L` “ ORPHÉE ” DI TRISTAN E L` “ORFEO” DEL CAVALIER MARINO
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L` “ ORPHÉE ” DI TRISTAN E L` “ORFEO” DEL CAVALIER MARINO
L’ “ ORPHÉE ” DI TRISTAN E L’ “ORFEO” DEL CAVALIER MARINO Pubblicato in “ Convivium”, n.s., n. 4, luglio-agosto 1954 Nel 1620 presso Abraam Pacardo usciva in Parigi la prima edizione della Sampogna del cavalier Marino, raccolta d'idilli favolosi e pastorali dedicata al Serenissimo duca di Savoia1. Il Marino si trovava in Francia fin dal 1615 ed era stato accolto con molto favore dal re Luigi XIII, che gli aveva dato una pensione come poeta di corte ed un aiuto per la pubblicazione dell' Adone2; in Parigi il Marino dovette frequentare i salotti letterari alla moda e in particolare l'Hotel de Rambouillet3. Le sue opere già conosciute da tempo gli avevano valso una certa fama ed erano state tradotte ed imitate con successo4: qualche anno dopo, la pubblicazione dell' Adone finirà di consacrare la sua celebrità. 1 Il frontespizio dell'edizione del '20 porta: La Sampogna | del | Cavalier Marino | Divisa in Idilly | Favolosi e Pastorali | AI Ser.mo | Tomaso di Savoia | In Parigi | Presso Abraam Pacardo | Alla Strada di S. Giacomo al Sacrificio | d'Abraam 1620 | Con Privilegio del Re. Gli Idilli raccolti sono: Orfeo, Atteone, Arianna, Europa, Proserpina, Dafni, Siringa, Piramo e Tisbe fra i “favolosi” e La bruna pastorella, La ninfa Avara, La disputa amorosa, I sospiri d'Ergasto fra i “pastorali”. 2 Da Parigi scrive il Marino al Sig. Conte Fortuniano San Vitali: “Son ben veduto da questa Maestà e accarezzato da questi principi... “; cfr. MARINO, Lettere, Venetia, Sarzina, 1628, p. 46; vedi anche pp. 51 e 65; e al Sig. Cav. Andrea Barbazza: “Ho qui doimila scudi d'oro di pensione ben pagati, senza contare i donativi dei quali la larga mano di questa Maestà Christianissima mi suole assai spesso honorare si come ha fatto con mille scudi per incominciare la stampa dell'Adone...”; cfr. MARINO, Lettere, Venetia, 1627, p. 51, vedi anche la p. 292. Cfr. inoltre MENGHINI, La vita e le opere del Cavalier Marino, Roma, A. Manzoni, 1888, p. 130 e BELLONI, Il Seicento, Milano, Vallardi, 1900, p. 70. 3 Cfr. TALLEMANT DES REAUX, Historiettes, Payot, Paris, 1932, t. I, pp. 177 e segg. La testimonianza di Tallemant è accettata da quasi tutti gli studiosi del Marino e dell'Hôtel de Rambouillet, escluso il Cabeen. 4 Già nel 1602 il Marino scriveva di essere mosso alla pubblicazione delle Rime al vedere “già alcuni di essi componimenti essere hormai per tutto portati in Possiamo quindi pensare che la raccolta della Sampogna sia stata accolta con molto interesse dalla società già così benignamente disposta verso il poeta napoletano, cosa che del resto ci viene confermata dalle imitazioni che sugli Idilli vennero da più poeti fatte. Nel 1629 Saint-Amant, pubblicando la sua prima raccolta di poesie5, dichiara nella prefazione che alcuni poemetti eroici in essa contenuti sono stati scritti su imitazione di quelli del Marino6 quantunque nessuno dei suoi versi riveli una diretta imitazione. Anche Théophile doveva aver letto l'opera del poeta italiano poiché nella tragedia di Pyrame et Thisbé7 mostra di aver fatte sue alcune immagini dell'idillio del Marino sullo stesso argomento: la fonte comune è certamente Ovidio, né è possibile paragonare con precisione una tragedia a un idillio8, ma lo stesso Cabeen per solito così restìo a riconoscere l'influenza italiana sulla poesia francese del '600, ammise: « ll n'y a pas de doute que Théophile n'ait lu le Pyrame et Thisbé volta non altrimenti che se già fussero in stampa usciti e massimamente la canzone de' baci la quale come che scherzo giovanile e poco meno che fanciullesco per essere per me stata nei miei primi anni dettata, ha non di meno havuto di ventura ch'ella è stata da molti nobili intelletti trasportata in vari linguaggi, come Schiavone Spagnuolo e pur hora Monsignor Ruberto Crampone leggiadrissimamente in Franzese”. MARINO, Le Rime, Venetia, Ciotti, 1602, parte II, pp. 4-5. L'Adam segnala inoltre che « En 1609 Deimier le cite comme le plus notable des poètes italiens alors vivant » ed infine che « un manuscrit de Chantilly contient une traduction par Berthelot des Amori notturni qui par sa langue et sa versification semble antérieure à 1620». Cfr. ADAM, Théophile de Viau et le Marinisme en France, in Théophile de Viau et la libre pensée française en 1620, Paris, Droz, 1935, pp. 443. 5 Les OEuvres du Sieur de Saint-Amant. A Paris de l'Imprimerie de Robert Estienne, par François Pommeray et Toussaint Quinet. Au Palais en la Grande et la Petite Galérie, 1629. Avec Privilège du Roy, in-4. 6 « ...et particulièrement j'ai pris quelques plaisir à de certains petits essais de Poëmes heroïques dont parmy les Modernes le cavalier Marin nous a donné les premiers exemples dans son livre intitulé la Sampogna », cfr. SAINT-AMANT, Advertissement, in ed. cit., I. Cfr. P. DURAND-LAPIE, Saint-Amant, Paris, Delagrave, 1898, p. 120. 7 La tragi-commedia di Piramo e Tisbe fu pubblicata per la prima volta nella seconda parte delle OEuvres di Théophile a Parigi nel 1623 e quindi a parte a Rouen nel 1626. Cfr. HANKISS, Notice a THÉOPHILE DE VIAU, Pyrame et Thisbé, Strasbourg, Heitz, 1933, p. 26. L'opera fu recitata per la prima volta di fronte alla corte nel 1625 O '26 e in tale occasione Théophile fu presentato al re. Cfr . op. cit., p. 3. 8 Cfr. THÉOPHILE DE VIAU, op. cit., p. 23. de Marin avant d'écrire son drame et qu'il ne lui ait pris quelques choses, dans les derniers vers du moins »9. Un altro idillio della Sampogna doveva essere imitato parecchi anni dopo: l'Orfeo. Nel 1639 Tristan scrive il suo poemetto d'Orphée dedicandolo a Monsieur Berthod, Ordinaire de la Musique du Roy, che lascia Parigi e la corte per raggiungere a Torino la duchessa di Savoia, sorella di Luigi XIII10 ; l'Orphée entrerà a far parte della raccolta della Lyre pubblicata in Parigi nel 164111. Difficilmente Tristan può aver conosciuto di persona il Marino durante il suo soggiorno in Francia; quando nel 1623 il poeta italiano lasciò la capitale Tristan poco più che ventenne, era appena ritornato in patria dopo una serie di scorribande e di avventure che l'avevano portato fino in Inghilterra e in Norvegia12. Noi sappiamo tuttavia che dopo il 1620 egli cominciò a frequentare la società che si riuniva attorno al principe d'Orleans e presumibilmente data di questi anni la sua amicizia per Théophile e Saint-Amant13. Furono certamente questi due poeti, ammiratori sinceri del Marino a introdurlo nello spirito della lirica dell'italiano e a fargliela amare14, ed infatti la traccia dell'influenza del Marino sulla poesia di Tristan è facilmente riconoscibile. Già il Chevreau aveva notato come il sonetto Aux rayons du Soleil le Paon 9 CABEEN, L 'influence de G, B. Marino sur la poesie française de la première moitié du XVII, Grenoble, Allier, 1904, p. 137. 10 « Berthod sumommé l'Incommode était castrat et musicien de la chapelle du Roi. Sa voix charma durant vingt ans la cour et la ville. Louis XIII l'envoya en 1639 auprès de la duchesse de Savoie sa soeur et c'est à celle occasion que Tristan lui dédia les stances publiées à la suite de l'Orphée ». Cfr. TRISTAN, Les Amours et autres poésies choisies (ed. Camo), Paris, Gamier, 1925, p. 298, nota 21. 11 La Lyre du Sieur Tristan, à Paris chez Augustin Courbé Libraire et Imprimeur de Monsieur frère du Roy, dans la Petite Salle du Palais à la Palme, MDCXXXXI, Avec Privilège du Roy. 12 Cfr. TRISTAN, Le Page disgracié (ed. Arland), Paris, Delamain et Boutelleau, 1946, p. 110 e p. 202. 13 Cfr. ADAM, op. cit., p. 453. 14 « S'il connut à peine l'Ovide du XVlI siècle, le Cavalier Marin qui après le prodigeux succès de son Adone (1623), rentra en triomphe dans Naples, sa ville natale, où il mourut en 1625, Tristan était lié avec les admirateurs du poète italien si cher à la reine mère, avec Théophile, sur lequel les jeunes rimeurs reportèrent le culte qu'il avait voué à Marini, avec le maître de la scène Hardy, avec l'auteur de Vertus nécessaires à un Prince (1623) Nicolas Faret, avec le "bon et gras", SaintAmant... ». BERNARDIN, Tristan I'Hermite, Paris, Picard, 1895, p. 103. audacieux mostrasse l'imitazione non soltanto del Testi, ma del Marino15; il Bernardin nella sua monografia su Tristan conferma questa imitazione e ricorda che il nostro poeta « aimait d'une tendresse particulière deux poètes, beaux esprits, également faciles et precieux, Ovide et Marin, l'un et l'autre d'ailleurs fort à la mode pendent la première moitie du XVII siècle »16. L'Adam infine ha riconosciuto l'imitazione e quasi la traduzione del Marino nei componimenti su La Belle gueuse, La Belle en deuil e La Belle esclave more17. Il poemetto d'Orphée è apparentemente desunto dall’episodio raccontato da Ovidio nei libri X e XI delle Metamorfosi, ma un'attenta lettura rivela un accostamento più preciso al poemetto di Marino a tal punto che Tristan pare quasi ignorare il testo latino18. Il dramma di Orfeo che, disperato per la morte di Euridice scende all'Inferno e ottiene col suo canto il ritorno della moglie sulla terra; l'impazienza amorosa che lo porta a guardare l'amata contro il divieto di Plutone e quindi il ritorno ineluttabile della donna alle tenebre; il canto disperato di Orfeo che commuove le selve, ed infine la morte del poeta ad opera delle Baccanti, erano state raccontate dal pur prolisso poeta latino in meno di duecento versi. Ma in Marino questa misura è di gran lunga superata poichè il racconto è arricchito di descrizioni e di particolari; sono appunto queste parti nuove che noi troviamo completamente riprese da Tristan. La discesa di Orfeo all'Inferno che offre al Marino un buon pretesto per 15 CHEVREAU, Oeuvres Meslées, La Haye, Moetjens,1697, t. I, p. 249. BERNARDIN, op. cit., p. 528. 17 ADAM, op. cit., p. 448 e Histoire de la littérature française au XVII. siècle, Paris, Domat, 1948, t. I, pp. 372-73. 18 Tristan conosceva il latino, ma come egli stesso confessa lo studiò con poco amore: « Je commençais à prendre quelque plaisir, egli dice, à la lecture des romans que je debitais agréablement à mon aïeul et à mon grand-père, lorsque pour me detoumer de cette lecture inutile ils m'envoyèrent à l'école pour apprendre les éléments de la langue latine. J'y employai mon temps, mais je n'y appliquai pas mon coeur; j'appris beaucoup mais ce fut avec un tel degoût d'une viande si fort insipide qu'elle ne me profita guère ». Cfr. TRISTAN, Le Page digracie, ed cit., p. 54. E’ quindi probabile che anche in questo caso si sia verificato quello che il Bray indicò in altri campi della cultura del Seicento: la letteratura latina veniva conosciuta in Francia attraverso la letteratura italiana. Cfr. BRAY, La formation de la doctrine classique en France, Paris, Hachette, 1927, pp. 4748. 16 descrivere gli orrori delle tenebre e della reggia di Plutone, è da Tristan imitata in tutta la sua prolissità19 In Marino noi troviamo che il canto d'Orfeo non soltanto commuove le selve ma tutti gli animali, i quali, rapiti da tanta armonia si raccolgono attorno al musico divino, dimenticando persino i loro odi e le loro paure: anche quest'episodio è ripreso con esattezza da Tristan20, il quale inoltre moltiplica, come il Marino, i nomi delle piante elencate, ne ricorda la storia e il mito, andando ben oltrei quattordici versi che Ovidio vi aveva dedicati. Altri particolari, come la descrizione dell'abbigliamento di Orfeo21 o della reggia di Plutone22 o del canto stesso di Orfeo all'Inferno23 che in Ovidio sono quasi inesistenti, confermano il parallelismo tra Tristan e Marino. Infine l'episodio delle Baccanti viene dal poeta francese completamente trasformato e sebbene lontano, sia dalla versione di Ovidio sia da quella del Marino, presenta elementi tipici della lirica marinista. Tristan, del resto, non segue sempre la struttura e l'ordine esteriore del racconto di Marino, ma per allontanarsi dal testo italiano si scosta ancor più da Ovidio: la discesa di Orfeo all'Inferno che nelle Metamorfosi e nell'Idillio italiano avviene prima del canto di Orfeo alle selve è invece posposto a questo da Tristan, perché secondo il poeta francese soltanto dopo aver sperimentato sugli animali e sulle piante la forza della sua musica, Orfeo si sarebbe deciso ad affrontare Plutone. Giustificazione logica che né Ovidio né Marino avevano creduta necessaria al simbolismo del mito e che rivela il ragionamento introdotto a posteriori su di un contenuto già esistente, ciò che è tipico dell'imitazione. Questi accostamenti sarebbero certamente insufficienti a stabilire l'imitazione se l'esame diretto dell'opera di Marino e di quella di Tristan non rivelasse un parallelismo ben più significativo. Analizziamo, innanzi tutto, quelle parti del racconto che in Ovidio mancano o sono poco diffuse. Abbiamo 19 Cfr. MARINO, L'Orfeo, in La Sampogna, ed. cit., p. 7 e segg. e TRISTAN, L'Orphée, in ed. cit., pp. 154-55. 20 MARINO, op. cit., p. 28 e segg.; TRISTAN, op. cit., p. 147. 21 MARINO, op. cit., p. 8; TRlSTAN, op. cit., p. 154. 22 MARINO, op. cit., p. 7; TRISTAN, op. cit., p. 155. 23 MARINO, op. cit., p. Il e segg. ; TRISTAN, op. cit., p. 157 e segg. già detto come l'episodio delle piante e degli animali che accorrono attorno ad Orfeo per ascoltarne il canto, offrì al Marino un comodo pretesto per abbandonarsi all'immaginazione più sfrenata e arricchire o piuttosto prolungare la descrizione. Ed ecco come Tristan segue il Marino: Le selve Attirées par le son de ses char[mants accords Furent de la partie et ne firent [qu'un corps... ...Tout à l'entour d'Orphee en or[dre se rangèrent Tutti gli arbori insomma L'un verso l'altro dilatando [i rami Come presi per mano... 24 ...gli si piantaro intorno . Nessuna delle piante mancò: La plante pacifique à Pallas [consacrée Le saule palissant Le cyprès y parut en verte [pyramide Di Palla amico fecondissimo [ulivo25 26 Il bianco e lento salce Venne il diritto e funeral cipresso Piramide ,dei boschi...27 Seguono gli animali: l’Usignuolo, ...ce chantre ingenieux, Cet atome sonnant ce point armonieux28 era un uccello molto conosciuto dai poeti simpatizzanti del Marino; era lo stesso ...atomo sonante, Una voce pennuta, un suon volante, E vestito di piume un vivo fiato, Una piuma canora un canto alato... dell'Adone29, che Costar segnalava a Voiture nella sua XXXV lettera30 e che il P. Bouhours e Voltaire citeranno più tardi come un esempio del cattivo gusto importato 24 TRISTAN, op. cit., p. 148; MARINO, op. cit., p. 32. TRISTAN, op. cit., p. 147; MARINO, op. cit., p. 29. 26 TRISTAN, op. cit., p. 147; MARINO, op. cit., p. 29. 27 TRISTAN, ivi; MARINO, ivi. Di questi nomi d'alberi ritroviamo in Ovidio soltanto la palma “lentae victoris praemia palmae” e ”succinta comas hirsutaque vertice pinus” che può ricordare la verde piramide del cipresso di Marino. Cfr .OVIDIUS, Metamorphoseon libri XV, Berolini, 1914, Liber decimus, vv. 101-102. 25 28 TRISTAN, op. cit., p. 148. MARINO, Adone, Amsterdam, Elsevier, 1676, canto VII, strofe 37. 30 COSTAR, Lettre XXXV, in Entretiens de M. de Voiture et de M. Costar, Paris, Courbe, 1654, p. 410. 29 dall'ltalia che tanto successo aveva avuto in Francia nel primo Seicento31. Molti degli altri animali del lungo elenco che Tristan ci dà ricordano quelli descritti dal Marino: Le cheval glorieux, symbole de la guerre, Le Sanglier y parait, dont le crochet fatal A terrassé de Mars le glorieux rival… Il destrier generoso …di Marte e di Bellona amico32 Il bavoso cinghiale Obliato lo sdegno 33 ... Ch'ebbe già contro 'l bel rival di Marte . E come le piante avevano fatto a gara per offrire ad Orfeo i loro frutti più belli34, così gli animali offrono quanto posseggono di meglio: il Porcospino Ses traits dont lui-mesme est la trousse quello stesso Istrice a se medesmo arciero ed arco ……………………………………………………. 35 E faretra e saetta or di sé fatto ; Le Chat que la Lybie enfante en ses ardeurs Y fit profusion de ses bonnes odeurs Il Gatto Etiopo Gli odorati sudori 36 Largamente diffuse ; il Griso infine : Gli condusse De le glebe dell'oro I biondi pesi... Né Tristan lo dimentica37. L 'imitazione è evidente e l'accostamento diretto delle 31 « ...ce sont proprement les italiens qui abondent en pensée fleuries et qui prodiguent les agréments dans ce qu'ils écrivent. Je ne vous parle pas du Cavalier Marin qui fait des descriptions si riantes et qui appelle... le Rossignol une voix emplumée un son volant, une pIume armonieuse...». P. BOUHOURS, De la manière de bien penser dans les ouvrages de l'esprit, Paris, Mabre-Cramoisy, 1689, p. 392. Cfr. anche VOLTAIRE, Extraits en prose, Paris, 1890, p. 315. 32 TRISTAN, op. cit., p. 149; MARINO, op. cit., p. 34. 33 TRISTAN, ivi; MARINO, ivi. 34 Cfr. MARINO, op. cit., p. 31; TRISTAN, op. cit., p. 147:citano il melograno, il fico, la vite e l'arancio. 35 TRISTAN, op. cit., p. 149; MARINO, op. cit., p. 35. TRISTAN, op. cit., p. 150; MARINO, op. cit., p. 38; cfr. anche MARINO, Adone, ed. cit., canto VI, strofe 126. 37 MARINO, Op. cit., p. 38; TRISTAN, Op. cit., p. 150. 36 immagini di cui i due poeti si servono rivela a volte una traduzione quasi letterale: cipresso-piramide = cyprès-pyramide; atomo sonante = atome sonnant; destrier generoso = cheval glorieux; bel rival di Marte = glorieux rival de Mars ; largamente diffuse = y fìt profusion, ecc. Ma l'imitazione è tanto più interessante in quanto le immagini riprese da Tristan non sono quasi mai comuni ma piuttosto inusitate e strane per cui a ragione già il Chevreau aveva scritto che Tristan « admirait toutes les visions de Marin »38. Se mai si potrebbe rimproverare al poeta francese una maggiore prosasticità che si traduce in una certa prolissità, tipica, del resto, di ogni imitazione di questo tipo39. Questi caratteri già evidenti nei versi più sopra riportati si ritrovano abbondantemente nella descrizione della reggia di Plutone; Orfeo è sceso all'Inferno, ove S'eslève de Pluton la superbe tribune Où souvent il preside en ce triste manoir 40 Sur un Throsne d'acier tout esmaillé de noir . Con maggior efficacia Marino aveva scritto : ...dove 'l Tiranno oscuro Presso ad Hecate sua preme e sostiene Terribil trono e rugginoso scettro 41. Plutone si presenta : Le poil tout en desordre et le front renfroigné, Le front dont la fierté pleine de vehemence 42 Montre assez de son coeur la barbare inclemence . Traduzione questa, quasi letterale dall'italiano : …di mesta nube L'irsuto capo e 'l bruno ciglio ingombra E nel fiero rigor de l’aspra fronte L'inclemenza del cor dimostra aperta 43, 38 CHEVREAU, op.cit., p.240. E’ questa un’osservazione che già il Frugoni aveva fatto a proposito della poesia francese del Seicento d’imitazione italiana e che il Croce riprende e conferma; cfr. CROCE, Nuovi saggi sulla letteratura italiana del Seicento, Bari, Laterza, 1931, p. 214. 40 TRISTAN, op. cit.,p.155. 41 MARINO, op. cit., p.7. 42 TRISTAN, ivi. 43 MARINO, ivi. 39 ove l'irsuto capo è ripreso dal poil tout en desordre e negli ultimi versi a fiero corrisponde plein de vehemence ; a rigor, fierté; a inclemenza, inclemence e fin dimostra aperta è perfettamente reso da assez... montre. Anche la commozione di Plutone nell'ascoltare il canto d'Orfeo è descritta allo stesso modo dai due poeti; se Marino dice che le lagrime bagnarono ...di quel petto Setoloso e inculto 44 Le ferrugine lane... , Tristan non fa che tradurre con una certa prolissità, diluendo quasi la descrizione del Marino: De ses tiedes pleurs mouilla le poil chenu Que l'on voit s’hérisser sur son esthomac nu 45. L 'imitazione si rivela sempre nello stesso senso, Tristan segue Marino nelle descrizioni ove il poeta italiano si eprime con immagini singolari che colpiscono e sorprendono secondo quel gusto di raffinamento del pensiero che è tipico del secentismo e attraverso il quale si produce sul lettore l' étonnement 46. Ma vi è qui una maggior vivacità di colorito e direi quasi una certa crudezza descrittiva. I versi che precedono questi che siam venuti analizzando pur volendoci dare dell 'Inferno le immagini più orride non erano riusciti tanto efficaci; Tristan infatti non faceva che elencare in una lunga lista i nomi delle divinità infernali, accompagnandoli con aggettivi così banali che non evocavano più nulla di terribile. Noirs serpents, Hydres furieux, Chymères en feu, Sybilles aboyantes, Fantomes glacez, tutti gli ostacoli che Orfeo incontra sul suo cammino ci sono quasi familiari e non hanno il potere di sorprenderci e di atterrirci; ed invece noi sentiamo tutto 44 ID., op. cit., p. 16. TRlSTAN, op. cit., p. 160. 46 Questi elementi sono tipici di ogni poesia barocca onde giustamente l’Adam ha riconosciuto nelle opere di Tristan tutte le caratteristiche del barocco che egli giudica introdotto in Francia dal marinismo; cfr. ADAM, Baroque et préciosité, «Revue de Sciences Humaines», 1949, pp.216-217. 45 l'orrore di fronte al Throsne d'acier... esmaillé de noir, al poil en desordre, al front renfroigné e il disgusto per l' esthomac nu e le poil chenu, sia pur bagnato di lacrime47 . Altri particolari dimostrano ancora un'imitazione diretta, come la descrizione dell'abbligliamento d'Orfeo in cui di comune c'è soltanto il mantello volante, le manteau volant 48 ma che rivela l'analogo gusto dei due poeti per l'analisi minuziosa dei particolari che si traduce non in ricchezza d'immagini ma in una ricerca tutta intellettualistica di ampliamento della descrizione. Il mantello è volante e quindi ha la couleur de la feuille qui vole, ma Le dessous estoit vert, montrant qu'en son mallheur Quelque espoir se joignoit encore à sa douleur...49. Non è questo il solo esempio di cattivo gusto in Tristan, i contrasti, les pointes non mancano in tutto il poema. Basti pensare a Cerbero che per ascoltare il canto d'Orfeo Fermant ses trois gosiers, ouvroit ses six oreilles 50 o peggio ancora agli Esprits sans corps, i quali ...amolis par ces charmes 51 Eux qui n'ont point de sang, en verserent des larmes . È questo certamente l'aspetto più negativo del marinismo; in altri casi, invece, la stessa sovrabbondanza di 47 Indubbiamente qui l'imitazione marinista porta nella poesia di Tristan un accento nuovo e vigoroso, una nota di concretezza inattesa; non bisogna tuttavia dimenticare che il gusto per le descrizioni orride è tipico di ogni poetica barocca; cfr. ROUSSET, La littérature de l'âge baroque en France, Paris, Corti, 1953, p. 100 e segg. 48 MARINO, op. cit., p. 8; TRISTAN, op. cit., p. 154. 49 TRISTAN, ivi. 50 51 ID., op. cit., p. 155. ID., op. cit., p. 160; altri esempi di questo tipo ricorrono in tutte le opere di Tristan e sono tipici di tutta la poesia del tempo. Ricordo soltanto. nella già analizzata descrizione delle piante, l'immagine della quercia che. «d'une juste pitié s'y fendoit jusqu'au coeur ».Essa riprende quanto Théophile aveva già scritto su imitazione del Marino: .«Voyez comme ce marbre est fendu de pitié I Et qu'à notre douleur le sein de ses murailles I Pour receler nos feux s'entrouve les entrailles »(Cfr. THEOPHILE DE VIAU, Pyrame et Thisbé, ed. cit., acte Il, scène I, vv. 376 e segg.). parole, lo stesso giuoco di pensiero, trovando una ragione d'essere espressiva, assume un valore più felicemente poetico. Allora, quando il Marino si esprime meglio, anche Tristan, seguendolo, raggiunge una certa vivacità e una maggior forza descrittiva. Penso alla descrizione del canto d'Orfeo all'inferno: nella voce del musico che A mano a man si snoda Sgorga e scoppia e con spedito salto A poco a poco si rischiara ed erge, Poi quando è giunta al colmo, Qual face che sul fine Indebolisce e manca, Con fievol tremolio, Languidissimamente 52 Gorgogliando vacilla in su l'estremo . Ci sono tutti gli artifici e le lungaggini della poesia secentesca, ma in questo caso non urtano. Tristan tiene presente senza dubbio il Marino53, ma riesce anche a staccarsene. In principio la descrizione procede con un certo impaccio : Sa voix tantost est forte et tantost ne l'est pas ........................................................................ 54 Elle monte bien haut puis descende bien bas . Si sente tutta la pesantezza di un uccello che tarda a predere il volo: il preciso parallelismo tantost... tantost, bien haut... bien bas dà una rigidezza alla espressione che diventa quasi prosastica. Anche il paragone del serpente riprende un po' troppo alla lettera il labirinto del Marino : Cette aymable armonie imite le serpent Ondoye à longs replys, se retire et [s'etend Et dans ces roulements d'un artifice [extreme Se quitte et se reprend, sort et r'en[tre en soy-mesme 52 Talhor quasi volubile Menandro O Labirinto obliquo Per anguste torture Di flessuosa scala Serpente in giro S'increspa e spiega e si [rivolge e rota55. MARINO, op. cit., p. 9. TRISTAN, op. cit., p. 156; si noti il ripetersi di Tantost... tantost all'inizio del verso che riprende il Talor... talor del Marino. 54 TRISTAN. op. cit.. p. 156. 55 MARINO, op. cit., p. 10; TRISTAN, op. cit., p. 156. 53 Ma qualche vivacità è già nell'ultimo verso ove i verbi si susseguono incalzanti e ancor di più nel verso che segue: Repousse tance et fuit, s'appelle appaise et flate56. L 'unico episodio completamente originale dell'Orphée è quello della Baccante. Mentre Orfeo canta alle selve e quindi prima della sua discesa agl'Inferi, secondo la versione francese, una Baccante si presenta. L'eprsodio è inutile al racconto; alla fredda accoglienza del musico famoso, la donna risponde sì con un lancio di pietre ma queste non colpiscono Orfeo e la Baccante è costretta a fuggire. Il poemetto poi, non si chiuderà, come in Ovidio e in Marino, con la morte d'Orfeo ad opera delle Baccanti, ma si arresterà al rrtorno d'Orfeo sulla terra dopo che per la seconda volta ha perduto Euridice. Gli ultimi versi del poema francese sono anzi quasi grotteschi : En vain pour adoucir cette dure sentence , Il veut de san erreur faire la penitence Il a beau s'afliger, conjurer et prier Il ne gaigne qu'un reume à force de crier Et n'ayant plus de voix pour forcer le passage 57 Il perd en mesme temps l'espoir et le courage . L'episodio della Baccante non ha quindi alcun senso, ma è un buon pretesto per un'altra descrizione, e questa c'interessa particolarmente perché in essa ritroviamo gli accenti tipici di tutta l'imitazione marinista; immagini nuove e inconsuete, una certa sensualità che ricorda la vivacità di descrizione della reggia di Plutone, ancora la ricerca intellettualistica portata all'estremo limite, attraverso la quale il pensiero trae dall'immagine tutte le possibili accezioni fino a svuotarla completamente d'ogni forza. I capelli della Baccante sono detti des flots che Zefiro gonfia del suo soffio soave e nei quali mille libertà farebbero volentieri naufragio58. Lo stesso Tristan nelle 56 TRISTAN, op. cit., p. 156. lvi, p. 162. 58 Son poil comme elle errant s'epandoit sans dessein, Tantost sur son epaule et tantost sur son sein Et Zephire qui l'enfloit de son haleine mole Y soulevoit des flots tels que ceux du Pactole 57 stanze pour un miroir enchanté, aveva detto i capelli dell'amata doux flots où ma raison se noye59; e Théophile nell'Ode sur la Solitude aveva parlato delle ondes de tes cheveaux60. Anche Bertaut aveva scritto : Regardant de son poil flotter les riches ondes ........................................................................... Je ne demande plus, voyant leurs tresses blondes En quelles rets Amour prende tant de libertez61. Ma prima di loro Marino aveva più volte ripreso il paragone dei capelli alle onde del mare: Ondeggiavan per l'onde in onde d'oro 62 Sparse le fila rilucenti e fini... ; e altrove spingendo più a fondo la similitudine : Onde dorate... e l'onde eran capelli ; …………………………………………. Per l'aureo mar che rincrespando aprìa Il procelloso suo biondo tesoro, Agitato il mio core a morte gìa, 63 Ricco naufragio in cui sommerso i' moro . Anche i due aggettivi con cui Tristan designa gli occhi della giovinetta, brillants e jeunes ricordando le lucide e serene stelle del Marino64. Mais d'ont I'aymable orgueil esmu de tous cotez Eust fait faire naufrage à mille libertez. (TRISTAN, op. cit., p. 151). 59 TRISTAN, Les Amours et autres poésies choisies, ed. cit., p. 57; la stessa poesia era stata pubblicata per la prima volta nella raccolta dei Plaintes d'Acante (1638), con il titolo: Pour une excellente Beauté qui se miroit. 60 THÉOPHILE DE VIAU, La solitude, in Œuvres complètes, Paris, Jannet, 1855-56, p. 30. 61 BERTAUT, Œuvres poétiques, Paris, Plon, 1891, p. 312. 62 MARINO, La Lira, Venezia, 1629, parte I, t. I, p. 42. 63 ID., La Lira, ed. cit., parte III, t. II, p. 34. Nelle Rime Marino aveva già descritto i capelli come “oro ondeggiante... ove dianzi sommerso il cor lasciai” ed aveva aggiunto questi versi che possono essere ravvicinati a quelli più sopra citati di Tristan: Parte scherzando in ricco nembo e folto Piovea fuori i begli omeri cadente Parte con globi d'or sen gìa serpente Fra i fiori del bel seno e del bel volto. (Cfr. MARINO, Le Rime, Venezia, Ciotti, 1602, p. 14). 64 MARINO, Adone, ed. cit., canto I, strofe 42; vedi anche canto III, strofe 86. Una maggior sensualità ritroviamo invece nella descrizione del seno : Sa gorge estoit ouverte, où d'une force égale Deux petits Monts de Lait s'enfloient par intervale65. Altra volta Tristan aveva parlato di monts de neige66, riprendendo il Marino : Scopria del vago seno Le palpitanti e tiepidette nevi67; ma anche il paragone del seno al candore del latte è già in Marino68. I versi sulla bocca rivelano anch'essi un certo accento marinista: la bocca è raffigurata come un bocciuolo di rosa69, ma vi è qui una ricerca intellettualistica più scoperta, poiché Tristan aggiunge ch'essa ...n'estoit point si close Dans cette emotion qu'on ne vit dedans 70 Esclatter la blancheur des perles de ses dents . Tristan dunque imita sempre? Non direi, ma certo è ben impregnato di schemi e di formule mariniste. Resta tuttavia da vedere se la sua imitazione si esercita perche il gusto del suo tempo amava questo genere di poesia o non piuttosto se fu l'imitazione di questa poesia a determinare il gusto stesso della società francese del Seicento. È certo sintomatico notare che, quando Tristan scrive l'Orphée, non è più un poeta alle prime armi e non di meno si dimostra così strettamente legato all'imitazione marinista. Non intendo qui affrontare in generale il problema dei rapporti tra la poesia italiana e quella francese nella prima metà del Seicento, problema che ho già impostato 65 TRISTAN, op. cit., p. 150. Questi versi del Marino sono riportati da Costar che ricorda anche i versi del Tasso: Mostra il bel petto le sue nevi ignude, e li commenta. Cfr. COSTAR, Lettre XXIX, in Les entretiens de M. de Voiture et de M. Costar, ed. cit., p. 258. 67 MARINO, La Lira, ed. cit., parte III, t. II, p. 5 e 9. 68 Marino dice la bocca una siepe di rose: cfr. MARINO, Adone, ed. cit., canto VIlI, strofe 122. 69 TRISTAN, op. cit., p. 150. Marino aveva descritto la bocca come un'arca di perle e se Tristan parla del suo profumo di gelsomino, Marino ne aveva cantato l'Arabo fiato. Cfr. MARINO, Adone, ed. cit., canto VIII, strofe 123. 70 MARINO, Orfeo, in ed. cit., p. 12. 66 in altra sede; l'imitazione qui rilevata non vuoI essere che una prova di più dell'esistenza e della forza dell'italianismo in Francia nel XVII secolo. Vorrei soltanto aggiungere un'ultima osservazione per quel che riguarda la metrica adoperata nei due poemetti. La prolissità e la prosasticità che alle volte sono apparse in Tristan sono indubbiamente dovute all'imitazione, ma probabilmente anche determinate dall'adattazione in versi francesi del più duttile verso italiano. Marino si serve prevalentemente del settenario e varia la sua metrica secondo le esigenze del testo; Tristan adopera l'alessandrino: di qui nasce una certa rigidezza della frase poetica che accentua l'intellettualismo del contenuto e costringe a portare ancora più a fondo lo sviluppo della descrizione. Tutto ciò nuoce generalmente all'espressione che si diluisce e perde in vigore, ma può giovare a volte a una certa gravità di tono che in Marino inutilmente si cerca. Soltanto per il canto d'Orfeo Marino si serve della strofa saffica e Tristan, imitandolo anche in questo, adopera lo stesso metro. ll discorso dei due poeti si snoda parallelamente: Je ne demande pas qu'en re[nouant sa trame Pour des siècles entiers on re[joigne son âme A cet aymable corps cruellement [blessé Qu'elle a si tost laissé ……………………………………… Laisse moy donc là-haut rame [ner cette belle, Ou permet qu'icy bas je demeu[re avec elle J'aurais peu de regret au bien [de la clarté Près de cette Beauté71. Non voglio già che 'l fil di [questa vita Ch'Atropo le recise appena [ordita Fatta infinita e più dell'al[tre lunga Cloto raggiunga ……………………………………. Se neghi che 'l mio ben là [torni meco Concedi almen ch'io qui ri[manga seco Ché 'l mondo cieco avendo [sì bel viso Fia Paradiso. Inutile sottolineare ancora un'imitazione già tanto evidente e moltiplicare gli esempi; si noti soltanto come il metro adoperato giovi alla solennità del canto e come in questo momento soltanto dietro la voce dei due poeti secenteschi si senta Ovidio. 71 TRISTAN. op. cit., p. 159.