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AMBIENTE RURALE E PAESAGGIO RENZO ANGELINI AMBIENTE RURALE E PAESAGGIO 111 CAMBOGIA Il dono del Mekong Renzo Angelini sono stanziati i primi abitanti e lungo il quale è poi fiorita la civiltà khmer di Angkor, e sorta la capitale Phnom Penh. Il Mekong nasce dagli altopiani tibetani e, lungo un percorso di 4.500 chilometri, attraversa la Cina, scavandosi il letto attraverso le montagne dello Yunnan, la Birmania, il Laos, la Thailandia, la Cambogia, prima di sfociare in Vietnam. A Phnom Penh si divide nel Mekong inferiore e nel Bassac, che corrono paralleli fino a varcare la frontiera del Vietnam e aprirsi a ventaglio per formare un delta di oltre 22.000 chilometri quadrati. Nel corso del tempo il fiume ha fatto nascere questa immensa area che continua ad alimentare con le sue acque ed il fertile limo che spande sulla pianura nei mesi delle acque alte. A fine primavera, quando termina la stagione secca, la sua portata può scendere fino ad un minimo di 1.700 metri cubi al secondo, poi inizia la stagione delle piogge portate dal monsone di sud-ovest. Con il caldo estivo i ghiacciai tibetani si sciolgono e il fiume si gonfia. Nella pianura il livello delle acque sale anche oltre gli otto metri e la portata raggiunge anche i 39.000 metri cubi al secondo. La Cambogia ha una superficie di 181.035 chilometri quadrati, vale a dire che è grande il 60% dell’Italia, con 14.494.293 abitanti (al 30 luglio 2009). È un paese a vocazione agricola e continentale con soli 443 chilometri di coste sul golfo del Siam, che rappresentano uno sbocco per il traffico commerciale e per il turismo. Si estende dal 10° al 15° grado di latitudine nord, nel cuore della cosiddetta “Asia dei monsoni”. Il centro della Cambogia è una sola vasta pianura, con il lago Tonlé Sap alimentato dal Mekong, il grande fiume del Paese. A sud-est del bacino si allarga il delta del Mekong, che penetra in Vietnam prima di sfociare nel Mar Cinese Meridionale. A nord e sudovest della valle centrale si innalzano diverse catene montuose, mentre nel nord-est si trovano alti rilievi, che proseguono nel centro del paese e penetrano nel Vietnam. Si dice che la Cambogia è “un dono del Mekong” perché, in un tempo antichissimo, è stato il fiume a crearla e modellarla ed ancora oggi vive grazie alle sue acque che portano la fertilità, l’acqua e la vita per la popolazione. Il Mekong è la storia del Paese, lungo il suo corso e nel suo sistema idrico si 113 AMBIENTE RURALE E PAESAGGIO RENZO ANGELINI Il riso, mietuto con la falce, viene portato nel villaggio. La trebbiatura viene fatta attraverso il calpestamento con gli zoccoli dei buoi e poi selezionato per isolare le preziose cariossidi. A Phnom Penh i due rami del fiume incontrano l’effetto contrastante delle maree che spingono il flusso per centinaia di chilometri nell’entroterra, con il rischio di gravissime inondazioni, tali da sommergere tutta la pianura. Nel credo popolare il creatore Brahma, quando riempì il golfo marino, non colmò la depressione centrale e la collegò con un braccio al Mekong. Questa area, oggi chiamata Tonlé Sap, è il più grande lago di tutto il sud-est asiatico. Un incredibile fenomeno naturale che fornisce risorse ittiche e acqua per l’irrigazione a quasi metà della popolazione cambogiana. È collegata al fiume Mekong a Phnom Penh da un canale anch’esso chiamato Tonlé Sap. Da metà maggio ai primi di giugno, durante la stagione delle piogge, il livello del Mekong si innalza, facendo salire a monte le acque del fiume, che di conseguenza scorre verso nord-ovest gettandosi nel lago Tonlé Sap. In questo periodo l’estensione minima del lago passa da 2.500 chilometri quadrati a 13.000 e la profondità aumenta da 2.2 metri a oltre 10 metri. La foresta viene inondata, solo le cime degli alberi più alti emergono dalla distesa d’acqua e l’intrico di vegetazione sommersa si trasforma in un gigantesco vivaio dove i pesci si moltiplicano. Verso inizio ottobre, quando il Mekong riprende ad abbassarsi, il fiume Tonlé Sap inverte il suo corso drenando le acque del lago di nuovo verso il Mekong. Le terre che riemergono sono coperte da uno strato di fertile limo, che il fiume continua a riversare nel suo delta. Questo straordinario fenomeno trasforma il lago in una delle risorse di pesce d’acqua dolce più ricche del mondo, creando le condizioni ideali per la riproduzione delle varie specie ittiche, creando un indotto capace di occupare circa un milione di persone. Nei lunghi mesi durante i quali le acque hanno sommerso le rive del grande lago, tra i tronchi e la boscaglia il pesce si è riprodotto moltiplicandosi: a novembre le acque iniziano a defluire e il pesce segue il flusso della corrente. Dove il lago stringe le sue rive e inizia il corso del fiume Tonlé Sap, i pescatori piantano sul fondo delle canne di bambù disposte a imbuto: una grande quantità di pesce imbocca questi condotti che portano alle gabbie. I pescatori selezionano la preda: una piccola quantità viene presa per essere pulita e seccata e messa nei vasi, mescolata insieme a spezie e peperoncino, per fare il prahoc, uno dei principali cibi dei cambogiani, con cui i contadini condiscono il riso bollito e che, fino a poco tempo fa non si trovava in vendita neppure nei mercati di paese. Il pescatore ha il prahoc ma non ha il riso, il contadino ha il riso ma non ha nulla con cui condirlo. Sulla riva del fiume arrivano i carri con il riso e i pescatori accostano con le loro barche e avviene il baratto. Il pesce di maggior pregio viene messo nelle gabbie semi-galleggianti, che vengono poi trainate nel lago, dove il pesce cresce e si riproduce. In questo modo è disponibile pesce fresco tutto l’anno. Questo ecosistema è diventato una risorsa per la biosfera, minacciata però dalla presenza di dighe a monte, che impediscono la migrazione del pesce lungo il Mekong, e dalla eccessiva deforestazione, che compromette la stabilità del terreno superficiale nelle aree più elevate della Cambogia e il materiale sedimentario dilavato dalle piogge viene trasportato dai fiumi e depositato nel lago che vede ridursi la propria capacità di invaso e di polmone per le grandi piene. La campagna cambogiana resta inequivocabilmente povera e la popolazione che vi risiede, pari all’85%, trae di che vivere dall’agricoltura, che dipende a sua volta dai capricci del monsone annuale di sud-ovest. La popolazione delle aree rurali deve fare i conti con una continua lotta per la sopravvivenza, coltivando riso e altri prodotti agricoli di base o sfruttando le risorse ittiche dei fiumi e dei laghi, affrontando avversità quotidiane come malattie, mine di terra (tra il 1970 e il 1975 l’aviazione americana ha rovesciato sulle campagne della Cambogia 593.000 tonnellate di bombe, quattro volte la quantità che aveva colpito il Giappone durante la seconda guerra mondiale: nel 1970 esistevano 2.900.000 ettari di risaie e nel 1975 ne restarono circa 600.000), minacce di espropriazioni dei terreni da parte dei militari. Se si escludono le terre del bacino del Mekong e della zona lacustre che beneficiano delle regolari piene apportatrici di limo, nel resto del paese il suolo è molto povero e poco adatto alle colture agricole. È povero dal punto di vista geologico perché sullo zoccolo roccioso di arenaria si stende uno strato argilloso poco permeabile e soprattutto per la scarsa e irregolare irrigazione. Il grandioso sistema di bacini e canali che determinarono la prosperità di Angkor è scomparso con l’antica capitale e oggi le possibilità di irrigazione vengono dalle piogge stagionali che però spesso cadono in modo torrenziale. Dal 1970 al 1993 sono poi trascorsi ventitré anni di guerra che ha devastato le campagne. Solo da pochi anni è iniziata la costruzione di un sistema di raccolta delle acque e di irrigazione delle risaie: nella maggior parte dei casi la disponibilità d’acqua è legata solo alle piogge e il contadino deve compiere i lavori secondo i tempi stabiliti dal susseguirsi delle stagioni, ottenendo un solo raccolto all’anno in confronto ai tre ottenuti ai tempi della capitale Angkor. A fine maggio si fa la semina del riso in vivaio per ottenere le piantine che verranno trapiantate in risaia, dopo averla arata con un aratro di legno dal vomere con un puntale di ferro, simile a quello dei suoi antenati, tirato da una coppia di buoi o di bufali. L’acqua riempie la risaia dove in agosto saranno trapiantate le piantine di riso, riprodotte nel vivaio. Le piogge di settembre-ottobre fanno crescere il riso e da dicembre a febbraio si miete. La resa è sempre molto bassa, circa un terzo di quello che si ha nella vicina Thailandia, e il lavoro viene svolto quasi esclusivamente dalle donne. 116 117 AMBIENTE RURALE E PAESAGGIO RENZO ANGELINI AMBIENTE RURALE E PAESAGGIO RENZO ANGELINI La vita sul fiume Mekong e sui canali laterali. Il tempio di Angkor Vat all’alba. I TEMPLI DI ANGKOR I templi di Angkor sono il cuore del Regno di Cambogia, eretti tra il IX e il XIV secolo, quando la civiltà khmer era all’apice del proprio sviluppo, coprendo un arco temporale che va dall’802 d.C. quando Yaravarman II si trasferì a Phnom-Kulen, al 1432, anno in cui i siamesi saccheggiarono Angkor-Thom. Sono tra le principali meraviglie architettoniche del mondo e inserite nel 1992 dall’UNESCO nell’elenco del Patrimonio dell’Umanità. Da Angkor, l’impero khmer governava un vasto territorio che partiva dal Vietnam meridionale, alla regione cinese dello Yunnan, a nord e del Vietnam ad est fino al Golfo del Bengala a ovest. Oltre 100 templi furono costruiti e costituivano l’ossatura del sistema religioso e amministrativo, in quanto solo agli dei era riservato il diritto di risiedere in dimore di mattoni o di pietra, mentre le abitazioni e gli edifici pubblici erano costruiti in legno o altro materiale deperibile. Disseminati su circa 300 chilometri quadrati di campagna tra il lago Tonlé Sap e i monti Kulen, sono circondati da fitti tratti di foresta e svettano sopra le risaie e sembrano ancora fare parte della vita quotidiana raffigurata nei bassorilievi dei templi. Il motivo che spinse i sovrani khmer a intraprendere la costruzione fu soprattutto il loro intento di creare templi di stato per il culto del devaraja, il dio-re. Nella mitologia induista, il dio Shiva conferì al re il lingam, la pietra fallica che lo simboleggia e che da quel momento divenne anche il tabernacolo dell’essenza reale del devaraja, il protettore dell’universo, la cui dimora non poteva essere altro che il tempio-montagna. Ogni sovrano edificava durante il proprio regno il tempio personale che ospitava il lingam, simbolo della sua regalità ed essenza divina, e che alla sua morte ne diventava il mausoleo. Tutta l’architettura è improntata al simbolismo della Montagna Cosmica ed è proprio la torre-santuario quadrata con piramide a gradini che costituisce la più antica soluzione architettonica khmer, in mattone, arenaria e laterite. Prima isolate poi raggruppate su un basamento in numero di 3 o 5, le torri o prasat, si evolvono successivamente nello scenografico complesso del tempio-montagna a quinconce, cioè a 5 torri, quattro disposte agli angoli del perimetro quadrato e una al centro, collegate da gallerie colonnate. Le regole per la costruzione sono dettate dai miti indù dell’origine del mondo: il tempiomontagna sorge all’interno di un bacino, il baray, che simboleggia l’Oceano Cosmico, le acque primordiali nel cui grembo è racchiusa la vita in attesa di essere manifesta. Danzatrici apsara: durante il regno di Jayavarman VII, a corte c’erano oltre tremila danzatrici che si esibivano esclusivamente per il sovrano. A destra alcuni bassorilievi di Angkor Vat. Essi non avevano solo una funzione decorativa, ma contenevano un preciso messaggio politico indirizzato dal sovrano a tutti i suoi sudditi e ai popoli sottomessi. 123 AMBIENTE RURALE E PAESAGGIO RENZO ANGELINI Angkor Thom. Gigantesco volto scolpito sulla torre centrale del tempio del Bayon. La natura ha preso possesso del Ta Prohm, suggestivo tempio in rovina, stretto nella morsa surreale di gigantesche radici di alberi torreggianti che, con l’avanzare della jungla, si sono insinuati tra le sue pietre. di Angkor Vat e del Bayon. I siti di Angkor sono molto diversi uno dall’altro e ciascun tempio ha un suo fascino peculiare. Immerso nel verde e nel mistero, Angkor Vat è un monumento unico al mondo, un sorprendente connubio di spiritualità e simmetria, un secolare esempio della religiosità e della devozione agli dei. È il più grande monumento di Angkor e il meglio conservato. Nato come mausoleo per Suryavarman II, che regnò dal 1112 al 1152, e consacrato a Vishnu, la divinità con cui si identificava il sovrano. In laterite e arenaria su un’area di 1.500 metri quadrati, con cinque grandiose torri a forma di pannocchia e la guglia centrale che si erge per 65 metri sopra il livello del terreno. I bassorilievi estremamente particolareggiati, scolpiti lungo il muro di cinta narrano le storie della mitologia indù e la grande parata storica delle gesta e del trionfo di Suryavarmann II. Da non perdere la collezione di oltre 1.500 apsara scolpite ognuna diversa dall’altra; queste bellissime danzatrici celesti presentano acconciature ricercate ed espressioni enigmatiche, perfino i gioielli sono intagliati con cura per raggiungere la perfezione nella resa dei Il baray è fondamentale nell’edificazione dei centri religiosi. Il potere regale si fonda infatti, oltre che sulle motivazioni sacre, sulla capacità di sfruttamento delle acque delle risaie: così il re, trasponendo il mito in una dimensione pratica funzionale, diventa la fonte e il distributore della vita. Il corpo principale del tempio coincide con il mitico monte Meru a cinque picchi, che nella visione indù è al centro dell’universo e simboleggia l’asse ordinatore che trasforma il caos originario nel mondo manifesto. Ogni sovrano doveva assolvere tre doveri fondamentali: verso i sudditi, con la costruzione di bacini e canali di irrigazione; verso gli antenati, con la costruzione di un tempio che li commemorasse; verso se stesso, in quanto devaraja, con l’erezione del suo santuario-montagna. I re successivi cercarono di superare i loro predecessori, così che, grazie al miglioramento delle tecniche di costruzione, i templi si fecero sempre più complessi, comprendendo molti santuari gallerie ed elaborati gopura (padiglioni o torri di ingresso). I templi furono riccamente scolpiti con motivi decorativi e scene mitologiche, come dimostrano i magnifici bassorilievi 127 Fa Prohm. AMBIENTE RURALE E PAESAGGIO RENZO ANGELINI Giovane bonzo, incuriosito dalla presenza del fotografo. muri crescono enormi kapok, alberi le cui imponenti radici incorniciano le porte e si insinuano nelle colossali pietre spaccandole o ingabbiandole in una morsa che crea un nuovo rapporto tra arte umana e natura. Costruito intorno al 1186, era un monastero buddhista, dedicato alla madre di Jayavarman VII e mantiene le informazioni su coloro che vi lavorarono e che vi abitarono. Per la manutenzione del tempio erano necessarie quasi 80.000 persone e riforniva di medicinali e provviste i 102 ospedali del regno khmer. Per scelta deliberata, salvo pochi indispensabili lavori di sostegno delle parti pericolanti e l’apertura di un sentiero tra la vegetazione venne lasciato così come era apparso ad Henri Mouhot nel 1860 e poi ai primi archeologi che lavorarono ad Angkor agli inizi del secolo scorso. L’effetto è straordinario: una perfetta simbiosi tra opere architettoniche e la prorompente vegetazione tropicale che si manifesta in un rapporto di proporzioni estremamente equilibrato. La natura si è introdotta ovunque avvolgendo i manufatti in un abbraccio conservativo e facendo correre le potenti radici lungo il corpo di quasi tutte le costruzioni al punto tale che, se le piante morissero, l’intera opera dell’uomo crollerebbe. particolari. Intorno il grande fossato largo 200 metri, attraversato da ponti con balaustre a forma di naga, serpenti mitologici a più teste. Angkor Thom è una città fortificata che si sviluppa su una superfice di circa 10 ettari, costruita dal più grande re di Angkor, Jayavarman VII, che regnò dal 1181 al 1219, che salì al trono subito dopo il saccheggio di Angkor (allora capitale del regno Khmer), compiuto dai Cham. Nel periodo di maggior splendore ad Angkor Thom e zone limitrofe viveva un milione di persone, quando a Londra la popolazione non superava i 50.000 abitanti. La città ha cinque porte di ingresso monumentali di cui, la porta sud è sormontata da colossali volti che guardano verso i punti cardinali e si raggiunge passando per una stupefacente strada fiancheggiata da enormi statue di dei e demoni. All’interno della città i volti si ripetono a centinaia nel Bayon, che sorge nel cuore di Angkor Thom e fu l’ultimo tempio angkoriano ad essere costruito. Il Ta Prohm è una delle rovine più suggestive poiché, contrariamente agli altri templi, è stato lasciato in balia della giungla e stretto nella morsa surreale delle gigantesche radici di alberi torreggianti che si sono insinuate fra le sue pietre. Dalle terrazze e dai suoi 128 AMBIENTE RURALE E PAESAGGIO RENZO ANGELINI