Animali in condominio - Guardie Ambientali d`Italia

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Animali in condominio - Guardie Ambientali d`Italia
ANIMALI IN CONDOMINIO, UNA CONVIVENZA A VOLTE DIFFICILE
Tratto dall’articolo pubblicato sul Corriere di Novara del 24 ottobre 2009.
Autori: Avv. Monica Bombelli e Avv. Matteo Lato
Non sempre la presenza degli animali nei condomini è cosa gradita a tutti.
Cosa dice la legge:
Un proprietario può detenere un animale domestico nel proprio appartamento, cioè detenere un
animale domestico nel proprio appartamento costituisce per la giurisprudenza una facoltà legittima
di godimento dell’immobile (diritto di proprietà).
Questo diritto è sancito anche dalla Legge 281/1991 (Legge quadro in materia di animali di
affezione e prevenzione del randagismo) stabilendo espressamente all’ Art. 1 Principi generali:
“lo Stato promuove e disciplina la tutela degli animali di affezione, condanna gli atti di crudeltà
contro di essi, i maltrattamenti ed il loro abbandono al fine di favorire la corretta convivenza tra
uomo e animale e di tutelare la salute pubblica e l’ambiente”.
Anche il Codice Penale modificato dalla Legge 20 luglio 2004, n.189 (Disposizioni concernenti il
divieto di maltrattamento degli animali, nonché di impiego degli stessi in combattimenti clandestini
o competizioni non autorizzate) punisce chi maltratta gli animali o li detenga in condizioni non
compatibili con la loro natura.
Infatti nei seguenti articoli si legge:
Art. 1.
(Modifiche al codice penale)
1. Dopo il titolo IX del libro II del codice penale è inserito il seguente:
"TITOLO IX-BIS - DEI DELITTI CONTRO IL SENTIMENTO PER GLI ANIMALI
Art. 544-bis. - (Uccisione di animali). - Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona la
morte di un animale è punito con la reclusione da tre mesi a diciotto mesi.
Art. 544-ter. - (Maltrattamento di animali). - Chiunque, per crudeltà o senza necessità,
cagiona una lesione ad un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o a
fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche è punito con la
reclusione da tre mesi a un anno o con la multa da 3.000 a 15.000 euro.
La stessa pena si applica a chiunque somministra agli animali sostanze stupefacenti o vietate
ovvero li sottopone a trattamenti che procurano un danno alla salute degli stessi.
La pena è aumentata della metà se dai fatti di cui al primo comma deriva la morte
dell'animale.
Ne consegue che oggi è diffusa l’opinione che considera un vero e proprio diritto della persona
tenere con sé animali, perché anche in tal modo si manifesta la personalità del soggetto, tutelata
dalla medesima Costituzione.
Ma esistono delle limitazioni.
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Ecco i limiti:
Il regolamento del condomino può vietare la detenzione di animali domestici.
Tale divieto assoluto è valido solo in due casi:
1) il divieto è espressamente contenuto nell’atto di vendita dell’immobile ed è stato approvato dal
compratore firmando il rogito notarile.
Oppure
2) il divieto è stato inserito successivamente nel regolamento del condominio previa approvazione
di tutti i condomini, nessuno escluso.
Non basta la maggioranza assoluta in un’assemblea perché l’assemblea condominiale non ha il
potere di incidere negativamente sul diritto di proprietà del singolo condomino, per cui se il diretto
interessato non ha firmato tale accordo il divieto non è valido.
Un caso diverso è il seguente.
Può capitare che il regolamento di condominio vieti di detenere animali che rechino molestie o
disturbo. Tale divieto non è assoluto anche se è stato firmato da tutti i condomini o sia contenuto
nell’atto di vendita dell’immobile, bensì si applica solo agli animali che recano disturbo.
.
In questo caso si applica l’art. 844 del Codice Civile che vieta le immissioni anche rumorose che
superano la “normale tollerabilità”.
Quindi il rumore prodotto dall’abbaiare continuo di un cane che supera la “normale tollerabilità” è
vietato. Ma pare che non esista una legge che specifica i limiti misurabili di questo rumore,
pertanto il limite della tollerabilità è qualcosa che va accertato dal giudice caso per caso, tenuto
conto di tutte le circostanze rilevanti nella specifica ipotesi. Solo il giudice può ordinare la
cessazione del rumore e anche disporre nei casi in cui non esistano altri metodi, l’allontanamento
dell’animale dall’appartamento.
Una recente sentenza della Suprema Corte ha dichiarato che la presenza di un cane all’interno di
una struttura condominiale “non deve essere lesiva dei diritti degl’altri condomini, sicché i
proprietari dell’animale devono ridurre al minimo le occasioni di disturbo e prevenire le possibili
cause di agitazione ed eccitazione dell’animale stesso, soprattutto nelle ore notturne”. Ma aggiunge
anche che “occorre tenere presente che la natura del cane non può essere coartata al punto da
impedirgli del tutto di abbaiare e che episodi saltuari di disturbo da parte dell’animale possono e
devono essere tollerati dai vicini in nome dei principi del vivere civile.”
Anche l’art. 659 del Codice Penale punisce, considerandolo reato, la condotta di chi, “mediante
schiamazzi o rumori, ovvero abusando di strumenti sonori, o di segnalazioni acustiche, ovvero
suscitando e non impedendo strepiti di animali, disturba le occupazioni o il riposo delle persone,
ovvero gli spettacoli, i ritrovi o i trattenimenti pubblici”.
Ma perché sussista tale reato è necessario che il rumore prodotto dall’animale superi il limite di
normale tollerabilità non di una singola persona, bensì di un numero indeterminato di persone.
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Cioè questo articolo tutela la quiete pubblica, per cui viene punito solo chi danneggia la collettività
e non il singolo individuo, anche se solo potenzialmente e non effettivamente.
Altri divieti possono concernere la presenza di particolari specie di animali considerati non
domestici la cui detenzione può essere vietata per legge:
Legge 150 del 7 febbraio 1992 modificata con legge 59 del 13 febbraio 1993.
(Disciplina dei reati relativi all'applicazione in Italia della convenzione sul commercio
internazionale delle specie animali e vegetali in via di estinzione).
Questa legge disciplina l’acronimo C.I.T.E.S.
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C.I.T.E.S. è l'acronimo (sigla) formato dalle iniziali di "Convention on International Trade
of Endangered Species" (Convenzione sul commercio internazionale di specie di fauna e
flora selvatiche in pericolo di estinzione), meglio conosciuto come "Trattato di
Washington" perché firmato, da numerosi Paesi, in quella città degli Stati Uniti, il 3 marzo
1973 (il Trattato é stato successivamente ratificato dall'Italia con Legge n. 874 del
19/12/1975).
Con tale Convenzione, i Paesi firmatari si sono dati precise regole per la salvaguardia del
patrimonio naturale mondiale, soprattutto al fine di eliminare il grande flagello della cattura,
sino ad allora indiscriminata e distruttiva.
Il Trattato di Washington prevede due Appendici, la I e la II, nelle quali sono elencate tutte
le specie sottoposte a regolamentazione.
Nell'Appendice I sono elencati gli animali in grave pericolo di estinzione e per i quali sono
vietati la cattura e la detenzione (esclusa la detenzione di soggetti regolarmente nati in
cattività).
Infine occorre ricordare che altri divieti possono sussistere o essere imposti qualora gli animali
siano tenuti in condizioni incompatibili con la loro natura, potendo in tal caso incorrere il
proprietario nel reato di maltrattamento di animali, o per il modo o il numero di bestie tenute siano
gravemente minate l’igiene e la salute pubblica.
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