nostro Paese l’onore, la dignità infangata da venti anni di fascismo e cinque anni di guerra imperialista al seguito di Hitler. Loro lo sapevano, quanto costa la democrazia. Cerchiamo di non dimenticarlo noi, che grazie a loro abbiamo vissuto in pace e libertà”. Il super martedì del 7 giugno aveva consegnato la “presumptive nomination” a Hillary Clinton. Ho aspettato otto lunghi anni per vedere Hillary candidata dei democratici alla Casa Bianca. Ho sofferto con lei nel 2008 quando, prima della Convention democratica, con l’aiuto dei Kennedy, i delegati speciali di Hillary furono scippati a favore di Obama e gli consegnarono la nomination, malgrado il voto popolare apparisse favorevole alla Clinton. Pensai allora che questa America, matriarcale nella gestione del quotidiano, fosse ancora profondamente maschilista in politica, e lo penso ancora. Le donne americane hanno ottenuto il diritto di voto nel 1920, ma bisogna arrivare al 2005 per avere la prima donna presidente della Camera dei Deputati – l’italo-americana Nancy Pelosi – mentre la nostra Nilde Iotti fu eletta alla stessa carica in Italia per la prima volta nel 1979. Di una Presidenza femminile del Senato non si ha alcun cenno e, fino ad oggi, la Costituzione americana non include il principio della parità fra uomo e donna. L’ultimo super-martedì delle primarie, su cui contava Bernie Sanders per arrivare alla Convention quasi a pari merito con Hillary, ha invece decretato la superiorità della Clinton, che ha vinto con largo margine i due Stati col maggior numero di delegati: California e New Jersey e si è aggiudicata anche il New Mexico e il South Dakota. Bernie ha dovuto accontentarsi del North Dakota, nei cui caucus ha votato un totale di treSEGUE PAGINA 10 123456789101112131415161718192021222324252627282930 mondo ....... NOTIZIARIO DEL PARTITO DEMOCRATICO PER GLI ITALIANI ALL’ESTERO DA PAGINA 9 cento cinquantaquattro elettori su una popolazione di oltre un milione di abitanti, e del Montana, dove i 21 delegati in palio sono andati 11 a Sanders e 10 a Hillary. Mi dovete perdonare, ma non ho mai creduto alla sincerità di questo candidato che si è affiliato al partito democratico soltanto poco prima di dichiarare la sua corsa alla Casa Bianca. Non credo nemmeno alla sua reale preparazione a rivestire un ruolo così importante, visto che nella sua carriera è stato soltanto sindaco di Burlington (circa 42.000 abitanti) e Deputato, poi Senatore federale per lo Stato del Vermont, il 49esimo in USA. La sua campagna elettorale dai toni populistici ha dato vita a quello che lui chiama un “movimento”, basato su promesse in realtà irrealizzabili, ma che destano entusiasmo nei giovani che votano per la prima volta e nelle vittime innocenti della crisi economica che attanaglia il mondo. Mai come in questo momento abbiamo avuto bisogno di avere a Washington una Presidente che sa quello che fa a livello sia internazionale che nazionale. Trump rappresenta un tale pericolo per gli equilibri globali e quelli interni agli USA che gli stessi repubblicani parlano per distinguo, attaccano e insultano la Clinton, ma non trovano il coraggio di cantare le lodi di colui che la splendida Senatrice progressista del Massachusetts, Elizabeth Warren, ha definito un “piccolo bulletto insicuro”, “un mascalzone bugiardo interessato a far soldi rubando alla gente”, nei discorsi con cui ha dato il suo endorsement a Hillary. Poi è arrivata la strage di Orlando in Florida, attribuita ad un terrorista, che le indagini più recenti stanno cominciando invece ad identificare come persona travagliata dalla propria sessualità, condannata duramente da un padre all’antica. Che fa Trump, mentre l’America piange 49 morti e oltre 50 feriti, un eccidio secondo soltanto a quello delle Torri gemelle? Trump sale sul palcoscenico condito di bandiere di uno dei suoi soliti rally pilotati nella scelta dei presenti e incita all’odio contro una grande religione e alla xenofobia contro tutti i mussulmani che, secondo lui, non dovrebbero essere ammessi negli USA. Ma l’assassino di Orlando era nato a New York, nella municipalità di Queens, proprio come lo stesso Trump. Quindi, la chiusura delle frontiere non avrebbe impedito questa né altre mattanze di lupi solitari emarginati nelle periferie del mondo. Peggio, Trump urla e sparge il sospetto che lo stesso Obama sia in qualche modo connivente con i terroristi e promuove odio e dubbi contro il Presidente degli USA, la cui carica in questo frangente deve invece godere del rispetto di tutti per riportare il Paese alla calma e farlo uscire dal tunnel della paura. In una mossa senza precedenti, Obama risponde con uno splendido discorso sulla natura delle istituzioni, i valori su cui si basa l’America, la delicatezza di gestione dei rapporti internazionali, la necessità di impedire che persone inserite nell’elenco di coloro che non possono salire sugli aerei per legami con il terrorismo possano acquistare armi da guerra senza alcun controllo. I repubblicani non rispondono a tono, ma lanciano uno spot pubblicitario su Bill Clinton e la famosa storia della stagista alla Casa Bianca! Trump invece, come era prevedibile, si incaponisce, aggravando le dosi. L’immediato sondaggio della Bloomberg News posiziona Hillary di 12 punti sopra Trump: 49% a 37%. Bisogna dunque far uscire Sanders dalla corsa alla presidenza. L’ultima primaria, a Washington, si consuma con un 79% per Hillary, contro il 21% per Sanders. Obama lo incontra alla Casa Bianca, il Vice Presidente Joe Biden lo riceve in residenza, Elizabeth Warren gli parla lungamente. Hillary stessa lo incontra in campo neutro. Tutti con l’obiettivo di facilitare l’uscita con onore di Sanders dalla campagna per la candidatura, per poter gestire la Convention di Filadelfia del 23 – 25 luglio senza colpi di scena, riunificare subito il partito democratico e mantenere l’appoggio dell’elettorato sandersiano in vista del voto di novembre. In quattro mesi e mezzo potrebbe succedere di tutto. Mentre scrivo, Sanders persiste nel voler continuare la sua corsa fino alla Convention. A che pro? Ufficialmente per inserire la maggior parte delle sue proposte nella piattaforma programmatica del partito. Nei fatti, sperando invece contro evidenza di riuscire ancora a ribaltare i risultati che danno Hillary. Sanders non accetta la sconfitta, per quanto continui a dire che bisogna impedire l’elezione di Trump. Questo comportamento certamente impedirà una sua nomina a “running mate” e forse anche uno scranno nel Cabinet presidenziale, come ad esempio quello al Ministero della Salute, Istruzione e Welfare, suoi cavalli di battaglia, che gli avrebbero dato una posizione di potere per migliorare in concreto quello che propugna. No, Sanders, che vive lo stesso delirio di onnipotenza di Trump, ed è sostenuto da una moglie irriducibile, vuole tutto o nulla e rischia di rendere la partita più difficile, ritardando di oltre sei settimane la serena e congiunta campagna elettorale per Hillary, alla quale dopo la Convention dovrà piegarsi, che gli piaccia o no, anche la sua irragionevole ostinazione. Personalmente, credo nella validità della realpolitik nelle situazioni difficili e sono convinta che questa grande democrazia sia avviata a scrivere un altro magnifico capitolo della sua storia, eleggendo la prima donna Presidente a succedere al primo afroamericano Presidente degli USA. *Vice Segretario Generale CGIE 123456789101112131415161718192021222324252627282930 mondo ....... NOTIZIARIO DEL PARTITO DEMOCRATICO PER GLI ITALIANI ALL’ESTERO Temi cruciali in vista del consiglio europeo di fine giugno Ancora poca chiarezza su chi trarrà vantaggio dal Fondo europeo per gli investimenti ANALISI E COMMENTI ROBERTO SERRA* I prossimi 28 e 29 giugno si riunirà a Bruxelles il Consiglio Europeo. Anzitutto facciamo un po’ di pedagogia istituzionale. Il Consiglio Europeo non va confuso con il Consiglio dell’Unione Europea (Consiglio UE) e, tantomeno, con il Consiglio d’Europa. Consiglio Europeo e Consiglio UE sono due istituzioni europee. E cioè due istituzioni che appartengono a quell’entità economica e geo-politica che chiamiamo Unione Europea composta da 28 Stati membri. Il Consiglio Europeo non ha una efficacia legislativa diretta al contrario del Consiglio UE che, assieme al Parlamento Europeo, delibera e prende decisioni che hanno poi una ricaduta sulle legislazioni dei singoli Stati membri. Il Consiglio d’Europa, al contrario, non è un’istituzione europea ma un’organizzazione internazionale composta da 47 Stati membri il cui scopo è promuovere la democrazia i diritti dell’uomo, l’identità culturale europea e la ricerca di soluzioni ai problemi sociali in Europa. La sede del Consiglio d’Europa è Strasburgo. Il Consiglio Europeo si riunisce di solito due volte per semestre, a Bruxelles. È presieduto da un presidente che rimane in carica due anni e mezzo, e cioè la metà della durata della legislatura legata al rinnovo del Parlamento Europeo. Il madanto è rinnovabile una volta sola. L’attuale Presidente del Consiglio UE è lo slovacco Tusk che appartiene alla famiglia politica dei popolari europei. Il necessario passaggio pedagogico va accompagno con una considerazione. A volte il dibattito pubblico, a qualsiasi livello e in qualsiasi ambito, si lancia a parlare d’Europa ma passando a lato di queste opportune precisazioni. Un cittadino europeo, anche con un grado di istruzione medio-alta, fa spesso fatica a fare le corrette distinzioni e a coglierne la sottile ma fondamentale specificità (aggiungerei che anche una parte della diplomazia internazionale vive la stessa condizione...ma questo è un altro discorso...). A quando l’introduzione nelle scuole e nei luoghi di istruzione più in generale di una sana ed efficace “educazione civica” delle istituzioni europee? Ricordate a scuola? L’ora o due alla settimana di educazione civica - di solito legate al programma di storia dove ci veniva spiegato il ruolo del Parlamento nazionale, quello del Governo, quello del Presidente della Repubblica. Io credo che questo sarebbe un modo, concreto, di avvicinare le persone e i cittadini all’Europa. E viceversa. Perché la coscienza (in questo caso la coscienza europea), si fa anche attraverso la conoscenza. Tornando al Consiglio Europeo: il suo ruolo è quello di discutere e indirizzare l’agenda politica dell’UE e, quindi, dei 28 paesi membri. Nel prossimo Consiglio, in programma alla fine di questo mese l’agenda in discussione prevede quattro punti salienti: il tema della Migrazione nella quale verrà riesaminata la situazione relativa alla migrazione in tutti i suoi aspetti ponendo particolare attenzione al rafforzamento delle frontiere esterne dell’UE e l’attuazione della dichiarazione UE-Turchia del 18 marzo 2016 il tema dell’occupazione, della crescita e degli investimenti il tema delle relazioni esterne con particolare attenzione alla cooperazione UE-NATO in vista del vertice NATO che si terrà a Varsavia l’8 e il 9 luglio 2016 il tema “Brexit” che prevede una discussione sui risultati del Referendum del Regno Unito del 23 giugno 2016 Insomma, un’agenda corposa e, ovviamente, figlia dell’attualità. A cominciare dal primo punto che sta mettendo a dura prova l’identità territoriale, culturale e politica dell’UE. Ma è anche sul secondo punto che l‘Unione misura la propria capacità di reazione ad un’altra grande crisi che è ben al di là dall’essere superata. Mi riferisco alla crisi della crescita, a quella del lavoro e a quella dell’occupazione. Più in generale ad una crisi stessa dell’idea di sviluppo. Nella discussione del secondo punto all’ordine del giorno si farà riferimento ad una parola, anzi, una sigla magica: EFSI (European Found for Strategic Investments), Fondo Europeo per gli Investimenti Strategici. Che cos’è l’EFSI? È il piano di investimenti di 314 miliardi di euro legato a sviluppo e crescita che JeanClaude Juncker presentò al Parlamento Europeo come “carta vincente” per la sua nomina alla presidenza della Commissione Europea. Si disse, nel dibattito di allora, che finalmente l’UE abbandonava la linea del SEGUE PAGINA 12 123456789101112131415161718192021222324252627282930 mondo ....... NOTIZIARIO DEL PARTITO DEMOCRATICO PER GLI ITALIANI ALL’ESTERO DA PAGINA 11 rigore per il rigore (tanto sponsorizzata dall’ex presidente della Commissione Europea Barroso) per prendere la strada degli investimenti e della crescita. In effetti l’EFSI, gestito direttamente dalla BEI (Banca Europea per gli Investimenti), che ha la sede proprio qui in Lussemburgo, parte da un punto di forza che costituisce anche una novità: e cioè la creazione di un fondo di garanzia di 21 miliardi di euro alimentato in parte dal bilancio dell’UE (16 miliardi) e in parte dai fondi di riserva provenienti dalla BEI stessa (5 miliardi). Tale fondo di garanzia ha lo scopo di attirare finanziamenti pubblici e privati – che senza garanzie ed in un mercato “impaurito” non si metterebbero in moto - per finanziare infrastrutture, reti di trasposto, reti digitali ed energetiche, innovazione e ricerca in senso generale e PME (piccole medie imprese). Secondo fonti provenienti dalla stessa Commissione Europea, dal 1 gennaio 2015 (data di inizio del funzionamento dell’EFSI) ad oggi si sarebbero già mobilitati 100 dei 315 miliardi di euro finalizzati a finanziare i progetti di cui sopra. Il Consiglio Europeo, nella riunione di fine giugno, farà una prima profonda valutazione del funzionamento dell’EFSI. Vedremo presto, anche a tale proposito, le conclusioni (si chiamano tecnicamente così) del vertice di Bruxelles. Ma il cittadino comune europeo non può non farsi qualche domanda su questo argomento. L’EFSI sta davvero combattendo la crisi economica ed occupazionale che continua a mordere l’UE e che sembra sempre più un dato strutturale dell’economia di mercato? Basti pensare che la disoccupazione giovanile nell’area UE si attesta ancora oltre il 18% (dati di aprile 2016). Non è chiaro come e dove attingere le informazioni relative ai progetti già finanziati. Sarebbe interessante capire se il finanziamento è effettivamente avvenuto e se i progetti sono partiti. Personalmente credo non sia tutto oro ciò che luccica. L’impressione che se ne ricava è quella di una gigantesca operazione di finanza pubblica e privata che porterà certamente qualche beneficio qua e là nel corpaccione produttivo ed economico dell’Unione ma che, forse, non intaccherà i problemi di fondo legati ad una crescita ed una occupazione deboli. Le imprese piccole o veramente piccole (pensiamo all’universo artigianale italiano) quasi certamente non beneficeranno di aiuti e finanziamenti dell’EFSI. In altre parole, c’è da aspettarsi che i soggetti beneficiari saranno inevitabilmente di nicchia e, con tutta probabilità, interesseranno aree e situazioni non particolarmente sofferenti sul piano economico e occupazionale. Quando, invece, lo scopo primario dovrebbe proprio essere quello di agganciare alla ripresa le realtà che più soffrono. È plausibile pensare che i progetti che potranno accedere al fondo saranno gestiti da coloro che già operano nella grande area di interfaccia tra realtà locale e istituzioni europee. I dati oggi disponibili sul funzionamento dell’EFSI non risolvono questi dubbi. Per cui, il prossimo vertice di Bruxelles rischia di nuovo di passare come l’ennesimo vertice che intende occuparsi della vita dei cittadini europei senza che questi se ne rendano minimamente conto. In questo indistinto magma istituzionale è sempre d’attualità la domanda legata al ruolo dei socialisti europei. Che, nelle fotografie di rito a inizio e fine dei vertici, appaiono purtroppo sempre più simili a tutti gli altri. Nessuna parola diversa, nessuna criticità espressa, nessuna sospensione del giudizio, nessun confronto attorno ad un’idea nuova e diversa di sviluppo e di crescita. Nessuna considerazione circa le ricadute, in termini di equità e giustizia sociale, del piano strategico di investimenti. E se tutto questo caso mai vi fosse, lasciatemi dire che, purtroppo, non lo si vede. * PD Lussemburgo 123456789101112131415161718192021222324252627282930 mondo ....... NOTIZIARIO DEL PARTITO DEMOCRATICO PER GLI ITALIANI ALL’ESTERO Ucraina: due anni di conflitto lacerante e libertà violate Presentato a Kiev l’ultimo rapporto ONU sulla situazione dei diritti umani ANALISI E COMMENTI CONO GIARDULLO* M entre in Francia si svolgono i Campionati europei di calcio, gli ucraini contano sulle gesta della loro squadra per dimenticare almeno per un momento la guerra nel Donbass, come è successo con la vittoria di Jamala, la cantante ucraina-tatara, al festival di Eurovision lo scorso 15 maggio. Quest’anno il tifo, però, è particolarmente amaro se mischiato ai ricordi. Quattro anni fa, a ospitare la più celebre competizione sportiva continentale, era proprio l’Ucraina insieme alla Polonia, in un’edizione che registrò un gran successo di pubblico, e dove l’Italia sfiorò la vittoria finale. E invece, il Paese deve continuare a confrontarsi con il conflitto interno che la lacera dalla primavera del 2014. Il 3 giugno, l’Assistente Segretario Generale dell’ONU per i Diritti Umani, il croato Ivan Simonovic, ha presentato a Kiev il 14° rapporto sulla situazione dei diritti umani in Ucraina per il periodo che corre dal 16 febbraio al 15 maggio 2016. La diffusione pubblica del rapporto di oltre cinquanta pagine, preparato grazie al lavoro meticoloso degli uffici sparsi su tutto il territorio della Missione ONU di Monitoraggio per i diritti umani, è stato seguito in modo consistente dai media, perché segna anche i due anni dall’inizio del conflitto. Il bilancio è disastroso: dall’inizio della guerra, le Nazioni Unite hanno registrato oltre 30 mila vittime, delle quali 9.371 morti e 21.532 feriti. Le vittime negli ultimi tre mesi sono state 113 – un numero comunque spropositato, se si tiene conto che dal febbraio 2015 è in vigore il “Pacchetto di Misure per l’Implementazione degli Accordi di Minsk”, supportato anche dai cinque membri permanenti del Consiglio delle Nazioni Unite, e da tutta la comunità internazionale, che dovrebbe assicurare il cessate il fuoco e una risoluzione politica del conflitto. Ma accanto alle vittime, il rapporto mette in luce la violazione di una lunga serie di diritti umani. Le Nazioni Unite puntano il dito contro tutti gli attori, che direttamente o indirettamente hanno preso parte al conflitto. Le autorità ucraine sono, ad esempio, colpevoli di violare il principio di non discriminazione avendo adottato e messo in pratica politiche che distinguono, restringono ed escludono l’accesso alle libertà fondamentali e ai diritti socioeconomici delle persone che vivono lungo la “linea di contatto” (i.e. il fronte delle operazioni belliche). Un esempio su tutti è l’interruzione dei pagamenti di pensioni e benefici sociali per una parte consistente degli sfollati interni che ammontano a oltre un milione e mezzo di cittadini ucraini. Dal canto loro, le autoproclamatesi repubbliche di Donetsk e Luhansk hanno minato il rispetto dei più basilari diritti umani per le circa 2 milioni e 700 mila persone che vivono nei territori sotto il loro controllo, attraverso la creazione di luoghi di detenzioni irregolari dove i detenuti sono torturati e dove il rispetto dei diritti civili e politici è assente, rendendo per il momento vana la richiesta di libere elezioni. Infine, secondo le Nazioni Unite, la Russia dopo aver imposto la sua giurisdizione sulla penisola di Crimea nel marzo 2014, ha indebolito lo stato di diritto nell’ex provincia autonoma ucraina, forzando gli abitanti a modificare la loro cittadinanza, e negando l’accesso a servizi sanitari essenziali e sociali, oltre a tentare di piegare la resistenza della popolazione indigena per eccellenza, quella dei tatari. Per Simonovic, si rischia un conflitto protratto come in tante altre ex-regioni sovietiche, o un’escalation militare che provocherebbe ulteriori enormi perdite di vite umane. Secondo l’alto funzionario ONU, il messaggio è chiaro: dopo due anni di conflitto i civili, da entrambi le parti della “linea di contatto”, chiedono pace e rispetto per i loro diritti umani. E davvero pare questa l’opinione della maggioranza degli ucraini, dato che secondo l’ultimo sondaggio dell’Istituto internazionale di sociologia di Kiev, due terzi degli intervistati spinge per uno sforzo della comunità internazionale in favore di una risoluzione pacifica, piuttosto che per la riconquista militare del Donbass (supportata solo dal 20% degli intervistati). Intanto, l’Italia può svolgere un ruolo importante in questa crisi. E’ dell’anno scorso la proposta del nostro ministro degli esteri, Paolo Gentiloni, di apportare nelle negoziazioni politiche degli elementi di riflessione che si rifacciano al modello politico-istiSEGUE PAGINA 14 123456789101112131415161718192021222324252627282930 mondo ....... NOTIZIARIO DEL PARTITO DEMOCRATICO PER GLI ITALIANI ALL’ESTERO DA PAGINA 13 tuzionale vigente in Sud Tirolo, tale per cui si possa immaginare una soluzione che rispetti la sovranità dell’Ucraina, preservando i suoi confini e i diritti delle minoranze. La proposta purtroppo non ha avuto seguito dato il protrarsi dello scontro militare. Il 18 maggio scorso, invece, il Consiglio regionale del Veneto, prima regione in Europa, ha sancito il riconoscimento dell’annessione russa della Crimea con il fine esplicito di far pressione sul governo italiano affinché blocchi il rinnovo delle sanzioni europee contro la Russia. Forse non è questo il ruolo che ci si aspetta dal nostro paese, fiaccando l’unità europea, mentre il governo e la diplomazia partecipano al Forum economico internazionale di San Pietroburgo in programma dal 16 al 18 giugno, in cui l’Italia è invitata come ospite d’onore, e gioca un ruolo da protagonista nel riavvio delle relazioni tra Mosca e Bruxelles. Questa tragedia si svolge alle porte orientali dell’UE. Quella serie di paesi frontalieri, che nel 2004 il presidente della Commissione Europea, Romano Prodi, sperava si trasformasse in un “circolo di amici che va dal Marocco alla Russia”, sta dando vita ad alcune tra le più gravi crisi internazionali. Purtroppo, però, anche nei confini dell’Unione abbiamo i nostri problemi, come commentano in maniera molto autorevole Javier Solana e Guy Verhofstadt, in due recenti editoriali che affrontano il tema della crisi del progetto europeo e dello stato di diritto, soprattutto nei paesi dell’Europa centro-orientale, e in particolare in Polonia e Ungheria. I diritti umani, cosi come i diritti politici e civili che oggi vantiamo, sono conquiste acquisite solo nello scorso secolo dopo aver patito le sofferenze della Seconda guerra mondiale. L’esempio dell’Ucraina, ma anche quello più subdolo di Varsavia e Budapest, deve aiutarci a non dar mai per scontati i diritti di cui oggi godiamo. * Esperto OSCE: Organization for Security and Co-operation in Europe 123456789101112131415161718192021222324252627282930 mondo ....... NOTIZIARIO DEL PARTITO DEMOCRATICO PER GLI ITALIANI ALL’ESTERO Riforme istituzionali necessarie per garantire stabilità e credibilità A Berlino per parlare di referendum e riforme con la ministra Maria Elena Boschi DEMOCRATICI NEL MONDO FILIPPO QUADRELLI* L o sorso 30 maggio la ministra per Riforme costituzionali, Maria Elena Boschi, è stata ospite al Forum-Europa della Konrad-Adenauer Stiftung di Berlino per parlare del percorso di modernizzazione del nostro Paese a seguito delle numerose riforme portate avanti dal Governo italiano. All’iniziativa eravamo presenti anche noi come Circolo PD di Berlino e Brandeburgo. La ministra, accompagnata dall’ambasciatore italiano a Berlino, Pietro Benassi, ha elaborato un discorso di ampio respiro. Ci ha parlato infatti della crisi dell’Unione Europea e della necessità di una più forte collaborazione tra i differenti Paesi, in modo particolare tra l’Italia e la Germania. Ha poi discusso delle attuali sfide globali, come il terrorismo e i flussi migratori, sottolineando come solo una politica europea comune e condivisa possa consentirci di individuare delle soluzioni che incidano sulle emergenze che tutto il continente europeo vive in questi anni. Ha citato più volte il ruolo dell’Italia nel percorso di integrazione europea e il contributo fondamentale che il nostro Paese ha dato negli ultimi cinquant’anni alla creazione di questo progetto di pace e di collaborazione tra Stati di uno stesso continente che fino a qualche decennio prima si erano fatti la guerra. Gran parte dell’intervento, poi, è stato dedicato alle riforme istituzionali. La Ministra ha raccontato a una platea numerosa di italiani e tedeschi l’importanza del percorso riformatore messo in atto dal Governo italiano per garantire la stabilità nel nostro Paese e per ritornare ad essere credibili sul piano internazionale. Non sono certo mancate le difficoltà, e tutt’ora questo percorso è in divenire, ma la strada tracciata è quella di un cambiamento radicale, atteso da tanto, troppo tempo. Rispondendo ad alcune domande della giornalista, poi, la Ministra ha sottolineato l’importanza di una discussione che vada oltre simpatie o antipatie nei confronti di questo Governo, per portare a compimento gli sforzi degli ultimi anni. Una eventuale affermazione del NO al referendum del prossimo ottobre, ha detto la Ministra, significherebbe una nuova fase di instabilità politica e di incertezza, poiché si tornerebbe a votare in un sistema in cui le due camere mantengono le stesse prerogative di sempre, ma con due leggi elettorali differenti. Alla fine dell’evento, la Ministra si è trattenuta con il nostro gruppo per discutere più da vicino della riforma costituzionale e del nostro ruolo, come Circoli all’estero del Partito Democratico, per presentare alle cittadine e ai cittadini italiani, da qua ad ottobre, il senso di questo percorso di riforme e i contenuti della riforma stessa. *segretario del Circolo PD di Berlino e Brandeburgo 123456789101112131415161718192021222324252627282930 mondo ....... NOTIZIARIO DEL PARTITO DEMOCRATICO PER GLI ITALIANI ALL’ESTERO Il Telero di Carlo Levi: viaggio nella questione meridionale A Parigi, Berlino e Bruxelles per tre tappe evocative della storia dell’emigrazione DEMOCRATICI NEL MONDO DOMENICO CERABONA* L a Fondazione Giorgio Amendola e l’Associazione Lucana in Piemonte Carlo Levi, due istituti culturali di Torino, hanno pubblicato, con il contributo del Consiglio Regionale del Piemonte, un volume sul Telero Lucania ‘61 di Carlo Levi. Levi, pur essendo in tutto e per tutto un intellettuale piemontese, è forse uno dei più autorevoli meridionalisti del Novecento italiano. Il Telero Lucania ‘61 è una delle sue opere pittoriche più famose, è Il Cristo si è fermato ad Eboli trasferito su tela. Realizzato su richiesta di Mario Soldati in occasione delle manifestazioni celebrative del centenario dell’Unità d’Italia, il Telero è un vero e proprio viaggio nella «Questione Meridionale». Il volume, con testi di Mario Carbone, Giovanni Caserta, Loris Dadam, Domenico Notarangelo e Caterina Sabino spiega l’opera in ogni suo dettaglio, offrendo una visione d’insieme sia della poliedrica personalità dell’artista, scrittore e patriota, che del complesso fenomeno dell’emigrazione italiana, essa stessa protagonista del dipinto Lucania ‘61. Prima di cominciare a dipingere, Carlo Levi tornò in Basilicata con l’amico documentarista Mario Carbone, che fissa in immagini fotografiche i ricordi e l’atmosfera vissuti dall’artista torinese nel periodo di confino. Immagini esposte nel volume, in stretta correlazione al dipinto leviano. Carlo Levi dedica l’opera, divisa in tre scene, a Rocco Scotellaro, per sancire il suo legame di fratellanza con l’intellettuale lucano, e lo dipinge al centro della tela, fanciullo, oracolo della sua stessa vita, con lo sguardo fiero e sorridente, consapevole delle speranze che la comunità riporrà in lui. La dimensione pubblica della vita scorre tra il corteo dei contadini che risale dalle argille aride e desolate e la piazza, vissuta da soli uomini catalizzati da Rocco, sindaco di Tricarico, che recita le sue poesie, chiarisce le sue idee, incita a rompere l’apatia di chi guarda sgomento un orizzonte disilluso e rassegnato. La platea è composta da contadini, con le facce arse dal sole ma pronti a percepire l’anelito del suo messaggio di riscatto, con la stessa attenzione degli intellettuali e dei poeti Umberto Saba, Michele Parrella, Pietro Pannarella, Carlo Muscetta, Rocco Mazzarone e Levi stesso, che con loro si fondono in una unica ideale orgogliosa comunità. Testimoni della scena i padri della Lucania post-Risor- gimentale, Giuseppe Zanardelli, Francesco Saverio Nitti, Giustino Fortunato, Guido Dorso che, affacciati alla finestra della casa sulla macelleria, legittimano il sogno del «poeta della libertà contadina» e lo consegnano alla storia. Sulla porta della macelleria, campeggia l’iscrizione d.d.t. 15-4-61 che data l’opera e, al tempo stesso, ricorda la marcatura dei luoghi disinfestati chimicamente per liberarli dalla «mala aria». Alla scena della vita civica della piazza si collega la vita del vicinato, luogo delle relazioni sociali e del lavoro domestico. All’interno della grotta, dal cui fondo compare l’asino, unico bene della famiglia, dormono ammassati quindici bambini; dalla volta del lampione penzola, unica parvenza di attenzione sanitaria, il nastro colorato della carta moschicida. Nel «Lamento su Rocco» la pittura di Carlo Levi tocca l’apice del lirismo. In contrapposizione al «Comizio», un circolo di sole donne distrutte dal dolore piangono la morte di un uomo giovane e giusto. Due madri, a sottolineare ancora la condivisione di idee e la fratellanza, Annetta Treves, madre di Levi, e Francesca Armento madre di Rocco, raggomitolata ai suoi piedi, lo piangono sul letto di morte e cantano la sua vita alle donne che le attorniano, tra cui Linuccia Saba e Mimma Trucco impietrite dal dolore, e due bambine dal viso dolcissimo, Anna e Marina Rossi Doria. La Fondazione Giorgio Amendola, grazie al supporto del PD mondo e del suo responsabile Eugenio Marino, ha organizzato la presentazione del volume in tre capitali evocative per la storia dell’emigrazione e della cultura italiana: Parigi, Berlino e Bruxelles. L’intento è quello di interpretare la grande opera pittorica di Levi e farne uno dei grandi monumenti pittorici ideati da Levi, quasi suo testamento politico e morale. Prendendo a prestito il pensiero di un attento e originale studioso di Levi, il professor Giovanni Caserta, si può legittimamente affermare che il Telero Lucania ‘61 è il Cristo si è fermato Eboli passato sulla tela. Le ultime pagine del volume, grazie al prezioso contributo della dottoressa Sabino, trattano il pregiudizio anti italiano negli Stati Uniti per due ragioni. La prima è che quegli italiani emigrati tra la fine dell’800 e la prima metà del ‘900 sono gli stessi raccontati da Carlo Levi SEGUE A PAGINA 17 123456789101112131415161718192021222324252627282930 mondo ....... NOTIZIARIO DEL PARTITO DEMOCRATICO PER GLI ITALIANI ALL’ESTERO DA PAGINA 16 nel Cristo, come ha ricordato nella sua bella introduzione il Presidente del Consiglio Regionale Mauro Laus, e sembrava giusto raccontare meglio le vicissitudini che avevano dovuto affrontare quei personaggi che Levi descrive in maniera così struggente. Il secondo motivo è più legato all’attualità. In un periodo in cui è l’Italia a ricevere i migranti è giusto ricordare di quando i nostri compatrioti erano accolti con pregiudizio e spesso disprezzo, per evitare di commettere anche noi quegli stessi errori. A Parigi l’iniziativa si terrà il 29 giugno 2016 alle ore 19 presso la libreria italiana “la tour de Babel” (vedi locandina in ultima pagina). L’incontro è organizzato dall’Associazione Democratici Parigi con la partecipazione del Comites Parigi, ANPI Parigi, INCA Francia e ACLI France. Il programma prevede gli interventi del sottoscritto, per la Fondazione Giorgio Amendola di Torino, del Prof. Giovanni Cerchia, docente di Storia Contemporanea del Molise e del Dott. Peppe Provenzano, meridionalista e vice Direttore dello SviMez. Parigi è una città particolarmente importante per Carlo Levi, è infatti la città ove si è formato come pittore, la città dove scopre il senso di libertà personale e artistica. A Berlino l’iniziativa, il cui programma ancora non è stato del tutto definito, si terrà nel mese di settembre. Il ciclo di presentazioni si concluderà in una data simbolica, il 29 novembre 2016, giorno della scomparsa di Levi. La manifestazione si terrà presso il Museo Ebraico di Bruxelles, istituto presso il quale verrà esposta una riproduzione del Telero della dimensione di 2 metri di altezza per 12 di larghezza, riproduzione che quel giorno verrà donata dalla Fondazione Amendola al museo ebraico, anche come segno di solidarietà in seguito agli attentanti avvenuti proprio presso la sede del museo nel maggio del 2014. Il tema centrale dell’incontro del 29 novembre sarà l’emigrazione. Infatti quest’anno ricorrono i 70 anni dai famosi trattati tra Belgio e Italia e, purtroppo, anche i 60 anni dal disastro di Marcinelle. Per questo motivo sia il ComItEs di Bruxelles che l’ANPI hanno aderito immediatamente al progetto di questa manifestazione, proprio per promuovere una riflessione sull’importanza che ha avuto l’emigrazione per lo sviluppo del Belgio e le difficoltà che sta avendo ora quella nazione ad accogliere diverse forme di emigrazione. La Filef (Federazione Italiana Lavoratori Emigrati e Famiglie) fondata proprio da Carlo Levi è molto attiva in Belgio e parteciperà all’iniziativa portando anche testimonianza delle nuove realtà dell’emigrazione italiana in Belgio, che è cambiata enormemente rispetto a quella della seconda metà del ‘900 e che pone nuove sfide sia alle istituzioni europee che a quelle italiane che si occupano di organizzare gli italiani all’estero. L’incontro del 29 novembre sarà un’occasione per riflettere anche su queste nuove tematiche. * Fondazione Giorgio Amendola di Torino 123456789101112131415161718192021222324252627282930 NEWSNEWSNEWSNEWS mondo ....... NOTIZIARIO DEL PARTITO DEMOCRATICO PER GLI ITALIANI ALL’ESTERO E-COMMERCE: PIÙ CHE RADDOPPIATE DAL causa di difficoltà economiche, non riuscendo a pa2009 LE AZIENDE CHE VENDONO ONLINE gare di tasca propria le prestazioni. Il fenomeno riBorse, cosmetici, accessori, gadget, abbigliamento, articoli per bambini e per la pesca. Ma anche auto e moto, casalinghi, vino, scarpe, biciclette, parquet, prodotti elettronici e farmaceutici, libri, occhiali, giocattoli fino alle “piante di acqua dolce”, ai sistemi di allarme e ai servizi di pompe funebri. E’ solo una piccola frazione di quello che si può comprare sul web attraverso le quasi 15mila aziende operanti nel settore delle vendite online che, a fine 2015, risultavano iscritte al Registro delle imprese delle Camere di commercio. Il ritratto del fenomeno emerge dai dati elaborati da InfoCamere per Unioncamere, secondo i quali il ‘boom’ delle imprese di vendita via internet (circa 9mila imprese in più) corrisponde quasi alla perfezione all’intero saldo del settore del commercio nell’arco degli ultimi sei anni. A guidare la corsa del commercio virtuale sono gli imprenditori abruzzesi (+260% le imprese con sede nella regione adriatica, nel periodo considerato), seguiti da quelli pugliesi (+218%) e da quelli campani (+202%). In termini assoluti, la crescita più consistente si registra invece in Lombardia. SALUTE - CENSIS: NELL’ULTIMO ANNO 11 MILIONI DI ITALIANI HANNO DOVUTO RINUNCIARE A PRESTAZIONI SANITARIE Erano 9 milioni nel 2012, sono diventati 11 milioni nel 2016 (2 milioni in più) gli italiani che hanno dovuto rinviare o rinunciare a prestazioni sanitarie a guarda, in particolare, 2,4 milioni di anziani. È arrivata a 34,5 miliardi di euro la spesa sanitaria privata e ha registrato un incremento in termini reali del 3,2% negli ultimi due anni (2013-2015): il doppio dell’aumento della spesa complessiva per i consumi delle famiglie nello stesso periodo (pari a +1,7%). Sono 10,2 milioni gli italiani che fanno un maggiore ricorso alla sanità privata rispetto al passato, e di questi il 72,6% a causa delle liste d’attesa che nel servizio sanitario pubblico si allungano. Il 30,2% si è rivolto alla sanità a pagamento anche perché i laboratori, gli ambulatori e gli studi medici sono aperti nel pomeriggio, la sera e nei weekend. Pagare per acquistare prestazioni sanitarie è per gli italiani ormai un gesto quotidiano: più sanità per chi può pagarsela. Tra pubblico in crisi e privato in crescita, avanza la sanità integrativa. Il 57,1% degli italiani pensa che chi può permettersi una polizza sanitaria o lavora in un settore in cui è disponibile la sanità integrativa dovrebbe stipularla e aderire. Così si otterrebbero anche benefici pubblici, perché molte persone utilizzerebbero le strutture private, liberando spazio nel pubblico, e perché così si inietterebbero maggiori risorse nel sistema sanitario. Sono ormai più di 26 milioni gli italiani che si dicono propensi a sottoscrivere una polizza sanitaria o ad aderire a un Fondo sanitario integrativo. COSTERNAZIONE E CORDOGLIO PER LA SCOMPARSA DI ADBELAZIZ La notizia della morte del Presidente della Repubblica Araba Saharawi Democratica e Segretario Generale del Fronte Polisario, Mohamed Abdelaziz, riempie di costernazione e cordoglio tutti gli amici dei Saharawi. Con il Presidente Abdelaziz scompare un militante esemplare, un combattente intemerato, un leader lungimirante ed instancabile della lotta per la libertà prima con la lotta armata e, poi, con la tenace ed altrettanto instancabile ricerca di una soluzione pacifica, posta nelle mani delle istanze della comunità internazionale. L’Associazione degli Amici del Popolo Saharawi di Roma inchina le sue bandiere, listate a lutto, assieme a quelle di tutto il popolo saharawi ed a quelle di milioni di sostenitori della loro lotta del mondo intero. Queste bandiere, oggi a lutto ed inchinate di fronte alla grave perdita, non tarderanno, ne siamo certi, a garrire in libertà nelle città e nei campi di tutto il suo popolo, finalmente libero, indipendente, sovrano. Nel nome del Presidente Abdelaziz, ne siamo certi, questo giorno non tarderà a giungere, perché, come dice il Poeta, “anche quando la bufera dell’inverno imperversa più dura, significa che la primavera non può tardare a lungo ad arrivare”. Il popolo saharawi sta già vincendo. Gianfranco Brusasco 123456789101112131415161718192021222324252627282930 mondo ....... NOTIZIARIO DEL PARTITO DEMOCRATICO PER GLI ITALIANI ALL’ESTERO 123456789101112131415161718192021222324252627282930