MORGANTE Pareggio Bilancio in Costituzione 2012-07
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MORGANTE Pareggio Bilancio in Costituzione 2012-07
LA COSTITUZIONALIZZAZIONE DEL PAREGGIO DI BILANCIO* di Daniela Morgante (Magistrato della Corte dei conti) 11 luglio 2012 Sommario: 1. L’introduzione del pareggio di bilancio nella Costituzione e il contesto di riferimento. 2. L’equilibrio del bilancio. 3. Il divieto di indebitamento. 4. Legge di bilancio e copertura finanziaria delle leggi comportanti oneri finanziari. 5. L’equilibrio del bilancio e i vincoli all’indebitamento delle autonomie territoriali. 6. Controllo del Parlamento e organismo indipendente di valutazione. 7. Considerazioni conclusive. 1. L’introduzione del pareggio di bilancio nella Costituzione e il contesto di riferimento Con legge costituzionale 20 aprile 2012 n. 1 è stato introdotto nella Costituzione italiana il “principio del pareggio di bilancio” (1). La legge in questione, essendo stata approvata nella * Articolo sottoposto a referaggio. (1) La l. cost. n. 1/2012 è stata pubblicata nella G.U. 23 aprile 2012 n. 95. Il testo approvato risulta dall'unificazione di un disegno di legge di iniziativa governativa e di diverse proposte di iniziativa parlamentare (A.C. 4205 Cambursano e a.; A.C. 4620; AA.CC. 4525 Marinello e a., 4594, 4526 Beltrandi e a., 4596 Lanzillotta e a., 4607 Martino e a., 4620, 4646 Bersani e a.; AA.SS. 2834 Lannutti e a., 2851 Lauro e a., 2881 Saltamartini e a., 2890 Ceccanti e a., 2965 Perduca e a., 3047 Cambursano e a, 2871 Nicola Rossi e a.). Per una disamina delle iniziative legislative volte al recepimento del pareggio (ovvero equilibrio) di bilancio nel nostro ordinamento e delle relative problematiche e per riferimenti comparati F. CORONIDI, La costituzionalizzazione dei vincoli di bilancio prima e dopo il Patto Europlus, Federalismi n. 5/2012; Camera dei Deputati, Servizio Studi, Dossier n. 551, www.camera.it; R. DICKMANN, Le regole della governance economica europea il pareggio di bilancio in Costituzione, Federalismi n. 4/2012.; ID., Legislazione di spesa ed equilibrio di bilancio tra legittimità costituzionale e legittimità europea, Federalismi n. 10/2012; P. CANAPARO, La legge federalismi.it n. 14/2012 seconda votazione da ciascuna delle Camere con la maggioranza qualificata dei due terzi, non è sottoponibile a referendum (art. 138, comma 3, Cost.). Per tale via il nostro Paese ha dato seguito all’impegno assunto in virtù dell’adesione, in data 2 marzo 2012, al “Trattato sulla stabilità, il coordinamento e la governance nell’Unione economica e monetaria”, meglio noto come “Fiscal Compact”, il cui art. 3 vincola gli Stati contraenti al pareggio (ovvero all’avanzo) di bilancio (par. 1), da recepirsi “nel diritto nazionale … tramite disposizioni vincolanti e di natura permanente – preferibilmente costituzionale – o il cui rispetto fedele è in altro modo rigorosamente garantito lungo tutto il processo nazionale di bilancio” (par. 2) (2). In linea con quanto già prefigurato dal Patto Europlus del 24 e 25 marzo 2011 (3), il Trattato Fiscal Compact ha sancito per i Paesi aderenti il vincolo – canonizzato in una fonte di diritto internazionale (pattizio), peraltro concepito quale destinato a intendersi ed applicarsi come inserito a pieno titolo nel diritto comunitario (4) - alla costituzionalizzazione della fondamentale regola del pareggio di bilancio. Principio costituzionale n. 1 del 2012: la riforma dell’articolo 81, il pareggio di bilancio e il nuovo impianto costituzionale in materia di finanza pubblica, Federalismi n. 13/2012, www.federalismi.it. (2) Sul Trattato Fiscal Compact e sul percorso di riforma della governance economica europea v. su questa Rivista consultabile sul sito www.federalismi.it: D. MORGANTE, Note in tema di “Fiscal Compact”, Federalismi n. 7/2012, F. CORONIDI, La costituzionalizzazione dei vincoli di bilancio prima e dopo il Patto Europlus, Federalismi n. 5/2012; R. DICKMANN, Le regole della governance economica europea il pareggio di bilancio in Costituzione, Federalismi n. 4/2012. V. inoltre F. NUGNES, Il Fiscal Compact. Prime riflessioni su un accordo ricognitivo, Forum di Quaderni Costituzionali, marzo 2012, www.forumcostituzionale.it; L. LUNGHI, Governance europea 2011-2012, www.contabilita-pubblica.it; L. ALLA, Verso una nuova governance economica della UE, novembre 2011, www.amministrazioneincammino.luiss.it; Banca Centrale Europea, La riforma della Governance economica nell’area dell’Euro: elementi essenziali, Boll. BCE marzo 2011, pp. 105-126; Camera dei Deputati, Servizio Studi, Dossier n. 551, www.camera.it; Camera dei Deputati – Ufficio Rapporti con l’Unione Europea, XVI legislatura, La riforma della governance economica dell’UE – Dossier n. 189, 23 novembre 2011, www.camera.it; Senato della Repubblica - Servizio affari internazionali - Ufficio per i rapporti con le istituzioni dell’Unione europea, XVI legislatura, Il Consiglio europeo del 9 dicembre 2011 e la nuova Governance economica - Dossier 81/DN, 13 dicembre 2011, www.senato.it; Senato della Repubblica - Servizio del Bilancio, XVI legislatura, La riforma della Governance economica europea. Un’analisi preliminare Dossier 36, ottobre 2010, www.senato.it. (3) Tra gli obiettivi del Patto Europlus vi è quello di “Rafforzare la sostenibilità delle finanze pubbliche”, tra l’altro, attraverso la “attuazione piena del Patto di stabilità e crescita”. In questa prospettiva, “Gli Stati membri partecipanti si impegnano a recepire nella legislazione nazionale le regole di bilancio dell'UE fissate nel patto di stabilità e crescita”. In tale ambito, “manterranno la facoltà di scegliere lo specifico strumento giuridico nazionale cui ricorrere ma faranno sì che abbia una natura vincolante e sostenibile sufficientemente forte (ad esempio costituzione o normativa quadro”. (4) Al Trattato Fiscal Compact hanno aderito 25 dei 27 Paesi dell’Unione, restandone escluse, almeno per ora (l’art. 15 riconosce infatti la possibilità di adesione successiva, c.d. clausola di “opt-in”) la Repubblica Ceca e la Gran Bretagna, la cui opposizione ha precluso l’adozione di strumenti normativi di diritto comunitario derivato (direttive e regolamenti), rendendo necessario il ricorso allo strumento pattizio di diritto internazionale. Peraltro, la volontà di dare vita a un accordo negoziale pienamente integrato nell’ordinamento comunitario permea l’intero Trattato ed è ivi ripetutamente manifestata, a partire dall’incipit del primo par. dell’art. 1, che afferma espressamente che l’accordo viene stipulato dagli aderenti nella loro “qualità di Stati membri dell'Unione europea”. Nella medesima prospettiva, l’art. 2 ne subordina l’applicazione alla “misura in cui è compatibile con i trattati su cui si fonda l'Unione europea e con il diritto dell'Unione europea”, ai quali ne impronta altresì l’applicazione e l’interpretazione, con esplicito riferimento al “diritto procedurale ogniqualvolta sia richiesta l'adozione di atti di diritto derivato”. Ancora, l’art. 3, par. 1 del Fiscal Compact ribadisce che il www.federalismi.it 2 che i contraenti si sono impegnati a trasporre negli ordinamenti nazionali mediante fonti normative dotate di “resistenza passiva qualificata”, di rango costituzionale o comunque provvista di forza equivalente in relazione al fine di garantirne l’effettiva vincolatività sia per il Governo chiamato alla predisposizione e gestione del bilancio, sia per il Legislatore chiamato alla sua approvazione (nonché all’approvazione delle leggi che prefigurano le entrate e le spese), in modo permanente e intangibile ad opera delle diverse maggioranze di volta in volta al potere, nonché nei riguardi di qualsivoglia comparto pubblico non statale, quand’anche dotato di pregnanti garanzie di autonomia, comprese le autonomie territoriali. In conformità al termine fissato dal Fiscal Compact per il suo recepimento ad opera degli ordinamenti nazionali (un anno dalla sua entrata in vigore e dunque il 1° gennaio 2014, art. 3 par. 2) (5), l’art. 6 della legge costituzionale in commento stabilisce che la nuova disciplina di bilancio ivi sancita si applicherà “a decorrere dall’esercizio finanziario relativo all’anno 2014”. Di detta nuova disciplina la l. cost. n. 1/2012 delinea i tratti fondamentali - come del resto coerente con il suo rango costituzionale - intervenendo sugli articoli 81, 97, 117 e 119 della Costituzione (art. 1-4) e demandandone la più articolata specificazione e implementazione a una fonte di rango legislativo, peraltro “rafforzata” mediante la previsione di un quorum qualificato (art. 1, 5 l. cost. n. 1/2012; nuovo art. 81, comma 6, Cost.); detta “legge-quadro” dovrà essere adottata entro il 28 febbraio 2013 (art. 5, comma 3, l. cost. cit.) (6). E’ d’uopo ricordare che in un primo momento, i lavori legislativi – segnatamente, l’A.C. 4620 - erano orientati verso una modifica anche dell’art. 53 Cost., norma fondamentale del sistema tributario, al quale era riferita larga parte degli interventi che poi sono stati invece apportati sull’art. 81 Cost., norma fondamentale in materia di bilancio pubblico (7). L’originaria collocazione del principio del pareggio di bilancio nell’art. 53 Cost., e dunque nella Parte I (“Diritti e doveri dei cittadini”) e in particolare nel Titolo IV concernente i “Rapporti politici” “Patto di bilancio” viene applicato “in aggiunta” e “fatti salvi” gli obblighi degli Stati membri “ai sensi del diritto dell'Unione europea”. A chiusura, l’art. 16 sancisce l’impegno di integrare il Fiscal Compact quanto prima, comunque entro cinque anni dall’entrata in vigore, nei Trattati sui quali si fonda l’Unione Europea e nel relativo ordinamento giuridico. In argomento R. DICKMANN, Le regole della governance economica europea il pareggio di bilancio in Costituzione, Federalismi n. 4/2012. (5) Il par. 2 dell’art. 14 del Trattato ne prevede l’entrata in vigore il 1° gennaio 2013 “a condizione che dodici parti contraenti la cui moneta è l'euro abbiano depositato il loro strumento di ratifica, o, se precedente, il primo giorno del mese successivo al deposito del dodicesimo strumento di ratifica di una parte contraente la cui moneta è l'euro”. (6) R. DICKMANN, Legislazione di spesa ed equilibrio di bilancio tra legittimità costituzionale e legittimità europea, Federalismi n. 10/2012, www.federalismi.it. (7) In tema P. CANAPARO, La legge costituzionale n. 1 del 2012: la riforma dell’articolo 81, il pareggio di bilancio e il nuovo impianto costituzionale in materia di finanza pubblica, Federalismi n. 13/2012, www.federalismi.it. www.federalismi.it 3 era legata all’impostazione, successivamente abbandonata, che concepiva detto principio come “strettamente correlato” ai “principi dell'equità intergenerazionale e della sostenibilità delle politiche di bilancio” (8). Di detti principi, quello maggiormente afferente ai rapporti tributari (oltre che alla disciplina di bilancio) in quanto incidente sul riparto diacronico di lungo periodo degli oneri generati dalle spese pubbliche, ossia “l’equità intergenerazionale”, è stato successivamente abbandonato nel corso dei lavori: con ciò perdendosi un’importante occasione - che peraltro appariva quanto mai appropriata in costanza di Governo tecnico, dunque per definizione orientato all’obiettivo interesse generale in luogo che agli interessi di parte - per l’introduzione nella Costituzione, da lungo tempo e da più parti auspicata, di un siffatto principio, che si appalesa quale presidio necessario di non più derogabili esigenze di eguaglianza sostanziale e di tutela di diritti fondamentali, che, tra l’altro, hanno rilevanza trasversale, non riguardando solo gli equilibri delle finanze pubbliche, quanto piuttosto una molteplicità di ambiti fondamentali quali, ad esempio, l’ambiente, l’energia, la salute, la tutela del lavoratore, le prestazioni previdenziali e assistenziali. Esigenze la cui salvaguardia - a fronte della obiettiva attitudine di determinate scelte politiche delle generazioni attuali a cagionare ai danni delle generazioni future pregiudizi non rimediabili, ovvero rimediabili soltanto in virtù di sforzi che superano l’ordinaria e ragionevole esigibilità o che sono sproporzionati rispetto ai vantaggi arrecati - non appare più poter essere intesa in modo esclusivamente contestuale, dovendo piuttosto essere interpretata in modo altrettanto diacronico, al fine di conferire adeguata rilevanza giuridica attuale alla proiezione temporale dei futuri effetti che le decisioni odierne avranno sui soggetti che si troveranno a subirne le conseguenze. Peraltro, sta di fatto che dei due suddetti principi – “dell'equità intergenerazionale e della sostenibilità delle politiche di bilancio” – che l’A.C. 4620 intendeva inserire nell’art. 53 Cost., soltanto il secondo è sopravvissuto all’iter parlamentare, stante la maggiore idoneità del primo, in ragione delle sue rilevantissime implicazioni, a turbare i non facili equilibri dell’attuale “tregua politica” e considerato che la sua espunzione dall’ambito oggetto dell’iniziativa legislativa rendeva non più necessario l’intervento sulla Parte I della Costituzione, politicamente più “sensibile”, consentendo di limitare le modifiche, a questo punto effettivamente riguardanti soltanto la materia del bilancio e della finanza pubblica, alla sola Parte II (“Ordinamento della Repubblica”). (8) Camera dei deputati - XVI Legislatura - Servizio Studi - Dipartimento istituzioni, Dossier n. 551 del 4.10.2011, Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale - A.C. 4620 e abb. www.federalismi.it 4 2. L’equilibrio del bilancio L’art. 1 della l. cost. n. 1/2012 così sostituisce l’art. 81 Cost., recante i principi fondamentali in materia di bilancio pubblico: «1. Lo Stato assicura l'equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico. 2. Il ricorso all'indebitamento è consentito solo al fine di considerare gli effetti del ciclo economico e, previa autorizzazione delle Camere adottata a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, al verificarsi di eventi eccezionali. 3. Ogni legge che importi nuovi o maggiori oneri provvede ai mezzi per farvi fronte. 4. Le Camere ogni anno approvano con legge il bilancio e il rendiconto consuntivo presentati dal Governo. 5. L'esercizio provvisorio del bilancio non può essere concesso se non per legge e per periodi non superiori complessivamente a quattro mesi. 6. Il contenuto della legge di bilancio, le norme fondamentali e i criteri volti ad assicurare l'equilibrio tra le entrate e le spese dei bilanci e la sostenibilità del debito del complesso delle pubbliche amministrazioni sono stabiliti con legge approvata a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera, nel rispetto dei principi definiti con legge costituzionale». Viene dunque espressamente sancito l’obbligo dello Stato di assicurare per il proprio bilancio “l’equilibrio tra le entrate e le spese” (comma 1). E’ stato in proposito precisato che “Qualora il termine “equilibrio” debba essere inteso come pareggio contabile, ne conseguirebbe che, in presenza di uno stock di debito e di una conseguente componente di spesa per interessi, il saldo primario dovrebbe essere necessariamente in avanzo di un ammontare sufficiente a pareggiare la spesa per interessi, in modo tale da annullare il deficit e garantire il pareggio. L’assenza di un deficit comporterebbe l’invarianza nel tempo dello stock nominale di debito. In presenza di una condizione di crescita, anche moderata, del PIL, ne conseguirebbe la tendenza alla progressiva riduzione del rapporto debito/Pil. Tale tendenza non potrebbe arrestarsi nemmeno quando il predetto rapporto dovesse scendere sotto una determinata soglia (ad esempio quella del 60% definita in sede comunitaria), in quanto l’obbligo di equilibrio di bilancio sancito in costituzione (qualora esso vada inteso come pareggio contabile) non verrebbe meno. L’adozione del vincolo del pareggio, riferito al saldo complessivo di bilancio, implicherebbe quindi l’adozione implicita dell’obiettivo di progressivo annullamento del rapporto debito/Pil” (9). Peraltro, il termine “equilibrio” sembra piuttosto doversi intendere, in luogo che nel senso del pareggio contabile tra entrate e (9) Camera dei deputati - XVI Legislatura - Servizio Studi - Dipartimento istituzioni, Dossier n. 551 del 4.10.2011, Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale - A.C. 4620 e abb. www.federalismi.it 5 spese, come saldo strutturale sostenibile delle medesime, stante l’espresso rilievo che la legge costituzionale in questione attribuisce ad altri parametri quali, in particolare, il tasso di crescita del PIL, lo stock esistente di debito, la sua sostenibilità, il suo ritmo e percorso di riduzione, i vincoli all’indebitamento e al ricorso al nuovo debito (10). Tale interpretazione è, del resto, in linea con la disciplina comunitaria dei vincoli sanciti dal Trattato di Maastricht (11) e dal Patto di Stabilità e Crescita (12) – che trovano i loro ben noti (10) In argomento R. DICKMANN, , Legislazione di spesa ed equilibrio di bilancio tra legittimità costituzionale e legittimità europea, Federalismi n. 10/2012. (11) Art. 104 Trattato sull’Unione Europea e Allegato 12, recante il Protocollo sulla Procedura per i disavanzi eccessivi. L’art. 104 del Trattato di Maastricht individua come “disavanzo eccessivo” il superamento dei citati “valori di riferimento”, a meno che: a) quanto al rapporto disavanzo/PIL, esso “non sia diminuito in modo sostanziale e continuo e abbia raggiunto un livello che si avvicina al valore di riferimento; oppure, in alternativa, il superamento del valore di riferimento sia solo eccezionale e temporaneo e il rapporto resti vicino al valore di riferimento”; b) quanto al rapporto debito/PIL, esso “non si stia riducendo in misura sufficiente e non si avvicini al valore di riferimento con ritmo adeguato”. Per quanto concerne il disavanzo pubblico, esso rileva sia con riferimento a quello “previsto” o anche a quello “effettivo”. Il PIL è inteso “ai prezzi di mercato” (art. 1 Protocollo). L’art. 2 del Protocollo reca le definizioni rilevanti ai fini dell’applicazione dell'articolo 104 del Trattato e del Protocollo medesimo, stabilendo, segnatamente, che “… - per disavanzo, si intende l'indebitamento netto quale definito nel Sistema europeo di conti economici integrati; … - per debito, si intende il debito lordo al valore nominale in essere alla fine dell'esercizio e consolidato tra e nei settori della pubblica amministrazione quale definita nel primo trattino”. Individua, inoltre, il perimetro del “pubblico” sul quale calcolare i suddetti “valori di riferimento” coincide con il “settore pubblico” quale definito dal sistema di contabilità economica adottato a livello europeo (SEC95) e dunque con “la pubblica amministrazione, vale a dire l'amministrazione statale, regionale o locale e i fondi di previdenza sociale, ad esclusione delle operazioni commerciali, quali definiti nel Sistema europeo di conti economici integrati”. Al riguardo, va precisato che il “Sistema europeo di conti economici integrati”, che ha conosciuto diverse edizioni (SEC70, SEC79) fino al SEC95, è stato sostituito dal Regolamento CE del Consiglio n. 2223/96 del 25 giugno 1996 (GU L 310 del 30.11.1996) relativo al “Sistema europeo dei conti nazionali e regionali nella Comunità”, a sua volta oggetto di successive modifiche. Il citato Regolamento detta la definizione di “pubblico” proprio in virtù del rinvio contenuto all’art. 2 del citato “Protocollo sulla procedura per i disavanzi eccessivi”, chiarendo che “2.68. Il settore amministrazioni pubbliche (S.13) comprende tutte le unità istituzionali che agiscono da produttori di altri beni e servizi non destinabili alla vendita … la cui produzione è destinata a consumi collettivi e individuali ed è finanziata in prevalenza da versamenti obbligatori effettuati da unità appartenenti ad altri settori e/o tutte le unità istituzionali la cui funzione principale consiste nella redistribuzione del reddito e della ricchezza del paese (c.d. unità istituzionali “non market”). 2.69. Le unità istituzionali comprese nel settore S.13 sono le seguenti: a) gli organismi pubblici (esclusi i produttori pubblici aventi la forma di società di capitali pubbliche o dotati, in forza di una normativa specifica, di personalità giuridica e le quasi-società, allorché sono classificate nei settori delle società finanziarie o non finanziarie) che gestiscono e finanziano un insieme di attività, principalmente consistenti nel fornire alla collettività beni e servizi non destinabili alla vendita; b) le istituzioni senza scopo di lucro dotate di personalità giuridica che agiscono da produttori di altri beni e servizi non destinabili alla vendita, che sono controllate e finanziate in prevalenza da amministrazioni pubbliche; c) i fondi pensione autonomi, se soddisfano le due condizioni di cui al paragrafo 2.74. 2.70. Sulla base di tali definizioni “il settore amministrazioni pubbliche (S13) è suddiviso in quattro sottosettori: a) amministrazioni centrali (S.1311); b) amministrazioni di Stati federati (S.1312) (non applicabile all’ordinamento italiano); c) amministrazioni locali (S.1313); d) enti di previdenza e assistenza sociale (S.1314)”. (12) Il Patto di Stabilità e Crescita è stato adottato, nella sua originaria formulazione con la Risoluzione del Consiglio europeo di Amsterdam del 16 e 17 giugno 1997, che ha sancito l’impegno degli Stati membri a perseguire l’obiettivo di medio termine di un saldo del conto economico delle amministrazioni pubbliche prossimo al pareggio o in avanzo, e dai Regolamenti del Consiglio n. 1466/97 e 1467/97 del 7 luglio 1997, con i quali sono state definite le modalità di attuazione, rispettivamente, della procedura di sorveglianza multilaterale e della procedura sui disavanzi eccessivi; tali Regolamenti sono stati, a loro volta, modificati a rispettiva opera dei www.federalismi.it 6 pilastri nel limite al disavanzo pubblico (3% del PIL) e nel limite al debito pubblico (60% del PIL o in riduzione in misura sufficiente e a un ritmo adeguato) - come da ultimo rinsaldati dal Fiscal Compact, in primis attraverso l’imposizione agli Stati aderenti del vincolo del “pareggio di bilancio” (art. 3, par. 1), in base al quale “la posizione di bilancio della pubblica amministrazione di una parte contraente è in pareggio o in avanzo”. Ai sensi della lett. b), detta posizione “si considera rispettata se il saldo strutturale annuo della pubblica amministrazione (definito dal par. 3 lett. a come “il saldo annuo corretto per il ciclo al netto di misure una tantum e temporanee”) (13) è pari all'obiettivo di medio termine specifico per il paese, quale definito nel patto di stabilità e crescita rivisto, con il limite inferiore di un disavanzo strutturale dello 0,5% del prodotto interno lordo ai prezzi di mercato”. La norma prevede dunque un meccanismo incentrato sulla fissazione di obiettivi di saldo di medio termine (“Medium Term Objectives”) specifici per Paese, ad ogni modo soggetti a un limite generale di disavanzo fissato nello 0,5% del PIL (14). Dunque non un pareggio di bilancio in senso contabile quale uguaglianza numerica tout court tra entrate e spese, quanto piuttosto il rispetto di un “equilibrio di bilancio”, inteso quale conseguimento di obiettivi di saldo articolati lungo un arco temporale di medio termine e calibrati in corrispondenza simmetrica rispetto all’andamento del ciclo economico. E’ quindi richiesto non un pareggio numerico, quanto piuttosto la realizzazione di un equilibrio finanziario c.d. “over the cycle”, come tale dinamico e in evoluzione speculare rispetto a quella congiunturale, atto ad assicurare ai Paesi una flessibilità fiscale adeguata, simmetrica alla congiuntura economica, che consenta di tradurre in disavanzi consentiti (e contenuti nei ristretti limiti autorizzati dal Fiscal Compact) il fisiologico deterioramento dei saldi di bilancio conseguente alle minori entrate tributarie e alle maggiori spese (segnatamente quelle volte a finalità sociali o di sostegno alla crescita) che caratterizzano le fasi recessive dell’economia (“bad times”), peraltro approfittando delle fasi espansive dell’economia e del fisiologico miglioramento dei saldi che ad esse consegue (“good times”) al fine di conseguire obiettivi fiscali di maggior rigore, che si concretino nel conseguimento di avanzi di bilancio, atti a compensare i precedenti disavanzi e ad assicurare una progressiva riduzione dello stock di debito che, sempre in base al Trattato Fiscal Compact deve avvenire, per i Paesi che, come l’Italia, non Regolamenti (CE) del Consiglio n. 1055 e 1056 del 27 giugno 2005 e, da ultimo, nell’ambito del Six Pack, da parte rispettivamente dei Reg. n. 1175 e 1177 del 2011. (13) Più in generale, il par. 3 dell’art. 3 del Fiscal Compact rinvia alle “definizioni di cui all'articolo 2 del protocollo (n. 12) sulla procedura per i disavanzi eccessivi, allegato ai trattati dell'Unione europea”. (14) Ovvero all’1% del PIL per i soli Paesi che siano “significativamente” compliant rispetto al tetto del rapporto debito/PIL al 60%, sul necessario presupposto di un basso rischio per la sostenibilità a lungo termine delle finanze pubbliche; art. 3, par. 1, lett. d. www.federalismi.it 7 rispettano il tetto del 60% del rapporto debito/PIL, secondo un ritmo annuale medio pari ad almeno un ventesimo dell’eccedenza (art. 4). Tale approccio incentrato sull’equilibrio strutturale e congiunturale risponde, del resto, a un’impostazione più generale, risalente già al Trattato di Maastricht: già la Dichiarazione n. 30 relativa all'art. 126 del Trattato sul funzionamento della UE prescriveva agli Stati membri di “utilizzare i periodi di ripresa economica attivamente per consolidare le finanze pubbliche e migliorare le posizioni di bilancio. L'obiettivo è raggiungere gradualmente un avanzo di bilancio nei periodi di congiuntura favorevole, in modo da disporre del margine di manovra necessario per far fronte alle fasi di congiuntura negativa e contribuire così alla sostenibilità a lungo termine delle finanze pubbliche” (15). In proposito, si è già posto in luce che (16) “Tale impostazione, recepita dal Fiscal Compact nonché dalla legge costituzionale italiana, è in linea con il percorso evolutivo che ha avuto la concreta applicazione nonché il progressivo ridisegno del Patto di Stabilità e Crescita, che sono passati da un approccio iniziale prettamente numerico, finanziario ed egualitario per tutti gli Stati aderenti a una impostazione che si è sempre più orientata verso un’applicazione delle regole di bilancio maggiormente attenta all’impatto esplicato sui saldi finanziari dal contesto economico nonché, al contrario, agli effetti correttivi che la politica di bilancio può produrre sul medesimo, oltre che verso una crescente differenziazione, al fine di un più congruo adattamento dei vincoli generali alle specificità delle situazioni economiche e finanziarie dei singoli Paesi. Detta esigenza, di flessibilità applicativa del PSC e di aderenza alla realtà economica e alle specificità nazionali si è tradotta, già a partire dai Regolamenti n. 1055 e 1056 del 2005, nell’affermazione di un obiettivo di pareggio di bilancio nel medio termine, coerente dunque sotto il profilo temporale con la durata pluriennale dei cicli di programmazione e che lasciasse agli Stati adeguati ambiti di manovra per l’attuazione di politiche economiche e di bilancio anticicliche, volte cioè a sfruttare le fasi espansive dell’economia per l’attuazione di politiche di rigore, volte a privilegiare il consolidamento (o risanamento) finanziario, e a contrastare le fasi recessive dell’economia attraverso una maggiore flessibilità di bilancio atta a consentire politiche fiscali ed economiche espansive”. Tale impostazione applicativa del Patto, volta a perseguire una maggiore congruità degli stringenti e uniformi vincoli finanziari comunitari alla specifica realtà economica e finanziaria propria dei singoli Paesi, viene resa ulteriormente flessibile, a mezzo dei citati Regolamenti del 2005, attraverso la differenziazione degli obiettivi di saldo per singolo Stato, (15) V. anche Cons. 6 del Reg. CE n. 1055/2005; Cons. 17 Reg. UE n. 1175/2011. (16) D. MORGANTE, Note in tema di “Fiscal Compact”, Federalismi n. 7/2012. www.federalismi.it 8 consentendosi per tale via che, tenendo conto della peculiarità delle situazioni nazionali (17), detti obiettivi possano anche divergere dalla regola generale del saldo prossimo al pareggio o in attivo, purché all’interno di una forcella prestabilita, collocata tra il - 1% del PIL e il pareggio o l'attivo, ad ogni modo dovendosi rispettare un margine di sicurezza rispetto al rapporto tra disavanzo pubblico e PIL del 3 per cento e non potendosi comunque pregiudicare la sostenibilità finanziaria di lungo periodo (18). Sempre al fine di assicurare aderenza dei vincoli di bilancio alla realtà economica, viene altresì previsto che gli obiettivi di bilancio non siano fissati in termini meramente finanziari, bensì “strutturali”, ossia “corretti per il ciclo economico” e al netto delle misure temporanee e una tantum (Cons. 5 Reg. n. 1055/2005; art. 2-bis inserito da detto Regolamento nel Reg. n. 1466/1997). Il recente Trattato Fiscal Compact, sulla scia degli ulteriori interventi operati sul Patto di Stabilità e Crescita dai Regolamenti n. 1175 e 1177 del 2011, prosegue lungo le esposte linee direttrici di una concreta declinazione e taratura dei vincoli comuni sulla base delle specificità finanziarie e congiunturali nazionali, peraltro canalizzando i margini di flessibilità all’interno di vincoli più stringenti e puntuali, anche sotto il profilo quantitativo, nonché maggiormente articolati in termini di premialità. In tale prospettiva, viene dimezzata la forcella del disavanzo, dal precedente 1% del PIL allo 0,5%, concedendosi peraltro la più ampia forcella dell’1% soltanto ai Paesi compliant - rectius più che compliant - con riferimento alla soglia-limite del rapporto debito/PIL (che deve essere “significativamente inferiore al 60%”) e purché caratterizzati da un basso livello di rischio “sul piano della sostenibilità a lungo termine delle finanze pubbliche” (art. 3, par. 1 lett. d). In conformità della disciplina europea (Fiscal Compact, art. 3, par. 3, lett. a, b) dunque, il saldo rilevante ai fini del conseguimento dell’obiettivo di equilibrio è quello strutturale, ossia depurato dagli effetti del ciclo economico (oltre che dalle misure temporanee e one-off); saldo che si consegue nettando il saldo nominale (ossia la mera differenza tra entrate e spese nominali) dalla componente ciclica, misurata in funzione dello “output gap”, che esprime il differenziale tra il PIL effettivo (grandezza reale) e il PIL potenziale, grandezza statistica, ricavata da dati storici rielaborati in virtù di assunzioni e procedimenti statistici. A tale riguardo, la valutazione della compliance dello Stato rispetto al vincolo di equilibrio dovrà essere improntata alla cautela che si impone in relazione al fatto che la depurazione del saldo (17) Cfr. Cons. 5 del Reg. CE n. 1055/2005 in base al quale “Considerata l’eterogeneità economica e finanziaria nell’Unione, l’obiettivo di bilancio a medio termine dovrebbe essere differenziato per ogni singolo Stato membro, al fine di tener conto delle diversità delle posizioni e degli sviluppi sul piano economico e di bilancio, nonché del rischio finanziario con riferimento alla sostenibilità delle finanze pubbliche, anche a fronte di prevedibili evoluzioni demografiche”. Art. 2-bis Reg. CE n. 1466/1997 introdotto dal reg. CE n. 1055/2005. (18) Art. 2-bis Reg. CE n. 1466/1997 introdotto dal reg. CE n. 1055/2005. www.federalismi.it 9 nominale dalla sua componente ciclica si base sulla determinazione del PIL potenziale (nonché dell'output gap, che è funzione del primo, oltre che del PIL effettivo) che, quale grandezza statistica, è soggetto “a frequenti revisioni, che implicano spesso un aggiornamento dell'intera serie dei saldi strutturali, compresi quelli relativi ad esercizi passati, modificando ex post il quadro informativo disponibile ed evidenziando contesti che, al momento della decisione, non apparivano caratterizzati nello stesso modo” (19). In tale ambito, il PSC rivisto (Reg. n. 1175/2011) e il Fiscal Compact hanno meglio puntualizzato il concetto di “deviazione significativa” rispetto all’obiettivo, anche a mezzo di specifici riferimenti quantitativi, individuati: a) nella “modifica del saldo strutturale”, ove corrisponda “almeno allo 0,5 % del PIL in un singolo anno o almeno allo 0,25 % del PIL in media annua per due anni consecutivi”; b) nello “impatto complessivo sul saldo pubblico” dello “andamento della spesa al netto di misure discrezionali sul lato delle entrate”, ove sia “pari ad almeno lo 0,5 % del PIL in un singolo anno o cumulativamente in due anni consecutivi” (nuovo art. 6 Reg. n. 1467/1997, come sostituito dal Reg. n. 1175/2011) (20). (19) Camera dei deputati - XVI leg. - Servizio Studi - Dipartimento istituzioni, Dossier n. 551 del 4.10.2011, Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale - A.C. 4620 e abb. (20) Peraltro, per quanto concerne gli Stati che hanno superato l’obiettivo di bilancio a medio termine la deviazione dell’andamento della spesa non è considerata significativa se lo Stato membro interessato dispone “della possibilità di importanti entrate straordinarie, e i piani di bilancio presentati nel programma di stabilità non compromettono detto obiettivo nel periodo di riferimento del programma”. E’ poi suscettibile di non essere considerata significativa la deviazione che “sia determinata da un evento inconsueto che non sia soggetto al controllo dello Stato membro” (nuovo art. 6 Reg. n. 1467/1997, come sostituito dal Reg. n. 1175/2011), principio ribadito dall’art. 3 lett. c) Fiscal Compact. Ad ogni modo, in linea con il Patto di Stabilità e Crescita rivisto, la lett. b) dell’art. 3 del Fiscal Compact ribadisce il principio della “valutazione globale” del rispetto degli obiettivi fissati, così come dell’eventuale scostamento o avvicinamento rispetto ai medesimi, dovendosi fare “riferimento al saldo strutturale” (ossia corretto per il ciclo economico e al netto delle misure temporanee e una tantum) e dovendosi analizzare “la spesa al netto delle misure discrezionali in materia di entrate”. Già con la rivisitazione del PSC operata nel 2005 il principio della “valutazione globale” era stato specificato nell’obbligo di tenere presenti tutti i fattori atti a riflettere in maniera appropriata gli sviluppi relativi alla posizione economica a medio termine (in particolare la crescita potenziale, le condizioni congiunturali prevalenti, l'attuazione delle politiche nel contesto dell'agenda di Lisbona e delle politiche intese a promuovere la ricerca, lo sviluppo e l'innovazione) e l'evoluzione della posizione di bilancio di medio termine (in particolare l'impegno per il risanamento dei bilancio nei periodi di congiuntura favorevole, la sostenibilità del debito, gli investimenti pubblici e la qualità complessiva delle finanze pubbliche, riforma del sistema pensionistico nel senso della capitalizzazione), oltre a tutti gli altri fattori significativi per valutare in termini qualitativi il superamento del valore di riferimento. Ad ogni modo gli scostamenti erano ammissibili nel rispetto di due condizioni: il disavanzo resta vicino al valore di riferimento; il superamento di tale valore è temporaneo. Quanto agli Stati che presentano scostamenti dall’obiettivo di medio termine, nel valutare l’adeguatezza dei progressi compiuti nel percorso di avvicinamento, il Consiglio e la Commissione, “facendo riferimento al saldo strutturale e analizzando la spesa al netto delle misure discrezionali in materia di entrate” (Cons. 20 Reg. n. 1175/2011; art. 4 Reg. n. 1466/1997 come modificato dal Reg. n. 1175/2001), “esaminano se lo Stato membro interessato persegua un miglioramento annuo adeguato del suo saldo di bilancio corretto per il ciclo, al netto delle misure una tantum e di altre misure temporanee, richiesto per conseguire l'obiettivo di bilancio a medio termine, avendo lo 0,5% del PIL come parametro di riferimento”. Un maggiore sforzo di risanamento è richiesto agli Stati membri con un livello di indebitamento superiore al 60% del PIL o che presentano rischi considerevoli in termini di sostenibilità complessiva del debito, che sono chiamati a un miglioramento annuo del saldo “superiore allo 0,5 % del PIL” (nuovo art. 9 Reg. n. 1466/1997, come sostituito dal Reg. UE n. 1175/2011). www.federalismi.it 10 Nella constatazione delle “deviazioni significative” dagli obiettivi di medio termine, il Trattato sulla stabilità impone di tenere conto anche del “loro impatto cumulato sulla dinamica del debito pubblico”, conferendo così espresso rilievo a un approccio prospetticoevolutivo dell’apprezzamento della significatività della deviazione, non limitato alla mera considerazione del differenziale attuale rispetto al saldo-obiettivo, bensì esteso alla valutazione dell’impatto della deviazione sull’andamento del debito: ciò in termini, ad esempio, dell’effetto incrementale dovuto ai maggiori oneri per interessi passivi di regola conseguenti al deterioramento del merito di credito e alla perdita di fiducia degli investitori connessa allo scostamento dal saldo finanziario prefissato (21). Questo dunque l’articolato retroterra normativo comunitario che la legge costituzionale in esame va a recepire e alla luce del quale deve essere interpretato il neo-costituzionalizzato principio dello “equilibrio tra le entrate e le spese del bilancio” statale, da conseguirsi “tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico” (nuovo art. 81, comma 1, Cost.). Così inteso, il pareggio di bilancio “appare caratterizzato da una connotazione di carattere dinamico, connessa alla sostenibilità nel tempo del saldo considerato di “equilibrio” … (che) potrebbe non coincidere con il pareggio qualora altri fattori, quali lo stato della crescita del PIL o lo stock di debito accumulato, risultassero suscettibili di incidere sulla sostenibilità nel medio periodo di tale saldo. Ad esempio, in linea teorica, in condizioni di crescita sostenuta del PIL e di stock di debito contenuto in rapporto al PIL, potrebbe risultare sostenibile nel medio periodo (e quindi di equilibrio) anche una posizione di deficit moderato: è sulla base di tali ipotesi che il trattato di Maastricht fissava rispettivamente al 3% e al 60% in rapporto al PIL le soglie consentite di deficit e debito. Viceversa, in condizioni di crescita bassa o nulla e di uno stock di debito molto elevato, la condizione di pareggio del bilancio potrebbe risultare non sostenibile nel medio periodo (e quindi non di equilibrio) qualora l’inasprirsi della situazione critica sui mercati finanziari (21) Tale disposizione “recepisce, almeno parzialmente, l’emendamento presentato dal Governo italiano finalizzato a garantire un margine di manovra nelle politiche di bilancio, soprattutto in considerazione della necessità di investimenti pubblici rispetto agli obiettivi di crescita e sviluppo”; F. NUGNES, Il Fiscal Compact. Prime riflessioni su un accordo ricognitivo, Forum di Quaderni Costituzionali, marzo 2012, www.forumcostituzionale.it. Ai sensi del par. 2 del Trattato sulla stabilità, il meccanismo di correzione deve essere istituito “a livello nazionale” e “rispettare appieno le prerogative dei parlamenti nazionali”, peraltro “sulla base di principi comuni proposti dalla Commissione europea, riguardanti in particolare la natura, la portata e il quadro temporale dell'azione correttiva da intraprendere, anche in presenza di circostanze eccezionali, e il ruolo e l'indipendenza delle istituzioni responsabili sul piano nazionale per il controllo dell'osservanza delle regole enunciate al paragrafo 1”. www.federalismi.it 11 rendesse imprescindibile un intervento incisivo e prolungato volto a ricondurre lo stock di debito al di sotto di una soglia di sostenibilità” (22). Va posto in luce che il criterio dello “equilibrio tra le entrate e le spese” allude non alle due grandezze distintamente considerate, quanto piuttosto al rapporto tra le medesime. La già esposta collocazione della legge costituzionale in questione all’interno di un articolato quadro di matrice comunitaria induce a ritenere che dallo stesso non si possa prescindere quanto all’individuazione del saldo di riferimento, che potrebbe essere quindi rinvenuto nel saldo rilevante ai fini del PSC, ovvero nell’indebitamento netto calcolato secondo il sistema di contabilità europea (SEC 95), depurato dalla componente ciclica e dalle misure una tantum. In proposito, è stato evidenziato che tale sistema “si ispira ai criteri della contabilità economica, anziché a quelli della contabilità finanziaria (competenza giuridica e cassa), in base ai quali è attualmente redatto il bilancio dello Stato. Ciò comporta che la traduzione in termini di contabilità europea e di indebitamento netto degli aggregati e dei saldi dei bilanci degli enti pubblici è frutto di procedimenti effettuati per lo più a consuntivo. … Per consentire anche la verifica ex ante del rispetto del principio dell’equilibrio occorrerà quindi disporre di metodologie attendibili di riclassificazione degli aggregati significativi e dei saldi del bilancio dello Stato in termini coerenti con il sistema di contabilità europea. Tali problematiche potrebbero essere attenuate con il potenziamento del bilancio di cassa, oggetto di apposita delega recata dall’art. 40 della legge di contabilità e finanza pubblica n. 196/2009, tenuto conto che per talune voci di entrata e di spesa il criterio della cassa approssima meglio le modalità di contabilizzazione secondo i principi di contabilità economica europea”. Inoltre “L’interpretazione secondo la quale il saldo cui va riferito il vincolo di equilibrio è quello di indebitamento netto, presenterebbe in ogni caso profili di maggiore coerenza con la normativa europea e risolverebbe in parte la questione relativa all’effettiva estensione del divieto di ricorso ad operazioni di indebitamento in senso stretto” sancito dal comma 2 del nuovo art. 81 Cost. “Infatti l’indebitamento netto individua il saldo tra entrate e spese iscritte nel conto economico, che derivano quindi da operazioni di carattere economico poste in essere dall’operatore pubblico. Allorquando tale rapporto risulti in equilibrio (pareggio) o addirittura in avanzo (accreditamento netto), l’ente pubblico non dovrà ricorrere a risorse provenienti da altri settori e, in particolare, dal settore degli intermediari finanziari, per sostenere spese iscritte nel proprio conto economico, fatta salva la possibilità, sulla base delle deroghe previste, di finanziare disavanzi del saldo nominale (22) Camera dei deputati - XVI Legislatura - Servizio Studi - Dipartimento istituzioni, Dossier n. 551 del 4.10.2011, Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale - A.C. 4620 e abb. www.federalismi.it 12 dovuti esclusivamente alla fase avversa del ciclo economico o per “uno stato di necessità che non può essere sostenuto con le ordinarie decisioni di bilancio. Resterebbe invece impregiudicata la possibilità di ricorrere ad operazioni di indebitamento per far fronte ad impegni connessi al rinnovo dello stock di debito già in essere” (23). Con riferimento alla componente ciclica, è stato osservato che “un saldo in pareggio depurato di tale componente equivale sostanzialmente ad una situazione di equilibrio over the cycle, in quanto richiede, nelle fasi favorevoli del ciclo, il conseguimento di avanzi del saldo nominale, compensati da disavanzi, di limitata entità, ammessi nelle fasi avverse. Il richiamo al ciclo comporta pertanto che, in fase di programmazione, sulla base dell’andamento atteso delle variabili macroeconomiche, sia stimato il potenziale di crescita dell’economia rispetto al quale si posiziona la crescita effettiva nel periodo di riferimento. Dalla stima di tali grandezze, dato un obiettivo di saldo strutturale pari a zero, si ricava il corrispondente valore obiettivo in termini nominali e, dato il tendenziale, la necessaria correzione. Ove in corso di esercizio mutassero le previsioni di crescita e/o le stime circa l’efficacia delle misure adottate o più in generale circa l’andamento dei tendenziali di finanza pubblica, in misura tale da comportare uno scostamento del saldo strutturale rispetto al pareggio, ciò determinerebbe la (23) Peraltro, è stato posto in luce che, utilizzando il saldo dell’indebitamento netto, “non risulterebbe in linea di principio escluso il ricorso ad operazioni di indebitamento necessarie a finanziarie operazioni non registrate nel conto economico della p.a., in quanto aventi una valenza prevalentemente finanziaria. La nozione di indebitamento netto, inteso secondo la definizione europea, dà infatti conto del rapporto tra flussi di entrata e di spesa determinati da operazioni di carattere economico poste in essere dagli operatori pubblici. Pertanto qualora il divieto di ricorso ad operazioni di indebitamento debba intendersi come preclusione alla formazione di nuovo debito rispetto a quello già in essere, la condizione di equilibrio imposta in termini di indebitamento netto non risulterebbe sufficiente, in quanto non comprenderebbe l’eventuale eccedenza delle spese rispetto alle entrate dovuta ad operazioni di carattere finanziario (al netto di quelle necessarie al rinnovo del debito in scadenza). La scelta di tale saldo come parametro per la verifica della condizione di pareggio potrebbe quindi prestarsi ad operazioni di carattere elusivo, dirette ad orientare la spesa pubblica verso operazioni a prevalente contenuto finanziario, non registrate ai fini dell’indebitamento (es: conferimenti di capitale, cartolarizzazioni, ecc.). Il saldo di indebitamento non fornisce quindi indicazioni complete riguardo alla variazione annua del debito pubblico, la cui entità è determinata da ulteriori fattori che richiamano i flussi di fabbisogno. Il saldo di fabbisogno - che può essere riferito al settore statale, al settore pubblico o al settore delle pubbliche amministrazioni – è considerato il saldo di finanza pubblica che fornisce più immediate indicazioni circa la possibile variazione annua dello stock di debito[9]. Esso differisce dall’indebitamento netto in primo luogo per il sistema contabile di riferimento, in quanto si basa su un criterio di cassa anziché di competenza economica. A differenza dell’indebitamento netto, inoltre, dà conto anche dei flussi generati da operazioni di carattere finanziario poste in essere dagli operatori pubblici, misurando la domanda complessiva di risorse finanziarie rivolta agli altri settori. Con specifico riferimento al bilancio dello Stato, andrebbe quindi chiarito quale possa essere l’indicatore più prossimo a stimare la variazione di debito pubblico determinata dalle voci iscritte in tale bilancio. Un parametro utile in tal senso potrebbe essere rappresentato - scontando comunque discrepanze relative ai criteri di classificazione contabile - dal saldo netto da finanziare espresso in termini di cassa. Tale saldo, riferito alle transazioni del conto economico e della parte attiva del conto finanziario (partite finanziarie), è utilizzato nel quadro dei raccordi contabili tra bilancio dello Stato e gestione di tesoreria, per la determinazione del fabbisogno del settore statale” Camera dei deputati - XVI Leg. - Servizio Studi Dipartimento istituzioni, Dossier n. 551 del 4.10.2011, Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale - A.C. 4620 e abb. www.federalismi.it 13 necessità di intervenire con una manovra correttiva”. Inoltre “scostamenti del saldo dovuti a errori di previsione nelle grandezze macroeconomiche o finanziarie dovrebbero essere “recuperati” nell’esercizio successivo/i, secondo una procedura da individuare con norme di attuazione del disposto costituzionale”. L’art. 2 l. cost. n. 1/2012 novella poi l’art. 97 Cost., premettendo all’attuale testo il seguente comma: “Le pubbliche amministrazioni, in coerenza con l'ordinamento dell'Unione europea, assicurano l'equilibrio dei bilanci e la sostenibilità del debito pubblico”. I principi di equilibrio di bilancio e sostenibilità del debito vengono dunque espressamente ribaditi nell’ambito della norma-cardine in materia di attività amministrativa, quali regole generali vincolanti per la PA nel suo complesso, comprese le autonomie territoriali, attribuendosi dunque espresso rilievo costituzionale, accanto ai tradizionali principi (legalità, buon andamento, imparzialità, competenza, responsabilità, accesso concorsuale) che governano i profili sostanziali, modali e contenutistici dell’azione amministrativa, anche ai suddetti fondamentali canoni di sana e prudente gestione finanziaria, la cui matrice comunitaria è fatta oggetto di esplicito richiamo e che debbono sovrintendere alla gestione delle entrate e delle spese nelle quali si estrinseca l’azione amministrativa. In base all’ultimo comma del novellato art. 81 Cost., “Il contenuto della legge di bilancio, le norme fondamentali e i criteri volti ad assicurare l'equilibrio tra le entrate e le spese dei bilanci e la sostenibilità del debito del complesso delle pubbliche amministrazioni sono stabiliti con legge approvata a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera, nel rispetto dei principi definiti con legge costituzionale”. Viene quindi demandata ad una sorta di “legge-quadro” di contabilità – da approvare entro il 28 febbraio 2013 ai sensi dell’art. 5, comma 3, l. cost. n. 1/2012 - la disciplina fondamentale, nel rispetto dei principi fissati con legge costituzionale (la n. 1/2012 ovvero eventuali leggi costituzionali successive) di materie il cui elevato tecnicismo mal si concilia con la sede costituzionale. Legge-quadro che, al fine di conferire piena attuazione alla costituzionalizzazione del pareggio di bilancio imposta, da ultimo, dall’art. 3 del Fiscal Compact, viene dotata di “resistenza passiva rinforzata”, attraverso la prescrizione della suddetta maggioranza qualificata, atta a subordinarne eventuali modifiche a un consenso parlamentare più ampio di quello ordinario nonché a una riserva di Assemblea e a tutte le relative conseguenze, tra le quali l’esclusione dell’approvazione in Commissione (art. 72, co. 3 e 4 Cost.) e della sottoponibilità a referendum abrogativo. Il rango costituzionale della sede in cui è sancita la riserva di legge rinforzata comporta altresì che la legge-quadro potrà valere come parametro interposto www.federalismi.it 14 (dall'art. 81) nei giudizi di legittimità costituzionale che avranno a oggetto la legislazione successiva (24). A detta legge-quadro l’art. 5, comma 1, l. cost. n. 1/2012 demanda di disciplinare, con riferimento unitario al “complesso delle pubbliche amministrazioni …: a) le verifiche, preventive e consuntive, sugli andamenti di finanza pubblica (25); b) l'accertamento delle cause degli scostamenti rispetto alle previsioni, distinguendo tra quelli dovuti all'andamento del ciclo economico, all'inefficacia degli interventi e agli eventi eccezionali; c) il limite massimo degli scostamenti negativi cumulati di cui alla lettera b) del presente comma corretti per il ciclo economico rispetto al prodotto interno lordo, al superamento del quale occorre intervenire con misure di correzione; d) la definizione delle gravi recessioni economiche, delle crisi finanziarie e delle gravi calamità naturali quali eventi eccezionali, ai sensi dell'articolo 81, secondo comma, della Costituzione, come sostituito dall'articolo 1 della presente legge costituzionale, al verificarsi dei quali sono consentiti il ricorso all'indebitamento non limitato a tenere conto degli effetti del ciclo economico e il superamento del limite massimo di cui alla lettera c) del presente comma sulla base di un piano di rientro; …”. In base alla lettera b), la disciplina recata dalla legge-quadro dovrà assicurare una specifica evidenza delle cause di scostamento compatibili con l’equilibrio di bilancio (di origine congiunturale o dovuta a eventi eccezionali) da quelle dovute all'inefficacia degli interventi, che dunque si pongono in contrasto con il principio suddetto e che dovranno essere oggetto di misure correttive. In base alla lett. c), la legge-quadro dovrà poi individuare il limite complessivo massimo degli scostamenti “strutturali” (ossia depurati dalla componente congiunturale) il cui superamento impone l’adozione misure di correzione, tendenzialmente automatiche, senza necessità di ulteriore intervento legislativo (26), salvo il verificarsi di eventi eccezionali ai sensi della lett. d), che consentono il superamento del limite predetto (oltre al ricorso all’indebitamento “ultra-congiunturale”). L’operatività automatica di (24) Senato della Repubblica - XVI leg. - Servizio Studi – Dossier n. 322del dicembre 2011 - Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale - Disegni di legge costituzionale AA.SS. nn. 3047, 2834, 2851, 2881, 2890 e 2965, www.senato.it, che richiama la Relazione illustrativa al testo del Governo A.C. 4620, nel cui ambito il terzo comma dell’articolo 53 Cost. prevedeva in verità l’approvazione a maggioranza dei due terzi di ciascuna Camera. Quanto al rapporto con l'art. 75 Cost. e all’inammissiblità del referendum abrogativo quanto alle fonti di rango costituzionale e agli “atti legislativi dotati di una forza passiva peculiare e dunque insuscettibili di essere validamente abrogati da leggi ordinarie successive”, richiama la sentenza della Corte costituzionale n. 16/1978. (25) L’attuale legge di contabilità n. 196/2009 già contiene, all'art. 13, una disciplina delle banche dati e dei sistemi informativi inerenti alla finanza pubblica e, all'art. 14, demanda al Ministero dell’Economia e delle Finanze attività di verifica e monitoraggio. (26) L’art. 17, comma 12, della legge n. 196/2009 prefigura un meccanismo di monitoraggio per le norme di spesa con clausola di salvaguardia, cui sono correlate modalità automatiche di ripristino degli equilibri finanziari – mediante riduzione di spese o aumenti di entrata – nei casi in cui il monitoraggio evidenzi scostamenti rispetto alle previsioni inerenti alla copertura finanziaria. www.federalismi.it 15 dette misure si profila necessaria alla luce di quanto prescritto dall’art. 3 lett. e) Fiscal Compact, che demanda agli Stati aderenti l’attivazione “automatica” di “un meccanismo di correzione”, destinata ad operare “qualora si constatino deviazioni significative dall'obiettivo di medio termine o dal percorso di avvicinamento a tale obiettivo. Tale meccanismo include l'obbligo della parte contraente interessata di attuare misure per correggere le deviazioni in un periodo di tempo definito”. La lett. e) dell’art. 5 l. cost. n. 1/2012 prefigura poi uno specifico ruolo della disciplina della spesa pubblica, come da definirsi ad opera della legge-quadro, ai fini della salvaguardia degli equilibri di bilancio e della riduzione del rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo nel lungo periodo. In tale ambito, la legge-quadro di contabilità potrà introdurre limiti al valore nominale o al tasso di crescita degli esborsi, nonché obblighi di recupero degli eventuali sconfinamenti negli anni successivi (27). Nel dettare detta disciplina non potrà non darsi attuazione ai vincoli specifici che il PSC rivisto ha puntualizzato sotto il profilo della spesa pubblica, con particolare riguardo al “percorso di crescita” della spesa pubblica aggregata (28) che, “considerato unitamente all'effetto di misure adottate o programmate sul lato delle entrate”, viene ancorato al tasso di crescita del PIL e, in particolare, a “un tasso di riferimento a medio termine del potenziale di crescita del PIL” (“determinato in base a proiezioni future e stime retrospettive … aggiornate a intervalli regolari” e calcolate sulla base di metodologia definita e resa pubblica dalla Commissione europea) (Cons. 20 Reg. n. 1175/2011, art. 4 e 9 Reg. n. 1466/1997, come sostituti dal Reg n. 1175/2005). I vincoli alla spesa aggregata sono quindi differenziati a seconda che gli Stati abbiano rispettato o meno l’obiettivo di bilancio a medio termine. Si prevede in tal senso che: “a) per gli Stati membri (27) Cfr. Senato della Repubblica - XVI leg. - Servizio Studi – Dossier n. 322del dicembre 2011 - Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale - Disegni di legge costituzionale AA.SS. nn. 3047, 2834, 2851, 2881, 2890 e 2965, www.senato.it, che ricorda che la l. n.. 196/2009 (come modificata dalla legge n. 39 del 2011) ha già introdotto meccanismi di rafforzamento del controllo della spesa all’art. 40, comma 2, lettera h) che, nell'ambito della delega per il completamento della riforma del bilancio dello Stato, prevede l’introduzione di “limiti per le spese del bilancio dello Stato […] coerenti con la programmazione triennale delle risorse”; la successiva lettera i) prevede altresì l’adozione di accordi triennali tra il Ministro dell’Economia e delle finanze e gli altri Ministri per concordare gli obiettivi da conseguire nel triennio. Quanto ai profili comparati il Dossier richiama Banca d'Italia, Indagine conoscitiva nell’ambito dell’esame della proposta di legge C. 3921 di riforma della Legge di contabilità e finanza pubblica, pag. 18 e ss., che ricorda che in altri Paesi, quali Svezia e Austria, sono previste procedure top-down con le quali – partendo dall’obiettivo per il saldo e dalla previsione delle entrate – si determinano prima i limiti per la spesa complessiva e successivamente quelli relativi a ciascuna missione e ai singoli programmi. Ai tetti fissati alla spesa nominale si affiancano meccanismi quali il rispetto di determinati indicatori, atti a lasciare adeguati margini di operatività agli stabilizzatori automatici e alla gestione delle spese caratterizzate da particolare volatilità (es. i sussidi di disoccupazione. (28) L’art. 4 introdotto dal Reg. n. 11752011 esclude dal computo della spesa aggregata “la spesa per interessi, la spesa relativa a programmi dell’Unione interamente finanziata con fondi dell’Unione e modifiche non discrezionali nella spesa per le indennità di disoccupazione”. www.federalismi.it 16 che hanno conseguito l’obiettivo di bilancio a medio termine, la crescita annua della spesa non supera un tasso di riferimento a medio termine del potenziale di crescita del PIL, a meno che il superamento non sia coperto da misure discrezionali sul lato delle entrate; b) per gli Stati membri che non hanno ancora conseguito l’obiettivo di bilancio a medio termine, la crescita annua della spesa non supera un tasso inferiore al tasso di riferimento a medio termine del potenziale di crescita del PIL, a meno che il superamento non sia coperto da misure discrezionali sul lato delle entrate. L’entità dello scarto tra il tasso di crescita della spesa pubblica e il tasso di riferimento a medio termine del potenziale di crescita del PIL è fissato in modo da assicurare un avvicinamento adeguato all’obiettivo di bilancio a medio termine”; per tali Stati la lett. c) prevede l’obbligatoria copertura finanziaria delle riduzioni discrezionali delle voci di entrata, da attuarsi o mediante riduzioni della spesa o con aumenti discrezionali di altre voci di entrata o tramite la combinazione di entrambi gli ordini di misure. 3. Il divieto di indebitamento Ai sensi del secondo comma del nuovo art. 81 Cost. “Il ricorso all'indebitamento è consentito solo al fine di considerare gli effetti del ciclo economico e, previa autorizzazione delle Camere adottata a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, al verificarsi di eventi eccezionali”. In stretta correlazione e complementarietà con l’obbligo di equilibrio di bilancio, la legge costituzionale introduce un generale divieto di indebitamento, superabile soltanto in costanza di due tipologie di situazioni derogatorie, connesse o all’esigenza di far fronte alla fase congiunturale - come connaturato al sopra esposto carattere “over the cycle” dell’equilibrio stesso espressamente sancito dal comma 1 - ovvero necessitato da “eventi eccezionali” previa, in tal caso, autorizzazione parlamentare a maggioranza qualificata. Vengono quindi introdotti specifici limiti costituzionali all’indebitamento statale, sia sostanziali che procedurali, che si affiancano all’unico vincolo all’indebitamento in precedenza contemplato dalla Costituzione, rappresentato dalla golden rule, sancita per i soli enti territoriali (art. 119 ult. co.). Vanno sottolineate le differenze strutturali e funzionali tra i due ordini di prescrizioni: il nuovo art. 81 Cost. pone un divieto generale, superabile solo nella ricorrenza delle situazioni derogatorie espressamente previste, finalizzato a rendere piena ed effettiva la regola generale dell’equilibrio di bilancio. La golden rule ex art. 119 Cost. – ferme le modifiche apportate dalla l. cost. n. 1/2012 che verranno tra breve esposte - si concreta invece in una delimitazione www.federalismi.it 17 funzionale del ricorso al debito, che viene vietato o consentito in ragione della tipologia di spesa – a seconda che sia corrente ovvero di investimento – al cui finanziamento è destinato. Quanto alla deroga di natura c.d. “congiunturale”, va evidenziato che il nuovo art. 81 Cost. la contempla soltanto, quanto meno in modo esplicito, con riferimento alle fasi avverse del ciclo, al fine di autorizzare l’esposizione del deficit, senza prevedere, nell’ipotesi speculare delle fasi espansive dell’economia, l’obbligo simmetrico di esposizione di avanzo compensativo. Ove il dato letterale venisse interpretato e applicato valorizzando detta asimmetria testuale, potrebbe risultarne pregiudicato l’obiettivo di riduzione dello stock del debito. In verità detta esegesi appare da escludersi, dovendo piuttosto la legge costituzionale in questione essere interpretata alla luce del complessivo impianto normativo comunitario che va a recepire, nel cui ambito si è sopra esposto come il PSC e i rispettivi Regolamenti attuativi, nel riconoscere maggiore flessibilità applicativa nei contesti di recessione (bad times) vincolino espressamente gli Stati aderenti ad approfittare delle fasi espansive dell’economia (good times) al fine di conseguire obiettivi fiscali di maggiore rigore, attraverso l’esposizione di avanzi di bilancio atti a compensare i precedenti disavanzi e ad assicurare una progressiva apprezzabile riduzione dello stock di debito. Obbligo questo, da ultimo, ulteriormente rinsaldato e puntualizzato dal Trattato Fiscal Compact che, nell’imporre espressamente agli Stati aderenti il vincolo del “pareggio o … avanzo” di bilancio (art. 3, par. 1), con specifico riferimento ai Paesi che, come l’Italia, non rispettano il tetto del 60% del rapporto debito/PIL, prescrive esplicitamente che la riduzione di detto rapporto avvenga a un ritmo annuale medio pari ad almeno un ventesimo dell’eccedenza (art. 4). Va anche ricordato che, come già detto, gli Stati aderenti al Fiscal Compact si sono espressamente vincolati ad applicarlo e interpretarlo in conformità del (nonché in aggiunta e fatto salvo il) diritto dell'Unione europea (art. 2 e 3): il che comporta necessariamente che il relativo recepimento degli ordinamenti nazionali, sia in termini normativi che di concreta interpretazione e applicazione, non può contrastare con gli obblighi assunti in sede comunitaria nonché di Fiscal Compact, stante in primis la piena applicabilità del principio di “leale cooperazione” sancito dall'art. 4, par. 3, Trattato UE, in virtù del quale, segnatamente, “Gli Stati membri adottano ogni misura di carattere generale o particolare atta ad assicurare l'esecuzione degli obblighi derivanti dai trattati o conseguenti agli atti delle istituzioni dell'Unione. Gli Stati membri facilitano all'Unione l'adempimento dei suoi compiti e si astengono da qualsiasi misura che rischi di mettere in pericolo la realizzazione degli obiettivi dell'Unione”. Principio che sembrerebbe inevitabilmente violato ove la descritta asimmetria testuale presente nella legge costituzionale italiana di recepimento venisse invocata al fine di ritenere consentita la mancata esposizione www.federalismi.it 18 di avanzi compensativi di bilancio nelle fasi favorevoli del ciclo, dal momento che una tale interpretazione, in presenza dell’ingente debito pubblico nazionale, non potrebbe che risolversi in un consolidamento definitivo nel tempo dei successivi disavanzi congiunturali, all’evidenza non-compliant rispetto alla nozione e alla disciplina comunitaria dell’equilibrio “over the cycle” nonché rispetto all’obbligo di abbattimento serio e progressivo dell’eccedenza rispetto al rapporto virtuoso del 60%, da ultimarsi, come prescritto dal Fiscal Compact, entro vent’anni a un ritmo costante. E’ quindi ragionevole attendersi che il descritto quadro normativo europeo che la legge costituzionale in commento va a recepire troverà attuazione negli ulteriori atti normativi, di rango inferiore, che delineeranno in modo più analitico i contorni della nuova disciplina di bilancio e, in primis, nella legge-quadro di contabilità di cui al comma 6 del novellato art. 81 Cost. che, alla luce della maggioranza qualificata prescritta per la sua adozione, appare la sedes materiae più adatta per sancire a carico delle Autorità di bilancio, in primis Parlamento e Governo, quel vincolo normativo stabile e permanente richiesto dal Fiscal Compact, volto ad assicurare il pareggio o avanzo del bilancio pubblico secondo quel canone gestionale “congiunturale” che, se da un lato consente l’esposizione di deficit strutturali nelle fasi avverse del ciclo, dall’altro lato non può non esigere che lo stesso venga efficacemente compensato nelle fasi espansive dell’economia mediante il conseguimento di avanzi di bilancio che, per i Paesi come il nostro che non rispettano la soglia massima del rapporto tra stock di debito e PIL, debbono essere altresì atti ad assicurare la compliance rispetto al vincolo di abbattimento dell’eccedenza a un ritmo costante e adeguato nel corso di un ventennio (art. 3, 4 Fiscal Compact). Quanto all’indebitamento giustificato da “eventi eccezionali”, l’art. 5, comma 1, lett. d) della l. cost. n. 1/2012, definisce tali “le gravi recessioni economiche”, “le crisi finanziarie” e “le gravi calamità naturali”, demandandone la specificazione alla emananda legge rinforzata di contabilità la quale, anche in tal caso, non potrà non tenere conto della normativa europea. In proposito, la lettera c) del par. 3 dell’art. 3 del Trattato Fiscal Compact, facendo seguito alle modifiche apportate al PSC dai Reg. UE n. 1175/2011 (Cons. 22, nuovo art. 4) e n. 1177/2011 (nuovo art. 2) (29), consente agli Stati deviazioni dal loro obiettivo di medio termine (29) Già la riforma del PSC del 2005 aveva ampliato e puntualizzato i casi in cui il superamento del valore della soglia del 3% poteva essere considerato eccezionale e temporaneo e quindi (comunque restando vicino a detto valore) ritenersi giustificato. In particolare poteva essere considerato eccezionale un superamento del valore di riferimento risultante da una grave recessione economica dovuta a un tasso di crescita negativo o alla diminuzione cumulata della produzione durante un periodo prolungato di crescita molto bassa in relazione alla crescita potenziale. Nell’ambito del PSC è considerata “grave recessione economica” una riduzione annua del PIL reale pari almeno al 2 per cento; peraltro anche un calo compreso fra lo 0,75 e il 2 per cento può essere www.federalismi.it 19 esclusivamente “temporanee” e purché non ne compromettano la sostenibilità e “sia mantenuto un margine di sicurezza rispetto al valore di riferimento” - “solo in circostanze eccezionali, come definito al paragrafo 3, lettera b)” che, a sua volta, definisce tali gli “eventi inconsueti non soggetti al controllo della parte contraente interessata che abbiano rilevanti ripercussioni sulla situazione finanziaria della pubblica amministrazione oppure periodi di grave recessione economica ai sensi del patto di stabilità e crescita rivisto”: trattasi, in sostanza, di circostanze che esulano dalla sfera di controllo dello Stato e che arrecano grave pregiudizio a fondamentali esigenze di protezione – civile, economica, sociale – che pure sono assistite da presidio costituzionale e che giustificano l’impiego di risorse finanziarie aggiuntive rispetto all’equilibrio di bilancio. La disposizione si affianca, sinergicamente, alla depurazione, operata dall’art. 3 par. 3 lett. b) del Fiscal Compact, del “saldo strutturale” della PA (ossia quello “corretto per il ciclo economico”) dalle “misure temporanee e una tantum”, come di regola sono le spese volte a fronteggiare eventi eccezionali: mentre la lett. b) ha ad oggetto il saldo di equilibrio (dal quale, per l’appunto, esclude le spese c.d. one-off), la lett. c) si occupa dell’indebitamento che, quale risorsa finanziaria a copertura del disavanzo, viene autorizzato esclusivamente in costanza di situazioni giustificative eccezionali, la cui gravità è tale da legittimare la deroga al principio generale di equilibrio finanziario. 4. Legge di bilancio e copertura finanziaria delle leggi comportanti oneri finanziari In base al comma 3 del novellato art. 81 Cost. “Ogni legge che importi nuovi o maggiori oneri provvede ai mezzi per farvi fronte”. In tal modo la legge costituzionale in commento ha apportato alla vigente disposizione costituzionale modifiche testualmente circoscritte a poche parole, ma pregne di significato e conseguenze, anche alla luce della caducazione del comma 3, che vietava alla legge di approvazione del bilancio l’istituzione di nuovi tributi e nuove spese. Segnatamente, viene reso più stringente ed esteso il principio di copertura finanziaria, prescrivendosi che ogni legge che importi nuovi o maggiori “oneri finanziari” (in luogo di “nuove o maggiori spese”) “provved(a) ai” (in luogo di “indic(hi) i”) mezzi per farvi fronte. Viene in tal modo sciolto, nel senso più rigoroso, ogni precedente dubbio interpretativo inerente alla cogenza o meno dell’obbligo di “indicare” (secondo l’espressione previgente) i mezzi di copertura finanziaria anche con riferimento alle leggi che prevedevano riduzioni di entrata, che in precedenza non erano coperte, quanto meno testualmente, dalla previgente considerato eccezionale alla luce di ulteriori elementi, in particolare, delle modalità improvvise e inattese con cui la recessione si è manifestata o della diminuzione cumulata del prodotto rispetto alle tendenze passate. www.federalismi.it 20 formulazione normativa. Per contro, le leggi aventi impatto negativo sulle entrate rientrano ora expressis verbis nell’ambito applicativo del novellato comma 3, incentrato sul più ampio concetto di “oneri finanziari”, in considerazione del fatto che anche le riduzioni di entrate sono atte a impattare sui saldi di finanza pubblica Quanto alla più cogente espressione “provvede”, in luogo della precedente “indica”, essa sottende un principio di effettività e puntualità della copertura finanziaria, che rende il nuovo dettato costituzionale più idoneo a supportare un’applicazione stringente e rigorosa del principio di copertura, del resto in linea con l’essere detto principio un corollario e presidio necessario del fondamentale principio di equilibrio del bilancio e della sua effettiva tenuta nel corso del tempo (30). In proposito, come ben ricordato dal Dossier della Camera dei Deputati n. 551 cit., la Corte costituzionale ha dato del principio di copertura finanziaria non tanto una lettura contabile del senso di un divieto di finanziamento della spesa pubblica con ricorso all’indebitamento – stante l’assenza, prima della novella del 2012 di un’espressa previsione costituzionale della regola del pareggio di bilancio – quanto piuttosto un’interpretazione, consolidatasi con la sent. n. 1/1966, sostanziale attinente ai "limiti (...) che il legislatore ordinario è tenuto ad osservare nella sua politica di spesa che va contrassegnata non da automatismi, ma da equilibri tendenziali”, quale “impronta di serietà dei progetti di legge, oggetto dell’indicazione – e non di uno specifico provvedere – richiesta dal dettato costituzionale”. In tale prospettiva, la copertura finanziaria, quale vincolo rivolto al Legislatore anche regionale e in considerazione del carattere relativamente diffuso dell’iniziativa legislativa, anche a seguito dell’introduzione del bilancio pluriennale, è stata ritenuta quale obbligo non limitato al solo esercizio, ma a riferito a tutto il periodo di insistenza della spesa e dunque svincolato dall'"annualità" del bilancio”, non limitato a garantire l’equilibrio dei soli bilanci già approvati, bensì finalizzato ad assicurare la congruità dei mezzi finanziari posti a fronte degli oneri derivanti dalle norme in corso di formazione, onde evitare che una nuova o maggiore spesa trovi copertura mediante l'iscrizione tout court negli stati di previsione della spesa, sia con riferimento ai bilanci già approvati e in corso di attuazione, sia a quelli ancora da predisporre e approvare ( 31). E’ stato (30) In argomento R. DICKMANN, Legislazione di spesa ed equilibrio di bilancio tra legittimità costituzionale e legittimità europea, Federalismi n. 10/2012, www.federalismi.it. (31) In tale ambito, l’obbligo della "copertura" deve essere caratterizzato da una “puntualità rigorosa nei confronti di spese che incidano sopra un esercizio in corso, per il quale è stato consacrato con l'approvazione del Parlamento un equilibrio (che non esclude ovviamente l'ipotesi di un disavanzo), tra entrate e spese, nell'ambito di una visione generale dello sviluppo economico del Paese e della situazione finanziaria dello Stato”. Invece “una puntualità altrettanto rigorosa per la natura stessa delle cose non è richiesta dalla ratio della norma per gli esercizi futuri. Rispetto a questi, del resto, la legge di spesa si pone come autorizzazione al Governo, che la esercita non senza discrezionalità, nel senso che, nella predisposizione del bilancio, le spese www.federalismi.it 21 poi escluso che il principio di copertura finanziaria “includa una precisa appropriazione di un'entrata ad una spesa”, perché l'indicazione dei mezzi per fronteggiare spese nuove o maggiori “si riduce a determinare e individuare un incremento dell'entrata che, in una visione globale del bilancio, nel quale tutte le spese si confrontano con tutte le entrate (effettive, straordinarie o per movimento di capitali che siano), assicuri il mantenimento dell'equilibrio complessivo del bilancio presente e di quelli futuri, senza pretendere di spezzarne l'unità” (C. cost. sent. n. 384/91). Quanto al riferimento del novellato comma 3 a ogni “legge”, in luogo che a ogni “altra” legge, esso va posto in relazione alla caducazione del previgente divieto, per la legge di bilancio, di istituire nuovi tributi e nuove spese. Al fine di “valorizzare la legge di bilancio possono essere ridotte o addirittura non iscritte nei capitoli degli stati di previsione della spesa, salvi sempre l'approvazione e il giudizio politico del Parlamento, quante volte l'esigenza dell'equilibrio finanziario e dello sviluppo economico-sociale consiglino una diversa impostazione globale del bilancio e la configurazione di un diverso equilibrio. Si deve pertanto ammettere la possibilità di ricorrere, nei confronti della copertura di spese future, oltre che ai mezzi consueti, quali nuovi tributi o l'inasprimento di tributi esistenti, la riduzione di spese già autorizzate, l'accertamento formale di nuove entrate, l'emissione di prestiti e via enumerando, anche alla previsione di maggiori entrate, tutte le volte che essa si dimostri sufficientemente sicura, non arbitraria o irrazionale, in un equilibrato rapporto con la spesa che s'intende effettuare negli esercizi futuri, e non in contraddizione con le previsioni del medesimo Governo, quali risultano dalla relazione sulla situazione economica del Paese e dal programma di sviluppo del Paese: sui quali punti la Corte potrà portare il suo esame nei limiti della sua competenza” (C. cost. sent. n. 1/1966). In caso di oneri gravanti su esercizi futuri, “l'art. 81, quarto comma, della Costituzione, lungi dal costituire un inammissibile vincolo per i Governi ed i Parlamenti futuri, tende anzi proprio ad evitare che gli stessi siano costretti a far fronte, al di fuori di ogni margine di apprezzamento, ad oneri assunti in precedenza senza adeguata ponderazione dell'eventuale squilibrio futuro”. L'obbligo di una ragionevole e credibile indicazione dei mezzi di copertura anche per gli anni successivi è diretto ad indurre il legislatore ordinario a tener conto dell'esigenza di un equilibrio tendenziale fra entrate e spese la cui alterazione, in quanto riflettentesi sull'indebitamento, postula una scelta legata ad un giudizio di compatibilità con tutti gli oneri già gravanti sugli esercizi futuri, nonché con il costo dell’anticipazione dell’entrata (C. cost. sent. 213/2008). A livello primario, l’art. 17 della legge n. 196/2009, al fine di assicurare la concreta attuazione dell’obbligo costituzionale di copertura finanziaria, individua le tipologie di copertura ammissibili e le modalità di quantificazione degli oneri finanziari derivanti da proposte normative, delineando un procedimento incentrato sulla predisposizione, da parte del Governo, della relazione tecnica (che, in linea con i saldi rilevanti ai fini del PSC, deve indicare l’effetto delle singole norme non solo sul saldo del bilancio dello Stato, ma anche sul saldo di cassa delle amministrazioni pubbliche e sull'indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni), e sulla verifica da parte del Parlamento dei dati e dei metodi utilizzati ai fini della stima degli oneri da sottoporre a copertura. I commi 12 e 13 prevedono, per le norme corredate di clausola di salvaguardia finanziaria - diretta a compensare effetti che eccedano eventualmente le previsioni di spesa inizialmente stimate e soggette a copertura – un apposito monitoraggio, a seguito del quale il Ministro dell'economia e delle finanze adotta, sentito il Ministro competente, le misure indicate nella clausola di salvaguardia e riferisce alle Camere con apposita relazione (comma 12). Il Ministro dell'economia e delle finanze, allorché riscontri che l'attuazione di leggi rechi pregiudizio al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, assume tempestivamente le conseguenti iniziative legislative al fine di assicurare il rispetto dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione. La medesima procedura è applicata in caso di sentenze definitive di organi giurisdizionali e della Corte costituzionale recanti interpretazioni della normativa vigente suscettibili di determinare maggiori oneri. L’art. 17, comma 2, l. n. 196/2009, recependo la giurisprudenza costituzionale (sent. n. 226/1976), anticipa poi alle leggi di delega la quantificazione e copertura degli oneri necessari per l’adozione dei relativi decreti legislativi; soltanto qualora, in sede di conferimento della delega, per la complessità della materia trattata, non sia possibile procedere alla determinazione degli effetti finanziari derivanti dai decreti legislativi, alla quantificazione si procede al momento dell’adozione dei singoli decreti, fermo che l’individuazione dei mezzi di copertura deve in ogni caso precedere l’entrata in vigore dei decreti medesimi. www.federalismi.it 22 quale strumento sostanziale di attuazione della politica economica”, ne viene così superata la precedente natura “formale” (32) che comportava la preclusione di innovare l’ordinamento giuridico attraverso l’istituzione di nuove fonti di entrata o di spesa, potendosi soltanto operare la modulazione quantitativa, per l’esercizio di riferimento, degli effetti finanziari delle norme vigenti, cui conseguivano le corrispondenti previsioni spesa e di entrata; per contro, con riferimento a “ogni altra legge”, dotata dunque del potere di innovare l’ordinamento giuridico, a detto potere faceva riscontro, al detto fine di non pregiudicare gli equilibri finanziari complessivi fissati con le leggi di bilancio, l’obbligo di “indicazione” dei mezzi di copertura finanziaria delle innovazioni comportanti “nuove o maggiori spese”. Al riconoscimento, anche per la legge di bilancio, di una possibile natura sostanziale, espressa in virtù della possibilità di introdurre nuovi tributi e nuove spese, ne corrisponde l’assoggettamento all’obbligo generale, previsto per ogni (altra) legge e ora reso ancor più stringente dalla correlazione alla fondamentale regola dell’equilibrio tra entrate e spese di cui al primo comma del novellato art. 81, di “provvedere” alla relativa copertura finanziaria. Venuto meno ogni ostacolo costituzionale al riconoscimento di valenza sostanziale alla legge di bilancio, la emananda legge-quadro di contabilità - cui il comma 5 del novellato art. 81 Cost., nonché l’art. 5 comma 3 della legge costituzionale n. 1/2012, demandano la definizione (32) In una accezione prettamente formale la legge di bilancio veniva qualificata: a) come legge di approvazione, con la funzione essenzialmente di approvare il progetto di bilancio presentato dal Governo, non modificandone la natura ma integrandone gli effetti; b) come legge di autorizzazione, con natura sostanziale di atto amministrativo con cui il Parlamento autorizza il Governo a condurre la gestione finanziaria e a riscuotere le entrate e a erogare le spese che già gli competono in ordine alle varie leggi preesistenti, secondo il programma rappresentato dal bilancio di previsione, esercitando in tal modo un controllo sull’indirizzo politicoamministrativo del Governo e sulla relativa attuazione (C. cost., sent. n. 7 del 1959). Peraltro, anche nella vigenza del precedente quadro normativo, poteva porsi in luce una valenza anche sostanziale della legge di bilancio, quale “atto di programmazione finanziaria e a contenuto normativo, che condiziona l’efficacia di tutte le altre leggi di entrata e di spesa, le quali non potrebbero essere eseguite senza l’approvazione del bilancio. Benché espresse in simboli numerici, le disposizioni della legge di bilancio recherebbero, infatti, effetti giuridici al pari di ogni altro atto normativo e tramite la legge di bilancio si esplicherebbe l’attività di indirizzo politico economico proposta dal Governo e approvata dal Parlamento, a cui in sede di approvazione del bilancio sono riconosciuti, seppur entro determinati limiti, poteri emendativi. … Inoltre, la decisione di bilancio è divenuta l’atto più importante di programmazione finanziaria ed espressione tipica dell’indirizzo politico-economico, con puntuali ricadute sia sui rapporti fra le diverse pubbliche amministrazioni, sia sui rapporti fra la P.A. e i soggetti terzi. In questa prospettiva, il divieto di introdurre "nuovi tributi", con la legge di approvazione del bilancio, sarebbe diretto ad impedire che il Parlamento possa approvare nuovi oneri a carico dei contribuenti senza una adeguata ponderazione delle complesse ricadute che accompagnano l’istituzione di nuovi tributi; il divieto di introdurre “nuove spese” rifletterebbe, invece, l’intento del costituente di garantire una ordinata gestione finanziaria, evitando l’introduzione in bilancio di spese non previste da una preesistente disposizione legislativa sostanziale”. Senato della Repubblica - XVI leg. - Servizio Studi – Dossier n. 322 del dicembre 2011 - Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale - Disegni di legge costituzionale AA.SS. nn. 3047, 2834, 2851, 2881, 2890 e 2965, www.senato.it. In argomento v.anche P. CANAPARO, La legge costituzionale n. 1 del 2012: la riforma dell’articolo 81, il pareggio di bilancio e il nuovo impianto costituzionale in materia di finanza pubblica, Federalismi n. 13/2012, www.federalismi.it. www.federalismi.it 23 e la disciplina del “contenuto della legge di bilancio” (33) - potrà quindi anche prevedere “il superamento dell’attuale dualismo legge di stabilità - legge di bilancio e l’accorpamento, in un unico strumento legislativo, di natura sostanziale e al contempo autorizzatoria, delle funzioni di programmazione, allocazione e gestione delle risorse” (34). In proposito, ricordano bene i già citati Dossier 551 e 322 della Camera e del Senato ( 35) che, pur in costanza del divieto costituzionale di introduzione di nuovi tributi e nuove spese attraverso la legge di bilancio, la riforma della contabilità pubblica intervenuta con legge n. 468/1978 aveva previsto “appositi strumenti atti ad assicurare la programmazione degli interventi di politica economica e una loro puntuale attuazione attraverso modifiche alla legislazione di entrata e di spesa, ossia la legge finanziaria e il documento di programmazione economico-finanziaria, al fine di espandere le potenzialità decisionali del bilancio, accentuandone le caratteristiche di strumento di attuazione degli indirizzi di politica economica e finanziaria”. Sempre in tale direzione, a fronte di un ridimensionamento del contenuto proprio della legge finanziaria – ora denominata legge di stabilità – la nuova disciplina contabile sancita dalla l. n. 196/2009 “ha inteso rafforzare le tre funzioni tipicamente attribuite al bilancio: quella informativa, attraverso una riclassificazione funzionale delle voci di spesa – ripartite in missioni e programmi – volta a rendere Parlamento e cittadini più informati in ordine alle dimensioni, ai flussi e alle destinazioni delle risorse finanziarie pubbliche; quella allocativa, attraverso un ampliamento delle potenzialità decisionali del bilancio da realizzare sia concentrando l’attenzione parlamentare sui programmi di spesa (36) – divenuti le nuove unità di voto - sia prevedendo, entro determinati limiti, la possibilità di incidere, con le rimodulazioni presentate a bilancio, sulla legislazione sostanziale di spesa; quella esecutiva, attraverso l’attribuzione di una maggiore flessibilità ai centri decisionali nell’utilizzo delle risorse, anche al fine di agevolare, (33) Oltre che “le norme fondamentali e i criteri volti ad assicurare l'equilibrio tra le entrate e le spese dei bilanci e la sostenibilità del debito del complesso delle pubbliche amministrazioni”. (34)Dossier n. 322 del dicembre 2011 - Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale - Disegni di legge costituzionale AA.SS. nn. 3047, 2834, 2851, 2881, 2890 e 2965, www.senato.it. (35) Senato - XVI leg. - Servizio Studi – Dossier n. 322 del dicembre 2011 - Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale - Disegni di legge costituzionale AA.SS. nn. 3047, 2834, 2851, 2881, 2890 e 2965, www.senato.it; Camera dei deputati - XVI Legislatura - Servizio Studi - Dipartimento istituzioni, Dossier n. 551 del 4.10.2011, Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale - A.C. 4620 e abb. (36) Peraltro il Legislatore ha manifestato nel corso degli anni una tendenza “a spostare a un livello sempre maggiore la decisioni parlamentari di bilancio: dagli oltre 6000 capitoli di bilancio soggetti all’approvazione del Parlamento fino alla legge di riforma del 1997[28], si è infatti passati ai circa 650 macroaggregati-unità previsionali di base del bilancio di previsione 2010, sino ai circa 170 programmi di spesa che hanno rappresentato le nuove unità di voto parlamentare del bilancio di previsione per il 2011”. www.federalismi.it 24 attraverso la possibilità di effettuare variazioni di bilancio in corso d’anno, una gestione del bilancio più strategica e orientata agli obiettivi e ai risultati” (37). Il quarto comma del novellato art. 81 Cost. riproduce il primo comma del vigente art. 81, prevedendo che “le Camere approvano ogni anno con legge il bilancio e il rendiconto consuntivo presentati dal Governo”. “La norma conferma pertanto la disciplina dei rapporti costituzionali fra Governo e Parlamento e le loro relative attribuzioni in ordine alla decisione (37) A tale ultimo riguardo la nuova legge di contabilità n. 196/2009 ha introdotto disposizioni che conferiscono alla legge di bilancio valenza sostanziale “dal momento che con essa possono essere modificate, seppur entro precisi limiti, autorizzazioni di spesa disposte con atti di rango legislativo. … Le esigenze di contenimento della spesa, derivanti dalla necessità di rispettare gli obiettivi di bilancio concordati in sede europea, e le consistenti riduzioni delle dotazioni finanziarie dei Ministeri che ne sono conseguite, abbiano indotto il legislatore a introdurre nell’ordinamento contabile disposizioni volte a favorire una sempre più estesa flessibilità, sia ex ante, in fase di programmazione e allocazione delle risorse in sede di formazione del disegno di legge di bilancio, sia ex post, nella fase di gestione delle poste contabili, al fine di preservare la funzionalità delle amministrazioni in presenza di una forte contrazione delle risorse a disposizione e di affermare una gestione del bilancio più strategica e orientata ai risultati della spesa pubblica. In particolare, ai sensi dell’articolo 23, comma 3, con il disegno di legge di bilancio, per motivate esigenze e nel rispetto dei saldi di finanza pubblica, possono essere rimodulate in via compensativa all'interno di un programma o tra programmi di ciascuna missione le dotazioni finanziarie relative ai fattori legislativi ( 37), fermo il divieto di utilizzo degli stanziamenti di conto capitale per finanziare spese correnti, indicando in apposito allegato allo stato di previsione della spesa le autorizzazioni legislative da modificare e il corrispondente importo. … La più recente legislazione contabile ha esteso la flessibilità della gestione del bilancio, prevedendo la possibilità di variare con atto amministrativo autorizzazioni di spesa disposte in via legislativa nonché spese obbligatorie (es. oneri contrattuali) qualificate dalla legge di contabilità come non rimodulabili. Il decreto legge 13 agosto 2011 n. 138 ha disposto, all’articolo 1, comma 02, una deroga alla norme di flessibilità delle dotazioni finanziarie di bilancio – di cui al citato articolo 23 della legge n. 196 del 2009 -, finalizzata a consentire alle Amministrazioni centrali maggiori margini di manovra per il conseguimento degli obiettivi di progressiva riduzione della spesa corrente primaria in rapporto al PIL, fissati al comma 01 del medesimo articolo: è stato infatti disposto che, limitatamente al quinquennio 2012-2016, nel rispetto dell'invarianza dei saldi di finanza pubblica, possano essere rimodulate le dotazioni finanziarie di ciascuno stato di previsione con riferimento a tutte le spese indicate dall'articolo 21, commi 6 e 7, della legge n. 196/09, comprese dunque anche le spese non rimodulabili quali, ad esempio, quelle relative al pagamento di stipendi, assegni, pensioni e altre spese fisse. La misura della suddetta variazione delle dotazioni finanziarie dei Ministeri con atto amministrativo deve essere tale da non pregiudicare il conseguimento delle finalità definite dalle relative norme sostanziali. Essa, inoltre, non può comunque essere superiore: al 20 per cento delle risorse finanziarie complessivamente stanziate qualora siano interessate autorizzazioni di spesa di fattore legislativo; al 5 per cento qualora siano interessate le spese non rimodulabili. Tali variazioni, che non possono comunque disporre l’utilizzo di stanziamenti di spesa in conto capitale per finanziare spese correnti, sono disposte con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, su proposta del Ministro competente. Il decreto di variazione deve essere trasmesso al Parlamento per l'espressione del parere - entro quindici giorni - da parte delle Commissioni competenti per materia e per i profili di carattere finanziario; decorso inutilmente il termine senza che le Commissioni abbiano espresso detti pareri, i decreti possono essere adottati. … Inoltre, in corso d’anno, ai sensi dell’articolo 33, comma 4, nel rispetto dell'invarianza dei saldi di finanza pubblica, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze possono essere adottate variazioni compensative tra le dotazioni finanziarie interne a ciascun programma, relativamente alle spese per adeguamento al fabbisogno nell'ambito delle spese rimodulabili, su proposta dei Ministri competenti, fermo il divieto di utilizzo degli stanziamenti di spesa in conto capitale per finanziare spese correnti; ai sensi del comma 3 possono altresì essere previste con il disegno di legge di assestamento variazioni compensative tra le dotazioni finanziarie relative a programmi di una stessa missione, limitatamente all'esercizio in corso e con le modalità indicate dal sopra illustrato comma 3 dell'articolo 23”; Senato - XVI leg. - Servizio Studi – Dossier n. 322 del dicembre 2011 - Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale - Disegni di legge costituzionale AA.SS. nn. 3047, 2834, 2851, 2881, 2890 e 2965, www.senato.it; Camera dei deputati - XVI Legislatura - Servizio Studi Dipartimento istituzioni, Dossier n. 551 del 4.10.2011, Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale - A.C. 4620 e abb. www.federalismi.it 25 di bilancio, ribadendo, inoltre, i principi della annualità del bilancio e della sua decisione parlamentare, dell'obbligo di rendicontazione, della unità ed unitarietà del bilancio, nonché il principio della esclusività della competenza del Governo in relazione alla predisposizione ed alla presentazione alle Camere del disegno di legge di bilancio”. L’attuale formulazione fa riferimento al “bilancio”, e non più ai “bilanci”, fugando ogni dubbio interpretativo circa il principio di unitarietà del bilancio (38). Viene altresì riconfermata la disciplina dell’esercizio provvisorio del bilancio, che ”non può essere concesso se non per legge e periodi non superiori complessivamente a quattro mesi”, con possibilità dunque di più leggi autorizzative dell’esercizio provvisorio, purché di durata complessiva non superiore a quattro mesi. Come per il disegno di legge di bilancio, è da escludere la possibilità che tale autorizzazione possa essere delegata al Governo o attuata con decreto legge o approvata da Commissioni parlamentari in sede deliberante (39). 5. L’equilibrio del bilancio e i vincoli all’indebitamento delle autonomie territoriali Fermi i canoni generali di equilibrio di bilancio e sostenibilità del debito imposti dal novellato art. 97 Cost., in espressa coerenza con i vincoli comunitari, a tutte le amministrazioni, comprese quelle territoriali, con riguardo a queste ultime, la l. cost. n. 1/2012, agli art. 3-5, declina i suddetti fondamentali principi in una più articolata disciplina, che ne ridisegna per alcuni versi il rapporto con lo Stato centrale. (38) Peraltro è stato segnalato come “il riferimento contenuto nel testo costituzionale ai "bilanci", anziché al bilancio, possa essere originato dalla circostanza che ai tempi della costituente si faceva riferimento ai bilanci dei singoli ministeri e non al bilancio dello Stato, intervenuto successivamente; tale locuzione è stata comunque intesa quale obbligo di redigere un bilancio articolato al suo interno in partizioni corrispondenti ai singoli ministeri”. (39) Ai sensi della vigente disciplina contabile, la data del 31 dicembre segna la chiusura dell’esercizio finanziario; se, entro tale data, non è avvenuta l’approvazione del bilancio da parte delle Camere, viene a mancare al Governo il potere di accertare e riscuotere le entrate e di erogare le spese. L’istituto dell’esercizio provvisorio è stato dunque introdotto proprio per ovviare a tale evenienza, nella quale il Governo si troverebbe nell’impossibilità giuridica di svolgere la sua azione, con i conseguenti riflessi sull’attività finanziaria ed amministrativa. Esso legittima quindi il Governo a esercitare provvisoriamente la gestione del bilancio, sino a quando non sia approvato per legge e non oltre il termine concesso, secondo gli stati di previsione presentati alle Camere e con le disposizioni e modalità previste nel relativo disegno di legge. Concretandosi in un’autorizzazione temporanea alla gestione del bilancio, esso rappresenta una deroga al principio dell’annualità del bilancio. Stante l’effetto paralizzante della gestione del bilancio che avrebbe la mancata autorizzazione dell’esercizio provvisorio, la relativa legge è ritenuta un esempio di legislazione vincolata: nella presentazione da parte del Governo, nell’approvazione da parte del Parlamento. In base all’art. 32 l. n.196 del 2009 - che riproduce l’articolo 16 della vecchia legge n.468/78 – con riferimento “sia alle autorizzazioni di impegno che a quelle di pagamento” (comma 3), “durante l’esercizio provvisorio la gestione del bilancio è consentita per tanti dodicesimi della spesa prevista da ciascun capitolo quanti sono i mesi dell’esercizio provvisorio, ovvero nei limiti della maggiore spesa necessaria, qualora si tratti di spesa obbligatoria e non suscettibile di impegni o di pagamenti frazionati in dodicesimi” (comma 2). In argomento Senato - XVI leg. - Servizio Studi – Dossier n. 322 del dicembre 2011 - Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale - Disegni di legge costituzionale AA.SS. nn. 3047, 2834, 2851, 2881, 2890 e 2965, www.senato.it. www.federalismi.it 26 Con riferimento alla potestà legislativa in materia di “armonizzazione dei bilanci pubblici”, l’art. 3 modifica l’art. 117 Cost. trasformandola da concorrente in esclusiva. Lo Stato si riappropria pertanto pienamente di tale potestà, come tale ora anche possibile oggetto di disciplina di rango secondario (art. 117, comma 6, Cost.). Il nuovo riparto di competenze legislative mira dunque ad accentrare in capo allo Stato una potestà normativa in tema di bilanci, stante la crucialità del superamento della frammentarietà della relativa disciplina ai fini della corretta misurazione e aggregazione delle grandezza di finanza pubblica, presupposto indispensabile per un efficace monitoraggio e governo della stessa. L’art. 4 l. cost. n. 1/2012 novella invece l’art. 119 Cost., vincolando espressamente l’autonomia finanziaria di entrata e spesa degli enti territoriali al “rispetto dell'equilibrio dei relativi bilanci” e al “concor(so) ad assicurare l'osservanza dei vincoli economici e finanziari derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea”. Viene così specificamente ribadito per le autonomie territoriali il vincolo di equilibrio di bilancio imposto per lo Stato dal novellato art. 81 Cost. e per tutte le amministrazioni dal novellato art. 97 Cost. L’espresso richiamo all’osservanza dei vincoli economici e finanziari di matrice comunitaria si aggiunge, con specifico riferimento all’autonomia finanziaria, al vincolo già sancito con riguardo alla potestà legislativa regionale (e delle Province autonome) dall’art. 117, comma 1, Cost. I vincoli comunitari, per i quali il responsabile in ultima istanza è lo Stato, vengono espressamente qualificati dalla Costituzione come fonte di possibili limiti all’autonomia finanziaria che il Legislatore può imporre agli enti territoriali, i quali sono esplicitamente vincolati a “concorrere” al rispetto dei vincoli comunitari e dunque degli obiettivi economicofinanziari, anche in termini di saldo individuale o di comparto, che il Legislatore statale riterrà, a tal fine, di imporre. La nuova formulazione costituzionale fornisce quindi un ben più solido ancoraggio all’imposizione ad opera del Legislatore statale di un “concorso” delle autonomie territoriali alla realizzazione di quegli obiettivi economico-finanziari di cui lo Stato risponde innanzi alla UEM rispetto a quello sinora offerto dalla “armonia con la Costituzione” e dai “principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario” di cui agli art. 117 comma 3 e 119 comma 2, come interpretati dalla giurisprudenza costituzionale, efficacemente richiamata nei due citati Dossier in argomento della Camera e del Senato. In tema di Patto di stabilità interno, la Consulta ha già riconosciuto (sentenza n. 120/2008) che il necessario concorso delle Regioni, comprese le autonomie speciali (40), e degli enti (40) Con specifico riguardo alle Autonomie speciali, la Corte costituzionale (sentenza n. 381/1990) ha riconosciuto la ratio dei loro specifici regimi finanziari, legata alla necessità di assicurare risorse finanziarie www.federalismi.it 27 locali alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica adottati con l’adesione al Patto di stabilità e riferiti agli impegni assunti in sede comunitaria (sentenze n. 4/2004, n. 17/2004, n. 36 e 37 del 2004, n. 417/2005) postula che il Legislatore statale possa intervenire sull’autonomia finanziaria degli enti territoriali qualora lo richieda il complessivo andamento del disavanzo dei conti pubblici) con il solo limite della palese arbitrarietà e della manifesta irragionevolezza della variazione. Ad ogni modo, per qualificare la disposizione denunciata quale principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica, occorre verificare la sussistenza dei requisiti di esclusiva attinenza dell'intervento legislativo statale all'equilibrio di finanza pubblica e in secondo luogo del rispetto dell'autonomia degli enti territoriali (sentenza n. 169/2007). Nelle sentenze n. 376/2003, n. 36 e 260 del 2004, n. 35 e 417 del 2005 è stato sottolineato il carattere “finalistico” dell’azione di coordinamento, che può comportare la previsione a livello centrale non solo delle norme fondamentali, ma altresì di poteri puntuali eventualmente necessari perché la finalità di coordinamento, per sua natura eccedente le possibilità di intervento dei livelli territoriali sub-statali, possa essere concretamente realizzata; in tale prospettiva, anche alla luce dei principi di sussidiarietà e di leale collaborazione (sent. n. 121/2007), il vincolo statale può essere censurato in quanto sia posto al di fuori degli indirizzi e dei limiti resi necessari dal coordinamento della finanza pubblica (sentenza n. 387/2007). E’ stata quindi affermata l’illegittimità di norme statali che non possono essere considerate principi fondamentali in materia di coordinamento della finanza pubblica, ponendo un precetto specifico e puntuale sull’entità della spesa, quali indebita invasione dell’area riservata dall’art. 119 Cost. alle autonomie territoriali: a queste la legge statale può prescrivere criteri ed obiettivi (ad esempio, contenimento della spesa pubblica), ma non imporre nel dettaglio gli strumenti concreti da utilizzare per raggiungere quegli obiettivi: misure analitiche comprimono illegittimamente l’autonomia finanziaria, ed adeguate alle più ampie e significative competenze ad esse assegnate dai rispettivi Statuti speciali. Peraltro, la finanza delle Regioni a statuto speciale è parte della “finanza pubblica allargata” nei cui riguardi lo Stato "aveva e conserva poteri di disciplina generale e di coordinamento, nell'esercizio dei quali poteva e può chiamare pure le autonomie speciali a concorrere al conseguimento degli obiettivi complessivi di finanza pubblica, connessi anche ai vincoli europei", come quelli relativi al cosiddetto patto di stabilità interno (sentenze n. 36, 345 e 353 del 2004, n. 417/2005, n. 88 e 267 del 2006, n. 82 e 169 del 2007). Gli obblighi imposti alle Autonomie speciali devono essere comunque contemperati e coordinati con la speciale autonomia in materia finanziaria di cui godono, in forza dei loro statuti (sent. 82/2007). Il metodo dell’accordo deve considerarsi quindi un’espressione della descritta autonomia finanziaria e del contemperamento di tale principio con quello del rispetto dei limiti alla spesa imposti dal cosiddetto “patto di stabilità” (sentenza n. 353/2004), metodo che deve essere tendenzialmente preferito ad altri, ma che deve risultare tuttavia compatibile con il rispetto degli obiettivi del patto di stabilità, della cui salvaguardia anche le Regioni speciali devono farsi carico. Con specifico riguardo alla golden rule, la sentenza n. 425/2004 ha riconosciuto che la stessa enuncia espressamente un vincolo che già nel previgente regime il legislatore statale ben poteva imporre anche alle Regioni a statuto speciale, in attuazione del principio unitario (art. 5 della Costituzione) e dei poteri di coordinamento della finanza pubblica, nonché del potere di dettare norme di riforma economico-sociale vincolanti anche nei confronti della potestà legislativa primaria delle Regioni ad autonomia differenziata. www.federalismi.it 28 esorbitano dal compito di formulare i soli principi fondamentali della materia (sentenze n. 159/2008, n. 169/2007, n. 157/2007, n. 121/2007, n. 36/2004, n. 390/2004, n. 417/2005 n. 449/2005, n. 88/2006 e n. 95/2007). E’ stato anche riconosciuto che il coordinamento finanziario può richiedere, per la sua stessa natura, altresì l’esercizio di poteri di ordine amministrativo, di regolazione tecnica, di rilevazione di dati e di controllo (sentenze n. 121/2007 e n. 376/2003). L’espressa sanzione costituzionale del vincolo del “concorso” delle autonomie territoriali “ad assicurare l'osservanza dei vincoli economici e finanziari derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea” rafforza sensibilmente il margine prescrittivo costituzionalmente riconosciuto allo Stato nel governo della finanza pubblica, anche territoriale, consentendogli di imporre a quest’ultima tutti quegli oneri finanziari necessari ad assicurare l’osservanza dei vincoli (stringenti) assunti in sede comunitaria, tra i quali quello, ambiziosissimo, dell’abbattimento dell’eccedenza rispetto al tetto del 60% del rapporto debito/PIL nell’arco di un ventennio. Nulla toglie che, nell’esercizio di tali rafforzati poteri prescrittivi, lo Stato dovrà ad ogni modo tenere conto degli ulteriori canoni costituzionali che governano il suo rapporto con le Autonomie e segnatamente, di quelli di leale collaborazione, proporzionalità, ragionevolezza, sussidiarietà, differenziazione adeguatezza, solidarietà economica e sociale nonché verticale e orizzontale, coesione territoriale, unità giuridica ed economica della Nazione, tutela della persona e dei diritti e valori fondamentali, necessaria garanzia su tutto il territorio nazionale delle prestazioni e delle funzioni fondamentali afferenti ai diritti civili e sociali (art. 2, 3, 5, 117-120 Cost.) L’art. 4 l. cost. n. 1/2012 restringe poi il possibile ricorso all’indebitamento degli enti territoriali, affiancando alla già vigente golden rule sancita dal secondo periodo del comma 6 dell’art. 119 Cost., l’obbligo di “contestuale definizione di piani di ammortamento”. Viene così elevata a rango costituzionale la regola di sana e prudente gestione finanziaria che impone, a fronte dell’assunzione di un debito, l’accantonamento in bilancio, anche con riferimento agli esercizi successivi sui quali insiste l’intero arco temporale di durata dell’esposizione, delle risorse necessarie al relativo rimborso. Ove si consideri che la regola si colloca in un più articolato quadro complessivo improntato al principio dell’equilibrio di bilancio, non può tralasciarsi di rilevare, accanto all’evidenziata interpretazione prettamente contabile, un’esegesi ancor più pregnante che vede il vincolo di accantonamento contabile quale strumentale a un più generale canone di equilibrio nella gestione del bilancio, che si traduce nell’obbligo di compensazione del disavanzo registratosi nell'anno di assunzione del debito con la generazione negli esercizi successivi di avanzi atti a www.federalismi.it 29 riassorbire la posizione debitoria lungo un arco pluriennale di esercizi. Non una mera interpretazione contabile, dunque, bensì una valenza più latamente finanziaria e gestionale, quale declinazione, in una dimensione diacronica, del principio del pareggio, in termini atti a coniugare l’imprescindibile esigenza di flessibilità, che può condurre in un determinato esercizio a far prevalere le esigenze di crescita – sub specie investimento – su quelle di equilibrio finanziario, con conseguente creazione di disavanzi di bilancio finanziati tramite assunzione di debito, con il vincolo per ciascun ente di rispettare, in ultima istanza, il fondamentale canone del pareggio nel medio-lungo termine, vincolo che impone che lo squilibrio realizzato in un esercizio venga recuperato diacronicamente mediante avanzi finanziari a valere sugli esercizi successivi, atti ad assicurare che l’equilibrio strutturale, flessibile nel breve periodo, sia ad ogni modo garantito nella dimensione lungo-temporale. Al vincolo di accantonamento contabile, nonché di equilibrio di medio-lungo termine, riferito al singolo ente viene inoltre affiancata un’ulteriore limitazione, che fa riferimento al livello aggregato regionale, ponendosi la “condizione che per il complesso degli enti di ciascuna Regione sia rispettato l'equilibrio di bilancio”. In altri termini, il disavanzo del singolo ente territoriale è consentito soltanto in costanza di una duplice condizione compensativa: da un lato, a livello individuale e intertemporale (contestuale ammortamento nel bilancio dell’ente, con recupero contabile, nonché finanziario, a valere sugli esercizi successivi); dall’altro lato, nell’immediato, a livello aggregato di comparto (la posizione aggregata a livello regionale deve essere in equilibrio nell’esercizio in cui l’ente accende la nuova posizione debitoria, che deve trovare compensazione nei corrispondenti avanzi cumulati di altri enti territoriali presenti nel territorio regionale). La formulazione testuale della norma non contempla la possibilità di compensazioni tra gli obiettivi di equilibrio di bilancio dello Stato centrale e quelli riferiti alle singole amministrazioni territoriali. Il che non ne determina il divieto, ma rende non invocabili dette compensazioni ai fini dell’indebitamento degli enti territoriali nell’ipotesi in cui non venga rispettata la condizione posta dal dettato costituzionale, che richiede per l’appunto che la condizione di equilibrio di bilancio venga rispettata con riferimento all’ambito regionale aggregato. Il che vale a delineare in Costituzione, per le Regioni e Province autonome un ruolo centrale e non surrogabile ad opera dello Stato, di interlocutori unici del medesimo per il rispettivo territorio di competenza ai fini della definizione degli obiettivi di concorso del relativo sottosettore al raggiungimento dell’equilibrio finanziario complessivo del settore pubblico, nonché dell’effettivo conseguimento dell’obiettivo fissato al livello territoriale aggregato di rispettiva competenza. www.federalismi.it 30 La norma prefigura un meccanismo analogo a quello che ha di recente visto la c.d. “regionalizzazione” del Patto di stabilità, di tipo sia “verticale” che “orizzontale”, che consente, sotto l’egida regionale, alle Province e ai Comuni soggetti al Patto di beneficiare, al fine di sostenere determinate spese (di investimento) ritenute ex lege particolarmente meritevoli di tutela, dei maggiori spazi finanziari ceduti, rispettivamente, dalla Regione ovvero dagli altri enti locali (41). In altri termini, la disciplina del Patto regionalizzato attribuisce alle Regioni e alle Province autonome il potere di modificare gli obiettivi del patto di stabilità interno dei singoli enti locali del proprio territorio, in senso peggiorativo ovvero migliorativo, purché nel rispetto degli obiettivi aggregati definiti con riguardo al livello regionale. In tale ambito, è prevista un’articolata cadenza procedurale e temporale nel rispetto (41) In tal senso il comma 17 dell’art. 32 della l. n. 183/2011 (legge di stabilità per il 2012) ha riproposto le disposizioni in materia di “Patto regionalizzato verticale ed orizzontale” di cui ai commi da 138 a 143 dell'art. 1 l. n. 220/2010. In argomento MEF – Dip. Ragioneria, Circ. 14 febbraio 2012 n. 5. Più nel dettaglio, il Patto regionale “verticale” è disciplinato dai commi 138, 138-bis, 139, 140 e 143 dell’articolo 1 della legge 13 dicembre 2010, n. 220, che prevede che la Regione possa riconoscere maggiori spazi di spesa ai propri enti locali compensandoli con un peggioramento del proprio obiettivo in termini di competenza o di cassa. I maggiori spazi di spesa si concretizzano, per gli enti locali, in un aumento dei pagamenti in conto capitale; contestualmente le Regioni rideterminano il proprio obiettivo di cassa e di competenza attraverso una riduzione dei pagamenti finali in conto capitale e una riduzione degli impegni di parte corrente soggetti ai limiti del patto. Entro il termine perentorio del 31 ottobre le Regioni, comunicano preventivamente al MEF nonché agli enti locali interessati i nuovi obiettivi fissati nell’ambito del “Patto regionalizzato”. In favore delle regioni che peggiorano il proprio obiettivo, è autorizzato lo svincolo di destinazione del triplo delle somme statali alle stesse spettanti purché non esistano obbligazioni sottostanti già contratte ovvero non si tratti di somme relative ai livelli essenziali delle prestazioni, per le quali rimane l’obbligo a carico delle Regione di farvi fronte. Le risorse svincolate sono utilizzate, nei limiti fissati dal patto di stabilità interno, solo per spese d’investimento. Del loro utilizzo è data comunicazione all’amministrazione statale che ha erogato le somme. Le Regioni e le Province autonome, in sede di certificazione (comma 19 dell’articolo 32 della legge n. 183 del 2011), dovranno dichiarare che la rideterminazione del proprio obiettivo di cassa è stata realizzata attraverso una riduzione dei pagamenti finali in conto capitale soggetti ai limiti del patto e che la rideterminazione del proprio obiettivo di competenza è stata realizzata attraverso una riduzione degli impegni correnti soggetti ai limiti del patto. Il “Patto regionale orizzontale” è disciplinato dai commi 141 e 142 dell’articolo 1 della legge 13 dicembre 2010, n. 220, che prevede che sulla base dei criteri stabiliti con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, di intesa con la Conferenza unificata, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possano, a favore degli enti locali del proprio territorio, integrare le regole e modificare gli obiettivi posti dal legislatore nazionale, in relazione alle diverse situazioni finanziarie esistenti, ferme restando le disposizioni statali in materia di monitoraggio e di sanzioni e l’importo dell’obiettivo complessivamente determinato per gli enti locali della regione. A tal fine, ogni Regione definisce e comunica ai propri enti locali il nuovo obiettivo annuale del patto di stabilità interno, determinato anche sulla base dei criteri stabiliti in sede di Consiglio delle autonomie locali. La Regione comunica altresì al MEF, entro il termine perentorio del 30 giugno di ogni anno, con riferimento a ciascun ente locale, gli elementi informativi occorrenti per la verifica del mantenimento dell’equilibrio dei saldi di finanza pubblica. Entro gli stessi termini la regione comunica i nuovi obiettivi agli enti locali interessati dalla compensazione orizzontale. I criteri di attuazione del patto orizzontale sono stati stabiliti dal decreto del Ministero dell’economia e delle finanze 6 ottobre 2011, n. 0104309. Inoltre, a decorrere dal 2013, opererà, ai sensi dell’articolo 32, comma 17, della legge di stabilità 2012, il cosiddetto “Patto regionale integrato” che prevede che le singole regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possano concordare con lo Stato le modalità di raggiungimento dei propri obiettivi di finanza pubblica, espressi in termini di saldo “eurocompatibile”, esclusa la componente sanitaria, e quelli degli enti locali del proprio territorio, previo accordo concluso in sede di Consiglio delle autonomie locali e, ove non istituito, con i rappresentanti dell'ANCI e dell'UPI regionali. La Regione o Provincia autonoma che concorda il patto risponderà allo Stato del mancato rispetto degli obiettivi attraverso un maggior concorso nell'anno successivo a quello di riferimento, in misura pari alla differenza tra l'obiettivo complessivo e il risultato complessivo conseguito. www.federalismi.it 31 della quale i Comuni e le Province che prevedono di conseguire, nell’anno di riferimento, un differenziale positivo (o negativo) rispetto all’obiettivo previsto dalla normativa nazionale e vogliono avvalersi del patto regionalizzato sono onerate a effettuare una apposita comunicazione preventiva alle rispettive Regioni e Province autonome, nonché all’ANCI e all’UPI regionali, in ordine all’entità degli spazi finanziari che sono disposti a cedere (o di cui necessitano) nell’esercizio in corso (che devono essere rispondenti alle finalità e tipologia di spese per le quali il meccanismo è consentito) e alle modalità di recupero (o di cessione) dei medesimi spazi nel biennio successivo. La perentorieretà della procedura e dei termini di comunicazione sono volti a consentire al MEF di verificare, attraverso il monitoraggio periodico, il mantenimento dei saldi di finanza pubblica nel corso dell’anno. I criteri stabiliti dalle regioni e province autonome debbono privilegiare le spese in conto capitale, le spese inderogabili e quelle che incidono positivamente sul sistema economico di riferimento; la rimodulazione degli obiettivi non può essere autorizzata se finalizzata alla realizzazione di spesa corrente di carattere discrezionale. E, come previsto dai vincoli compensativi ora sanciti a livello costituzionale in tema di indebitamento degli enti territoriali, anche nel Patto di stabilità regionalizzato alla compensazione contestuale a livello territoriale aggregato deve comunque affiancarsi la compensazione diacronica a livello individuale: invero, agli enti che hanno ceduto spazi finanziari, è riconosciuta, nel biennio successivo, una modifica migliorativa del loro obiettivo, commisurata al valore degli spazi finanziari ceduti, fermo restando l’obiettivo complessivo a livello regionale, mentre agli enti che hanno acquisito spazi finanziari, nel biennio successivo, sono attribuiti saldi obiettivi peggiorati per un importo complessivamente pari alla quota acquisita (art. 3 d.M. 6 ottobre 2011, n. 104309). Anche con riguardo all’indebitamento da parte degli enti territoriali, il completamento della disciplina è demandato alla emananda legge-quadro che, in base all’art. 5, comma 2, della l. cost. n. 1/2012, dovrà disciplinare, tra l’altro, “… b) la facoltà dei Comuni, delle Province, delle Città metropolitane, delle Regioni e delle Province autonome di Trento e di Bolzano di ricorrere all'indebitamento, ai sensi dell'articolo 119, sesto comma, secondo periodo, della Costituzione, come modificato dall'articolo 4 della presente legge costituzionale; c) le modalità attraverso le quali i Comuni, le Province, le Città metropolitane, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano concorrono alla sostenibilità del debito del complesso delle pubbliche amministrazioni”. Anche in tale sede, oltre che nel novellato art. 119 comma 1 Cost., viene dunque ribadito, qui con specifico riferimento al debito, il principio del “concorso” delle autonomie territoriali alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica. www.federalismi.it 32 Da sottolinearsi che, a differenza di quanto previsto con riferimento al bilancio dello Stato dal nuovo art. 81 Cost., il novellato art. 119 non prevede per le amministrazioni locali la possibilità di indebitarsi al fine di far fronte alle fasi avverse del ciclo economico o agli eventi eccezionali. Peraltro, l’art. 5, comma 1 lett. g) della l. cost. n. 1/2012 demanda alla più volte citata legge rinforzata la definizione delle “modalità attraverso le quali lo Stato, nelle fasi avverse del ciclo economico o al verificarsi degli eventi eccezionali di cui alla lettera d) del presente comma, anche in deroga all'articolo 119 della Costituzione, concorre ad assicurare il finanziamento, da parte degli altri livelli di governo, dei livelli essenziali delle prestazioni e delle funzioni fondamentali inerenti ai diritti civili e sociali”. Pertanto, la gestione degli squilibri congiunturali o dovuti a eventi eccezionali viene attribuita allo Stato, escludendosi che a livello meramente territoriale possa essere definito un regime derogatorio e concentrandosi a livello centrale gli interventi sotto forma di concorso al finanziamento da parte dei livelli di governo territoriali “dei livelli essenziali delle prestazioni e delle funzioni fondamentali inerenti ai diritti civili e sociali” che, per espresso vincolo costituzionale (art. 117, comma 2, lett. m, p), lo Stato è tenuto a garantire su tutto il territorio nazionale nonché, sotto il profilo temporale, in modo continuo e permanente, comprese le fasi recessive dell’economia e le circostanze eccezionali. Da segnalarsi che la previsione di detta forma di concorso finanziario dello Stato nei riguardi delle autonomie territoriali si inserisce nella più ampia cornice della riforma del Titolo V della Parte II della Costituzione, introdotta con la legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, la quale ha ridefinito i rapporti tra Stato, regioni ed enti locali anche in materia tributaria e, più in generale, di finanza pubblica. In tale ambito, il nuovo art. 119 ha rimodellato il sistema di finanziamento degli enti territoriali nella prospettiva di rafforzarne l’autonomia finanziaria anche dal lato dell’entrata, in virtù del superamento del previgente impianto incentrato su un modello di finanza “derivata”, in cui le risorse venivano ad essi trasferite dal bilancio dello Stato, con una limitata autonomia circoscritta sostanzialmente a una possibile modulazione tendenzialmente marginale di tributi istituiti e disciplinati con legge statale. In base al nuovo testo dell’articolo 119, le autonomie territoriali vengono ad essere dotate di «autonomia finanziaria di entrata e di spesa» (primo comma) e di «risorse autonome» rappresentate da tributi ed entrate propri, oltre che a disporre di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al proprio territorio (secondo comma), mentre per i territori con minore capacità fiscale per abitante, la legge dello Stato istituisce un fondo perequativo senza vincoli di destinazione (terzo comma). Nel loro complesso, tali risorse devono consentire alle Regioni ed agli altri enti locali «di finanziare integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite» www.federalismi.it 33 (quarto comma). Inoltre, al fine di promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, di rimuovere gli squilibri economici e sociali, di favorire l’effettivo esercizio dei diritti della persona o di provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni, lo Stato può destinare «risorse aggiuntive» ed effettuare «interventi speciali» in favore «di determinati Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni» (quinto comma). Al fine di dare attuazione al citato principio costituzionale dell’autonomia finanziaria degli enti territoriali anche dal lato dell’entrata, la legge 5 maggio 2009, n. 42 ha conferito una delega al Governo volta alla realizzazione del federalismo fiscale la quale ha definito la struttura fondamentale delle entrate degli enti territoriali, i principi che governeranno l’assegnazione di risorse perequative agli enti dotati di minori capacità di autofinanziamento, gli strumenti di coordinamento fra i diversi livelli di governo in materia di finanza pubblica. Quanto alla spesa, la legge distingue le spese che investono i diritti fondamentali di cittadinanza, quali sanità, assistenza, istruzione e quelle inerenti le funzioni fondamentali degli enti locali - per le quali si prevede l’integrale copertura dei fabbisogni finanziari rispetto a quelle che, invece, vengono affidate in primo luogo al finanziamento con gli strumenti propri della autonomia tributaria, per le quali si prevede una perequazione delle capacità fiscali compensativa (ma non integralmente) dei livelli di ricchezza differenziati dei territori. Per le suddette funzioni concernenti i diritti civili e sociali, spetta allo Stato definire i livelli essenziali delle prestazioni, che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale in condizione di efficienza e di appropriatezza; ad essi sono associati i costi standard necessari alla definizione dei relativi fabbisogni; le altre funzioni o tipologie di spese decentrate saranno invece finanziate secondo un modello di perequazione che dovrebbe concretizzarsi in un tendenziale avvicinamento delle risorse a disposizione dei diversi territori, senza tuttavia alterare l’ordine delle rispettive capacità fiscali (42). In tale quadro complessivo, la richiamata la lett. g) dell’art. 5 della l. cost. n. 1/2012 appare sancire, più che una “deroga” all’impianto finanziario delineato dall’art. 119 Cost., un coerente corollario del medesimo, che prefigura l’obbligo di assicurare, anche a carico finanziario dello Stato, sull’intero territorio nazionale, “i livelli essenziali delle prestazioni e delle funzioni fondamentali inerenti ai diritti civili e sociali” i quali trovano il loro ancoraggio costituzionale, oltre che nel Titolo V, anche nella Parte Prima della Costituzione, nell’ambito dei principi e diritti fondamentali (art. 2, 3, 32, 38, 43). (42) Senato - XVI leg. - Servizio Studi – Dossier n. 322 del dicembre 2011 - Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale - Disegni di legge costituzionale AA.SS. nn. 3047, 2834, 2851, 2881, 2890 e 2965, www.senato.it. www.federalismi.it 34 6. Controllo del Parlamento e organismo indipendente di valutazione Il comma 4 dell’art. 5 l. cost. n. 1/2012 riconosce alle Camere, secondo modalità stabilite dai rispettivi regolamenti, “la funzione di controllo sulla finanza pubblica con particolare riferimento all'equilibrio tra entrate e spese nonché alla qualità e all'efficacia della spesa delle pubbliche amministrazioni”. Quanto al “controllo sulla finanza pubblica”, tale funzione in verità già appartiene al Parlamento, rientrando nell’ambito dello “indirizzo politico” che esso esercita, tra l’altro, in sede di approvazione del bilancio. Funzione alla quale appare strumentale altresì il vincolo, che si impone al Parlamento stesso, della copertura finanziaria delle leggi di spesa (art. 81 Cost.). Peraltro la nuova legge costituzionale ne valorizza il “riferimento all’equilibrio tra entrate e spese”, configurando in capo alle Assemblee legislative una specifica responsabilità in termini di controllo circa il rispetto del fondamentale canone del pareggio di bilancio da parte del Governo. Il Parlamento viene altresì specificamente coinvolto nel controllo sulla “qualità” ed “efficacia” della spesa pubblica, stante la crucialità della riduzione di tale variabile di finanza pubblica - a fronte di una pressione fiscale la cui eccessività è in modo pressoché unanime ritenuta tra i maggiori ostacoli alla crescita – ai fini del conseguimento di un equilibrio finanziario strutturalmente sostenibile nel lungo periodo e compatibile con un adeguato trend di sviluppo economico e sociale. La lett. f) del comma 1 prevede inoltre, affidandola all’emananda legge rinforzata, “l'istituzione presso le Camere, nel rispetto della relativa autonomia costituzionale, di un organismo indipendente al quale attribuire compiti di analisi e verifica degli andamenti di finanza pubblica e di valutazione dell'osservanza delle regole di bilancio”. La disposizione costituzionale incide dunque sull’autonomia organizzativa delle Assemblee parlamentari prescrivendo l’istituzione di un “organismo indipendente” con compiti di “analisi e verifica degli andamenti di finanza pubblica e di valutazione dell'osservanza delle regole di bilancio”. Organismo che verosimilmente, ma non necessariamente in via esclusiva, potrà supportare le Camere nell’esercizio della “funzione di controllo della finanza pubblica” ad esse direttamente intestata. La necessità, espressamente menzionata, del “rispetto” della “autonomia costituzionale” delle Camere fa ritenere che la legge-quadro si limiterà alla “istituzione” dell’organismo nonché alla definizione dei relativi presidi di “indipendenza”, demandandone la restante disciplina ai regolamenti parlamentari. La previsione dell’organismo recepisce l’art. 6 della direttiva 2011/85/UE del Consiglio dell’8 novembre 2011, in materia di quadri di bilancio, che impone agli Stati membri, al fine di www.federalismi.it 35 assicurare un effettiva osservanza delle regole di bilancio, di prevedere presidi istituzionali e normativi atti a garantire un controllo effettivo e tempestivo al riguardo, basato su "un’analisi affidabile e indipendente, eseguita da organismi indipendenti od organismi dotati di autonomia funzionale" rispetto alle autorità di bilancio degli Stati membri. La Direttiva, ispirandosi alle prassi nazionali reputate più virtuose, che vedono il rispetto della disciplina di bilancio presidiato anche dal controllo di organismi dotati di specifiche competenze tecniche e di garanzie di indipendenza dal Governo di regola insediati in seno al Parlamento (“Fiscal Council”), impone dunque agli Stati membri di istituire un organismo la cui competenza e indipendenza lo pongano in grado di fungere da “contraltare” del Governo, relativamente al monitoraggio degli andamenti di finanza pubblica e al controllo circa il rispetto delle regole di bilancio, di matrice comunitaria. In altri termini, si mira a spezzare il monopolio del Governo nella disponibilità e nella divulgazione delle informazioni relative agli andamenti di finanza pubblica e nella scelta dei metodi per l’effettuazione delle relative stime e previsioni. Da segnalarsi che, in tale ambito, la Costituzione italiana già contempla la Corte dei Conti, Magistratura alla quale il Legislatore è tenuto ad assicurare “indipendenza”, segnatamente con riferimento al Governo (art. 108, comma 2, 100, comma 3, Cost.) e che è espressamente preposta, tra l’altro, al “controllo successivo sulla gestione del bilancio dello Stato”, al “controllo sulla gestione finanziaria degli enti a cui lo Stato contribuisce in via ordinaria” nonché a una funzione referente nei riguardi del Parlamento (art. 100, comma 2, Cost.) e a funzioni giurisdizionali “nelle materie di contabilità pubblica e nelle altre specificate dalla legge” (art. 103, comma 2, Cost.). Alle funzioni intestate alla Corte dei conti direttamente a livello costituzionale si affiancano le articolate e rilevanti attribuzioni che il Legislatore, nell’esercizio della sua interpositio, le ha via via assegnato. Tra queste, quelle di controllo e referenti, anche in corso di esercizio nonché di svolgimento (art. 11 l. n. 15/2009), sulla gestione del bilancio e del patrimonio delle amministrazioni pubbliche, sulle gestioni fuori bilancio e sui fondi di provenienza comunitaria (art. 3 l. n. 20/1994), di controllo circa “il rispetto degli equilibri di bilancio” da parte delle autonomie territoriali “in relazione al patto di stabilità interno ed ai vincoli derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea” (art. 7 l. n. 131/2003) nonché alla “sana gestione finanziaria”, di controllo sui bilanci preventivi e consuntivi degli enti locali, con particolare riguardo al rispetto al rispetto del patto di stabilità interno, della golden rule nonché a ogni grave irregolarità contabile e finanziaria (art. 1, commi 166 e segg., l. n. 266/2005). Inoltre, nel corso del tempo, il Legislatore ha via via assegnato alla Corte dei conti specifici controlli anche su determinate tipologie di spesa: si rammenti, in proposito, la l. n. www.federalismi.it 36 244/2007 art. 2 commi 594 e segg. in tema di spese di funzionamento e art. 3 commi 44 e segg. e 53 in tema di spese per emolumenti, art. 40 e segg. d.lg. n. 165/2001 in tema di spesa di personale derivante dalla contrattazione collettiva. Recentemente, il d.lg. n. 149/2001 ha poi intestato alla Corte dei conti pregnanti attribuzioni, di controllo e giurisdizionali, in tema di dissesto finanziario degli enti territoriali. In tale articolato quadro normativo, la giurisprudenza costituzionale ha da tempo (sent. n. 29/1995) riconosciuto alla Corte dei conti il ruolo di “garante imparziale dell'equilibrio economico-finanziario del settore pubblico e, in particolare, della corretta gestione delle risorse collettive sotto il profilo dell'efficacia, dell'efficienza e della economicità”. Ruolo che, a seguito del nuovo assetto delle autonomie territoriali delineato dalla riforma del Titolo V della Costituzione, è stato riconosciuto non soltanto compatibile con il medesimo, ma altresì fondamentale per la tenuta dei nuovi equilibri costituzionali delineati tra Stato centrale e Autonomie territoriali, al fine di poter coniugare le esigenze di governo unitario della finanza pubblica con quelle di autonomia finanziaria degli enti territoriali. In tale prospettiva, si è posta in luce la peculiare posizione della Corte dei conti, quale “organo posto al servizio dello Stato-comunità, e non già soltanto dello Stato-governo … posto a tutela degli interessi obiettivi della pubblica amministrazione, sia statale sia regionale o locale. Di modo che l'imputazione alla Corte dei conti del controllo sulla gestione esercitabile anche nei confronti delle amministrazioni regionali non può essere considerata come l'attribuzione di un potere statale che si contrappone alle autonomie delle regioni, ma come la previsione di un compito essenzialmente collaborativo posto al servizio di esigenze pubbliche costituzionalmente tutelate, e precisamente volto a garantire che ogni settore della pubblica amministrazione risponda effettivamente al modello ideale tracciato dall'art. 97 della Costituzione, quello di un apparato pubblico realmente operante sulla base dei principi di legalità, imparzialità ed efficienza”. Alla luce delle esposte caratteristiche di indipendenza, di ruolo istituzionale, di competenza specialistica della Corte dei conti, non può tralasciarsi di osservare che la stessa risponde pienamente ai requisiti che la Direttiva comunitaria in materia di quadri di bilancio esige con rifermento all’organismo indipendente di valutazione. Ad ogni modo, la scelta del Parlamento, sovrano, di istituire nel proprio ambito un ulteriore organismo da porre a presidio della finanza pubblica, dovrà essere puntualmente articolata e definita nell’ambito della leggequadro e dei regolamenti parlamentari, sedi nelle quali potrà trovare adeguato spazio una www.federalismi.it 37 definizione del ruolo e delle attribuzioni dell’istituendo organismo tale da non determinare sovrapposizioni, di dubbia utilità, alle funzioni già intestate alla Magistratura contabile (43). 7. Considerazioni conclusive Con l’approvazione della legge costituzionale n. 1/2012 l’Italia ha compiuto un passo importante nella direzione – nonché nella dimostrazione, particolarmente alle Istituzioni comunitarie e ai mercati finanziari - di un serio impegno di risanamento delle critiche condizioni delle finanze pubbliche. Impegno che il rango costituzionale della legge in questione e il carattere “rinforzato” della legge-quadro che sarà chiamata a meglio esplicitarne la disciplina imporranno, in ragione dell’intensità della loro “resistenza passiva”, oltre che alla classe dirigente attuale, anche alle future maggioranze politiche che si succederanno nella guida del Paese. Parlamento, Governo, enti territoriali, l’intero perimetro delle pubbliche amministrazioni sono stati così vincolati al fondamentale canone finanziario, nonché operativo e gestionale, del pareggio di bilancio, quale equilibrio strutturale di lungo periodo che deve governare la gestione delle finanze pubbliche, orientandole verso un obiettivo finale di autonomo finanziamento della spesa o, quanto meno, di attestazione su un livello di indebitamento sostenibile nel tempo. Canone del quale per decenni il nostro Paese non ha percepito a sufficienza la reale importanza, che si sta invece manifestando ora in tutte le sue gravissime implicazioni: soltanto per citarne alcune, la “spirale del debito” legata agli elevatissimi costi che lo stesso ha raggiunto (in questi giorni il clima di sfiducia legato alla crisi greca ha riportato lo spread ampiamente oltre la soglia dei 400 punti, mentre soltanto qualche mese fa i nostri bond quotavano ben oltre 500 punti rispetto a quelli tedeschi); la scarsità delle risorse da destinare alla crescita e alle finalità sociali con conseguente sostanziale “impotenza” del Paese innanzi alla fase recessiva; il downgrade del sistema bancario nazionale, particolarmente esposto verso il debitore pubblico, con tutto ciò che ne consegue in termini di maggiori costi di patrimonializzazione, minore redditività, razionamento e incremento del costo del credito (credit crunch); l’esposizione alla speculazione finanziaria che, per inevitabile legge di mercato, si abbatte sui Paesi dalle finanze meno solide, traendo guadagni che costano al Paese-bersaglio, alle sue finanze, alle sue borse nonché ai suoi cittadini miliardi e miliardi di euro. (43) In merito alle funzioni della Corte dei conti e a possibili linee di riforma del suo ruolo v. B. CARAVITA DI TORITTO, Sulla vocazione del nostro tempo per una riforma della Corte dei conti e la ricostruzione unitaria delle sue funzioni, Federalismi n. 9/2012, www.federalismi.it www.federalismi.it 38 La gravità della situazione (soltanto qualche mese fa lo spread sui bond italiani superava addirittura la soglia dei 500 punti) non consentiva di attendere oltre. Peraltro non va persa la consapevolezza che la politica economica e fiscale di un Paese non può essere ridotta a una mera politica “algebrica” del tamponamento dell’emergenza finanziaria. La riuscita e la sostenibilità di lungo termine del risanamento finanziario non possono mai prescindere da una visione strategica di lungo periodo che ponga basi strutturali serie per una crescita economica e sociale e che, come tale, riesca a porsi come convincente e condivisa dalla popolazione, nell’ambito di quel “contratto sociale” del quale nessuna classe dirigente, tecnica o politica che sia, può mai fare a meno, tanto più quanto consistenti sono i sacrifici richiesti ai cittadini. In proposito, l’auspicio che l’Europa vada oltre il Fiscal Compact, delineando anche un “social and growth Compact” (44), sembra destinato a divenire in tempi oramai non più lontani parte concreta e centrale della Agenda comunitaria, essendo stato ufficialmente sussunto nell’ambito dei “building blocks” sui quali dovrà articolarsi il “future work that will be necessary over the medium to long term”, al fine di conseguire l’obiettivo, non ulteriormente rinviabile, di una “stronger EMU architecture, based on integrated frameworks for the financial sector, for budgetary matters and for economic policy”, il che implicherà, segnatamente, una maggiore integrazione dei processi decisionali in materia fiscale ed economica (“more integrated fiscal and economic decision-making”) (45). Con sensibile sollievo dell’Italia (nonché degli altri Paesi con situazioni finanziarie critiche quali la Spagna) e dei mercati, il Report dà anche conto dell’affermazione in sede comunitaria del principio di “fiscal solidarity”, che vedrà le Istituzioni comunitarie intervenire a sostegno dei Paesi che versano in difficoltà finanziarie, peraltro a condizione della dimostrazione ad opera dei medesimi Paesi di un serio impegno risanatore (46). Il nuovo “contratto sociale” imposto dalla necessità, non più procrastinabile, di un risanamento effettivo e tempestivo delle finanze pubbliche, richiede ai cittadini italiani, nonché europei, sforzi significativi. Sforzi resi ancor più grandi per il nostro Paese dall’enorme prezzo, economico e sociale, che richiederà il rientro, nei prossimi venti anni, da (44) In argomento G. ALLEGRI, Presidenziali francesi 2012. Quale socialismo francese dentro la crisi europea?, Federalismi n. 10/2012, www.federalismi.it. (45) HERMAN VAN ROMPUY, Towards a genuine Economic and Monetary Union, Report by President of the European Council, 26 giugno 2012. Al fine di tracciare una specifica “time-bound road map for the achievement of the genuine Economic and Monetary Union” il Report del 26 giugno prevede la presentazione di un report al Consiglio Europeo del prossimo dicembre da parte del Presidente del Consiglio Europeo, in stretta collaborazione con il Presidente della Commissione, il Presidente dell’Eurogruppo e il Presidente della BCE. (46) “Several options for partial common debt issuance have been proposed, such as the pooling of some shortterm funding instruments on a limited and conditional basis, or the gradual roll-over into a redemption fund. Different forms of fiscal solidarity could also be envisaged”. www.federalismi.it 39 un debito pubblico di circa due milioni di miliardi di euro. Un obiettivo così ambizioso, che assume peraltro i contorni di una scelta obbligata a pena di conseguenze ben più drammatiche (47), non può prescindere dal supporto necessario dato da un’opinione pubblica consapevole della gravità della situazione e da un consenso sociale ai gravosi sacrifici a venire ( 48). Il che non sembra, a sua volta, poter prescindere da alcune “controprestazioni” che la collettività attende dallo Stato che obiettivamente appaiono come fondamentali, tra le quali non possono non menzionarsi: la cessazione di ogni forma di spreco del pubblico denaro, attraverso una gestione efficiente e responsabile della spesa pubblica, che ne consenta la sensibile riduzione; una più equa redistribuzione del carico fiscale, che non sembra poter tralasciare un efficace ridisegno di quelle non poche carenze strutturali del sistema tributario italiano che obiettivamente si prestano a consentire in così larga ampiezza il deprecabile fenomeno dell’evasione; un esercizio responsabile delle prerogative delle autonomie territoriali, che contemperi le obiettive esigenze del territorio con la necessità di evitare incrementi non necessari dei centri di spesa e che al tempo stesso porti a compimento quell’obiettivo di consistente riduzione del fiscal gap che è alla base dell’ancora incompiuto federalismo fiscale e che appare un presidio necessario per una gestione responsabile delle risorse pubbliche. Non ultima, la realizzazione di un’effettiva equità intergenerazionale che, oltre a una redistribuzione del carico finanziario maggiormente in linea con i fondamentali canoni economici della corrispondenza temporale (e dunque generazionale) tra sopportazione del peso e godimento dei benefici, veda altresì un più significativo ed efficace coinvolgimento del patrimonio di studi, entusiasmo ed energie delle giovani generazioni nella guida e nelle decisioni del Paese. (47) “Il ritorno alla lira si tradurrebbe per gli italiani nella più colossale patrimoniale mai varata, sia per gli effetti diretti sul valore delle attività delle famiglie e del loro reddito, sia perché davvero le ricchezze private, ovunque detenute (anche illecitamente), verrebbero inevitabilmente sottoposte a una radicale tosatura per ristabilire un po’ di ordine nel bilancio pubblico e nella giustizia sociale, di fronte al profondo impoverimento della maggioranza della popolazione”, Confindustria, Centro Studi, Scenari economici, 28 giugno 2012. (48) Di ciò è ben consapevole il Rapporto Van Rompuy, che afferme espressamente: “Building public support for European-wide decisions with a far-reaching impact on the everyday lives of citizens is essential”. www.federalismi.it 40 BIBLIOGRAFIA - G. ALLEGRI, Presidenziali francesi 2012. Quale socialismo francese dentro la crisi europea?, Federalismi n. 10/2012, www.federalismi.it - P. CANAPARO, La legge costituzionale n. 1 del 2012: la riforma dell’articolo 81, il pareggio di bilancio e il nuovo impianto costituzionale in materia di finanza pubblica, Federalismi n. 13/2012, www.federalismi.it - B. CARAVITA DI TORITTO, Sulla vocazione del nostro tempo per una riforma della Corte dei conti e la ricostruzione unitaria delle sue funzioni, Federalismi n. 9/2012, www.federalismi.it - F. CORONIDI, La costituzionalizzazione dei vincoli di bilancio prima e dopo il Patto Europlus, Federalismi n. 5/2012, www.federalismi.it - R. DICKMANN, Legislazione di spesa ed equilibrio di bilancio tra legittimità costituzionale e legittimità europea, Federalismi n. 10/2012, www.federalismi.it - R. DICKMANN, Le regole della governance economica europea il pareggio di bilancio in Costituzione, Federalismi n. 4/2012, www.federalismi.it - E. IORIO, Pareggio di bilancio: le ricadute (o le implicazioni) sui Comuni e sul sistema sanitario, Federalismi n. 10/2012, www.federalismi.it - L. 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Un’analisi preliminare - Dossier 36, ottobre 2010, www.senato.it www.federalismi.it 42