Firenze -I nuclei di monete etrusche

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Firenze -I nuclei di monete etrusche
SYLLOGE
NUMMORUM GRAECORUM
ITALIA
FIRENZE
Museo Archeologico Nazionale
Etruria
Ministero per i Beni e le Attività Culturali
Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana - Firenze
Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione - Roma
Numismatica Ars Classica - Zürich
I nuclei di monete etrusche nel Monetiere
del Museo Archeologico Nazionale di Firenze
di M. De Benetti - F. Guidi
Premessa
Cataloghi di Giuseppe Pelli Bencivenni e Supplementi (1787-1847); Registri degli acquisti.
AST: Archivio Storico della Soprintendenza per i
Beni Archeologici della Toscana
Carteggi e documenti del periodo 1887-1959;
buoni di carico e rendiconti degli anni 18921933.
BST: Biblioteca della Soprintendenza per i Beni
Archeologici della Toscana
Cataloghi di Arcangelo Michele Migliarini e
Supplementi, Verifica del Medagliere di L. A.
Milani (1879) e cataloghi d’asta del legato
Milani.
L’opera di catalogazione e sistemazione della raccolta di monete etrusche del Museo Archeologico di
Firenze, così ricca ed importante per i suoi legami
con la storia del collezionismo e della ricerca archeologica in Etruria, ha reso opportuno procedere ad una
ricognizione dei dati d’inventario, d’archivio e della
bibliografia esistente su queste monete, per permettere il corretto riconoscimento dei singoli pezzi e la loro
assegnazione a determinati ritrovamenti, ripostigli,
donazioni e collezioni acquisiti nel corso degli anni.
Lo spoglio completo dei registri d’inventario della
Soprintendenza, operato all’inizio del lavoro, ha permesso il recupero dei dati relativi alle monete etrusche e, tramite il confronto con gli esemplari presenti
nel Monetiere, una prima verifica di eventuali scambi, mancanze o aggiunte non registrate. Sono state
raccolte in questo modo anche informazioni sulla
data d’ingresso e sulle provenienze dei singoli pezzi. È stato così possibile distinguere due gruppi di
monete etrusche. Il primo comprende i pezzi entrati in collezione dopo il 1880, anno di trasferimento
del Museo Archeologico nel palazzo della Crocetta, descritti con l’indicazione della provenienza e, a
partire dal 1892, del numero di buono di carico con
il quale si registrava l’ingresso. Il secondo, invece,
privo di tali informazioni, con numeri di inventario
tra il 36246 e il 36452, è costituito essenzialmente
dalle vecchie collezioni, cioè da quegli esemplari già
presenti nel 1880 e provenienti dal Medagliere della
Galleria degli Uffizi e dagli incrementi del periodo in
cui il Museo ebbe sede in via Faenza.
La ricerca è proseguita attraverso la consultazione dei seguenti fondi conservati negli archivi della
Soprintendenza e della Galleria degli Uffizi, dei quali è qui riportata anche l’abbreviazione utilizzata nel
testo:
AGU: Archivio Storico della Galleria degli Uffizi
Filze X-LXXXII (1777-1858) e Filze degli
anni 1867-1890.
ABU: Archivio della Biblioteca degli Uffizi
Per le monete appartenute alle vecchie collezioni
è stato possibile risalire al nucleo esistente nel 1775,
anno in cui il R. Antiquario Giuseppe Pelli Bencivenni
prese in consegna il Medagliere degli Uffizi ed iniziò a
redigere un catalogo scientifico della collezione, ordinando i pezzi secondo criteri geografici e descrivendo,
per la maggior parte di essi, anche pesi e dimensioni,
elementi risultati indispensabili per poter effettuare
un riscontro con le monete oggi conservate nel Museo.
Grazie ai dati contenuti nei registri e nei supplementi
redatti tra il 1775 ed il 1847 si sono potuti riscontrare
anche gli incrementi della collezione, mentre ulteriori
notizie circa le modalità di acquisizione delle monete
in questo periodo e le relative provenienze sono state
raccolte attraverso l’esame dei documenti conservati
presso l’archivio degli Uffizi.
Opera fondamentale per il riscontro dei pezzi che
risultavano già presenti nel Gabinetto numismatico
della Galleria degli Uffizi è stata, soprattutto, la serie
di cataloghi redatti da Michele Arcangelo Migliarini
tra il 1841 ed il 1850, contenenti una nuova classificazione delle monete e un registro di corrispondenze
tra il vecchio ed il nuovo catalogo.
Il lavoro così impostato ha fornito i primi elementi
utili per poter individuare una precisa suddivisione in
nuclei del complesso delle monete etrusche, seguendo
le fasi di ampliamento della raccolta dalla redazione
del catalogo Pelli al momento del suo trasferimento nel
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SNG Firenze - Italia - Etruria
Regio Museo Etrusco, inaugurato nel 1871. Le informazioni relative agli ingressi di monete in questa sede
si sono rivelate piuttosto limitate, mentre per il periodo
successivo al trasferimento del Museo nel palazzo della Crocetta, l’esame dei documenti conservati nell’archivio della Soprintendenza per i Beni Archeologici
della Toscana ha fornito un quadro pressoché completo
delle varie acquisizioni. In particolare, per quelle successive al 1892, è stato possibile integrare l’esame dei
carteggi che documentano i rapporti tra il direttore del
Museo ed i vari collezionisti, commercianti ed ispettori, con le informazioni presenti nei buoni di carico e
nelle ricevute di pagamento contenute nei rendiconti
finanziari, dove a volte si trovano dati relativi ai pesi
o alla provenienza degli oggetti, non altrove descritti. Ciò ha permesso, inoltre, di verificare alcuni errori
di trascrizione nelle registrazioni d’inventario, recuperando così le informazioni corrette.
La ricerca bibliografica nei cataloghi dedicati alle
monete etrusche e negli studi relativi a vecchi scavi
e ritrovamenti, ha consentito di inquadrare ulteriormente il contesto di provenienza ma anche di verificare l’esistenza nel Monetiere di un pezzo in una
determinata data, favorendo così il riscontro per gli
esemplari delle vecchie collezioni. Già Eckhel, ad
esempio, fornì nella seconda metà del ’700 la descrizione di alcune monete ancora oggi presenti nel
Museo e particolarmente utili in questo senso si sono
rivelate l’opera di Garrucci del 1885 sulle monete antiche, il saggio di Sambon del 1903 e lo studio dedicato all’Aes Grave pubblicato da Haeberlin nel 1910,
insieme ad alcuni articoli di Gamurrini usciti nel Periodico di Numismatica e Sfragistica.
Al termine di questa ricerca bibliografica e di archivio, è stato quindi possibile suddividere gli esemplari della raccolta in nuclei distinti, che sono qui
di seguito presentati in ordine strettamente cronologico. Ogni nucleo rappresenta, perciò, un gruppo di
monete presenti in collezione in un preciso momento
o acquisite in un determinato arco temporale e particolarmente rilevante per la storia della ricerca archeologica (ad esempio le monete di Isidoro Falchi) o
del Museo (come gli acquisti effettuati da Gamurrini
negli anni dell’istituzione del Regio Museo Etrusco).
Separatamente, e sempre considerando l’aspetto cronologico, sono descritti i gruppi di monete relativi a
ripostigli e collezioni di particolare rilievo.
Per ogni moneta sono indicati il numero assegnatole nel presente catalogo (SNG) e, per gli esemplari
delle vecchie collezioni di cui è stato possibile un
riscontro, sono riportati in nota i numeri di registrazione nei cataloghi Migliarini, Pelli e relativi Supplementi. In merito a questi ultimi si sono adottate le
stesse abbreviazioni utilizzate da Arcangelo Michele
Migliarini in modo da facilitare il riscontro di corrispondenze anche nei suoi registri. Nella descrizione
dei nuclei si è cercato di offrire una breve sintesi della provenienza e delle modalità di ritrovamento, utili
per un loro inquadramento.
È da tenere presente che una parte considerevole
di questa ricerca era già stata condotta in passato e
pubblicata in singoli contributi e studi specifici, dei
quali viene dato ampio risalto in nota ed a cui si rimanda per ogni ulteriore approfondimento: in particolare per alcuni pezzi delle vecchie collezioni (Tondo
1985b; Vanni 1989a), il ripostiglio di Volterra (Cristofani Martelli 1976), la donazione e gli acquisti Falchi
(Catalli 1980-1981; Bruni 1994), le collezioni Mazzolini e Ferretti (Catalli 1974-1975), il ripostiglio di
Porcareccia (Petrillo Serafin 1976-1977). Anche i ritrovamenti più recenti provenienti dagli scavi condotti
dalla Soprintendenza sono ampiamente documentati:
ad esempio Roselle (Catalli 1976-1977), Romito di
Pozzuolo (Ciampoltrini 1992; Zecchini 1999), Ponte
Gini-Orentano (Ciampoltrini 1998).
Contemporaneamente alle indagini di archivio sono
state visionate attentamente le singole monete etrusche del Monetiere e si è provveduto ad un aggiornamento fotografico con digitalizzazione delle immagini,
mediante la scansione di tutti i pezzi, anche per una
eventuale più facile consultazione a fini di studio.
A conclusione di questo lavoro è stato possibile
individuare le precise corrispondenze tra monete e i
numeri di inventario, portando anche alcune correzioni e integrazioni a precedenti riconoscimenti. Per
tutti gli altri casi dubbi o probabili si è data indicazione in nota. È stato così verificato che, nonostante
il lungo periodo di tempo trascorso dalla formazione
del primo nucleo della collezione ed il verificarsi di
eventi catastrofici come l’alluvione del 1966 (che ha
comunque interessato solo alcuni nuclei), non vi sono
mancanze di particolare rilievo.
Questo lavoro è stato coordinato dal dott. Fiorenzo Catalli e reso possibile grazie alla volontà della
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I nuclei di monete etrusche nel Monetiere del Museo Archeologico Nazionale di Firenze
dott.ssa Carlotta Cianferoni che con il suo aiuto e la
sua disponibilità ne ha agevolato la realizzazione.
Federica Guidi ha provveduto alla digitalizzazione
delle immagini e ha curato le sezioni riguardanti le
monete di Isidoro Falchi, la collezione Mazzolini ed
il ripostiglio di Populonia; Massimo De Benetti ha
curato le restanti sezioni e si è occupato dello spoglio inventariale e della ricerca d’archivio e bibliografica. La stesura di queste pagine è stata realizzata in costante collaborazione.
Si coglie l’occasione per ringraziare tutte quelle persone che hanno manifestato grande disponibilità fornendo il proprio aiuto per agevolare questa ricerca, permettendo la consultazione anche di
cataloghi, libri e documenti antichi e difficilmente
accessibili, cioè la dott.ssa Maria Sframeli e la dott.
ssa Simona Pasquinucci dell’Archivio Storico della
Galleria degli Uffizi, la dott.ssa Delfina Scalzitti e il
dott. Sergio Cencetti della Biblioteca degli Uffizi, la
dott.ssa Giulia Pardi e la dott.ssa Donatella Venturi della Biblioteca della Soprintendenza per i Beni
Archeologici della Toscana, il sig. Giovanni Ciullini dell’archivio storico della Soprintendenza, il sig.
Paolo Bitossi e la sig.ra Cristina Moratti per l’ufficio
del catalogo della Soprintendenza. Un grazie è rivolto anche alla sig.ra Gabriella Campini e a tutto
il personale del Museo per la cortesia e la pazienza
dimostrata.
chiara spiegazione dell’opera realizzata e della metodologia seguita è contenuta nella premessa scritta nel
primo volume dei suoi cataloghi2:
[…] La riordinazione data nel 1773 ad un tal
Gabinetto da Raimondo Cocchi colla direzione
del Dottissimo Abate Giuseppe Eckel, attual custode del Museo di Vienna, esigeva questo nuovo
indice. Egli è distribuito come quello della raccolta imperiale, di cui lo stesso Eckel pubblicò in
Stampa un bellissimo ed utilissimo Catalogo nel
1779, onde è superfluo che ne spieghi e ne giustifichi il metodo. In genere questo si sostanzia
nell’aver divise le Medaglie di Roma, da quelle
degli altri popoli, e nell’aver separate le prime in
Medaglie di Famiglie ed in Medaglie Imperiali.
Le Medaglie poi delle varie Nazioni sono disposte con ordine Geografico e formano la prima
parte del Catalogo. La seconda Parte è destinata
alle Medaglie di Famiglie Romane descritte per
ordine Alfabetico dei loro cognomi, e la Terza a
quelle degli Imperatori notate cronologicamente. Nell’abbozzo di questo Catalogo, che ritengo
per mio uso, non ho tralasciato, né tralascerò di
notare ai respettivi pezzi varie osservazioni, che
illustrino, o identifichino i pezzi medesimi, dei
quali moltissimi sono stati già dati in luce […] e
che comprovino il rango in cui sono stati disposti […]. È stata per me cosa onorevole la fatica,
che mi è stata addossata con R. Motuproprio del
dì 8 maggio 1775 di formare questo indice ed
[…] ho posto tutto l’impegno nel descrivere le
medaglie in forma che mai scambiar si possono,
onde nelle future decisioni e consegne sia facile
di verificare ogni pezzo […]3.
La collezione granducale nel 1775
Nel 1775 Giuseppe Pelli Bencivenni e Luigi Lanzi
ricevettero l’incarico dal Granduca Pietro Leopoldo
di Lorena di riordinare le raccolte della Galleria degli Uffizi. Fu Pelli ad occuparsi del Gabinetto delle
Medaglie, prendendo in consegna nello stesso anno il
materiale che vi era conservato ed iniziando un’imponente opera di catalogazione conclusasi nel 1787 con
la consegna al Granduca di diciannove volumi in cui
erano descritti i 14.730 pezzi della collezione1. Una
Le monete etrusche costituivano solo una piccola
parte di questa raccolta. Alcune erano già attribuite chiaramente all’Etruria e descritte nel volume dei
popoli d’Italia4, mentre altre, non ancora riconosciute
Per approfondimenti sulla figura di Giuseppe Pelli Bencivenni, i suoi studi di numismatica e l’opera di riordino del Gabinetto delle
Medaglie, si vedano Fileti Mazza - Tomasello 2000, pp. 439-473 e Fileti Mazza - Tomasello 2003, pp. 27-39.
2
I cataloghi compilati da Pelli sono oggi conservati presso l’Archivio della Biblioteca della Galleria degli Uffizi, da qui in avanti
abbreviato in ABU, con collocazione ms. 463.15. Vi si conservano inoltre altre copie con collocazioni diverse.
3
Premessa contenuta in: Parte Prima che contiene le medaglie delle serie di Popoli e Regi. Volume I in cui sono descritte quelle della
Spagna, della Gallia, e dell’Italia (da qui in avanti abbreviato Pelli I), manoscritto del 31 dicembre 1787 conservato presso ABU,
ms. 116.
4
Pelli I.
1
15
SNG Firenze - Italia - Etruria
come tali, furono inserite tra le serie romane5 o tra le
monete dell’Africa6. Complessivamente, è stato possibile riconoscere quarantasette pezzi sicuramente
etruschi presenti in collezione nel 1775.
Il gruppo più consistente è rappresentato dalle
emissioni di Volterra, all’epoca già ampiamente conosciute e note agli studiosi, ma che solo pochi decenni
prima erano state attribuite con certezza a questa città
interpretando in modo corretto la leggenda velathri7. La
Galleria degli Uffizi ne possedeva ventuno esemplari di
cui, grazie alle indicazioni del peso e alle precise descrizioni, è stato possibile verificare l’attuale presenza
nel Monetiere del Museo Archeologico. Si tratta di sei
pezzi della serie del valore8, quattordici di quella della
clava9 ed un semisse della serie del delfino10. Tra gli
esemplari di aes grave il Gabinetto numismatico conservava anche due semissi delle serie Ruota/Bipenne
(SNG 992)11 e Ruota/Ancora (SNG 1049)12.
La raccolta di monete dell’Etruria era formata, inoltre, da alcuni pezzi in bronzo ed in argento della zecca
di Populonia, tra i quali la didramma con al R/ Tridente, crescente lunare, stella e puplana (SNG 134),13 già
pubblicata da Eckhel nella sua opera Numi Veteres14 e
nella successiva Doctrina Nummorum Veterum15. Dello stesso tipo o con un rovescio comunque simile doveva essere presente anche un altro esemplare di cui
oggi, però, manca un riscontro nel Museo16. Le altre
monete in argento, di cui è stata verificata la presenza
nel Monetiere, sono: un pezzo da 10 unità con testa di
Metus (SNG 66)17, una didramma con testa di Metus
ed al R/ Linee incrociate (SNG 161)18 ed una con testa
di Hercle e al R/ Clava (SNG 445)19.
Mentre per le monete in metallo prezioso e per
quelle in bronzo di maggiori dimensioni, soprattutto
se fuse, l’indicazione del peso fu sempre annotata con
precisione da Pelli, per gli esemplari in bronzo, coniati, questo dato non è quasi mai presente. Ciò rende
quindi molto difficile il riscontro con i pezzi conservati nel Monetiere del Museo di Firenze. Giuseppe Pelli
ritenne, infatti, poco rilevante segnare il peso di tutte
Parte Seconda che contiene le medaglie delle serie delle famiglie romane. Volume I in cui sono descritti i pesi e le medaglie di dette
famiglie dalla lettera G fino a tutta la lettera V con le incerte e le incusse (da qui in avanti abbreviato in Pelli IV.2), manoscritto conservato presso ABU, ms. 463 ins. 15/2.
6
Parte Prima che contiene le medaglie delle serie di Popoli e Regi. Volume VI in cui sono descritte quelle di varie provincie dell’Affrica,
cioè dell’Egitto, della Cirenaica, della Sirtica, della Bizacena, della Zengitana, della Numidia e della Mauritania con altre di luoghi
incerti (da qui in avanti abbreviato in Pelli III), manoscritto conservato presso ABU, ms. 463 ins. 15/6.
7
Antonio Francesco Gori nel secondo volume del suo Museum Etruscum exhibens insignia Veterum Etruscorum monumenta del 1737,
interpretò correttamente la leggenda di queste monete, sbagliando però attribuzione. Nella Dissertazione Istorica Etrusca sopra lo stato
di Volterra del 1758, Riccobaldi del Bava assegnò queste emissioni alla città di Volterra. Si veda in merito Catalli 1990, p. 7.
8
Le monete sono: un asse (SNG 894; Pelli I, p. 90, n. 1; Migliarini Aes Grave n. 9); un semisse (SNG 896; Pelli I, p. 90, n. 7; Migliarini Aes Grave n. 12); un quadrante (SNG 899; Pelli I, p. 91, n. 13; Migliarini Aes Grave n. 20); due sestanti (SNG 904, 906; Pelli I,
p. 92, nn. 16-17; Migliarini Aes Grave nn. 24-25) ed un’oncia (SNG 908; Pelli I, p. 92, n. 19; Migliarini Aes Grave n. 31).
9
Così distinguibili: tre semissi (SNG 912-913 e 915; Pelli I, p. 90, nn. 2-3, 8; Migliarini Aes Grave nn. 10-11, 13); tre trienti, di cui
uno fu registrato come quadrante per la presenza di soli tre globetti visibili (SNG 916-918; Pelli I, p. 90, nn. 5-6, 9; Migliarini Aes
Grave nn. 15-17); due quadranti (SNG 922-923; Pelli I, p. 91, nn. 10, 12; Migliarini Aes Grave nn. 18-19); tre sestanti (SNG 924925, 927; Pelli I, p. 91, nn. 11, 14-15; Migliarini Aes Grave nn. 21-23.) e tre once (SNG 929, 931-932; Pelli I, p. 92, nn. 18, 20-21;
Migliarini Aes Grave nn. 28-30).
10
SNG 936, descritto in Pelli I, p. 90, n. 4 e Migliarini Aes Grave n. 14.
11
Pelli I, p. 89, n. 1; Migliarini Aes Grave n. 3.
12
Pelli IV, p. 4, n. 26; Migliarini Aes Grave n. 4.
13
Pelli I, p. 87, n. 1; Migliarini Europa n. 470.
14
Numi Veteres Anecdoti ex Museis Cesareo Vindobonensi, Fiorentino Magni Ducis Etruriae, Granellino Nunc Cesareo, Vitzaiano,
Festeticsiano, Savorgnano Veneto, Aliisque. Collegit, et Animadversionibus Illustravit Josephus Eckhel Thesauro Cesareo Numorum,
Vienna, 1775, p. 10, tav. I n. 9.
15
Doctrina Nummorum Veterum, Vienna, 1792-98, tomo I, p. 93. Cfr. Garrucci 1885, p. 51, tav. LXXII n. 15.
16
Pelli I, p. 87, n. 5; Migliarini Europa n. 466. Cfr. anche Garrucci 1885, p. 51, nn. 15, 17, che indica un secondo esemplare nel
Gabinetto delle Medaglie, oltre ad un pezzo simile, con stella al posto del tridente. Tale esemplare è dato come presente nel Museo
di Firenze ma oggi non è rintracciabile in collezione.
17
Pelli I, p. 87, n. 3; Migliarini Europa n. 464.
18
Pelli I, p. 87, n. 2; Migliarini Europa n. 467.
19
Pelli I, p. 87, n. 4; Migliarini Europa n. 471.
5
16
I nuclei di monete etrusche nel Monetiere del Museo Archeologico Nazionale di Firenze
le monete, considerando che, se la finalità era quella
di valutare il loro esatto valore antico, si dovevano
prendere in esame solo gli esemplari in perfetto stato
di conservazione. Per le monete in oro ed argento la
rilevazione del peso rispondeva invece all’esigenza di
determinarne il valore intrinseco e di poter effettuare
precisi riscontri nei passaggi di consegna20.
Alcuni dei pezzi in bronzo coniati, indicati nel catalogo, appartengono alla zecca di Populonia e sono
riconoscibili dalle descrizioni come tre sestanti con
al D/ Testa di Sethlans con pileo ed al R/ Tenaglie e
martello21 (di cui uno controbattuto22 ed un altro contromarcato23), un sestante con Testa di Turms/Due caducei24 ed un altro con Testa di Menrva/Civetta25.
Tra le monete coniate e senza indicazione di peso
vi sono anche un’oncia26, una semoncia27 ed una
quartoncia28, tutte con segno V, della serie Ruota/
Bipenne; un’oncia della stessa serie con digamma29
ed una della serie Ruota/Ancora con crescente30. Il
gruppo più consistente è però costituito da esemplari
delle serie oggi attribuite alla Val di Chiana. Queste
monete furono inserite tra quelle incerte o dell’Africa anche per la raffigurazione della testa di negro e
dell’elefante presenti in una serie, di cui si ha la descrizione di un esemplare con digamma31 e due con
sigma a quattro tratti32. Gli altri pezzi appartengono
invece al tipo con Testa di Aplu/Civetta (SNG 115758)33 e Testa maschile/Cane volpino, uno dei quali è
descritto con crescente (SNG 1146)34 e due con sigma
a quattro tratti al R/ (SNG 1136, 1140)35.
Sul metodo scelto per la rilevazione dei dati e le motivazioni legate alla rilevazione del peso, Pelli scrisse: «[…] Si è preparato poi
il luogo a potere segnare il peso delle medaglie d’oro e d’argento, più per servire alle successive riconsegne che altro oggetto, poiché
per rilevare il respettivo valore dei pezzi nei tempi in cui furono coniati, gli opportuni riscontri del peso far non si possono se non sopra
quelli che sono di una perfetta conservazione, e senza fronde. È da riflettersi ancora che per fissare il detto valore delle antiche monete,
giacché non altro che monete devono oggi riguardarsi quasi tutte le medaglie, che per erudizione, e che per curiosità si serbano nei
gabinetti, pesare si dovrebbero ancora quelle di bronzo. Lo che non è stato fatto finora, se non sopra poche delle più antiche e delle più
grandi per la mole, e noi abbiamo lasciato il comodo di farlo per i pesi Italici nel vol. I della Parte II […]». Pelli I, manoscritto del
31 dicembre 1787 conservato presso ABU, ms. 116.
21
Il Museo conserva diverse monete di questo tipo con numero di inventario delle vecchie collezioni; tuttavia non è possibile proporre un riscontro specifico dei pezzi (cfr. SNG 619, 624, 629-631 633, 643).
22
Una moneta di questo tipo riconiata su sestante Menrva/Civetta è conservata nel Museo con numero d’inventario della collezione
Mazzolini, acquistata nel 1890 (SNG 638).
23
La descrizione riporta: «Testa simile, davanti lunula e stella, dietro X, sul volto due globuli R/ Pupluna, martello, tenaglie, un
istrumento contorto, e due bulle»; l’unico esemplare corrispondente a questa descrizione è la moneta SNG 642 che però ha numero
di inventario relativo ad un acquisto del 1897. Di quest’ultimo, però, si ha solo la seguente descrizione «moneta di Populonia contromarcata». Mancano quindi gli elementi necessari per poter effettuare una verifica precisa e confermare un eventuale scambio.
24
Pelli I, p. 88, n. 10; Migliarini Europa n. 489. Non vi sono esemplari con inventario delle vecchie collezioni conservati nel Museo.
25
Pelli I, p. 88, n. 11; Migliarini Europa n. 490. Anche in questo caso non vi sono monete con numero di inventario delle vecchie
collezioni.
26
Pelli I, p. 89, n. 2; Migliarini Europa n. 494. È possibile che la moneta sia tra quelle oggi conservate con numero di inventario
della collezione Ferretti.
27
Pelli I, p. 89, n. 3; Migliarini Europa n. 495. Nel Medagliere non si conservano monete con questo segno e numero di inventario
delle vecchie collezioni. Vi sono però due esemplari con segno irriconoscibile (SNG 1030-31).
28
Pelli I, p. 89, n. 5; Migliarini Europa n. 497. L’esemplare è riconoscibile come quartoncia per la descrizione ed il diametro indicati. Si conservano due monete di questo tipo con numero di inventario delle vecchie collezioni e senza altri riscontri; sono le SNG
1034, 1035.
29
Pelli I, p. 89, n. 4; Migliarini Europa n. 493. La moneta potrebbe essere la SNG 1011 o 1012.
30
Pelli I, p. 89, n. 6; Migliarini Europa n. 498. Mancano monete con questo segno e numero di inventario delle vecchie collezioni.
31
Pelli III.2, p. 133, n. 1; Migliarini Europa n. 505. L’esemplare potrebbe essere la SNG 1122 o 1123.
32
Pelli III.2, p. 133, nn. 2-3; Migliarini Europa n. 506 e Migliarini Duplicati n. 1 (Medaglie Duplicate antiche. Provenienti per la
nuova riordinazione data al medagliere dal Prof. M. Arcang.o Migliarini li 26 agosto 1848, manoscritto conservato presso ABU, ms.
208). Vi sono quattro monete di questo tipo con inventario delle vecchie collezioni: SNG 1113, 1117-19.
33
Pelli I, p. 93, nn. 4-5; Migliarini Europa nn. 460-461. Si tenga presente che per questi esemplari ed i tre successivi il riconoscimento con quelli conservati ancora oggi nel Museo viene proposto sulla base dei particolari della descrizione, sempre molto accurata, e sull’assenza di altri riscontri per le monete con numero di inventario delle vecchie collezioni.
34
Pelli III.2, p. 133, n. 5; Migliarini Europa n. 507.
35
Pelli III.2, p. 133, nn. 4, 6; Migliarini Europa nn. 508-509.
20
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SNG Firenze - Italia - Etruria
ne, e della serie Imperiale, pervenute dal 1775 a tutto il
183041, che costituisce il riferimento fondamentale per
individuare gli esemplari entrati a far parte della raccolta nel corso di questi anni. Le monete etrusche delle quali si è trovata descrizione sono in totale trentuno,
acquisite in tempi e modalità diverse. Per gran parte di
esse è stato possibile rintracciare alcune notizie relative alla provenienza e, grazie alle precise descrizioni
ed all’indicazione del peso, si sono potuti riconoscere
quasi tutti gli esemplari tra quelli ancora oggi conservati nel Monetiere del Museo Archeologico.
Risale al 1777 il primo acquisto di una moneta
etrusca documentato in questo periodo42, quando, cioè,
Giuseppe Pelli chiese il rimborso delle somme pagate
per alcuni esemplari comprati nel corso dei due anni
precedenti. Erano acquisizioni «alla spicciolata» di
pezzi selezionati tra quelli presentati alla Galleria o di
monete scelte tra le mance lasciate dai visitatori forestieri. Tra i pezzi comprati figura un esemplare da 20
unità di Populonia con testa di Metus ed al R/ Linee
incrociate (SNG 162), «di un conio più elegante del solito»43. Agli anni immediatamente successivi dovrebbe
invece essere riferibile l’ingresso di una moneta della
serie Testa di negro/Elefante con sotto digamma44.
È infine da notare la presenza, nei cataloghi redatti
da Pelli, della moneta in argento di zecca incerta con
Testa maschile ed al R/ Due tentacoli di polipo e leggenda curt (SNG 1170)36. Proprio la leggenda spinse
più tardi alcuni studiosi a riconoscerne un’emissione
della zecca di Cortona37.
m.d.b.
Gli acquisti del periodo 1775-1830
Come ricordato anche nella premessa della sua opera di catalogazione38, Giuseppe Pelli si occupò di individuare delle modalità per la registrazione dei nuovi
acquisti, predisponendo un registro in cui annotare
con numerazione progressiva ed in ordine cronologico
le monete che entravano a far parte del Medagliere. I
nuovi ingressi furono così segnati nel Registro di medaglie, monete e gettoni acquistati doppo l’inventario
del 177539. Si trattava di un sistema nuovo e funzionale
con il quale fu possibile gestire al meglio il problema
delle nuove immissioni40. Queste monete furono poi
trascritte nell’Appendice al Catalogo delle medaglie
Antiche di ogni Metallo e grandezza del R. Gabinetto
di Firenze. Volume X Che contiene le Medaglie della
Serie di Popoli e Re, della serie delle Famiglie Roma-
Pelli III.2, p. 146, n. 3.; Migliarini Europa n. 500.
Si veda ad esempio Garrucci 1885, p. 53, tav. LXIII n. 15. Anche Milani, nominato Direttore del Museo Archeologico nel 1884,
la pubblicò assegnandola a Cortona. Cfr. Milani 1912, p. 51.
38
«[…] Il medesimo Catalogo servir può agli aumenti ancora, seguitando il metodo, che ho adoperato nel XIX, ed ultimo volume per
le Medaglie riposte nel Real Gabinetto doppo che me ne fu affidata la custodia. […]»; Pelli I.
39
Composto dal Registro o catalogo delle Medaglie antiche di ogni metallo e grandezza del Real Gabinetto di Firenze che contiene le
Medaglie acquistate dal 7bre 1775, in cui seguì la consegna di detto gabinetto al dirett. Pelli fino a tutto 7bre 1781 (da qui in avanti
abbreviato Registro 1775-1781) e dal Registro.Acquisti di medaglie e monete dall’ottobre 1781 a tutto il 1787. Fascio B o sia parte
seconda (da qui in avanti abbreviato in Registro 1781-1787).
Nelle prime pagine Pelli vi scrisse: «[…] Doppo la consegna che mi fu data nel 1775 di tutti i pezzi serbati nel real Gabinetto di medaglie, molti altri specialmente antichi ne sono stati di tempo in tempo acquistati, l’indice dei quali ho compilati in questo volume. Tali
medaglie sono notate secondo il tempo unicamente nel quale entrarono nel R. Gabinetto di modo che possono dirsi disposte in confuso, e
senza ordine. Ma per darglielo convenientemente e secondo il sistema in cui la raccolta del Granduca di Toscana è ora distribuita, le ho
collocate con la progressiva enumerazione e in margine a ciascun pezzo ho segnato il luogo a cui dice richiamato nell’indice generale
[…]»; manoscritto conservato presso ABU, ms. 463.5.
40
Cfr. Fileti Mazza - Tomasello 2003, p. 38.
41
Da qui in avanti abbreviato Aggiunte X. Manoscritto conservato presso ABU, ms. 119.
42
«[…] Altezza Reale, nei due anni che ho l’onore di servire V.A.R. in questo luogo mi è occorso di acquistare alcune poche antiche
Medaglie, ed alcune monete descritte nell’ingiunta nota. Queste sono quelle le quali fra le molte che persone di campagna, ed altre
sono solite venire alla spicciolata alla R. Galleria e fra quanto danno nelle loro mancie i Forestieri ho scelto per aver trovato mancare
nelle serie che vi esistono o esser tali da poter arricchire le serie medesime. Il valore di tutte è di L. 49.13.8. A me pare di aver sempre
pagate prezzi molto discreti […]. Quando piaccia all’A.V.R. approvare il mio operato, mi avanzo a supplicarla umilmente che si degni
ordinare il rimborso di d.a piccola somma a Pietro Bastianelli, il quale volta per volta ha pagati i mentovati generi, acciò egli possa
incorporare ai loro luoghi e descrivere nei respettivi cataloghi che ho già finito di abbozzare […]». AGU, Filza X, n. 50, lettera di
Pietro Bencivenni già Pelli a S.A.R. del 3 maggio 1777.
43
Aggiunte X n. 20; Migliarini Europa n. 468; Registro 1775-1781 n. 120.
44
Aggiunte X n. 217; Migliarini Europa n. 502. L’assenza del peso non consente il riconoscimento preciso della moneta tra SNG
1122 e 1123.
36
37
18
I nuclei di monete etrusche nel Monetiere del Museo Archeologico Nazionale di Firenze
Nel 1780 iniziarono le trattative per l’acquisto
dell’importante raccolta di antichità del sig. Ricciardo Bucelli di Montepulciano, offerta al Granduca per
la somma di quattromila scudi. L’abate Lanzi, incaricato di esaminarla, scrisse: «Il Museo da me osservato per ordine di S.A.R. è fornito ragionevolmente di
Medaglie, e di Vasi Etruschi, contiene inoltre un buon
Numero di Bronzi e qualche pezzo di Argento, e di Oro
antico, ma sopra tutto è pregevole per le molte iscrizioni Etrusche, alle quali dee l’Antiquaria il progresso
fatto in questi ultimi tempi nella cognizione de’ caratteri e Lingua Etrusca»45. Nel Museo si trovavano
oltre cento urne etrusche, «quattromila e più medaglie», centinaia di vasi e di oggetti in bronzo, di cui
si trova descrizione in un elenco conservato in archivio46. Lanzi giudicò utile comprare solo una parte di
questi oggetti47, scegliendo soprattutto le iscrizioni,
i vasi dipinti, i sigilli medievali, alcuni bronzetti e
poche monete, dodici in tutto, per la maggior parte
etrusche48. Queste consistevano in due sestanti di
Volterra della serie del valore49, un asse della serie
Ruota/Anfora (SNG 1070)50, un sestante ed un’oncia
della serie Ruota/Ruota (SNG 955, 960)51, un’oncia
della serie Ruota/Cratere (SNG 985)52 ed una della
serie Ruota/Ancora53.
Pochi anni dopo fu offerta al Granduca un’altra
raccolta di oggetti di proprietà del sig. Domenico
Bartolini di Montepulciano, che aveva costituito un
piccolo museo di «antichità raccolte nel contado di
Chiusi»54. A seguito della relazione scritta da Luigi
Lanzi55 furono scelte alcune oreficerie, una moneta
di Genova in oro e numerosi oggetti in bronzo, tra i
quali «otto medaglie etrusche»56. Di queste solo quattro sono in realtà riferibili alla produzione etrusca,
e cioè un quadrante della serie Ruota/Ancora, con
crescente lunare (SNG 1052)57, tre esemplari coniati di cui non furono registrati i pesi tra cui un’oncia
della serie Ruota/Bipenne con segno V e due pezzi
della serie Testa di negro/Elefante con, sotto, il sigma
a quattro tratti. Per uno di essi il riscontro è stato possibile grazie alla precisa descrizione che indica «due
globetti(?)» dietro la testa (SNG 1114)58, assenti in
altri esemplari del Monetiere fiorentino. Per gli altri
due si può solo ipotizzarne la presenza tra quelli oggi
conservati nel Museo e registrati con vecchio numero
d’inventario, di cui non esistono altri riscontri59.
Relazione dell’Abate Lanzi circa il Museo del Sig.e Ricciardo Bucelli offerto a S. A. R. per il prezzo di quattromila scudi. AGU, Filza
XIV, n. 29. È da ricordare che Luigi Lanzi pubblicò nel 1789 il Saggio di lingua etrusca e di altre antiche d’Italia.
46
Nota del Museo Bucelliano fatta dall’Ab.e Lanzi. AGU, Filza XIV, n. 29.
47
Nota dei Generi scelti del Museo Bucelli. AGU, Filza XIV, n. 29.
48
Gli oggetti scelti per la Galleria furono pagati trecentoventi zecchini. Cfr. AGU, Filza XIV, n. 29, nota di pagamento del 19 dicembre 1780.
49
Facilmente individuabile è l’esemplare che ha il peso minore, da identificarsi in SNG 907. Per il sestante di gr. 23,776, invece,
si conservano in Museo due esemplari dello stesso tipo appartenenti alle vecchie collezioni e con peso molto simile (SNG 903-904),
di cui pertanto non è possibile un preciso riconoscimento. Le due monete sono in Aggiunte X nn. 37-38;, Migliarini Aes Grave nn.
26-27; Registro 1775-1781 nn. 208-209.
50
Aggiunte X n. 220; Migliarini Aes Grave n. 95; Registro 1775-1781 n. 202.
51
Aggiunte X nn. 227-228; Migliarini Aes Grave nn. 6-7; Registro 1775-1781 nn. 203-204.
52
Aggiunte X n. 40; Migliarini Aes Grave n. 8; Registro 1775-1781 n. 206.
53
Di questa moneta manca l’indicazione del peso. Probabilmente è da ricercare tra le SNG 1066-1069, che hanno numero di inventario delle vecchie collezioni. La moneta è in Aggiunte X n. 36; Migliarini Europa n. 499; Registro 1775-1781 n. 205.
54
«Domenico Bartolini di Montepulciano offerisce a V. A. R. tutto quello che ha raccolto di antichità trovate nel contado di Chiusi.
L’Ab. Lanzi che conosce questo ammasso di roba di ogni genere mi ha esposto che di pezzi di facile trasporto poco vi è d’interessante
[…]». AGU, Filza XVI, n. 52, lettera del 16 giugno 1783.
55
Relazione dell’Ab.e Lanzi circa il Museo Bartolini. AGU, Filza XVI, n. 52.
56
Nota dei capi della raccolta Bartolini di Monte Pulciano dei quali converrebbe l’acquisto per il R. Gabinetto, conservata in AGU,
Filza XVI, n. 52. L’acquisto fu sancito con motuproprio del 22 luglio 1783.
57
Aggiunte X n. 226; Migliarini Aes Grave n. 5; Registro 1781-1787 n. 219.
58
Aggiunte X n. 216; Migliarini Europa n. 503; Registro 1781-1787 n. 222.
59
L’oncia Ruota/Bipenne è registrata in Aggiunte X n. 233; Migliarini Europa n. 496; Registro 1781-1787 n. 221. Per questa moneta
si segnala l’eventualità di uno scambio con esemplari dello stesso tipo oggi conservati con numero d’inventario della collezione
Ferretti, dei quali l’assenza delle indicazioni di peso non permette un’adeguata verifica. Il secondo esemplare con Testa di negro/
Elefante è in Aggiunte X n. 218; Migliarini Europa n. 504; Registro 1781-1787 n. 223 ed è probabilmente da riconoscersi tra le
monete SNG 1113, 1117-19.
45
19
SNG Firenze - Italia - Etruria
Tra i pezzi registrati in quegli stessi anni è interessante la presenza di un sestante attribuito a Talamone, con iscrizione VAT60. Un’annotazione a matita, probabilmente inserita da Arcangelo Michele
Migliarini durante il riscontro degli esemplari per la
stesura del nuovo catalogo, circa sessanta anni più
tardi, identificò il pezzo più propriamente come moneta della zecca di Vetulonia, la prima di questo tipo
entrata a far parte della collezione del Gabinetto Numismatico61.
Negli anni compresi tra il 1787 ed il 1792, anno
in cui terminò l’incarico di Pelli, sembra non vi siano
state acquisizioni di monete etrusche62. Al suo posto
subentrò l’abate Luigi Lanzi che conservò l’incarico
di Regio Antiquario della I. e R. Galleria di Firenze
fino all’anno della sua morte, nel 181063. Sotto la sua
direzione non si registrarono altre immissioni di monete etrusche nella collezione del Medagliere.
È solo con Giovan Battista Zannoni, nominato R.
Antiquario alla morte di Luigi Lanzi, che si verificò
un incremento della raccolta dei pezzi etruschi grazie
agli acquisti da lui effettuati nel 1819. Furono infatti
comprati un esemplare in oro da 10 unità con testa
maschile imberbe (SNG 95)64 ed un gruppo di dodici
monete in argento della zecca di Populonia. Queste
ultime facevano parte di «una partita di medaglie in
argento», tutte di Populonia, che era stata offerta in
vendita alla Galleria65. I pezzi furono scelti con attenzione tra quelli meglio conservati e consistevano in
un esemplare da 20 unità con testa di Metus66, tre da
10 unità con Testa femminile diademata (SNG 475,
477-478)67 e altri otto da 10 unità con testa di Aplu
(SNG 451, 453-454, 457-461)68, che è stato possibile
rintracciare nel Monetiere del Museo archeologico.
Si tratta di un insieme omogeneo per cronologia delle
emissioni, caratterizzato anche dalla presenza di una
patina simile per tutti gli esemplari. Non è da escludere, pertanto, che queste monete possano aver fatto
parte di un ripostiglio.
In questo periodo fece il suo ingresso in collezione
anche la moneta a leggenda Θ e-zi (SNG 938)69 che
fu poi inserita da Migliarini tra le monete di Chios,
nel volume dedicato all’Asia. Solo in seguito venne
riconosciuta come «moneta incerta d’una città etrusca», così come testimoniato da una nota manoscritta
aggiunta a fianco della descrizione.
La lettura errata delle leggende fu alla base dell’attribuzione a Talamone da parte degli studiosi dell’epoca di alcune monete di
Vetulonia e di Roma della serie della Prua. Si vedano ad esempio Carelli 1812 e Carchidio 1824.
61
Aggiunte X n. 232; Migliarini Europa n. 491.
62
Nel Registro delle Monete e Medaglie acquistate doppo compilato il catalogo nell’anno 1787 e che sono alla consegna del dirett. Pelli. Parte Terza. Dal 1788 a… (1792) non ci sono registrazioni di monete etrusche. Manoscritto conservato presso ABU, ms. 463.6.
63
Per una biografia di Luigi Lanzi si veda Caputo 1961, pp. XIL-XLV.
64
«[…] È stato presentato a questo Antiquario Regio Ab.e Zannoni una piccola moneta o quinario d’oro, ch’Egli deduce dalla qualità
del tipo e altri segni essere di Populonia, e però molto pregevole onde non ha esitato ad acquistarla al prezzo di Lire dieci, per arricchir
vieppiù la splendida collezione di antiche Medaglie di questa I. e R. Galleria […]». Cfr. AGU, Filza XXXXIII, n. 16, Memoria del 9
marzo 1819. La moneta è in Aggiunte X n. 19 e Migliarini Europa n. 462. Cfr. anche Moneta antica in oro acquistata con sovrana
approvazione del 12 marzo 1819, AGU, Filza XXXXIII, n. 16. Di questo esemplare si trova notizia in Gamurrini 1874, p. 59 e, più
recentemente, in Vanni 1989a, p. 1126.
65
« […] Essendo stata esibita in compra a questa I. e R. Galleria una partita di medaglie in argento dell’antica Populonia, l’Antiquario Regio Ab.e Zannoni ha fatto tra esse una scelta di 12 pezzi i più belli, e più conservati, ed attirato dal pregio della rarità di esse,
e dalla modicità del prezzo, m’invita a proporre l’acquisto pel medagliere di questo Stabilimento […]». AGU, Filza XXXXIII, n. 33,
lettera a S.E. il Direttore dell’I. e R. Segreteria di Finanza, del 2 agosto 1819. Cfr. anche Nota di medaglie antiche acquistate con
Sovrana approvazione del 6 agosto 1819. AGU, Filza XXXXIII, n. 33.
66
Aggiunte X n. 21; Migliarini Europa n. 465. Questo esemplare è forse da riconoscersi nella moneta SNG 259, oggi con numero di
inventario relativo ad un acquisto Falchi. Le caratteristiche della moneta coincidono esattamente con la descrizione ed il peso dato
nella registrazione. Ulteriori elementi a favore dell’identificazione con l’acquisto del 1819 sono l’ottima conservazione, di moneta
«scelta», e le caratteristiche della patina, che la accomunano agli altri esemplari di questo acquisto. Per l’esemplare dell’acquisto
Falchi manca, invece, una descrizione precisa che permetta di verificare con sicurezza l’eventuale scambio.
67
Aggiunte X nn. 22-24; Migliarini Europa nn. 472-474.
68
Aggiunte X nn. 25-32; Migliarini Europa nn. 475-482.
69
Aggiunte X n. 115; Migliarini Asia n. 409. Per approfondimenti sulle monete di questo tipo, si veda Bruni S. 1986-1987, pp. 85103.
60
20
I nuclei di monete etrusche nel Monetiere del Museo Archeologico Nazionale di Firenze
Per gli anni successivi, e comunque prima del 1830,
sono infine da ricordare gli acquisti di altre tre monete
etrusche in argento, tutte da 5 unità, con testa di Turms
a d. (SNG 493)70, con testa maschile barbata a d.71 e
una con testa maschile giovanile a d. (SNG 511)72.
m.d.b.
ca, che il R. Antiquario Zannoni giudicò pertanto di
estremo interesse per il Medagliere75.
L’acquisto della raccolta di monete appartenuta al
Conte Jacopo Gräberg di Hemso76, nel 1838, portò
all’ingresso di un’oncia della serie Ruota/Bipenne77
e due della serie Testa di negro/Elefante (una con
digamma e l’altra con sigma a quattro tratti), di cui
erano già presenti in collezione altri pezzi78. Anche
in questo caso fu registrato il peso delle sole monete
in oro ed in argento e, pertanto, non è possibile riconoscere con esattezza gli esemplari in questione tra i
tanti di questo tipo presenti nel Museo di Firenze.
L’acquisizione più importante si ebbe, però, nel 1839
quando il Granduca donò al Gabinetto Numismatico un
gruppo di quattro monete in bronzo. Tra queste vi era
un quincusse della serie Ruota/Ancora (SNG 1038)79
di cui era conosciuto solo un altro esemplare appartenente alla raccolta Bacci di Arezzo ed oggi conservato
nel Museo Archeologico di quella città80. Le monete
provenivano dalla stipe votiva rinvenuta in località Ciliegeta presso il monte Falterona81, che aveva restituito
una grandissima quantità di oggetti riferibili ad un ampio arco cronologico, tra cui centinaia di bronzetti, mil-
I doni del Granduca e gli acquisti degli anni
1831-1847
Dopo il 1830 gli acquisti di monete furono registrati in un nuovo volume denominato Supplemento
al catalogo. Acquisti fatti dal 1° gennaio 1831 a tutto
il dicembre 184073. Tra i pezzi etruschi entrati a far
parte della collezione del Gabinetto Numismatico in
questi anni, ve ne sono alcuni di particolare importanza, dei quali si hanno anche notizie relative alla
provenienza. È il caso, ad esempio, della moneta in
argento di Populonia acquistata nel 1831 e rinvenuta
nei pressi di quella città, raffigurante al D/ un leone
minaccioso verso s. con coda terminante a testa di
serpente (SNG 59)74. Era un tipo del tutto nuovo, dichiarato assente dai cataloghi numismatici dell’epo-
Aggiunte X n. 33; Migliarini Europa n. 483. Oltre al peso, anche l’indicazione «graffiata» ne conferma il riconoscimento con
l’esemplare conservato nel Monetiere del Museo.
71
Aggiunte X n. 34; Migliarini Europa n. 484. Questa moneta troverebbe corrispondenza per peso e descrizione nell’esemplare SNG
504, oggi conservato con numero di inventario di un acquisto Mannelli. Di quest’ultimo, però, non si ha indicazione del peso per
poter effettuare una verifica. Anche la caratteristica di «moneta granellosa», riportata nella descrizione, sembrerebbe accentuare
questa rispondenza.
72
Aggiunte X n. 35; Migliarini Europa n. 485.
73
Manoscritto conservato presso BST, coll. R.G. 21.3 (da qui in avanti abbreviato in Suppl. I).
74
Suppl. I n. 1056; Migliarini Europa n. 463.
75
«[…] Mi è capitata l’occasione di acquistare un’antica Medaglia in Argento di Populonia, ultimamente trovata vicino al luogo ove
sorse quella rinomata Etrusca città. Il R. Antiquario Cav. Ab.e Zannoni la stima interessantissima per questo R. Medagliere, attesa la
sua rarità, la quale risulta dal non trovarsi ella pubblicata da veruno degli scrittori di cataloghi numismatici. Il venditore ne chiede
in prezzo 5 zecchini […]»; cfr. Memoria per S. E. il Consigl. Campini. Li 5 agosto 1831, AGU, Filza LV, n. 29.
76
AGU, Filza LXII, n. 26 del 1838. Il Conte Jacopo Gräberg di Hemso (1776-1847), di origine svedese, fu valente geografo e statistico, attivo in Liguria ed in Toscana.
77
Esemplare registrato in Suppl. I n. 1096 e Migliarini Europa n. 492. Tenendo conto della descrizione, che non riporta alcuna
lettera visibile al R/, la moneta è con molta probabilità da identificarsi tra le SNG 1013, 1017, 1018, 1020 o 1021.
78
Suppl. I nn. 1496-1497; le due monete furono poi inserite nel registro delle Medaglie Duplicate antiche. Provenienti per la nuova
riordinazione data al medagliere dal Prof. M. Arcang.o Migliarini li 26 agosto 1848; manoscritto conservato presso ABU, ms. 208
(da qui in avanti abbreviato in Migliarini Duplicati), p. 17, nn. 174-175. L’esemplare con digamma potrebbe essere tra le SNG 1122
–1123; l’altro con sigma a quattro tratti è da identificarsi tra le SNG 1113, 1117-1119, tutte con inventario delle vecchie collezioni
e senza un preciso riscontro.
79
Suppl. I. n. 3201; Migliarini Europa n. 1. Le altre tre monete, registrate in Suppl. I. con i nn. 3202-3204, sono un semisse della
serie Bifronte/Mercurio, un quadrante fuso della serie Giano/Prua ed un sestante coniato di riduzione semilibrale. Cfr. anche Vanni
1989a, p. 1126.
80
Inv. 12601. Cfr. Vanni 1987, p. 205.
81
Nel catalogo le quattro monete furono registrate con la seguente annotazione: «A di 23 Novembre. Ricevuti i presenti articoli donati
graziosamente dal Serenissimo Granduca a questa R. Galleria; rinvenuti alla Falterona», Suppl. I, p. 183. Per la notizia del ritrovamento di questo quincusse, cfr. Micali 1844, pp. 89-90.
70
21
SNG Firenze - Italia - Etruria
le pezzi di aes rude, numerosi esemplari di aes grave e
varie monete romane. Purtroppo i materiali recuperati
non furono comprati dalla R. Galleria, alla quale erano
stati offerti nel 184082, e dopo essere stati esposti nei
locali dell’Istituto Archeologico a Roma finirono per
essere dispersi nel mercato antiquario.
Non molto tempo dopo il dono del Granduca, fu registrato l’ingresso di un altro quincusse della serie Ruota/Ancora acquistato il 13 agosto 1840, assieme ad un
asse della stessa serie contraddistinto dalle lettere A-N
ai lati dell’ancora, oggi riconosciuto come falso (SNG
1041)83. Il quincusse (SNG 1039)84, di cui si era persa
ogni traccia, è stato ritrovato nel Monetiere durante i
lavori per la compilazione del presente catalogo. Il registro ne riporta la seguente descrizione: «Quinipondio
etrusco similissimo all’altro registrato e descritto al n.
3201 della serie. Peso Lib. 2. Denar. 8. gran. 6» (corrispondente a g. 688,81) e l’annotazione scritta a matita
«Duplicato», probabilmente aggiunta da Migliarini durante il suo lavoro di verifica per la compilazione del
nuovo catalogo. La moneta fu, infatti, inserita tra le monete duplicate, come testimonierebbe la nota contenuta
nel registro delle corrispondenze tra i numeri del nuovo
catalogo con i precedenti85, senza che però venisse descritta nel Supplemento al catalogo delle medaglie antiche duplicate compilato nel 184886. Da questo momento
sembrano mancare altre notizie del quincusse, assente
nelle opere dedicate alla numismatica etrusca e dagli
inventari del Museo compilati più recentemente.
Le uniche monete di questo tipo note sono, infatti, gli esemplari del monte Falterona e di Arezzo, ol-
tre ad una copia del pezzo aretino che era conservata
nella raccolta del Museo Kircheriano e che Garrucci pubblicò nel 1885 identificandola, per una svista,
proprio come l’esemplare di Arezzo87. È interessante notare che il quincusse inedito presenta maggiori similitudini con l’esemplare di Arezzo, già noto e
pubblicato negli studi dell’epoca, piuttosto che con
quello del Monte Falterona scoperto solo un anno
prima l’acquisto della moneta. Purtroppo, non è stato
possibile rintracciare in archivio ulteriori notizie circa le modalità di acquisto e la provenienza di questo
esemplare, acquistato, come ricordato, insieme ad un
asse della stessa serie oggi ritenuto falso, in modo da
poter fugare ogni possibile dubbio relativo alla sua
autenticità. Ulteriori ricerche ed un confronto diretto
sia con l’esemplare di Arezzo che con la copia del
Kircheriano, oggi conservata al Museo Nazionale Romano, potranno certamente fornire elementi utili per
valutazioni più precise.
A partire dal 1841 l’ingresso di nuove monete fu
registrato nel Volume Secondo del Supplemento al catalogo delle monete antiche, che contiene gli acquisti fatti dal 1° gennaio 1841 al 3 luglio 1847, epoca
della nuova riordinazione fatta dal Prof. Migliarini88,
dove sono descritti tre pezzi etruschi entrati a far parte delle collezioni della Galleria degli Uffizi. Questi
consistono in una didramma di Populonia con testa
di Metus e al R/ Linee incrociate (SNG 166)89 che,
nel 1845, fu inviata al Gabinetto Numismatico dal
Granduca dopo averla ricevuta in dono dal Museo di
Colle Val d’Elsa90, e due monete in bronzo acquisite
Cfr. AGU, Filza LXIV, n. 17 del 1840.
Suppl. I. n. 3207; Migliarini Aes Grave n. 2. In merito al riconoscimento come falso si veda la descrizione della moneta in questo
catalogo. Di diverso parere Vanni che l’ha inserita nel suo studio sulla serie Ruota/Ancora. Cfr. Vanni 2001, p. 132
84
Suppl. I. n. 3206. La moneta è stata ritrovata dal dott. Catalli all’interno di uno stipo contenente materiali diversi, avvolta in un
foglio di carta con una nota manoscritta a matita, probabilmente d’epoca, ormai poco leggibile. La registrazione dell’acquisto di
questo quincusse nel Suppl. I, è stata segnalata anche da Vanni che, data l’assenza di un riscontro della moneta, ipotizzò trattarsi di
una doppia trascrizione dell’esemplare del Falterona. Cfr. Vanni 1989a, p. 1127, nota 13.
85
Registro per ritrovare nella nuova Collocazione le Medaglie e Monete antiche descritte nei X Vol. del Catalogo Pelli e suoi Supplementi. Manoscritto di Arcangelo Michele Migliarini del 17 gennaio 1846, conservato presso BST, coll. R.G. 18.1. La moneta è a
p. 377, n. 3206 con la seguente annotazione «Resta fra i duplicati». Manca, a differenza di tutte le altre, l’indicazione del numero
corrispondente nel registro delle monete duplicate, in cui infatti sembra non essere stata descritta.
86
Medaglie Duplicate antiche. Provenienti per la nuova riordinazione data al medagliere dal Prof. M. Arcang.o Migliarini li 26 agosto 1848. Le monete indicate come duplicate erano quelle già presenti nel Gabinetto numismatico con altri esemplari e, pertanto,
destinate spesso a scambi.
87
Cfr. Haeberlin 1910, p. 265; Garrucci 1885, p. 26, tav. L.
88
Manoscritto conservato presso ABU, ms. 196 (da qui in avanti abbreviato in Suppl. II).
89
Suppl. II n. 3364; Migliarini Europa n. 469.
90
«[…] 1845 a dì 1° settembre. Medaglia antica d’argento che già esisteva nel Museo di Colle in Val d’Elsa, stata donata a S. A. il
Granduca e dal medesimo inviata a questa R. Galleria […]». Il Granduca contraccambiò tale dono inviando al Museo settantasei
medaglie moderne coniate in onore dei principi di diversi stati d’Italia, parte in argento e parte in bronzo, che furono prelevate dal
Gabinetto Numismatico delle R. R. Gallerie. Cfr. AGU, Filza LXIX, parte Ia, nn. 32, 34 del 1845.
82
83
22
I nuclei di monete etrusche nel Monetiere del Museo Archeologico Nazionale di Firenze
attraverso uno scambio l’anno successivo91, una a leggenda Peithesa e l’altra della zecca di Cosa92. Mentre quest’ultima sembra mancare, l’altro esemplare è
probabilmente da riconoscersi tra quelli dello stesso
tipo oggi presenti con numero d’inventario delle vecchie collezioni (SNG 1152 o 1155).
È in questi anni che Arcangelo Michele Migliarini, nominato R. Antiquario nel 184193, si dedicherà
al riordino ed alla catalogazione con criteri rigorosamente scientifici delle raccolte numismatiche e di
glittica. I cataloghi da lui redatti costituiscono ancora
oggi un riferimento fondamentale per ogni attività di
studio e di riscontro dei pezzi in collezione.
m.d.b.
Tra il 1847 ed il 1867 fu registrato un solo acquisto comprendente monete etrusche, che, però,
riveste particolare interesse poiché gli esemplari
provenivano da un ripostiglio rinvenuto nei pressi
di Cecina95. Il ritrovamento fu segnalato il 24 maggio 1858 all’allora Direttore delle RR. Gallerie, il
Cav. Luca dei Marchesi Del Monte, dal direttore generale dell’amministrazione dei RR. Possessi, Luigi Picchianti, a sua volta avvisato dall’Agente della Tenuta di Cecina96. Grazie alla corrispondenza
conservata in archivio, si sa che il ripostiglio era
costituito da «ottantaquattro piccole monete d’argento e cinque d’oro», e che autore della scoperta
fu il sig. Luigi Bargilli97. Su richiesta del Direttore
delle RR. Gallerie le monete furono quindi portate
a Firenze in modo da poterne prendere visione e decidere in merito al loro acquisto98. Ne furono scelte
in tutto undici tra quelle in argento, cioé quattro
oboli della zecca di Massalia99 e sette frazioni di
Populonia. Queste ultime erano così distinte: due
esemplari da 5 unità con testa di Turms a s. (SNG
72, 73)100, uno da 2,5 unità con testa di Metus (SNG
69)101, un esemplare da 1 unità con al D/ Ruota ed
al R/ Segno di valore (SNG 77)102; altri tre pezzi da
1 unità con testa giovanile a d. e davanti I (SNG 81,
Il ripostiglio di Cecina - 1858
Negli anni successivi alla compilazione del catalogo ad opera di Arcangelo Migliarini, gli acquisti di
nuove monete vennero registrati nel Supplemento al
Nuovo Catalogo delle Medaglie e Monete antiche che
contiene gli acquisti fatti dal 27 novembre 1847 a tutto il (14 genn. 1880)94, dove la descrizione dei pezzi
seguì esclusivamente un ordine cronologico di entrata e dove furono spesso annotate anche le indicazioni
di provenienza.
Le due monete facevano parte di un gruppo di ventiquattro cedute nel 1846 dal sig. Benigno Iuzzi in cambio di trentasette monete
antiche duplicate presenti nella Galleria. Cfr. AGU, Filza LXX, n. 37, documento del 22 agosto 1846. Lo scambio delle monete
doppie o duplicate era una pratica molto diffusa in questo periodo, di cui si conservano numerose testimonianze in archivio. Cfr. ad
esempio anche AGU, Filza LXVI, n. 17 del 1842.
92
Suppl. II nn. 3427, 3428; Migliarini Europa nn. 468, 469. La moneta di Cosa era dello stesso tipo di quella descritta in SNG 3.
93
Migliarini aveva occupato il posto di Giovan Battista Zannoni già dall’anno della sua morte, nel 1835, ma il titolo di R. Antiquario
gli venne conferito solo nel 1841. Per una biografia di Migliarini si veda Nieri 1931, pp. 408-410.
94
Manoscritto conservato presso la Biblioteca della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana (da qui in avanti abbreviato in Suppl. Migliarini). BST, coll. R.G. 26.
95
IGCH n. 1954.
96
«[…] Dall’agente della R. Tenuta di Cecina riceviamo con l’annessa lettera avviso di una quantità di Monete antiche che il Sig.
Luigi Bargilli ha ritrovate scavando in terreno allivellatogli da questo R. dipartimento, e sul quale per conseguenza il R. Dipartimento
stesso ha solo i diritti di Domino diretto che non possono dargli titolo alcuno sugli oggetti ivi rinvenuti, io reputo per me doveroso di
comunicare a S. V. Ill.ma siffatta notizia aggiungendole che al livellare predetto ho fatto rammmentare che a forma della legge del 5
agosto 1780 gli corre l’obbligo di interpellare codesta amministrazione per intendere se voglia fare acquisto di tutte o di parte delle
monete preaccennate […]»; AGU, Filza LXXXII, Parte I, n. 28, lettera del 24 maggio 1858.
97
Cfr. nota precedente.
98
Una legge del 1780 dava pieno diritto allo scopritore sugli oggetti rinvenuti, disponendo solo che il Direttore delle RR. Gallerie,
una volta informato, valutasse se fossero meritevoli di acquisto; cfr. Vanni 1989a, p. 1125.
99
Le monete di Massalia sono così descritte: «[…] Testa imberbe a d., non si distingue se d’uomo o di donna R/ una rota a quattro
raggi, in due dei vani M. A (asse) […]». Suppl. Migliarini pp. 3-4, nn. 2474-2477.
100
Suppl. Migliarini p. 3, nn. 2467-2468.
101
Suppl. Migliarini p. 3, n. 2469.
102
Suppl. Migliarini p. 4, n. 2470.
91
23
SNG Firenze - Italia - Etruria
83, 84)103. Di tale ritrovamento fu data notizia solo
diversi anni dopo in un articolo di Gian Francesco
Gamurrini dedicato alle monete d’oro etrusche di
Populonia104.
m.d.b.
dimostrò sempre attento nel dare notizia delle provenienze, riportate anche per le altre monete acquistate
nello stesso anno, e cioè un quadrante della serie Ruota
arcaica/Crescenti, trovato «si crede, verso Città di Castello» (SNG 1094)107, una moneta in argento di zecca
incerta con Civetta volta a s. «trovata presso Populonia» (SNG 1162)108 e l’esemplare a leggenda vercnas,
con testa elmata di Menrva ed al R/ Protome di mostro
marino, trovato a Chiusi (SNG 1171)109. Questi ultimi
due pezzi furono descritti come inediti e la moneta a
leggenda vercnas venne pubblicata l’anno seguente110.
Sempre nel 1867 furono comprati anche un sestante
ed un’oncia di Vetulonia della serie con tridente tra
due delfini e leggenda vatl, trovati in Maremma, di cui,
però, non è possibile un preciso riscontro con gli esemplari oggi conservati nel Monetiere111.
Grazie probabilmente alla sua collaborazione per
la costituzione del Museo Civico di Grosseto, inaugurato nel 1868, Gamurrini riuscì ad assicurare al Medagliere fiorentino anche una rara tridracma di Populonia, raffigurante un cinghiale su terreno roccioso,
che era ivi conservata (SNG 60)112. In cambio furono
cedute alcune monete doppie ed il Plinio dell’Arduino113. Fu questo l’unico ingresso di monete etrusche
registrato nell’anno, insieme al dono di un sestante di
Gli acquisti Gamurrini e le monete del Regio
Museo Etrusco (1867-1876)
Dopo un lungo periodo in cui la raccolta di antichità etrusche della Galleria non registrò immissioni degne di nota, con la nomina di Gian Francesco
Gamurrini a R. Antiquario delle Gallerie di Firenze
nel giugno 1867, iniziò una nuova politica di acquisti,
seppur con limitate risorse finanziarie a disposizione.
Singolare attenzione fu rivolta alla collezione di
monete etrusche ed italiche che, già nell’ottobre dello
stesso anno, venne incrementata con l’acquisto di alcuni pezzi estremamente rari. Tra questi vi era un aureo
di Populonia con testa di leone da 25 unità (SNG 88)105.
In merito alla provenienza di questo esemplare è da
notare che nel registro venne indicato come trovato in
Maremma e comprato a Pistoia. Alcuni anni più tardi,
però, Gamurrini lo descrisse in un suo articolo dichiarandolo acquistato a Lucca106. In generale Gamurrini si
Suppl. Migliarini p. 4, nn. 2471-2473. Le monete furono acquistate in data 11.06.1858 con l’assegno delle spese minute. La descrizione particolareggiata e l’indicazione del peso hanno permesso di rintracciare gli esemplari in questione tra le monete etrusche
appartenenti alle vecchie collezioni del Museo. Alcuni dubbi permangono per il pezzo SNG 72 (inv. 36294), per il quale non vi è
un’esatta corrispondenza di peso. Per le frazioni da 1 unità con testa giovanile a d., il riconoscimento con tre dei cinque esemplari
delle vecchie collezioni SNG 81-85 (inv. 36286-90) è proposto sulla base dei pesi, delle descrizioni dettagliate e delle osservazioni
sui conî contenute nelle registrazioni d’inventario.
104
«[…] in un piccolo ripostiglio rinvenuto presso Cecina nel 1858 eranvi 5 monete d’oro e 84 d’argento, di cui ci manca la descrizione
particolare; sappiamo però che se ne scelsero 11 per il R. Medagliere degli Uffizi, e sono alcuni quinari di Populonia, le litre che vengono a descriversi, e 4 altre litre di Marsiglia […]»; cfr. Gamurrini 1874, p. 68, nota 1.
105
Questi acquisti sono registrati come «Monete aggiunte al R. Medagliere dal conservatore Francesco Gamurrini» in Suppl. Migliarini, 02.10.1867. La moneta è a p. 7, n. 10.
106
Gamurrini 1874, p. 59.
107
Suppl. Migliarini, 02.10.1867, n. 1.
108
Suppl. Migliarini, 02.10.1867, n. 11.
109
Suppl. Migliarini, 02.10.1867, n. 12.
110
Gamurrini 1868b, pp. 1-10.
111
Suppl. Migliarini, 01.12.1867, n. 29 e n. 30. È possibile che le due monete fossero esposte nella vetrina dedicata a Vetulonia insieme a quelle della collezione Falchi quando il Museo fu colpito dall’alluvione nel 1966, finendo tra queste confuse oppure disperse. Le monete sono registrate con i pesi di gr. 11,51 e gr. 5,30 e potrebbero trovare una corrispondenza con gli esemplari SNG 733 e
881 (acquisto Falchi 1902), di cui all’atto dell’acquisto non furono registrati i pesi e pertanto non è possibile una verifica precisa.
112
Suppl. Migliarini, 21.09.1868, n. 88.
113
Questo scambio è testimoniato anche in una lettera del Direttore della Galleria degli Uffizi al Ministro, in cui si legge: «[…] Il
Conservatore delle Antichità avrebbe proposto un cambio di monete doppie nel medagliere e di un Plinio con i commenti dell’Arduino
(che pure è duplicato) con una moneta rarissima di argento, che si riferisce a Populonia, esistente nel Museo di Grosseto. Lo stesso
conservatore afferma potersi il detto cambio assolutamente fare con vantaggio reciproco, e quella moneta […] coll’effigie del porco, che
solamente apparisce nel Museo Britannico, verrebbe a completare maggiormente la serie Italica del nostro illustre medagliere […]».
AGU, Filza A, Pos. 1 Galleria delle Statue, n. 129, lettera del 4 dicembre 1868.
103
24
I nuclei di monete etrusche nel Monetiere del Museo Archeologico Nazionale di Firenze
Populonia da parte di Aurelio Gotti, Direttore delle
RR. Gallerie (SNG 601)114.
L’attività di Gamurrini per incrementare la raccolta di monete etrusche è documentata anche dagli
acquisti registrati nel 1869, comprendenti un asse
ed un semisse della serie Ruota/Ancora (SNG 1040,
1044)115, quest’ultimo trovato dentro la città di Arezzo mentre si lavorava la nuova strada detta di Guido
Monaco l’anno 1868.», un’oncia della serie Ruota/
Bipenne116 ed una quartoncia della stessa serie (SNG
1032)117, oltre ad una moneta in bronzo con testa di
Aplu ed al R/ Civetta a d. (SNG 1156)118. Tra gli acquisti di questo anno figurano anche quattro monete
del ripostiglio di Volterra scoperto nel 1868119.
I documenti conservati in archivio relativi agli anni
1867120, 1868121 e 1869122 testimoniano le modalità di
acquisto seguite da Gamurrini che, per cogliere le occasioni che si presentavano, come lui stesso scrisse123,
anticipava spesso le somme necessarie richiedendone
poi il rimborso al Direttore delle Gallerie degli Uffizi.
Forse per tale motivo non tutte le monete che fecero
il loro ingresso nel Medagliere in questo periodo furono poi annotate nell’apposito registro. Un esempio
è dato da un acquisto effettuato nel 1868 e riguardante quattro pezzi di aes grave appartenuti al sig. Ferdinando Fanelli di Sarteano124. Si trattava di quattro
monete di particolare interesse, comprendenti il pezzo
con Triscele/Tridente, unico esemplare conosciuto, di
assegnazione incerta e ancora conservato nel Museo
di Firenze125, che risultano tutte assenti dal registro
degli acquisti. Faceva parte di questo gruppo anche
un semisse della serie Ruota/Ruota che potrebbe trovare un riscontro con un esemplare del Monetiere del
Museo Archeologico126. È quindi molto probabile che
altre monete non siano state registrate. Infatti, sembra
che, dopo la conclusione di questo affare, Gamurrini
abbia trovato meno ostacoli nell’effettuare in tal modo
gli acquisti per le Gallerie127.
Suppl. Migliarini, 21.09.1868, n. 82.
Suppl. Migliarini, 15.03.1869, nn. 105, 109.
116
Suppl. Migliarini, 15.03.1869, n. 106. Quest’oncia è probabilmente tra le SNG 1005-1007.
117
Suppl. Migliarini, 15.03.1869, n. 108. Pur mancando l’indicazione del peso, l’identificazione di questo esemplare tra quelli oggi
conservati nel Medagliere è stata possibile grazie alla precisa descrizione del R/.
118
Suppl. Migliarini, 15.03.1869, n. 108.
119
Si veda in merito il paragrafo ad esso dedicato.
120
AGU, Filza A, Pos. 1 Galleria delle Statue, n. 126, lettera del 30.12.1867 di G. F. Gamurrini al Direttore sull’acquisto di alcune
monete per il Medagliere delle RR. Gallerie.
121
Il Direttore Aurelio Gotti, in una lettera al Ministro scrisse: «Il Conservatore dei monumenti antichi mi ha rimessa la nota di
alcune monete che egli avrebbe acquistato a prezzi modicissimi per arricchire il nostro medagliere di quelle appunto mancanti […] fa
conoscere l’importanza dell’acquisto da Esso fatto anche in seguito a verbali concerti presi con codesto R. Ministero per un prezzo al
di sotto di quello che in commercio viene assegnato a tal genere di monete, diverse delle quali tuttora inedite». AGU, Filza A, Pos. 1
Galleria delle Statue, n. 7, lettera del 08.01.1868.
122
AGU, Filza A, Pos. 1 Galleria delle Statue, n. 7, «Rimborso al sig. cav Gamurrini per acquisti di medaglie», 1869.
123
Numerose testimonianze di questo tipo sono narrate da Gamurrini nella sua autobiografia. Cfr. Gamurrini 1924, p. 58.
124
«[…] è un anno che con iterate istanze giunsi ad ottenere dal Sig. Ferdinando Fanelli di Sarteano quattro monete di bronzo, che appellando alla storia primitiva d’Italia sono di tale rarità ed importanza da giudicare preziosa qualunque raccolta o collezione che le possieda.
Eccone breve descrizione: 1. dupondio= Triquetra R/ Tridente; 2. Asse = anfora con sopra lettera m R/ Rota; 3. semisse = Diota R/ Rota; 4.
Semisse = Rota R/ Rota. Vennero queste da me pagate la somma di L. ottocento, come da documento, e per tal somma volentieri (come è
mio dovere) le offro al Museo fiorentino. E perchè dalla S. V. e dal R. Ministero chiaramente si vegga, che pospongo all’onore dell’ufficio ed
all’amore della conservazione dei monumenti italiani il mio privato interesse, posso dichiarare, come dal signor L. Sambon commerciante
di antiche monete in Napoli mi sono state offerte lire mille per la prima (e una sola) delle quattro monete citate». Cfr. AGU, Filza A, Pos.
1, Galleria delle Statue, n. 54; lettera del 10 aprile 1869 da Gamurrini al direttore delle R. Gallerie, prot. 211.
125
A questa moneta Gamurrini dedicò un articolo pubblicato nel 1872. Cfr. Gamurrini 1872a, pp. 1-14. Si veda anche Haeberlin
1910, tav. 9 n. 10.
126
Per la moneta SNG 940, che ha numero d’inventario delle vecchie collezioni, mancano infatti altri riscontri. L’assenza dell’indicazione del peso rende però del tutto ipotetico tale riconoscimento.
127
«[…] Avendo acquistato stima e fiducia, venivano a me, da ogni parte, molte persone a farmi vedere oggetti, dei quali facevo doppia
stima: la scientifica e la commerciale, senza nulla nascondere al proprietario, il quale così si regolava e se ne andava via soddisfatto […].
Mi ricordo che uno dei primi acquisti fu l’unico dupondio piceno esistente, perciò di una rarità eccezionale. Lo pagai quattrocento lire e al
dubitoso direttore mostrai la lettera dell’antiquario Sambon di Napoli che faceva l’offerta di mille. Da allora mi lasciarono fare e non ebbi
impedimenti negli acquisti, chè, di solito, per non perdere l’occasione, anticipavo io stesso il denaro […]». Cfr. Gamurrini 1924, p. 51.
114
115
25
SNG Firenze - Italia - Etruria
Tra le monete entrate a far parte delle collezioni
delle RR. Gallerie in questi anni e di cui non è stato possibile trovare la registrazione nel Supplemento
al catalogo Migliarini, vi sono anche una moneta in
bronzo di Vetulonia ed una didramma di Populonia
con testa di Metus e R/ Liscio (SNG 386) 128 donate
dalla Società Colombaria dopo la sospensione delle
attività di scavo nel 1866.
La raccolta di monete etrusche ed italiche così accresciuta, trovò una nuova collocazione con la costituzione del Regio Museo Etrusco, sancito con decreto
del 1870 ed inaugurato nel 1871. Questo nucleo fu
infatti separato dal resto del Medagliere degli Uffizi
e trasferito nella sede del cenacolo di Foligno in Via
Faenza, dove il nuovo Museo fu sistemato insieme
con l’Egizio, che già vi aveva sede. Il Museo Etrusco,
come sottolineato nel decreto di istituzione, doveva
accogliere anche gli oggetti provenienti da nuovi scavi, acquisti e donazioni. Gamurrini profuse grande impegno per accrescerne le collezioni, attraverso acquisti «fortunati specialmente in vetri (…), in aes grave
etrusco, umbro e laziale, in bronzi e più di tutto in vasi
greci dipinti»129, ed anche attraverso donazioni. Egli,
infatti, vi contribuì in prima persona con doni di ceramiche, iscrizioni etrusche, bronzi, sculture in pietra,
ed anche monete e gemme di cui pubblicò un elenco
nel 1910130. Le monete in esso descritte sono in totale ventisei, di cui venti appartenenti alle serie della
Ruota, quattro alle serie attribuite alla Val di Chiana,
e due esemplari provenienti dal ripostiglio di Volterra
di cui manca però una precisa descrizione. Queste monete furono donate quasi certamente prima del 1875
ma, anche in questo caso, non fu registrato il loro ingresso nel Supplemento al catalogo Migliarini. Dalle
descrizioni fornite nella pubblicazione è stato comunque possibile effettuare un riscontro con le monete
oggi conservate nel Monetiere del Museo Archeologico, riconoscendone diverse. Per alcune di esse, inoltre, Gamurrini fornì anche alcuni dati di provenienza,
come per l’asse della serie Ruota/Ancora (SNG 1043)
«trovato presso Valiano nel piano di Cortona», un altro asse della serie Ruota/Cratere (SNG 974) donatogli dai sigg. Mancini di Città di Castello nel 1872, ed
un semisse della serie Ruota/Bipenne «trovato ad Allerona» (SNG 993). Le altre monete sono: un semisse
della serie Ruota/Anfora (SNG 1071) e due once della
stessa serie (SNG 1079, 1081?), tre once della serie
Ruota/Cratere (SNG 984, 988, 989), un’oncia fusa serie Ruota/Ancora (SNG 1054), un quadrante della serie Ruota/Bipenne (SNG 998) e due quartunce (SNG
1036, 1037). Delle serie attribuite alla Val di Chiana
vi sono infine un esemplare Testa di negro/Elefante
con crescente (SNG 1120) e due del tipo Testa maschile/Cane volpino (SNG 1143, 1145)131.
In questo periodo non figurano nel Supplemento
al Catalogo Migliarini acquisizioni di nuove monete
etrusche anche se è altamente probabile, come dimostrato, che Gamurrini continuasse ad accrescere
la collezione numismatica del Museo. L’ingresso di
un aureo di Populonia da 25 unità rinvenuto nel territorio di Roselle nel 1873 (SNG 92), ad esempio, è
documentato grazie ad un suo articolo dedicato alle
monete d’oro etrusche132.
La raccolta così costituita ed esposta nel Regio Museo Etrusco consisteva in quarantanove monete di Populonia in oro, argento e bronzo, ottantotto pezzi di aes
grave etrusco e dodici monete di incerta attribuzione,
oltre a ben centoottantotto monete fuse non etrusche133.
La moneta donata dalla Società Colombaria è indicata in Vanni e corrisponde per peso e descrizione a questo esemplare presente
nel Monetiere con numero di inventario delle vecchie collezioni, che non trova altri riscontri. Purtroppo non è stato possibile consultare il documento manoscritto citato dall’autrice, per poter svolgere ulteriori verifiche. Cfr. Vanni 1989a, p. 1129, nota 20. Per i
doni della Società Colombaria al Museo di Firenze cfr. anche Gamurrini 1873, p. 28-29.
129
Gamurrini 1910, p. 43.
130
«[…] Vi furono pure dei doni, e per quanto fu da me ne volli dare l’esempio, onde il museo etrusco salì meritatamente in onore. […]
Quali fossero i doni che ho fatto al Museo, che oggi chiamasi archeologico, si descrissero nel catalogo che venne redatto alla fine di
aprile del 1875, e conservato nell’archivio delle RR. Gallerie, e dal quale allora trassi la seguente copia […]». Cfr. Gamurrini 1910,
p. 43.
131
Le altre monete di cui non si ha un preciso riscontro sono: un quadrante della serie Ruota/Anfora di gr. 36,4; due quadranti della
serie Ruota/Cratere di gr. 49,0 e 37,4 ed un sestante di gr. 32,0 della stessa serie; tre once della serie Ruota/Ancora, di gr. 9,0, 9,2
e 8,4 probabilmente tutte con crescente; una moneta con Testa di negro/Elefante di gr. 3,5.
132
Gamurrini 1874, p. 59, n. 4.
133
Gamurrini 1873, p. 40.
128
26
I nuclei di monete etrusche nel Monetiere del Museo Archeologico Nazionale di Firenze
Affinché il Museo potesse esporre una più ampia collezione ed allo scopo di facilitare gli studi di questa
monetazione attraverso il confronto con altri esemplari, il marchese Carlo Strozzi, con cui Gamurrini era in
stretti rapporti, accettò nel 1872 di depositarvi in mostra anche parte della sua raccolta privata di monete
etrusche ed italiche134. Queste rimasero nel Museo fino
al 1876, quando il marchese Strozzi, a seguito di alcuni contrasti con il Direttore delle RR. Gallerie, Aurelio
Gotti, ne chiese la restituzione135. Questo dato fornisce
un chiarimento in merito ad alcune monete etrusche
che Garrucci pubblicò nel 1885 indicandone la presenza nel Museo di Firenze, ma di cui invece non è
mai stato possibile un riscontro. Le monete del marchese Strozzi in deposito temporaneo finirono, infatti,
per essere descritte tra quelle appartenenti al Museo;
una conferma di ciò è contenuta anche in una lettera
di Luigi Adriano Milani, nominato direttore del Museo
nel 1884, che ne descrisse alcuni esemplari136, tra cui
quello con ippocampo a d. e sopra delfino e segno di
valore, poi pubblicato anche nel catalogo d’asta della
collezione Strozzi137.
Le monete etrusche poste in questi anni nel mercato antiquario, comprese quelle provenienti dai nume-
rosi ritrovamenti effettuati nel suolo toscano, finirono
per essere acquistate proprio dal marchese Strozzi, che
riuscì in tal modo a formare una delle più importanti
collezioni dell’epoca. Per quanto riguarda il Museo si
ebbe un solo ingresso registrato di monete etrusche,
riguardante un semisse della serie Ruota/Bipenne
(SNG 994)138 che venne offerto al Direttore delle RR.
Gallerie dal sig. Scrosoppi ed acquistato nel 1876139.
Fu questo un periodo di particolare disordine per
le collezioni fiorentine, tanto che ne seguì un’indagine governativa durata tre anni. Nell’ambito di tale
inchiesta, Milani venne incaricato della verifica generale del Medagliere degli Uffizi, svolta nel corso
del 1878 e del 1879. Come è possibile leggere nella
relazione da lui presentata in tale anno, non furono
prese in esame le monete trasferite nel Regio Museo
Etrusco140, per cui non è possibile verificare eventuali
accrescimenti della raccolta di monete etrusche non
altrimenti documentati.
m.d.b.
Il ripostiglio di Volterra - 1868 (acquisti 1869-1907)
Questo ripostiglio fu rinvenuto nel 1868141 presso
le mura di Volterra all’interno di un «vaso di terra
In una lettera inviata al Direttore delle RR. Gallerie, Gamurrini scrisse: «Ho creduto conveniente che fosse riunita la raccolta dell’aes
grave italico, che è la moneta primitiva dell’Italia Media, e quella d’etruria per agevolare i confronti di questa parte numismatica, che per
arte, per tempo, e per sistema ha una stretta relazione in ogni sua frazione, ed in ogni tipo, agevolando così la conoscenza non solo dei rapporti civili dei popoli dell’Italia media, quanto in particolare il commercio degli Etruschi. Questa raccolta, che per adesso è molto inferiore
a quella consimile del Museo Kircheriano di Roma, viene ad essere accresciuta con le monete d’aes grave italiche del Sig. marchese Carlo
Strozzi, che […] deporle in mostra nel Museo Etrusco, appunto per rendere la mostra più completa ed importante, e più atta ai confronti
necessari agli studi ed ai vari progressi della scienza». AGU, Filza A, Pos. 8 Museo Egizio-Etrusco, n. 14, lettera del 16 luglio 1872.
135
In una sua lettera, il marchese Strozzi scrisse al Direttore delle RR. Gallerie: «Essendo venuto nella determinazione di ritirare gli
oggetti tutti di mia pertinenza che esistono in codesto Museo etrusco, credo opportuno di prevenirla che intanto, nell’entrante settimana,
riprenderò le monete delle due vetrine a destra della prima tribuna, che sono di mia esclusiva proprietà». AGU, Filza A, Pos. 7 Museo Egizio-Etrusco, n. 13, lettera del 18 settembre 1875. Dopo aver accettato di posticipare il ritiro di alcuni mesi, e fermo nella sua decisione
nonostante le spiegazioni del Direttore Aurelio Gotti in merito ad un’offerta di sigilli fatta al Museo che non aveva ricevuto riscontri e
forse causa del risentimento del marchese Strozzi, le monete gli furono consegnate nel 1876, insieme ad altri oggetti di sua proprietà
esposti nel Museo. Cfr. AGU, Filza B, Pos. 7 Museo Egizio-Etrusco, n. 13 e AGU, Filza A, Pos. 7 Museo Egizio-Etrusco, n. 1.
136
Le monete indicate da Milani sono quelle descritte in Garrucci, 1885, alle tav. LXXI nn. 26, 27; tav. LXXII n. 13, tav. LXXIII n.
20. AST, Pos. A/14, lettera del 7 maggio 1889, prot. 49/22.
137
Si tratta dell’esemplare pubblicato da Garrucci alla tav. LXXI n. 27. Cfr. Sambon 1907a, n. 543. Si veda anche Tondo 1990, p. 268.
138
Suppl. Migliarini 16.06.1876, n. 393 (descritto come semisse di Perugia).
139
AGU, Filza A, Pos. 1 Galleria delle Statue, n. 74.
140
«Incominciando il ns. esame delle monete antiche, nel I e II stipo si sono constatate le monete d’Europa descritte da Migliarini nel
catalogo Europa (N. 135) in numero di 2419. Le monete etrusche inventariate sotto i n. 458-509, già esistenti nello stipo I, tav. F,
con cui si completa la serie dei pezzi descritti nel detto catalogo, devono trovarsi nel Medagliere del Museo Etrusco essendo ivi state
trasportate dall’ex conservatore Gamurrini». Medagliere della Galleria degli Uffizi di Firenze, marzo 1879. Manoscritto conservato
presso BST, coll. R.G. 30.
141
IGCH n. 1875. Lo studio completo del ritrovamento e dei pezzi conservati a Firenze è in Cristofani Martelli 1976, pp. 87-104.
134
27
SNG Firenze - Italia - Etruria
nera» ed era composto da sessantacinque monete in
argento di piccolo modulo, diverse verghe d’argento
che raggiungevano il peso di «circa un chilogrammo o più» ed un idolo d’argento rappresentante una
sfinge o leone. Attraverso la testimonianza lasciata
da Gamurrini142, si è potuto sapere che tale tesoretto
venne smembrato ed i vari oggetti subirono sorti diverse: le verghe in argento furono «presto distrutte»,
quattro monete entrarono in possesso dello scultore Consani insieme all’idoletto in argento, ventuno
monete pervennero al conte della Gherardesca143,
ventisei all’allora direttore del Museo di Volterra,
Niccolò Maffei, ed almeno dodici alla famiglia Inghirami. A seguito di successive accessioni, la maggior parte di queste monete è pervenuta al Museo di
Firenze, che attualmente ne conserva cinquantadue
esemplari.
Sull’attribuzione delle monete di questo ripostiglio
vi sono ancora delle questioni aperte. Risulta infatti
costituito da alcuni esemplari focesi della metà del
VI secolo (con la raffigurazione della foca natante o
con testa di foca), altri datati agli inizi del V sec. a.C.
e riconosciuti come imitazioni occidentali emesse da
Marsiglia o dalle colonie della Provenza, oltre ad un
gruppo consistente di monete con Hippalektryion (o
Pegaso) e con Gorgoneion, di cui ancora non è stata
identificata con sicurezza la zecca di emissione, per
le quali è stata avanzata l’ipotesi non unanimemente
condivisa di una produzione locale attribuibile a Populonia (SNG 19-57)144.
Le prime monete del ripostiglio giunte al Museo
furono i quattro esemplari appartenuti allo scultore
Vincenzo Consani, professore nell’Accademia di Belle Arti di Firenze, acquistati, il 15 marzo 1869, per
Lire 70,00 e di cui si conserva un preciso elenco tra
le annotazioni inventariali145. Si tratta di quattro pezzi diversi con testa di foca a s., testa femminile a d.,
Hippalektryion e Gorgoneion146. Per quanto riguarda
questi ultimi due esemplari, i dati riferibili al peso
e alla descrizione non consentono una loro precisa
identificazione tra le monete dello stesso tipo presenti al Museo, aventi tutte caratteristiche simili. I documenti rintracciati testimoniano che, insieme a questi
esemplari, Consani offrì al conservatore Gamurrini
anche la sfinge in argento rinvenuta nel ripostiglio ed
a lui pervenuta147. Ulteriori ricerche potrebbero confermare la sua presenza tra i materiali del Museo.
Oltre alle quattro monete possedute da Consani,
altri esemplari del ripostiglio entrarono a far parte
della collezione del Museo prima del 1874, anno in
cui Gamurrini pubblicò l’elenco completo delle monete che aveva potuto esaminare, con le indicazioni
di pesi e la relativa collezione di appartenenza. In
questa lista furono indicati in totale sessantacinque
pezzi suddivisi in gran parte tra le collezioni del Museo di Firenze (ventitrè), di Niccolò Maffei e della
famiglia Inghirami. Non sono chiare le modalità di
acquisto di queste monete mancando la registrazione
del loro ingresso nel Supplemento al Nuovo Catalogo
delle Medaglie e Monete antiche che contiene gli acquisti fatti dal 27 novembre 1847 a tutto il 14 genn.
1880. Degli esemplari descritti da Gamurrini come
presenti nel Museo, è stato verificato che quello indicato con polipo al D/, è in realtà un pezzo con Gorgo-
Gamurrini 1872b, pp. 208-212; Gamurrini 1874, pp. 47-80.
Di queste monete si conservano due fotografie tra le carte dell’Archivio Gamurrini, custodito presso il Museo Archeologico di
Arezzo, pubblicate in Cristofani Martelli 1976, tavv. V e VI.
144
Cristofani Martelli 1976, p. 100. Per una sintesi dei dubbi in merito a tale ipotesi si veda HN Italy 2001, p. 29.
145
L’elenco è contenuto nel Supplemento al Nuovo Catalogo delle Medaglie e Monete antiche che contiene gli acquisti fatti dal 27 novembre 1847 a tutto il 14 genn. 1880, manoscritto conservato presso la BST. Ulteriori dati, tra cui i pesi delle monete, sono elencati
nelle carte dell’Archivio Gamurrini. Cfr. Cristofani Martelli 1976, pp. 87-104.
146
La moneta con Testa di foca a s. è l’unica di questo tipo facente parte del ripostiglio, identificabile quindi con l’esemplare conservato al Museo con inv. 83099/8; quella con Testa femminile a d. è sicuramente quella registrata con inv. 111006; quella con
Hippalektryion potrebbe essere l’esemplare inv. 83099/28 (SNG 25). Il riconoscimento tiene conto, oltre che alla corrispondenza
di descrizione, peso e diametro, anche del fatto che le monete Consani non sono ovviamente presenti tra le monete raffigurate nelle
fotografie della collezione della Gherardesca, che sono in gran parte confluite nel Museo.
147
Nella lettera inviata da Gamurrini al direttore delle R.R. Gallerie, viene così descritta: «- una sfinge con immagine di leonessa in
argento d’etrusco lavoro ben conservata e che faccia parte del ripostiglio sunnominato. £. 80,00».; AGU, Filza A, pos. 1, n. 142, 1869.
È interessante notare che alcuni anni più tardi Gamurrini donò al R. Museo Etrusco un «leoncino d’argento in riposo […] rarissimo
a somiglianza di quelli assiri» con provenienza da Chiusi, recentemente rintracciato dalla dott.ssa Cianferoni tra le oreficerie delle
vecchie collezioni del Museo Archeologico di Firenze (inv. 15841). Cfr. Gamurrini 1910, p. 45
142
143
28
I nuclei di monete etrusche nel Monetiere del Museo Archeologico Nazionale di Firenze
neion (SNG 43)148, mentre i tre esemplari senza tipo
sembrano invece mancare149.
In una pubblicazione del 1910, Gamurrini descrisse inoltre altre due monete provenienti dal ripostiglio
di Volterra tra i doni da lui fatti al Museo di Firenze
prima del 1875150. Non comparendo alcuna indicazione di tipo o peso appare oggi impossibile una loro
identificazione tra quelle presenti nel Monetiere.
Il nucleo più consistente del ripostiglio di Volterra
fu, però, acquistato nel 1907 all’asta della collezione
del marchese Strozzi. Il catalogo redatto da Sambon151
riportava due lotti, relativi a tale ripostiglio: il primo
composto da cinque litrae152, di cui non esiste altra
notizia circa la loro appartenenza al ripostiglio, il secondo comprendente trentacinque monete che furono
comprate da Milani per Lire 131,25 e che entrarono a
far parte della raccolta del Museo di Firenze153. Dalla descrizione di questi pezzi appare evidente che la
maggior parte di quelli posseduti da Maffei ed Inghirami nel 1874, era poi passata nella raccolta del marchese Strozzi. Al loro ingresso nel Museo di Firenze
le monete furono inventariate con il numero unico
83099 e con la seguente descrizione: «Ripostiglio di
Volterra, 31 monete di Focea ed altre città ioniche».
Furono quindi registrate trentuno monete anziché
trentacinque. Non è possibile sapere se si sia trattato di un errore di registrazione o se effettivamente le
monete fossero in numero inferiore rispetto alle indicazioni del catalogo d’asta. Mancano, infatti, notizie
in merito a questa differenza sia nelle annotazioni inventariali che nella corrispondenza tra la casa d’aste
e Milani. In ogni registrazione, dall’elenco allegato
al buono di carico154, all’inventario stesso, vengono
sempre elencate trentuno monete155.
m.d.b.
Le monete di Isidoro Falchi (1887-1903)
A partire dal 1880, Luigi Adriano Milani entrò a
far parte della Commissione del Museo ed entrò in
stretto contatto con Isidoro Falchi, medico, amante
dell’archeologia e numismatico, che, proprio in quello stesso anno, era stato nominato regio Ispettore agli
scavi e ai monumenti di Vetulonia. Questo studioso
aveva, infatti, appena ricevuto l’incarico di eseguire
scavi sistematici sui poggi di Colonna di Buriano156,
per dimostrare l’esatta ubicazione dell’antica città di
Vetulonia, della quale ormai si occupava da tempo.
Egli proponeva l’identificazione di tale sito non solo su
basi archeologiche (gli scavi da lui condotti e le ricer-
Nelle schede di catalogazione del ripostiglio, conservate nel Monetiere, per questa moneta si legge: «D/ Polipo così descritto dal
Gamurrini e nel cartellino, a me pare si tratti della Maschera della Gorgone di cui si vedono chiari i serpentelli come sugli esemplari
meglio conservati».
149
Gamurrini elencò un totale di sessantacinque pezzi, tra cui ventitrè all’epoca già presenti nel Museo di Firenze e così descritti:
nove con Pegaso a d. o s., otto con testa di Medusa, uno con Testa di foca, uno con Testa di donna, uno con polipo (in realtà con
testa di Medusa), tre (o forse uno) senza tipo. Considerando le quattro monete già acquistate dallo scultore Consani, tra il 1867 ed
il 1874 erano pertanto pervenuti al Museo altri otto pezzi con Hippalektryion (o Pegaso) e otto con Gorgoneion, oltre a quelli senza
tipo. Si trattava quasi certamente di una parte dei pezzi appartenuti al conte della Gherardesca. Cfr. Gamurrini 1872b, pp. 208 ss.;
Gamurrini 1874, p. 50. Cristofani Martelli 1976, pp. 90-91.
150
Gamurrini 1910, p. 47.
151
Sambon 1907a.
152
Le cinque monete sono descritte nel lotto 605-610 con «Tête virile, à dr., de style sommaire et primitif, chevelure courte, devant
I. Cercle. Rv. Lisse.[…] Sambon, 90. Trouvaille de Volterra (1868)» e pesi di gr. 0,91, 0,89, 0,81, 0,77, 0,77. Nel catalogo d’asta,
conservato presso la BST, contenente le diciture scritte a mano degli acquirenti e dei prezzi di aggiudicazione, vi è una correzione
del lotto in 605-609, e l’annotazione dell’acquisto da parte del commerciante Leo Hamburger di Francoforte per L. 67 (al netto dei
diritti d’asta). Il lotto 610, segnato a parte e di cui manca una descrizione, fu invece aggiudicato a Sambon per L. 50.
153
Lotto 611a-k.
154
AST, pos. E/1, 1907; AST, Buono di carico n. 1280 del 30.06.1907.
155
Le monete del ripostiglio di Volterra sono state schedate ed inventariate, indicando con i numeri 83099/1- 83099/31 gli esemplari
comprati all’asta della collezione Strozzi, e 111006-111026 gli altri ventuno presenti e riferibili agli acquisti precedenti a tale asta.
Purtroppo l’attuale indicazione dei numeri di inventario non può essere di aiuto nella distinzione tra i due nuclei, poiché al Monetiere
si trovavano sicuramente prima dell’acquisto della collezione Strozzi monete oggi con inv. 83099. Un esempio su tutti è dato dall’unico
esemplare con testa di foca a s., appartenuto allo scultore Consani ed acquistato nel 1869, che presenta oggi inv. 83099/8.
156
Centro situato nel comune di Castiglione della Pescaia in provincia di Grosseto. A seguito delle scoperte effettuate da Falchi e
dei suoi studi, all’abitato di Colonna fu cambiato il nome in Vetulonia con Regio Decreto del 1887.
148
29
SNG Firenze - Italia - Etruria
che sistematiche nel territorio toscano), ma sopratutto
per una classe di monete in bronzo (D/ Testa maschile
con copricapo adatto a divinità o eroe del mare e R/
Tridente con delfini) poco analizzata in precedenza e
che era stata attribuita ad altre città, tra le quali Talamone. Proprio gli studi su queste monete e su quelle
in argento, raffiguranti la Gorgone, lo portarono a trascrivere come Vetulonia la leggenda presente su tali
esemplari, ad indicare l’importanza marittima assunta
da questa città in passato e a segnalare con certezza
che proprio a Colonna era il centro emittente.
Nonostante la sua carica ufficiale, seguendo un costume tipico assai diffuso tra Ottocento e Novecento,
Isidoro Falchi aveva raccolto presso di sé o acquistato da contadini che, durante il loro lavoro nei campi,
rinvenivano materiali antichi, un cospicuo numero di
reperti archeologici e di monete, costituendo così una
piccola raccolta privata. La sua collezione numismatica è stata in parte venduta e in parte donata da lui
stesso157, quand’era ancora in vita, al Museo Archeologico fiorentino, che alla fine del 1800 si andava costituendo come la principale istituzione museale per
la civiltà etrusca. Al Monetiere del Museo, perciò, è
ancor oggi conservato un considerevole numero di
monete a lui appartenute: cinquecentotrentasei per la
precisione. Si tratta per la maggior parte di pezzi etruschi e romani158, provenienti dall’area e dal territorio
dell’antica Vetulonia. Tutti questi esemplari sono stati danneggiati dall’alluvione del novembre del 1966
che ha portato alla perdita di alcuni pezzi e al difficile
riconoscimento e classificazione degli altri159.
Nel 1887, in occasione dell’apertura della sala del
Museo Etrusco per l’esposizione permanente dei materiali vetuloniesi, Isidoro Falchi offrì al Ministero la
sua raccolta numismatica. La donazione delle monete
non conobbe un percorso facile a causa del difficile
rapporto tra l’ispettore Falchi e il direttore del Museo
fiorentino, Luigi Milani. La collezione promessa era
composta da centoquarantadue pezzi160, ma alla fine
furono donate solo ottantacinque monete, delle quali dieci di argento (quinari e sesterzi)161 e le restanti
settantacinque in bronzo, tra le quali once, sestanti e quadranti battute dalla zecca di Vetulonia, tutte in buono stato di conservazione e probabilmente
raccolte in Maremma. I motivi di questa donazione
parziale non sono noti, ma è probabile che le altre
monete siano state poi offerte in vendita nel 1892,
quando il Falchi cedette il resto della sua collezione
al Museo di Firenze. Oggi è possibile riconoscere con
certezza solo ventidue esemplari162 di questa dona-
Anche i suoi eredi, in particolare il figlio, per pagare i propri debiti misero in commercio i materiali da lui raccolti. Infine quel
che rimaneva di tale collezione, nel 1988, è stato donato dalla nuora del Cavalier Falchi assieme alle lettere, ai suoi appunti e ai
documenti al Comune di Montopoli in Valdarno per la creazione di un museo a lui dedicato.
158
Castellani 1931, pp. 587-591. Castellani riporta un generico elenco delle monete con l’indicazione della quantità degli esemplari e un breve accenno alla loro descrizione.
159
Il lavoro di riconoscimento e di identificazione dei pezzi appartenenti alla collezione Falchi e la suddivisione nei diversi gruppi,
donati o venduti da tale studioso, è stato eseguito dal dott. Fiorenzo Catalli e pubblicato in Catalli 1980-1981, pp. 189-222. Ulteriori contributi ed aggiornamenti a tale lavoro sono contenuti nel volume curato dal dott. Stefano Bruni sulla figura di Isidoro Falchi.
Cfr. Isidoro Falchi 1994. Anche alcuni documenti recentemente ritrovati, antecedenti all’alluvione del 1966 e conservati presso il
Monetiere, presentano una catalogazione dei pezzi provenienti da Vetulonia. Forniscono spesso dei dati utili (come ad esempio il
peso ed il diametro) non indicati nell’inventario generale e negli elenchi redatti all’epoca dell’ingresso delle monete al Museo, ma
purtroppo non possono essere d’aiuto per rivedere e consentire l’esatta attribuzione e identificazione dei reperti numismatici, in
quanto manca quasi sempre il riferimento al numero di inventario.
160
Un elenco sommario allegato alla lettera del 29 marzo 1887 indirizzata da Milani alla Direzione Generale indicava: «[…] n. 101
monete di Vetulonia (91 bronzo e 10 di argento); n. 17 di Populonia (13 di argento e 4 di bronzo); n. 11 once varie (una di Cosa e diverse con polpo); n. 7 monete d’oro (tre di Augusto; due [illeggibile]; una di Napoli; una di Johannes [sic]); 6 pezzi di Aes grave romano
[…]» AGU, Filza 1887, parte D, pos. 8, pratica 8, citata da Bruni S. 1994, p. 142, nota n. 7.
161
Cfr elenco redatto da Milani contenuto presso l’AST in Catalli 1980-1981, p 220 e cfr. Filza 1887, parte D, pos. 8, pratica 8,
nota del 18.6.1887 presso AGU dove si scorge qualche piccola differenza tra i due. Il numero delle monete indicato nei due elenchi
è di ottantasei, ma in realtà la presenza di una nota a margine indica che uno dei quadranti era di proprietà del sig. Mazzolini. Le
monete pertanto sono ottantacinque.
162
Inv. 73236 – 73321. SNG 68, 328, 491, 507, 509, 514, 518, 524-525, 542, 554, 655, 664, 671-672, 685, 710, 819, 822, 884,
891-892.
157
30
I nuclei di monete etrusche nel Monetiere del Museo Archeologico Nazionale di Firenze
zione del 1887, dei quali dieci in argento, emessi per
lo più dalla zecca di Populonia, e dodici in bronzo,
emessi dalla zecca di Vetulonia con al D/ la tipica
testa maschile coperta da spoglie di mostro marino
e a R/ un tridente accostato da due delfini. Ciò che
rimaneva della collezione fu venduto al Museo nel
1892163 e comprendeva esemplari di Vetulonia (once)
e di Populonia (monete da 2,5 unità), esemplari d’oro
romani, esemplari longobardi e esemplari medievali164. Milani, però, era interessato solo alle monete
di Vetulonia165 e a poche altre. Quindi quasi tutti i
pezzi di Populonia rimasero in possesso dell’ispettore Falchi. Assieme alle monete vennero comprati dal
Museo fiorentino anche alcuni scarabei, delle pietre
incise e un anello d’oro.
I rapporti tra Falchi e Milani continuarono anche
negli anni successivi tanto che, nel 1898, il Museo
acquistò ancora dall’ispettore degli altri esemplari
vetuloniesi166 rinvenuti sul poggio di Colonna per la
modica cifra di 150 Lire: due once, una semuncia,
quarantaquattro sestanti, due monete da 20 unità con
la raffigurazione di Metus al D/, una moneta da 2,5
unità, ed una da 1 unità. Di questo acquisto facevano
parte inoltre monete fuse167.
L’anno dopo, in una lettera indirizzata al Milani, Falchi dichiarava di aver consegnato al Museo
per venderle altre trentun monete168 «diciannove sestanti comuni, cinque once e sette monete d’argento
con rovescio liscio»169da lui acquistate proprio a Vetulonia.
Altri cinque pezzi, tre con provenienza Vetulonia e
due Populonia, identificati come bronzo, ma in realtà
d’argento furono ceduti nel 1900 per la cifra di 100
Lire170. Nel 1902, entrarono a far parte del Museo diciassette monete (SNG 500, 676, 719, 787, 794, 797,
881)171, delle quali dieci etrusche, rinvenute ed acquistate a Vetulonia172.
Oltre agli esemplari della sua collezione privata,
al Museo sono conservate anche la maggior parte delle monete provenienti dagli scavi da lui condotti. Sotto la direzione dell’Ispettore Falchi, infatti, nell’antica città di Vetulonia si effettuarono dal 1892 al 1898
La vendita fu perfezionata l’anno successivo cfr. AST, pos. E/11, 1892; AST, pos. E/1 1893.
Catalli 1980-1981, p. 191, nota n. 9.
165
AST, pos. E/11, proposta di acquisto del 10 luglio 1892, n. 1342/686. Le monete di Vetulonia (inv. 74843-74905) sono: SNG 3,
411, 519, 531-533, 535, 537, 539, 656, 658, 663, 668, 673-674, 678, 688, 693, 697, 703-704, 706, 707, 709, 718, 726, 730, 735,
739-741, 749, 751, 754, 759, 766, 771, 776, 784, 810, 812, 817, 824, 883, 888, 1115, 1128-1129.
Per quanto riguarda questo gruppo di monete bisogna sottolineare che nelle schede cartacee, più volte menzionate, sono indicati
peso, diametro, descrizione e a matita anche il numero di inventario. Dai pesi e dai numeri di inventario in esse riportati risulterebbero avvenuti numerosi scambi se confrontati con i dati indicati nella presente Sylloge. Tuttavia essendo le informazioni poco
sicure in quanto scritte a matita e visto il cattivo stato di conservazione degli esemplari, si è preferito lasciare invariati i numeri di
inventario con cui queste monete sono attualmente conservate.
166
Inv. 77953-77960. SNG 403, 415, 541, 546, 654, 660, 665, 680, 689-690, 695, 698-700, 713-716, 727, 752, 758, 762, 770, 775,
791, 799, 802, 815, 820, 838, 840, 842-845, 847-848, 851-852, 854-855, 858, 861, 863, 865, 874, 876, 880, 885, 887, 890.
Cfr. AST, rendiconto n. 4, dell’es. 1897-1898, cap. 52 art. 2 B, doc. n. 32 del 30 giugno del 1898; AST, Buono di carico n. 510 del
30 giugno del 1898. I quarantaquattro sestanti comuni erano per la maggior parte mal conservati e anche una moneta da 20 unità
con Metus/Polpo era piuttosto consunta.
167
Si tratta di cinque esemplari: «[…] triens urbano librale; semis con la ruota (Rutuli); semis con la clava (Capua); sestans con la
conchiglia; oncia ghiandiforme liscia […]».
168
Inv. 78129-78159. SNG 474, 485, 492, 502, 506, 508, 515, 662, 666, 669, 670, 684, 712, 745, 755, 757, 777, 798, 800, 803,
804, 806, 882, 830, 833, 834, 835, 837, 869, 871, 875, 911.
169
AST, rendiconto n. 2, dell’es.. 1898-99, capitolo n. 49, doc. n. 13; AST, Buono di carico n. 584, del 29 maggio 1899.
170
Inv. 78995-78999. SNG 64, 259, 512, 534. In questa Sylloge risulterebbe mancare l’esemplare con inv. 78999, che non è stato
possibile rintracciare tra quelli nel Medagliere fiorentino.
171
Inv. 80302-80318. AST, rendiconto n. 5, dell’es. fin. 1901-1902, cap. 53 art. 2 B doc. n. 7 del 17 giugno del 1902; AST, Buono
di carico n. 931 del 17 giugno del 1902.
Da questo buono di carico risulterebbero mancare nel presente catalogo un’oncia di Vetulonia con inv. 80315 e due sestanti con inv.
80312 e 80313 dei quali uno spezzato. Le altre sono tutte monete romane di bronzo e un vittoriato d’argento.
172
In AST, rendiconto n. 5, dell’es. fin. 1901-1902, cap. 53 art. 2 B, il doc. n. 7 del 17 giugno del 1902, riporta: «monete trovate
negli scavi di Vetulonia». L’elenco allegato specifica: «Monete trovate ed acquistate a Vetulonia nella primavera 1902», distinguendo
il gruppo di esemplari acquistati dal sig. Giovanni Castelli, da quelli comprati da Giovanni e Giuseppe Pocceschi.
163
164
31
SNG Firenze - Italia - Etruria
varie campagne di scavo, che interessarono principalmente una piccola area dell’abitato antico173. Gli
esemplari recuperati furono piuttosto numerosi, ma
di essi non esiste un elenco completo ed esauriente174. Nelle relazioni di scavo, infatti, la descrizione
dei pezzi trovati è quasi sempre generica: non ci sono
indicazioni né di pesi, né di diametro e, nelle relazioni pubblicate dall’ispettore vengono menzionate solo
le monete trovate negli anni 1892-93 e 1895-1896175.
Ulteriori indagini furono eseguite nel 1903 e le monete e gli oggetti recuperati furono acquistati e inviati
al Museo176 nel medesimo anno.
Altri acquisti furono fatti dall’Ispettore Falchi
per conto del Museo. Egli si fece vendere numerosi
pezzi etruschi misti a esemplari romani tra il 18941903 dai signori Giuseppe e Gustavo Pocceschi. Il
Monetiere, dunque, si arricchì nel giro di pochi anni
di varie monete etrusche tutte provenienti da Vetulonia. Furono comprate all’inizio solo quattro monete177. Nel maggio del 1900 si susseguirono una serie di acquisizioni: otto sestanti di Vetulonia178; un
sesterzio con al D/ Testa maschile giovanile a d.;
dietro IIΛ (SNG 540)179; una monetina in argento
da 1 unità (SNG 548)180 trovata «ai Leccioni a confine col convento di S. Bartolomeo»; due esemplari
d’argento (SNG 520, 523) e un’oncia di Vetulonia
(SNG 886)181. Infine fu ceduta per 6 Lire una moneta d’argento «D/ testa di Mercurio R/ Iscrizione VN
(paplun)» scoperta sotto le mura di Vetulonia in località Costa dei Castagni182.
f.g.
La collezione e gli acquisti Mazzolini (1890-1908)
Il sig. Alessandro Mazzolini, distinto e riconosciuto numismatico del XIX secolo, scopritore di tombe
etrusche, amante e commerciante di oggetti antichi
che esponeva nella sua casa di Campiglia Marittima
a pochi chilometri dall’antica Populonia, cominciò a
collezionare monete nel 1865 su consiglio del marchese Carlo Strozzi, col quale era in buoni rapporti
per avergli venduto alcuni esemplari piuttosto rari di
monete.
I resti scoperti si riferiscono a botteghe ed abitazioni private poste lungo una via lastricata della città del periodo ellenistico.
Alcune vie principali si staccavano da quella principale per salire su Poggiarello Renzetti dove si trovarono le vestigia di un piccolo
tempio. Cfr. Catalli 1980-1981, p. 193, nota n. 12.
174
Le monete ritrovate hanno inv. 9007-9428. Quelle indicate nel presente catalogo sono: SNG 408, 412, 496, 513, 529, 536, 562,
574, 635, 652, 653, 661, 675, 677, 679, 681-683, 686, 691-692, 694, 696, 705, 717, 720-725, 729, 731-731, 734, 736-738, 742,
744, 746-748, 750, 753, 760-761, 764-765, 768-769, 773-774, 778, 780-782, 785-786, 788, 792-793, 795-796, 801, 805, 808809, 811, 813, 814, 823, 825-829, 832, 836, 839, 841, 846, 849-850, 853, 856-857, 859-860, 864, 866, 870, 872-873, 877-878,
889, 1022,
175
Falchi 1894a, p. 356 e Falchi 1898, p. 81. È da sottolineare inoltre che spesso le descrizioni e le indicazioni fornite da Falchi non
coincidono con quelle presenti nel catalogo generale della Soprintendenza archeologica. Le schede cartacee indicano sporadicamente il numero di inventario e pertanto permettono di attribuire con certezza solo pochissimi numeri d’inventario e di identificare
con sicurezza pochi pezzi, cioè inv. 9040, 9044, 9089, 9096, 9126, 9328, 9364 rispettivamente SNG 744, 828, 682, 769, 653, 780,
661.
176
Inv. 81221-81243. AST, rendiconto n. 2 dell’es. fin. 1902-1903, cap. 40. I pezzi etruschi fino ad ora individuati e collocati nella
SNG sono essenzialmente due: un’unità con Ruota arcaica al D/ e senza tipo a R/ (SNG 79) e un sestante con la leggenda Pupluna
(SNG 584).
177
Inv. 75986-75990, che però non è stato possibile ritrovare tra quelli conservati. AST, rendiconto n. 1 dell’es. fin. 1894-1895, cap.
42 art. 1 B; AST, Buono di carico n. 186 del 1 gennaio 1895.
178
AST, rendiconto n. 4 dell’es. fin. 1899-1900, cap. 51, doc. n. 23; AST, Buono di carico n. 731 del 27 maggio del 1900. Le monete
acquistate sono in totale quindici, varie in cattivo stato di conservazione, sette di esse sono romane.
179
AST, rendiconto n. 4 dell’es. fin. 1899-1900, cap. 51, doc. n. 24; AST, Buono di carico n. 730 del 27 maggio del 1900. Assieme
al sesterzio furono acquistate altre due monete d’argento e dodici di bronzo, quasi tutte romane.
180
AST, rendiconto n. 4 dell’es. fin. 1899-1900, cap. 51, doc. n. 25; AST, Buono di carico n. 728 del 27 maggio del 1900.
181
AST, rendiconto n. 4 dell’es. fin. 1899-1900, cap. 51, doc. n. 26; AST, Buono di carico n. 727 del 27 maggio del 1900. Facevano
parte di questo acquisto anche una moneta d’argento romana e un sestante romano con la testa di Mercurio.
182
AST, rendiconto n. 4 dell’es. fin. 1899-1900, cap. 51, doc. n. 27; AST, Buono di carico n. 729 del 27 maggio del 1900. Tale
moneta (inv. 79045), però, risulta mancante; forse è andata persa durante l’alluvione. Anche un esemplare di cui è presente la registrazione dell’acquisto il 7 gennaio 1899 (buono di carico n. 183) è assente. Si tratta di una didramma con Gorgone con inv. 75985
acquistata a Vetulonia nel 1893.
173
32
I nuclei di monete etrusche nel Monetiere del Museo Archeologico Nazionale di Firenze
La sua collezione183, dopo alcuni anni di trattative184, fu acquistata per il Monetiere di Firenze nel
1890 ed esposta nella sala XXX del Museo Topografico. Comprende esemplari etruschi d’oro (quattro pezzi185: due da 25 unità, uno con Testa maschile, l’altro
con Testa femminile al D/, un pezzo da 10 unità raffigurante una Testa maschile con capelli lisci al D/ e
una moneta senza tipo da entrambi i lati), d’argento
(settantacinque pezzi, per la maggior parte esemplari
da 20 unità raffiguranti al D/ Metus186, ed esemplari
da 2,5 unità, raffiguranti al D/ una testa maschile giovanile187) e di bronzo (ottantacinque pezzi, con un cospicuo numero di sestanti, alcuni della serie Menrva/
Civetta ad ali chiuse su crescente e con iscrizione188
ed altri raffiguranti Testa maschile/Tridente accostato
da delfini189, di trienti con Sethlans/Tenaglie e martello190 e altri con Menrva/Civetta ad ali aperte191) per
un totale di centosessantaquattro pezzi.
La collezione è costituita da monete rinvenute,
quasi tutte sporadicamente, tra Cecina e la Cornia,
nel territorio dell’antica Populonia; pochi pezzi provengono da Vetulonia e due dalla collezione Maffei di
Volterra. Solo otto pezzi da 20 unità, ritrovati presso
i Pianali di Castagneto, facevano parte di un piccolo
e unico ripostiglio contenuto in un vasetto di terracotta192.
Al momento della vendita e dell’arrivo al Museo
ogni moneta aveva un cartellino indicante la provenienza, a cui poi si aggiunse il numero d’inventario
della Soprintendenza. A causa dell’alluvione del
1966, queste monete si mischiarono ad altri pezzi
etruschi e romani provenienti da scavi effettuati a Populonia tra il 1923 ed il 1926193, privi di cartellino,
che erano racchiusi nella stessa vetrina. Fortunatamente tale vetrina non si ruppe, nonostante la furia
dell’acqua, e seppure con fatica è stato possibile ricostruire l’intera collezione194.
f.g.
Negli anni successivi alla cessione della sua collezione, il sig. Mazzolini continuò ad offrire al Museo
di Firenze alcune monete etrusche, con il vivo desiderio di incrementare così la raccolta del Monetiere.
Già nell’ottobre 1890, infatti, egli inviava a Milani un
esemplare da 12,5 unità della serie incusa (SNG 649),
accompagnandolo con una lettera, nella quale afferma-
Inv. 74034-74197.
Vedi la fitta corrispondenza, conservata presso l’AST della Soprintendenza di Firenze, tra Mazzolini e Milani. Una sintesi delle
trattative intercorse e delle ragioni di assicurare la collezione al Museo è contenuta nella lettera del 17 febbraio 1890 indirizzata
al marchese Carlo Ginori Lisci, R. Commissario per le Antichità e Belle Arti della Toscana, dove Milani scrisse infine: «[…] Io la
raccomando quanto so e posso caldissimamente alla S. V. Ill.ma ed al Ministero, imperocché essa, se non potrà allettare l’occhio del
comune visitatore del Museo, ha intrinsecamente il merito inapprezzabile di rappresentare una pagina chiara e sicura di storia in mezzo
alle fitte tenebre etrusche […]». AST, pos. A/3, lettera del 17 febbraio 1890, n. 138/59.
185
Rispettivamente SNG 90, 93, 99, 104.
186
SNG 131-133, 137-140, 142-143, 158-159, 163, 165, 265, 314, 320, 326, 335, 361, 364, 373, 377, 378, 390, 392, 394, 404,
413, 422.
187
SNG 516-517, 521-522, 526-528, 530, 543-545, 549. Gli altri pezzi in argento sono: 58, 61-63, 74, 80, 86, 446, 449, 452, 456,
463-464, 467, 470-471, 476, 483, 487, 490, 494-495, 498-499, 501, 503, 505, 510, 1165-1166, 1168.
188
SNG 565-568, 570-572, 576, 578-579, 582-583, 586-592, 594, 596.
189
SNG 687, 708, 711, 743, 756, 763, 767, 772, 783, 789-790, 807, 816, 818, 821, 831, 862, 867-868. Altri sestanti sono: SNG
597, 599, 602, 604, 606, 608-609, 611-614, 616.
190
SNG 620-621, 623, 625-628, 632, 634, 637-641.
191
SNG 551-553, 555, 557-560. Altri esemplari appartenenti alla collezione sono: monete da 100 unità (SNG 644), da 50 unità
(SNG 645), da 5 unità (SNG 651), ed oncia (SNG 1110).
192
AST, pos. A/3, lettera del 17 febbraio 1890, n. 138/59, dove, però, si parla di dieci esemplari di questo ripostiglio. Per l’identificazione dei pezzi cfr. Catalli 1974-1975, p. 182.
193
Nota n. 9 in Catalli 1974 – 1975, p. 183.
194
Cfr. a tal proposito Catalli 1974 - 1975, pp. 181-193. Nella ricostituzione della collezione, risultarono mancanti due monete in
bronzo, indicate nell’elenco conservato all’atto dell’acquisto, quali once, una raffigurante una tartaruga e l’altra una testa di vecchio;
mentre risultavano in soprannumero quattro sestanti del tipo Sambon 117 e uno del tipo Sambon 121-122. Le schede cartacee, più
volte citate, pur riportando con precisione descrizione e pesi, non permettono di attribuire con certezza i numeri dell’inventario in
quanto i pezzi risultano pur sempre molto simili tra loro sia per pondometria e soggetto, sia per il cattivo stato di conservazione.
183
184
33
SNG Firenze - Italia - Etruria
va di essere in vista di un’altra moneta di Populonia e
di poter così cominciare a mantenere la promessa fatta,
cioè cedere al Museo tutti i suoi acquisti futuri195.
Le monete etrusche comprate dal Museo nel corso
degli anni e di cui si conserva documentazione di archivio, furono due: un sestante della serie con Menrva
(SNG 585) rinvenuto, assieme ad altro materiale di corredo della fine del IV – inizi III secolo a.C.196, all’interno di una tomba a fossa scoperta a Monte Pitti, a pochi
chilometri da Populonia197, ed un nominale in argento
di incerta attribuzione con testa di leone al D/ acquistato nel 1908198 (SNG 1163). Non tutte le proposte di
acquisto di Mazzolini furono però accettate dal Museo.
Tra esse è da segnalare la mancata acquisizione di un
esemplare inedito in oro da 50 unità, con testa frontale di Metus e R/ liscio, offerto a Milani nel dicembre
1898 e proveniente dai dintorni di Populonia199.
m.d.b.
seo di Firenze un numero consistente di monete etrusche il cui ingresso era avvenuto in momenti e forme
diverse. Sempre negli stessi anni si verificarono anche una serie di ritrovamenti minori, frutto di scavi
o di scoperte casuali, che portarono al Museo altre
monete etrusche di cui si conservano precisi dati di
provenienza.
Dagli scavi condotti sul colle di Talamonaccio200
nel 1892, proviene un sestante di Vetulonia (SNG
779) che Sordini, incaricato da Milani di seguire le
ricerche, riscattò dagli operai del Genio Militare201.
Il colle di Talamonaccio, infatti, fu interessato tra il
1888 ed il 1892 dai lavori per la costruzione di un
forte militare e da alcuni scavi che determinarono la
scoperta di un tempio con terrecotte architettoniche,
fra le quali un frontone con figurazione del mito tebano e altri importanti reperti. In merito al ritrovamento
delle monete è da osservare che Gamurrini pubblicò,
all’epoca, un elenco completo degli esemplari rinvenuti negli scavi del 1888 e consegnati al Museo,
indicando alcuni pezzi attribuiti a Cosa, Vetulonia e
Populonia202. Di questi, però non esiste un preciso
Ritrovamenti e scoperte tra il 1888 ed il 1908
Le ricerche di Isidoro Falchi a Vetulonia ed a Populonia alla fine dell’800 avevano assicurato al Mu-
AST, pos. A/3, lettera del 30 ottobre del 1890, n. 132/76. La moneta era stata inviata per un confronto con un altro esemplare identico (SNG 648), conservato presso il Museo Archeologico fiorentino, del quale non si hanno informazioni riguardo l’acquisizione, e
che all’epoca risultava quindi presente nel Monetiere. Mazzolini, scrivendo a Luigi Milani alcuni anni dopo, chiese la restituzione o
l’acquisto da parte del Museo della moneta da lui inviata (AST, pos. A/8, lettera del 9 gennaio 1905, n. 76/31) ma, essendo trascorso
molto tempo, della moneta si era probabilmente persa memoria. Lo stesso Milani annotò di verificare la presenza di tale pezzo nel
Museo. Non risultano quindi registrazioni di acquisto o di inventario di questo esemplare, che è stato poi ritrovato nel 1975 dal
dott. Catalli ancora allegato alla lettera inviata da Mazzolini nel 1890 e collocato al Monetiere (nota n. 2 di Catalli 1974-1975, pp.
181-182).
196
AST, Buono di carico n. 635 del 30.06.1899; per la datazione del complesso si veda Bruni 1990, pp. 11-18.
197
Proprio ad Alessandro Mazzolini si deve la scoperta della necropoli di cui la tomba fa parte. Cfr. Falchi 1895, pp. 334-338.
198
AST, Buono di carico n. 1346 del 09.05.1908; AST, pos. E/1, 1907 e 1908. Nel carteggio conservato non vi sono precise indicazioni sulla provenienza della moneta. Continui, però, risultano essere i riferimenti all’esemplare come «monetina d’argento di
Populonia» insieme alle dichiarazioni che si trattava di un «tipo del tutto nuovo». Si potrebbe pertanto pensare ad una provenienza
dall’area campigliese, come del resto la quasi totalità del materiale ceduto al Museo dal sig. Mazzolini.
199
AST, pos. A/2 lettera del 20.12.1898, n. 1202. In una lettera successiva con la quale furono inviati al Museo i calchi della moneta,
non più conservati, Mazzolini ne fornì la seguente descrizione: «[…] È una moneta appartenuta certo a Populonia, trovata in questi
paraggi. Vi ha sul davanti la Gorgone in circolo liscio, con capelli divisi e sciolti ondulati senza diadema ricorrenti fino a metà delle
guance. Occhi molto pronunziati e sporgenti; naso […] bocca aperta con denti nella parte superiore e lingua fuori, e sotto il segno ↑
cinquanta, dietro liscia. Pesa grammi 2,68. È di una splendida conservazione, oro pallido, Per quanto io sappia è la prima moneta in
oro che capita col gorgonio, per cui unica e credo anche di non lieve importanza […]». Questa emissione è nota in soli due esemplari:
uno di gr. 2,73 conservato al British Museum (Hess-Leu 1962, 12) ed un secondo di gr. 2,87 che presenta una rottura di conio al D/,
apparso anche recentemente all’asta (Numismatica Ars Classica AG, Auction 13, 1998, n. 9; ex collezione Jameson; ex collezione
Antikenmuseum Basel). Cfr. Vecchi 1988, p. 72 e pl. 9, nn. 69-70 (le foto risultano scambiate) e HN Italy 139, pl. 3.
200
Il colle di Talamonaccio è situato nei pressi della foce del fiume Osa, nel Comune di Orbetello (GR). Fu sede dell’antico abitato
di Telamon, distrutto probabilmente intorno all’80 a.C.
201
La moneta venne registrata in inventario con la seguente descrizione: «Talamone, scavi 29.05.92, moneta in bronzo molto corrosa,
diam 0,025». Nella stessa data, Sordini scrisse nel suo taccuino: «[…] Si raccoglie tra gli operai del Genio Militare una moneta di
bronzo. Testa con elmo R/ irriconoscibile […]» Cfr. Sensi 1987, p. 59; Catalli 1990, p. 83.
202
Gamurrini 1888, pp. 682-691.
195
34
I nuclei di monete etrusche nel Monetiere del Museo Archeologico Nazionale di Firenze
riscontro nelle descrizioni inventariali e nella catalogazione eseguita per il Monetiere203.
Dal territorio di Massa Marittima provengono tre
monete registrate in due momenti differenti in inventario come acquisti Grembialini. Due di queste furono acquistate direttamente da Milani durante gli
scavi intrapresi a partire dal 10 maggio 1893 presso Poggio Castiglione e Poggio Avvoltore204. Queste
indagini archeologiche miravano ad acquisire informazioni utili per dirimere l’annosa questione vetuloniese e poter stabilire se il centro etrusco di Vetulonia dovesse effettivamente riconoscersi a Colonna
di Buriano, come sostenuto da Isidoro Falchi, oppure
a Poggio Castiglione. In occasione di una sua visita,
Milani ebbe modo di visionare alcuni oggetti antichi
posseduti da privati e rinvenuti proprio nella zona,
tra i quali quelli del Sig. Bartolomeo Grembialini di
Massa Marittima, dal quale acquistò, insieme ad altro
materiale, due sestanti di Vetulonia (SNG 701, 702)
rinvenuti a Poggio Castiglione205.
Il secondo acquisto registrato con il nome di Grembialini riguarda invece il ritrovamento, segnalato al
Milani dal dott. Luigi Petrocchi, nel giugno 1894, di
un’urna in pietra contenente un semisse di Volterra
(SNG 895), una fibula, un filo d’oro forse pertinente ad
un orecchino e alcuni vasetti206. Milani mostrò subito il
suo interesse per la moneta, sia perchè di peso diverso dall’esemplare dello stesso tipo già posseduto dal
Museo fiorentino, sia, soprattutto, per la provenienza
certa. L’urna, infatti, era stata ritrovata da Giuseppe
Rossi «nel territorio di Massa a confine con quello di
Suvereto e precisamente in vicinanza dell’imbocco del
torrente Millio nel fiume Cornia207». Una volta definito il prezzo di acquisto, Milani autorizzò il pagamento
della moneta e della fibula208, mentre Grembialini venne incaricato di ritirare il materiale dal proprietario.
Successivamente venne comprata anche l’urna, ancora
oggi al Museo, databile alla fine del III secolo a.C.209
Il rinvenimento di moneta volterrana all’interno di
un’urna si era già presentato in un’altra occasione,
con la scoperta della tomba dei Calisna Sepu, venuta alla luce nel dicembre 1893 durante alcuni lavori
agricoli nella tenuta del Casone, nei pressi di Monteriggioni. La tomba, appartenuta ad un’importante
famiglia etrusca, conteneva numerose urne ed all’interno di una di queste si rinvennero due dupondi della serie della clava210, di cui uno passò al Museo di
Firenze (SNG 910) e l’altro venne ceduto al Museo
di Berlino211, insieme ad altro materiale proveniente
dalla tomba stessa. L’urna contenente le due monete
è stata datata alla fine del III-inizi II secolo a.C.212
Tra il 1895 ed il 1908 è inoltre documentato l’ingresso nelle collezioni del Monetiere di alcune monete etrusche che erano state sottoposte all’attenzione
di Milani, sempre attento a garantire al Museo l’acquisto di pezzi di provenienza certa. Si tratta di mo-
Schede cartacee conservate presso il Museo Archeologico di Firenze; si ringrazia per la segnalazione di tali documenti la Prof.
M. C. Molinari. La moneta attribuita da Gamurrini a Populonia, è probabilmente quella descritta al n. 10170 dell’inventario come
«piccola monetina d’argento con testa volta a d.)(liscia. Diam. 0,015», e nelle schede nel seguente modo: «D/ Testa laureata e barbata a d.; segni alfabetici ai due lati: a s. DI, a d. VS e linea obliqua? R/ scomparso o liscio».
204
Sugli scavi intrapresi a Poggio Castiglione e le antichità visionate dal Milani si veda Milani L. A. Una seconda Vetulonia, nota
letta nella seduta della R. Accademia dei Lincei il 21 maggio 1893; fascicolo a stampa conservato presso l’AST. Si ha la notizia del
ritrovamento, nel primo giorno di scavo a Poggio Castiglione, di un sestante di Vetulonia che però non ha riscontro nell’inventario
del Museo.
205
AST, Buono di carico n. 109 del 23.06.1893. Nell’AST si conserva l’elenco degli Oggetti scelti dal Prof. Milani tra le anticaglie
del Sig. Bartolomeo Grembialini, pos. F/10, 1893. In merito a questo acquisto Isidoro Falchi, in aperto contrasto con Milani sulla
possibilità di identificare l’antica Vetulonia a Poggio Castiglione piuttosto che a Colonna, scrisse: «[…] Io non voglio mettere in
dubbio la provenienza di quegli oggetti; solamente debbo notare che il Sig. Grembialini di Massa è il veterinario di Colonna, dove egli
ha sempre acquistato tutte le monete e tutti gli oggetti che a Colonna gli sono capitati […]», cfr. Falchi 1894, p. 24, nota n. 1.
206
AST, pos. E/1, lettera del 21 giugno 1894, n. 532/250. Lo studio completo del ritrovamento è pubblicato in Maggiani 1979, pp.
99-108.
207
AST, pos. E/1, lettera del 13 luglio 1894, n. 623/286.
208
AST, Buono di carico n. 161 del 20.07.1894.
209
L’urna ha inv. n. 75991 come indica Maggiani 1979, pp. 99-108.
210
IGCH 2049; RRCH 555.
211
Haeberlin tav. 83, n. 4. Il Museo di Firenze conserva un calco in gesso di tale esemplare.
212
Le notizie del ritrovamento e l’analisi dei materiali sono in Bianchi Bandinelli 1928, pp. 133 – 176, tavv. XXVII- XXXVII.
203
35
SNG Firenze - Italia - Etruria
Gli acquisti nel mercato antiquario (1889-1913)
nete cedute spesso dagli stessi scopritori e di cui si
conservano in archivio le informazioni relative al luogo di ritrovamento.
Una ricevuta di pagamento del 1895 documenta
l’acquisto dalla sig.ra Bianca Mariti di una moneta
di bronzo a leggenda Peithesa (SNG 1154). La località di ritrovamento, «sopra Grassina in luogo detto
il fonte del Vecchietti presso Carpineto (volgarmente
detto: Buca delle Fate)»213 è probabilmente da riconoscersi nel luogo in cui sorge il ninfeo della fata
Morgana o Fonte delle Fate, posta tra il Poggio di
Carpineto e il Poggio della Fattucchia, nei pressi di
Firenze ed un tempo facente parte delle proprietà
Vecchietti.
Il 28 ottobre 1897 il Museo rimborsò invece al
dott. Luigi Petrocchi, Regio Ispettore degli Scavi e
Monumenti di Massa Marittima, la somma anticipata
per il pagamento al sig. Generoso Ciampoli di un’oncia della serie Testa di negro/Elefante (SNG 1127)
rinvenuta nei pressi di Valpiana214.
Qualche anno più tardi, nel 1903, venne acquistato dal Sig. Mario Galgani un semisse della serie Ruota/Cratere (SNG 975), di cui nel Monetiere non erano presenti altri esemplari, «rinvenuto fra Sarteano e
Chiusi e precisamente nel podere detto Le Lame, che si
trova fra Cetona e Sarteano, nel 1901»215, mentre una
moneta della zecca di Populonia da 5 unità, raffigurante al D/ Testa di Aplu a d., dietro Λ e proveniente
da Porto Baratti (LI), venne ceduta al Museo nel 1908
dal sig. Sestilio Natali (SNG 76)216.
m.d.b.
Negli anni in cui Luigi Adriano Milani diresse il
Museo fiorentino, il mercato antiquario rappresentò
una fonte importante per incrementare la collezione
numismatica del Museo. Il ricorso al commerciante permetteva di arricchire la raccolta attraverso la
scelta di pezzi mancanti e particolarmente significativi ai fini dell’esposizione, ma anche di controllare
lo stesso mercato delle antichità, ottenendo notizie
in merito a nuove scoperte e garantendosi, a volte, la
possibilità di visionare e studiare i materiali prima
che fossero venduti a collezionisti privati o musei
esteri217.
Tra gli antiquari con i quali Milani intrattenne
rapporti, un posto di primo piano spetta sicuramente
a Giuseppe Pacini, titolare di un Magazzino d’oggetti
di belle arti e di antichità in via de’ Fossi a Firenze218, che offrì spesso in vendita al Museo reperti di
particolare interesse. Tra il 1884 ed il 1907 furono
acquistate da questo antiquario numerose monete, tra
cui il ripostiglio di antoniniani rinvenuto a Modigliana (Forlì)219, l’aes signatum Tridente/Caduceo proveniente da Spoleto220, il frammento di un altro aes signatum trovato presso Terni221, vari esemplari di aes
grave provenienti da Foligno222.
Per quanto riguarda le monete etrusche, il primo
acquisto documentato è quello di un pezzo da 20 unità di Populonia con caducei al rovescio (SNG 149)
che fu offerto al Museo nel 1889223. Ne seguirono numerosi altri e, per alcune monete, furono anche rac-
AST, pos. E/3, ricevuta del 25 gennaio 1895, n. 83/40; AST, Buono di Carico n. 189 del 25.01.1895.
Ricevuta n. 3 del 28 ottobre 1897 e relativo allegato del 24 ottobre 1897; AST, rendiconto n. 2 dell’es. fin. 1897-98, cap. 52 art.
2 B. AST, Buono di carico n. 413 del 28.10.1897
215
AST, rendiconto n. 2 dell’es. fin. 1902-03, cap. 53 art. 2 B, ricevuta n. 16 del 22 febbraio 1903. AST, Buono di carico n. 989 del
22.02.1903.
216
AST, Buono di carico n. 1348 del 16.05.1908.
217
Milani, ad esempio, ebbe la possibilità di studiare un importante ritrovamento grazie alla disponibilità dell’antiquario Pacini;
Milani 1891, p. 30.
218
Già Gamurrini aveva effettuato acquisti per il Regio Museo Etrusco da questo antiquario. Si veda Gamurrini 1924, p. 58.
219
AST, Buono di carico n. 1180 del 13/01/1906, inv. 82274-86. Vanni 1989b, pp. 7-198.
220
Inv. 76903; AST, Buono di carico n. 339 del 06.12.1896.
221
Inv. 77344; AST, Buono di carico n. 411 del 05.07.1897.
222
Inv. 75481-75492; AST; Buono di carico n. 113 del 30.06.1898.
223
Da una nota di Milani si apprende che la moneta dello stesso tipo descritta da Garrucci alla tav. LXXII, 13 come appartenente
alle collezioni del Museo di Firenze, in realtà non ne faceva parte, giustificando così l’acquisto dell’esemplare presentato dall’antiquario Pacini; «Monete etrusche proposte all’acquisto e monete etrusche edite dal Garrucci come del Museo di Firenze e non esistenti
in collezione […]»; AST, pos. A/14, minuta del 2 maggio 1889, Prot. 49/22.
213
214
36
I nuclei di monete etrusche nel Monetiere del Museo Archeologico Nazionale di Firenze
colte informazioni sulla località di ritrovamento. È il
caso di un gruppo di tre once delle serie Ruota/Ruota
(SNG 964) e Ruota/Ancora (SNG 1055224, 1064), tutte con provenienza da Chiusi, acquistate nel 1894 e
di un quadrante della serie Ruota/Anfora, ritrovato in
territorio chiusino e comprato qualche anno più tardi
(SNG 1075)225. Per un’oncia di Volterra della serie
della Clava ed un quadrante della serie Ruota/Anfora, entrati a far parte della collezione del Museo nel
1896, è documentata solo una generica provenienza
dall’Etruria (SNG 930, 1077)226. Nessuna notizia si
conserva, invece, in merito alla provenienza delle
monete acquistate nel 1897, di cui fanno parte due
esemplari della zecca di Volterra (SNG 897-898) ed
alcuni pezzi delle serie della Ruota (SNG 1010, 1019,
1023, 1029, 1059, 1062, 1089)227. L’ultimo acquisto
di un pezzo etrusco da questo antiquario riguardò, nel
1903, un asse particolarmente raro della serie Ruota/
Bipenne (SNG 990)228.
Tra le persone che offrirono spesso oggetti antichi
al Museo di Firenze, comprese alcune monete etrusche, di cui sono documentati numerosi contatti con
Milani, sono da segnalare anche il canonico Brogi ed
il sig. Mignoni di Chiusi, il sig. Fanani di Volterra ed i
fratelli Neri di Orvieto. Gli oggetti da loro trattati avevano una provenienza quasi esclusivamente locale.
Nel periodo compreso tra il 1893 ed il 1898 il Museo di Firenze comprò dal canonico Giovanni Bro-
gi e da Oreste Mignoni, entrambi di Chiusi, alcune
antichità provenienti dal territorio della città, tra le
quali vi erano anche monete etrusche. Relativamente
a queste, il primo acquisto di cui si conserva la documentazione è quello di tre esemplari diversi delle
serie della Ruota (SNG 976, 1060, 1076)229, visti da
Milani durante una sua visita al canonico Brogi nel
1893. Alcune lettere documentano come il Direttore, prima di concludere l’affare, si preoccupò di conoscere con esattezza il luogo di ritrovamento delle
monete, che Brogi dichiarò rinvenute «dentro la città
di Chiusi nei recenti lavori per la conduttura dell’acqua potabile»230. Nell’ottobre dello stesso anno, con il
tramite di Giovanni Brogi, furono acquistate altre tre
once delle stesse serie di proprietà di Oreste Mignoni
(SNG 983, 1061, 1065)231. Di questi esemplari non si
hanno precise informazioni sulle modalità di rinvenimento, ma solo una indicazione di provenienza da
Chiusi232. Sempre dal territorio della città provengono
anche le altre monete cedute negli anni successivi
da Mignoni e cioè un sestante della serie Ruota/Cratere trovato «fuori porta della città di Chiusi» (SNG
977)233, una moneta di Cosa rinvenuta «nel fosso del
Piscino sotto Chiusi» (SNG 4)234 ed un’oncia della Val
di Chiana trovata presso Chiusi (SNG 1141)235.
Nel 1895 il Museo di Firenze acquistò dal Sig.
Augusto Fanani, negoziante sarto a Volterra, un’oncia della serie della Clava (SNG 928) insieme ad
Per la moneta SNG 1055 (inv. 75983), la descrizione del buono di carico riporta “sestante”, ma l’esemplare conservato nel Medagliere con questo numero è in realtà un’oncia; AST, Buono di carico n. 181 del 31.12.1894.
225
AST, Buono di carico n. 443 del 01.12.1897.
226
AST, Buono di carico n. 325 del 09.11.1896.
227
AST, Buono di carico n. 434 del 05.12.1897 e AST, rendiconto n. 2 dell’es. fin. 1897-1898, cap. 51 es. 1897-98, doc. n. 26.
228
In una lettera al Ministro della Pubblica Istruzione, Milani scrisse: « […] L’antiquario Pacini ha oggi presentato un rarissimo asse
librale etrusco col tipo della bipenne e l’iniziale incerta V. […] Vista la straordinaria rarità del pezzo, la ottima conservazione, la patina
eccellente giallognola, e la genuinità fuori di contestazione, ho creduto nell’interesse delle collezioni di Firenze di farne immediato
acquisto […]»; AST, pos. A/17, lettera del 3 settembre 1903, n. 564/402. L’esemplare venne acquistato per L. 500 (AST, scontrino
n. 997 del 02.04.1903).
229
AST, Buono di carico n. 100 del 15.06.1893
230
AST, rendiconto n. 2 dell’es. fin. 1892-93, cap. 41, doc. n. 41 del 16 giugno 1893. Il relativo carteggio è conservato in AST, pos.
A/14, 1893.
231
AST, Buono di carico n. 134 del 23.11.1893.
232
AST, pos. A/14, lettera del 16 ottobre del 1893, n. 928/409. La provenienza è indicata nel buono di carico n. 134, poi ripresa
nella registrazione d’inventario.
233
AST, rendiconto n. 2 dell’es. fin. 1897-98, cap. 52 art. 2B, doc. n. 2 del 27 ottobre 1897; AST, Buono di carico n. 417 del
31.10.1897.
234
AST, rendiconto n. 1 dell’es. fin. 1898-99, cap. 49, doc. n. 9 del 2 ottobre 1898. La descrizione nel documento è la seguente: «p.
br. testa galeata a d. R/ incerto (moneta etrusca)»; AST, Buono di carico n. 526 del 02.10.1898.
235
AST, rendiconto n. 1 dell’es. fin. 1898-99, cap. 49, doc. n. 35 del 23 dicembre 1898; AST, Buono di carico n. 555 del 23.12.98.
224
37
SNG Firenze - Italia - Etruria
uno skyphos ed una oinochoe a vernice nera sovradipinta, trovati a Guardistallo, tra Cecina e Volterra.
Non è chiaro se anche la moneta sia stata rinvenuta nella stessa località, come indicato nell’inventario, poiché il buono di carico e la ricevuta allegata al rendiconto non indicano per questa alcuna
provenienza236. Altre due monete di Volterra furono acquistate nel 1899 per Lire 850,00. Si tratta di
un asse della serie della Clava (SNG 911) ed uno
della serie del Delfino (SNG 935), già appartenuti
alla collezione del notaio Michelangiolo Palazzuoli di Radicondoli237. Una testimonianza dei buoni
rapporti tra Luigi Milani e Augusto Fanani è documentata nell’impegno profuso da quest’ultimo nel
reperire informazioni su un ripostiglio di monete romane ritrovate tra Monte Castelli e Castelnuovo Val
di Cecina238, a seguito della richiesta del direttore
del Museo.
Verso la fine dell’Ottocento il Museo di Firenze
acquistò numerosi oggetti antichi anche dai fratelli
Neri di Orvieto. Erano antichità provenienti dalle
vicinanze della città e tra le monete scelte da Milani
per il Monetiere figura un’oncia etrusca della serie
Ruota/Ancora, comprata nel 1896 (SNG 1063)239.
Uno dei principali commercianti attivi in questi
anni nel territorio di Populonia e specializzato nella
compravendita di oggetti di scavo, era l’orefice Lorenzo Mannelli di Campiglia Marittima, che aveva un
particolare interesse per le monete etrusche. Numerose furono le offerte di materiale da lui fatte al Museo di Firenze. Un consistente gruppo di monete di
Populonia, per la maggior parte in bronzo240, ma com-
prendente anche due esemplari in argento (SNG 70,
129), venne acquistato da questo antiquario nel 1897
insieme a dodici pezzi di aes rude rinvenuti a Poggio
S. Michele nei pressi di Campiglia241. Il dato di rinvenimento non sembra includere le monete, delle quali
è quindi ipotizzabile solo una generica provenienza
dal territorio di Populonia.
Il materiale trattato da Mannelli aveva una provenienza quasi esclusivamente locale ed era acquistato direttamente dai rinvenitori oppure gli veniva
procurato da persone fidate che operavano per suo
conto242. Il direttore del Museo di Firenze fornì in
un suo articolo un quadro molto esauriente di questo commercio, testimoniando come, prima della
legge del 12 giugno 1902, che permise all’autorità
governativa di intervenire in scavi privati, gli oggetti scavati dalle tombe che emergevano durante i
lavori agricoli nei dintorni di Populonia «venivano
portati sul mercato di Campiglia, oppure venduti direttamente al negoziante Lorenzo Mannelli, che recavasi sovente a requisirli sul luogo, conoscendo egli
quella plaga come oltremodo proficua al suo commercio d’antichità»243. L’acquisto tra il 1898 ed il
1902 di una serie di oggetti provenienti dagli scavi
clandestini eseguiti a S. Cerbone presso Porto Baratti e facenti parte del corredo di alcune tombe244,
dette comunque la possibilità a Milani di ricostruire alcuni corredi e di verificarne la corrispondenza con i materiali rinvenuti da Isidoro Falchi nella
stessa zona pochi anni prima245. Tra i reperti con
questa provenienza offerti in vendita da Mannelli
ed acquistati dal Museo nel 1900, vi erano anche
AST, rendiconto n. 1, dell’es. fin. 1895-96, cap. 41 art. 1B, doc. n. 9 del 1895. AST, Buono di carico n. 249 (senza data ma ottobre)
1895.
237
AST, Buono di carico n. 579 del 24.03.1899.
238
Milani 1888, pp. 253-370.
239
La moneta fu acquistata per L. 2,00. AST, Buono di carico n. 293 del 20.05.1896
240
SNG 550, 556, 561, 564, 580-581, 598, 603, 610, 615, 642. In merito a quest’ultimo esemplare si veda nota n. 23.
241
AST, Buono di carico n. 445 del 07.12.1897; AST, rendiconto n. 2 dell’es. fin. 1897-98, capitolo 52 art. 2B doc. n. 34 del 1897.
242
Scrivendo in merito all’acquisto di una moneta, Mannelli affermava che gli era stata procurata da un «[…] fido amico che gira
questi dintorni con oggetti di argenteria e oreficeria in parte da me forniti e gira quasi per mio conto da diversi anni e mi ha procurato
la più parte dei miei acquisti […]» AST, pos. VIII/I, lettera del 24 marzo 1914, n. 833.
243
Milani 1905, p. 60.
244
Il Museo di Firenze acquistò alcuni gruppi di oggetti dal sig. Mazzolini nel maggio 1898 e dal sig. Mannelli tra il 1899 ed il 1900.
Cfr. Milani 1905, pp. 54-ss.
245
Scavi eseguiti tra il 24 ed il 29 novembre 1897 a S. Cerbone presso Porto Baratti.
236
38
I nuclei di monete etrusche nel Monetiere del Museo Archeologico Nazionale di Firenze
tre monete etrusche, tra cui il quadrante Testa di
Menrva/Civetta (SNG 563), unico esemplare conosciuto246.
Nel 1901 fu comprato un gruppo di otto monete
etrusche, tutte «trovate a Populonia», scelte da Milani tra quelle presentate da Mannelli insieme ad altri oggetti247. Sono esemplari attribuibili alla zecca di
Populonia, comprendenti un pezzo da 20 unità con
testa di Metus e al R/ Stella a sei raggi, crescente
lunare e attorno, retrograda, pupluna (SNG 128), due
pezzi in argento da 5 e 2,5 unità (SNG 504, 538) e
tre sestanti diversi (SNG 577, 600, 605), oltre ad un
nominale in argento di incerta attribuzione con al D/
Lepre in corsa verso d. e R/ Liscio (SNG 1161). Un
discorso a parte merita il pezzo in oro a leggenda vatl
(SNG 893) acquistato con questo gruppo di monete.
L’esemplare era stato offerto qualche tempo prima al
direttore del Museo che espresse subito alcune perplessità in merito alla sua autenticità. Nelle lettere
che seguirono, Mannelli si mostrò estremamente sorpreso di tali dubbi ed affermò che la moneta era vera,
proveniva da Populonia e gli era stata venduta dalla
persona che l’aveva rinvenuta248. Ne seguirono alcune
trattative ma quando anche Isidoro Falchi, dopo averla visionata, si convinse della sua non autenticità249,
Mannelli accettò di cedere la moneta al prezzo offerto
da Milani, che decise di acquistarla comunque per il
Museo come saggio di una falsificazione250.
Negli anni successivi, i contatti tra Milani e questo antiquario portarono all’ingresso nel Monetiere di
un esemplare da 20 unità con testa di Metus, caratterizzato da un’escrescenza al rovescio che fu interpretata come la figura di un delfino251 (SNG 329), e di
due monete della serie del Polpo che fuoriesce dall’anfora, attribuibili a Pisae. Il primo di questi ultimi
esemplari, da 5 unità e con provenienza da Populonia
(SNG 18), fu acquistato nel 1911252, mentre il secondo, da 10 unità e rinvenuto a San Vincenzo presso
Cecina (SNG 17), entrò a far parte delle collezioni nel
1913253. Nello stesso anno venne offerto al Museo anche un esemplare da 20 unità della stessa serie, che
però Milani giudicò falso e che pertanto non fu acquistato254. È interessante ricordare che Mannelli cedette al Museo di Firenze anche numerosi esemplari di
monete celtiche in oro provenienti da un ripostiglio
scoperto nel 1912 presso San Vincenzo 255.
AST, pos. A/9, 1900; AST, Buono di carico n. 748 del 30.6.1900; AST, rendiconto n. 4 dell’es. fin. 1899-1900, cap. 51, doc. n.
38. Degli altri due esemplari, non rintracciati nel Monetiere, si conserva la seguente descrizione:
- Quinario in argento con testa di leone a destra, rovescio liscio, moneta inedita rarissima (inv. 79070);
- Moneta di Populonia obliterata con il segno del triente e lunula (inv. 79072).
Milani 1905, p. 57.
247
Carteggio conservato presso l’AST, pos. A/10, 1901. Cfr. AST, Buono di carico n. 883 del 11.01.1901; AST, rendiconto n. 2 dell’es. fin. 1901-02, cap. 53 documento n. 16 del 11 dicembre 1901, dove le monete sono descritte come «trovate a Populonia».
248
«[…] Con sommo dispiacere sento che la crede dubbia quella in oro, mentre io sono pronto a presentare la persona che me la dette
per lire 70, e mi ha assicurato di averla trovata nel lavorare […]», AST, pos. A/9, n. 71/34, lettera del 21.01.1900 da Mannelli al
direttore del Museo di Firenze.
249
«[…] oggi lo stesso Falchi ha dovuto convincersi della mistificazione (che è) stata tentata e il cui autore forse ci riuscirà di colpire
[…]»,minuta del 07.04.1900, AST, pos. A/9, n. 71/34.
250
«[…] La moneta d’oro che Ella acquistò per L. 70 e si dice trovata a Populonia io non l’acquisterei più che per altrettanta somma,
per il solo interesse che esibisce la falsificazione fatta da persona istruita ma non abbastanza dotta e che non tarderà a mettere in
commercio un altro esemplare non appena sappia ben venduto il primo. Le ragioni per le quali io sostengo la falsificazione sono varie
e complesse; creda a me qui sotto c’è una mistificazione di cui ella stessa è vittima […]», minuta del 24.01.1900, AST, pos. A/9, n.
80/41
251
AST, Buono di carico n. 1096 del 30.06.1905.
252
AST, Buono di carico n. 1510 del 29.02.1911. Per il relativo carteggio AST, pos. A/1, 1900.
253
AST, Buono di carico n. 1691 del 28.4.1913. Si veda anche doc. n. 8, del 25.04.1913, Cap. 198. La moneta fu acquistata insieme
ad un esemplare del ripostiglio di monete celtiche rinvenuto a San Vincenzo nel 1912.
254
La moneta fu inviata al Museo il 3 dicembre 1913. Dopo averla visionata, Milani scrisse: «[…] La moneta d’argento col polpo,
segnata XX, che mi interessava particolarmente […] la giudico falsa. Nondimeno mi interesserebbe di sapere come sia venuta nelle
sue mani per accreditarla vera. Apparisce fusa su un tipo antico mal eseguito. La patina si scrosta al contatto dell’unghia; il peso ed
il modulo non corrispondono ai tipi originali», minuta del 23.03.1914, AST, pos. VIII/I, s.n.. Nella sua risposta, Lorenzo Mannelli
precisò che la moneta proveniva dalla tenuta Desideri di Populonia; AST, lettera del 27.03.1914, pos. VIII/I, n. 833.
255
Dell’acquisto di queste monete si conserva un ricco carteggio: AST, pos. XVI/I, 1912; per maggiori notizie si veda Tondo 1978,
pp. 221-223.
246
39
SNG Firenze - Italia - Etruria
L’ultima acquisizione di monete etrusche riferibile
a Lorenzo Mannelli, riguarda la sua donazione al Museo di Firenze, nel 1933, di due pezzi in oro da 25 e 50
unità della serie con testa di leone (SNG 87, 89)256.
m.d.b.
Milani partecipò all’asta comprando numerose monete per il Museo fiorentino260, tra le quali trentotto
esemplari etruschi ed un gruppo consistente di pezzi facenti parte del ripostiglio scoperto a Volterra nel
1868, di cui erano già presenti nel Monetiere alcuni
esemplari261.
La raccolta di aes grave etrusco fu così incrementata con l’acquisto di alcuni pezzi appartenenti alle
varie serie della Ruota (SNG 941, 945, 951, 995,
1042, 1048, 1053, 1072, 1083, 1092262) e di un semisse di Volterra della serie del Delfino (SNG 937).
Tra le monete di Populonia, Milani riuscì ad aggiudicarsi un aureo da 10 unità con Testa maschile a
s. (SNG 101), diverso da quelli già posseduti, e tre
monete inedite in argento di particolare interesse: 5
unità con testa di Metus e a R/ Tridente accostato da
delfini (SNG 430), 10 unità con Testa femminile/Ruota (SNG 489) e 5 unità con testa di Turms a d. e dietro
E (SNG 75)263. Furono anche scelti due pezzi da 20
unità con testa di Metus (SNG 141, 339) ed altri tipi
già presenti nel Monetiere (SNG 78, 482, 607264, 617618). Inoltre, con l’acquisto di tre esemplari da 50,
25 e 10 unità della serie in bronzo a rovescio incuso (SNG 646-647, 650) venne colmata una mancanza importante per la raccolta di monete emesse dalla
città di Populonia. Per quanto riguarda le altre zecche dell’Etruria, il Museo di Firenze si assicurò due
Le aste Sangiorgi delle collezioni Strozzi e Martinetti (1907) e gli acquisti del 1908-1910
Dopo la morte del marchese Carlo Strozzi, nel
1886, Luigi Milani continuò ad avere contatti con i
suoi eredi contribuendo anche al riordino della collezione numismatica, di cui auspicava la cessione allo
Stato. Il marchese Strozzi aveva infatti costituito una
delle raccolte più ricche e prestigiose dell’epoca, soprattutto per le monete etrusche ed italiche, acquistando per lungo tempo i migliori pezzi che giungevano sul mercato antiquario257, ed assicurandosi anche
parte dei più importanti ripostigli venuti alla luce in
quegli anni, come quelli di Volterra, Tarquinia, Bieda, Vicarello e Vulci. La collezione, però, venne ceduta ad un commerciante e finì all’asta, alimentando discussioni per il mancato intervento da parte del
Governo che avrebbe potuto acquistarla in blocco258.
La vendita fu organizzata a Roma, nell’aprile 1907,
presso la galleria Sangiorgi, ed il catalogo, sapientemente redatto da Arthur Sambon, costituisce ancora
oggi la principale testimonianza di questa raccolta259.
AST, Buono di carico n. 2276 del 30.06.1933. Si conserva anche la minuta della lettera inviata dal Soprintendente Antonio Minto
a Lorenzo Mannelli il 28.04.1933, AST, pos. 7/3, prot. n. 460, 1933.
257
Milani scrisse: «[…] Il march. Strozzi avendo attratto a sè, con la concorrenza privata, tutti i migliori pezzi numismatici affluiti
sul mercato di Firenze dal 1870 al 1887, fu un mero caso se il Medagliere fiorentino poté acquistare qualche moneta rara e veramente
notevole in quel periodo infelice […]»; Milani, 1912, p.101.
258
Si scrisse che «[…] lo Stato avrebbe, con l’istessa somma erogata in acquisti parziali, comprata l’intera collezione Strozzi […]», cfr.
Pansa 1907a, p. 345; per un parere a favore del mancato intervento del Governo si veda, invece, Gabrici 1907, pp. 609-610.
259
Sambon 1907a.
260
Le monete sono registrate con i numeri di inventario 82968-83318 e furono acquistate al prezzo complessivo di L. 15.126,30.
AST, Buono di carico n. 1280 del 30.06.1907. I pezzi etruschi comprati per il Museo di Firenze sono descritti nel cat. asta ai nn.
111-112, 116, 135, 142, 155, 158, 160, 194-195, 197, 536, 544, 553, 561, 576, 584, 594, 611, 615, 631-633, 655-656, 688-691,
709. Sambon 1907a.
261
Sambon 1907a, p. 42, n. 611. Furono acquistati in blocco anche quattordici tondelli in oro senza tipo provenienti da Chiusi e
Bieda (inv. nn. 83075-88), già pubblicati da Garrucci, ed un pezzo in oro con al D/ ·I· e R/ liscio, del peso di gr. 0,06 (inv. n. 83089)
che non è stato possibile rintracciare nel Monetiere. Cfr. Sambon 1907a, p. 36, nn. 510-524; Garrucci 1885, p. 47, n. 1.
262
Il catalogo d’asta riporta il peso errato di gr. 80,63; già Haeberlin, infatti, lo correggeva con il peso di gr. 53,68; Haeb. 272,3.
263
In Sambon 1907a, p. 43, n. 615, questa moneta viene descritta come esemplare da 10 unità e con un peso di gr. 8,46 anziché gr.
3,45 come invece verificato. Non ci dovrebbero essere dubbi, comunque, sulla corrispondenza di questo esemplare, peraltro unico,
con quello descritto nel catalogo dell’asta della collezione del marchese Strozzi.
264
L’inventario del Museo riporta due monete di questo tipo. L’esame del materiale conservato nell’AST, però, ha permesso di scoprire che nell’elenco delle monete allegato al buono di carico e poi trascritto nell’inventario del Museo, per una svista, si indicarono
due sestanti «[…] di confederazione Pupluna Vetalu […]», anziché un sestante di tale tipo ed un’oncia di Vetulonia (cat. asta 655 e
656). Vd. Allegato al Buono di carico n. 1280 in data 30/6/1907, AST, pos. E/1, 1907.
256
40
I nuclei di monete etrusche nel Monetiere del Museo Archeologico Nazionale di Firenze
esemplari di Cosa (SNG 1-2)265, un’oncia di Vetulonia
con Testa femminile a d. e leggenda vatl (SNG 659)
ed alcune once della Val di Chiana con la raffigurazione del cane volpino in corsa (SNG 1131, 11331135, 1137-1139, 1144, 1147, 1149).
A causa degli elevati prezzi raggiunti all’asta, Milani non poté acquistare alcuni degli esemplari più importanti della collezione e da lui scelti per il Monetiere
fiorentino, come ad esempio l’aureo di Populonia da
50 unità con Testa di leone od il pezzo da 20 unità in
argento della serie del Polipo che fuoriesce dall’anfora,
che venne aggiudicato al collezionista americano Pierpont Morgan per il doppio della cifra proposta dal direttore. Furono battuti ad un prezzo superiore a quello
offerto da Milani anche l’unico esemplare allora conosciuto a leggenda metl e la moneta in argento a leggenda vercnas, che andò al Museo di Berlino266.
Arthur Sambon, che aveva acquistato molti pezzi
all’asta della collezione del marchese Strozzi, donò
inoltre al Museo di Firenze l’oncia rinvenuta nei
pressi di Talamone, già pubblicata da Garrucci ed attribuita a questa città per la lettura tlam della leggenda (SNG 1172)267 e, quasi certamente, anche l’esemplare da 10 unità di Populonia con testa di Aplu a
s. caratterizzato da tracce di conio e di leggenda al
rovescio (SNG 468)268. È da segnalare che questa moneta faceva parte del ripostiglio di Sovana, scoperto
nel 1885269.
Poco tempo dopo la vendita di questa raccolta,
il 18 novembre 1907, furono battute in un’asta congiunta altre due importanti collezioni, appartenute a
Francesco Martinetti e Giuseppe Nervegna, sempre a
cura della Galleria Sangiorgi di Roma270. Vi parteciparono i direttori di numerosi musei italiani, oltre ad
importanti collezionisti e commercianti provenienti
da diversi paesi stranieri271. Per il Museo di Firenze furono acquistati quarantuno lotti per un totale di
novantanove monete272, tra le quali i due pezzi etruschi più importanti presenti in catalogo: una dramma
di zecca populoniese con al D/ Testa femminile a d.
e Polipo al R/, già appartenuta alla collezione Maddalena (SNG 488) e la moneta con Testa maschile e
leggenda metl che, in questa occasione, Milani riuscì
ad aggiudicarsi per L. 2.000,00 (SNG 1169)273.
Negli anni immediatamente successivi alle aste
Sangiorgi, probabilmente anche a seguito dell’interesse suscitato, furono offerte al Museo di Firenze varie
monete etrusche di dubbia autenticità. La maggior par-
In merito alla provenienza delle monete di Cosa, il marchese Strozzi affermava in una lettera: «[…] dagli scavi fatti dai signori
Vivarelli a Talamone quattro o cinque anni or sono ne ebbi diverse […]»; cfr. Garrucci 1885, p. 75. Gli scavi a cui si faceva riferimento erano quelli intrapresi sul poggio di Talamonaccio (GR) nelle proprietà Vivarelli, tra il 1876 ed il 1877.
266
Sambon 1907a n. 526, 542, 622, 634. Nella propria copia del catalogo, oggi conservata presso la BST, Milani riportò i nomi degli
acquirenti ed i prezzi di realizzo, annotando anche le cifre offerte per i pezzi che non riuscì ad aggiudicarsi.
267
Garrucci 1885, p. 25, n. 1, tav. XLVII; Sambon 1907a, n. 172. Milani, appena rientrato da Roma, scrisse a Sambon: «[…] L’oncia
che io pure credo ormai di attribuire meglio a Populonia che a Telamone, alla quale come Ella sa, io teneva al sommo grado, ha per
noi un valore inestimabile e segnalerò appunto al Ministero il nobile atto che Ella ha compiuto per una deferenza verso di me e verso
il Museo di Firenze […]»; AST, pos. E/1, lettera del 19 aprile 1907, prot. 667/339.
268
Non sono stati ritrovati in archivio documenti attestanti l’ingresso di questa moneta. Nella copia del catalogo d’asta Sangiorgi
conservata presso il Museo di Firenze vi è però un’annotazione manoscritta di Milani «Samb. dono»; il peso e la descrizione dell’esemplare presente nel Monetiere di Firenze con inv. 36283 (SNG 468) corrispondono a quelli dell’esemplare appartenuto al
marchese Strozzi; Sambon 1907a, p. 42, n. 593.
269
IGCH 2041. Per la scoperta del ripostiglio di Sovana e le tre monete acquistate dal marchese Carlo Strozzi, si veda Garrucci
1885, p. 184.
270
Sambon 1907b. Per un resoconto dell’asta si veda Pansa 1907b, pp. 611-613.
271
«[…] L’importanza di queste due collezioni richiamò a Roma i direttori di musei e negozianti. Fra i primi si notarono il prof. Salinas
del Museo di Palermo, il prof. Milani del Museo di Firenze, il prof. Gabrici del Museo di Napoli, il direttore del Museo di Taranto e la
signorina Cesano del Museo nazionale di Roma. Dei negozianti intervennero Spink di Londra, Bourget e Feuardent di Parigi, Hirsch
di Monaco, Egger di Vienna, Hamburger di Francoforte, De Ciccio di Palermo, Majer di Venezia e Dotti di Milano. Vi erano inoltre i
negozianti e i raccoglitori di Roma […]», Pansa 1907b, p. 611.
272
inv. 83845-83872. Monete acquistate per il R.. Museo Archeologico di Firenze nell’asta Martinetti-Nervegna, in Roma, 18 Novembre 1907; AST, pos. E/1, 1908. Il totale della spesa fu pari a L. 12.466,65. AST, Buono di carico n. 1331 del 30.01.1908. I pezzi
etruschi acquistati erano i lotti 146 e 150 del catalogo d’asta. Vd. Sambon 1907b.
273
La stessa cifra era stata raggiunta per l’unico esemplare conosciuto in precedenza e acquistato da Sambon all’asta della collezione
Strozzi. La copia del catalogo dell’asta della collezione Strozzi appartenuta a Milani riporta la seguente annotazione manoscritta
«Sambon figlio 2000, offersi fino 1950». Vd. Sambon 1907a, n. 622. L’esemplare del Museo di Firenze è stato a volte scambiato
proprio con quello della collezione Strozzi. Vd. Tondo 1985, p. 172, n. 231; Vanni 1989a, p. 1133.
265
41
SNG Firenze - Italia - Etruria
te di queste offerte giunse proprio da Roma, dove si era
sparsa voce della fama di esperto numismatico di Milani, e aveva per oggetto esemplari in oro di tipo inedito.
Il direttore del Museo si dimostrò sempre estremamente attento all’acquisto di tali monete, dal momento che nel 1907 si era ritrovato coinvolto in una
lunga diatriba circa l’autenticità di un esemplare in
oro da 12,5 unità, da lui comprato per Lire 500,00 e
raffigurante un ippocampo a s. con sopra un delfino
(SNG 94). Questa moneta era stata proposta a Milani
dal sig. Matteo Piccione, che la dichiarò provenire
dai pressi di Cecina e ne favorì la cessione al Museo
da parte della proprietaria Virginia Palazzini. La questione ad essa legata si trascinò per quasi un anno,
con toni molto accesi, e interessò anche il Ministero
della Pubblica Istruzione274.
Altre due monete in oro furono inviate a Milani per
essere visionate nel 1909. La prima era stata presentata dall’orefice Attilio Valentini di Roma e descritta
come monetina d’oro etrusca col segno ( e a R/ Liscio
(SNG 1173); forse anche per la modica cifra richiesta non vi furono particolari trattative e ne fu deciso
l’acquisto275. La seconda, invece, raffigurante al D/
un’ancora con ai lati una X ed un crescente (SNG
102), non convinse pienamente Milani. In merito alla
provenienza, il Sig. Fergan dal Molin di Roma, che
aveva mandato la moneta, poteva solo dichiarare di
averla ricevuta da alcuni parenti residenti ad Arezzo. In mancanza di elementi che potessero fugare
ogni dubbio di autenticità, Milani decise di offrire un
prezzo modesto, in modo che se la moneta si fosse in
seguito rivelata falsa, il Museo non ne avrebbe subito
un grave danno276. La moneta entrò così a far parte
del Monetiere per L. 50,00277.
Lo stesso comportamento fu tenuto anche per
l’acquisto di un altro pezzo in oro, inviato dal sig.
Umberto Parricchi di Roma e detto parte delle antichità della propria famiglia, originaria di Cortona278.
In questo caso i dubbi di veridicità erano accresciuti dal fatto che la raffigurazione della moneta (SNG
103), costituita da un cratere circondato da alcune lettere, sembrava ricavata dalla nota serie di aes
grave279. Proprio a causa di tali sospetti, Milani si
dichiarò disposto ad acquistarla solo per un prezzo
molto contenuto280.
m.d.b.
AST, pos. E/1, 1907 e 1908. Il problema riguardante l’autenticità della moneta emerse poco tempo dopo l’acquisto. Durante una visita al Museo, il sig. Michele Vlasto di Marsiglia, noto numismatico, vedendo il cartellino che riportava il nome Piccione ed esaminando
l’esemplare, fece presente a Milani la sua perplessità sull’autenticità del pezzo. Egli, infatti, aveva acquistato dallo stesso Piccione una
moneta in argento di tipo tarantino, chiaramente falsa, che presentava alcune analogie con l’esemplare etrusco. I dubbi aumentarono
quando il sig. Piccione inviò al Museo una moneta in argento da 20 unità con la raffigurazione del polipo uscente dall’anfora (ma con
l’aggiunta di un serpente ed una clava) dichiarando che era stata trovata in associazione con il pezzo in oro, e che venne giudicata da
Milani probabilmente falsa. A favore dell’autenticità della moneta in oro rimasero comunque alcuni aspetti derivanti dall’esame stilistico e ponderale del pezzo e che furono confermati anche da Sambon e Vlasto. Sulla base di questi dati lo stesso Milani dichiarò di non
poter escludere a priori e in modo assoluto la possibile veridicità della moneta.
275
La moneta fu acquistata per L. 20,00. AST, pos. E/1, 1909. AST, Buono di carico n. 1393 del 27.04.1909.
276
Nella lettera di risposta, Milani scrisse: «[…] La questione della autenticità della moneta da Lei proposta non è facile di risolverla e nonostante la mia lunga esperienza dichiaro che nel caso presente sono perplesso sul giudizio. […] Varie sono le monete d’oro e
d’argento, di tipo etrusco anche nuovissimo, che mi sono capitate fra mano in questi ultimi tempi, specialmente dopo la famosa asta
Strozzi. Esistono falsari abilissimi di siffatte monete, abili tanto da ingannare anche i più esperti, quindi nell’interesse dello Stato io
non sono disposto di pagare somme vistose se non nel caso in cui l’autenticità sia potentissima e indiscutibile. La sua moneta non è di
quelle che non possono destare sospetto, epperò nel dubbio io non l’acquisterei per più di L. 50. Se col tempo, ed il tempo è galantuomo,
questa moneta per la quale ho ora dei sospetti risultasse effettivamente falsa, lo scapito non sarebbe grave […]». AST, pos. E/1, lettera
del 28.07.1909, n. 1221/556.
277
AST, Buono di carico n. 1409 del 03.08.1909. Alla moneta in questione era stato assegnato il numero di inventario 84409 (SNG
102), tuttavia nei cataloghi di inventario generale venne poi nuovamente iscritta e descritta con n. 36434.
278
AST, pos. E/1, 1909 e 1910.
279
Su un cartoncino datato 28.12.1909, vi è la seguente annotazione manoscritta «NB. il tipo del R ricavato dedotto da quello simile
del br. riferito ad Arezzo […]» In una lettera del 17.12.1909 Milani scrisse: «[…] mi lascia dei dubbi sulla sua autenticità per il fatto
che da qualche tempo appariscono sul mercato antiquario monete di tipi etruschi rarissime, d’oro e di argento, fatte con sorprendente
maestria e che sono opera di falsari […]». AST, pos. E/2, 1909.
280
La moneta venne pagata L. 15,00 ed acquistata insieme ad una moneta riferibile ad Ancona, offerta sempre dal sig. Parricchi, e
pagata L. 5,00. AST, Buono di carico n. 1440 del 11.03.1910.
274
42
I nuclei di monete etrusche nel Monetiere del Museo Archeologico Nazionale di Firenze
La collezione del Conte Ferretti di Cortona (1911)
peraltro, pareva dimostrarsi anche più conveniente.
Durante le trattative Milani riuscì ad ottenere la necessaria copertura finanziaria da parte del Ministero e,
visto che Ferretti aveva ricevuto delle offerte da parte
di collezionisti privati, si occupò anche di far vincolare
l’asse con gli strumenti di sacrificio al fine di evitarne
una possibile esportazione284. Grazie alla sua opera la
collezione fu infine ceduta al Museo di Firenze per L.
18.000,00285. Entrarono così a far parte delle raccolte
del Museo settantanove monete della collezione Ferretti286, delle quali dodici di zecche umbre e le altre
attribuibili all’Etruria287. Tra queste, oltre all’asse della
serie degli strumenti di sacrificio (SNG 1106), i pezzi più importanti sono rappresentati da un dupondio
della serie Ruota arcaica/Ruota arcaica, unico per la
presenza delle lettere A e V (SNG 1082) ed un semisse della stessa serie (SNG 1084), da due semissi della serie Ruota arcaica/Crescenti (SNG 1090288, 1091)
e da un asse della serie Ruota/Bipenne (SNG 991)289.
Purtroppo non esiste in archivio alcuna notizia circa la
provenienza delle monete di questa collezione.
m.d.b.
Nel 1911 Milani riuscì ad assicurare al Museo di
Firenze la collezione di monete etrusche del Conte Angelo Ferretti di Cortona281, già appartenuta ad
Agostino Castellani282. Si trattava di una raccolta di
notevole interesse per la presenza di numerosi esemplari di aes grave dell’Etruria Settentrionale interna,
attribuiti all’epoca alla città di Cortona, di alcune
monete di Volterra e, soprattutto, dell’asse della serie
con strumenti di sacrificio. Questa moneta, di eccezionale rarità e conservazione, costituiva il pezzo più
importante dell’intera raccolta, in quanto ne era conosciuto solo un altro esemplare in pessimo stato di
conservazione appartenente alla collezione Gnecchi.
Le trattative per l’acquisto avevano avuto inizio già
nel 1908, quando il direttore ebbe modo di esaminare la collezione del conte Ferretti, composta anche da
monete greche, romane, bizantine e medievali283. Inizialmente era sua intenzione procedere all’acquisto
dei soli pezzi assenti nel Monetiere, ma poiché il conte
Ferretti non intendeva smembrare la collezione etrusca, si continuò a trattare per l’acquisto in blocco che,
La sistemazione di questo nucleo è stata realizzata dal dott. Fiorenzo Catalli e pubblicata in Catalli 1974-1975, pp. 194-198.
Alcune monete di Agostino Castellani, collezionista cortonese, erano state pubblicate anche nell’opera di Raffaele Garrucci; cfr.
Garrucci 1885.
283
Nell’AST si conserva il relativo carteggio, pos. E/1, 1908-1911.
284
In una lettera inviata il 24.01.1909 al Ministro della Pubblica Istruzione, Milani scrisse: «[…] Il Conte A. Ferretti di Cortona
possiede nella sua collezione numismatica una serie etrusca abbastanza notevole che io esaminai notando alcune monete mancanti
alla nostra collezione. Soprattutto interessantissimo e veramente straordinario è l’asse di Cortona con l’aruspice, edito dal Garrucci,
tav. LIV. 1, il quale faceva già parte della raccolta Castellani e che essendo di perfetta conservazione ed unico al mondo bisogna tenere
in vista acciocchè non esca dall’Italia. Ho iniziato trattative col conte Ferretti per l’acquisto dei pezzi più importanti e possibilmente
per l’acquisto separato dell’asse con l’aruspice, ma egli dichiara di non voler vendere la collezione etrusca altro che nella sua interezza
e fissa per essa il prezzo di lire quarantamila. Quanto all’asse con l’aruspice egli dichiara che non lo potrebbe separare dal resto della
collezione se non al prezzo di lire venticinquemila. Questa pretesa è chiaro che ha per base i prezzi esorbitanti della famosa asta Strozzi
e non mi pare che si possa trattare di fronte ad essa. Considerando da un lato la eccezionale importanza ed il sommo pregio del pezzo
in parola e dall’altro l’esorbitanza del prezzo richiesto dal proprietario per la cessione allo Stato del medesimo, propongo intanto all’E.
V. che l’asse suddetto venga iscritto nel catalogo degli oggetti di sommo pregio […]».
285
AST, Buono di Carico n. 1530 del 07.07.1911.
286
Inv. 84930-68. Quelle etrusche presenti in catalogo sono: SNG 914, 926, 943, 947, 950, 954, 956, 961-962, 966-967, 970, 973,
978-980, 987, 991, 996-997, 999-1004, 1008-1009, 1015, 1024-1027, 1046, 1050, 1056-1058, 1074, 1082, 1084-1088, 10951101, 1105-1106, 1109, 1124-1126, 1132, 1150, 1151.
287
Elenco delle monete etrusche […] vendute al Museo dal Conte Angelo Ferretti di Cortona, allegato alla dichiarazione di consegna
del Conte Ferretti, AST pos. E/1, 1911. Il numero di settantanove monete è desunto dalla dichiarazione di consegna. In realtà l’inventario e l’elenco riportano un totale di ottantuno pezzi, comprendendovi anche «un’oncia fusa di scarto informe». Non è chiaro se
tale differenza nel numero sia dovuta all’inserimento per errore nella lista di due quadranti della serie Ruota arcaica/Ruota arcaica,
dei quali, in realtà, non vi sono esemplari noti, oppure per l’aggiunta in extremis di un semisse della stessa serie, non conteggiando
quindi l’oncia informe. Cfr. Catalli 1974-1975, p. 194.
288
L’esemplare SNG 1090 è indicato in Haeb. 271,3 come Museo di Firenze e non come collezione Ferretti.
289
È opportuno segnalare che un esemplare oggi presente nel Museo con numero d’inventario delle vecchie collezioni, SNG 1093,
è indicato da Haeberlin (Haeb 272, 4, tafel 91,6) come appartenente alla collezione Ferretti senza comparire però nell’elenco dei
pezzi acquistati dal Museo. Inoltre un’oncia inv. 84940/3 della serie Ruota arcaica/Ruota arcaica sembra mancare.
281
282
43
SNG Firenze - Italia - Etruria
Acquisti e ritrovamenti del periodo 1912-1926
rinvenuto proprio nella città etrusca293 e ceduto al
Museo dal sig. Jacopo Gotti.
Il 1921 segnò invece l’acquisto da un collezionista
privato di un raro dupondio della serie del Delfino
(SNG 933). La moneta era stata offerta al Museo dal
marchese Venturi Ginori di Firenze, che chiedeva in
cambio qualche esemplare della Magna Grecia o della Sicilia. A causa delle difficoltà amministrative che
uno scambio comportava, venne proposto al marchese l’acquisto del pezzo, che entrò così a far parte della
raccolta per la somma di L. 7.500,00294.
Dagli scavi condotti nel podere di San Cerbone e
sul Poggio della Porcareccia a Populonia, tra il 1923
ed il 1926, pervennero al Museo quattro sestanti della
serie Testa di Menrva/Civetta ed un sestante di Vetulonia (SNG 569, 573, 575, 595, 728). Alcune di queste
monete sono con molta probabilità quelle citate dall’Ispettore Minto nella sua relazione di scavo, che furono recuperate assieme ad assi e semissi romani295.
m.d.b.
A partire dal 1912 e per tutto il periodo compreso
tra le due guerre mondiali, la maggior parte delle monete etrusche giunte al Museo di Firenze ebbe come
provenienza il territorio e la città di Populonia. Proprio in quegli anni l’area era interessata da numerose
esplorazioni archeologiche, dirette dall’allora Ispettore della Soprintendenza Antonio Minto, e dalle escavazioni per il recupero delle scorie di ferro, derivanti
dalla fusione dei minerali ferrosi estratti dalle miniere
dell’isola d’Elba in età etrusca e romana, che permisero di portare in luce numerose vestigia antiche.
Nel 1912 venne acquistato un asse di Volterra
della serie del Delfino (SNG 934), trovato dal sig.
Galileo Agostini e di cui si conserva una generica
indicazione di provenienza dal territorio di Cecina290. Due anni più tardi si svolsero due campagne
di scavo a Populonia, in particolare presso la tenuta
Vanni-Desideri, che evidenziarono tratti di mura urbane della città etrusca, strutture murarie appartenenti a costruzioni di età romana e, sotto gli strati di
scorie ferrose, tombe a fossa e una tomba monumentale291. Gli scavi costituirono anche l’occasione per
entrare in contatto con persone del luogo che detenevano materiale archeologico e fu pertanto possibile comprare alcune monete per il Museo. Durante la seconda campagna, infatti, l’Ispettore Antonio
Minto acquistò dal sig. Pasquale Larini l’esemplare
in oro da 25 unità con testa maschile (SNG 91) e il
pezzo in argento con polpo entro cerchio, di incerta
attribuzione (SNG 1167), entrambi provenienti da
Populonia292. Sempre nello stesso anno si registrò
anche l’acquisto di un esemplare in argento da 10
unità con al D/ testa laureata di Aplu (SNG 466),
Il ripostiglio di Populonia località Porcareccia (1939)
Nel 1939, in località Poggio della Porcareccia a
Populonia, si fece una scoperta eclatante. In un fondo
di proprietà della Società Populonia Italica, durante
i lavori di estrazione di scorie di ferro, «veniva messo
casualmente in frantumi un vaso fittile contenente alcune centinaia di monete antiche Le monete sollecitamente raccolte per il personale interessamento dell’avv.
Tommaso Gasparri della predetta Società Populonia
Italica, dell’allora comandante della Stazione della
R. Guardia di Finanza di Porto Baratti, sig. Pasquini
e dello scrivente […] assommano a seicentotrentacinque di cui seicentoventisette monete d’argento e otto di
AST, Buono di carico n. 1614 del 16.04.1912.
Minto 1914a, pp. 411-418; Minto 1914b, 444-463.
292
AST, Buoni di carico nn. 1826-1827 del 19.11.1914; AST, pos. III/5, n. 2451.
293
AST, Buono di carico n. 1828 del 19.11.1914.
294
AST, pos. Antichità, prot. 139, 1922. AST, Buono di carico n. 2043 del 25.10.1921. Una cifra identica era stata raggiunta nel
novembre dell’anno precedente dal medesimo esemplare all’asta Santamaria, senza che però allora venisse ceduto.
295
«[…] Durante i lavori della Società Populonia […] si verificarono nella zona di San Cerbone diversi trovamenti di ruderi di edifici
e di sepolcreti di varia epoca. Nella chiusa della Porcareccia sono comparse le vestigia di una grandiosa costruzione che abbraccia
una vasta area rettangolare […] Nell’esplorare questa vasta costruzione […] sono comparse inoltre alcune monete di bronzo deteriorate
dall’ossidazione fra le quali sono riconoscibili dei sestanti Populoniesi: D/ testa di Minerva a destra, R/ figura di civetta. […] Oltre
a questi sestanti populoniesi, si sono rinvenuti degli assi e dei semissi romani che servono a documentare cronologicamente la durata
dell’edificio. Minto 1924, pp. 13-29. Per questo ritrovamento cfr. anche nota n. 9 in Catalli 1974-1975, p. 183 e il paragrafo su
collezione Mazzolini.
290
291
44
I nuclei di monete etrusche nel Monetiere del Museo Archeologico Nazionale di Firenze
bronzo296. […] Esse presentano quasi tutte la caratteristica faccia d’uomo con la bocca spalancata e la lingua a penzoloni, alcune portavano sotto il collo delle
scritture greche297».
Di questi seicentotrentacinque esemplari298 pervenuti al Museo fiorentino dopo un’accurata pulitura dalle concrezioni terrose e dall’ossidazione, non è
totalmente accertata, né controllabile la provenienza.
Infatti, riesaminando la documentazione relativa a
tale ritrovamento, contenuta presso l’archivio storico,
si è individuata la presenza di settanta esemplari, tra
i quali dieci in bronzo, provenienti da rinvenimenti
sporadici, operati nella stessa zona, e consegnati in
due differenti lassi di tempo dal momento della scoperta del contenitore ceramico299. Questi esemplari
furono dunque associati dagli scopritori al nucleo
originario delle cinquecentosessantacinque monete
d’argento recuperate alla rottura del vaso300. Non si
sa con esattezza nemmeno se il contenuto del vaso fu
interamente consegnato.
I pezzi attualmente controllabili sono cinquecentocinquantuno e, dopo la divisione avvenuta tra lo Stato
Italiano e la Società Populonia Italica, di cui resta testimonianza nei documenti d’archivio, nel Monetiere
ne sono oggi conservati trecentotre301 ed i rimanenti
appartengono a privati302.
Di questi esemplari, il tipo numericamente più
consistente è quello della moneta da 20 unità di Metus frontale con capelli fermati da diadema, contrassegnato dal valore XX303. Il rovescio è prevalentemente senza tipo ma vi sono anche rovesci con lettere
non definite304, escrescenza rotonda305, tracce di leggenda circolare retrograda306, linee incrociate307, caducei contrapposti308. Più scarsamente rappresentato
è il pezzo da 20 unità a Testa di Hercle frontale con
la leonté e segno di valore XX, che a rovescio si presenta senza tipo309, o con la clava nodosa310 e talvolta
un’escrescenza rotonda311.
Vi è poi un piccolo numero di monete da 10 unità
recanti al D/ o la testa laureata di Aplu volta a s.312, o
una testa femminile di profilo volta a d., che porta un
diadema e dei pendenti313. I pochi esemplari in bronzo,
cinque per la precisione, comprendono: un sestante di
Menrva al D/ e civetta al R/ (SNG 593), delle monete
completamente illeggibili e irriconoscibili314, una moneta battuta dalla zecca di Cosa315, un’emissione romana con tracce di prua di nave al rovescio316.
f.g.
Scamuzzi 1941, p. 141.
AST, pos. 9/LI/4, Elenco delle persone che hanno riconsegnato le monete ritrovate redatto dal Brigadiere Pasquini Lido il 23
novembre 1939.
298
IGCH 2043.
299
AST, Pos. 9/LI/4, n. 892. Nella risposta del 5 dicembre 1939, infatti, si legge «[…] non è da escludere che le monete presentate a
codesta On./le R. Soprintendenza siano state trovate antecedentemente al rinvenimento attuale […]».
300
Petrillo Serafin 1976-1977, pp. 70-71. Per una sintesi della storia del ritrovamento e l’individuazione di altri otto pezzi provenienti presumibilmente dal ripostiglio vd. Serafin 2006, pp. 515-521.
301
Inv. 34144-34446. Tra le 303 monete, cinquantuno erano completamente illeggibili e perciò quaranta di esse, scelte per i differenti tipi di patina che ricopriva la superficie al momento del ritrovamento, furono analizzate dal dott. Speroni presso il Gabinetto
di Chimica dell’Università di Firenze. Cfr. Speroni – Mori 1950-1951, pp. 241-247. Ulteriori analisi metallografiche, estese a tutto
il nucleo consegnato al Museo, sono state recentemente condotte dalla dott.ssa Serafin Petrillo, che già in passato si era occupata di
studiare l’intero ripostiglio pubblicandone i risultati nel 1976 (cfr. Petrillo Serafin 1976-1977, pp. 69-106). Per approfondimenti
sulle analisi dei metalli vd. Petrillo Serafin – Mancini 1981, pp. 221-232.
302
Gambogi - Rosati 1985, pp. 339-341. È bene notare che le monete indicate con i numeri progressivi 632 e 633, (inv. 34445 e
34446) dai documenti di archivio risulterebbero appartenere a privati, mentre in realtà sono tra quelle consegnate al Museo.
303
È da ricordare che nell’ambito di questo tipo monetale dalla dott.ssa Petrillo Serafin sono stati individuati ben ventun conî diversi
del diritto. Per tale studio vedi Petrillo Serafin 1976-1977, pp. 69-106.
304
SNG 105-127.
305
SNG. 175, 213, 260, 269, 297, 301, 308, 358.
306
SNG 135, 136.
307
SNG154-157, 160, 164.
308
SNG 145-147, 149-153.
309
SNG 431-443.
310
SNG 444, 447-448
311
SNG 436.
312
SNG 462, 465, 469, 472, 473.
313
SNG 479, 481, 484, 486.
314
Inv. 34445, 34446.
315
Inv. 34442.
316
Inv. 34443.
296
297
45
SNG Firenze - Italia - Etruria
Ritrovamenti da scavo e sequestri dagli anni
’50 ad oggi
sculture in terracotta e di ceramiche etrusco-campane.
Gli scavi intrapresi portarono alla scoperta di un probabile scarico degli scarti di una fornace di ceramiche
a vernice nera e di una condotta in terracotta, interpretata come canale di scarico da vasche di decantazione
dell’argilla utilizzata dalla fornace. La moneta fu rinvenuta proprio nel terreno intorno a questa condotta319.
Anche le campagne di scavo condotte nella città di
Roselle (GR) tra il 1959 ed il 1972 portarono al rinvenimento di numerose monete, solo in parte pubblicate,
tra cui compaiono due esemplari da 20 unità con testa
di Metus (SNG 323, 405) ed un pezzo da 5 unità della
zecca di Populonia320 (SNG 497) oltre ad un’oncia di
Vetulonia della serie più antica con testa femminile a
d.321 (SNG 657). In questo caso, purtroppo, i contesti di
ritrovamento non hanno fornito informazioni utili per
una più precisa datazione di queste serie.
Tra i ritrovamenti di questo periodo pervenuti al
Museo di Firenze sono anche da segnalare alcune
monete volterrane rinvenute durante gli scavi di sepolture. Dalla tomba 60/D della necropoli della Badia di Volterra, nuovamente esplorata negli anni sessanta del secolo scorso322, proviene un sestante della
serie della Clava (SNG 905) trovato insieme ad un
semisse della serie sestantaria della Prora all’interno
di un’urna datata alla fine del III sec. a.C. 323. Sempre
alla serie della Clava appartengono un triente ed un
quadrante rinvenuti all’interno di una tomba a camera scoperta in loc. Orli a Casole d’Elsa (SI) (SNG 919,
921)324.
A partire dal secondo dopoguerra l’ingresso di nuove monete etrusche nel Monetiere fiorentino è stato
determinato anche da sequestri operati dalle forze dell’ordine. Un caso è rappresentato da quattro esemplari
in oro da 10 unità, con Testa maschile imberbe a d./a s.
e capelli ricci (SNG 96-98, 100), presenti nel Museo,
che furono consegnati alla Soprintendenza Archeologica della Toscana il 15 maggio 1959 a seguito di un
sequestro effettuato dal Nucleo di Polizia Giudiziaria
dei Carabinieri di Roma nei pressi di Populonia317. È
interessante osservare che nel luglio dello stesso anno
venne confiscato a Grosseto un gruppo consistente di
monete dello stesso tipo, oggi conservate presso la Soprintendenza Archeologica di Roma, che a seguito delle analisi microchimiche e metallografiche effettuate si
sono dimostrate falsificazioni moderne318.
Sono, però, gli esemplari rinvenuti nel corso di
scavi effettuati dalla Soprintendenza o quelli provenienti da ritrovamento fortuito da parte di privati e
che, per legge, devono essere consegnati allo Stato, a
costituire, in questo periodo, la parte preponderante
dei nuovi ingressi di monete etrusche nel Museo di
Firenze.
Un quadrante della serie Ruota/Anfora (SNG 1078)
fu scoperto durante le ricerche condotte ad Arezzo in
piazza S. Jacopo, dopo che nel febbraio 1949 alcuni
lavori avevano riportato alla luce frammenti di rilievi e
Le quattro monete in oro qui descritte (SNG 96-98, 100; inv. 36249-36252) sono registrate in inventario con provenienza da
questo sequestro, ma non è chiaro se ne facciano tutte parte. È da osservare, infatti, che l’elenco allegato al verbale di consegna
conservato in archivio riporta una sola «[…] monetina di Populonia, con una faccia liscia» in oro, oltre ad un’altra con la medesima
descrizione, ma in argento, di cui però non vi è riscontro nelle registrazioni d’inventario. Il sequestro comprendeva anche otto monete in bronzo di diversa grandezza e numerosi altri reperti. AST, Pos. 9/LI/3, 51-60, 1959.
318
Morandi 2000, pp. 292-304. Le tre monete SNG 96, 97, 98 presentano stesso conio del tipo A dell’articolo. Un’altra moneta identica a queste è stata, invece, dichiarata di scavo e d’epoca a seguito delle analisi effettuate, cfr. Serafin Petrillo 1989, pp. 9-20.
319
Basandosi anche sulla datazione della moneta, il periodo di attività della fornace venne fissato al III-II sec. a.C., Maetzke 1958,
p. 16-18.
320
Per i due esemplari SNG 405, 497 si veda Catalli 1976-1977, p. 145, n. 1 e n. 2; per la moneta SNG 323 la notizia del rinvenimento è in Catalli 1988, p. 487. Un terzo esemplare da 20 unità, inedito, è stato ritrovato durante la campagna di scavo condotta
nell’area alle pendici della collina nord dal Comune di Grosseto, nel 1989, ed è oggi conservato presso il Museo Archeologico e
d’Arte della Maremma di Grosseto (inv. 241425).
321
Catalli 1990, p. 82.
322
La zona della Badia, vicino a Volterra, era stata indagata già a partire dal 1730 con l’individuazione di sepolture etrusche. Negli
anni sessanta le nuove esplorazioni portarono alla scoperta di nuove tombe; vd. Fiumi 1972, pp. 53-136.
323
L’urna 653 in cui erano contenute le monete è stata datata da Fiumi al 240-220 a.C.; per una datazione alla fine del III sec. a.C.
si veda Martelli 1977 p. 86 ss.; per una datazione più tarda si veda Artigianato artistico in Etruria 1985, pp. 43-44.
324
Le schede d’inventario riportano: Casole d’Elsa – Loc.tà Orli - scavi 1969. Dalla tomba VII a camera (corrispondente alla tomba
2 degli scavi 1969).
317
46
I nuclei di monete etrusche nel Monetiere del Museo Archeologico Nazionale di Firenze
Nel 1983 si registrò l’ingresso di un ripostiglio, scoperto alcuni anni prima in località Stagnaccio325, nel
comune di Castiglione della Pescaia (GR), particolarmente interessante per la presenza, insieme a monete della zecca di Roma, di un’oncia di Vetulonia della
serie più recente (SNG 879). Gli esemplari, conservati
ed attualmente esposti al Museo “Isidoro Falchi” di
Vetulonia, sono in tutto trentanove, di cui dodici monete fuse di aes grave appartenenti a varie emissioni e
ventisette monete coniate così distinguibili: diciannove
della serie semilibrale; quattro della cd. serie collaterale Testa femminile/Ercole, tre della serie post-semilibrale e la sopra citata oncia di Vetulonia. È probabile
che il ripostiglio sia stato recuperato in momenti diversi tra il 1973 ed il 1975 e che parte delle monete che
lo componevano siano andate disperse326.
Nel corso degli anni ’80, le ricerche condotte dalla
Soprintendenza nella valle del Serchio hanno portato
al ritrovamento di alcune monete di estremo interesse per la rarità dei tipi e, soprattutto, per la provenienza da contesti datanti. Gli scavi condotti nell’insediamento pluristratificato di Ponte Gini-Orentano
nel Comune di Castelfranco di Sotto (PI) tra il 1981
ed il 1986, hanno restituito alcune monete etrusche
ed esemplari delle zecche di Roma, Neapolis, Hyria,
Cales ed Ebusus327. Proprio la presenza di tali monete ha contribuito ad avvalorare l’ipotesi di un centro
di natura eminentemente commerciale, il cui periodo
di vita è stato inquadrato nei decenni centrali del III
sec. a.C. Le due monete etrusche, inserite in catalogo
e con provenienza da questo scavo, sono: un pezzo da
20 unità con testa di Metus di Populonia (SNG 130),
rinvenuto negli strati di vissuto dell’insediamento, ed
un esemplare da 5 unità in argento (SNG 15) recuperato sporadicamente ed attribuito ad area etrusco-settentrionale (Luca?)328.
La scoperta di un ripostiglio, costituito da tre
esemplari da 10 unità raffiguranti al D/ un ippocampo
a d. e delfino (SNG 5-7) e cinque pezzi con oca stante
a d. retrospiciente (SNG 9-13), a Romito di Pozzuolo,
nei pressi di Lucca, nel 1985, ha gettato nuova luce
sulla datazione e l’attribuzione di un’emissione conosciuta in pochi esemplari329. Le monete sono state
trovate nel corso di una campagna di scavo e giacevano «quasi una sopra l’altra, come se fossero state
racchiuse in un contenitore330». Grazie al ritrovamento
in associazione con ceramiche di cui si hanno precisi
riferimenti cronologici, è stato possibile indicare il
270 a.C. come terminus ante quem per la loro emissione331. La presenza delle frazioni ha inoltre indotto a pensare che il loro occultamento sia avvenuto
non lontano dal luogo di emissione, rendendo quindi
plausibile l’attribuzione alla zecca di Pisae o Luca332.
Il ripostiglio è attualmente conservato al Museo Nazionale di Villa Guinigi a Lucca.
Alla serie con ippocampo appartiene anche una
moneta (SNG 8) trovata a Bora dei Frati, nel comune
di Pietrasanta (LU) nel 1988, durante gli scavi condotti in un insediamento che ha restituito materiali
databili alla fine del IV ed al III sec. a.C. Si tratta di
un esemplare da 10 unità con caratteristiche stilistiche diverse e di peso inferiore rispetto agli esemplari
di Romito di Pozzuolo, per il quale è stata proposta
una datazione di qualche decennio più tarda, intorno
alla metà del III sec. a.C. 333.
m.d.b.
Il ripostiglio venne trovato dal Sig. Mario Guglielmini; la data di entrata nel Museo è il 11.02.1983.
De Benetti - Catalli 2003-2006. Il ritrovamento sembra confermare la cronologia relativa proposta per questa serie etrusca che,
per le caratteristiche ponderli e per l’associazione con monete di altre zecche, è stata accostata alle riduzioni post-semilibrale e
sestantale del bronzo romano. Le prime notizie del rinvenimento sono in Curri 1978, pp. 108-111; ulteriori informazioni in Gorini,
2002, pp. 2-4. Si tratterebbe dell’unico ripostiglio noto in cui è presente un’oncia di Vetulonia e del secondo conosciuto per associazione moneta romana/moneta vetuloniese. Un sestante della stessa serie era presente nel ripostiglio di Città S. Angelo, cfr. Cesano
1931, p. 626
327
Ciampoltrini 1998, pp. 173-210
328
Oltre a queste monete presenti in inventario, sono stati rinvenuti un secondo esemplare da 20 unità con testa di Metus, proveniente dagli strati di vissuto dell’insediamento, ed una frazione inedita con bucranio entro granulatura, sporadica. Cfr. Ciampoltrini
1998, p. 209, n. 1 e n. 4.
329
Archeologia Viva, anno IV, n. 7/8, luglio/agosto 1985, p. 3; Etruscorum ante quam Ligurum 1990, pp. 271-286; Ciampoltrini 1992,
pp. 27-34; Zecchini 1999, pp. 44-47.
330
Zecchini 1999, pp. 44 – 47.
331
Ciampoltrini 1992, p. 29.
332
Per l’attribuzione a Pisae: Ciampoltrini 1992, p. 32, Zecchini 1999, p. 46; per l’attribuzione a Luca si veda invece HN Italy, p. 29.
333
Ciampoltrini 1992, p. 34.
325
326
47
SNG Firenze - Italia - Etruria
Abbreviazioni
Abbreviazioni di Archivi e Biblioteche
AGU: ABU: AST: BST:
Archivio Storico della Galleria degli Uffizi
Archivio della Biblioteca degli Uffizi
Archivio Storico della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana
Biblioteca della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana
Abbreviazioni dei cataloghi di inventario
(in ordine cronologico)
Pelli = Catalogo delle medaglie antiche, di ogni metallo e grandezza, nel Real Gabinetto di
Firenze, 1787.
- Pelli I = Parte Prima che contiene le medaglie delle serie di Popoli e Regi. Volume I in cui sono descritte quelle della Spagna, della Gallia, e dell’Italia.
- Pelli I.2 = Parte Prima che contiene le medaglie delle serie di Popoli e Regi. Volume II in cui sono descritte quelle della Dacia, della Tracia, e della
Macedonia.
- Pelli II = Parte Prima che contiene le medaglie delle serie di Popoli e Regi. Volume III in cui sono descritte quelle della Tessaglia, dell’Illirico, della
Grecia, del Peloponneso, delle Cicladi, e di Creta, con alcune incerte
del Medio Evo.
- Pelli II.2 = Parte Prima che contiene le medaglie delle serie di Popoli e Regi. Volume IV. In cui sono descritte quelle di varie provincie dell’Asia, cioè del
Ponto, della Cappadocia, della Galaria, della Paffagonia, della Bitinia, della Misia, della Troade, dell’Eolia, di Lesbo, della Ionia, della
Lidia, e della Frigia.
- Pelli III = Parte Prima che contiene le medaglie delle serie di Popoli e Regi. Volume V in cui sono descritte quelle della Caria, della Siria, della Panfilia.
- Pelli III.2 = Parte Prima che contiene le medaglie delle serie di Popoli e Regi. Volume VI in cui sono descritte quelle di varie provincie dell’Affrica, cioè
dell’Egitto, della Cirenaica, della Sirtica, della Bizacena, della Zengitana, della Numidia e della Mauritania con altre di luoghi incerti.
- Pelli IV = Parte Seconda che contiene le medaglie delle serie delle famiglie romane. Volume I in cui sono descritti i pesi e le medaglie di dette famiglie
dalla lettera A fino a tutta la lettera F.
- Pelli IV.2 = Parte Seconda che contiene le medaglie delle serie delle famiglie romane. Volume I in cui sono descritti i pesi e le medaglie di dette famiglie
dalla lettera G fino a tutta la lettera V con le incerte e le incusse.
48
Registro 1775-1781 = Registro o catalogo delle Medaglie antiche di ogni metallo e grandezza del Real Gabinetto di Firenze che contiene le Medaglie acquistate dal 7bre 1775, in cui seguì la
consegna di detto gabinetto al dirett. Pelli fino a tutto 7bre 1781.
Registro 1781-1787 = Registro. Acquisti di medaglie e monete dall’ottobre 1781 a tutto il 1787. Fascio B o
sia parte seconda.
Registro 1787-1792 = Registro delle Monete e Medaglie acquistate doppo compilato il catalogo nell’anno
1787 e che sono alla consegna del dirett. Pelli. Parte Terza. Dal 1788 a… (1792).
Aggiunte X = Appendice al Catalogo delle medaglie Antiche di ogni Metallo e grandezza del R. Gabinetto di Firenze. Volume X Che contiene le Medaglie della Serie di Popoli e Re, della
serie delle Famiglie Romane, e della serie Imperiale, pervenute dal 1775 a tutto (il
1830).
Suppl. I = Supplemento al catalogo. Acquisti fatti dal 1 gennaio 1831 a tutto il dicembre 1840.
Suppl. II = Volume Secondo del Supplemento al catalogo delle monete antiche, che contiene gli
acquisti fatti dal 1° gennaio 1841 al (3 luglio 1847, epoca della nuova riordinazione
fatta dal Prof. Migliarini).
Migliarini = Catalogo generale delle medaglie antiche.
- Migliarini Aes Grave = Pesi Italici, o sia Aes Grave di Numerazione separata,
1849.
- Migliarini Europa = Europa, 1850 (?).
- Migliarini Asia = Asia, 1841.
Migliarini Falsi = Catalogo di monete moderne o siano false a dì 27 luglio 1848.
Migliarini Duplicati = Medaglie Duplicate antiche. Provenienti per la nuova riordinazione data al medagliere
dal Prof. M. Arcang.o Migliarini li 26 agosto 1848.
Suppl. Migliarini = Supplemento al Nuovo Catalogo delle Medaglie e Monete antiche che contiene gli acquisti fatti dal 27 novembre 1847 a tutto (il 14 genn. 1880).
Milani 1879 = Milani L. A., Medagliere della Galleria degli Uffizi di Firenze. Manoscritto, 1879.
49
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