L`esperienza del CINECA nel campo della Virtual Archaeology

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L`esperienza del CINECA nel campo della Virtual Archaeology
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L’esperienza del CINECA nel campo della Virtual Archaeology
Antonella Guidazzoli
(CINECA, Vis.I.T, Casalecchio di Reno, Bologna)
1. Realtà virtuale e archeologia
Le tecniche di realtà virtuale possono estendere le nostre capacità percettive rendendo possibili
interazioni tra simulazioni numeriche e dati raccolti
sperimentalmente. In quest’ottica le applicazioni d
realtà virtuale sono strettamente collegate a quelle
di visualizzazione scientifica perché creano modalità originali di navigazione ed interrogazione di
mondi visibili, invisibili, ipotetici ed immaginari.
Il concetto stesso di virtualità implica la
disponibilità di visualizzazioni tridimensionali
e di sistemi interattivi finalizzati alla creazione
d’ambienti immersivi generati in tempo reale dal
calcolatore (LANIER 1988).
L’area denominata “Virtual Cultural Heritage” fa
riferimento all’uso di sistemi virtuali per generare,
navigare ed esplorare ambienti ricostruiti d’interesse
culturale. Nel campo specifico dell’archeologia
è oggi possibile fare riferimento ad un settore
specifico, quello della “Virtual Archaeology”.
Paul Reilly, nel 1991, aveva già individuato le
linee guida di quest’ambito di ricerca: la sua
visione iniziale si articolava sulla registrazione di
scavi e sulle possibilità offerte dalla ripetizione
virtuale degli scavi stessi grazie all’impiego di
tecnologie come gli ipertesti, la multimedialità e la
modellazione tridimensionale di solidi (REILLY 1991).
Successivamente, il campo è stato ampliato per
coprire l’applicazione di metodi di visualizzazione
e presentazione di “ricostruzioni” d’ambienti del
passato, comprendenti edifici, paesaggi ed artefatti
(RYAN 2002).
E’ stato quindi un processo naturale quello che
ha portato il laboratorio di Visual Information Technology (Vis.I.T.) del CINECA a far confluire i risultati
delle prime esperienze di visualizzazione scientifica
della fine degli anni Ottanta, nella realizzazione del-
le recenti applicazioni di realtà virtuale immersiva in
ambito archeologico.
2. Il Vis.I.T. e la Virtual Archaeology dal 1989
A partire dal 1988 il CINECA, che per missione
statutaria persegue tra i suoi fini lo sviluppo dell’
uso dei più avanzati sistemi di calcolo a sostegno
della ricerca scientifica e tecnologica, decide di
sviluppare la ricerca sulle tecniche di visualizzazione. A tal fine è creato un laboratorio dedicato:
il VIS.I.T. (VISual Information Technology; http:
//www.cineca.it/HPSystems/Vis.I.T): si tratta di
un laboratorio multidisciplinare volto allo sviluppo
d’applicazioni grafiche avanzate, tridimensionali ed
interattive. Inizialmente, il campo d’applicazione è
quello della visualizzazione scientifica, ma nel volgere di breve tempo ci si rende conto che molte discipline possono trarre vantaggio dalla grafica computerizzata interattiva e, dopo nemmeno un anno
dalla sua fondazione, il laboratorio inizia a dedicarsi
anche ad alcune applicazioni per l’archeologia.
Le prime ricerche si concentrano su tecniche di
Image Processing. Fin da subito la multidisciplinarietà si rivela fondamentale nello sviluppo di questi
progetti e la sperimentazione è applicata non solo
agli aspetti tecnologici, ma anche all’interazione tra
professionalità diverse.
Un caso di studio è realizzato partendo
dagli impasti ceramici di bucchero (1989-1990,
Marzabotto, Bologna). Il proposito è quello di
classificare automaticamente degli oggetti partendo
da immagini. I frammenti vengono digitalizzati, si
definisce l’identità cromatica di ciascun esemplare
e si estraggono automaticamente i contorni e le
decorazioni. L’applicazione di filtri numerici per
esaltare i contorni dell’oggetto permette di porre in
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Fig. 1 - Immagini tratte da progetti di archeologia computazionale sviluppate nel corso degli anni 90’ nel laboratorio Vis.I.T
rilievo anche elementi non rilevabili ad occhio nudo.
Classificando gli impasti come immagini a matrice
statistica suggerita dal calcolatore si evita, così,
la difficile valutazione soggettiva, soprattutto nella
descrizione dei colori e delle caratteristiche visibili.
Ci si sposta poi sulla fotointerpretazione
aerea digitale d’aree archeologiche (1991, Ascoli
Satriano, Foggia). Le tecniche di Image Processing
in questo caso mirano a rendere visibili gli elementi
della superficie terrestre identificando la presenza
d’eventuali strutture o emergenze archeologiche
attraverso i cambiamenti nel livello dei falsi colori
applicati alle originarie immagini aeree in bianco
e nero. Nel caso di studio si cerca di verificare se
le classi digitali corrispondono effettivamente ad
elementi fisici, come le “unità di paesaggio”.
Pur continuando ad utilizzare tecniche di
elaborazione d’immagine in ricerche successive
- come in quella recentemente dedicata
all’identificazione e classificazione d’attributi degli
artefatti di selce del Calcolitico attraverso un
processo automatizzato d’analisi delle immagini
(2001, Grar, Israele, Progetto europeo Minos Human Capital Mobility) l’area di interesse si amplia
ulteriormente. Da una parte l’estrazione automatica
dei contorni degli oggetti ed il riconoscimento di
feature viene applicata anche a filmati digitalizzati,
come nel progetto per l’elaborazione 3D d’immagini
video analogiche (1995), nel qual è stata estratta
una nuvola di punti dal filmato di un teschio ritrovato
nel sito preistorico d’Altamura (datato fra i 400.000
e i 150.000 anni fa) per realizzarne un modello
tridimensionale; dall’altra, l’attenzione si sposta
anche sull’elaborazione di modelli digitali del
paesaggio (DTM, Digital Terrain Model). Sempre
partendo dai dati di scavo relativi a Marzabotto, si
realizza un progetto su DTM, texture mapping da foto
aerea e posizionamento dei siti (1993, Marzabotto,
Bologna). L’intenzione è quella di ricostruire il
popolamento della I e della II età del Ferro sulla base
delle caratteristiche morfologiche del paesaggio
– incisione ed erosione fluviale, principali vie di
comunicazione, insediamenti. L’anno successivo è
la volta di un progetto sull’integrazione di foto aeree
e dati geologici nel DTM (1994, Terremare di S.
Rosa, Reggio Emilia), punto di partenza per analisi
di tipo territoriale e per la ricostruzione di paesaggi
archeologici. In questo modo è stato possibile
rappresentare virtualmente le caratteristiche
strutturali dell’insediamento, così come doveva
apparire nell’età del Bronzo, visualizzando in
maniera dettagliata e tridimensionale l’altimetria,
non più percepibile sul terreno, arato ed eroso tanto
da apparire completamente pianeggiante.
Nel biennio 1994-95 una collaborazione con
ricercatori dell’Università di Jaen (Spagna) - realizzatasi nell’ambito del progetto europeo IcarusHuman Capital Mobility – ha condotto ad una serie
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Fig. 2 - L’ambiente del Teatro Virtuale del CINECA
di esperimenti di navigazione virtuale real-time del
DTM integrati con fotografie aeree digitalizzate, con
immagini satellitari SPOT ad alta risoluzione e con
dati GIS (Geographic Information System) relativamente al paesaggio archeologico di Jaen, della valle del Arroyo Salado e della valle del Guadalimar. Ci
si inizia così ad avviare verso applicazioni di realtà
virtuale.
Il primo ambiente virtuale vero e proprio è
quello sviluppato nel 1996 con la realizzazione
in VRML (Virtual Reality Modeling Language) del
Museo Virtuale di Villa Verucchio (Rimini), pensato
per studiarne il possibile allestimento. Il modello è
concepito con attenzione alla storia del museo, alla
sua architettura, ed è realizzata anche una prima
esperienza d’allestimento virtuale fruibile via Internet (FORTE, FRANZONI 1997). In ambito archeologico
s’intravede, grazie a questo tipo d’attività, la possibilità di presentare ricontestualizzazioni dei materiali che costituiscono un fondamento necessario
per un’efficace comprensione dell’oggetto nonché
la possibilità di ricollegare l’oggetto al territorio e
quest’ultimo al museo stesso intendendo così il territorio in un’accezione più ampia, come un ambiente generale di riferimento antropologico a culturale.
L’anno seguente, i modelli digitali del terreno
di alcuni siti archeologici (Jaen Puente – Tablas
– Garibaile, Spagna ed Entella, Sicilia) sono integrati con la visualizzazione di dati relativi a rilievi
geomagnetici e, soprattutto, con i modelli relativi ad
ipotesi di ricostruzioni tridimensionali basati su dati
di scavo. Inoltre, di questi ambienti sono sempre
realizzate anche versioni per il Web. A tale proposito non si può non citare un’esperienza fondamen-
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Fig. 3 - Proposta di tassonomia per la realizzazione di applicazioni di Virtual Archeology
tale che ha inciso profondamente sulle successive
applicazioni: il progetto Nu.M.E. (Nuovo Museo
Elettronico della Storia della Città di Bologna),
realizzato sotto la direzione scientifica della prof.
Francesca Bocchi. Con Nu.M.E.,si realizza il primo
esempio di applicazione che può essere fruita sia
in un ambiente di grafica immersiva sia attraverso il
Web, viene stato ricostruita un porzione del centro
di Bologna in quattro dimensioni, permettendo di
ripercorrerne l’evoluzione urbanistica a ritroso nel
tempo dallo stato attuale sino al 1200 (http://www.s
toriaeinformatica.it/nume/italiano/ntitolo.html).
3. Grafica Immersiva per la Virtual Archaeology
L’acquisizione da parte del CINECA del Teatro
Virtuale (http://www.cineca.it/HPSystems/Vis.I.T/
VirtualTheatre/index.html)
ha
definitivamente
aperto la strada allo sviluppo di vere e proprie
applicazioni di Virtual Archaeology, grazie alle quali
l’utente può calarsi in una realtà simulata, con una
forte sensazione d’immersione.
Un supercalcolatore grafico traduce in tempo
reale scene grafiche in immagini (1). La proiezione
su uno schermo semicilindrico crea un’illusione
d’immersione nel mondo simulato. L’immersività è
amplificata dall’uso d’occhiali stereografici.
Tutto ciò consente la navigazione all’interno
d’ambienti sintetici (Virtual Environments - VE), ma
per ottenere ambienti sintetici in cui sia fluida ed
agevole l’interazione e la navigazione in tempo reale, occorre predisporre una modellazione ottimizza-
ta per il real time, disegnando al calcolatore la geometria dello scenario che s’intende ricostruire con
software ad hoc. In generale i singoli oggetti sono
costituiti da insiemi di poligoni, occorre poi definire
colori, materiali ed infine disegnare digitalmente le
texture, le immagini cioè, che rivestono le geometrie
dei modelli al fine ottenere un effetto fotorealistico.
I modelli vanno poi prodotti secondo diversi livelli di
dettaglio al fine di ottimizzare la visualizzazione in
tempo reale. Vengono poi programmati l’interattività, le modalità possibili di navigazione, i tour automatici, i punti di vista particolari nonché la gestione
di dispositivi d’input (2).
Oggi è possibile prevedere anche un’interazione
con scenari virtuali grazie a dispositivi palmari
PDA (Personal Digital Assistant) in modo che
l’ambiente ricostruito reagisca ad eventi generati
dal visitatore utente e possa fornire informazioni
utili all’approfondimento, visualizzate appunto sul
dispositivo portatile (HILL, CRUZ-NEIRA 2000).
L’esperienza di lavoro ha messo in luce l’importanza che va riposta nell’organizzazione e gestione
dei patrimonio dei mondi digitali creati: occorre
rendere visibili i riferimenti relativi agli autori dei
modelli, al patrimonio delle fonti utilizzate per le
ricostruzioni ed illustrare le procedure di validazione dei modelli stessi. Fondamentale poi anche
la definizione delle convenzioni grafiche utilizzate
per indicare ciò che non può essere modellato per
mancanza di informazioni.
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Fig. 4 - Modello digitale dell’atrio della Casa del Centenario visualizzato all’interno del Virtual Set RAI di Milano.
4. Organizzazione del lavoro multidisciplinare
5. Nuove prospettive
La missione del laboratorio VIS.I.T. del
CINECA, nell’ambito del Virtual Cultural Heritage,
prevede la creazione di applicazioni real-time,
basate su modelli digitali 3D, autenticate da storici
ed archeologi e si pone anche come obiettivo
quello di formare, in un ambiente multidisciplinare,
dottorandi, architetti, archeologi, storici interessati
allo sviluppo di applicazioni di Virtual Reality.
Le applicazioni di Virtual Archeology si basano su di un’organizzazione del lavoro che utilizza
diversi profili professionali ed implica feedback
continui fra professionalità tecnico informatiche ed
umanistiche (fig. 2). Importante per un’efficace fruizione dei prodotti è anche l’intervento di esperti di
comunicazione e di specialisti di interazione uomo
macchina.
I prossimi obiettivi riguarderanno una sempre
maggiore e studiata integrazione delle applicazioni
di Virtual Archaeology sviluppate per ambienti di
grafica immersiva con le tecnologie del Virtual Set
e dei sistemi palmtop. In particolare, il Virtual Set
permette di muovere l’ambiente virtuale in completa
sincronia con quanto ripreso da una telecamera,
integrando presentatori e attori in un mondo
che esiste digitalmente solo nella memoria del
computer e creando uno spazio di comunicazione
ricco di nuove potenzialità. L’utilizzo di terminali
portatili può invece efficacemente aumentare
le possibilità di interazione in ambienti virtuali,
delegando al sistema remoto la gestione delle
principali tecniche di navigazione, manipolazione
e controllo del sistema. Questo permette da un
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lato di preservare il senso di presenza dell’utente
nell’ambiente virtuale, dall’altro di fornirgli uno
strumento per la visualizzazione e l’inserimento di
dati bidimensionali durante l’esperienza virtuale.
Per migliorare la fruizione di questi musei archeologici ed anche di ambienti virtuali ricostruiti
da parte di utenti con profili diversi (studenti, turisti
culturali, etc.) occorre aumentare l’accessibilità
e la comprensione dei contenuti delle collezioni
offrendo nuovi paradigmi di accesso e fruizione
al pubblico. Le applicazioni di realtà virtuale e l’interazione tramite computer palmari consentiranno
di arricchire l’esperienza della fruizione museale,
nonché di facilitare l’analisi, il restauro, il rinnovo
dei manufatti. In questo senso la collaborazione
CINECA - DEIS (Dipartimento Elettronica Informatica e Sistemistica dell’Università di Bologna col
coordinamento del prof. Bruno Riccò) si propone di
verificare ed utilizzare le potenzialità dei dispositivi
portatili attualmente disponibili sul mercato nell’uso
come terminali per l’interazione remota di utenti.
Tali dispositivi consentiranno di mettere in evidenza
gli aspetti dinamici richiedendo simulazioni del territorio, analisi statistiche, interrogazioni di database
anche di tipo geografico creando nuovi ambienti
collaborativi distribuiti di analisi dei dati.
Il progetto di collaborazione tra RAI (StudioTV1,
Milano) e CINECA, denominato RVM4VSET (Research Advanced Models for Virtual Set Usage),
prevede la realizzazione di esempi di produzione
televisiva utilizzabili a fini didattici e divulgativi grazie alla messa a punto e fruizione di modelli virtuali,
realizzati a fini scientifici e di ricerca presso il laboratorio VIS.I.T., all’interno del Virtual Set della sede
RAI di Milano.
Nuove forme di comunicazione come Internet,
streaming video, mondi virtuali all’interno di Virtual
Set tenderanno ad integrarsi sempre più in un inevitabile processo di “media morfosi” ed occorre capire quindi quali siano le specificità di ciascun mezzo
e quali le sinergie possibili di queste nuove forme
di comunicazione nel campo specifico della Virtual
Archaeology.
Le tecniche di streaming video, ad esempio,
integrate con riprese in Virtual Set paiono
particolarmente promettenti nel campo della
divulgazione e dell’e-learning.
6. Alcuni progetti significativi in corso
Seduti nelle poltroncine del Teatro Virtuale
del CINECA, gli utenti-spettatori possono vedere
ricomporsi il volto di una mummia a partire dal
modello di una TAC, sorvolare il paesaggio
archeologico di Aksum in Etiopia o il territorio della
Bologna Romana, osservare gli studi di restauro
effettuati su alcune tombe romane sulla Via Appia,
passeggiare nella Casa del Centenario a Pompei
come appare ora e come gli archeologi ipotizzano
potesse essere nel 79 d.C.
I progetti in corso di sviluppo attualmente
presso il VIS.I.T. sono contraddistinti da aspetti
tecnologici diversi in modo da coprire alcuni nuovi
ambiti applicativi della Virtual Archaeology.
Il progetto “Aksum Ethiopia – Virtual Archaeological Landscape” (progetto CNR Agenzia 2000)
introduce dei comportamenti dinamici nella ricostruzione navigabile realizzata integrando anche i
GIS di scavo. Il primo tipo di simulazione implementata è relativo al cambiamento delle condizione di
illuminazione naturale (vd. infra, il contributo di M.
Forte e S. Kay).
Nel progetto “La via Appia antica: archeologia
e restauro”, l’aspetto più interessante è dato dalla
possibilità di interagire con i modelli e con le informazioni grafiche e testuali attraverso un sistema
palmtop, che opera da remoto (BRUNELLI et al. 2002;
BENINI et al. 2002; vd. infra, il contributo di M. Gaiani
et al.) (fig. 4).
Il progetto per la ricostruzione del viso di una
mummia (vd. infra, il contributo di M. Betrò et al.),
ha permesso di informatizzare una procedura antropologica che è eseguita abitualmente in maniera
manuale, oltre a trasferire tecnologie tra aree disciplinari differenti come antropologia e bioingegneria,
poiché alcune procedure applicate derivano da applicazioni di Virtual Surgery (chirurgia virtuale)..
Per il territorio della Bologna romana è stata
realizzata una navigazione multipiattaforma (desktop ed immersiva) virtuale ed interattiva sia del
territorio della Bologna attuale che della ricostruzione di quello d’epoca romana. Nell’applicazione
sono stati integrati anche i dati GIS ed il database
dello scavo (PESCARIN 2001; vd. infra, il contributo di
S. Pescarin).
Infine, nella ricostruzione virtuale della Casa
del Centenario, realizzata per il progetto “Pompei
- Insula del Centenario” e “MUSE - Parnaso” (vd.
supra, i contributi di D. Scagliarini Corlàita, A. Coralini e E. Vecchietti, T. Salmon Cinotti et al.), sono
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Fig. 5 - Un momento della navigazione virtuale sul territorio di Bologna romana.
stati utilizzati fotopiani digitali per le texture e sono
state inoltre realizzate più versioni dei modelli per
visualizzare diversi stadi temporali (l’attuale e quello antico), oppure per esprimere concetti differenti
attraverso un modello filologico (colorato in grigio
nelle parti impossibili da ricostruire fedelmente) ed
uno divulgativo (con una visualizzazione verosimile
delle parti mancanti). E’ stato eseguito inoltre anche
il porting per ambienti a più bassa risoluzione.
Conclusioni
Nel laboratorio di Visual Information Technology del CINECA è possibile, in sintesi, fare esperienza di un nuovo medium di comunicazione, la realtà
virtuale: un mezzo per approfondire ed al tempo
stesso comunicare il contenuto informativo di strutture di dati e simulazioni complesse, sia in ambito
scientifico che umanistico.
Le tecniche di Virtual Reality, stimolando
l’interazione fra modelli e dati reali, rendono
le applicazioni in campo archeologico sfide
particolarmente affascinanti: ci si trova in una
situazione simile a quella agli albori del cinema,
nuovo medium degli inizi del Novecento. Occorre
infatti oggi, come allora, andare al di là dell’effetto
meraviglia che il mezzo induce ed imparare ad
utilizzare in modo efficace uno strumento nuovo:
si devono creare cioè nuove figure professionali e
nuove specializzazioni di genere.
Le realizzazioni di archeologia virtuale,
inoltre, non saranno mai alternative alla visita in
situ, ma potranno sicuramente aumentarne la
comprensione da parte del visitatore e quindi il
tempo di permanenza.
E’ necessario però, per ottenere buoni
risultati, organizzare un lavoro multidisciplinare e
fare comunicare tra loro in modo efficace saperi
scientifici e umanistici: grazie ai progetti di ricerca
comuni informatici, architetti, modellatori e, in
generale, professionalità che provengono da una
cultura scientifica imparano a dialogare, ad entrare
in sintonia con figure più spiccatamente umanistiche
con un arricchimento reciproco.
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Ringraziamenti
L’autrice desidera ringraziare con affetto Maurizio
Forte, ispiratore dei primi progetti pionieristici di
archeologia computazionale, Antonella Coralini e
Daniela Scagliarini con cui ha condiviso le ultime
esperienze virtuali grazie alla Casa del Centenario,
tutto lo staff del laboratorio Vis.I.T, in particolare
Luigi Calori , Massimo Alessio Mauri, Maria Elena
Bonfigli, Silvano Imboden, con cui ha condiviso lo
sviluppo dei progetti e Maria Chiara Liguori, per la
revisione del testo dell’articolo.
Note
(1) Il Teatro Virtuale del CINECA è costituito da un grande
schermo cilindrico, videoproiettori BARCOGRAPHICS 1209s,
14 poltroncine per gli spettatori e un tavolo della regia. Su
quest’ultimo sono disposti tre monitor, che replicano l’immagine proiettata sullo schermo dai tre proiettori; una consolle del
supercalcolatore grafico Silicon Graphics Onyx2, corredata di
tastiera e mouse per controllare le applicazioni lanciate sullo
schermo; un touch panel per la gestione dei proiettori, delle
luci e del sistema audio. Il supercalcolatore Onyx 2, disponibile
presso il CINECA, è configurato con 8 processori MIPS R10000,
4 GigaBytes di memoria centrale, 260 GBytes di spazio disco
(di cui 180 Gbytes collegati tramite fibra ottica e i restanti 80
Gbytes tramite interfaccia UltraSCSI), tre pipeline grafiche di
cui una con 4 raster manager, 64 MB di memoria texture e 8
uscite video e due con 2 raster manager, 64 MB di memoria
texture e 2 uscite video, una scheda DIVO per l’acquisizione
di segnali video, una scheda ATM a 4 porte per il networking,
una scheda Ethernet a 4 porte per il networking. La capacità
grafica teorica per pipe della configurazione è di: 640 milioni di
pixels al secondo (texture, anti-aliasing) 11 milioni di triangoli
al secondo.
(2) Per quanto riguarda l’ambiente di sviluppo software, viene
utilizzato il software di modellazione Multigen (Paradigm)
insieme alle librerie grafiche OpenGL Performer ed al software Vega (Paradigm) in ambiente IRIX, che rappresentano
strumenti privilegiati per il rendering 3D ad alte prestazioni, in
quanto consentono di semplificare lo sviluppo di applicazioni
grafiche real-time, multiprocessed e interattive.
Caratteristiche principali dell’applicazione risultante dovranno
necessariamente essere:
•la possibilità di muoversi liberamente nello spazio secondo
metafore di navigazione opportunamente studiate per
l’occasione,
•la possibilità di interagire con altri utenti da visualizzare
all’interno dell’ambiente virtuale.
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L’esperienza del CINECA nel campo della Virtual Archaeology

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