La lettura che apre il cuore e la mente: viaggio nei
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La lettura che apre il cuore e la mente: viaggio nei
NESSUNA COSA É PIÙ SORPRENDENTE DELL’UMANO (Sofocle) La lettura che apre il cuore e la mente: viaggio nei miti antichi alla scoperta dell'uomo” PAOLO MOLINARI Rovereto, 18 maggio 2016 Sala conferenze Fondazione Caritro - Piazza Rosmini, 5 – Rovereto Incontro promosso dalla scuola Paritaria Veronesi e dal Centro culturale Rebora Poniamo a Paolo Molinari alcune domande: Per che motivo vale la pena leggere un libro oggi? A cosa serve la lettura? Che senso, che utilità hanno i miti antichi per la gente di oggi, per i bambini e i ragazzi di oggi? Nel progetto educativo della Scuola Veronesi diciamo: Desideriamo far crescere un alunno “vivo”. La nostra impostazione educativa valorizza e vuole incrementare, in quanto fondamentali per imparare e per vivere, la capacità di stupirsi, la disponibilità a rischiare personalmente e a prendere sul serio le domande che la situazione pone, la capacità di vivere l’errore come occasione per un approfondimento di conoscenza e consapevolezza, la disponibilità al lavoro guidato. Per questo ci interessa educare la capacità di affezione a sé, ai contenuti da indagare, ai compagni, agli insegnanti. In che modo la lettura, in che modo i miti antichi servono a far crescere “persone vive”? Paolo Molinari Cosa mi autorizza a parlare di letteratura? Il fatto di essere umano. Il problema della vita non è il dolore o la fatica Pensiamo al parto: il parto non commuove soltanto perché si genera una vita, ma perché lo sguardo della madre - sfinito e provato dal dolore e dalla fatica - si trasfigura, si illumina non appena stringe fra le braccia il suo bambino. Questa immagine è emblematica della vita: il problema della vita non è il dolore, ma il Significato. La vita diventa disumana quando non vediamo il suo scopo (non perché non ci sia! Perché noi non lo vediamo o lo dimentichiamo). Capita spesso di essere “travolti” dalla vita: facciamo tante cose ma non ci ricordiamo più perché le facciamo! Perciò siamo alienati: preoccupati di tutto tranne che della nostra umanità, del nostro cuore! A che ci serve possedere tutto se poi perdiamo noi stessi? L’arte e la letteratura servono a farci “tornare persone”. La letteratura, in particolare, è un dialogo tra due persone: chi ha scritto e chi legge. Nella nostra epoca la letteratura è un esempio di “resistenza umana”: rimette al centro il valore dell’umanità. E’ il tentativo di un uomo di raccontare ad un altro uomo le questioni della vita: è un tentativo di svelare il mistero. Mistero perché nessuno sa cosa sia veramente la vita, ma non possiamo non viverla! Nessuno sa cosa sia veramente l’amore, ma tutti tentiamo di amare! I bambini, specialmente, non sanno nulla della vita (ecco perché chiedono sempre “perché?”) Il modo più semplice di introdurre un bambino alla realtà è la lettura: è fondamentale leggere ad un bambino. Consideriamo ora alcuni miti, alcune storie: La prima è tratta dall’Iliade: è la storia di Achille che decide di uccidere Ettore per vendicare il suo amico Patroclo. Achille aveva ricevuto un dono speciale da Zeus. Gli era stata concessa la possibilità di scegliere il proprio destino, cioè decidere se vivere una vita lunga ma scontata, senza particolari eventi, per finire poi dimenticato, o una vita breve ma eroica e piena di gloria per ottenere così fama ed eternità. Achille sceglie quest’ultima. Tutti desideriamo fare cose grandi, è insito nella nostra natura di uomini, perché siamo gli unici esseri ad avere coscienza del vivere, a cui non basta semplicemente vivere, gli unici a volere uno scopo. Però in un passo dell’Odissea ci viene raccontato che Ulisse scende agli inferi, trova Achille e lo loda perché anche negli inferi è “re di tutti i defunti” ma, contrariamente a quanto ci aspetteremmo, Achille non trova consolazione in ciò: preferirebbe essere l’ultimo dei servi, piuttosto che essere morto. Non c’è nulla che valga la vita! Qual è allora la verità? Lo sono entrambe! Si tratta di un paradosso. La vita vale se ha uno scopo, ma è anche vero che la vita è in sé un bene prezioso! L’uomo antico non censure nulla: noi viviamo in una società che censura e cancella tutto ciò che è spiacevole. L’uomo antico invece trattiene tutto il senso, anche se in apparente contraddizione: dare la vita / non c’è niente che valga la vita. Achille quindi giunge al giorno della sua gloria: vendicherà l’amico perché quel giorno Achille è invincibile. Lui solo sconfigge un esercito intero. Di fronte a lui rimane solo Ettore. Quest’ultimo chiede pietà ad Achille: sa che Achille vincerà ma gli chiede di, non tanto di essere risparmiato, ma che il suo corpo venga restituito alla sua famiglia. (Due erano i mali assoluti nell’antichità: nutrirsi di carne umana e non seppellire i morti, non dare loro la pace dopo la morte) Achille risponde furibondo che se potesse si nutrirebbe della sua carne ma che si limiterà a farlo a pezzi e a darlo in pasto ai cani Perché Achille risponde con tanta crudeltà? Per arroganza. Si sente invincibile, non teme nemmeno gli dei, diventa arrogante. Il male, la cattiveria hanno origine nell’arroganza. Noi viviamo immersi nell’arroganza, nell’assenza di limiti, esiste solo il desiderio: viviamo nella dittatura del desiderio (Benedetto XVI). La prima conseguenza di questa arroganza è la distruzione della bellezza (Achille che infierisce sul corpo di Ettore che prima veniva descritto come “bello”); poi la tragedia che si espande schiacciando tanti altri uomini (la moglie di Ettore che sviene, Priamo addolorato per la morte del figlio…). Nelle pagine che seguono Achille si trasforma completamente nel giro di una manciata di ore, da aguzzino spietato (uccide Ettore e poi ne trascina il cadavere nella polvere girando 3 volte intorno alla città) a compassionevole figlio (quando il vecchio padre arriva davanti a lui implorando di riavere il corpo del figlio per dargli degna sepoltura, ne ha estrema compassione, al punto da cedergli il suo posto sul trono). Cosa cambia in quest’uomo dal mattino alla sera? Achille, consapevole che la sua vita sarà breve prova compassione (patire insieme) per questo vecchio uomo, in cui riconosce l’immenso dolore che anche suo padre proverà alla sua morte. La coscienza del limite risveglia l’umano. Il limite ci rende umani, cancellarlo ci rende dei mostri. La società di oggi è così violenta, arrogante, da renderci di fatto dei mostri. Questa storia potrebbe essere stata scritta oggi! Eppure Omero conosceva così poco del mondo rispetto a ciò che conosciamo noi… Che cosa è rimasto costante, uguale nel tempo? L’arte mette a tema l’umano, per questo le pagine della letteratura antica appaiono attuali, perché mentre la storia si succede, il cuore dell’uomo non cambia, è sempre quello. L’origine di molti nostri dolori è l’arroganza. Fermandoci a meditare su questo testo possiamo scoprire quanto spesso siamo arroganti! Il secondo racconto è sumero. Si tratta di uno dei testi più antichi della storia dell’umanità. Parla della nascita delle stagioni. In passato la vita dell’uomo dipendeva strettamente dalla natura: l’inverno era una stagione drammatica che rischiava di portare alla morte popoli interi. Altrettanto sconvolgente era il mistero della rinascita in primavera: alternarsi di morte e resurrezione. Ecco perché sono nati i miti della nascita delle stagioni. L’uomo si vanta della sua intelligenza, ma l’intelligenza è soltanto uno strumento dell’evoluzione, ciò che fa scoprire le cose è l’inquietudine, curiosità (perché?). Noi pensiamo di esistere, di consistere perché possediamo e più possediamo più ci sentiamo forti. Nella letteratura Inanna, dea del cielo sposata con un uomo, vuole vedere e visitare l’inferno. Si riempie di corone e mantelli, che la fanno sentire potente, forte, ma attraversando le porte dell’inferno, mano a mano perde tutto. Nudi veniamo al mondo e nudi torniamo all’essere, questa è la legge della natura, sembra che ce lo scordiamo mentre cerchiamo di possedere e ancora possedere. La sorella, dea degli inferi, non appena lei le arriva davanti, la uccide. Il padre le invia delle creature che cantando il dolore della morte riescono a commuoverla (che sappiano capire e cantare il dolore degli uomini) – “chi siete voi che riuscite ad esprimere il mio dolore come se fosse vostro?” - e a convincerla a restituire alla vita la sorella Iman. Questa è l’arte: poter cantare il dolore dell’uomo. Inanna torna sulla terra, scortata dai demoni (esseri disumani perché privi di sentimento, di cuore, che agiscono impenetrabili in maniera meccanica) perché deve trovare qualcuno che prenda il suo posto nel regno dei morti; tutti fuggono, tranne il marito che amandola profondamente la aspetta. Lei, terrorizzata dal ricordo della morte, temendo di dover tornare negli inferi, lo tradisce e lo consegna ai demoni. Il padre di Inanna contrariato, trasforma le gambe del marito di lei in zampe di cervo per consentirgli di scappare, ma dopo giorni di fuga il suo corpo umano si rassegna alla fame e alla stanchezza e si ferma. Viene ucciso. La natura di fronte a questa morte ingiusta (al tradimento) si ferma: l’acqua non scorre, le piante non crescono…La sorella dell’uomo in preda al dolore inizia a vagare senza meta fino a raggiungere le porte dell’inferno, dove implora la vita del fratello offrendo in cambio la propria. La dea della morte, di fronte a tanta gratuità e purezza, si commuove per la seconda volta. Decide di restituire alla vita l’uomo per 6 mesi all’anno in cambio della sorella (inverno) e viceversa per i restanti 6 mesi (primavera). L’uomo antico vedendo e temendo l’inverno, che era realmente drammatico perché durante l’inverno per il freddo o per la fame si poteva morire, si chiedeva cosa potesse ferire la natura in questo modo, da sembrare di farla morire. L’inverno rappresenta l’amore tradito, la primavera rappresenta l’amore. Di tutti i nostri desideri il più grande e profondo è l’amore, amare ed essere amati: l’unica cosa che può penetrare il nostro cuore arrogante è l’amore gratuito, la gratuità e la misericordia sono l’unica cosa che penetra la durezza del nostro cuore. Gratuità e misericordia non sono un’invenzione del cristianesimo (che semmai le porta a compimento): è l’uomo che è fatto così! Che conoscenza profondissima avevano i Sumeri del nostro cuore 5000 anni fa! Noi oggi conosciamo tutto, ma siamo profondamente ignoranti sul nostro cuore; possediamo il mondo, ma perdiamo noi stessi. La lettura è importante anche per noi, perché leggendo ai nostri figli facciamo noi stessi memoria del nostro cuore e lo trasmettiamo. Non temiamo di leggere queste grandi storie ai nostri figli solo perché sono piccoli: non esiste un’alba per bambini e un’alba per adulti… esiste l’alba! Possiamo aiutarli a leggere l’arte antica, loro tratterranno e capiranno in base alla loro coscienza, noi dobbiamo solo cercare di ridurre la crudezza o la ridondanza del racconto senza impoverirlo di contenuti. Prima di tutto, però, dobbiamo capire noi e non ridurci noi! Non facciamo l’errore di ridurli (e di ridurci) al loro (nostro) limite, perciò diamogli e diamoci qualcosa di degno del nostro e loro cuore! Non ci sono racconti per bambini, solo per uomini. I figli da piccoli seguono noi, poi crescendo giocano la loro libertà, non possiamo pensare di educare senza tenere in considerazione la liberta (non siamo i loro padroni)! ma da piccoli siamo noi a plasmarli. Noi per primi dobbiamo fortificarci nella lettura. Proponiamo loro ciò che a noi piace, senza imposizioni o divieti (di solito sono i 2 modi per ottenere l’effetto opposto!), La vera letteratura, la storia lo dimostra, ha sempre posto le fondamenta di una civiltà (La Bibbia, Gilgamesh, Eneide, Iliade, Odissea…). Se l’uomo dovesse continuamente ripartire da zero non si sarebbe evoluto: tramandare è la sua forza. Ecco perché dobbiamo insegnare all’uomo ciò che conta, a cosa serve la vita (la bellezza, il dolore, il sacrificio, la morte e la rinascita…). La letteratura cerca di trasmettere questo Così come il corpo, anche il cuore è da coltivare! Nell’antica Grecia il giorno del teatro era considerato talmente importante che nessuno lavorava eppure, per venire in contro alle famiglie più in difficoltà, la giornata veniva ugualmente pagata come lavorata. Il teatro era considerato importantissimo, alla stregua del cibo, il nutrimento dell’anima. E noi siamo preoccupati del nostro cuore? Sosteniamoci in questo, e così aiutiamo anche i nostri figli!