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Monterotondo M.mo: dall’insediamento altomedievale alla Rocca degli
Alberti (IX-XIV secolo)
Jacopo Bruttini - Francesca Grassi
Introduzione
Lo scavo all’interno della Rocca degli Alberti rientra nelle attività che il Dipartimento di Archeologia
dell’Università di Siena svolge da anni per lo studio delle dinamiche insediative del territorio delle Colline Metallifere
attraverso analisi di superficie, interventi di scavo di insediamenti fortificati e mappature delle aree minerarie.
Infatti, il territorio in cui si trova Monterotondo Marittimo, ora caratterizzato da ampie distese boschive, si è
distinto sino all’età contemporanea per la densa attività mineraria che ha interessato i giacimenti di metalli
monetabili (rame e argento). In particolare nel medioevo, queste lavorazioni hanno connotato fortemente il territorio,
dando avvio al processo di nascita di una rete di insediamenti fortificati che costituivano le basi da cui i poteri
signorili, ecclesiastici e cittadini controllavano i processi di produzione metallurgici. Tra questi anche i castelli di
1
Rocchette Pannocchieschi (Massa Marittima, Gr) già oggetto d'indagine da parte dell'Università di Siena e quello di
Cugnano (Monterotondo Marittimo, Gr) attualmente in corso di scavo.
Accanto a questa primaria risorsa economica, il territorio di Monterotondo Marittimo si caratterizzava inoltre
2
per i giacimenti di allume, sicuramente sfruttati dalla fine del Medioevo e le risorse idrotermali .
La documentazione storica su Monterotondo mostra che a partire dall’VIII secolo vi erano in questa area
3
consistenti proprietà dell'episcopato lucchese. Tra queste, il centro curtense di San Regolo e le località di Paterno,
Paganico e Castiglione Bernardi. In seguito, due atti analoghi stilati attorno alla metà dell'XI secolo sembrano
testimoniare l'affermazione in quest'area di poteri informali esercitati da parte di esponenti degli Aldobrandeschi del
ramo detto "di Suvereto", in relazione al controllo di castelli posti nell'area. In uno di questi atti, nel 1055 Ugo del fu
Rodolfo promise solennemente di non molestare i possedimenti maremmani dell'episcopato lucchese con
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particolare riferimento a Sussiano e Cagna, ubicati in prossimità di Monterotondo .
Inoltre, nella circoscrizione di Monterotondo vantava diritti di proprietà almeno dal 1128 l'abbazia di S. Pietro
5
in Palazzuolo di Monteverdi, importante fondazione longobarda . Lo testimonierebbe una refuta a favore del
monastero stesso che riguardò alcuni beni ubicati nella curtis di Monterotondo, testimoniando anche l'esistenza di
una circoscrizione forse facente capo ad un castello. Secondo una conferma pontificia del 1176 a favore del
Monastero di Monteverdi, questo ente possedeva la chiesa di S. Martino "de Fusciano" e beni situati "in curte
eiusdem castrii de Monte Rotundo", facendo implicito riferimento all'inserimento della chiesa di S. Martino (ubicabile
in corrispondenza dell'attuale pod. S. Martino, a sud dell'abitato) nel territorio del castello di Monterotondo.
Successivamente si affermò sul castello la signoria dei Conti Alberti, poichè nel 1164 il suo possesso venne
confermato dall'imperatore Federico Barbarossa al conte Alberto IV da Prato. Nel febbraio del 1209 un arbitrato di
divisione tra i conti Maghinardo e Rainaldo attribuì a quest'ultimo la parte meridionale del vasto dominio degli Alberti,
con Monterotondo e con gli altri possedimenti e castelli della Val di Cornia, della Val di Cecina e del Massetano.
Nel maggio dello stesso anno 1209 Rainaldo si fece cittadino di Massa Marittima, sottomettendo a questo
comune il castello e impegnandosi a fare prestare dagli abitanti del castello stesso un atto di giuramento verso i
massetani: si tratta di uno dei testi più antichi sulla organizzazione comunale di Massa e sulla sua espansione nel
territorio. Tra il 1261 ed il 1263 i massetani comprarono il castello di Monterotondo dagli eredi di Rainaldo e da
esponenti dei nobili di Poco Campiglia e di Elci, che erano ad essi legati; e negli statuti di Massa degli inizi del '300
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furono inserite disposizioni per garantire il controllo del Comune dominante sopra il castello .
1
GRASSI c.s.
DALLAI, FINESCHI 2006.
3
riconosciuto nell’attuale sito della fattoria di S. Regolo, DALLAI, FINESCHI 2006: 267.
4
FARINELLI 2007.
5
FRANCOVICH BIANCHI, 2006a.
6
FARINELLI 2007.
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Jacopo Bruttini - Francesca Grassi ● Monterotondo M.mo: dall’insediamento altomedievale alla Rocca degli Alberti (IX-XIV secolo)
Lo scavo archeologico all’interno della Rocca degli Alberti, iniziato nel 2005 con la direzione scientifica di
Riccardo Francovich e proseguito con quella di Giovanna Bianchi, ha interessato al momento tre aree distinte: il
palazzo degli Alberti (80 mq); l’area antistante e tutta la restante area sommitale esterna al palazzo stesso (circa
360 mq). Contemporaneamente è stata avviata una lettura stratigrafica di tutte le evidenze murarie in elevato, della
rocca e del borgo di Monterotondo. Nel corso dello scavo sono stati indagati depositi che, in seguito ad uno studio
preliminare della stratigrafia, sono stati divisi in quattro periodi insediativi che andremo a descrivere.
1. Periodo I. (IX-X sec.)
1.1 La sequenza stratigrafica
In un periodo compreso fra il IX e la
seconda metà del X secolo nell’estremità sud
del rilievo collinare dove in seguito sorgerà l’abitato di Monterotondo, vennero messe in
opera una serie di fortificazioni. Purtroppo la
superficie limitata delle aree di scavo non ha
permesso di stabilire con sicurezza quale fosse il perimetro esatto di queste costruzioni, ma
anche grazie all’utilizzo della base GIS, possiamo ricostruire che si trattasse di una serie
di ampi spazi fortificati all’interno dei quali si
ipotizzano diverse attività (fig. 1).
Infatti, la porzione dell’insediamento
intercettata dallo scavo era a meridione di uno
spesso muro di cinta (circa 2 metri) di cui è
stato individuato un tratto di oltre 30 mt, con
andamento sud-ovest/nord-est.
La maggior parte della superficie interna al muro è risultata spazio aperto, fatta
eccezione per due ambienti, uno compreso fra
una partizione interna e il muro di recinzione e
l’altro a sud del muro divisorio: per quest’ultimo però non abbiamo elementi sufficienti per
poter affermare se fosse coperto o meno.
Nel primo ambiente sono stati scavati i
resti del crollo di una struttura di grandi dimensioni. Nel corso dello scavo sono stati infatti rinvenuti tre blocchi di microconglomerato
di grandi dimensioni, formazione rocciosa affiorante in alcune zone che distano alcuni chilometri ad ovest e ad est del sito. I blocchi
avevano la particolarità di essere stati fortemente esposti ad una fonte di calore che ne Fig. 1. Pianta di fase generale del sito di Rocca degli Alberti fra il IX e il X secolo.
aveva alterato il colore in modo omogeneo, sia
in superficie sia all’interno. Per questi blocchi
caratterizzati da un colore molto alterato rispetto a quello naturale, si è supposto il loro riuso in una struttura che
doveva avere le caratteristiche di un forno, di grandi dimensioni, del quale le pietre ne costituivano probabilmente la
base.
Questi elementi lapidei permettono inoltre un’altra considerazione; essi sono stati rinvenuti in giacitura
secondaria anche in altre aree dello scavo (in totale 12 elementi), con il loro colore grigio originario e in alcuni casi
furono reimpiegati al momento della costruzione del palazzo di XIII secolo o della costruzione di alcune murature
rinascimentali. La presenza di questo materiale da costruzione e la sua lavorazione in blocchi di grandi dimensioni,
del tutto estraneo alle tecniche costruttive medievali riscontrate nel resto del sito, assieme al ritrovamento di una
moneta romana (attualmente in corso di studio da parte della dott.ssa Cicali) all’interno del primo filare di fondazione
del muro di fortificazione dell’insediamento del periodo successivo (vedi infra), ha aperto interessanti prospettive
circa la presenza di fasi di frequentazione del sito in età classica.
Nell’ambiente posto a sud del muro divisorio, fu costruito un piano di lavoro costituito da terra argillosa
pressata, messa in opera in modo da formare un banco a forma di “L” sul quale vennero impostati almeno due punti
di fuoco. Un primo punto di lavorazione (nella parte est) era costituito da una buca di forma ellittica (assi di 0,80 x
0,50 mt) praticata sul piano argilloso, adiacente ad uno strato di forma rettangolare (0,80 x 0,50 mt) di terra fortemen2
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Fig. 2. I resti della struttura interpretata come
fornetto per la tostatura delle granaglie e alcuni
semi rinvenuti all’interno della struttura.
te arrossata con consistenti tracce di
carboni e cenere. Il secondo punto di
fuoco era impostato su alcune pietre
disposte a formare una base con superficie regolare (1,00 x 0,80 mt), inglobata dal piano argilloso.
Lo spazio interno al banco di
lavoro conservava un piano di calpestio
sul quale sono stati rinvenuti, in corrispondenza dei punti di fuoco posti sul
banco, i resti di lavorazione delle attività
svolte, consistenti in spargimenti di carbone e cenere e in alcuni casi lenti di
terra arrossata. Il piano argilloso ha
avuto più fasi di utilizzo che ne hanno
comportato un rialzamento della superficie e l’impianto di punti di fuoco del
tutto simili a quelli appena descritti.
Sempre all’interno del recinto fortificato, in prossimità dell’angolo nord-est, è stata scavata una struttura
impostata direttamente sul piano roccioso, composta da due camere, una di forma circolare e l’altra di forma
rettangolare, delimitate da scaglie di roccia sommariamente lavorate. Il fondo del vano circolare era costituito da uno
strato di terra arrossato, mentre il vano rettangolare era riempito da terra carboniosa mista a cenere al cui interno
sono stati trovati alcuni semi carbonizzati. Il piano di calpestio in fase con questa struttura presentava sulla sua
superficie numerosi concentramenti di cenere che hanno restituito una notevole quantità di semi. Il contesto è stato
interpretato come un ambiente o una semplice tettoia nel quale fu impiantata una struttura funzionale alla tostatura
delle granaglie (fig. 2).
Nell’area nord, le evidenze riferibili a questa fase esterna al recinto fortificato rimangono ancora per la
maggior parte da scavare. I livelli sui quali è terminato lo scavo (che dovrebbero corrispondere ai piani di calpestio di
questa fase insediativa) recano anche in questo caso evidenti tracce di attività di fuoco su superfici molto ampie ed
una serie di avvallamenti artificiali di grandi dimensioni. Sulla superficie di questo piano è stato inoltre individuato,
nella sezione al di sotto del perimetrale della Rocca cinquecentesca, un deposito di terra arrossata e carbone
delimitato da due “spallette” costituite da pietre legate da malta.
1.2 Caratteristiche dell’insediamento
Fra il IX e il X secolo la sommità della collina è occupata da un insediamento di notevoli dimensioni
caratterizzato da spazi fortificati all’interno dei quali si svolgevano varie attività artigianali. Le indagini non hanno
ancora individuato un’area a carattere residenziale, forse posta nelle vicinanze delle opere di fortificazione o
all’interno di esse. Le attività artigianali erano dunque concentrate in una parte dell’insediamento, isolate dalle
abitazioni, e ciò ha permesso di concludere che fossero attività strutturate e non legate alla quotidianità di una o più
capanne. Anche per questo motivo il sito potrebbe essere interpretato come un insediamento con una vocazione
economica spiccata, deputato alla raccolta ed alla gestione delle risorse del territorio circostante sia alimentari,
come i semi lavorati nel piccolo forno, sia minerali, come sembra essere la lavorazione che si svolgeva nel forno
della parte sud-est.
Questo spiegherebbe anche l’ingente impiego di risorse e manodopera per la costruzione delle opere in
muratura, tanto più significativo per il periodo in cui queste fortificazioni furono messe in opera. Si può considerare
che la presenza di murature simili non è difatto un unicum nel panorama del territorio in questo periodo dal momento
che un simile ridotto fortificato trova puntuali confronti con quello rinvenuto nel sito di Donoratico, interpretato come
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uno dei caput curtis dipendente dall’abbazia monteverdina .
L’ipotesi che anche nel nostro caso sia il monastero di Monteverdi il promotore di questo insediamento, per
gestire le risorse del territorio circostante dovrà trovare conferme puntuali con la prosecuzione dello scavo e lo
studio dei reperti restituiti. Il proseguimento dell’indagine consentirà anche di definire con maggiore precisione la
cronologia di riferimento delle strutture in questione consentendo di inserirle all’interno di un modello gestionale di
tipo curtense analogamente ad alcuni altri siti del territorio.
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FRANCOVICH, BIANCHI 2006b
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Fig. 3. Pianta di fase generale del sito di Rocca degli
Alberti fra l’XI e il XII secolo.
2. Periodo II. (XI- inizi XII sec.)
2.1 La sequenza stratigrafica
Nel corso della seconda metà del X
secolo le strutture del periodo precedente
furono abbandonate, o distrutte, e gli strati di
crollo occupavano gran parte del sito. Su
questi strati fu impostata una nuova fortificazione (fig. 3). Il lacerto di muro individuato si conserva oggi per oltre 30 mt con
andamento E/W e presenta una fondazione di
2 metri di spessore: il primo filare del muro
conservava al suo interno una moneta in
bronzo che ad un primo esame è risultata appartenere al periodo romano e che è attualmente in corso di studio (vedi supra). La presenza degli strati di crollo delle strutture precedenti fece sì che per la nuova fortificazione
venissero adottate tecniche costruttive differenti a seconda del tipo di deposito incontrato.
Il muro infatti presentava due facciavista nel
tratto centrale dove la fondazione era larga 2
metri, mentre nelle estremità est ed ovest, in
corrispondenza delle aree di maggior accumulo degli strati di crollo, il muro era costruito
contro terra.
Inoltre, in corrispondenza del punto in
cui la nuova fortificazione intercettava il muro
precedente si ebbe una sovrapposizione delle
strutture e la necessità di un cambio di direzione e di modalità costruttiva, effettuata nuovamente contro terra.
Dal deposito stratigrafico non è stato possibile stabilire con certezza se questi differenti modi di costruire
fossero il frutto di due cantieri diversi o del medesimo progetto costruttivo, anche se possiamo notare come le
stratigrafie orizzontali, contemporanee alla fortificazione, presentino una sola fase di vita, dato che rafforza l'ipotesi
che vi sia stato un unico cantiere che si adattò al tipo di deposito incontrato nel corso della costruzione modificando,
laddove fu ritenuto necessario, sia la tecnica sia la direzione.
Questo nuovo assetto chiudeva un insediamento che si doveva trovare a nord della fortificazione mentre la
parte a sud risultava essere esterna. All'interno sono stati scavati alcuni depositi che hanno restituito: un edificio a
carattere abitativo costruito con tecnica mista, una struttura in materiale deperibile per la conservazione delle
derrate alimentari e altre evidenze riconducibili ad una fase abitativa.
La prima evidenza si addossava al tratto ovest del muro di cinta; l'unico perimetrale rinvenuto era messo in
opera con un basamento in pietra sul quale era impostato un alzato in terra pressata rinforzato da pali di legno. Il
piano di calpestio era in terra battuta e conservava un focolare delimitato da pietre. I reperti rinvenuti negli strati di
vita e di abbandono di questa struttura, erano costituiti da ceramica da mensa, da cucina e da dispensa, ci
permettono di interpretare questa struttura come un edificio a carattere abitativo.
Inoltre, nella parte est dell'area interna fu realizzata una struttura in materiale deperibile, con pali infissi nel
terreno. A causa delle asportazioni dei periodi successivi non siamo in grado di ricostruire il perimetro di questa
struttura. Per poterne interpretare la funzione sono indicative due buche di palo scavate all'interno del perimetro, di
cui una foderata con lastre disposte in verticale, riempite da semi carbonizzati. Inoltre una grande quantità di semi
carbonizzati è stata rinvenuta al di sotto della muratura più tarda che ne distrusse il deposito. Il tipo di struttura e le
modalità di conservazione dei semi è del tutto simile alla struttura rinvenuta nello scavo di Cugnano. La struttura è
stata interpretata quindi come un piccolo granaio, probabilmente pertinente ad un’abitazione, funzionale alla
conservazione delle derrate alimentari.
Infine, ad ovest di questa struttura sono state individuate altre buche di palo, in una posizione centrale
rispetto ai tagli ed un piccolo focolare posto all'interno di una fossa e delimitato da pietre. Le asportazioni successive
del deposito non hanno permesso di ricostruire con esattezza il perimetro di questa struttura in materiale deperibile
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ma è molto probabile che anche questa fosse una capanna ad uso abitativo, forse proprio l’abitazione a cui il
granaio era pertinente.
2.2 Caratteristiche dell’insediamento
Nel XI secolo non sembra esserci più traccia della grande area artigianale che occupava questa parte
dell’insediamento nella fase precedente.
Il sito fu nuovamente fortificato da una muratura che racchiudeva al suo interno il nuovo insediamento.
Ancora una volta dobbiamo ricordare che l’area scavata è solo una minima parte dell’insediamento effettivo e che
quindi risulta difficile cogliere l’aspetto generale di tutto il sito. La nuova divisione dello spazio sembra comunque
essere frutto di una trasformazione di tutta l’area sommitale. L’area fu infatti occupata da due o più capanne a
carattere abitativo e da annessi funzionali come il piccolo granaio.
Per questa fase, in mancanza di studi puntuali sui reperti rinvenuti negli strati di vita e di abbandono, non
possiamo essere più precisi circa i promotori di questo nuovo assetto dell’insediamento. La trasformazione infatti
potrebbe essere il frutto di una nuova gestione signorile del sito, forse quella degli Alberti, con l’abbandono delle
attività artigianali, una nuova divisione degli spazi interni e una concentrazione delle abitazioni nella parte sommitale
fortificata.
Jacopo Bruttini
3. Periodo III. (seconda metà XII-inizio XIII
sec.)
3.1 La sequenza stratigrafica
Fra la fine del XII e l’inizio del XIII
secolo le strutture relative alla precedente fase
insediativa vengono abbandonate e l’intera
area è interessata dall’impianto di un nuovo
cantiere edilizio. I resti di questa fase rinvenuti
nel corso dello scavo sono relativi alla costruzione di almeno due edifici fortificati collegati
fra di loro (fig. 4).
Il cantiere non fu mai portato a termine
lasciando interrotta la costruzione delle murature sia in lunghezza che in altezza. Questa
particolare situazione ha permesso di documentare le modalità costruttive e lo stato di
avanzamento di un cantiere medievale. Le murature, infatti, furono messe in opera in base
ad un progetto edilizio che prevedeva la costruzione di un edificio lungo 20 metri e, poco
distante, di un altro edificio di dimensioni minori con il lato lungo che misurava 11 metri. I
perimetrali corti di questi due edifici furono iniziati, ma mai portati a termine, motivo che ci
impedisce di ricostruire l’effettiva dimensione
degli stessi: il cantiere infatti si interruppe dopo
che di questi lati furono costruiti solamente
alcuni metri.
Del cantiere si è conservata inoltre la
fossa di fondazione della parte nord-ovest, costituita da un ampio taglio che correva parallelo al filo interno del muro. Il taglio era riemFig. 4. Pianta di fase generale del sito di Rocca degli Alberti fra la fine del XII e
pito da terra e dalle scaglie della lavorazione
l’inizio del XIII secolo.
delle bozze messe in opera. Infatti, miste alla
terra di riempimento sono state rinvenute oltre
100 bozze perfettamente squadrate, del tutto simili a quelle rinvenute nel paramento del muro.
Il cantiere dunque iniziò con la messa in opera dei filari di fondazione dell’allineamento meridionale e dei
perimetrali perpendicolari, ma non di tutto il circuito murario degli edifici. Si è ricostruito infatti che la costruzione
dell’alzato della muratura procedesse da ovest a est e ciò comportò che le murature dell’edificio sud-ovest fossero
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costruite per almeno 5/6 filari in più rispetto alla parte centrale, la quale a sua volta è edificata per 4/5 filari in più
rispetto alla parte est. Il filare su cui si interruppe il cantiere dell’edificio nord-est risulta perfettamente spianato dalle
varie asperità delle bozze del paramento e le pietre di riempimento del nucleo furono rese pianeggianti con uno
spesso strato di malta che ne livellò la superficie.
I lati perpendicolari all’allineamento lungo furono costruiti per poco più di un metro e conservano ancora le
ammorsature a cui si sarebbero dovute agganciare le bozze della prosecuzione. L’avanzamento di questi lati
dovette avvenire progressivamente, come dimostra l’interfaccia di distruzione della fortificazione del periodo
precedente. Questa muratura, infatti, che sarebbe stata tagliata perpendicolarmente dal nuovo muro, è stata
asportata solo nella parte in cui il muro è stato effettivamente edificato, particolare che indica come i muratori
procedessero all’edificazione della muratura contemporaneamente all’asportazione del deposito, reimpiegando il
materiale asportato nel nucleo della muratura stessa, e non lavorando in fossa di fondazione (come invece avvenne
per la costruzione dell’allineamento est/ovest).
Questa prassi lavorativa probabilmente fu determinata dal particolare deposito su cui si impostava l’edificio,
la cui superficie era quasi interamente occupata dalle numerose murature delle fasi precedenti. Pertanto fu più
vantaggioso procedere con una sorta di fossa di espoliazione piuttosto che nella più tradizionale fossa di
fondazione.
La rifinitura delle bozze doveva avvenire sul posto, come hanno dimostrato le numerose scaglie rinvenute
nella fossa di fondazione; le bozze, pronte per essere messe in opera, dovevano essere accatastate in prossimità
del muro e, in seguito all’interruzione e abbandono del cantiere, gettate all’interno della fossa con lo scopo di
colmarla.
3.2 Caratteristiche dell’insediamento
Tra la seconda metà del XII e l’inizio del XIII secolo si percepisce il carattere dell’intervento signorile nella
gestione dell’area sommitale della collina di Monterotondo M.mo. Infatti, nel tentativo di comprendere meglio le
dinamiche del cantiere possiamo osservare che l’edificio costruito nella parte nord-est è assimilabile per dimensione
ai palazzi residenziali costruiti nei castelli della Toscana merdionale che in questo periodo si dotarono di rocche
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signorili . Inoltre, le dimensioni dell’edificio costruito nella parte sud-ovest potrebbero essere assimilabili a quelle di
una torre. Il progetto iniziale, pur se non terminato, avrebbe avuto quindi lo scopo di occupare lo spazio con strutture
di potere come un palazzo residenziale ed una torre difensiva.
I motivi dell’interruzione di questo progetto edilizio sono probabilmente da ricercarsi nelle fratture rinvenute
in almeno cinque punti del paramento conservato. L’area è nota fin dai documenti medievali come zona sismica e
sono numerose a partire da Duecento le citazioni del territorio di Monterotondo negli elenchi dei terremoti.
Un evento naturale che minò la stabilità dell’intera muratura edificata però non sembra da solo sufficiente a
spiegare l’abbandono del progetto, dato che nel periodo successivo il palazzo signorile venne costruito sfruttando
proprio le murature già edificate nella parte sud-ovest, che quindi evidentemente non avevano problemi statici tali da
pregiudicarne il compimento.
L’abbandono del progetto dunque deve avere trovato solo la causa iniziale in un evento naturale che
coincise però con la mancanza di una volontà signorile tale da proseguire la costruzione intrapresa, sia per motivi
politici sia per motivi economici.
4. Periodo IV. (XIII-XIV sec.)
4.1. La sequenza stratigrafica
E’ solo nel corso del XIII secolo che l’estremità sud del rilievo collinare di Monterotondo M.mo divenne
definitivamente una roccaforte signorile con la costruzione del palazzo residenziale nella parte sud-ovest e di altri
due edifici in muratura posti nella parte nord-est (fig. 5).
Per la costruzione del palazzo vennero sfruttati i lacerti di muratura costruiti nel periodo precedente sui quali
si impostò un edificio che misurava 11,50 x 15,50 mt con una superficie interna di 80 mq, le murature larghe oltre 2
mt e con almeno tre livelli di calpestio, il piano terreno e altri due piani, dei quali si conservano, nel paramento, le
tracce degli incassi delle travi di sostegno del solaio.
Al centro del piano terreno dell’edificio fu costruito un pozzo in muratura profondo oltre 4 mt rispetto al piano
di calpestio del palazzo. Le pareti della struttura non recavano tracce di malta idraulica, né il deposito ha restituito
reperti che potevano far pensare ad una struttura per la conservazione delle derrate alimentari ed è stato
interpretato come un pozzo costruito, molto probabilmente, per poter attingere ad una falda acquifera sotterranea.
Il resto del deposito relativo a questa fase insediativa ha restituito pochissimi reperti e ciò ha permesso la
conclusione che il piano terreno del palazzo fosse utilizzato come fondo cieco al quale si accedeva solo per utilizzare
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Campiglia M.ma e Montemassi ad esempio, BIANCHI 2004 e BRUTTINI 2009.
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Fig. 5. Pianta di fase generale del sito di Rocca degli
Alberti fra il XIII e il XIV secolo.
la struttura centrale.
Nello spazio a nord-est del palazzo signorile fu edificato un edificio a pianta rettangolare che misurava 9,50 x 7,80 mt ca. con
una superficie interna di 30 mq.
L’edificio aveva una copertura in lastre
sostenuta da tre pali infissi nel piano di calpestio, costituito da terra pressata. Addossato
al perimetrale nord dell’ambiente era impostato un focolare di forma rettangolare delimitato da pietre. All’esterno invece era addossata una struttura in muratura di forma
quadrata con una apertura di piccole dimensioni (40-45 cm) praticata nel lato est. Gli strati
di riempimento della struttura in fase con la
vita dell’edificio conservano alcuni semi carbonizzati. Dato lo scarso numero di semi non
possiamo ipotizzare che la struttura fosse un
granaio, anche se pare molto probabile che
fosse funzionale alle attività svolte all’interno
dell’edificio, interpretato come un ambiente a
carattere residenziale.
L’altro edificio era costruito nella parte
nord-est dell’area: nel corso dello scavo è
stato possibile individuare solamente il perimetrale ovest dell’ambiente, con andamento
non rettilineo. Non è stato possibile quindi
ricostruire la pianta dell’edificio che doveva,
comunque, essere irregolare: il piano di calpestio dell’ambiente era infatti ad una quota
inferiore rispetto alla quota del resto dell’area
e i perimetrali erano costruiti contro terra. Anche in questo caso, come per i periodi precedenti, nel corso del
cantiere furono sfruttate e regolarizzate le numerose murature intercettate nel corso dei lavori di scavo, fra cui il
muro non finito del periodo precedente e la fortificazione del secondo periodo.
All’interno l’edificio conservava il piano di calpestio in terra battuta, impostato alla stessa quota della
rasatura del muro non finito che fu inglobato e sfruttato dal nuovo piano pavimentale: sempre sulla rasatura fu
impostato un focolare con il piano in laterizi. L’edificio come il precedente è stato interpretato come un ambiente con
caratteristiche residenziali.
4.2 Caratteristiche dell’insediamento.
Tra XIII e XIV secolo si porta a termine il progetto di occupazione signorile dell’area sommitale con la
costruzione di un palazzo e almeno due edifici residenziali esterni allo stesso. Infatti, l’abitato di Monterotondo si
estendeva già dove sorge l’attuale borgo e sull’altura dell’insediamento trovavano dunque posto solamente le
fortificazioni di rappresentanza.
Le successive frequentazioni dell’area, rinascimentali e di età moderna, hanno comportato purtroppo la
quasi totale asportazioni dei piani di vissuto di questi edifici e dunque non è possibile stabilire se i signori vi abbiano
abitato con regolarità. Inoltre, le uniche testimonianze di cultura materiale recuperate sono relative allo scorcio del
XIV secolo quando anche le fonti scritte informano sulla presenza di una piccola guarnigione militare senese
all’interno della Rocca. In questo momento si formò infatti il riempimento del pozzo centrale del grande edificio,
abbandonato e colmato da resti di pasto e pochi frammenti ceramici pertinenti alla fine del Trecento.
Conclusioni
Lo scavo della Rocca degli Alberti, giunto alla sua quarta campagna di scavo, ha portato a termine le
indagini dei depositi relativi al palazzo signorile e all’area sommitale racchiusa dal muro di fortificazione del XII
secolo. Con le prossime due campagne di scavo l’indagine verrà estesa all’esterno del complesso monumentale
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nella parte che si estende nel versante meridionale della collina compresa dalle murature di fortificazione risalenti al
periodo rinascimentale. I depositi conservatisi in questa area dovrebbero apportare nuovi dati per la ricostruzione
delle vicende insediative dei periodi più antichi di frequentazione della sommità.
Il sito si configura, almeno nel periodo più antico, compreso fra il IX e il X secolo, come un insediamento a
vocazione gestionale di un ampia porzione di territorio circostante. All’interno del recinto fortificato, infatti, sono state
rinvenute esclusivamente evidenze produttive legate alla trasformazione di derrate alimentari (il fornetto per tostare
le granaglie) ed altre attività di lavorazione (il forno e i piani di lavoro posti all’interno del palazzo bassomedievale) di
cui al momento non siamo ancora in grado di chiarire a quale tipo di produzione faccessero riferimento. La parte
insediativa del sito, che sembra certa data la qualità e la quantità delle evidenze documentate, si sviluppava
probabilmente a nord del recinto artigianale in un area oggi occupata dalle case dell’attuale abitato di Monterotondo
M.mo. L’ipotesi formulata è che il sito sia stato promosso da un soggetto di alto livello che vi investì ingenti risorse
per la fortificazione dell’insediamento al fine di costituire un centro di gestione all’interno del quale far confluire le
risorse (alimentari e non) raccolte nel territorio circostante.
Nel corso dei secoli successivi, a partire dall’XI secolo il sito subì notevoli trasformazioni: non vi sono più
tracce di attività produttive e gli spazi prima destinati alle attività artigianali furono occupati da abitazioni in legno
racchiuse da una cinta in muratura. Nei secoli centrali del medioevo il sito si trasformò definitivamente in luogo di
residenza signorile con la costruzione del palazzo e di altri edifici di pertinenza racchiusi anche in questo periodo da
una cinta muraria che divideva il cassero dal resto del borgo.
Francesca Grassi
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