Canzone della Crociata albigiese. Parte II

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Canzone della Crociata albigiese. Parte II
Anonimo, Canso de la Crozada
La disfatta di Muret
[140]
Tutti si diressero verso le tende, attraverso le paludi,
con le insegne spiegate e i pennoni distesi;
di scudi e di elmi, ornati di oro battuto,
di usberghi e di spade risplende tutto lo spiazzo.
Il buon re di Aragona, non appena li scorse,
si volse contro loro con alcuni compagni.
Gli uomini di Tolosa accorsero tutti quanti,
senza dar retta in alcun modo a conti o a re;
non si resero conto di nulla finché non sopraggiunsero i Francesi,
che caricarono tutti verso il luogo in cui riconobbero il re.
Lui gridò: «Sono il re!» ma non lo sentirono:
fu colpito e ferito così gravemente
che il suo sangue scorse sul suolo
ed egli cadde istantaneamente morto, lungo e disteso.
Gli altri, quando lo videro, si considerarono perduti:
fuggirono, uno qua uno là; nessuno si difese.
I Francesi li rincorsero e fecero un massacro:
li combatterono in modo così spietato
che i sopravvissuti si considerarono miracolati.
Lo scontro continuò fino al ruscello;
i Tolosani, che erano rimasti nelle tende
furono presi tutti quanti dal panico.
Messer Dalmas de Creixell si gettò in acqua
e urlò: «Di ci aiuti! Ci toccata una grande sventura:
il buon re di Aragona è morto e sconfitto,
e tanti altri baroni sono morti e sono stati vinti.
Mai avevamo subito uno disastro tanto grande!»
Tuttavia uscì dai flutti della Garonna.
I Tolosani, borghesi e povera gente,
si precipitarono tutti insieme verso il fiume:
quelli che riuscirono lo attraversarono, ma molti ci rimasero.
La corrente rapinosa li travolse e li uccise;
sul campo rimase tutto il loro bagaglio.
Fu un immenso disastro, che si riseppe in tutto il mondo,
perché molti rimasero lì, morti e distesi.
Immenso fu il disastro!
[141]
Immenso fu il disastro, il dolore, la sventura
Quando il re di Aragona rimase morto e insanguinato
insieme a molti altri baroni: immenso fu l’obbrobrio
per tutta la cristianità e per tutto il genere umano.
I Tolosani, pieni di tristezza e di dolore
- gli scampati, quelli che non erano caduti in battaglia –
rientrarono a Tolosa, dentro alle fortificazioni.
Simone di Monfort, pieno di gioia e di allegria,
si impossessò del campo di battaglia, dove raccolse molti equipaggiamenti;
stabilì la divisione di tutto il bottino.
Il conte di Tolosa era triste e afflitto;
disse al Capitolo, ma in grande segreto,
di negoziare un accordo nei termini meno pesanti.
Lui sarebbe andato dal papa a portare le sue lamentele,
perché Simone di Montfort, con le sue perverse iniziative,
lo aveva scacciato dalla sua terra fra crudeli tormenti.
Intanto il cardinale scrisse a Parigi
al figlio del re di Francia di venire immediatamente.
Egli accorse di gran carriera, felice.
Entrano tutti e due a Tolosa, insieme,
prendono possesso della città e delle sue case
e si sistemano con gioia negli alloggi.
I cittadini dicono: «Siamo pazienti,
sopportiamo docilmente la volontà di Dio,
perché Dio può aiutarci, Lui che è nostro protettore».
Il figlio del re di Francia, che acconsente al male,
messer Simone, il cardinale e Folco, tutti d’accordo,
deliberarono in segreto di abbandonare tutta la città
al saccheggio e poi al fuoco ardente.
Messer Simone, malvagio e crudele, riflette
che se distrugge la città non ne avrà alcun vantaggio,
perché è meglio impossessarsi di tutto l’oro e di tutto l’argento.
Allora fra di loro disposero
di far colmare i fossati, in modo che fosse impossibile
a qualsiasi difensore, per quanto armato, difendersi,
e di far radere al suolo
tutte le torri, i muri e le fortificazioni.
Questo fu l’accordo e la sentenza che fu pronunciata.
Simone di Montfort rimase così in possesso
di tutte le terre che dipendevano
dal conte di Tolosa e dai suoi fautori:
fu diseredato a causa di false predicazioni.
Il figlio del re tornò in Francia.
Inno a Paratge
[154]
Con grande gioia presero alloggio; e il mattino, all’ora della rugiada,
quando sorge la dolce alba e cantano gli uccelli,
quando spuntano dal bocciolo la foglia e il fiore,
i baroni cavalcavano, a due a due, per i prati,
col pensiero rivolto alle armi e agli equipaggiamenti.
Ed ecco che Gui de Cavaillon, montato su un cavallo sauro,
dice al giovane conte: “Ormai è giunto il tempo
in cui nobiltà ha bisogno che siate crudele e buono,
perché il conte di Montfort, terrore dei baroni,
la Chiesa di Roma e i predicatori
coprono di disonore e di vergogna nobiltà tutta,
tanto da abbatterla al suolo:
se non si risolleva grazie a voi, scomparirà per sempre.
Se valore e nobiltà non sono da voi restaurati,
in voi muoiono nobiltà e il mondo intero.
Poiché in voi è riposta la speranza di tutta nobiltà,
dovete essere valoroso o tutta nobiltà sarà morta!”
“Gui - dice il giovane conte - immensa gioia
mi dànno le vostre parole: vi risponderò in breve.
Se Gesù Cristo conserva la mia vita e quella dei compagni
e mi restituisce Tolosa, secondo i miei desideri,
mai più nobiltà si troverà nel disonore e nella miseria:
non c’è nessuno al mondo che sia tanto potente,
eccetto la Chiesa, da potermi sbaragliare.
Così forte è il mio diritto, così giusta la mia causa
che, se i miei nemici sono crudeli e prepotenti,
verso chi mi è leopardo io sarò leone!”
Entrata di Raimondo VI a Tolosa
[182]
Quando il conte entrò dai portali a volta,
la popolazione accorse sul posto, grandi e piccoli,
baroni e dame, mogli e mariti:
si inginocchiano davanti a lui e gli baciano i vestiti
e i piedi e le gambe e le braccia e le dita.
Egli fu accolto con lacrime di gioia e con esultanza,
perché la gioia che ritorna produce fiori e frutti.
Si dicono l'un l'altro: «Ora abbiamo Gesù Cristo
e la stella del mattino, la cui luce si è riaccesa per noi,
perché è qui il nostro signore, da lungo tempo perduto.
Perciò Valore e Nobiltà, che erano sepolti,
sono rinati e rinvigoriti e sanati e guariti
e tutta la nostra discendenza sarà prospera per sempre!»
Così i loro cuori si riempiono di un tale ardore e coraggio
che si armano di bastoni o di pietre, di lance o di frecce aguzze;
vanno per le strade con coltelli affilati
e tagliano e fanno a pezzi e massacrano
i Francesi che riescono a prendere nella città,
gridando: «Tolosa! Oggi è arrivato il giorno
che se ne andrà via il falso signore
con tutta la sua gente e la sua mala razza;
Dio protegge il diritto poiché il conte, che era stato tradito,
si è imposto così fortemente con una esigua truppa
che ha recuperato Tolosa».
Discorso dei Tolosani
[196]
«Gesù Cristo ci guida e noi dobbiamo rendergli grazie
sia per il male sia per il bene che ci dà e accettarli con rassegnazione;
perché Egli può sostenerci per la giusta ragione
che noi vogliamo vivere e morire nella Sua fede.
Poiché crediamo in questo Dio, che ci preserva dall'errore
e che fece il cielo e la terra e li fa fruttificare e fiorire,
che creò il sole e la luna per illuminare il mondo,
che fece l'uomo e la donna e diede l'esistenza alle anime,
che entrò nel seno della vergine per portare a compimento la Legge,
che subì il martirio nella Sua carne per salvare i peccatori
e diede il suo sangue prezioso per illuminare le tenebre
e venne ad offrirsi a Suo Padre e allo Spirito Santo.
Grazie al ricevimento e al compimento del santo battesimo,
grazie all'amore e all'obbedienza verso la santa Chiesa,
abbiamo il diritto di conquistare Gesù Cristo e il suo amore.
Al signore Papa, che dovrebbe prendersi cura di noi,
e ai prelati della Chiesa, che ci condannano a morte,
Dio conceda intelligenza e volontà, discernimento e sagacia,
affinché essi conoscano ciò che è giusto ed Egli permetta loro di pentirsi,
poiché essi ordinano la nostra rovina e la nostra distruzione
per mano di gente straniera, che oscura la luce:
vogliamo liberarci dal loro dominio!
Se Dio e Tolosa lo avessero consentito,
quella gente avrebbe seppellito Valore e Nobiltà!
Il Signore che governa il mondo, che non mente mai,
che abbattè l'orgoglio ed espulse gli angeli,
ci dià il potere e la forza di mantenere il nostro signore,
perché la sua natura è tale che egli deve amare la Chiesa
e possedere la terra con saggezza e discernimento».
L’epitaffio di Simon de Montfort
[208]
Lo portano direttamente a Carcassona per essere seppellito
nella chiesa di San Nazario, dove celebrano messa e uffizio.
Nel suo epitaffio è detto, per chi sappia leggere,
che è santo e martire e deve resuscitare
per avere la sua eredità e fiorire nel mirabile gaudio
e cingere la corona e sedere nel Regno dei cieli.
Quanto a me, ho sentito dire che proprio così avverrà
se, uccidendo uomini e versando sangue,
causando la perdizione di anime e autorizzando stragi,
seguendo cattivi consigli e appiccando incendi,
rovinando baroni e disonorando nobiltà,
sottraendo terre e sostenendo orgoglio,
attizzando il male e spegnendo il bene,
uccidendo donne e massacrando bambini,
un uomo può in questo mondo conquistare Gesù Cristo:
ebbene, allora egli ha diritto di cingere la corona e di risplendere in cielo!