Scheda #1309 - Banche Dati Gonzaga
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Scheda #1309 - Banche Dati Gonzaga
Giulio Romano: repertorio di fonti documentarie Operatore d.f. Segnatura Luogo Data Collocazione sconosciuta Mantova 25 febbraio 1542 Mittente Destinatario Capilupi Ippolito a Gonzaga Ferrante, viceré di Sicilia Testo Glossario Illustrissimo et excellentissimo signor et patrone osservandissimo, da molti giorni in qua io ho scritto brevemente a vostra excellentia per carestia di soggetti. Hor questa mia non sarà così breve come sono state l’altre perché mi presterà materia di scrivere il carneval passato il quale è riuscito bellissimo considerando il poco spatio di tempo che si ha havuto, et pur in così poco tempo che non è stato più di dodici dì si sono fatte tre comedie, una moresca et due feste bellissime; il giovedì grasso ne fu recitata una in casa di monsignor l’Abbate, che si chiama ‘Il ragazzo’, da certi giovani di Goito, i quali ancorché sieno di quel luogo, dove è la perfettione et l’eccellentia della lingua mantovana, tuttavia recitavano di modo che qui fu tolerabile. La domenica a presso monsignor reverendo fece una festa al signor Ascanio in casa del conte Brunoro, per esservi sala capace, dove furono invitate forse cinquanta gentildonne, delle più belle et delle più nobili che ci siano. Innanzi cena si fece la moresca che ho detto di sopra, la quale et per gli abiti et una musica di voci et strumenti che fu mescolata con quella, fu di così dolce passatempo agli occhi et agli orecchi di chi fu presente, che per me confesso di non aver veduto né udito cosa simile a quella che mi dilettasse. Quei che fecero la moresca erano otto servidori di monsignor reverendissimo, i quali erano vestiti a guisa di pastori col dissegno di messer Giulio Romano in questo modo: havevano una camicia per uno di cendado verde, le calze et il giuppone di tela dipinta di color simile alla carne, le scarpe di pelli di gatto di Spagna, con certi groppi, con tocca d’oro di lupi cervieri, uno dinanzi al petto et l’altro di dietro, accomodati di man propria di messer Giulio et legati con tocca d’oro, in capo havevano pelli negre rovescie che imitavano naturalmente i capelli ricci, con ghirlanda di lauro et con maschere al volto, le qual erano senza mento, acciocché non fossero loro di impedimento nella musica e nella moresca. Oltre a questi otto pastori eravi il dio lor, Pan, vestito nella medesima maniera, ma colle corna, sì come si figura; questo è un giudeo che suona l’arpa, il quale fu il primo ad uscir in sala, come lor dio, sì che ne uscì in modo di moresca con l’arpa in mano dietro il quale uscirono ad uno ad uno gli otto pastori con un’hasta per uno nella man destra, facendo la medesima moresca che havea fatto il lor dio, de quali ve n’erano quattro che oltre all’haste havevano uno strumento per man nella sinistra, appoggiato sopra la spalla, un violone, doi leuti et un flauto. Poi che tutti furono usciti et si hebbero radunati in cerchio girando intorno alla sala con certi lor contrapassi, ch’io non so descriver né fare, i quattro dagli stromenti cominciarono il loro concerto con parole accomodate all’habito loro, et gli altri quattro col loro dio si posero in atto di ascoltare. Finito il concerto tutti otto si diedero in punto al menar delle mani con le loro haste, et così et con gli habiti che reusirono meravigliosi et con la musica che fu dolcissima, et con la loro agilità e destrezza che non fu poca, diedero grandissima pastura agli spettatori, et perché i morescanti non siano da me in parte alcuna privati della loro laude non li nominando, io dirò a vostra excellentia i nomi loro, anchor ch’essa non li conosca tutti. Erano questi il Volpino, il Bendidio, il Leale, Hieronimo Negro, il preposto di Fermo, Carlo Luzzara, et il credenzero et un palafreniero; i primi quattro intervennero nella musica et nella moresca, gli altri quattro s’impacciarono solamente nella moresca, la quale finita, si danzò e si cenò coppiosissimamente. Il lunedì fu recitata la seconda comedia dai chierici del duomo, cioè ‘I Captivi’ di Plauto latino, et monsignor fece la spesa de vestimenti i quali furono di tela di vario colore, et furono così ben composti per mano di messer Giulio che havendosi riguardo alla poco valuta loro erano degni di meraviglia. La comedia, ancorché fusse latina, non di meno per gli habiti et per certi intermezzi volgari, i quali dichiaravano l’argomento di atto in atto, non venne a noia né agli huomini né alle donne che non intendevano il latino, perciocché dagli argomenti e dai gesti de recitanti se non capirono il tutto ne capirono la maggior parte. Finita la comedia ognuno tornò a casa sua; il [...] dì di carnevale fu recitata la terza comedia, composta da un Scenese, intitolata ‘L'Amor Costante’. Questa diede più che l’altre due da ridere alla brigata et fu assai ben recitata; monsignor l’abbate non volle che a quest’ultima comedia, poi che fu finita, si partissero tutte le donne, sì come havevano fatto all’altre due, et però finita la comedia ne invitò forse quaranta, le quali accettato l’invito et cenato intertennero la festa insino alle nove hore. Mi son scordato di scrivere che il dì delle feste si correva alla quintana et furono fatte alcune livree non però di molta spesa, la maggior che fu stata fatta fu del conte Camillo Castiglioni del Gorno. Di Mantova, 25 febbraio 1542. Humilissimo servitor Hippolito Capilupo. Note Argomento Categoria Oggetto Luoghi citati nella fonte Personaggi Mantova Goito Spagna Giulio, Romano Fermo Brunoro, conte Gonzaga, Ferrante, viceré di Sicilia Capilupi (Capilupo), Ippolito (Hippolito) Abbate, monsignor Ascanio, signor Volpino Bendidio Leale Negro, Hieronimo Luzzara, Carlo Plauto Castiglioni, Camillo, del Gorno, conte Specifica / Titolo Autore Stima Centro Internazionale d'Arte e di Cultura di Palazzo Te - Mantova - Copyright 1999-2011 - All rights reserved Centro Internazionale d'Arte e di Cultura di Palazzo Te - Mantova - Copyright 1999-2011 - All rights reserved