monoclorobenzene - Comitato la Rinascita

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monoclorobenzene - Comitato la Rinascita
Dr. Mauro Mazzotta - specialista in Medicina del lavoro Medico del Lavoro Università degli Studi
del Salento
Cenni sugli effetti tossicologici legati alla manipolazione di sostanze chimiche
“Tossicologia” deriva dal greco“toxon” che significa“ arco ” e "toxicos" che significa "dell' arco,
relativo all' arco". L'utilizzazione di frecce avvelenate serviva per ottenere l’effetto letale anche
quando il nemico veniva colpito in una parte non vitale .
Un elevato numero di intossicazioni avviene nei luoghi di lavoro per esposizioni a sostanze
tossiche durante la lavorazione esempi di casi eclatanti sono intossicazioni collettive anche
all’esterno dell’ambiente lavorativo nel corso degli anni ma dovute a processi tecnologici
insufficienti che non prevedevano l’adeguato smaltimento dei residui della lavorazione : stirene,
tricloroetilene, cloruro di vinile(Marghera,Brindisi), isocianati (metil-isocianato Union Carbide) ,
acrilonitrile, 2,4,5-triclorofenolo, diossina ( Seveso), triortocresilfosfato (polinevriti petiferiche),
mercurio (Minamata) , fosgene (Marghera , Brindisi ).
Gli effetti di agenti chimici che entrano nell’organismo vengono comunemente definiti e sono
trattati dalla tossicologia che è la scienza che tratta di sostanze nocive comunemente dette veleni
ovvero “ Ogni agente chimico che introdotto nell'organismo causa un'azione nociva, dannosa
fino alla morte con meccanismo chimico o biochimico” .
Nell’ ambito di una visione più moderna si considerano “Xenobiotici” ogni sostanza chimica che è
estranea al sistema biologico. Per“Xenobiotici” si intende quindi la categoria di composti chimici
che include: farmaci, contaminanti ambientali, agenti cancerogeni, insetticidi, inoltre composti di
origine naturale e composti che si originano per l’aggiunta di additivi chimici o in seguito alla
cottura dei cibi, quindi ogni sostanza che in rapporto alla propria stessa natura e concentrazione può
determinare effetti nocivi sull’uomo, sull’animale o in generale sugli ecosistemi.
In realtà la“TOSSICITA' è la capacità di una sostanza di produrre un effetto dannoso sull'organismo,
ovvero è una proprietà delle sostanze che recano effetti dannosi anche a basse dosi.
Tenendo conto che qualunque sostanza in quantità sufficiente anche se ritenuta comunemente
innocua può produrre effetti nocivi esempio ossigeno ed azoto in iper - pressione o acqua ed NaCl
in eccessiva quantità o anche un alimento o un farmaco o anche ad esempio sostanze chimiche non
necessariamente estranee al nostro organismo in quanto prodotte dallo stesso organismo nei
processi metabolici es come NH3 CO e HCN che causano una elevata mortalità anche a
relativamente basse e bassissime concentrazioni sono prodotti anche dal nostro organismo.
Il termine tossico deve essere distinto da rischio (ahazard) , degli autori Anglosassoni, il rischio
indica la probabilità con la quale una determinata sostanza, usata in certe condizioni, produce un
effetto tossico. Ad esempio, due sostanze chimiche: una molto tossica ma debolmente volatile,
l'altra poco tossica ma assai volatile: la probabilità che un operatore sia esposto per inalazione a
concentrazioni tossiche della seconda rispetto alla prima è maggiore; la seconda è quindi più a
rischio della prima benché la prima sia più tossica della seconda; importante dunque, quando
definiamo le misure di sicurezza, considerare non solo la tossicità intrinseca di una sostanza (cioè la
sua capacita di alterare lo stato di salute), ma anche le sue condizioni di utilizzazione (la probabilità
vale a dire di venire a contatto con concentrazioni tossiche).
La TOSSICOLOGIA INDUSTRIALE è quell'aspetto della tossicologia che studia più
particolarmente le sostanze chimiche utilizzate nell'industria o in generale negli ambienti di lavoro
mediante l'identificazione, l'analisi del meccanismo d'azione, del metabolismo , delle interazioni
delle sostanze chimiche industriali, della diagnostica delle intossicazioni, del trattamento a della
prevenzione degli effetti tossici the esse provocano. II suo scopo è essenzialmente quello di
prevenire lo sviluppo di lesioni tossiche mediante la ricerca dei limiti tollerabili di esposizione
ovvero : la concentrazione nell'aria entro la quale non si verifica alcun effetto tossico e il
rilevamento precoce di una esposizione eccessiva ma non ancora lesiva, tale cioè da non aver
provocato lesioni irreversibili dosando direttamente la sostanza chimica considerata o i suoi
metaboliti nei liquidi biologici (sangue, urine, ecc.), sia rintracciando una alterazione biochimica o
fisiologica precoce ancora reversibile.
Gli effetti delle sostanze tossiche ovvero l’azione di “ Xenobiotici” sull’uomo si esemplificano
con i seguenti eventi clinici rappresentativi dello stato del soggetto ovvero della sua malattia
in conseguenza dell’azione tossica:
Intossicazione acuta
Esposizione di breve durata con rapido assorbimento : dose unica o ripetuta nell'arco di 24 ore. I
sintomi dell'intossicazione si manifestano rapidamente. La morte o la guarigione avvengono in poco
tempo.
Intossicazione subacuta in questo caso, sono necessarie esposizioni frequenti o ripetute entro un
periodo di parecchi giorni o settimane prima che si manifestino i
sintomi dell'intossicazione.
Intossicazione cronica si tratta di esposizioni ripetute in un lungo periodo di tempo (in genere
lungo tutta la durata della vita dell'animale di laboratorio). I segni clinici dell'intossicazione si
manifestano: sia perché il veleno si accumula nell'organismo, vale a dire che la quantità eliminata e
inferiore a quella assorbita. La concentrazione del tossico nell'organismo aumenta progressivamente
fino al raggiungimento di una concentrazione sufficiente a scatenare le manifestazioni cliniche. E’ il
caso del saturnismo cronico; sia perché gli effetti provocati dalle esposizioni ripetute si sommano
senza che il tossico si accumuli nell'organismo. E’ il caso dell'intossicazione cronica da solfuro di
carbonio.
Tipo d'azione: Locale il tossico agisce unicamente nel punto di contatto: pelle, occhi, tratto
digerente, vie respiratorie ecc.
Generale o sistemica : l'azione del tossico si manifesta in siti lontani dal punto di contatto iniziale.
Classificazione delle sostanze
Le sostanze e i preparati sono classificati in base alla normativa di recepimento delle seguenti
direttive ed adeguamenti al progresso tecnico: Direttive 67/548/CEE, 88/93/CEE, 78/631/CEE
D.Lgs.vo 3 febbraio 1997 n°52: Attuazione della direttiva 92/32/CEE concernente classificazione,
imballaggio ed etichettatura delle sostanze pericolose. (G.U. 11/03/97, n°58) Secondo tale decreto
sono considerati pericolosi le sostanze ed i preparati: OMISSIS f) molto tossici: le sostanze ed i
preparati che, in caso di inalazione, ingestione o assorbimento cutaneo, in piccolissime quantità,
possono essere letali oppure provocare lesioni acute o croniche;
g) tossici: le sostanze ed i preparati che, in caso di inalazione, ingestione o assorbimento cutaneo, in
piccole quantità, possono essere letali oppure provocare lesioni acute o croniche;
h) nocivi: le sostanze ed i preparati che, in caso di inalazione, ingestione o assorbimento cutaneo,
possono essere letali oppure provocare lesioni acute o croniche;
i) corrosivi: le sostanze ed i preparati che, a contatto con i tessuti vivi, possono esercitare su di essi
un’azione distruttiva;
l) irritanti: le sostanze ed i preparati non corrosivi, il cui contatto diretto, prolungato o ripetuto con
la pelle o le mucose può provocare una reazione infiammatoria;
L’assegnazione delle categorie molto tossiche, tossiche o nocive in base ai valori di DL50 e CL50
viene recepita con il D.P.R. 20 febbraio 1998 n°141 con riferimento ai seguenti parametri:
Una ulteriore classificazione e definizione per le sostanze pericolose viene fornita nel D.Lgs 17
agosto 1999 n°334 che nell’art. 2 (ambito di applicazione) definisce quanto segue: “Ai fini del
presente decreto si intende per la presenza di “sostanze pericolose” la presenza di queste, reale o
prevista, nello stabilimento, ovvero quelle che si reputa possano essere generate, in caso di perdita
di controllo di un processo industriale, in quantità uguale o superiore a quelle indicate nell’allegato I
del presente decreto. Mentre nell’articolo 3 (definizioni) vengono definite “sostanze pericolose” le
sostanze, le miscele o preparati elencati nell’allegato I parte 1, o rispondenti ai criteri fissati
nell’allegato I parte 2 Ai criteri di valutazione delle sostanze tossico-nocive bisogna associare una
assegnazione della categoria cioè del grado di pericolosità di queste sostanze.
Introduciamo ora il concetto di “TOSSICITA’ ACUTA” nella cui denominazione sono compresi
quegli effetti che sono o possono essere riconducibili ad una unica esposizione (somministrazione).
Gli effetti di questo tipo sono caratterizzati mediante la determinazione della DOSE capace di
uccidere la metà degli animali da esperimento, del potere irritante per gli occhi e per la pelle, del
potere corrosivo, del potere sensibilizzante.
DOSE LETALE (DL50) è la dose singola di una sostanza, valutata statisticamente, che si prevede
provochi la morte del 50% nelle cavie trattati dopo 14 gg per via orale o cutanea.
CONCENTRAZIONE LETALE MEDIANA (CL50) è la concentrazione di una sostanza in aria,
valutata statisticamente, che si prevede provochi la morte, durante l’esposizione o entro un
determinato tempo, consecutivo ad una esposizione per via inalatoria, del 50% nelle cavie trattati
per un periodo di tempo.
Il valore della CL50 viene espresso in termini di peso della sostanza in esame per volume standard
di aria (mg/l).
ACCUMULO DEL TOSSICO
Il tossico può accumularsi nell'organismo, ma la sua azione tossica non compare finchè o non
raggiunge un certo limite o viene mobilizzato dai tessuti nei quali si è depositato. Cosi se si
espongono dei ratti ad un agente liposolubile in maniera prolungata, questo si accumula nel tessuto
adiposo in quantità crescente, dove apparentemente non produce alcuna alterazione metabolica. Se
in seguito si costringe l'animale a digiunare, esso mobilizzerà i grassi del tessuto adiposo e libererà,
nella circolazione tale sostanza che potrà esercitare i suoi effetti tossici es. sul sistema nervoso
centrale.
Bisogna dunque distinguere tra esposizione acuta o cronica e effetti acuti o cronici. Es. una sola
dose di triortocresilfosfato (TOCP) produce nell'uomo una lesione nervosa irreversibile paralisi
periferica . Un'esposizione acuta ha dunque prodotto un effetto cronico . In certi casi, dopo
un'esposizione acuta o subacuta, la lesione non compare che dopo un certo periodo di latenza
(intervallo di relativo benessere fino alla comprasa dei sintomi clinici) .
Così, dopo la somministrazione di alcune dosi di un solvente (dimetilnitrosamina) nel ratto compare
una necrosi epatica. La capacità di rigenerazione dell'organo permette una rapida guarigione della
lesione epatica. Però, se gli animali sono mantenuti in vita ed osservati, si constaterà che più
tardivamente si svilupperanno dei tumori renali .
Fattori responsabili di un'azione elettiva del tossico su di un particolare organo
Essi possono essere:
1. Il grado di perfusione di un organo (flusso ematico attraverso di esso) che determina una
concentrazione eccessiva della sostanza nell'organo;
2. La composizione chimica dell'organo (per esempio il suo tenore in lipidi);
3. La sua localizzazione particolare lungo la via di trasporto del tossici es. i polmoni saranno
spesso colpiti se il tossico viene inalato. Il fegato costituirà l'organo bersaglio dei tossici ingeriti,
poichè il tossico assorbito attraverso il sistema portale raggiungerà il fegato prima di essere
diluito nella circolazione generale;
4. le caratteristiche biochimiche dell'organo colpito, per esempio: mitosi numerose (sistema
eritropoietico) ; capacità dell'organo di metabolizzare la sostanza chimica in un derivato ancor
più tossico ; bisogni metabolici particolari dell'organo colpito; il cervello, ad esempio, soffre
molto rapidamente per la mancanza d'ossigeno.
Faffori che influenzano la risposta dell'organismo ad un composto tossico l’intensità della
risposta dell'organismo ad un tossico dipende dalla quantità del tossico fissato ai siti d'azione (la
quale e la risultante della concentrazione del tossico a livello di questi siti e della sua affinità per gli
stessi), dalla sua attività intrinseca, vale a dire dalla natura della interazione tossico - sito d'azione,
in certi casi dalla velocità con la quale realizza il legame ai recettori e dal tempo che esso dura.
Il numero delle molecole del tossico che raggiungeranno e si fisseranno al recettore sarà
determinato da vari fattori:
a. Proprietà fisico- chimiche della sostanza, solubilità, tensione di vapore, costante di ionizzazione,
reattività chimica, stabilita, dimensioni delle particelle ecc.
b. Fattori sperimentali : modalità d'assorbimento, dose, velocità di somministrazione, solvente,
composizione... Ad esempio la DL50 dell'anidride arseniosa somministrata al ratto per via
sottocutanea può variare da 9 mg/kg a 500 mg/kg, a seconda che sia disciolta in una soluzione di
Ringer (soluzione salina fisiologica impiegata per rimpiazzare perdite di liquido dall'organismo
contiene 130 mEq di sodio, 4 mEq di potassio e 2,7 mEq di calcio, bilanciati da 109 mEq di
cloruro e 28 mEq di lattato ) o che sia somministrata sotto forma di conglomerati cristallini .
c. Fattori biologici : assorbimento, distribuzione, metabolismo, escrezione, reattività dei recettori ,
specie, età, sesso, peso, differenza genetica, precedenti alterazioni dello stato di salute, condizioni
metaboliche (riposo, fatica), stato di nutrizione ed idratazione.
Così, una condizione di disidratazione aumenta la tossicità delle sostanze idrosolubili (sali solubili
di piombo, d'antimonio, metacolina) ma diminuisce la suscettibilità alle sostanze liposolubili
(benzene, tricloroetilene, parathion) . La deficienza di vitamina E aumenta la tossicità dell'ozono nel
ratto . I mixedematosi (Ipotiroidei cronici) sono piu resistenti all'azione del Warfarin (farmaco
anticoagulante) , sembra in seguito ad una ridotta affinità dei recettori per il Warfarin (il cui
assorbimento e metabolismo non sono modificati nei mixedematosi) Differenze di sensibilità tra le
specie animali sono ben note. Così la scimmia è resistente agli agenti meta - emoglobinizzanti
mentre l'uomo è molto sensibile. Questa differenza tra le varie specie può essere dovuta a:
1. La variabilità di sensibilità del recettore; cosi l'acetilcolinesterasi di differenti specie può
manifestare una differente sensibilità ad essere inibita dagli esteri organofosforici.
2. Differenze nell'assorbimento, nella distribuzione e nel metabolismo delle sostanze tossiche.
Vie di penetrazione nell'organismo
a Via orale : esclusi gli effetti locali sul tratto digestivo, la risposta dell'organismo al tossico
dipenderà, in gran parte, dal grado di assorbimento della sostanza, il tossico viene assorbito per via
digestiva (ad eccezione delle mucose buccale e rettale), per prima cosa raggiunge il fegato che
rappresenta il principale organo bersaglio e d'inattivazione dei tossici. L'ingestione di sostanze
tossiche ha un ruolo secondario nelle intossicazioni legate all’ambiente più frequentemente si
verifica l'assorbimento del tossico per via polmonare o cutanea. Peraltro, una sostanza chimica una
volta inalata, può essere secondariamente assorbita, almeno in parte, per via digestiva. Così, le
particelle di piombo in sospensione nell'aria possono dapprima essere inalate, e quindi, in seguito ai
meccanismi di clearance polmonare, trasportate coi movimenti del muco polmonare e dei macrofagi
a livello della laringe e secondariamente ingerite. Una parte di questo piombo ingerito sarà
assorbito a livello del tratto digestivo. Per questo, negli ambienti di lavoro dei laboratori è vietato
conservare alimenti, mangiare, fumare . Nei casi gravi l’ingestione di acidi o alcali può avere
conseguenze gravissime per le gravi lesioni sulle vie digerenti .
b. Via iniettiva: E.V(endovenosa) , I.P( Intraperitoneale ), S.C. ( sottocutanea) , I.M.
( Intramuscolare ) .
Si tratta di vie di penetrazione sperimentali o terapeutiche , L'iniezione endovenosa EV produce
la massima concentrazione del tossico nel sangue al momento dell'iniezione mentre con le altre
forme di iniezione il picco della concentrazione ematica si raggiunge più tardivamente ed è
generalmente meno elevato.
La velocità con la quale si forma il picco della concentrazione ematica può avere un ruolo
importante nelle manifestazioni tossiche per cui una somministrazione endovenosa di 10 mg/kg di
una sostanza tossica può produrre il medesimo livello di concentrazione ematica della
somministrazione orale di 100 mg/kg.
Se la DL50 di un tossico somministrato per via orale e vicina alla DL50 per via endovenosa, la
sostanza e in genere assorbita rapidamente e completamente per via intestinale. Non
necessariamente si verifica l'inverso. Cosi, una sostanza può essere rapidamente assorbita per via
intestinale, ma essere completamente inattivata al momento del suo passaggio attraverso il fegato
prima di immettersi nella circolazione generale. In questo caso, sarà sicuramente meno tossica per
via orale che per via endovenosa.
Viceversa, si può comprendere, benché si verifichi raramente, una situazione nella quale una
sostanza sarà piu tossica per via digestiva che endovenosa, se ad opera del fegato o della flora
intestinale viene trasformata in una sostanza più tossica o se le condizioni del tubo digerente
permettono la sintesi di composti particolarmente tossici (per esempio la sintesi di cicloesilamina a
partire dal ciclamato, o la formazione di nitrosamina a partire dai nitriti e dalle amine secondarie)
che non verrebbero formati se le stesse sostanze fossero somministrate per via parenterale. Una tale
situazione è eccezionale e molto spesso se una sostanza non è molto tossica se somministrata per
via endonevosa, la sua tossicità acuta è molto debole in qualunque altra forma di somministrazione.
In tossicologia sperimentale e molto utile la via di somministrazione intraperitoneale. Una sostanza
somministrata per questa via è generalmente assorbita dalla circolazione portale e deve passare per
il fegato prima d'arrivare ad altri organi. Somministrando una sostanza per via intraperitoneale, noi
non facciamo altro che escludere la barriera gastro-intestinale.
c. Inalazione - Via respiratoria
Questa è la principale porta d'entrata dei tossici nell'organismo nell'ambiente industriale (aereosol,
gas, fumi, vapori). Il polmone offre una vastissima superficie d'assorbimento (2 volte la superficie
di un campo da tennis); i capillari polmonari sono in contatto pressochè diretto con l'aria esterna.
L'esposizione dell'organismo dipende dalla concentrazione (C) del tossico nell'aria ambientale ed
inoltre dal tempo d'esposizione (T), ragion per cui, quando menzioniamo una CL50 (50% della
concentrazione letale), bisogna anche precisare la durata d'esposizione.
Si è constatato (legge di Haber) che, entro certi limiti, il prodotto CxT, per una determinata risposta,
e una costante (K). Se l'esposizione ad una concentrazione di 25 ppm della sostanza per 10 ore
produce una mortalità del 50%, un'esposizione di 36 ppm per 7 ore dovrà provocare lo stesso effetto.
Questo concetto e in realtà applicabile in casi limitati e valido soltanto per le esposizioni acute.
Nel caso di penetrazione di un tossico per via polmonare, il grado di esposizione può essere
determinato assai facilmente. Al contrario, la quantità di tossico assorbita dall'organismo è molto
spesso indeterminabile. Questa quantità, in effetti, dipenderà non solo dalla concentrazione del
tossico nell'aria e dalla durata dell'esposizione, ma anche da una moltitudine di altri fattori, quali:
--i parametri respiratori (frequenza, volume respiratorio)
--la solubilità della sostanza che determinerà se è assorbita dalle vie respiratorie superiori o inferiori
--la solubilità del gas nel sangue
--la perfusione polmonare
--il diametro delle particelle se si tratta di un aereosol; le dimensioni delle particelle determinano il
sito in cui si depositano e di conseguenza, i meccanismi di clearance che entrano in gioco.
--la combinazione gas-aereosol.
Numerosi tossici (solventi) dotati di scarsissima tossicità orale sono generalmente molto dannosi
nel caso di una ingestione accidentale; in questo caso infatti sono assai facilmente aspirati nei
polmoni causando una polmonite chimica. Il kerosene, per esempio, ha una DL50 per via orale di 3040 ml per kg nel ratto e al tempo stesso l'aspirazione nei polmoni di qualche goccia provoca una
polmonite chimica fulmineamente mortale. In certi casi, l'inalazione di un composto chimico può
secondariamente favorire le infezioni polmonari (danneggiando la quantità o la qualità delle
secrezioni fisiologiche delle vie respiratorie). Va inoltre segnalato che le sostanze assorbite per via
polmonare raggiungono direttamente i vari organi (cervello, rene) senza passare dal filtro epatico
contrariamente a quanto fanno le sostanze ingerite. Per inalazione gli agenti chimici possono
penetrare sotto forma di gas, fumi, vapori, aerosol, polveri;gli effetti possono essere imediati
(irritazione delle vie respiratorie, broncospasmo ecc.), in conseguenza del meccanismo di azione
dell’agente chimico in questione, ma anche ritardati per sensibilizzazione allergica o cronici per
alterazione permanente della mucosa bronchiale, o interessare altri organi che in questo caso si
definiscono “bersaglio” es. fegato o rene o SN (epatopatie tossiche, tubulonecrosi, encefalopatie neuropatie tossiche).
d.Via Cutanea
Il tossico può avere un effetto locale (irritazione, necrosi, eczema...) o generale.
I fattori che determinano l'assorbimento cutaneo sono:
1. Le proprietà fisico-chimiche della sostanza utilizzata:
--certe sostanze penetrano attraverso le ghiandole sebacee, mentre altre penetrano direttamente
attraverso le cellule dell'epidermide.
--Solubilità nell'acqua e nei lipidi.
--Peso molecolare.
--Ionizzazione.
2. Il solvente utilizzato: cosi il dimetilsulfossido e la dimetilformamide possono accelerare
l'assorbimento percutaneo di diverse sostanze disciolte in questi solventi.
3. La concentrazione della sostanza.
4. L'integrità dei tegumenti.
5. La temperatura.
6. Il grado d'idratazione della pelle e il suo pH.
7. Lo stato della cute (abbondanza di follicoli piliferi, spessore dello strato corneo e dello strato
lipidico sottocutaneo)
Si ritiene anche che l'assorbimento cutaneo possano provocare una reazione allergica : esempi di
sostanze sensibilizzanti: p-fenilendiamina, dinitroclorobenzene, toluendiisocianato, alcuni metalli
(nichel, mercurio, cromo esavalente). Certe sostanze sono assorbite molto rapidamente dalla pelle:
anilina, esteri organofosforici.
Circa il contatto cutaneo si rammenta che lo stesso è in funzione sia del tipo di agente chimico, sia
delle caratteristiche del contatto, sia delle caratteristiche dell’operatore.Infatti l’azione di agenti
caustici, acidi e/ o irritanti in genere può determinare effetti immediati come bruciore, eritema e/o
indebolimento dello strato cutaneo; effetti ritardati a seguito della sensibilizzazione del soggetto
interessato con l’agente chimico (dermatiti da contatto); effetti cronici per alterazione permanente
degli strati cutanei;
c. Via oculare
Prevale l'azione locale del tossico anzichè le eventuali manifestazioni di ordine generale.
Il problema dei cancerogeni in quanto per gli stessi bisogna ricordarsi che le dosi possono essere
molto piccole, il numero degli agenti chimici cancerogeni o sospetti tali è in notevole aumento,
possono agire con un meccanismo “iniziatore” della neoplasia o “ promotore” della stessa, con il
risultato di attivazione delle azioni geniche che originano la stessa neoplasia. Nel compito di
individuazione valutazione e classificazione dei cancerogeni sono impegnati enti internazionali
come l’International Agency for Research on Cancer (IARC), quest’ultima definisce categorie di
cancerogenesi basate sullo studio di pubblicazioni scientifiche mirate a tal fine:
Gruppo 1 Cancerogeni per l’uomo
Gruppo 2 A - Probabili cancerogeni per l’uomo
Gruppo 2 B - Sospetti Cancerogeni per l’uomo
Gruppo 3
-
Agenti non classificati per la cancerogenicità
per l’uomo
Gruppo 4 - Agenti che probabilmente non sono cancerogeni
per l’uomo
La CEE con la direttiva 91/325 ha adottato una distinzione in tre categorie :
Categoria 1 : sostanze note per gli effetti cancerogeni sull’uomo. Esistono prove
sufficienti per stabilire un nesso causale fra l’esposizione dell’uomo ad una
sostanza e lo sviluppo di tumori
Categoria 2 : sostanze che dovrebbero considerarsi cancerogene per l’uomo.
Esistono elementi sufficienti per ritenere verosimile che l’esposizione dell’uomo
ad una sostanza possa provocare lo sviluppo di tumori, in generale sulla base di :
- adeguati studi a lungo termine effettuati su animali
- altre informazioni specifiche
Categoria 3 : sostanze da considerare con sospetto per i possibili effetti
cancerogeni sull’uomo
per le quali tuttavia le informazioni disponibili sono
sufficienti per procedere ad una valutazione sufficiente. Esistono alcune prove
ottenute da adeguati studi sugli animali che non bastano tuttavia per classificare
la sostanza nella categoria 2.
In Italia vi è la Commissione Consultiva Tossicologica Nazionale (CCTN) che
individua a sua volta 5 categorie di cui la prima parla di sufficiente evidenza di
cancerogenicità e la seconda di elementi sufficienti per ritenere verosimile che
l’esposizione dell’uomo a determinate sostanze possa provocare lo sviluppo di
tumori.
Con criteri analoghi più o meno classificano anche i cancerogeni l’ US NTP
(National Toxicology Program operante negli USA) e l’US EPA( Environmental
Protection Agency).
Per gli standard negli ambienti di lavoro più o meno tutti fanno riferimento
all’ACGIH (American Conference of Governmental Industrial Hygienists) ; i
limiti vengono definiti come :
TLV - TWA (Threshold Limit Value - Time Weight Average) corrispondente
alla media ponderata nelle otto ore per una settimana lavorativa di 5 gg e 40 ore
totali ; Valore limite di soglia. Concentrazione di una sostanza aerodispersa al di
sotto della quale si ritiene che la maggior parte dei lavoratori possa rimanere
esposta ripetutamente giorno per giorno senza effetti negativi per la salute. SONO
PERTANTO VALORI LIMITE DI SOGLIA E CONCENTRAZIONE MASSIME
ACCETTABILI
–
SONO
RACCOMANDAZIONI
indicate
annualmente
dall’ACGIH (American Conference of Governmental Industrial Hygienists) e
sono raccomandati anche dall’AIDII (Associazione
Italiana degli Igienisti
Industriale per l’igiene industriale e per l’ambiente). I TLV si suddividono in
TLV-TWA, TLV-STEL e TLV-C. Questi limiti non costituiscono una linea di
demarcazione netta fra concentrazione non pericolosa e pericolosa, né un indice
relativo di tossicità, ma servono come orientamento per la prevenzione dei rischi
per la salute negli ambienti di lavoro.
TLV – TWA (Time Weighted Average): Per i composti aerodispersi rappresenta
la concentrazione mediata nel tempo per una normale giornata lavorativa di otto
ore ed una settimana lavorativa di 40 ore, per una vita lavorativa (40 anni), alla
quale tutti i lavoratori possono essere esposti ripetutamente, giorno dopo giorno,
senza effetti avversi.
TLV –STEL (Short Term Exposure Limit): limiti che non devono essere raggiunti
come media per più di 15 minuti per un massimo di quattro volte per turno
lavorativo indicati per alcune sostanze che presentano rischi di irritazione, di
effetti irreversibili o che provocano narcosi. Per i composti aerodispersi
rappresenta la concentrazione alla quale i lavoratori possono essere esposti con
continuità per un breve periodo di tempo senza soffrire di irritazione, danni
tissutali cronici od irreversibili, narcosi di grado sufficiente ad incrementare il
rischio di infortuni, impedire l’autosoccorso o ridurre l’efficienza lavorativa. Non
è un limite di esposizione indipendente e separato, bensì affianca ed integra il
TWA quando si sono riscontrati effetti acuti da parte di una sostanza per la quale
gli effetti tossici sono primariamente di natura cronica. I valori STEL sono
raccomandati solo ove gli effetti tossici sono risultati da un alta esposizione per
breve termini in uomini od animali, valore STEL è definito come un valore
mediato in un tempo di 15 minuti che non deve mai essere superato durante la
giornata lavorativa, esposizioni tra il TWA e lo STEL non dovrebbero essere più
lunghe di 15 minuti e non dovrebbero avvenire più di quattro volte al giorno, con
intervalli non inferiori a 60 minuti.
TLV - Ceiling (TLV-C) concentrazione che non dovrebbe essere
superata
nemmeno per un istante. La possibilità di assorbimento cutaneo viene indicata
con la notazione Skin (S). Nella pratica dell’igiene industriale se la misurazione
ad ogni istante non è fattibile, il TLV – C può essere accertato campionando ogni
15 minuti, tranne che per
quelle sostanze che possono causare irritazione
immediata con brevi esposizioni. Per alcune sostanze, ad esempio gas irritanti,
solo il TLV – C può essere rilevante. Per altre sostanze possono essere rilevanti
una o due categorie, dipendemente dalla loro azione fisiologica. È importane
osservare che se uno di questi limiti di soglia viene superato si presume che esista
un potenziale pericolo da queste sostanze.
I valori dei TLV possono essere tratti dal manuale “Threshold Limit Value”
dell’ACGIH. Tali limiti sono definiti da organizzazioni come l’OSHA (US
Occupational Safety and Health Administration), il NIOSH (US National Institute
for Occupational Safety and Health, l’ACGIH (American Conference of
Governmental Industrial Hygienists) o altri enti simili ed in caso di disaccordo
conviene scegliere i più cautelativi.
Nella pratica disponendo delle schede di sicurezza a norma CEE è necessario
ricercare le frasi di rischio che per il problema della cancerogenicità sono indicate
in R45 (può provocare il cancro) ed R 49 ( può provocare il cancro per
inalazione).
Le indicazioni contenute sono applicabili anche ai laboratori che eseguono
attività lavorative analoghe come ad esempio uso di prodotti
chimici di
provenienza commerciale di cui deve essere sempre nota la composizione
effettiva (es. laboratori fisici, chimico-fisici , biologici , archeologici, fotografici,
restauro).
Le espressioni delle concentrazioni in volume e in peso sono tra loro legate da
una semplice formula che permette con rapidità il passaggio dall’una all’altra
forma:
mg/m3 = (ppm x M)/24,450 dove: mg/m3 = espressione della
concentrazione in peso; ppm = espressione della concentrazione in volume; M =
peso molecolare della sostanza; 24,450 = volume occupato da una grammomole di
gas a 25° e 760 mm di Hg. Indici di riferimento Al fine di stabilire se le
concentrazioni rilevate negli ambienti di lavoro rispettino
le condizioni di
salubrità dello stesso o, nel caso di sostanze chimiche non convenzionali, per
stabilire se nelle zone soggette ad un attacco terroristico, sussistano le condizioni
di sopravvivenza per le persone, occorre effettuare una verifica con degli indici di
riferimento che rappresentano i livelli di esposizione accettabili da parte dei
soggetti esposti. Un primo importante parametro è l’IDLH (“Immediately
Dangerous to Life and Health”: fonte NIOSH/OSHA): IMMEDIATAMENTE
PERICOLOSO ALLA VITA e/o ALLA SALUTE: concentrazione di sostanza
tossica fino alla quale l’individuo sano, in seguito ad esposizione di 30 minuti non
subisce per inalazione danni irreversibili alla salute e sintomi tali da impedire
l’esecuzione delle appropriate azioni protettive. In realtà tale parametro è stato
sviluppato dal NIOSH per la selezione dei dispositivi respiratori e corrisponde
alla massima concentrazione in aria di una sostanza (ppm e/o mg/m3) in presenza
del quale un lavoratore sano ha un tempo massimo di 30’ per fuggire. Per sostanze
che non hanno un valore di IDLH si può considerare il LOC = LEVEL OF
CONCERN : LIVELLO DI GUARDIA = Concentrazione in aria di una sostanza
pericolosa in presenza dalla quale un generico individuo disponga di un tempo
massimo di 30 minuti, senza che si producano effetti gravi e irreversibili per la
salute o il decesso. Il LOC ha un valore pari a 1/10 di quello dell’IDLH ed è il
corrispettivo di questo parametro per la popolazione generale. Il LOC
(“Chemical Process Quantitative Risk Analysis”) può essere ricavato dai seguenti
limiti di dose e/o concentrazione ricavati da prove effettuate in laboratorio su
cavie: LOC = 0,1 x LC50 LOC = LCL0 LOC = 0,01 x LD50 LOC = 0,1 x LDL0
È possibile effettuare il calcolo di LC50 (umano) utilizzando un fattore di
estrapolazione fd (30minutes) LC50 (umano) = fd x 30 minuti LC50 (animale).
[“Green Book del TNO”]. Il fattore fd è differente per ogni animale e/o cavia da
laboratorio ed è pari a: animale/cavia Ratto Mouse Cavia Criceto fd 0,25 0,5 0,2
0,3 Calcolo dell’IDLH Si può inoltre stimare un valore di IDLH per l’uomo dai
valori del LOC (animale) secondo la seguente formula: (“Chemical Process
Quantitative Risk Analysis”) ESTIMATED IDLH (mg/m3) = (LOC x 70 Kg) 0,4
m3 dove: 70 Kg è il peso medio di un adulto 0,4 m3 è il volume inalato da un
adulto in 30’.
Esempio di come si può
e si deve procedere
es. utilizzando Internet
per
conoscere la tossicità di un prodotto.
In primis vedere la formula di struttura, se vediamo questa possiamo identificare i
Siti attivi, ovvero quelli responsabili dell’azione tossica
Acrilammide
Caratteristiche generali
Formula
bruta
molecolare
o
CH2CHCONH2
Massa molecolare (u)
71,08 g/mol
Aspetto
solido incolore
Numero CAS
79-06-1
Proprietà chimico-fisiche
Densità liq (g/cm3, in
1,127 (25 °C)
c.s.)
Solubilità in acqua
2040 g/l (25 °C)
Temperatura di fusione
357 (84°C)
(K)
Temperatura
ebollizione (K)
di 398 (125°C) (33,3
hPa)
Indicazioni di sicurezza
Simboli di rischio chimico
L' acrilammide è l'ammide dell'acido acrilico e
dell'ammoniaca. Da Wikipedia
A temperatura ambiente si presenta come un solido
incolore inodore. È un composto cancerogeno,
mutageno, tossico.
La poliacrilammide è un derivato polimerico che
sotto forma di gel trova applicazione come supporto frasi R: R 45-46-E24/25-E48/23/24/25
frasi S: S 53-45
nell'ambito dell'elettroforesi e della cromatografia.
reazione di acrilonitrile e acido solforico e da essa si prepara la poliacrilammide utilizzata come
agente flocculante nei processi di flottazione.
2-propenamide; Aam; Acrilamide; Acrilamide monomero; Acrilic ammide; Acrylagel; Acrylamide
monomer; Acrylamide; Acrylamine; Acrylic acid amide; Acrylic amide; Ammide acrilica; Amresco
acryl-40; Ethylenecarboxamide; Etilenecarbossiammide; Optimum; Propenamide; Propeneamide;
Propenoic acid amide; Propenoic acidamide; Propenoic acidemide; Rcra waste number u007; Un
2074; Vinyl amide
Acrilammide, patate fritte e patatine sotto accusa
Asparagina
Caratteristiche
generali
Formula
bruta
molecolare
o
C4H8N2O3
Massa molecolare (u) 132,12
Aspetto
solido
cristallino
bianco (monoidrato)
Numero CAS
5794-13-8
Nome
IUPAC
Proprietà
chimico-fisiche
Asparagina
Costante
di
pK1:
dissociazione acida a
pK2: 8,72
293 K
Punto isoelettrico
5,41
Solubilità in acqua
22 g/l a 293 K
Temperatura
fusione (K)
di 488
(215°C)
decomposizione
2,14
con
Proprietà termochimiche
4-ammide
2(S)-ammino-1,40
-1 dell'acido
-789,4
fH (kJ·mol )
butandioico
Indicazioni di sicurezza
Abbreviazioni
N
ASN
Nomi alternativi
frasi
R:
R
L-asparagina
frasi
S:
S
-acido L-2-amminosuccinamico
--
L’acrilammide Progetto composti
è una sostanza
che si forma naturalmente negli alimenti a seguito di processi di
cottura ad alta temperatura (es. cottura al forno, griglia o frittura).
L’acrilammide provoca il cancro negli animali e secondo gli
esperti è molto probabile che lo induca anche nell’uomo.
Sebbene l’acrilammide sia probabilmente parte della dieta fin da
quando l’uomo ha cominciato a cuocere i cibi, gli esperti a
livello mondiale hanno raccomandato una riduzione del suo tenore negli alimenti, dati i timori che
questa sostanza suscita sotto il profilo della sicurezza.
Si è riscontrata la presenza di acrilammide in una vasta gamma di alimenti, tra quelli preparati a
livello industriale. Tale sostanza è stata rilevata in particolare nelle patate fritte e nelle patatine tipo
chips.
Modalità di formazione
•
•
•
L’acrilammide si forma da una reazione tra l’asparagina e degli zuccheri riducenti (entrambi
presenti naturalmente nelle patate ... quindi sostanze naturali non tossiche che lo diventano!).
L’acrilammide si forma a temperature superiori a 120 °C.
La quantità di acrilammide che si forma dipende:
o dalla temperatura;
o dal tempo di cottura;
o dalla quantità di asparagina e zuccheri riducenti nelle patate.
Altri cibi industriali con una rilevante quantità di acrilammide sono:
•
•
•
•
•
•
•
•
•
cornflakes
müsli
pane
wafer
torte
cioccolato lavorato
pop corn
crackers
e naturalmente patatine fritte e chips sopra tutti
ORGANI BERSAGLIO
Le principali vie di assorbimento sembrano essere quella dermica e quella per inalazione.
Nell'esposizione umana attraverso queste vie si sono registrati danni al sistema nervoso centrale e
periferico. Due studi di mortalità condotti tra lavoratori esposti ad acrilammide non hanno dato
risultati significativi. Nel topo, in seguito a somministrazione orale, si è registrato un aumento
nell'incidenza di papilloma delle cellule squamose e di carcinoma della pelle.
UTILIZZO
Monomero(usato soprattutto per la produzione di poliacrilammidi), additivo per intonaci,
addensante per lattice, stabilizzante per inchiostri, agente gelificante per esplosivi, gel per
elettroforesi. I polimeri sono usati come: flocculanti nelle acque civili e industriali, trattamento
lavaggio petrolio, agglomerante e additivo per carta e pasta di legno, flocculante e chiarificante
acque di scarico dei processi dell'industria mineraria ed estrattiva, agente ritardante della
disidratazione del cemento, nella preparazione dei cosmetici, stabilizzante del suolo, disperdente
delle vernici, agente per il trattamento delle fibre tessili, chiarificante delle soluzioni nell'industria
alimentare, additivo nei processi di formatura delle anime di fonderia.
TIPOLOGIE DI AZIENDA
Agricoltura.
Costruzione e demolizione di edifici.
Finissaggio di fibre, filati, tessuti e articoli confezionati.
Impianti di potabilizzazione, sterilizzazione e disinquinamento dell’acqua.
Industria dei prodotti chimici inorganici ed organici.
Industria dei prodotti tossici e corrosivi.
Industria petrolchimica.
Laboratori di analisi.
Lavorazione completa di fibre tessili.
Lavorazione e trasformazione delle resine sintetiche e dei materiali polimerici termoplastici e
termoindurenti.
Miniere di minerali metalliferi e non metalliferi.
Produzione di alimenti.
Produzione di congegni esplosivi (cartucce, proiettili, bombe, ecc.).
Produzione di esplosivi da scoppio e da lancio; propellenti.
Produzione di essenze e profumi senza distillazione.
Produzione di fibre tessili artificiali e sintetiche.
Produzione di inchiostri, gomma arabica, colle, prodotti per tipografie.
Produzione di leganti minerali, di argille espanse, di vermiculiti e perliti.
Produzione di liquori.
Produzione di olio di oliva.
Produzione di paste per carte e cartoni.
Produzione di polimeri sintetici ed artificiali.
Produzione di vini.
Rifusione, getto, finitura di manufatti in ghisa o acciaio.
Trattamento e lavorazione delle materie prime e produzione della ghisa, dell’acciaio e prime
lavorazioni.
Trattamento e lavorazione delle materie prime per la produzione di metalli e loro leghe.
NOTE
Il 20% della produzione mondiale è utilizzato dall'industria della carta.
La CEE associa alla classificazione di cancerogenicità le seguenti note:
NOTA D: Talune sostanze che tendono spontaneamente alla polimerizzazione o decomposizione si
riscontrano generalmente sul mercato sotto forma stabilizzata. È appunto sotto questa forma che
sono elencate nell'allegato I della presente direttiva.
Tuttavia, tali sostanze sono a volte immesse in commercio sotto forma non stabilizzata. In questo
caso, il fabbricante o qualsiasi altra persona che le immette in commercio deve specificare
sull'etichetta il nome della sostanza seguito dalla dicitura "non stabilizzata".
Esempio: acido metacrilico (non stabilizzato).
NOTA E: Alle sostanze aventi effetti specifici sulla salute delle persone (cfr. capitolo 4 dell'allegato
VI), classificate come cancerogene, mutagene e/o tossiche per il ciclo riproduttivo, appartenenti alle
categorie 1 o 2, viene attribuita la nota E se sono classificate anche come altamente tossiche (T+),
tossiche (T), o nocive (Xn). Per dette sostanze, le fasi di rischio R 20, R 21, R 22, R 23, R 24, R 25,
R 26, R 27, R 28, R 39, R 40, R 48 e R 65 e tutte le combinazioni di questi frasi di rischio devono
essere precedute dalla parola "anche".
Esempi:
R 45-23 " Può causare il cancro. Anche tossico per inalazione"
R 46-27/28 "Può causare danni genetici ereditari. Anche altamente tossico a contatto con la pelle e
per ingestione"
Valori Limite di Soglia (ACGIH)
Cute, A3, frazione inalabile, vapori e aerosol, TWA 0,03 mg/m³, ssnc
Valori Limite di Soglia (altri enti)
TWA 0,03 mg/m³ (OSHA); 10-h TWA 0,03 mg/m³ cute (NIOSH)
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
Monografie IARC 60 (1994) (p. 389).
HSDB (Hazardous Substances Data Bank).
American Conference of Governmental Industrial Hygienists. Threshold Limit Values and
Biological Exposure Indices. Cincinnati, OH 2007.
Altro esempio Melamina
Melammina
Nome IUPAC
2,4,6-triammino-1,3,5-triazina
Nomi alternativi
Cianurammide
Caratteristiche generali
Formula
bruta
molecolare
o
C3H6N6
Massa molecolare (u)
126,12
Aspetto
solido
bianco
Caratteristiche e preparazione a
temperatura
cristallino
ambiente è un solido bianco cristallino quasi
Numero CAS
108-78-1
insolubile in acqua; il punto di fusione è a 354°C.
Proprietà chimico-fisiche
Si può ottenere dalla calcio cianammide (CaNCN), Solubilità in acqua
Insolubile
passando attraverso la cianammide CNNH2 e la
Temperatura di fusione
dicianammide HN=C(NH2)NHCN.
627 (354°C)
(K)
Attualmente viene prodotta industrialmente Indicazioni di sicurezza
dall'urea con due metodi: catalisi in fase gassosa o
Flash point (K)
573 (300°C)
riscaldandola (350-400°C) in eccesso di
ammoniaca alla pressione di 50-100 atm in fase Melammina
liquida.
6 CO(NH2)2
C3H6N6 + 3 CO2 + 6 NH3
La melammina è insieme alla formaldeide la
materia prima per la preparazione delle resine
melamminiche.
Il composto, in virtù della presenza del gruppo
NH2 nella molecola, può falsare alcuni metodi di
determinazione analitiche della concentrazione di
proteine, anch'esse, in quanto formate da polimeri
aminoacidici, dotate del gruppo funzionale, negli
alimenti. Per simulare in modo criminale una
maggiore presenza proteica, si sono verificati
gravissimi casi di intossicazione alimentare dovute
a sofisticazione con questo composto. Il fatto è
avvenuto prima nel 2005 in tutto il nord america
con fatti di evidenza veterinaria e morte di animali
da compagnia, e a seguire per quanto noto, dal
2008 in Cina con sofisticazione di latte, in polvere
e non, di largo uso pediatrico. Il fatto ha causato
numerose morti e intossicazioni, principalmente di
bambini e con danni in primo luogo a carico renale
Simboli di rischio chimico
frasi
R:
frasi S: S 36/37
R
43
Progetto composti
Alla luce di quanto sopra, la FDA ha inteso diramare uno stato d’allerta sulle seguenti fonti
proteiche: Glutine di riso, frumento, soia e mais, farina di glutine di mais, proteine di riso e
concentrao di proteine di riso, sottoprodotti del mais, proteine (inclusi aminoacidi e idrolisati
proteici) , proteine da fagioli. Inoltre, ha inteso avvisare i Centres of Disease Control and Prevention
(CDC), per verificare se si stia registrando una maggiore incidenza di patologie renali nella
popolazione umana, quale possibile conseguenza dell’esposizione alimentare a melamina e prodotti
analoghi.. Tossicità: Poco è dato a conoscere sulla tossicità della melamina nell’uomo, d’altra parte
non sono stati fino a ora riportati casi di intossicazione acuta, imputabili direttamente a tale sostanza.
Non ci sono dati tossicologici per l’uomo e il gatto. Nel ratto il più basso NOAEL riportato è di 63
mg/kg peso vivo/ giorno, per un periodo di esposizione di 13 settimane, con esposizione orale
tramite il mangime. Tale dato di tossicità sub-cronica è stato preso come Punto di Partenza (POD)
dalla FDA per una preliminare valutazione del rischio di esposizione alimentare nell’uomo. Gli end
points tossicologici sono: ridotto consumo di cibo e conseguente perdita di peso, calcoli in vescica,
cristalluria e iperplasia dell’epitelio vescicale, ridotta percentuale di sopravvivenza. Nel cane esiste
un solo studio di tossicità cronica, ( 1200 mg/ kg per un anno, per via orale). A parte la presenza di
cristalli urinari, non si sono notati effetti tossici. Esposizioni continue per 2 anni a 4500 ppm o 263
mg/kg peso vivo/ giorno ) so state correlate con la maggiore incidenza di calcoli e di tumori nella
vescica. Nel ratto, dove viene assorbita ed escreta senza metabolizzazione estensiva, si riporta una
DL50 > di 3.000 g /kg, per assunzione orale. Può essere irritante sulle mucose oculari e sulla pelle.
Nei conigli, la DL50 per esposizione cutanea risulta > di 1000 mg/ kg. Nel topo e nel ratto, la
melamina è risultata avere una DL50 di 6.0 g/kg , per somministrazioni gastriche mediante
gavaggio, e di 4,3 g/kg se inalata. Tuttavia, in combinazione con l’acido cianidrico, utilizzato quale
ritardante di fiamma nella produzione di resine melamminiche, la sua tossicità si abbassa a 4,1 mg
/kg (DL50gastrica) e 3,5 mg/ kg (DL50 per inalazione), contro le rispettive DL50 di 7.7 and 3.4
g/kg per l’acido cianurico. In pecore di razza merino, alimentate con melamina in ragione di 100 g
/capo/ in singola somministrazione, si sono osservati livelli ematici di urea aumentati per 11 giorni,
calo completo dell’appetito e anuria al 10°giorno. L’esame anatomo-patologico ha rilevato la
completa ostruzione dei tubuli con cristalli bianchi. Dosi giornaliere di 25 g e 50 g /capo, hanno
determinato la morte di soggetti dopo 9 e 7 giorni di esposizione, con lesioni renali e abomasali,
cistite emorragica e infiammazione dell’intestino cieco. A dosi di 10 g, due pecore su tre sono morte
entro 31 giorni, con cristalli renali ed edema polmonare. I cristalli, esaminati spettroscopicamente,
in ambiente acido, hanno rilevato un massimo di assorbanza a 235 nm, corrispondente a quello della
melamina.. Non sono stati osservati danni epatici o ridotta motilità dei prestomaci. Per la tossicità
cronica, è stato dimostrato che esposizioni prolungate a melanina possono causare disturbi alla sfera
riproduttiva, calcoli renali, e patologie alla vescica, che possono esitare in tumori. Cani alimentati
con diete contenenti il 3% di melanina, per un anno, hanno manifestato poliuria, con un ridotto peso
specifico delle urine e presenza di cristalli di melanina, proteinuria e sangue occulto. Per quanto
riguarda la valutazione di esposizione nell’uomo, la FDA ritiene che sia improbabile che l’uomo
possa venire in contatto con livelli di contaminazione quali quelli rilevati nei mangimi. Lo scenario
più conservativo ipotizzato assume la presenza di residui di melamina e acido cianurico a livello di
100 ppb in tutti gli alimenti solidi consumati da una persona di 60 kg nell’arco di un giorno (circa
1500 g). pari a 2,5 µg/ kg peso vivo / giorno. Considerando il POD di 63 mg/kg/ peso vivo nel ratto
e scegliendo un fattore di sicurezza di 100, che tiene conto delle possibili variabili interspecifiche,
la dose tollerabile quotidiana (TDI) risulterebbe essere 630 µg/ kg peso vivo / giorno, circa 250
volte inferiore al TDI Tuttavia, rimane aperto il problema della tossicità determinata dalle possibili
interazioni in vivo tra melamina, composti analoghi ed eventuali contaminanti di processo e acido
cianurico (effetti additivi e sinergici). Tale punto costituisce la più importante criticità nella
valutazione tossicologica , in quanto esiste l’evidenza che la melamina presente nei mangimi
contaminati in realtà sia stata ottenuta per recupero dalle acque di processo. Infatti, dal processo di
produzione della melamina si origina un acqua di scarico ad alto potere inquinante, per cui si
procede ad una concentrazione dei residui
solidi, che sono costituiti da circa 70% melamina, 23% da composti analoghi ( le ossitriazine
ammelina, ammelide e acido cianurico). La composizione di tali residui solidi può variare in base
alla tecnologia utilizzata nel processo di produzione. Esiste inoltre l’aspetto derivante dalla
possibile interazione della melamina con altri costituenti della razione alimentare. Sono
documentate lei interazioni tra melamina e acido cianurico e formaldeide; questi ultimi negli USA
possono essere ancora utilizzati in alcuni casi come additivi zootecnici. Tale interazione
comporterebbe una minore solubilità della melamina e favorirebbe la precipitazione di cristalli.
Significato delle visite mediche
Le visite mediche vengono effettuate ai sensi della normativa vigente art. 16 e 17 del dl
626/94
Le stesse possono esser e completate dai seguenti accessori:
Esami di laboratorio: sono finalizzati all’accertamento del condizioni generali di salute sia da un
punto ematologico ( emocromo) che della funzione epatica (transaminasi) e renale ( azotemia ed
esame urine); eventuali alterazioni non sono compatibili con un normale stato general; i markers
relativi alle malattie infettive come le epatiti e lo studio della situazione immunologica (es. test
della tubercolina ) possono essere utili per evidenziare stati di immunodeficienza o di particolare
suscettibilità a reinfezioni da parte di agenti biologici. Eventuali esami relativi ad agenti chimici in
sangue ed urine evidenziano l’eventuale presenza di agenti utilizzati nell’attività lavorativa in
grado di essere assorbiti all’interno dell’organismo ed evidenziabili in sangue urine, aria espirata.
Spirometria: esame necessario al fine di valutare la capacità di ventilazione del soggetto, la cui
integrità è utile per la sua capacità agli sforzi fisici ed all’eventuale rischio da irritanti respiratori
che nei soggetti che presentano un deficit è controindicato; la stessa si basa sulla valutazione dei
volumi e dei flussi , questi ultimi danno informazioni sullo stato dei bronchi più profondi, dove
possono residuare condizioni di ostruzione a seguito di effetti di polveri ed agenti chimici;
Audiometria: esame necessario per valutare la funzione auditiva , gli impulsi sonori inviati
all’orecchio sono costituiti da frequenze standard 250 , 500, 1000, 2000, 4000, 6000, 8000 Hz, le
più basse si riferiscono ai toni bassi, le più alte ai toni alti, mentre importanti sono le frequenze
500, 1000, 2000 in quanto il deficit in tale intervallo comporta il danno della soglia uditiva per le
frequenze sociali ( voce di conversazione )
Altri accertamenti come ECG ( registrazione del ritmo cardiaco) e la radiografia del torace ( uso
dei raggi X per esplorareo l’interno del torace e quindi i polmoni ed il cuore) possono essere utili
per un completamento del quadro clinico.Approfondimenti con TAC RMN ecocardiografia
implicano un coinvolgimento del medico curante e del SSN nei casi di sospetto di malattia.
La visita si conclude con un giudizio di idoneità che può essere incondizionato: ovvero il
lavoratore può svolgere tutte le attività lavorative in questione, oppure condizionato:
ovvero al lavoratore sono precluse alcune operazioni lavorative : es. evitare carichi del
rachide o lavori con emocontaminati , polveri ed irritanti.
La non idoneità è invece un provvedimento molto grave in quanto il lavoratore non può
svolgere la sua attività per motivi di salute.
Avverso il giudizio di idoneità può essere fatto ricorso all’ASL –Spesal competente entro
30 gg.
Epidemiologia descrittiva:descrive eventi sanitari come malattie, cause di morte e la presenza di
fattori di rischio come ad esempio il fumo di tabacco. È questa la branca che utilizza gli strumenti
statistici detti misure di frequenza (come i tassi di incidenza o di prevalenza, rapporti) e
informazioni di tipo demografico.
Epidemiologia analitica: cerca relazioni/associazioni causa-effetto tra fattori di rischio e malattie
es.tra il fattore di rischio "fumo di sigaretta" e patologie come cancro al polmone, enfisema, etc.
1. gli studi di coorte
2. gli studi caso-controllo
3. gli studi trasversali.
Studi trasversali [modifica]
Gli studi trasversali (o di prevalenza) sono studi che si basano sull'osservazione di un fenomeno o di
un evento clinico in un determinato periodo di tempo. Negli studi di questo tipo non si fa altro che
prendere dei campioni di popolazione e rilevare la prevalenza di una determinata malattia, questi
studi offrono risultati immediati e sono economicamente poco rilevanti in quanto non richiedono
l'impiego di mezzi, tempo e personale per lunghi periodi, però non consentono di calcolare misure
d'incidenza né tantomeno consentono di associare con sicurezza un fattore di rischio. Altri studi
valutano l'efficacia degli interventi sanitari adottati in seguito a indagini epidemiologiche. Studi di
epidemiologia sperimentale possono essere sia di tipo preventivo (ad esempio la valutazione
dell'effettiva riuscita di campagne di sensibilizzazione) che terapeutico (ad esempio sperimentazioni
sui farmaci e tecniche operatorie). Gli studi in epidemiologia sperimentale si possono effettuare a
singolo cieco, a doppio cieco o a triplo cieco. A seconda che 1) solo i volontari non sappiano di
stare nel gruppo dei controlli o degli sperimentali, 2) anche il ricercatore non sa chi appartenga ad
un gruppo e chi ad un altro (lo sa solo il supervisore), 3) ci si affidi ad un ricercatore esterno. Negli
studi caso controllo e di coorte Il quesito è : «forse l'esposizione al fattore x è un determinante
della malattia y»; entrambi questi studi si esemplificano nella tabella a doppia entrata,usata per
verificare se la distribuzione di una variabile dipende in maniera condizionata (o contingente)
dall'altra variabile semplicemente le due variabili tabulate sono rappresentate dalla "esposizione" e
dalla
"malattia".
La tabella di contingenza ha il seguente aspetto:
Studi retrospettivi (o studi caso-controllo)
Negli studi retrospettivi, lo sperimentatore inizia raccogliendo i cosiddetti «casi», ossia gli individui
che presentano la malattia in studio. Nella tabella i casi sono rappresentati dal totale degli individui
(a+c). Viene anche scelto un adatto gruppo di paragone (o di controllo) che comprenderà individui
sani (b+d). A questo punto, attraverso una accurata anamnesi su tutti i soggetti in studio, si
stabilisce come gli ammalati (a+c) debbano essere assegnati alle celle a e c. Analogamente si
stabilisce quanti, fra i controlli, debbano essere assegnati alle celle b e d. La tabella risulta ora
completata, e si può impostare l'analisi, confrontando gli odds di esposizione nei casi (a/c) con gli
odds di esposizione nei controlli (b/d) (confronto fra colonne) La struttura di uno studio
retrospettivo è riassunta nello schema che segue.
Come già detto, gli studi retrospettivi sono basati su gruppi costituiti da individui che, già all'inizio
dell'esperimento, sono noti come «casi» o «controlli»; per questo gli studi di questo tipo sono detti
anche «studi caso/controllo».
Uno studio retrospettivo ha il vantaggio di fornire un risultato relativamente rapido, in quanto
all'inizio dello studio il tempo necessario all'
accadimento degli eventi è già trascorso. Un altro
punto a favore degli studi retrospettivi, rispetto a quelli prospettivi, è la applicabilità ad indagini su
malattie rare, per le quali i casi possono essere raccolti retrospettivamente anche da ospedali.
È però da notare che, proprio per la loro stessa natura, gli studi retrospettivi forniscono - in linea di
massima - risultati meno affidabili rispetto agli studi prospettivi.
Studi prospettivi (o studi di coorte)
Uno studio prospettivo inizia selezionando due gruppi, entrambi costituiti da soggetti sani: un
gruppo comprende soggetti che sono stati esposti alla presunta causa (o lo saranno in futuro), e
l'altro soggetti che non sono stati esposti (e non lo saranno). Quindi, i soggetti selezionati vengono
seguiti nel tempo e andranno a distribuirsi nelle colonne degli ammalati o dei sani.
In questo modo, alla fine dell'esperimento, la tabella risulterà completata con i valori a, b, c, e d.
Si prosegue effettuando la analisi dei dati, confrontando la proporzione di malati tra gli
esposti [a/(a+b)] con la proporzione di malati tra i non esposti [c/(c+d)] (confronto fra righe).
La struttura di uno studio prospettivo è riassunta nello schema che segue.
Interpretare l’RR : • RR >1 • RR =1 • RR <1
Lo studio prospettivo (detto anche «di coorte») ha lo svantaggio di richiedere più tempo, in quanto
si deve seguire nel tempo la comparsa degli eventi. Inoltre, esso non è applicabile a malattie rare per
la difficoltà nel reperimento di un numero di casi sufficiente.Gli studi prospettivi sono superiori a
quelli retrospettivi perché meno soggetti ad «errori sistematici», in quanto essi non dipendono da
dati raccolti in precedenza magari con modalità poco affidabili. Infatti, il ricercatore è in grado di
valutare personalmente la qualità dei dati raccolti, soprattutto per quanto riguarda l'esposizione,cosa
che invece è sempre un po' aleatoria negli studi retrospettivi.Un altro punto a favore degli studi
prospettivi è che essi possono fornire una stima della incidenza (ossia del numero di nuovi casi che
compaiono in un dato tempo) della malattia e possono essere utilizzati per studiare l'effetto di
determinanti rari. É forse opportuno ricordare di nuovo che gli errori sistematici sono vizi di
impostazione di un esperimento che possono influenzarne i risultati, pregiudicandone
l'interpretazione. Le principali fonti di errori sistematici negli studi retrospettivi riguardano
l'accertamento della esposizione che, dovendo essere effettuato con una inchiesta anamnestica, è
per sua natura impreciso e prono ad interpretazioni soggettive. Anche la selezione dei controlli può
essere fonte importante di errori sistematici. Infatti, non è sufficiente scegliere animali sani a caso,
ma occorre che essi siano il più possibile simili agli ammalati; inoltre, se i risultati dello studio
dovranno essere estesi alla popolazione, i controlli dovranno presentare una distribuzione
dell'esposizione simile a quella della popolazione stessa.
Infine, nella figura seguente è illustrata schematicamente la differenza fra studi prospettivi e
retrospettivi; in particolare, viene evidenziato il diverso momento di inizio dell'osservazione della
popolazione in rapporto alla comparsa di malattia.
SOLVENTI
1. Definizione
Viene denominata "solvente" ogni sostanza capace di scioglierne un'altra per
ottenere una soluzione.
I solventi rappresentano un vasto gruppo di composti utilizzati in ambito
professionale, soprattutto per la capacità di rendere meno viscosi i composti polimerici
filmogeni (di cui facilitano l'applicazione) o che dissolvono resine ed oli ai quali
vengono aggiunti; di norma questi composti sono molecole cosiddette organiche.
Negli ambienti di lavoro i solventi possono presentarsi sotto forma di liquidi volatili
e vapori e sono tutti, in genere, potenzialmente tossici per l'organismo umano.
I solventi non rimangono tal quali nel prodotto finito (polimero, strato adesivo, film
superficiale, ecc.), ma evaporano più o meno velocemente, contribuendo così ad
inquinare l'ambiente anche dopo il loro utilizzo.
Classificazione
Vengono classificati tra i solventi:
- gli idrocarburi aromatici (benzene, toluene, xilene, stirene, cumene)
- gli idrocarburi alifatici ed aliciclici (petrolio, benzina, nafta solvente)
- gli idrocarburi alogenati
a) bromosostituiti (bromuro di metile)
b) iodio-sostituiti (iodoformio e ioduro di metile)
c) fluorosostituiti (fluoroalcani o freon e fluoroalcheni)
d) clorurati (Alifatici: cloruro di metile e di etile, diclorometano, tetracloruro di
carbonio, cloroformio, monocloroetano, dicloroetano, tricloroetano e tetracloroetano,
monocloroetilene, dicloroetilene, tricloroetilene e tetracloroetilene. Aromatici:
monoclorobenzene e diclorobenzene)
- gli alcoli (metilico, etilico, isopropilico, isobutilico)
- i chetoni (acetone, metiletilchetone, metilisobutilchetone, cicloesanone,
metilcicloesanone)
- gli esteri (acetati, lattati, formiati, ftalati, dimetilsolfati)
- le aldeidi (acetaldeide, glutaraldeide)
- gli eteri (etere etilico)
- i glicoli e derivati (glicole etilenico, propilenglicole, metilcellosolve, diossano)
- il disolfuro di carbonio.
Tossicità
La tossicità dei solventi è di solito connessa al valore limite di soglia (TLV) della
sostanza in esame, alla velocità di evaporazione (scala convenzionale nella quale è
uguale ad 1 la velocità di evaporazione dell'etere etilico) ed alla temperatura di
ebollizione.
Hanno particolare importanza i TLV che, espressi in mg/mc o in parti per milione
(ppm), indicano le concentrazioni nell'aria ambientale degli agenti chimici al di sotto
delle quali si ritiene che i lavoratori, salvo casi di particolare reattività o predisposizione,
possano essere esposti per 8 ore al giorno e per 40 ore settimanali, per tutta la vita
lavorativa, senza riportare alterazioni dello stato di salute.
I TLV, fissati dall'American Conference of Governmental Industrial Hygienists
(ACGIH) negli Stati Uniti ed adottati, a livello indicativo o ufficiale in molti Paesi,
sono aggiornati ogni anno sulla base degli studi e delle evidenze epidemiologiche ma
sono disponibili solo per una parte delle sostanze chimiche utilizzate nell'industria.
Si riportano di seguito i TLV-TWA (2001) e le principali caratteristiche
tossicologiche di alcuni solventi.
Solventi
TLV-TWA
Cancerogenicità
N° CAS
ppm
mg/mc
Toluene
50
188
A4
108-88-3
Xilene
100
434
A4
1330-20-7
Pentano ed
isomeri
600
1770 78-78-4; 109-66-0; 463-82-1
n-Esano
50
176 110-54-3
Esano, isomeri 500 1760 --n-Eptano
400 1640 142-82-5
Acetone
500
Metil-n-butil
chetone
5
Acetato di pentile
Acetato di etile
Acetato di vinile
1188
20,5
50
400
10
A4
266 1440 35
67-64-1
---
A3
591-78-6
141-78-6
108-05-4
Solventi clorurati sono composti derivati dagli idrocarburi alifatici o dagli
idrocarburi ciclici, nei quali uno o più atomi di idrogeno sono sostituiti da altrettanti
atomi di cloro.
Si tratta di sostanze dotate, nella massima parte, di un ottimo potere solvente,
propellente, refrigerante e di scarsa infiammabilità.
Per le loro caratteristiche trovano largo impiego nell'industria chimica, tessile, della
gomma, delle materie plastiche, degli estintori di incendio, dei liquidi refrigeranti, nelle
operazioni di sgrassaggio e pulitura di metalli, pelli e tessuti.
L'assorbimento dei solventi clorurati si attua prevalentemente per via respiratoria,
ma è possibile anche una introduzione per via cutanea o digestiva; gli effetti tossici
riguardano principalmente il fegato, il rene ed il sistema nervoso centrale.
A concentrazioni elevate possono aversi fenomeni di ebbrezza, seguiti da
depressione e narcosi fino al coma; l'esposizione cronica dà luogo solitamente a disturbi
aspecifici (cefalea, astenia, irritabilità).
Gravi lesioni epatiche e renali a carattere acuto possono verificarsi in caso di
intossicazione massiva; per esposizione protratta nel tempo si osservano solitamente
manifestazioni di epatopatia cronica.
Il maggiore potenziale lesivo, tra i composti alifatici clorurati, è posseduto dal
tetracloruro di carbonio e dal tetracloroetano (nefro-epato-neurotossicità), seguiti dal
cloroformio e dall'1,2 dicloroetano; il tricloroetilene, largamente impiegato in svariati
settori, presenta invece un maggiore rischio di tossicità cronica (possibili epatopatie).
La tossicità dei composti ciclici (monoclorobenzene e diclorobenzene) è analoga a
quella del tetracloruro di carbonio.
Alcuni composti alifatici, inoltre, possono dar luogo ad aritmie cardiache
(tricloroetilene) e, per contatto, a dermatiti irritative o allergiche. In presenza di fuoco o
di superfici ad elevata temperatura, i solventi clorurati alifatici possono decomporre,
dando origine a vapori tossici, contenenti anche fosgene, con gravi ripercussioni
sull'apparato respiratorio (edema polmonare).
I valori limiti di soglia TLV-TWA ambientali ed eventualmente biologici,
raccomandati dall'ACGIH (2001), suddivisi per singolo composto sono riportati nella
tabella seguente, insieme alla classificazione di cancerogenicità secondo la CE e
l'ACGIH.
Solventi
TLV-TWA
N° CAS
ppm mg/mc
- Cloruro di metile
- Cloruro di metilene
- Cloroformio
- Tetracloruro di carbonio
- Cloruro di etile
50
50
10
5
100
103
174
49
31
264
74-87-3
75-09-2
67-66-3
56-23-5
75-00-3
- 1,1 Dicloroetano
- 1,2 Dicloroetano
- 1,1,1 Tricloroetano
- 1,1,2 Tricloroetano
- 1,1,2,2 Tetracloroetano
- Cloruro di vinile
- Dicloroetilene
- Dicloroetilene
- Tricloroetilene
- Percloroetilene
- Monoclorobenzene
- Diclorobenzene orto
- Diclorobenzene para
100
10
350
10
1
1
1,1
1,2
50
25
10
25
10
405
40
1910
55
6,9
2,6
5
20
200
269
170
46
150
60
75-34-3
107-06-2
71-55-6
79-00-5
79-34-5
75-01-4
75-35-4
793
79-01-6
127-18-4
108-90-7
95-50- 1
106-46-7
-
Per il tricloroetilene costituiscono indicatori biologici di esposizione (IBE): l'acido
tricloroacetico urinario (IBE di 100 mg/g di creatinina) ed il tricloroetanolo urinario
(IBE di 300 mg/g di creatinina), dosati al termine della settimana lavorativa.
Gli IBE proposti per il clorobenzene sono il 4-clorocatecolo nelle urine (150 mg/g
creatinina) o il p-clorofenolo nelle urine (25 mg/g creatinina).
L'esposizione a 1,1,1 tricloroetano può essere valutata utilizzando il dosaggio
dell'acido tricloroacetico nelle urine (IBE 10 mg/l) o il tricloroetanolo nelle urine (IBE
30 mg/l) e nel sangue (IBE 1 mg/l), alla fine della settimana lavorativa.
Per il percloroetilene si è proposta la determinazione della sostanza tal quale nel
sangue (IBE 0.5 mg/l) o dell'acido tricloroacetico nelle urine (IBE 3.5 mg/l) a fine turno
ed a fine settimana lavorativa.
Come si è visto, alcuni indicatori biologici di esposizione a solventi clorurati non
sono specifici per ogni singolo composto, nè hanno lo stesso limite proposto.
Interventi di prevenzione e mezzi di protezione
La prevenzione dei rischi connessi all'uso di solventi clorurati dovrà attuarsi
preferibilmente mediante isolamento in circuito chiuso delle attività lavorative a
maggior rischio o, nell'impossibilità di realizzarlo, mediante sistemi di aspirazione dei
vapori alla fonte.
7. Schede per l'imballaggio e l'etichettatura
Scheda 1
NOME
Cloroformio
Formula
CHCl3
Cas. n.
67-66-3
CEE n.
602-006-00-4
Xn; R 22-38-40-48/20/22
Note
C 20%;
5% C < 20%;
Xn; R 22-40-48/20/22
1% C < 5%; Xn; R 40
Classificazione
Carc. Cat. 3
(R 22) Nocivo per ingestione
(R 38) Irritante per la pelle
(R 48/20/22) Nocivo: pericolo per gravi danni alla salute in caso di esposizione prolungata per inalazione
o ingestione
(R 40) Possibilità di effetti irreversibili
Etichettatura
(S 2) Conservare fuori della portata dei bambini
(S 36/37) Usare indumenti protettivi e guanti adatti
Scheda 2
NOME
Diclorometano-Cloruro di metilene
Formula
CH2Cl2
Cas. n.
75-09-2
CEE n.
602-004-00-3
Note
---
Classificazione
Carc. Cat. 3
(R 40) Possibilità di effetti irreversibili
Etichettatura
(S 2) Conservare fuori della portata dei bambini
(S 23) Non respirare i gas, fumi, vapori, areosoli (termine(i) appropriato(i) da precisare da parte del produttore)
(S 24/25) Evitare il contatto con gli occhi e con la
pelle
(S 36/37) Usare indumenti protettivi e guanti adatti
Scheda 3
NOME
Tetraclorometano
Formula
CCl4
Cas. n.
56-23-5
CEE n.
602-008-00-5
Note
C 1%;
0,2% C < 1%;
Xn;
T;
R 23/24/25-40-48/23
R 20/21/22-48/20
Classificazione
Carc. Cat. 3
(R 23/24/25) Tossico per inalazione, contatto con la
pelle e per ingestione
(R 40) Possibilità di effetti irreversibili
(R 48/23) Tossico: pericolo per gravi danni alla salute in caso di esposizione prolungata per inalazione
(R 52/53) Nocivo per gli organismi acquatici, può provocare a lungo termine effetti negativi per l'ambiente
acquatico
(R 59) Pericoloso per lo strato di ozono
Etichettatura
(S 1/2) Conservare sotto chiave e fuori della portata
dei bambini
(S 23) Non respirare i gas, fumi, vapori, areosoli (termine(i) appropriato(i) da precisare da parte del produttore)
(S 36/37) Usare indumenti protettivi e guanti adatti
(S 40) Per pulire il pavimento e gli oggetti contaminati da questo prodotto, usare........... (da precisare da parte del produttore)
(S 45) In caso di incidente o di malessere consultare
il medico (se possibile mostrargli l'etichetta)
(S 59) Richiedere informazioni al produttore/fornitore per
il recupero/riciclaggio
(S 61) Non disperdere nell'ambiente. Riferirsi alle istruzioni
speciali schede informative in materia di sicurezza
Scheda 4
NOME
1,1 Dicloroetano
Formula
CH3-CHCl2
Cas. n.
75-34-3
CEE n.
602-011-00-1
Note
C 20%;
12,5% C < 20%; Xn;
Xn;
R 22
R 22-36/37
Classificazione
(R 11) Facilmente infiammabile
(R 22) Nocivo per ingestione
(R 36/37) Irritante per gli occhi e le vie respiratorie
(R 52/53) Nocivo per gli organismi acquatici, può provocare a lungo termine effetti negativi per l'ambiente
acquatico
Etichettatura
(S 2) Tenere fuori della portata dei bambini
(S 16) Conservare lontano da fiamma e scintille Non fumare
(S 23) Non respirare i gas, fumi, vapori, aerosoli (termine(i) appropriato(i) da precisare da parte del produttore)
(S 61) Non disperdere nell'ambiente. Riferirsi alle istruzioni
speciali schede informative in materia di sicurezza
Scheda 5
NOME
1,2 Dicloroetano
Formula
CH2Cl-CH2Cl
Cas. n.
107-06-2
CEE n.
602-012-00-7
Note
C 25%;
20% C < 25%;
T;
0,1% C < 20%;
T;
T;
R 45-22-36/37/38
R 45-36/37/38
R 45
Classificazione
Carc. cat. 2
(R 11) Facilmente infiammabile
(R 45) Può provocare il cancro
(R 22) Nocivo per ingestione
(R 36/37/38) Irritante per gli occhi, le vie respiratorie
e la pelle
Etichettatura
(S 53) Evitare l'esposizione - procurarsi speciali istruzioni prima dell'uso
(S 45) In caso di incidente o di malessere consultare
il medico (se possibile mostrargli l'etichetta)
Scheda 6
NOME
Vinile cloruro
Formula
C2H3Cl
Cas. n.
75-01-4
CEE n.
602-023-00-7
Note
---
Classificazione
Carc. cat. 1
(R 45) Può provocare il cancro
(R 12) Estremamente infiammabile
Etichettatura
(S 53) Evitare l'esposizione - procurarsi speciali istruzioni prima dell'uso
(S 45) In caso di incidente o di malessere consultare
il medico (se possibile mostrargli l'etichetta)
Scheda 7
NOME
Tricloroetilene
Formula
C2HCl3
Cas. n.
79-01-6
CEE n.
602-027-00-9
Note
C 1%; Xn; R 40
Classificazione
Carc. cat. 3
(R 40) Possibiità di effetti irreversibili
(R 52/53) Nocivo per gli organismi acquatici, può provocare a lungo termine effetti negativi per l'ambiente
acquatico
Etichettatura
(S 2) Tenere fuori della portata dei bambini
(S 23) Non respirare i gas, fumi, vapori, aerosoli (termine(i) appropriato(i) da precisare da parte del produttore)
(S 36/37) Usare indumenti protettivi e guanti adatti
(S 61) Non disperdere nell'ambiente. Riferirsi alle istruzioni
speciali schede informative in materia di sicurezza
Scheda 8
NOME
Tetracloroetilene
Formula
C2Cl4
Cas. n.
127-18-4
CEE n.
602-028-00-4
Note
C 1%; Xn; R 40
Classificazione
Carc. cat. 3
(R 40) Possibiità di effetti irreversibili
(R 51/53) Tossico per gli organismi acquatici, può provocare a lungo termine effetti negativi per l'ambiente
acquatico
Etichettatura
(S 2) Tenere fuori della portata dei bambini
(S 23) Non respirare i gas, fumi, vapori, aerosoli (termine(i) appropriato(i) da precisare da parte del produttore)
(S 36/37) Usare indumenti protettivi e guanti adatti
(S 61) Non disperdere nell'ambiente. Riferirsi alle istruzioni
speciali schede informative in materia di sicurezza
Scheda 9
NOME
Monoclorobenzene
Formula
---
Cas. n.
108-90-7
CEE n.
602-033-00-1
Note
C 5%; Xn; R 20
Classificazione
(R 10) Infiammabile
(R 20) Nocivo per inalazione
(R 51/53) Tossico per gli organismi acquatici, può provocare a lungo termine effetti negativi per l'ambiente
acquatico
Etichettatura
(S 2) Tenere fuori della portata dei bambini
(S 24/25) Evitare il contatto con gli occhi e con la
pelle
(S 61) Non disperdere nell'ambiente. Riferirsi alle istruzioni
speciali schede informative in materia di sicurezza
Scheda 10
NOME
Diclorobenzene orto
Formula
---
Cas. n.
95-50-1
CEE n.
602-034-00-7
Note
C 20%;
5% C < 20%;
Xn;
Xn;
R 22
R 22-36/37/38
Classificazione
(R 22) Tossico per ingestione
(R 36/37/38) Irritante per gli occhi, le vie respiratorie
e la pelle
(R 50/53) Altamente tossico per gli organismi acquatici,
può provocare a lungo termine effetti negativi per l'ambiente acquatico
Etichettatura
(S 2) Tenere fuori della portata dei bambini
(S 23) Non respirare i gas, fumi, vapori, aerosoli (termine(i) appropriato(i) da precisare da parte del produttore)
(S 60) Questo materiale e il suo contenitore devono essere
smaltiti come rifiuti pericolosi
(S 61) Non disperdere nell'ambiente. Riferirsi alle istruzioni
speciali schede informative in materia di sicurezza
Scheda 11
NOME
Diclorobenzene para
Formula
Cas. n.
106-46-7
CEE n.
602-035-00-2
Note
---
Classificazione
(R 22) Tossico per ingestione
(R 36/38) Irritante per gli occhi e la pelle
Etichettatura
(S 2) Conservare fuori dalla portata dei bambini
(S 24/25) Evitare il contatto con gli occhi e la pelle
(S 22) Non respirare le polveri
(S 46) In caso d'ingestione consultare immediatamente
il medico e mostrargli il contenitore o l'etichetta