tecnologie e servizi per le reti di nuova generazione

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tecnologie e servizi per le reti di nuova generazione
A.Valenti, S. Pompei, L. Rea, F. Matera
Fondazione Ugo Bordoni, viale del Policlinico 147, 00100 Roma
NOTE
G.M. Tosi Beleffi, D. Del Buono, S. Di Bartolo, G. Incerti
Istituto Superiore delle Comunicazioni e Tecnologie dell’Informazione, viale America 201, 00144 Roma
TECNOLOGIE E SERVIZI PER LE RETI DI NUOVA GENERAZIONE
(TECHNOLOGIES AND SERVICES FOR NEXT GENERATION NETWORKS)
S
bstract: in this work the authors reports
on the experiments regarding the technologies and the services for next generation networks. In particular the results are addressed on
methods to achieve and to measure Quality of
Service (QoS). The methods to achieve the QoS
are mainly based on the implementation of logical
paths achieved by means of the Virtual Private
LAN Service (VPLS) in GbE networks. We consider access network infrastructures based on passive optical networks (PON) and we investigate
about some forwarding processes by adopting
novel approach based on Layer 2 (carrier ethernet
by means of PBB-TE) and Layer 1 (optical wavelength conversion) multicasts.
1. Introduzione
In questo documento riportiamo alcuni esperimenti che hanno fornito delle chiare indicazioni
sulla QoS nelle reti di nuova generazione.
Gli esperimenti che vengono riportati in questo contributo toccano tutti i principali temi che
riguardano le reti NGN, dalle reti di accesso in
fibra ottica alle reti core [1-3]. In particolare
mostriamo i risultati riguardanti i seguenti argomenti:
• Gestione della QoS e dell’unbundling in reti
PON
• Misure della QoS in reti PON con la finalità
di vedere come meglio sfruttare la banda da
parte dell’utenza senza incorrere nelle limitazioni dovute ai sistemi operativi dei PC
• Realizzazione di una completa rete TV basata su protocollo IP e con l’utilizzo di una
infrastruttura basata su CDN
• Instradamento di segnali basati su nuovi
ommario: in questo lavoro riportiamo i
risultati riguardanti le tecnologie ed i servizi
per le reti di nuova generazione. In particolare gli
autori si sono focalizzati sui metodi per ottenere
e per misurare la Qualità del Servizio. Si mostra
come la QoS possa essere gestita con alta affidabilità introducendo percorsi logici ottenuti con la
tecnica VPLS. Si considerano inoltre accessi basati
su reti passive ottiche (PON) e si riportano alcuni
risultati su nuovi processamenti multi cast a livello
2 (Carrier Ethernet per mezzo del PBB-TE) e a
livello 1 (conversione di lunghezza d’onda tutta
ottica).
La richiesta di banda sempre più crescente da
parte dei servizi di nuova generazione, come ad
esempio i servizi Triple Play, sta portando a una
continua crescita del traffico dati sulle reti di telecomunicazione, con un ruolo predominante giocato dai servizi video. Infatti, grazie alla disponibilità
di bande sempre più elevate, gli utenti possono
fruire oggi di contenuti televisivi in Standard
Definition (SD), High Definition (HD) e 3D, sia in
modalità on-demand che live.
Questa evoluzione del traffico sta portando a
profondi cambiamenti nelle reti di telecomunicazione, da una parte con accessi che mettono a disposizione capacità sempre più elevate sia in modalità fissa che mobile, dall’altra con modifiche nella
rete core per effettuare instradamenti del traffico
sempre più efficienti.
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processi multicast a livello 2 (carrier ethernet) e livello 1 (conversione tutta ottica di
lunghezza d’onda).
Vengono inoltre accennati altri esperimenti che
riguardano le tecniche xDSL e Wi-Fi, i ponti radio
e i ponti ottici e maggiori dettagli possono essere
trovati nei riferimenti bibliografici indicati.
2. Le reti di nuova generazione
Nella fig. 1 è riportato lo schema attuale del
laboratorio di reti NGN dell’ISCOM. Il collegamento all’anello ottico Roma-Pomezia è lungo 25
km “one way” ed è costituito da 80 fibre monomodali, delle quali 30 DS (dispersion shifted,
G.653), 20 nzd (non zero dispersion, G.655) e 30
SF (standard fibe G.652r). A questo link ottico
sono connessi tre apparati Alcatel (Fig.1).
Il cuore è formato da sette routers, quattro
Juniper (due M10 e due M10i) e tre Alcatel 7750,
mentre la parte periferica è costituita dai 3 router
Cisco 3845 e un Alcatel 7450. I routers della serie
M di Juniper sono di fascia alta, pensati ed equipaggiati per far parte di una core network, mentre i
routers della serie 3800 della Cisco sono di fascia
media, tipicamente utilizzati come routers di
accesso. Proprio per le caratteristiche degli apparati, la rete è stata progettata in modo che i quattro routers Juniper fungano da core network completamente magliata con connessioni di 50 km, e i
tre routers Cisco siano utilizzati come nodi della
rete di accesso. Un discorso a parte riguarda i router Alcatel 7750 che sono utilizzati per realizzare
funzioni avanzate di instradamento come ad esempio quelle di tipo Carrier Ethernet (PBB-TE) [4-5].
Occorre precisare che la rete è stata anche
sperimentata con collegamenti più lunghi per raggiungere dimensioni nazionali ed in particolare
sono state usate connessioni lunghe 350 km con
tratte amplificate otticamente con EDFA [6].
Dalla figura 1 si può notare la presenza di ulteriori elementi quali un router Cisco 3640, utilizzato come Nas-Ras Radius per l’autenticazione d’utente, uno switch Cisco Lightstream per i percorsi ATM, un ASAM 1000 per l’accesso ADSL, un
ASAM 7300 per accessi VDSL ed SHDSL ed un
ISAM 7324 per l’accesso ADSL2/2+.
Nel test plant sono presenti due sezioni di
accesso, una in rame basata su xDSL e due in fibra
costituite da tipiche architetture FTTx, in particolare una Ethernet PON ed una GPON. La rete
EPON è formata da una OLT (Optical Line
Termination) AN5116-03 della FiberHome, da un
certo numero di ONU (Optical Network Unit)
AN5006-05 anche esse della FiberHome e da uno
splitter/accoppiatore passivo. La seconda invece è
composta da una OLT Huawei, uno splitter passivo, da una serie di ONU in fibra e da una ONT
DSLAM VDSL2 corredata da una serie di modem
VDSL2 connessi tramite doppino telefonico al
DSLAM.
Figura 1: Test Plant reti NGN
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Figura 2 (a): Particolare del laboratorio Test Plant reti NgN
3. Tecniche di gestione della QoS e di unbundling in reti PON
Tra le tecniche di accesso in fibra ottica le
Passive Optical Networks (PONs) risultano essere le più semplici e le più economiche da implementare. Esistono differenti versioni di reti ottiche
passive: attualmente le Ethernet PON (EPON) [79] sono principalmente impiegate in Asia, in particolare nel sud-est asiatico, mentre le Gigabit PON
(GPON) sono implementate in Europa e Nord
America. Uno dei limiti principali delle PON, nonostante l’elevato bit-rate delle attuali versioni (tra
1 e 2.5 Gbit/s), è rappresentato dalla condivisione
della capacità tra tutti gli utenti, che limita così l’effettiva banda disponibile. Inoltre tali reti non permettono l’unbundling fisico, se non ricorrendo ad
un approccio WDM, e ciò pone dei chiari limiti alla
libera competizione tra gli operatori. Per questi
motivi risultano indispensabili nelle PONs tecniche che consentano il controllo della Qualità del
Servizio (QoS) al fine di rispettare i requisiti
richiesti dai diversi tipi di traffico e che permettano la configurazione di percorsi con precise garanzie in termini di banda e di affidabilità. A tal fine è
necessario introdurre nella rete tecniche che permettano un controllo della QoS da estremo a
estremo. In questo contributo proponiamo un
approccio basato sul Virtual Private LAN Service
(VPLS) perchè il VPLS permette di realizzare un
servizio Ethernet [6-9] tramite il Multiprotocol
Label Switching (MPLS), consentendo di ottenere
eccellenti prestazioni in termini di gestione della
rete e di controllo della QoS. In sostanza, il VPLS è
una sorta di Layer 2 Virtual Private Network
(L2VPN) dove gli utenti hanno la percezione di
appartenere ad un’unica rete locale (LAN) senza
tener conto della loro effettiva dislocazione geo-
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grafica.A differenza delle tradizionali VPN di strato
2 in cui i diversi customers sono connessi in
modalità punto-punto, il VPLS realizza connessioni
multipunto-multipunto, grazie alla sue intrinseche
capacità di effettuare operazione di multicasting.
Nella figura 3 riportiamo la configurazione di
rete considerata che corrisponde a quella tipica di
una rete core-access basata su accesso PON che
si ha in caso di un servizio che parte da un server
fino ad arrivare ad un certo numero di utenti.
Al fine di garantire la QoS dei flussi transitanti
nella rete mediante il VPLS, viene eseguita una operazione di marcamento del traffico ed è possibile
definire fino a otto Classi di Servizio. Infatti, considerando la direzione downstream (stesso discorso vale in direzione upstream, cioè dalle ONUs
verso CE1), ricordando che CE1 e PE1 sono connessi per mezzo di VLAN, il marcamento viene
effettuato da CE1 sui tre bit User Priority del
VLAN Tag, secondo lo standard IEEE 802.1p (contenuto nel IEEE 802.1Q [7]).
Tra i PE il traffico invece viene trasportato per
mezzo di MPLS Label Switched Paths (MPLS LSP)
e pertanto il marcamento viene effettuato secondo la tecnica Diffserv over MPLS (RFC 3270) [9]
andando ad impostare opportunamente i tre bit
del campo EXP della label MPLS più esterna. In
pratica, il PE effettua un mapping tra i tre bit di
priorità del VLAN Tag e i tre bit del campo EXP.
Le misure dei parametri prestazionali sono
state effettuate per mezzo di un analizzatore di
traffico che consente la valutazione di parametri
prestazionali quali throughput, data loss, ritardo e
jitter.Tuttavia, per motivi di brevità, in questo articolo sono riportate solo misure di throughput per
dare comunque una chiara indicazione sulla bontà
del funzionamento della tecnica proposta.
Le prove sperimentali sono state effettuate
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Figura 3: Test Plant nella configurazione per la implementazione del VPLS su reti PON.
considerando scenari di downstream/upstream,
inviando un flusso da/verso PC1 verso/da un client
(PC2) all’uscita della ONU2.Al VPLS viene associata una CoS, detta Gold Class, in grado di garantire
le prestazioni; in pratica tutto il traffico trasportato mediante il VPLS viene etichettato con Gold
Class, mentre quello trasportato senza VPLS non
riceve alcuna classe o, meglio, viene etichettato con
classe Best Effort.
Al fine di testare la QoS, sono state effettuate
due tipologie di prove: nella prima, il traffico esaminato è stata inviato al di fuori del VPLS quindi
con classe Best Effort. Nella seconda tipologia, il
traffico è trasportato per mezzo del VPLS e quindi
etichettato con classe Gold.
La rete è stata congestionata per mezzo di un
generatore di traffico, andando a saturare il link tra
i PE mediante un traffico di background pari a 1
Gbit/s con classe Best Effort.
I vantaggi del metodo proposto sono riportati
in Fig. 4, dove è riportato il throughput ottenuto
all’uscita di ONU2 per un flusso di 40 Mbit/s proveniente da CE1, sia con VPLS che senza.
Si può notare come il traffico con VPLS tagging
mostri un throughput costante anche in caso di
congestione della rete; al contrario, senza VPLS una
congestione della rete va ad impattare in maniera
diretta e significativa degradando fortemente il
traffico.
La validità del metodo proposto è stata confermata anche da prove soggettive effettuate sottoponendo a un gruppo di valutatori streaming video
in Alta Definizione.
In conclusione con questo contributo abbiamo
dimostrato come sia possibile ottenere, con un’architettura basata su Virtual Private LAN Service in
reti Gigabit Ethernet, un efficiente controllo della
Qualità del Servizio fin nella sezione di accesso,
permettendo di soddisfare pienamente i requisiti
richiesti sia dagli operatori che dai customers.
Inoltre i risultati ottenuti mostrano che è possibile realizzare, con un tale approccio, percorsi
Figura 4: Misura del throughput in downstream
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affidabili e ben definiti (in termini di QoS) in reti
ottiche passive; da ciò lo spunto di un possibile
impiego del VPLS (e quindi delle VLAN) come tecnica per superare il problema dell’unbundling nelle
reti ottiche, in particolare nelle PON.
Come già detto l’unbundling a livello fisico
potrà essere ottenuto quando saranno disponibili
le tecniche WDM PON a basso costo. Nei laboratori ISCOM sono state fatte alcune sperimentazioni WDM [10], anche utilizzando la conversione
tutta ottica delle lunghezze d’onda e maggiori
informazioni possono essere trovate in [9].
Concludiamo questo paragrafo dicendo che il
controllo della QoS tramite la tecnica VPLS è
molto importante anche per reti di accesso basate su xDSL e esperimenti che descrivono questo
aspetto sono riportati in [11].
4. Misure di Qos in reti PON
L’impiego di tecnologie ottiche nel segmento di
rete ultimo miglio, rende possibile agli utenti finali
di poter accedere a Internet e ai servizi di nuova
generazione con bande sempre più elevate.
Rimane però da chiarire in che modo e con quale
efficienza le applicazioni e i servizi distribuiti all’utente riescano a sfruttare gli alti bit rate offerti
dalle soluzioni Fiber To The X (FTTx). Questa
tematica, risulta particolarmente rilevante soprattutto considerando gli elevati investimenti necessari a portare la fibra ottica sempre più vicina all’utente, in quest’ottica è essenziale massimizzare l’utilizzazione della banda da parte delle applicazioni
d’utente.
In particolare si vuole analizzare quanta banda
al livello 2 della pila protocollare OSI è realmente
sfruttata dalle applicazioni di più alto livello, la cui
qualità rappresenta sostanzialmente l’effettiva percezione che l’utente ha delle prestazioni di rete.
Questo argomento è già stato analizzato in
[12], dove si è condotta un approfondita analisi
sperimentale sulle reti di accesso in rame xDSL
che rappresenta attualmente la soluzione più diffusa per l’accesso ad Internet. Entrando più nel dettaglio, l’analisi sperimentale riportata in [12] mette
in luce le forti differenze in termini di utilizzazione
della banda per diversi ambienti software di utente, si sono considerati i Sistemi Operativi più diffusi sul mercato ossia Microsoft Windows XP,
Microsoft Windows 7 e Linux. Dai risultati ottenu-
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ti inoltre, si evidenzia come le differenze in termini di prestazioni siano crescenti con l’aumentare
del bit-rate. Come conseguenza, le variazioni di
performance diventeranno sempre più rilevanti
con l’introduzione della fibra ottica nel segmento
di rete ultimo miglio, grazie all’impiego delle reti
FTTx.
Nel presente lavoro si vuole analizzare il ruolo
del Sistemi Operativi sulla Qualità del Servizio
(Quality of Service-QoS) nelle Gigabit Passive
Optical Networks (GPON), che rappresenta la
soluzione verso cui la maggior parte degli operatori tendono. Per analizzare l’utilizzazione di banda
nella fase sperimentale ci si è riferiti alla valutazione della QoS secondo il metodo proposto da ETSI
[12]. La scelta è dettata dal fatto che questa analisi sperimentale è stata realizzata nell’ambito del
progetto della Fondazione Ugo Bordoni “misura
internet” (www.misurainternet.it), in ottemperanza alla Delibera 244 di AGCOM, progetto che ha
realizzato un sistema di monitoraggio delle prestazioni di rete per l’accesso ad Internet da postazione fissa.
Per la misura della QoS il set-up assume la configurazione di fig. 5.
La tecnica di stima di banda utilizzata nella fase
sperimentale quantifica il throughput FTP di un
flusso dati tra un Server e un Client, questi sono
posizionati rispettivamente nel segmento di rete
dell’operatore e sul PC (terminale) di utente. Il
tool sviluppato rende possibile stimare le velocità
di download e upload tramite il trasferimento di
opportuni file di test e, attraverso la misura del
tempo necessario al trasferimento dei dati (mediati su 50 ripetizioni), si ottiene una stima di banda
del collegamento.
In Fig.6 sono riportati i risultati sperimentali
rappresentati come throughput in funzione del
ritardo in rete, in questo caso sono riportati i dati
relativi a due differenti profili di rete. Il primo è
relativo a una GPON con 128 utenti, in questo
caso può essere fornita all’utente una banda di
circa 18 Mbit/s. Il secondo profilo invece, considera GPON che servono 32 utenti con una banda di
100 Mbit/s ciascuno.
Premettendo che per i protocolli a finestra,
come appunto il TCP, le performance dipendono
dal RTT, i dati riportati sottolineano come il
Sistema Operativo ha un impatto rilavante sulle
performance del protocollo FTP.
Risulta evidente come la riduzione delle per-
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Figura 5: Schema del Test Plant sperimentale per la misura della QoS.
formance, al crescere del ritardo di rete e del bit
rate, sia devastante considerando l’implementazione del protocollo TCP nel sistema operativo Ms
Windows XP. In particolare si deve notare una
riduzione delle performance fino al 50% per il profilo 18 Mbit/s e fino al 90% per un profilo a 100
Mbit/s.
Risulta evidente la sostanziale differenza tra
Windows XP e i sistemi operativi più avanzati
come Win 7 e Linux dovuta all’implementazione
avanzata degli algoritmi relativi al TCP, in particolare all’adattività di alcuni parametri alle condizioni
di rete (Auto-tuning e la dimensione della finestra
di ricezione).
A conclusione va anche notato come una
degradazione delle performance sia riscontrabile
anche per i sistemi operativi più avanzati per valori rilevanti di ritardo di rete. Ad esempio per profili di 100 Mbit/s solo 65 Mbit/s sono sfruttati realmente dall’applicazioni di utente per un ritardo di
rete di 65 ms
5. Realizzazione di una rete per IPTV
Nella continua crescita del traffico dati sulle reti
di telecomunicazione, un ruolo predominante lo
stanno giocando i servizi video. Infatti, grazie alla
disponibilità di bande sempre più elevate, gli utenti
possono fruire oggi di contenuti televisivi in
Standard Definition (SD) e High Definition (HD), e
in un prossimo futuro anche 3D, sia in modalità ondemand che live.
E’ certo che la fruizione della TV basata su piattaforma IP sarà sicuramente la sfida più importante per l’evoluzione delle reti e proprio per questo
ISCOM e FUB hanno fatto molti studi per analizzare il comportamento della QoS dei servizi video,
anche in modalità HD, in diverse configurazioni di
reti, sia con prove oggettive che soggettive [13-16].
Nel 2010 ISCOM e FUB hanno realizzato la
rete IPTV che descriviamo nel seguito e basata su
una infrastruttura costituita da un server centrale
e su server surrogate secondo un ben noto schema basato su reti Content Delivery Networks
(CDN) [17].
Nella figura 7 che segue riportiamo come compare la pagina HTML per l’utente, residente sul
server in cui vengono presentati tutti i contenuti
A/V disponibili.
Gli utenti che vogliono accedere ai contenuti si
collegano al sito attraverso il proprio browser e
Figura 6: Stima del Throughput per una banda di 18 Mb/s (sinistra) e 100 Mb/s (destra)
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selezionano il contenuto che intendono visualizzare.
La figura 8 mostra le interazioni tra il server di
origine e gli utenti.
Il server di origine tiene traccia, per ogni contenuto, di quante volte è stato richiesto. Dopo un
certo numero di richieste assumerà che tale video
sia popolare, per cui sceglie di spostare il contenuto A/V nel server surrogate appartenente alla sottorete da cui ha ricevuto le ultime richieste.
Lo spostamento dei contenuti viene fatto attraverso una connessione FTP tra i server, secondo
un rapporto server-client. Terminato l’upload, sul
server surrogare viene creato il “canale” VoD
gestito da VLC che permette lo streaming media.
D’ora in poi quando il server di origine riceve
richieste per quello stesso contenuto dalla sottorete vicina al server surrogate su cui ha “caricato”
il media, re-indirizzerà l’utente su tale server.
Il re-indirizzamento viene fatto attraverso il
protocollo HTTP, instradando l’utente al canale
VoD creato nel server di replicazione. In questo
Figura 7: Portale del Video Server installato nei laboratori
ISCOM.
modo l’utente riceve il contenuto A/V dal un Video
Server che è molto vicino a lui. Questo permette
di ridurre il traffico sulla rete core e nello stesso
tempo di fruire di un servizio senza congestionamenti e dunque più lineare. Quanto detto sono
sostanzialmente i concetti base delle CDN, riadattati nel servizio televisivo su protocollo IP. La novità della nostra architettura sta nella gestione della
QoS tra i server mediante la tecnica VPLS, già
descritta nella Sezione 2. L’implementazione del
VPLS tra i Video Server della CDN è riportato
nella figura 9.
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Figura 8: schema della rete IPTV basata su CDN e interazioni tra server di origine e utenti.
In questo modo è come se i Video Server
appartenessero tutti alla stessa sottorete, anche se
fisicamente sono disposti in differenti zone geografiche.
In particolare, si è scelto di configurare il VPLS
in modo tale che soltanto il traffico tra i server
prenda parte al tunnel VPLS.
Essendo il VPLS basato sul protocollo MPLS,
possiamo affermare che eredita tutte le caratteristiche ed è naturale pensare ad un trattamento
della QoS che rimandi ad esso.
Con questa architettura la rete video realizzata
risulta molto robusta anche in presenza di forti
congestioni alla rete core.
Ulteriori studi, non riportati in questo lavoro,
hanno riguardato la degradazione dei segnali video,
anche in modalità HD, che conseguono ai processi
di ripristino nella rete [13][18-19]. In particolare
abbiamo mostrato che anche le tecniche MPLS e
VPLS possono avere dei tempi di ripristino in
risposta ad un guasto inferiori ai 50 ms e ciò permette quindi di rendere trascurabili gli effetti di
disturbo nei servizi video SD e HD. Altri studi
hanno poi riguardato un confronto tra la modalità
IPTV (cioè con rete gestita con QoS) e Open TV
(cioè senza gestione della QoS) quando sono presenti congestioni nella rete [20].
6. Evoluzione dei servizi Multicast in reti IP: il
ruolo del Carrier Ethernet
La necessità di liberare sempre più lo spettro
UHF per essere dedicato a servizi mobile broadband farà si che vi sarà nei prossimi anni la piattaforma televisiva su IP, con tutte le sue architetture
(IPTV, OPEN TV) e dispositivi di accesso (PC,
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smartphone, set-top-box ibridi,TV con accesso alla
rete), dovrà essere considerata come una valida
alternativa a quella digitale terrestre e satellitare.
E’ chiaro allora che la rete deve strutturarsi per
far fronte a trasmissioni di tipo “broadcast” per cui
inizialmente non era stata progettata, e quindi ecco
la necessità di effettuare cambiamenti nelle infrastrutture per ottenere la replica dei pacchetti in
maniera sempre più efficiente e con meno elaborazione da parte dei nodi. Questo si traduce nella
introduzione di processi multicast sempre più snelli, in cui l’elaborazione a livello 3 (IP) della pila OSI
sia sempre più limitata ai bordi della rete, o addirittura eliminata, ed essere sostituita, all’interno
della rete, da elaborazioni a livello 2 (data link) o,
ancora meglio, a livello 1 (fisico). Infatti, effettuando il forwarding non più su base indirizzo di rete
IP, bensì su identificatori di livello più basso, si ottiene un netto miglioramento in termini di scalabilità,
semplificazione degli apparati e riduzione dei costi.
L’ottica ci permette di pensare a processi multicast (e broadcast) ad altissima efficienza permettendo di realizzare architetture point-to-multipoint in abbinamento a processi di conversione di
lunghezza d’onda che aumentano la flessibilità e
scalabilità [21-23].
Una fase di transizione verso questa evoluzione
è rappresentata dall’ introduzione delle tecniche
Carrier Ethernet che hanno proprio il vantaggio di
effettuare le elaborazioni delle informazioni a livello 2. Negli ultimi anni si è molto dibattuto su alcune proposte di tecniche Carrier Ethernet e tra
queste quelle che hanno suscitato i maggiori interessi sono state l’MPLS-TP (MultiProtocol Label
Switching – Transport Profile) e il PBB-TE
(Provider Backbone Bridging – Traffic Engineering)
[4].
Il multicast IP è una tecnologia che consente la
trasmissione contemporanea di un singolo flusso a
più utenti. I pacchetti multicast vengono replicati
nella rete solamente dove i percorsi per raggiungere i client si ramificano, risultando la tecnica che
consente la più efficiente consegna di dati verso
ricevitori multipli.
Il multicast IP utilizza come protocollo di segnalazione, per la registrazione e la cancellazione ai
gruppi multicast da parte degli host di rete, il protocollo IGMP (Internet Group Management
Protocol), mentre come protocollo di instradamento il PIM (Protocol Indipendent Multicast).
Nell’evoluzione della rete verso la commutazione tutta a pacchetto, la tecnologia Ethernet
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viene vista come una possibile soluzione per la
sostituzione delle odierne tecnologie a circuito.
Ovviamente, nella sua forma originale Ethernet
non possiede tutte le caratteristiche necessarie
per essere una tecnologia di tipo Carrier Class.
Proprio a tal fine, in questi anni diverse evoluzioni
hanno riguardato Ethernet, partendo dal PB
(Provider Bridging) fino ad arrivare al PBB-TE e
all’MPLS-TP. In sostanza, quello che è stato fatto è
modificare la trama Ethernet andando ad aggiungere nuovi campi nell’intestazione e dotando
Ethernet di caratteristiche di Traffic Engineering.
Nel test bed ISCOM si è scelto di implementare la tecnica PBB-TE unitamente al VPLS (Virtual
Private LAN Service), ottenendo così una sorta di
PBB-TE dove le funzioni di ingegneria del traffico
(e QoS) sono fornite dal VPLS. Si estende così il
concetto di rete locale, da cui Ethernet parte per
arrivare fin dentro le reti metro/core. Proprio grazie alle intrinseche caratteristiche “broadcast”, tali
tecnologie ben si prestano per il trasporto di flussi video verso più destinazioni, garantendo anche il
rispetto dei requisiti prestazionali proprie di una
trasmissione di flussi televisivi su reti a pacchetto.
In Figura 10, è riportato il set-up sperimentale
La rete sperimentale è composta da sei nodi, di
cui quattro sono router IP (Juniper M10, indicati
come Ji, i=1,…,4) e due sono router Carrier
Ethernet (Alcatel SR7750, indicati come ALC1 e
ALC2). Sono presenti poi un server video (Server
Multicast) e tre client (Client i, i=1,…3).
La rete è quindi ora composta di due sezioni
ben distinte: ai bordi della rete, la rete continua a
essere una normale rete IP, mentre nella sezione
core la rete è di livello 2 e in particolare PBB-VPLS.
Grazie a questa configurazione, i nodi IP hanno la
“percezione” di appartenere alla stessa sottorete.
In questo modo, la configurazione dei normali
protocolli multicast, quali IGMP e PIM, è limitati ai
soli router IP, mentre i nodi PBB-VPLS agiscono
secondo i meccanismi propri del livello 2, ovvero
effettuando flooding verso i nodi appartenenti al
suo stesso dominio. In particolare, quando un
client (CLIENT 1) richiede di vedere un particolare flusso, e quindi effettua una join al corrispondente gruppo multicast, il flusso (proveniente dal
Server Multicast) viene inviato dal router J1 verso
il nodo ALC1 che rilancia le trame verso ALC2.
Tale nodo - che ricordiamo essere di livello 2,
come ALC1- invia poi il traffico multicast in flooding verso i nodi J2, J3, J4..
A questo punto il traffico è effettivamente rilanLa Comunicazione - numero speciale BANDA LARGA
ciato verso tutti i nodi attestati su ALC2, anche se
nella figura solo un nodo (J2) ha effettivamente un
client richiedente il flusso.
Si vede allora come in questa maniera, si è
riusciti a realizzare una trasmissione di tipo broadcast, sfruttando quelle che sono le caratteristiche
di livello 2.
7. All-optical Multicast
Diverse sperimentazioni [21-23] hanno
mostrato come in ottica sia possibile replicare i
segnali cambiando solo la lunghezza d’onda della
portante e questo grazie in particolare ai convertitori ottici di lunghezza d’onda.Tali sperimentazioni hanno da subito fatto prospettare l’utilità della
fotonica per realizzare elaborazioni come il broadcast e il multicast direttamente a livello ottico (che
possiamo definirlo come un processo a livello 1
della pila OSI). In effetti, diverse sono state le sperimentazioni multicast di tipo ottico, anche se si
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trattava in generale di sole repliche del segnale,
senza che i segnali replicati potessero essere effettivamente utilizzati per applicazioni finali, in quanto
mancava una architettura che fosse in grado di
gestire una replica degli indirizzi in reti aventi una
tipologia di tipo punto-multipunto. Da qui la necessità quindi di integrare il dominio ottico e il dominio IP, cercando di effettuare quante più operazioni possibili nel dominio ottico: ecco allora anche il
bisogno di dotarsi di un piano di controllo per il
coordinamento e l’integrazione dei due domini.
Pensando a una crescita del traffico in cui
saranno presenti enormi flussi video di tipo live,
abbiamo proposto uno schema di rete in cui, utilizzando una stessa infrastruttura in fibra ma lunghezze d’onda diverse, alle architetture di reti IP
convenzionali si affiancano architetture Pont-toMultipoint dedicate ai flussi video.
In Figura 11 si riporta lo schema sperimentato
in cui il dominio IP è costituito da router (Juniper
M10, indicati con Ji, i=1,…,4), mentre il dominio
ottico è costituito da una rete punto-multipunto
Figura 9. Implementazione del VPLS nella rete CDN
Figura 10. Set-up sperimentale rete Carrier Ethernet
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NOTE
G.M. Tosi Beleffi, D. Del Buono, S. Di Bartolo, G. Incerti, A.Valenti, S. Pompei, L. Rea, F. Matera
(Ethernet PON). In questo scenario, la OLT e le
ONU sono i nodi di bordo che gestiscono l’interfacciamento con il dominio IP, mentre la replicazione è effettuata dallo splitter ottico. In questo
modo, i flussi video emessi dal server multicast
sono replicati e inviati ai router J1, J2, J3 tramite la
rete ottica. E’ stata inoltre effettuata anche un’operazione di conversione di lunghezza d’onda
mediante il dispositivo realizzato con amplificatori
a semiconduttore e descritto in [22]. In questo
modo è possibile replicare e inviare il segnale su
un’altra lunghezza d’onda nel caso in cui quella iniziale sia già occupata in un segmento di rete. A
livello IP, il multicast è gestito dai router Ji con i
normali protocolli PIM e IGMP.
Le prove sperimentali hanno riguardato la trasmissione, con il software VLC, da parte di un server di un flusso video avente indirizzo multicast
225.0.111.1. I PC Client interessati a tale flusso, in
questo caso quelli attestati ai router Juniper collegati alle ONU, dovevano inserire questo indirizzo
nell’apposito campo del VLC.
In questo modo a nostro avviso abbiamo per la
prima volta realizzato un processo completo di
tipo multi cast tutto a livello ottico.
8. Ulteriori sperimentazioni e sviluppi futuri
I risultati presentati in questo lavoro hanno
riguardato una serie di sperimentazioni per architetture di rete NGN, sia a livello core che accesso
di tipo in fibra ottica. Sono comunque stati accennati anche esperimenti fatti su accessi di tipo
xDSL. Per quanto riguarda le tecnologie radio, sia
per il backhaul che per l’accesso e per il broadband
mobile sono stati fatti studi basati principalmente
su simulazioni. In particolare mediante il codice
OPNET sono state simulate reti WIMAX [24] e
LTE, mostrando ad esempio come gestire la QoS
con modalità analoghe a quelle descritte nella
sezione 2. Esperimenti su accessi Wi-Fi hanno
mostrato i limiti nell’utilizzo di questa tecnologia
per la distribuzione di servizi che richiedono alta
qualità. Altri esperimenti su sistemi radio hanno
invece riguardato la realizzazione di backhaul con
ponti radio a 60 GHz [25]. Infine vanno ricordati
molti test per i sistemi di tipo optical wireless, che
risulta essere una interessantissima tecnologia
punto-punto ad alta capacità e a bassi costi.
9. Conclusioni
Le sperimentazioni illustrate in questo lavoro ci
permettono di riassumere i concetti espressi nel
seguente modo:
•
Le reti PON sono infrastrutture a basso
costo che possono sfruttare pienamente i cavidotti già esistenti. Opportune procedure per la realizzazione logica di percorsi P2MP permettono sia la
gestione della QoS che l’unbundling in maniera
efficace ed affidabile nell’attesa di far evolvere le
PON verso le reti P2P per una completa traslazione del POTS nel dominio ottico.
•
La misura della QoS da postazione fissa è
un tema fondamentale come mostrato dalla DEL
AGCOM 244. Lo sarà ancora di più quando le connessioni avranno capacità superiori ai 20 Mb/s e
sarà ancora più importante definire efficienti sistemi operativi per i dispositivi connessi alle reti.
Figura 11. All-optical multicast: set-up sperimentale
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La Comunicazione - numero speciale BANDA LARGA
•
Un ruolo chiave sarà dato dalla realizzazione di reti per la TV su IP senza dimenticare però
tecnologie alternative quali ad esempio l’SCMPDS.
•
La crescita dei servizi video di tipo SD, HD
NOTE
TECNOLOGIE E SERVIZI PER LE RETI DI NUOVA GENERAZIONE
(TECHNOLOGIES AND SERVICES FOR NEXT GENERATION NETWORKS)
e 3D, specialmente in modalità live, richiede instradamenti sempre più efficienti, specialmente a livello multi cast dove è possibile operare a livello 2
(carrier ethernet) o a livello 1 (conversione di lunghezza d’onda tutta ottica).
Ringraziamenti
Le attività mostrate in questo articolo sono state realizzate congiuntamente dal personale altamente
qualificato dell’ISCOM e della FUB. In particolare gli autori vogliono menzionare il fatto che molte delle
attività riportate in questo lavoro sono state ottenute nell’ambito del progetto congiunto ISCOM-FUB
“Valutazione tecnico-economica sui servizi e sulle reti a larga banda di nuova generazione [VATE]” e del
progetto IST FP7 BONE.
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La Comunicazione - numero speciale BANDA LARGA
29
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