orizzonte sicurezza

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orizzonte sicurezza
noire - torino
ORIZZONTE
SICUREZZA
Bimestrale di informazione sindacale
a cura della Segreteria Provinciale del Sindacato Italiano Unitario Lavoratori Polizia di Torino
Direttore Responsabile: Eugenio Bravo
L’ORA DELLA VERITÀ
Editoriale di Eugenio Bravo
L’ora della verità arriva
sempre per tutti. Gli inganni,
le invenzioni e le
strumentalizzazioni vengono
messe a nudo. Nessuno è
immune per sempre dalla
verità sociale, politica,
sindacale o personale. Il
Siulp ha senza dubbio avuto
negli ultimi anni una flessione
nei consensi. Credere
tuttavia che solo e soltanto
il Siulp soffra della disaffezione sindacale sarebbe
ancora una falsità. La crisi dei valori della società
contemporanea porta ad un inevitabile
decadimento nella solidarietà tra i lavoratori e
nell’interpretare a volte il sindacato più come
centro di potere, che non come strumento per la
salvaguardia dei diritti dei lavoratori, di Polizia
nel nostro caso. Il Siulp non
ha mai cambiato la propria
tradizionale politica sindacale
e non arriverà mai a
“comprare” tessere per fare
iscrizioni o gettare fango e
maldicenze su altri sindacati
o segretari. Per il Siulp tutti
i sindacati, per il solo fatto
di riunire democraticamente
più poliziotti, devono avere
pari dignità e rispetto. La
contrattazione decentrata siglata da tutti i sindacati
della Polizia di Torino rappresenta una ulteriore
importante conquista per i nostri lavoratori.
Nel segno della disponibilità e della vicinanza
a tutti i colleghi, ma proprio a tutti, Auguro serenità
e pace che in tempi così spietati e fortemente
individualistici è veramente importante.
RILVALSA O PERDONO
Il Pungolo
Rivalsa o perdono: difficile farsi più facile dirsi.
Rivalsa come una sorta di giustizia o perdono come
umanità dell’animo che tutto sopporta e tutto subisce.
Rivalsa contro tutti i torti ingiustamente subiti o
perdono nel segno della bontà e della pace.
Rivalsa per la ricerca del conflitto per il trionfo della
verità gridata o perdono nel nome della verità interiore
e pacata, della comprensione che cancella l’ira.
Rivalsa come dimostrazione di scelta, di riscatto o
perdono come scelta definitiva di superiorità. Rivalsa
dettata dalla rabbia e dal rancore o perdono dettato
Iscr. Trib. TO n. 5270 del 24.5.1999 - Direzione e Redazione: Via Veglia 44 (TO) - Tel. 011.356220 - Fax 011.3293355
e-mail: [email protected] - Sito: www.torinosiulp.it - Cicl. in proprio presso la sede di Via Veglia 44 - 10136 Torino
dalla serenità cristiana e dall’oblio che aiuta a
dimenticare le cattiverie.
Ci vuole una grande forza per il perdono e dimenticare
tanto male inflitto gratuitamente, ingiusto ed ingiustificato.
La scelta definitiva propende giustamente verso la
“rivalsa” o per meglio dire il riscatto o, meglio ancora,
per la giustizia.
“Ci vuole tanto tempo per avere l’onorabilità e tanto
poco per perderla. Solo la verità rende la persona
degna dell’onore”.
Rivalsa o perdono: difficile farsi più facile dirsi.
Numero 30 - Novembre/Dicembre 2010
ORIZZONTE SICUREZZA
Orizzonte
Sicurezza
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In questo numero
Editoriale di Eugenio Bravo
Il pungolo
Editoriale di Felice Romano
Disciplina da riformare di S. Neglia
Nonostante i gufi di G. Vianzone
Servizi ed igiene sui luoghi di lavoro
Lo stalking giudiziario di P. Fuggetta
Lettera al SIULP Nazionale E. Bravo
Speciale Contrattazione Decentrata
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ORIZZONTE SICUREZZA
Il ruggito di Catarella
Editoriale di Felice Romano
Terribile, ammonisce la Bibbia, è l’ira del mite.
Perché il mite, a differenza dell’irascibile, accumula,
accumula ma quando s’incazza, non conosce
mezze misure.
Nella finanziaria di quest’anno, alla
missione numero 7 (ordine pubblico e sicurezza), Il
Governo, che più di tutti gli altri è impegnato nella
lotta al crimine, assesta un ulteriore durissimo colpo
ai delinquenti tagliando 146 milioni di euro (146,51)
ai fondi per i poliziotti.
Inoltre, poiché quest’anno lo
stesso governo intende assistere anche le vittime
della mafia, più di quanto sia stato mai fatto da
chiunque, taglia di 24 milioni di euro (24,8) il fondo
di solidarietà per le vittime della mafia.
Il Ministro
dell’Interno è contento perché NOI arrestiamo i
latitanti, e più ne arrestiamo più il Governo riduce i
soldi a nostra disposizione, e più è importante il
criminale più è consistente il taglio. I colleghi della
Mobile di Palermo sono avvisati; quando
arresteranno Matteo Messina Denaro, potrebbe
esserci il rischio di lasciare qualcosa del loro
stipendio nelle casse dello Stato. Qualcuno
potrebbe dire: qui il concetto di produttività è
inversamente proporzionale alle risorse.
Una
filosofia originale, quella del Governo, del tutto
contraria, volendo, a quella che pervade la gestione
del personale nel mondo dell’impresa; ma che
mantiene, comunque, un suo sinistro fascino.
Nel
privato, ad esempio, se uno è bravo, viene
strapagato. Se non è bravo, viene pagato in modo
ordinario, se è proprio negato, gli danno una carica
in un ente pubblico oppure lo fanno direttore delle
ferrovie o di una rete Rai.
Nel nostro settore,
invece, se i poliziotti fanno bene anzi benissimo il
proprio mestiere, vengono pagati di meno, gli
vengono tolti i mezzi per lavorare, e, se proprio sono
bravissimi, vengono tenuti persino a digiuno.
Magri
e affamati, come lupi famelici, così il generale
Massimo voleva i suoi legionari ne “ Il Gladiatore”.
Magri e affamati come iene incazzate, così il
generale Silvio vuole i suoi poliziotti. E ce la mette
tutta, davvero tutta, per riuscirci.
Spegnete le luci,
accendete i riflettori, lo spettacolo ancora una volta
si ripete, il copione è quello che già conoscete: 1.
Annuncio di clamorosi provvedimenti contro la
mafia-
2. Emanazione del clamoroso pacchetto
sicurezza, e cocente delusione degli addetti ai
lavori, i quali scoprono che esso è assolutamente
inutile per contrastare il crimine e spesso dannoso
per l’ordinaria attività dei poliziotti.
3. Brillante
operazione di polizia e magistratura con la quale
nulla, ma proprio nulla c’entrano il Governo e i suoi
pacchetti, anzi la brillante operazione è stata fatta
nonostante il primo e a prescindere dai secondi.
4.
Foto ricordo del massimo responsabile dell’interno
che scherza amabilmente con gli operatori,
indossando a richiesta il mefisto dei Nocs o
suonando il campanaccio della Catturandi di
Palermo.
5. Emanazione di altro clamoroso
provvedimento di natura essenzialmente economica
con il quale vengono disposti ulteriori tagli, sacrifici,
restrizioni e ulteriori penalizzazioni per gli operatori
di polizia.
E’, essenzialmente, l’antimafia dei
“fatti”.
Bisogna,
infatti,
essere
“fatti”,
completamente “fatti”, per pensare che la mafia si
possa sconfiggere tagliando le spese della
sicurezza e riducendo alla fame i poliziotti.
E
siccome gli argomenti non ci mancano, prendiamo
ad esempio quello che è successo nell’ultima
settimana.
Venerdì scorso il Governo ha varato un
altro pacchetto sicurezza. Ho perso il conto,
dovrebbe essere il quinto o il sesto dell’ultimo
quinquennio.
Atteso dai più come la soluzione
finale ai drammi della nazione appare, come
suggerisce la parola stessa un rimedio minimo per il
male che continua a crescere nel Paese.
I punti
salienti sono quelli illustrati ai mass media dal
Governo in conferenza stampa:
Primo punto; il
prefetto
renderà
obbligatorie,
con
proprio
provvedimento, le ordinanze del sindaco in materia
di sicurezza urbana, visto che sinora nessuno se le
filava, anche perché nessuno sapeva cosa diavolo
fosse la sicurezza urbana, quella inurbana e quella
di quartiere, e c’è voluto un altro provvedimento del
Ministro dell’Interno che lo spiegasse.
Secondo
punto; le prostitute “da strada” possono ora essere
passibili di foglio di via, mentre quelle di lusso, le
“escort” rimangono tranquille dove stanno, e se
qualcuno le porta in questura interviene la telefonata
di turno a “seguire la faccenda”.
Terzo punto; i
cittadini comunitari non in regola con la direttiva
europea 38/2004, quella che stabilisce che se un
cittadino dell’unione europea vuole risiedere
stabilmente in un Paese qualsiasi della stessa deve
dimostrare di avere reddito, abitazione e buona
condotta, possono essere invitati ad andarsene. Se
poi non se ne vanno, possono essere rintracciati ed
espulsi, ma dove rintracciarli rimane un mistero visto
che non hanno né un domicilio né un posto di
lavoro.
Quarto e ultimo punto; viene potenziata la
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ORIZZONTE SICUREZZA
famosa Agenzia per l’utilizzo dei beni confiscati e
sequestrati alla mafia, perno centrale dell’azione
antimafia del governo, in quanto destinata a trovare
con la sua attività i soldi necessari per reintegrare i
tagli che il governo attua a ogni finanziaria sugli
straordinari, sugli equipaggiamenti e, da ultimo, sul
vitto dei poliziotti. Agenzia che, finora è riuscita a
trovare i fondi necessari (320 mila euro all’anno) per
affittare una sede comoda nel centro di Roma dove
ospitare i suoi sedici dipendenti, mentre i tagli degli
ultimi due anni alla sicurezza superano i tre miliardi
di euro e minano l’operatività delle forze di
polizia.
Questo
il
pacchetto
di
questo
Governo.
Poi, il martedì successivo, i poliziotti di
Napoli e di Caserta, usando lo strumento prezioso
delle intercettazioni telefoniche, che questo governo
ha cercato la scorsa estate di eliminare o almeno di
ridurre in maniera consistente, e non c’è riuscito
solo perché i sindacati di polizia hanno avviato una
colossale protesta, e lavorando “ a gratis” perché
nessuno pagherà loro tutti gli straordinari, le
missioni e le notti perse dietro i telefoni, ascoltano
una frase in codice.
C’è un tale, sospettato che a
metà novembre ha una strana esigenza di comprare
un panettone con l’uva passa, e i colleghi, che di
mestiere fanno i poliziotti, per fortuna, e non i politici,
né gli scrittori di successo, capiscono di dover agire;
così viene arrestato il capo dei casalesi Antonio
Iovine, il "ninno bello” che ogni sbirro che si rispetti
avrebbe voluto ammanettare.
Questi i fatti; un
arresto che nulla c’entra con i provvedimenti del
Governo sui sindaci, sulle escort e sulle Agenzie di
confisca, un arresto anzi che non sarebbe stato
possibile se il Governo fosse riuscito a varare la sua
legge contro le intercettazioni; un arresto che forse
sarebbe arrivato prima se il Governo avesse evitato
i pesanti tagli che ha operato ai bilanci della
sicurezza.
Passiamo alla parte finale del copione:
mentre i poliziotti, soli e contrastati dalla famiglia,
come il buon Eduardo De Filippo di “ Natale in casa
Cupiello”, fanno il loro presepe, divampa nel Paese
la polemica tra l’antimafia dei fatti e quella della
chiacchere.
Al governo non par vero di far proprio
questo ulteriore, straordinario risultato dei poliziotti,
e il ministro dell’interno si precipita a Napoli per
complimentarsi coi colleghi. E fin qua ci stiamo,
dopotutto il ministro dell’interno è lui e, a parte
qualche scivolone sulle ronde e sulle ordinanze dei
sindaci, e nonostante la sua assenza ingiustificata
sul fronte dell’opposizione ai tagli della sicurezza,
almeno ha il merito di non ostacolare l’attività
operativa dei poliziotti.
Non ci stiamo, invece,
quando un altro ministro, quello della giustizia, si
unisce alla comitiva per festeggiare il successo della
polizia e della magistratura, e, dopo aver
festeggiato, aggiunge sornione in conferenza
stampa un messaggio alla nazione:
“ Avete visto
che risultati abbiamo avuto grazie al circuito virtuoso
di leggi e azioni che il governo ha saputo mettere in
atto"? Be’, tenete presente che se questo governo
dovesse finire, questi risultati non ci saranno
più.”
Ecco, questo è troppo, decisamente troppo,
insopportabilmente troppo.
Questo vuol dire
fregarsene della verità della giustizia della lotta alla
mafia e degli sforzi fatti da poliziotti, carabinieri,
finanzieri e magistrati, e pensare esclusivamente ai
propri interessi partitici.
Questo vuol dire dar corpo,
dopo l’antimafia delle chiacchere e dopo l’antimafia
dei “fatti”, all’antimafia dei pinocchietti, a
quell’antimafia cioè che della vera lotta alla mafia
non gliene importa un fico secco, e s’appropria
dell’altrui lavoro per vantare meriti che non
ha.
Perchè i meriti di questi importanti risultati
vanno innanzitutto a quegli uomini e a quelle donne
che in silenzio, mentre l’onorevole Santanchè si
prepara per il talk show del giovedì centrato sui
meriti del governo Berlusconi in tema di lotta al
crimine, si chiudono in un furgoncino e si preparano
ad una lunga notte di novembre in appostamento;
a
quegli stessi che, mentre l’onorevole Brunetta li
insulta dal palco di Cortina d’Ampezzo, si danno il
cambio in sala intercettazioni ingoiando un panino
tonno e pomodoro;
a quegli stessi che, mentre
l’onorevole La Russa li definisce una cinquecento
paragonati alla Ferrari, anticipano i soldi per la
benzina dell’auto di servizio altrimenti non possono
pedinare il balordo che li porterà nel rifugio del boss,
togliendoli da uno stipendio che per l’onorevole
rappresenterebbe la paghetta del figlio maggiore.
A
quegli stessi che subiscono in silenzio tutto
l’ambaradan del carrozzone politico, annessi e
connessi, perchè abituati da secoli a lavorare senza
protestare, purché vengano rispettate alcune
condizioni sine qua non.
E’ gente, questa, che non
fa sconti, neanche ai propri capi. Neanche ai capi
della polizia.
Perché se è vero che la polizia fa
miracoli, da alcuni anni a questa parte, questo non è
dovuto né al circuito virtuoso del governo in carica,
né ai circuiti virtuosi dei governi precedenti, ma ad
uno staff di uomini messo su dagli ultimi capi della
polizia che vengono, guarda caso, dall’esperienza
investigativa, e che sanno puntare sulla forza
dell’esempio e sulla stima dei propri collaboratori,
condividendo i sacrifici, i successi e le responsabilità
degli insuccessi.
A questi uomini, a questo staff, a
questi Capi è da attribuire il merito dei risultati
straordinari della lotta alla criminalità, che ha
contrassegnato l’azione delle forze di polizia degli
ultimi anni.
Altro che circuiti virtuosi, Santanchè e
Brunetta, fogli di via alle prostitute e lodi Alfano.
E
stia tranquillo il ministro della giustizia; questi
risultati continueranno, anche se il suo governo
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ORIZZONTE SICUREZZA
dovesse cadere, perché la verità è che ogni
poliziotto lavora per il bene della collettività, non per
quello del governo.
Il quale può solo agevolare
l’azione di polizia o scoraggiarla, ma non ostacolarla
o impedirla. E, da questo punto di vista, le idee dei
poliziotti sono abbastanza note: questo Esecutivo
scoraggia di fatto, con una lunga serie di
provvedimenti inefficaci ed una spietata politica di
tagli, l’azione delle forze di polizia. Ma non può
impedirla.
Ci vuole ben altro per impedirla; ad
esempio l’azzeramento dei vertici investigativi, dal
direttore della direzione centrale anticrimine al
direttore del servizio centrale operativo per esempio,
gli uomini che stanno davvero dietro tutti i successi
degli ultimi dieci anni di antimafia.
O il cambio della
guardia ai vertici delle squadre mobili, che vantano
oggi un parterre di investigatori ex giovani formati
alla scuola dello Sco degli ultimi capi tutti provenienti
dalle fila della Polizia.
O, più semplicemente, il
mancato rispetto di una delle condizioni sine qua
non di cui si parlava poc’anzi; il bisogno, per i tanti
uomini che producono questi risultati, di avere
superiori valorosi, autorevoli, credibili, pronti a
dividere i sacrifici e a fornire l’esempio ai propri
colla-boratori.
Quando l’esempio c’è, il meccanismo
funziona, perché l’uomo si sente parte del tutto, ed
allora passano in secondo piano i tagli, le
ristrettezze, i provvedimenti sballati, le auto che non
ci sono, gli sberleffi del ministro, i lazzi
dell’onorevole e le spacconate del politicante. Allora
il poliziotto lavora e raggiunge l’obiettivo.
Quando
invece l’esempio viene a mancare anche nelle
piccole cose, in quelle ritenute a torto di scarsa
rilevanza, allora il meccanismo s’inceppa, l’uomo
non si sente più parte del sistema, e allora il
superiore cessa di essere credibile, autorevole e
degno di essere assecondato, e diventa un padrone
del quale non si accettano né vizi né vizietti.
Allora
scatta la ribellione, e nulla viene più fatto passare in
cavalleria.
Bisogna fare attenzione, poco prima che
questo accada, al ruggito di Catarella.
Chi è
Catarella? E’ l’appuntato apparentemente indolente
e un po’ svogliato del commissario Montalbano, è
l’ultimo della scala gerarchica, quello che si sacrifica
quando il questore pretende un volontario per il
corso d’informatica e nessuno ci vuole andare, è
quello che ha soltanto superiori e neanche un
subordinato, è quello che non parla un perfetto
italiano e butta giù la porta ogni volta che deve
entrare nell’ufficio del capo.
Ma è anche uno sbirro
vero, che riesce, col suo modo semplice e preciso di
ragionare a risolvere i casi più complessi, quelli sui
quali persino il commissario ci sbatte le corna.
Catarella, così si firma un collega della Questura di
Forlì. Una questura come tante altre, con gli stessi
problemi di tante altre, causati dalla penuria di
risorse e dalla mancanza di personale; ed una
aggravante in più: i vertici della questura, in alcuni
momenti critici, anziché dividere le difficoltà col
personale, si fanno gli affari loro. Così, durante un
servizio di o.p., mentre la “truppa”, di cui Catarella fa
ovviamente parte, viene costretta a consumare, sul
marciapiede, uno scarno sacchetto-mensa, per così
dire, formato da una scatoletta di tonno ed una
“fiesta” con data di scadenza passata da un bel
pezzo, e quindi immangiabile, i “comandanti”, di
nascosto, questore in testa, si appartano nella
saletta vip del ristorante per pasteggiare con ben
altro banchetto.
E’ qui che l’anonimo Catarella
ruggisce; e, anziché abbozzare come sicuramente
avrebbe fatto se i suoi funzionari avessero gestito
meglio la situazione, si mette a fotografare le
merendine scadute, i colleghi che fanno scolare
l’olio verdognolo delle scatolette sul marciapiede, ed
il cumulo delle fieste scadute e pertanto non
consumate. Poi, non soddisfatto, fa in maniera che
alcuni rappresentanti sindacali vadano a contattare,
con una scusa, i funzionari appartati in sala vip, i
quali, imbarazzati, e vistisi scoperti, si danno alla
chetichella, ad uno ad uno, come bimbi sorpresi a
far la marachella.
Infine, non contento, butta giù un
resoconto del fattaccio e lo manda al Siulp di Forlì,
stigmatizzando l’accaduto.
Bene, anche noi
vogliamo dare il nostro contributo a questa giusta
causa che sicuramente non ha ad oggetto
comportamenti illeciti della nostra classe dirigente,
ma un pochino ridicoli sì.
Terribile è l’ira del mite,
suggerisce la Bibbia; il ruggito di Catarella è il
segnale d’allarme che i vertici della polizia di Stato
devono ascoltare con la dovuta attenzione prima
che la situazione diventi difficile.
Perché se il
governo dovesse cambiare, l’attività di polizia
continuerà sicuramente a dare risultati di alto livello
come quelli degli ultimi anni.
Se Catarella
s’incazza, no.
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ORIZZONTE SICUREZZA
Disciplina da riformare
Salvatore Neglia
Il Regolamento di disciplina
della Polizia di Stato sancito
dal
D.P.R.
737/81,
a
differenza di quanto avviene
per le fonti contrattuali del
restante pubblico impiego,
decise con le organizzazioni
sindacali, rientra a pieno titolo
tra le fonti primarie del sistema
di diritto italiano e può essere
modificato solo con atto
normativo di pari valenza, non
quindi
con
semplici
ed
evidentemente più facilmente realizzabili accordi
con le parti sociali.
Purtroppo, l’applicazione del regolamento in parola
viene considerata “rigida” per via della casistica che
nel tempo si è formata con la numerosa
giurisprudenza amministrativa in tal senso.
Ancora oggi notiamo infliggere sanzioni disciplinari
di una certa gravità per il furto o lo smarrimento
della tessera di riconoscimento della qualifica, ad
esempio: quando l’abbiamo lasciata in un
armadietto chiuso a chiave di una piscina, che per
forza maggiore non ci possiamo portare con noi in
acqua o quando viene sottratta da un portafogli o
una borsetta in un paese estero e per di più
extracomunitario dove il nostro status giuridico è
pari a zero.
Vi chiederete, ma se sono in una nazione estera e
per di più in un paese fuori trattato Schengen dove
la mia qualifica giuridica non ha alcun valore di
legge in quella nazione come può applicarsi un
regolamento di disciplina secondo il principio della
territorialità nazionale? Ebbene non ci crederete ma
è successo anche questo, ed è successo proprio a
Torino. Infatti l’interpretazione data dalla locale
Questura è stata quella di una tacita
“ultraterritorialità” cioè l'estensione dell’applicazione
dei poteri di una norma dello Stato Italiano per fatti
avvenuti anche al di là del proprio territorio.
L’Amministrazione procedente, inoltre, non si
dovrebbe mai dimenticare che la potestà disciplinare
nella Polizia di Stato, anche se viene posta in
essere a mezzo di un procedimento a tutti gli effetti
amministrativo, essendo un contenzioso che viene a
ledere delle situazioni giuridiche soggettive che
godono di particolare tutela (il dipendente è da
sempre considerato “parte debole” rispetto
all’Amministrazione) é ispirata anche dai principi
penalistici
dell’ordinamento,
principi
che
dovrebbero
sempre essere considerati,
risulta quindi fondamentale
richiamare il principio di
legalità, di tassatività delle
norme, nonché la valutazione
del dolo o colpa nella
commissione dei fatti.
Molto spesso nelle more dei
procedimenti
disciplinari
vengono dimenticate le cause
di giustificazione o scriminanti
del singolo incolpato. Ad esempio, la forza maggiore
o lo stato di necessità, dovrebbero escludere
qualsiasi responsabilità disciplinare così come
l’assenza di dolo (in determinate fattispecie) o di
qualsiasi colpa. Analogamente la mancata
attuazione da parte dell’Amministrazione di quanto
necessario per attuare un certa attività, dovrebbe
escludere qualsiasi responsabilità in capo al singolo.
Purtroppo notiamo che mentre queste esimenti
vengono giustamente applicate in campo penale (il
cui procedimento a seguito della riforma del c.p.p.
del 1988 è molto più garantista) al contrario nel
procedimento disciplinare in esame, di garanzie per
l’incolpato se ne hanno poche o quasi nulla.
Ad esempio, la mancata fornitura degli idonei capi
della divisa non può far insorgere un procedimento
disciplinare a carico del dipendente manchevole
nella tenuta dell’uniforme di servizio così come
previsto
dai
regolamenti
di
servizio
ed
estremizzando, una sentenza del giudice del lavoro
ebbe a scolpire il principio per il quale il dipendente
non può essere perseguito se non ha mantenuto
l’obbligo contrattualmente preso con il datore del
lavoro se il fatto avrebbe messo a rischio la sua
incolumità fisica. Ma per un poliziotto e nel luogo di
lavoro in cui opera questo non vale?
Ma passiamo ora alle procedure disciplinari ed alle
garanzie difensive. Ebbene c’è da chiedersi perché
in alcuni casi quando è lo stesso superiore-dirigente
a segnalare la presunta mancanza disciplinare del
dipendente (a se stesso essendo l’esercente della
potestà disciplinare) egli non possa essere sollevato
dal giudizio nei confronti dello stesso dipendente
posto che è una parte in causa. Invece cosa
succede? Egli infligge regolarmente la sanzione
senza che questi si astenga dal giudizio o possa
essere ricusato dall’incolpato in
quanto il
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ORIZZONTE SICUREZZA
regolamento di disciplina – a differenza del c.p.p. –
non prevede che dalla sanzione del richiamo orale
sino alla pena pecuniaria possa applicarsi l’istituto
dell’astensione o della ricusazione del giudicante (è
previsto solo quando bisogna erogare una
destituzione,
sospensione
dal
servizio
o
deplorazione e per le sole commissioni provinciali di
disciplina e per la commissione consultiva solo
l’astensione).
Ma c’è di più, talvolta si va oltre la norma. Succede
infatti che vengono inflitte delle sanzioni accessorie
conseguenti a quella disciplinare che non sono
proprio sancite dal D.P.R. 737/81 e mi riferisco alla
c.d. sanzione
accessoria - non scritta – del
trasferimento del dipendente da quell’ufficio per una
non meglio conosciuta incompatibilità di funzioni con
il suo ufficio, come se il trasferimento ad altro ufficio
facesse cessare il suo status di Agente o Ufficiale di
P.G. venendo assorbito dai ruoli civili o fosse
degradato dalla sua qualifica.
Quanto alle garanzie difensive trovo che queste
siano assolutamente da riformare. Innanzi tutto, non
si comprende perché il dipendente che si debba
difendere da una sanzione grave come la
deplorazione non possa avvalersi di un difensore;
analogamente è incomprensibile che per difendersi
da una sospensione dal servizio o peggio dalla
destituzione non ci si possa avvalere di due
difensori (come avviene in campo penale) di cui uno
potrebbe
essere
lo
stesso
appartenente
all’amministrazione della Polizia di Stato (come
avviene oggi) ma l’altro dovrebbe necessariamente
essere un professionista e quindi un Avvocato di un
qualsiasi Foro della Repubblica. Questa necessità è
dettata esclusivamente dal fatto che molto spesso
la sospensione dal servizio o la destituzione viene
ipotizzata per fatti connessi a procedimenti penali
conclusi, dove sarebbe più razionale, ma soprattutto
più garantista, una difesa da parte sia del medesimo
avvocato che aveva difeso il dipendente in sede
penale e conosceva quindi tutti gli atti processuali e
sia del collega individuato quale secondo difensore
che meglio conosce la materia di cui al D.P.R.
737/81 e gli orientamenti giurisprudenziali
amministrativi dello specifico settore.
Io sarei dell’avviso che le garanzie difensive
dovrebbero operare sin dall’ipotesi del richiamo
scritto con l’abolizione dell’organo monocratico che
le infligge e demandando così il tutto ad un
commissione disciplinare i cui membri (presidente
compreso) nei casi di incompatibilità potrebbero
astenersi o essere ricusati dall’incolpato.
Concludendo possiamo sostenere che la mancata
promulgazione di un decreto legislativo riformatore
per la materia disciplinare da parte dei vari governi
che si sono succeduti nel tempo, ha fatto sì che si
venisse a perdere un’importante occasione per
l’attuazione delle riforme necessarie in materia,
riforme che nel concreto ed a grandi linee,
potrebbero prendere due indirizzi: il primo é quello di
una reale valutazione delle necessità-esigenze e
quindi caratteristiche della Polizia di Stato, quale
Amministrazione diversa dal restante comparto
Ministeri, e questo è stato finalmente sancito con la
c.d. legge di “specificità” di cui all’art.19 della Legge
4.11.2010 n.183, l’altra oltre che con la riforma di
quanto precedentemente detto in narrativa anche
con l’applicazione dei c.d. riti ordinari (conciliazione
e giudice del lavoro) come per la restante parte dei
dipendenti pubblici (fatte salve alcune categorie
rimaste escluse dalla privatizzazione), tenendo
sempre presente che la Polizia di Stato è forza di
polizia civile e democratica e che dall’aprile del 1981
non è più un organo militare, ma forse questo tanti
lo hanno dimenticato.
Buon Natale e felice anno nuovo a
voi e alle vostre famiglie dal Siulp di
Torino
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ORIZZONTE SICUREZZA
Nonostante i gufi
Gianclaudio Vianzone
Rassicuriamo subito i colleghi iscritti al Siulp Piemonte. Se qualcuno avesse sperato nella debacle del Siulp
e del Siulp Torino in particolare, resterà deluso. Certo non sono mancati anche quest’anno attacchi
sindacali, strumentali e soprattutto personali. (Siamo stati risparmiati quest’anno dai documenti anonimi,
però non si può mai dire…). Se qualcuno avesse sperato nella suggestione del gossip fine a se stesso,
nelle menzogne sindacali e non, e soprattutto in fumettistiche cervellotiche interpretazioni, di intravedere
nefaste nubi sul Siulp, ebbene resterà ancora deluso. Tutte le assurde chiacchiere appositamente
interessate, gli attacchi, le fantastiche e grottesche contorsioni da thriller, tutte in funzione anti-Siulp e contro
il suo Segretario ed i
suoi esponenti sindacali, già da oggi possiamo dire che non sono riuscite a stravolgere la forza questa O.S..
Come dovrà ricredersi chi ripropone in ogni dove responsabilità al Siulp, sulle scelte organizzative
dell’Amministrazione. Il Siulp è, e sarà sempre dalla parte dei colleghi e la contrattazione decentrata
sottoscritta con tutte le organizzazioni sindacali, alle quali a prescindere dalle divergenze sindacali va la
stima del Siulp, rappresenta un ottimo risultato per tutti colleghi suscettibile, naturalmente,
di
miglioramento.
Il Siulp i suoi Segretari Provinciali ed i suoi tanti quadri sindacali sono determinati e pronti a soddisfare le
richieste relative alla contrattazione decentrata ed alle esigenze più generali dei colleghi e ciò nonostante i
“gufi”, premonitori di sciagure.
Sicurezza ed Igiene sui Luoghi di Lavoro
Luigi Maggi
Mi presento agli iscritti del SIULP, ed allo stesso tempo a tutti i miei colleghi di lavoro, in veste di
rappresentante per il SIULP per la sicurezza ed igiene sui luoghi di lavoro per i lavoratori (R.L.S.). Ritengo
doveroso segnalare alla vostra attenzione le mie perplessità in relazione alle opere di ristrutturazione,
completamento e adeguamento alla normativa vigente (d.lgs. 81/08 e successive modifiche) della struttura che
ospita l’Ufficio Prevenzione Generale che ha sede in via Tirreno. Per la realizzazione di tali opere pare che sia
stata appositamente stanziata dal governo una cifra pari ad almeno un milione di euro, ma gli interventi fin’ora
realizzati, e che a breve termine forse volgeranno al termine, riguardano esclusivamente il piano superiore dello
stabile. Il SIULP chiede, che tenendo conto della notevole cifra stanziata per realizzare tali opere, la stessa
venga utilizzata per il loro completamento per l’intera struttura che ospita l’Ufficio Prevenzione Generale e non
solo per il piano superiore, come invece si può constatare allo stato attuale. Mi preme sottolineare, che sono
state ampiamente segnalate agli uffici competenti, importanti opere necessarie alla struttura, per assicurare un
effettivo e reale adeguamento alla normativa sopra indicata, come ad esempio il ripristino dei locali che ospitano
gli spogliatoi ormai privi di isolamento termico, specie in questa stagione invernale. Il persistere delle esalazioni
fognarie che rende l’aria irrespirabile, la causa potrebbe essere la mancanza di un impianto di sifonatura. Un
locale da destinare ad armeria che sia idoneo e conforme alle normative vigenti. L’impianto che consente lo
smaltimento delle acque nere, non funzionante. La pavimentazione del piano terreno è praticamente
impresentabile. i servizi igienici del piano terreno e seminterrato sono ormai inservibili, visto il prolungato e
continuo utilizzo del personale che opera nella struttura 24 ore su 24. La centrale termica ed il relativo sistema
antincendio dovrebbero essere ripristinati ed adeguati alle normative vigenti. Lo stesso corpo di guardia che si
affaccia sull’ingresso e di fronte alle pompe di benzina, è ospitato in un angusto prefabbricato che certamente
non consente al personale operante di filtrare e controllare adeguatamente chiunque accede alla sede di via
Tirreno, a nocumento della sicurezza per l’intera struttura. Il SIULP presterà grande attenzione affinché le
opere di cui sopra non vengano dimenticate e, di fatto, realizzate e ricomprese nel completamento dei lavori,
sensibilizzando gli organi ed uffici competenti, affinché vigilino attentamente sulla loro reale esecuzione . Un
cordiale saluto a tutti i colleghi
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ORIZZONTE SICUREZZA
Lo stalking giudiziario
Paola Fuggetta
Con il D.L. nr. 11 del 23 febbraio 2009, convertito nella L. 38/2009 è stato introdotto nel nostro ordinamento
giuridico l’articolo 612 bis del Codice Penale che disciplina il reato di “atti persecutori”: “ Salvo che il fatto
costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, con condotte
reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura
ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al
medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita.
La pena è aumentata se il fatto è commesso dal coniuge legalmente separato o divorziato o da persona che
sia stata legata da relazione affettiva alla persona offesa.
La pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso a danno di un minore, di una donna in stato di
gravidanza o di una persona con disabilità di cui all’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero
con armi o persona travisata.
Il delitto è punito a querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela è di sei mesi. Si
procede tuttavia d’ufficio se il fatto è commesso nei confronti di un minore o di una persona con disabilità di
cui all’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, nonché quando il fatto è connesso con altro delitto per il
quale si deve procedere d’ufficio.
Fino a quando non è proposta querela per il reato di cui all’articolo 612- bis del codice penale, introdotto
dall’articolo7, la persona offesa può esporre i fatti all’autorità di pubblica sicurezza avanzando richiesta al
questore di ammonimento nei confronti dell’autore della condotta. La richiesta è trasmessa senza ritardo al
questore. Il questore, assunte se necessario informazioni dagli organi investigativi e sentite le persone
informate dei fatti, ove ritenga fondata l’istanza , ammonisce oralmente il soggetto nei cui confronti è stato
richiesto il provvedimento, invitandolo a tenere una condotta conforme alla legge e redigendo processo
verbale. Copia del processo verbale è rilasciata al richiedente l’ammonimento e al soggetto ammonito. Il
questore valuta l’eventuale adozione di provvedimenti in materia di armi e munizioni.
La pena per il delitto di cui all’articolo 612 – bis del codice penale è aumentata se il fatto e commesso da
soggetto già ammonito ai sensi del presente articolo. Si procede d’ufficio per il delitto previsto dall’articolo
612-bis del codice penale quanto il fatto è commesso da soggetto ammonito ai sensi del presente articolo.
Qualche volta capita che lo stalker si descriva falsamente come vittima e presenti denunce contro la vera
parte offesa accusandola dei più svariati reati con l’intento di arrecargli un danno psicologico, un danno di
immagine e stante la denuncia anche un danno giudiziario. All’uopo i giuristi hanno coniato il nuovo termine
“stalking giudiziario” . E’ lo stalking nello stalking, che crea nella vera vittima una profonda umiliazione,
la paura di non essere creduti, la sensazione di aver perso il controllo della propria vita.
Lo stalker, che trae godimento nel vedere la vittima impaurita, pone in essere la condotta della molestia e/o
minaccia in modo vile, facendo uso della stessa normativa che colpisce proprio quel tipo di comportamento.
La valutazione del fondamento nel caso dell’ammonimento e le indagini di polizia giudiziaria per le
denunce/querele per lo stalking vengono svolte con molta cura esaminando tutti gli aspetti, compresa la
possibilità che si tratti di “stalking giudiziario”. La calunnia può essere una manifestazione estrema della
persecuzione. I persecutori hanno un disturbo della personalità, qualcuno è affetto da vere e proprie
patologie psichiatriche. La legge prevede il sostegno per le vittime attraverso i centri antiviolenza mentre
nulla è stato pensato per la cura dei persecutori.
In Italia il provvedimento dell’Ammonimento si è dimostrato efficace in quanto la maggior parte dei
persecutori ha cessato l’attività molesta e/o minacciosa, si è arresa di fronte all’intervento delle istituzioni;
non dimentichiamoci che questi stalkers, eccezioni a parte, sono capaci di comprendere ed uniformasi al
contenuto della diffida o al dispositivo del giudice.
Non bisogna avere timore di denunciare o richiedere l’ammonimento perché è l’unico modo per far cessare
gli atti persecutori.
Il legislatore ha introdotto gli articoli 282 ter e 282 quater del codice di procedura penale al riguardo delle
misure di divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, ai prossimi congiunti e persone
legate affettivamente, al divieto di qualsiasi forma di comunicazione, e alla segnalazione all’autorità di p.s.
ai fini dell’eventuale adozione dei provvedimenti in materia di armi e munizioni.
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ORIZZONTE SICUREZZA
Compartimento Polfer di Torino – lettera al SIULP Nazionale per
indennità di vigilanza scalo e scorte treni
Eugenio Bravo
- Indennità di vigilanza scalo.
In merito alla convenzione stipulata il 07
novembre 2007 con l’Ente Ferrovie S.P.A., ti
comunico che, il Dirigente del Compartimento in
oggetto, con la nota 645/101.11 del 04 c.m., ha
richiamato i Responsabili degli uffici dipendenti, ad
una corretta compilazione dei format della vigilanza
scalo, necessari per la liquidazione dell’indennità.
Il Dirigente, rifacendosi ad una circolare del Servizio
Polizia Ferroviaria, ha individuato i beneficiari della
convenzione e le modalità amministrative per la
contabilità e la successiva corresponsione; nella
fattispecie, sancisce che gli aventi diritto sono gli
operatori che effettuano servizio di vigilanza c/o la
sala operativa, marciapiede e galleria gommata,
SCC, atrio biglietteria, lungo linea, scalo merci,
parco materiali rotabili, platea lavaggi, caserma in
ambito ferroviario, nonché l’obbligatorietà di
segnalare il luogo ove è stato svolto il servizio, non
solo per il futuro, ma anche per i mesi da giugno ad
ottobre, periodo già contabilizzato!
Condividendo la strategia che la nostra O.S. ha da
tempo intrapreso su questa specifica questione, mi
permetto di segnalarti alcune proposte pervenute
direttamente dai colleghi della Polfer torinese,
anche in previsione dell’incontro che il 18 c.m. si
terrà al Dipartimento per la verifica dello stato
d’applicazione della convenzione.
Vista la disomogenea applicazione dell’accordo sul
T.N., sarebbe opportuno, sino ad una soluzione
delle controversie, prevedere la sospensione delle
procedure relative alla contabilità.
L’indennità, deve essere garantita a tutto il
personale della Polfer, così come previsto dall’art. 2
lett.A della convenzione che, individua come
principale
motivo
di
corresponsione,
il
presenziamento nelle Stazioni. A trarre in inganno è
la denominazione di “ vigilanza scalo”, definizione
restrittiva, inesatta e non corrispondente agli
impegni assunti dal Gruppo F.S., meglio sarebbe
riferirla alla specialità, legame inequivocabile tra la
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natura del servizio ed il luogo dove esso è svolto
Se per Scalo, termine che non trova riscontro nelle
guide pratiche delle Ferrovie, s’intende Stazione
ferroviaria, va da se che tutti gli edifici di loro
proprietà sono da considerarsi parte integrante della
Stazione, cosi come quelli in uso alla Polfer.
Se invece i firmatari degli accordi, intendevano
favorire, in via esclusiva, l’attività di contrasto ai
reati in ambito ferroviario, appare iniquo stabilire
che gli unici a beneficiarne devono essere i colleghi
che operano in “prima linea”, estromettendo, di
fatto, quelli che lavorando nelle “retrovie”,
permettono con la loro opera il raggiungimento degli
obiettivi.
Stabilito che, per le predette motivazioni, tutto il
personale della Polfer deve rientrare di diritto tra i
soggetti destinatari della convenzione, va detto,
come peraltro in parte già individuato nella stessa
che, sarebbe corretto prevedere, un importo orario
maggiorato per i servizi svolti in ore notturne ed in
condizioni disagiate ( i colleghi in “prima linea” ).
- Scorte treni Euronight.
Siamo stufi delle promesse non mantenute!
I colleghi che volontariamente hanno aderito a
questo progetto, il servizio lo hanno svolto, anche in
condizioni disagiate, ossia in ore notturne e con
lunghi spostamenti!
La fiducia è elemento essenziale in un qualsiasi
rapporto, compreso quello di lavoro.
Non possiamo di certo biasimare questi colleghi
che, giorno dopo giorno, si fidano sempre meno
della nostra Amministrazione.
Se in tempi brevi non si risolverà la questione
connessa al mancato pagamento dell’indennità di
scorta di Euro 60, la struttura provinciale da me
coordinata, è pronta ad intraprendere
un
contenzioso di natura amministrativa.
Un abbraccio fraterno.