Sperare e mettersi in gioco - Centri di Preparazione al Matrimonio
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Sperare e mettersi in gioco - Centri di Preparazione al Matrimonio
sg TEOLOGIA E SPIRITUALITÀ T E O L O G I A E S P I RI TUA L IT À SPERARE... E METTERSI IN GIOCO � FRANCESCO RAVINALE* A st i Riflettendo sulla speranza, per una teologia del quotidiano… Sperare è mettersi in gioco, rischiare la propria esistenza al servizio degli altri, in particolare di coloro che fanno fatica E riscoprire quella parola magica, “fratelli”: una parola che ci interpella e capace di dare un senso alla nostra vita Perché è solo l’amore che rende possibile la speranza Mi procura sempre una sensazione benefica poggiare l’occhio sul titolo di questa testata: FAMIGLIA DOMANI. È un’espressione di speranza, con il suo sguardo alla famiglia, realtà portante della vita di sempre, e al domani, che continuamente interpella la vita dell’oggi. Appunto, la speranza, ha costituito una bella traccia di riflessione condivisa nella biblioteca di Asti, in una iniziativa resa ancora più bella dalla presenza di alcuni giovani che hanno espresso la loro speranza. Talvolta hanno espresso anche la paura di non poter disporre di speranza, ma si sono comunque messi * Vescovo di Asti 26 1 I 2015 famiglia domani in gioco. E mi hanno costretto a mettermi in gioco a mia volta. � La speranza... e i fantasmi Mi sono ripensato giovane, in un primo tempo fiducioso di poter vivere serenamente, e molto presto con la sensazione che la mia speranza fosse già in affanno, per un fantasma che si profilava presente in qualunque strada avessi potuto imboccare. Il fantasma della sofferenza. Mi pensavo prete e la vita si profilava con tante rinunce. Mi pensavo in una vita di famiglia, e l’esperien- � Il contropiede di Dio Se ripenso a quei momenti e a quelle riflessioni violente, mi rimprovero come un bestemmiatore. Ma non posso fare a meno di pensare con riconoscenza al contropiede di Dio, che mi ha colto proprio nel punto in cui montava più forte la rabbia: la sofferenza di tutti. Che cosa ci sto a fare in un mondo in cui tutti soffrono? Con un pizzico d’ironia il Signore, in contropiede, mi ha risposto che in un mondo in cui tutti soffrono, c’è bisogno di qualcuno che, pure non immune dalla sorte di tutti, si metta a disposizione degli altri, per aiutare a soffrire meno e a soffrire me- glio. Dove tanti faticano a camminare è necessario che, pur faticando a propria volta, ci si dia disponibili ad aiutare i fratelli. La parola magica che permette di guardare alla vita con speranza è appunto la parola “fratelli”, che hanno bisogno di essere amati. La tua vita ha senso quando ti guardi attorno, vedi dei fratelli e li ami. Talvolta qualcuno rende molto difficile l’impegno di volergli bene. Non ti si presenta in modo benevolo, piacevole, elegante. Si presenta così com’è. Con la sua miseria, le sue stranezze, con l’incapacità di comprendere le cose più elementari per avere un minimo di dignità. Quasi ti giustifica se ti rassegni a guardare da un’altra parte. � Sperare, oltre l’amore impossibile T E O L O G I A E S P I RI TUA L IT À za della famiglia in cui ero cresciuto mi riportava a tante difficoltà, di lavoro, di abitazione, di salute, di relazioni. In ogni situazione la vita non sarebbe stata comoda e ci sarebbe stato da soffrire e da combattere. Valeva la pena vivere, con una simile prospettiva? Parecchie volte la domanda si era affacciata con violenza. Una domanda che fa male, perché ti porta a rimproverare ai tuoi genitori di averti messo al mondo; ti induce a trovare espedienti per evitare di vivere, dal suicidio all’evasione, con tutte le sue sfumature, dall’apatia e atarassia dei filosofi, al nirvana delle religioni orientali, all’alienazione indotta da sostanze. Spontaneamente, in una situazione così negativa, ti viene voglia di accusare Dio. Se non ci credi, paradossalmente, lo accusi ancora più volentieri. E gli chiedi: Perché hai messo al mondo tanta gente, se poi ciascuno deve affrontare le sue fatiche? Un mondo dove tutti soffrono non lo dovevi permettere. L’amore rende possibile la speranza. Ma troppe persone rendono impossibile l’amore. E siamo daccapo, alle prese con la disperazione. In tal caso è una fortuna grande trovarsi tra le mani il Vangelo di Matteo e leggere al capitolo 25: «Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra. Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi fd 1 I 2015 famiglia domani 27 T E O L O G I A E S P I RI TUA L IT À avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”. Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”. E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”. Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato”. Anch’essi allora risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affama- to o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?”. Allora egli risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me”. E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna». L’avete fatto a me… non l’avete fatto a me. Certo, ci vuole fede! Innegabilmente è una grande fortuna, perché ti aiuta ad amare chi non potresti mai amare, se non ti appare fratello che nasconde il volto del Signore. E la speranza ritorna. Per una FAMIGLIA DOMANI non c’è altra strada: una visione religiosa che insegni a intrecciare speranza, carità e fede. � FRANCESCO RAVINALE Il cristiano è essenzialmente l’uomo della fede, cioè l’uomo che dà il senso di Dio in un mondo segnato dall’assurdo; è l’uomo della speranza, cioè l’uomo che dà la prospettiva del Cristo in un mondo in ricerca; è l’uomo dell’amore generoso e sacrificato, cioè l’uomo della condivisione in un mondo caratterizzato dalla propensione al possesso; è l’uomo della contemplazione, l’uomo cioè il cui sguardo va oltre le apparenze per cogliere il mistero profondo dell’altro e dello Spirito che vuole abitare nel cuore dei viventi. Con questa fede, con questa speranza, con questo amore e con questa contemplazione, il cristiano è e sarà un uomo come tutti gli altri, integrato realmente nell’esistenza ordinaria che ognuno vive, ma segno della presenza del Cristo nel cuore del mondo, una domanda per l’essere umano soddisfatto della propria umanità, una risposta possibile per colui che cerca il senso di una vita apparentemente priva di significato… Max Thurian Frère de Taizé (La foi en crise, Les Presses de Taizé, Taizé [S. et L.], France, pp. 99-100, trad. dal francese di L. Ghia) 28 1 I 2015 famiglia domani