03 impa - Braoggi

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03 impa - Braoggi
martedì 11 novembre 2003
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Nato a Torino nel 1941, si trasferì sotto la Zizzola
con la famiglia in seguito alla guerra. Nella nostra città,
suo nonno gestiva con un socio il cinema “Impero”
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Fu Erminio Macario a spianargli la strada verso
la professione di fotografo. La stessa passione è passata
ad Alberto (in questi giorni in Bangladesh per un servizio)
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L’8 novembre ha chiuso lo storico studio fotografico di via Prìncipi di Piemonte. A Severino subentra il figlio
Peroli passa la mano. Ma...
Severino in una foto di alcuni anni fa, durante la sfilata del carnevale braidese. Con la sua macchina fotografica ha immortalato eventi belli e brutti, personaggi, personalità e peculiarità della città della Zizzola.
S
abato 8 novembre le saracinesche di uno storico negozio di Bra, Foto Peroli, si sono
abbassate e così resteranno fino
al 29 di novembre.
«Dopo 44 anni di attività, 35
in via Prìncipi di Piemonte, ho
deciso di tirare i remi in barca e
di lasciare il posto ai giovani».
Questo annuncia Severino Peroli, per i braidesi fotografo da
sempre, che passa il timone al
figlio Alberto, fotografo free lance, il quale gestirà i “luoghi paterni”, mantenendo il nome di
famiglia per la Business space,
oggi sita sempre a Bra, nella vicina via Pollenzo.
E che cosa farà Alberto?
Sempre ramo fotografia, immagino...
«Sempre fotografia, naturalmente. Ma, accanto alle tradizionali macchine fotografiche,
campeggeranno a pieno titolo le
attualissime digitali e i personal
computer».
Il laboratorio fotografico del
futuro, insomma.
«Sì, il futuro della fotografia
sta nel digitale. Ma ho avuto la
garanzia che il mio archivio fotografico sarà mantenuto».
E non è cosa da poco.
Severino Peroli ha negli anni
documentato la storia della nostra città, con la grande capacità di chi sa cogliere, oltre alle
pose e agli stereotipi fotografici
classici, i particolari che fanno
pulsare la vita urbana. La sua
“galleria”, infatti, è fatta di volti e momenti; momenti significativi della vita giornaliera della provincia, volti che appartengono a tutto il mondo braidese:
personaggi della politica, della
cultura, quelli, insomma, che sono stati alla ribalta e ancora lo
sono, ma anche quegli altri,
quelli che di una città fanno il
quotidiano. Dalla bacheca e dalla vetrina del negozio di via
Prìncipi di Piemonte, nel momento attuale del saluto, occhieggiano – i braidesi tutti visualizzeranno anche senza troppi particolari – “Cavalot”; i cam-
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La decisione dopo 44 anni di attività, 35 dei quali trascorsi
nella sede che dalla fine del mese cambierà volto, passando
al digitale e ai personal computer con l’erede Alberto
LA CARTA D’IDENTITÀ
■ DATI ANAGRAFICI
Severino Peroli
nasce a Torino il 9
settembre del 1941, da
papà Gianni e mamma
Bruna. Arriva a Bra nel
dopoguerra, a seguito del padre che
aiuta, come operatore, nella gestione
del cinema “Politeama”. Nel giugno del
1972 si sposa con la signora Marina, dalla quale ha due figli,
Enrico e Alberto.
■ CARRIERA
Inizia l’attività di fotografo come aiutante dello studio
fotografico braidese “Novara”, che poi rileva insieme a un
socio. Dopo cinque anni, nel 1968, apre lo studio-negozio di
via Prìncipi di Piemonte, dove fino a 19 anni fa entra a
operare con lui anche il fotografo Angelino. L’8 novembre
2003 ha abbassato le serrande, lasciando il passo alle nuove
tecnologie digitali e al figlio Alberto, fotografo free lance.
Come tutti i bei racconti, la storia continua...
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pi di motocross ai mitici tempi
di Ostorero; l’interno dello studio fotografico “Barbieri” poco
prima della chiusura definitiva,
con tutte le foto appese a un cordino ad asciugare; Giovenale
Foglione; quel tal Cavatorta che
nei giorni dell’austerity arrivava
di fronte al “Cavalieri”, in piazza Carlo Alberto, con il cavallo;
una Grazia Novellini che sta leggendo la “sua” Stampa seduta
su una panchina di via Prìncipi; il professor Colombotto,
sempre in via Prìncipi, mentre
ripara la bicicletta; un giovanissimo Carlìn Petrini e due figure
di primo piano sulla scena brai-
«Vengo dalla gavetta: non sono da buttar via, ma ora tocca ai giovani»
A
desso ha deciso di cedere l’attività… «Ho fatto la
mia strada poco per volta. Vengo dalla gavetta,
quando le macchine fotografiche erano ben diverse da
quelle di oggi e per scattare una fotografia dovevi impostarle, dall’apertura del diaframma a tutto il resto. La
fotografia tradizionale continuerà per sempre, ma il futuro è del digitale. Non credo assolutamente di essere da
buttar via, ma nello stesso tempo ho la certezza che si deve lasciar spazio ai giovani, che sono ragazzi in gamba.
Il mio posto lo prenderà mio figlio Alberto, free lance indipendente, che ora è in Bangladesh al seguito di quell’équipe di medici che si occupano, in quel Paese e in altri con la stessa situazione. di interventi di chirurgia
maxillofacciale. Sono contento di quello che ho creato
come artigiano dell’immagine, sempre seguendo un
principio fondamentale per una professione come la
mia: “Ieri appartiene al passato, ma l’obiettivo fotografico lo può fermare”». Rendendolo, aggiungiamo noi, testimonianza immediata per chi vive il presente.
C’è una bellissima, tra le tante bellissime, foto nell’archivio di Severino Peroli, legata anche a un divertente
episodio. La foto è riprodotta in questa pagina, quella della bicicletta con appese al manubrio due borse, in una un
pollo e nell’altra degli ortaggi.
Si direbbe una fotografia costruita in studio, con
quel pollo vispo che fissa il suo obiettivo, quasi si fosse messo in posa apposta.
«Questa foto, invece, è il risultato di una mattina di
mercato a Bra. Stavo passando davanti al San Paolo e
l’occhio mi è immediatamente caduto su quell’immagine.
Davanti all’istituto bancario c’era la guardia giurata e,
Una delle foto più riuscite di Severino Peroli (non per nulla, ne ha fatto un’originale cartolina). Nell’intervista
concessa a “Braoggi”, l’autore racconta il divertente
aneddoto legato a questo scatto davvero d’artista.
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presumendo che la padrona della bicicletta fosse entrata
in filiale, gli ho detto che facevo un salto a prendere la
macchina fotografica pregandolo, se la signora fosse
uscita, di trattenerla un momento, fino a quando non fossi arrivato. Quando sono tornato la guardia giurata, oltre che alla banca, faceva la guardia alla bicicletta, tenendo lontani tutti e convincendo la proprietaria del
mezzo ad aspettare, che sarei subito giunto».
La capacità del suo lavoro, di cogliere l’attimo, è
innata o è cresciuta nel tempo?
«Diciamo che con il tempo si è affinata, osservando
e imparando dagli errori miei e degli altri. A un certo
punto, ad esempio, mi sono accorto che molti facevano le foto dei matrimoni pensando solo agli sposi».
E così?
«E così vedevo in giro foto delle coppie con dietro,
come sfondo, un palo della luce o, che ne so, la bacheca
dei manifesti funebri. Per me la fotografia deve portare con sé e trasmettere, amore, piacevolezza, bellezza,
oltre alla qualità tecnica. Così ho cominciato a inserire i protagonisti delle grandi occasioni, una coppia nel
giorno del matrimonio o un bambino nel giorno della
sua prima Comunione, in scenari naturali, un viale, un
giardino, il verde delle foglie, i colori dei fiori… e la foto cambia».
Ma che cos’è, in sostanza, un fotografo?
«Secondo la mia visione, è un reporter della vita,
che sa fermare un istante, vederlo come testimonianza,
con la capacità di intuire un avvenimento, un momento, tre secondi prima che avvenga».
Caterina Brero
Tomatis mobili
dese, Piero Fraire e il commendator Alfredo Bersano, mentre si
fronteggiano in un sorriso bonario proprio davanti allo studio Peroli.
Ma cominciamo dall’inizio.
Di che leva, è Severino?
«Sono nato a Torino il 1° settembre del 1941».
E com’è arrivato a Bra?
«Un legame con Bra già esisteva. Mio nonno, insieme a un
amico di Torino, era proprietario
del cinema “Impero” e mio papà a Torino era impresario teatrale (fu proprio il padre di Severino, Gianni, a portare la rivista a Bra, al cinema “Politeama”, ndr). Poi mio padre, durante la guerra, fu richiamato in
Marina e la situazione si fece
difficile. Dopo aver venduto la
sala torinese, arrivammo sotto
la Zizzola e mio padre prese in
gestione il cinema “Politeama”.
Io lo aiutavo facendo l’operatore cinematografico».
Una passione nata in famiglia, dunque.
«Io sognavo di fare l’operatore cinematografico, ma non dietro un proiettore di cinema, bensì sui set cinematografici. Mio
padre era un grande amico di Erminio Macario e Macario era
amico di Debenedetti, l’allora direttore della Stampa. Fare l’operatore cinematografico a Bra era
impossibile, ma Macario mi fece
ottenere un pass come fotografo,
che mi arrivò firmato da Frittitta,
segretario di Debenedetti. Così
cominciai la carriera di fotografo. Per alcuni anni fui l’aiuto del
fotografo braidese Novara, che
si trovava in piazza Carlo Alberto, dove oggi c’è il fotografo
“Risso”. Dopo alcuni anni lo rilevai con Rainero (altro nome
della fotografia locale, ndr) e nel
1968 approdai in via Prìncipi,
dove fino a diciannove anni fa
lavorai con il fotografo Angelino,
c.b.
poi da solo».