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Newsletter di aggiornamento sui progetti di Amici dei Bambini in Federazione Russa In redazione questo mese: Marzia Masiello & Ekaterina Barykina o Stanislav Titov Special guest: Stefano Maria Capilupi Sommario 1. Lolek il Magno.. una danza con Cristo in braccio 2. Meditazioni pietroburghesi 3. Intervista a una giovane donna Sostegno On L i n e - Anno II - numero 3 – Fuori dagli internat Lolek il Magno.. una danza con Cristo in braccio Di Marzia Masiello Sventolano le bandiere a mezz`asta e le campane suonano nel pianeta, nell`universo, nel mio cuore, abbandonato per un po’ dentro l’appartamento 189, la mia casa davanti alla Casa Bianca, in Smolenskaja Naberezhnaja, 5/13 . La notizia ci ha raggiunto alle 23.37 ora di Mosca di sabato sera. Ero al caffe’ Pushkin, dove Giovanni e Chiara mi hanno invitato a cena per distrarci un po’ dalle tensioni della settimana. Al secondo piano, nella sala della biblioteca, ascolto l`arpa e il flauto traverso. Due giovani artiste sotto le luci soffuse delle lanterne, in abito da sera rosso rubino, liberano note leggere come l`altezza di una montagna che unisce la terra al cielo, come una vertigine piena di solitudine, con le spalle scoperte e riscaldate dal legno che avvolge tutti noi. Gusto insalata e shashlik al petto d`anatra, affido il mio spirito piccolo, povero, amaro e pieno oltre l`orlo, all`euforia di un pinot grigio di non so quale annata. Penso a quel mantello rosso che aveva nascosto per gioco i volti di due bambini.. quei bambini che da atleta aveva sollevato alla luce oltre le nuvole e baciato tante volte.. quei bambini a cui si e’ rivolto dicendo “Voi rifuggite istintivamente dall'odio e siete attratti dall'amore”... penso all`agonia, alla tristezza, all`attesa degli uomini di buona volonta’ che pregano anche per me davanti alle finestre accese in Piazza San Pietro.. quelle finestre che mi avevano scosso fino allo sfinimento il giorno della Domenica delle Palme, quando la sua mano cadeva con rabbia sul leggio. Un sospiro di sollievo ha rischiarato i miei polmoni. Finalmente. Non sento nessuna esigenza di piangere.. penso a quella Croce che lui ha preso in braccio, come una amante furiosa che tutto concede e tutto pretende. Penso alla mia disobbedienza a quella Croce, ancora lontana, ancora sotterata, o innalzata ad altezze dove e’ piu’ facile guardarla e studiarla che raccoglierla in petto con pieta’, solitudine e gioia, senza paura, con le porte del cuore spalancate. Penso alla Madonna con Bambino di Leonardo da Vinci. Nel giorno di Pasqua a San Pietroburgo: la luce della primavera filtrava dai vetri nelle stanze dell`Ermitage. Sembrava di essere in un monastero. Nessuna zarina di nessuna Russia puo’ uguagliare la bellezza di quella Madonna. Una bellezza a cui vorresti solo piegare le ginocchia e arrenderti per sentirti cullato e compreso..quanta Misericordia. E quanta Umilta’. Terry Schiavo e’ morta. Riccardo Muti si e’ appena dimesso dalla Scala. Bisognera’ ricostruire dalle ceneri figure di manager, artisti e carismatici. Bisognera’ rileggere e reinterpretare la storia. Sono ancora al Pushkin e neppure quest`anno mi rechero’ alle urne per votare. La grande malinconia ha per un momento lasciato spazio a un sussulto, un tremore per l`incertezza del futuro.. poi un sorriso.. l`arpa continua a suonare.. quanta bellezza c`e’ nel mondo! Penso che la bellezza salvera’ il mondo.. ne era convinto anche lui.. lui che ho incontrato, senza saperlo, nel mio cammino dentro il mistero della donna, lui che rivedo nei versi sciolti e raccolti mentre scrivevo “fammi quello per cui una morte non basterebbe, Signore Gesu’”.. lui.. sempre lui: in quel quadro in cui avevo dipinto Cristo di spalle, di getto, in poche ore, prima che si consumasse la morte di Rabin in quel lontano 4 novembre.. Cristo di spalle.. ora lui mi insegna e sembra che mi dica: quanto sbagliavi..Cristo va guardato in faccia trovando la forza di chiedere perdono.. come lui ha chiesto perdono sul muro del pianto.. vorrei tornare a Roma ma sto per partire in missione per Novosibirsk, per quei bambini da lui tanto amati. Mi sento dinoccolata e senza forza.. vorrei essere a San Pietro.. e lo saluto, invece, da questa Mosca in cui lui ha lasciato la sua missione nelle mani delle donne, degli scrittori, dei bambini, dei volontari, dei missionari e di quanti lo seguono, per ragione e per fede, oppure, semplicemente, lo seguono senza saperlo, oppure lo contestano. L`anello del pescatore e’ rotto.. eppure Lolek continua a lavorare.. a Pekino si sbriciola il primo sasso di un muro antico.. il Patriarcato di Mosca invia una delegazione rappresentata dal Metropolita Kirill, capo degli Affari Esteri.. quanto lavoro c`e’ ancora da fare.. quante feste bisogna onorare, quante danze danzare.. Lolek citava un poeta polacco, Cyprian Norwid, il quale scriveva “La bellezza è per entusiasmare al lavoro, il lavoro è per risorgere”.. torniamo a casa.. saluto i miei amici che partono per l`Italia ma rientreranno presto a Mosca.. e’ ora di dormire.. domani, in mezzo alla gente, pregheremo tutti in compagnia.. alla Lubjanka, nella Chiesa di San Luigi dei Francesi, l`unica chiesa cattolica non abbattuta durante il regime.. vicina alla sede del KGB, terra di proprieta’ della Santa Sede. “il lavoro e’ per risorgere” e La Pasqua ortodossa sta per arrivare. E’ tradizione che per scambiarsi gli auguri di Pasqua si dica “Cristo e’ risorto”.. e si risponda “e’ veramente risorto”.. “e’ veramente risorto” Anno II - numero 3 – marzo 2005 Meditazioni pietroburghesi Di Stefano Maria Capilupi Ci sono cose che impari a dieci anni, altre aventi, altre a trenta…Italo Calvino diceva che solo a quarant’anni si impara a vivere le cose così com’è che vanno vissute. Forse esagerava. A trenta però io imparo definitivamente, pur sapendola da diversi anni, una cosa per me (e spero non solo per me) importantissima. Questa cosa l’ho imparata in Russia, a San Pietroburgo: la domenica della Pasqua bisogna gridare e augurare agli amici e ai nemici non “Buona Pasqua” (e che significa? la festa è cominciata ed è già finita!), ma “Cristo è risorto! E’ risorto! E’ veramente risorto!”. Sì, Cristo è risorto, il Cristo è veramente risorto. In russo: “Khristòs voskrès! Voìstinu voskrès!”. Come vedete, la parola augurio quasi non si confà a questo grido. Non è un augurio, ma un annuncio, una meravigliosa comunicazione, una splendida ambasciata, nella quale l’ambasciatore porta solo gioia, e nessuna pena. Il venerdì e il sabato pomeriggio che precedono la domenica liturgica è poi quasi meglio tacere del tutto. Fare digiuno della parola, di quella preziosa parola, così violentata e sperperata dai giornali e dalla televisione. Non dire nulla. “Buona Pasqua” sarebbe solamente l’augurio di passare del tempo piacevole insieme ai cari, ma questo bisogna augurarlo ogni giorno, non solo a Pasqua. Altrimenti avrebbe proprio ragione quella canzoncina che diceva “E buona Pasqua pure a te…”. No, non è tutto uno scherzo in questa vita. Scherzare, giocare, ridere, è meraviglioso (“Vi abbiamo suonato il flauto, e non avete ballato” diceva il Cristo – Luca, 7, 32, Matteo 11, 17); ma non è tutto una presa in giro. Scherza coi fanti, ma lascia stare i santi. La Pasqua è un annuncio, e non un fuggevole augurio. Queste cose si possono imparare in Russia, e in tutto l’Oriente cristiano. L’Oriente poi, volendo, è a due passi da casa. Lo sapevate che vicino Roma c’è un meraviglioso Monastero grecocattolico? Si chiama Abbazia di San Nilo. Andateci, e chiedete di padre Matteo. Se sarà occupato, ripassate un altro giorno, o fatevi annunciare. Padre Matteo legge e vi racconta la Bibbia e la Liturgia come nessun altro, direttamente dalle fonti greche ed ebraiche. Queste lingue lui le conosce come la sua lingua-madre, l’italiano; e la sua madrina spirituale era russa, di San Pietroburgo. Io ho avuto e ho solo la foto di questa luminosissima vecchina, madre Junia Hintz, monaca del Grande Schema Eremita ed iconografa del monastero Russo Uspenskij a Roma. Sì, il viso di Junia è luminosissimo, e mi raccontano che sorrideva e rideva con una dolcezza senza fine. Amava anche le barzellette. Esiste una leggerezza della santità: “ljògkast’ svjàtasti”. Queste parole ve le sto scrivendo come si pronunciano, perché voi possiate ripeterle, a voce. Junia vi udirà. Adesso Junia non è più fra di noi su questa terra, ma lo è molto di più nella preghiera che ci unisce a chi ha già compiuto il passaggio. Il papa aveva ragione: bisogna tornare a respirare con ambedue i polmoni (e lo sapevate che queste erano le parole di un pensatore russo, Vjacheslav Ivanov?). Questo è possibile, non sono necessarie solenni riunioni ufficiali, documenti, future e forse storicamente ormai impossibili riunificazioni ecclesiali. No, il dialogo è sufficiente. La vita stessa è tutta un dialogo, se la vivi pienamente. Questo lo diceva un altro scrittore russo, Mikhail Bakhtin. Non siete d’accordo? Il cristianesimo è un mondo ricco di diverse tradizioni, da conoscere e vivere con un solo respiro, e con tutti e due i polmoni. Ricordo che più di un anno fa entrai, come faccio non di rado (ma non sempre: ci sono anche chiese cattoliche latino-russe in Russia, si può rimanere uniti alla propria tradizione anche amando il dialogo con tutto il cuore), in una chiesa russo-ortodossa di San Pietroburgo. Volevo prendere la comunione durante la loro solenne liturgia. Mi fu indicato il parroco, padre Mikhail. Era la chiesa di Sant’Andrea, in pieno centro. Dissi al padre: “Vorrei comunicarmi”. Mi rispose: “Va bene, confessati fra poco, e ti potrai comunicare”. “Lo sapete che io sono cattolico, questo non vi disturba?”, incalzai. Lui, di rimando: “Come disse il metropolita Platonov alla fine del XIX secolo, le mura fra di noi non si inerpicano fino al Cielo!”. Sorrise e mi indirizzò verso il confessore. Anche queste cose succedono a San Pietroburgo; e non solo. Con me da un po’ di tempo è sempre anche un altro ricordo. Era un’aula universitaria. Parlava uno dei mie professori preferiti di qui: si chiama Lebedev, è giovane, avrà quarant’anni, un vero russo, anche se all’europea, senza barba. Occhi chiarissimi, mascella possente, sorriso contagioso. Leggeva, lui che è specializzato in filosofia antica, una lezione introduttiva sul delicato rapporto tra fede e ragione. Parlava nello stesso tempo di Hegel e di san Serafim Sarovskij, il san Francesco russo, per intenderci, anche se è vissuto ai primi dell’Ottocento. Parlava quindi di cose apparentemente diverse, ma in realtà profondamente unite. Successe quindi un piccolo miracolo, di cui solo io e qualche amico siamo a conoscenza e che non ho fatto ancora in tempo a confidare neanche allo stesso Lebedev. A un certo punto il professore diceva: “Per spiegarvi cos’è la fede in rapporto alla ragione vorrei farvi un piccolo esempio. E’ una specie di mito che ho inventato io, ma che un po’ aiuta a capire. Immaginatevi che un uomo sia in cima ad un tetto e cammini, disinvolto, verso il precipizio…”. Rimasi di sasso. Lo ascoltavo eppure non riuscivo a credere alle mie orecchie. Queste erano le stesse parole di mio padre, morto nel 1993! Enzo, mio padre, era avvocato, nato nel 1927 e reduce della Seconda Guerra Mondiale. Per un’ironia del destino era finito, lui giovanissimo fascista, nei lager tedeschi, prima a Norimberga e poi nella stessa Dakau. Se l’era un po’ cercata. Era la Anno II - numero 3 – marzo 2005 Pasqua del ’44 e aveva detto all’ufficiale tedesco: vado a Roma a stare con i miei per le vacanze di Pasqua e poi torno. Mio padre aveva sei fratelli. L’ufficiale tedesco disse di rimando: “Ma sei matto, o vuoi disertare?”. Mio padre pensò che non ci fosse comunque niente di grave nella propria richiesta, e andò lo stesso. Poi tornò al fronte, sicuro di cavarsela con qualche giorno di cella. Invece venne prima bastonato a dovere e poi spedito in Germania. A Dakau alla fine fu liberato dai russi. Era l’estate del ’92 e papà mi raccontava su mia richiesta i particolari della sua esperienza bellica. Poi mi confidò anche le sue riflessioni su Dio. Erano un po’ elusive e rassegnate, come anche altre volte. Mio padre era un agnostico, e a messa andava raramente, per far piacere a mia madre. Mi disse: “Dio guarda l’uomo, che si trova sulla cima di un tetto. L’uomo è bendato e cammina, tranquillo, verso il precipizio. Dio sa che l’uomo cadrà, e non fa nulla”. Le stesse parole di Lebedev diversi anni dopo! Ascoltavo Lebedev ed ero teso, emozionato. Non capivo. Che c’entrava quest’immagine di tristezza con la fede entusiasta di Lebedev? Mio padre in fondo lo capisco, era anziano e intristito dalle difficoltà del presente e dai ricordi di guerra che io gli chiedevo di riportare alla superficie. Ma Lebedev? Doveva voleva arrivare?! Il professore finì di raccontare il suo mito: “L’uomo cammina, raggiunge il margine del tetto, muove ancora i suoi passi e…prosegue, volando come un libero uccello. Sono queste le ali della fede”. La fede, che è realizzazione di cose attese e sicurezza di cose invisibili (Lettera agli Ebrei, 11,1). Queste cose succedono a San Pietroburgo, succede che tuo padre torni a parlarti con le labbra di un altro padre modificando il proprio pensiero di quel tanto che serve a darti una nuova, luminosa speranza. Luminosa quanto questo cielo senza fine che sovrasta la Venezia del nord. Ricordo che quando ero appena giunto proprio questo cielo mi colpì prima di ogni altra cosa. Questo cielo senza fine quanto la pianura che giace sotto di lui. Si può parlare addirittura di un problema della natura che deve essere risolto. Il gesuita e ieromonaco Ivan Kologrivov nella prefazione a Saggi sulla spiritualità russa scrive: “Ha ragione Berdjaev quando dice che esiste un legame del tutto non casuale fra la geografia dell’anima e la geografia tout court. (…). Proprio come le distese del paese nativo, essa (l’anima russa) non conosce limiti, e il senso della forma ben definita, di cui vanno tanto fieri latini e greci, le è estraneo. (…). «Siamo immensi, immensi – Dostoevskij amava ripetere – altrettanto immensi quanto nostra madre, la Russia!...». (…). Questo distacco non significa affatto che il popolo russo sia meno peccatore degli altri, anzi lo è forse più degli altri, ma in un altro modo. (…). L’uomo occidentale, infatti, tiene alla propria posizione sociale, ai propri beni, all’esistenza comoda non in ragione delle proprie debolezze e dei propri vizi, ma in ragione delle proprie virtù sociali, fondate e giustificate da principi: ha una propria ideologia che giustifica tutto ciò. Il russo, no. (…). Il suo caso è stato 1 definito molto bene quando si è detto che il russo è sempre con Dio o contro Dio, ma mai senza Dio” . Se è consentito anche a noi, che viviamo in Russia già da diverso tempo, un altro abbandono poetico, possiamo dire che l’amore di Cristo ai russi lo porta la neve. A noi italiani probabilmente soprattutto le colline e i monti parlano di Lui. Nella tradizione cristiana e biblica Dio appare spesso nei luoghi elevati. Lo sguardo verso di loro ci ricorda l’intreccio delle cause e la complessità della Creazione. Le infinite pianure della Russia possono invece mascherare d’assoluto questo mondo finito. Hanno anche la capacità di parlarci del cosmo contemporaneo, nel quale le linee parallele ardiscono incontrarsi nelle lontananze intergalattiche. Le sconfinate pianure della Russia forse ci illudono sulla infinità dell’anima umana su questa terra. Purtroppo il nostro cuore attende invece ancora l’ultima metamorfosi, quella della Sua Seconda Venuta, e troppe cose ci sono ancora oscure come in un cattivo specchio (gli specchi di cui parla san Paolo non erano quelli di oggi…“Ora vediamo come in uno specchio”, diceva, nella Prima Lettera ai Corinzi, 13,12). Ecco perché gli imperi immensi si trovano così disarmati di fronte alle tentazioni del Diavolo. Solo te stesso vedrai ed amerai e solo te stesso odierai: è il rischio di questo cattivo specchio del peccato che ancora giace fra questo cielo e questa terra. Quindi, forse, “solo” la neve del Natale, il sole gentile della Pasqua e le vie interne della città ci parlano di nuovo del Cristo. Eppure noi possiamo aiutare questi fratelli dell’Est a non guardare solo se stessi, e troveremo gente non solo curiosa, ma anche profondamente contemplativa. Ricordavo le parole del metropolita Platonov, citatemi da padre Mikhail quando mi comunicò. Le barriere fra di noi non si inerpicano fino al Cielo. Lui intendeva dire Dio. Forse però non si inerpicano neanche fino a questo cielo con la “c” minuscola, il cielo di questa nostra terra, granello nel cosmo curvo e finito che ha scoperto Heinstein, ma che prima di lui aveva intuito già lo scienziato russo Lobachevskij. Perché è lo stesso cielo, sia esso raccolto e dolcemente curvo all’orizzonte come il nostro cielo italiano, sia esso serenamente planante come un lontano stormo di aquile come qui in Russia. Dostoevskij diceva che niente comincia e niente finisce, ma che tutto è eterno. Pasternak a sua volta amava ripetere che l’immortalità è come un altro nome della vita, un po’ più ricco. Certo di dolore e di male in questo mondo ce n’è a sufficienza, e direi anche in abbondanza; e noi occidentali siamo sempre stati molto sensibili alla cura dei diversi mali, sia dell’anima che del corpo. Eppure la speranza più grande nel pensiero 1 Ieromonaco I. Kologrivov. Saggi sulla spiritualità russa. Siracusa, 1991. Pp. 7-10. Anno II - numero 3 – marzo 2005 contemporaneo è stata pronunciata da un russo, Dostoevskij. Ivan Karamazov nei “Fratelli Karamazov” dice al fratello Aljosha che il dolore dei bambini è senza spiegazione, soprattutto dei bambini vittime della violenza. La scuola di Beslan è un ricordo recente per noi. Ivan K. diceva quindi che l’unica decisone saggia e coraggiosa è abbandonare ogni sogno di armonia futura, celeste o terrena che sia, e restare invece per sempre insieme alle lacrime senza riscatto di quei piccoli. Aljosha però rispondeva al fratello che proprio per poter restare con quelle lacrime senza riscatto bisogna morire con loro insieme al Cristo, e con Cristo e con loro risuscitare, fuori di ogni fredda logica del giudizio. “Ama la vita più del suo senso, e anche il senso ne troverai!”, diceva ancora Dostoevskij. L’unica cosa che può salvare l’individuo dalla pazzia di fronte al volto incomprensibile del dolore universale, è solo un sottile e inestinguibile senso di responsabilità. “…Ciascuno di fronte a tutti, per tutti e per tutto è colpevole” 2 . Rivolgendomi infine di nuovo ai lettori di queste righe dico perciò che se non vi ho convinto che noi abbiamo bisogno della Russia, e lei di noi, è stata solo colpa mia, e vi chiedo perdono. Intervista a una giovane donna Di Ekaterina Barykina Marina e` una ragazza di 18 anni arrivata all`istituto “Priut di S. Nikola” nell` estate del 1997. In ottobre del 2004 appena compiuti 18 anni Marina ha scritto la richiesta per uscire dall`istituto e cominciare la vita autonoma con suoi due fratelli – Jura di 20 anni e Sasha di 25 anni - nell`appartamento ereditato dai genitori deceduti. Per la legge russa potrebbe ancora rimanere nell`istituto per due anni fino alla fine degli studi nella scuola tecnica, dove studia per diventare cuoca. Invece Marina, mostrando una grandissima forza di volonta’, ha deciso diversamente. Abbiamo conosciuto Marina nel mese di ottobre 2004, per valutare il tipo dell`aiuto da prestarle. Allora sembrava una piccola bambina impaurita. Adesso la guardo e vedo davanti ai miei occhi una giovane donna: sicura e decisa, piena di senso di responsabilita`. Marina vive in una casa orribile - sembra un quadro del film di orrore: buio, sporco, puzzante. Meta’ delle scale dell’ingresso di casa mancano. Le pareti sono color nero. Negli angoli - mucchi di spazzatura. Sulle finestre – siringhe ovunque... E le persone che vedi attorno a questa casa incutono timpre e paura: sporche, con profumo forte di alcool, capaci di dire piu’ parolacce che parole. Ma quando arrivi al terzo piano la porta si apre e vedi tutt`altro. Siamo giunti nell`appartamento di Marina: brillante di pulizia ideale, fantastica, profuma di casa.. ad accoglierci c`e’ una ragazza seria con uno sguardo intelligente degli occhi neri, pieni di luce. Capelli marroni e lunghi. Il sorriso sulla sue labbra stenta a fare capolino.. si vede che e’ una ragazza che ha molto sofferto. Abbiamo chiesto a Marina di poterle fare alcune domande, una vera e propria intervista, insomma... ‘una vera intervista?” ‘Si, le tue parole arriveranno nel cuore degli italiani”.. e cosi’ abbiamo iniziato - Marina, quando avevi deciso di cominciare a vivere da sola suor Barbara, la direttrice, ti sconsigliava di farlo? Mi diceva di pensare bene prima di farlo, mi diceva di misurare le mie forze. Come ha reagito Suor Barbara alla tua richiesta di lasciare l`istituto? Si e’ emozionata molto. Forse avrebbe preferito che restassi li’. suor Barbara e tutte le altre suore dell`istituto ci considerano come figli veri. Comunque siamo sempre in contatto e ci vediamo spessissimo. Sono consapevole che per qualsiasi cosa posso contare su di loro. Quale motivo principale ti ha spinto a desiderare di uscire dall`istituto? Per me era una sfida. Volevo provare le mie capacita’ e dimostrare di essere in grado di vivere autonomamente. Capivo ma il motivo piu’ forte erano i miei fratelli... sono molto legata a loro.. loro sono la mia forza. Non avevi paura della difficolta’ di vivere con i fratelli maggiori? Sai, i litigi.. i dissensi.. No perche’ anche prima che io entrassi nell`istituto litigavo spesso con i miei fratelli, come fanno tutti i fratelli del mondo. E di prenderti carico degli affari domestici? Hai solo 18 anni e hai deciso di occuparti non solo di te, ma anche dei tuoi fratelli.. non e’ poco No, non e’ poco. Ma sapevo dentro di me che me la sarei cavata E adesso che sono passati 5 mesi, cosa pensi del tuo debutto in societa’? Non posso dire che sia facile. Comunque va bene. Cosa ti stupisce di piu’ di questa nuova esperienza? 2 F. M. Dostoevskij. Polnoe sobranie sochinenie (Opere complete). Vl. 14. P. 262. Anno II - numero 3 – marzo 2005 L`aiuto delle persone. L`aiuto di Suor Barbara e delle persone che lavorano con lei. Tutto il resto me l`aspettavo. L`aiuto non me lo aspettavo Hai gia’ finito di fare la riparazione dell`appartamento? No, faccio dei piccoli passi, piano piano. Le riparazioni principali le abbiamo comunque gia’ fatte. I ti fratelli ti aiutano? Si, io faccio la pulizia e Jura cucina. E Sasha? Sasha lavora e viene a casa ogni tanto. Vive con la sua ragazza. Da lei le condizioni di vita sono migliori (Marina intende dire che c`e` il bagno e l`acqua in casa – tutto quello che la casa di Marina non c`e`) Non t` annoi qua da sola? Non m`annoio, c`e` sempre qualche lavoro da fare. Non ho mai tempo libero. Che cosa ti impiega piu` tempo: studio o casa? La casa... sicuramente la casa Alcune volte, quando le cose non vanno proprio bene, avresti voglia di tornare nell`istituto sotto le ali di suor Barbara? No. Quando si fa una scelta bisogna essere coerenti con quella scelta e fare tutto il possibile per portarla avanti, anche in mezzo alle difficolta’. Fra un anno e mezzo termini gli studi.. Pensi di creare una famiglia? No. Perche’? Non hai un fidanzato? No. Non sono fidanzata.. per ora.. non ci penso.. sarebbe di troppo.. E in futuro? In futuro chi lo sa.. tutto puo’ cambiare Quali sono allora i tuoi obiettivi piu’ prossimi? Non ci sono obiettivi specifici per il momento.... Non so.... ora bisogna terminare gli studi, andare a lavorare e poi vedremo. Che lavoro vorresti fare? Avrei voluto fare tante cose. Ad esempio? Fare il controllore dei treni, oppure.. il poliziotto, si, il poliziotto Ma perche’? Sono dei lavori molto difficili e impegnativi Tutti i lavori sono difficili. E perche` ti piacciono queste professioni? Cosi`... ti danno la possibilita’ di viaggiare, di vedere le citta` e stare a contatto con le persone...Vediamo. per ora devo pensare a finire gli studi della scuola professionale e poi voglio studiare ancora, o ricevere la formazione o un`altra professione. Ma se non vuoi essere cuoca, ti deve essere difficile studiare. Ogni tanto si. Ma si deve studiare. Non ho voglia ma so, che si deve terminare gli studi e ottenere la professione. Come fai per mantenerti? Con la pensione dei genitori E ti basta? Sono tanti soldi ? Pochi. Ma me la cavo. E perche` non lavori? Se lavorero’, non potro’ accudire la casa e studiare bene.. e alora si’ sarebbe un grande problema.. Hai gia` provato a lavorare? Si durante il primo anno di studi nel panificio il turno di notte. Facevo l`aiutante. Me la cavavo nel lavoro ma a scuola non mi promuovevano.. per un po’ ho tenuto duro. Pero’ avevo sempre tanto sonno. Poi e’ successo anche che hanno licenziato i miei colleghi e con i nuovi che hanno assunto era impossibie lavorare. c`era un clima molto difficile. Ho lavorato li’ per sei mesi. Incontri ogni tanto qualcuna delle tue amiche dell`istituto? Si (sorride. Il suo sorriso e’ molto bello e sincero. Aperto. E’ il primo sorriso dall`inizio dell’incontro) Ci incontriamo con Katja, Natasha, ci scambiamo ogni tanto delle visite . E come stanno? Se la cavano.. anche loro... sono ragazze molto forti.. e mi auguro che anche loro usciranno presto dall’istituto Salutiamo Marina con un forte in bocca al lupo, sperando che si mantenga sempre bella e forte come ora ____________________________________________ Anno II - numero 3 – marzo 2005 AGENDA Nel prossimo numero conosceremo meglio Stefano Maria Capilupi e come ha incontrato Amici dei Bambini Prossimi appuntamenti importanti: Aprile- citta’ di Vladimir: inizio avviamento dei lavori al Centro Servizi alla Famiglia 11 e 12 Aprile, Novosibirsk – seminario intitolato: “La famiglia come risorsa”. Parteciperanno al Seminario gli specialisti di san Pietroburgo dell`organizzazione non governativa russa “Roditelskij Most” 22 maggio, Prijut San Nicola – Novosibirsk: stiamo preparandoooo!!) la festa di tutti i bambini del mondo (ci La Newsletter “EXTERNAT” è stata pensata per tenere aggiornati tutti i sostenitori dei progetti di Amici dei Bambini in Federazione Russa. Si tratta di un nuovo servizio che abbiamo denominato SOL (Sostegno On Line). L’idea è quella di trasmettere via e-mail le notizie relative all’andamento del progetto “casa San Nicola” e non solo: cercheremo passo passo di fornire ai nostri lettori spaccati quotidiani della vita russa e dei sapori dolci e amari della terra russa. Abbiamo pensato di utilizzare la posta elettronica, poiché è uno strumento che consente di raggiungere un grosso numero di utenti ad un costo minimo. Se l’idea continua a piacervi e volete condividerla con altri amici basta che ci comunichiate la loro e-mail all’indirizzo di posta elettronica del nostro ufficio Melegnano: [email protected] affinché possano ricevere direttamente i prossimi numeri del notiziario. La newsletter è comunque disponibile anche sul sito Internet di Amici dei Bambini, all’indirizzo www.aibi.it nelle pagine dedicate ai nostri progetti in Federazione Russa. Anno II - numero 3 – marzo 2005