IL BICARBONATO DI SODIO NELL`ALIMENTAZIONE ANIMALE
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IL BICARBONATO DI SODIO NELL`ALIMENTAZIONE ANIMALE
n°1 anno 2013 IL BICARBONATO DI SODIO NELL’ALIMENTAZIONE ANIMALE E’ risaputo che le condizioni ambientali in cui gli animali vivono sono in grado di influenzare, direttamente o indirettamente, non solo il loro stato di salute e la loro sopravvivenza, ma anche la loro attività produttiva e riproduttiva. E’ pertanto importante non sottovalutare il problema dello “stress da caldo” (anche chiamato stress termico o heat stress), in quanto può causare cali importanti della produzione (fino al 20% se non superiori). Molte ricerche mettono in evidenza quali sono le condizioni di stress termico per le bovine da latte. Una situazione di comfort termico si determina quando la temperatura, identificata come il parametro climatico che più influenza la produzione e la qualità del latte, non supera i 19,4 °C, mentre l’umidità relativa minima è compresa tra 33,4% e 78,2%. Quando l’ambiente raggiunge invece una temperatura critica (> 25°C) l’animale è sottoposto ad uno stress termico associato a: • una perdita di sodio e di bicarbonato tramite le urine • una perdita di sodio, di potassio e di bicarbonato tramite il sudore • una ruminazione debole e una riduzione della salivazione che determinano il principio di una acidosi ruminale • un aggravamento della patologia degli zoccoli e una diminuzione della fertilità • una diminuzione rapida della produzione di latte In questa situazione sarà dunque necessario ricostituire lo stock di bicarbonato e di sodio, perso attraverso il sudore e le urine, e contrastare lo sviluppo dell’acidosi ruminale. Da qui dunque l’interesse per Bicar® Z, il bicarbonato di sodio di Solvay. Raccomandazioni BOVINA in lattazione TEMPERATURA AMBIENTE NORMALE < 25° C COLPO DI CALORE > 25° C Fabbisogno di sodio 0,18 - 0,20 % SS totale 0,40 - 0,50 % SS totale BACA razione totale 240 - 280 mEq / Kg SS 300 - 350 mEq / Kg SS 200 - 220 g/giorno 280 - 320 g/giorno Dose Bicar® Z COME GESTIRE LO STRESS TERMICO IN LATTAZIONE? La soluzione preventiva semplice e affidabile del colpo di calore è quella di inserire il Bicar® Z nella razione. Bicar® Z apporta i due elementi essenziali: bicarbonato e sodio lo ione bicarbonato: un tampone fisiologico che manterrà il pH ruminale vicino al 6.2 lo ione sodio: indispensabile per compensare le perdite di sodio e mantenere un buon livello di BACA. L’1% di Bicar® Z apporterà un BACA supplementare di 117 mEq / Kg SS. Per una bovina in lattazione durante l’estate, la dose media ideale di Bicar® Z è di circa 300 g/giorno. Estratto da “COMPRENDERE MEGLIO IL RUMINE, UN FERMENTATORE MULTITASKING MOLTO EFFICACE” di Dr Jean-Pierre Jouany - Direttore di Ricerca Onorario INRA. Sintesi di Alessandra Falco L’acidosi ruminale è oggi riconosciuta come una patologia frequente che può avere effetti zootecnici negativi tra i quali la diminuzione del tenore lipidico del latte («Low fat milk syndrome»), una inferiore digestione della frazione foraggera della razione e patologie del tratto digerente e metaboliche. Inoltre, l’acidosi ruminale accresce la morbilità degli animali, riduce significativamente le loro performances e, in casi estremi, può anche portare alla morte. Essa sopraggiunge soprattutto quando vengono somministrate razioni secche, ricche in cereali o a base di insilato di mais, ma può manifestarsi anche al pascolo in caso di erba giovane con tenori elevati di zuccheri. Anche se difficile da quantificare, l’impatto economico dell’acidosi è verosimilmente elevato. L’acidosi è causata dall’accumulo nel rumine di acidi derivati dalla fermentazione di quantità importanti di glucidi (amido o zuccheri); tale fenomeno porta all’esaurimento delle riserve alcaline dell’animale presenti sia nel sangue che nei tessuti. Questa situazione si riscontra frequentemente nelle vacche da latte ad elevato potenziale genetico che ingeriscono delle grandi quantità di sostanza organica rapidamente fermentescibile nel rumine per coprire i loro fabbisogni energetici. Il tenore in fibra delle razioni “intensive” è basso, questo per non diluirne il tenore energetico; questo accentua il deficit del potere tampone1 degli alimenti e della saliva che viene secreta in quantità minori. Il pool di acidi prodotti si trova dunque ad essere in eccesso rispetto alla capacità di neutralizzazione del rumine e va ad interferire con il controllo, per un certo periodo, dell’omeostasi dell’animale prosciugando le sue riserve alcaline2. Si parla di acidosi acuta, in grado di condurre alla morte dell’animale, quando il pH medio, nel corso della giornata, è inferiore a 5,5 e di acidosi cronica o latente quando il pH medio è inferiore a 6,25. I lavori di Russell et Hino (1985) hanno ben descritto la genesi dell’acidosi ruminale che è stata presentata sotto forma di una “spirale infernale” (Figura 1). Una soglia di pH inferiore a 6,0 per una durata minima di 4 ore dopo il pasto (che corrisponde ad un pH medio di 6,25 nel corso del ritmo circadiano dell’animale) è considerato come il limite da non raggiungere per evitare di innescare butirrico cosi come l’abbassamento del pH dei digesta sono all’origine della caduta della % di grasso nel latte delle vacche che soffrono di acidosi. Più gravemente invece, l’omeostasi dell’animale può essere alterata da una diminuzione delle sue riserve cationiche e da un abbassamento del pH dei liquidi biologici (sangue, urine). L’acidosi metabolica che ne deriva sconvolge i sistemi enzimatici e Acidosi acuta, morte degli animali Utilizzo dell’acido lattico da parte di M. elsdenii e S. ruminantium Caduta del pH < 5 Acidi grassi volatili, acido lattico, abbassamento del pH Mantenimento del pH a circa 6 Rumine normale Zuccheri fermentescibili Se il pH < 6 i batteri cellulosolitici e utilizzatori dell’acido lattico sono inibiti Batteri fermentanti ed amilolitici Accumulo del D(-) lattato Acidosi sub-cronica Se il pH < 5,4 si ha lo sviluppo di S. bovis e dei lattobacilli Sviluppo dell’acidosi acuta Figura 1 il processo microbiologico che potrebbe condurre all’acidosi. Bisogna notare che il pKa dello ione bicarbonato (HCO3-) corrisponde a 6,25 e ciò spiega il suo ruolo preventivo e curativo nei confronti dell’acidosi senza che sopraggiunga il rischio di alcalosi. L’acidosi provoca una infiammazione e delle ulcerazioni della parete del rumine, degli ascessi del fegato e delle infezioni respiratorie. Una caduta dell’ingestione associata ad un abbassamento della produzione e del tenore lipidico del latte, cosi come la presenza di feci liquide e il manifestarsi di zoppie, sono degli indici utili per diagnosticare uno stato di acidosi. L’orientamento delle fermentazioni ruminali verso una produzione accresciuta di acido propionico a scapito degli acidi acetico e metabolici dell’animale a livelli tali da poter condurre anche alla morte dell’animale. L’equilibrio acido – basico dell’animale che partecipa direttamente alla regolazione del pH del sangue è valutato attraverso il bilancio alimentare cationi-anioni (BACA)3. Peyraud e Apper-Bossard (2006) consigliano di mantenere un livello di bilancio elettrolitico (BE) vicino ai 200 mEq/Kg di SS per le vacche in piena lattazione che ricevono razioni ricche in concentrati. Bisogna notare che l’ingestione di alimenti ricchi in zolfo (polpe di barbabietola, trebbie di birra, residui derivati dal bioetanolo) provocherà la formazione di solfati che, a causa della loro insolubilità, non sono assorbiti e tenderanno ad abbassare il valore di BACA e dunque a favorire l’apparizione di una patologia digestiva. COME GESTIRE, IN PREVENZIONE, I RISCHI DI ACIDOSI RUMINALE La gestione del rischio di acidosi latente deve essere preventiva e trattata attraverso un miglior equilibrio della razione. Infatti è risaputo che la trinciatura eccessiva dei foraggi ed un apporto smodato di concentrato potenzialmente digeribile nel rumine costituiscano le principali cause di acidosi. Secondo Sauvant e al. (1999), le razioni devono avere queste caratteristiche: un tenore di almeno il 35% di NDF/SS4 che corrisponde al 25% di NDF di foraggio/SS; una trinciatura media della particelle di 2,5 mm o un apporto di almeno il 40% di SS sotto forma di particelle con grandezza superiore ai 2 mm; tenori massimi di concentrati del 45% e del 25% di amido/SS; un tenore massimo di zuccheri facilmente fermentescibili/SS del 20%. Inoltre, relativamente all’animale, l’indice di masticazione deve essere superiore a 40 min/Kg per SS ingerita e la velocità media di ingestione deve essere inferiore a 50 g di SS/min. Secondo Peyraud e Apper-Bossard (2006) si può ridurre il rischio di acidosi anche frazionando gli apporti alimentari nel corso delle 24 ore della giornata e aggiungendo delle sostanze tampone in ragione di circa l’1% della SS cosi come incrementando il livello di apporto proteico. A titolo preventivo, si raccomanda di supplementare i regimi “a rischio“ con delle sostanze tampone come il bicarbonato di sodio in ragione dell’ 1% - 2% della sostanza secca ingerita; dosi maggiori possono essere aggiunte per trattare in fase iniziale delle crisi di acidosi acuta prima che la fase di acidosi metabolica comprometta in modo irreversibile gli organi dell’animale. L’ossido di magnesio (MgO) è talvolta utilizzato per far fronte alle acidosi poiché questo ossido di metallo alcalino reagisce con l’acqua per dare l’idrossido di magnesio (MgOH2), che è una base forte classicamente utilizzata in medicina umana per i bruciori di stomaco. Il fatto che la solubilità dell’idrossido di magnesio diminuisca fortemente quando si passa da un ambiente acido ad uno neutro o alcalino, riduce il rischio di alcalosi. Tuttavia va ricordato che lo ione Mg2+ gioca un ruolo importante negli equilibri idrici cellulari e un eccesso può indurre delle diarree. L’utilizzo di lieviti vivi appartenenti al genere Saccaromyces Cerevisiae, il cui metabolismo nel rumine permette di stabilizzare l’ecosistema microbico in situazioni di rischio di acidosi, è stata validata dall’EFSA solamente per certi ceppi e per certe specie animali. Infine, bisogna ricordare che l’impiego di antibiotici ionofori attivi contro batteri gram+ che producono acido lattico, non è autorizzato in Europa. NOTE 1 Si definisce il potere tampone di un mezzo in funzione della sua attitudine a mantenere il pH a un valore stabile nel momento in cui si aggiungano delle basse quantità di acido o di base. 2 Le riserve alcaline sono costituite dalla presenza permanente di bicarbonati nel sangue che hanno la facoltà di tamponare immediatamente la sua acidità. In caso di acidosi, i reni riciclano nel sangue i bicarbonati invece di eliminarli nelle urine. 3 L’equilibrio elettrolitico della razione totale è determinato dal bilancio degli apporti di ioni a carica positiva (cationi) ai quali si sottraggono gli apporti di ioni a carica negativa (anioni). Due indici sono principalmente utilizzati per caratterizzare l’equilibrio elettrolitico di una razione : Il bilancio elettrolitico (BE) che considera 3 ioni [ BE = (Na+ + K+) - Cl - ] e il BACA che integra 4 ioni [ BACA = (Na+ + K+) - (Cl- + S2-) ]. Il BACA è migliore come indice dell’equilibrio elettrolitico delle razioni rispetto al BE, soprattutto nel caso di apporti importanti di zolfo nella razione; è dunque fortemente raccomandato dosare lo zolfo nelle razioni. 4 NDF/SS: fibra neutro detersa / sostanza secca. La NDF corrisponde alla frazione fibrosa dell’alimento residua al detergente neutro calcolata con il metodo Van Soest . CASO® Feed : Cloruro di calcio Solvay Una preziosa fonte di calcio per l’alimentare animale. Il cloruro di calcio (CaCl2) è considerato uno dei migliori sali anionici per l’alimentazione animale. Essendo caratterizzato da un elevato grado di biodisponibilità, solubilità e digeribilità è usato quale fonte di calcio in diverse miscele destinate all’alimentazione animale. Il cloruro di calcio è integrato nella razione del bestiame per influenzarne in maniera negativa il bilancio cationico/anionico (il valore DCAD del cloruro di calcio è -18029 mEq/kg MS), soprattutto in specifici periodi in cui questo effetto risulta essere particolarmente necessario. In particolare, il cloruro di calcio apporta preziosi benefici quando è utilizzato: per le vacche in transizione, perché aiuta a ridurre l’incidenza della febbre da latte e problemi metabolici causati dall’ipocalcemia, per le scrofe, perché contribuisce a diminuire il rischio d’infezioni alle vie urinarie e a rafforzare i muscoli dell’utero (soprattutto nelle scrofe iperprolifiche) e, per gli agnelli all’ingrasso, perché contrasta la formazione di calcoli renali durante il periodo dell’ingrasso stesso. Vacche in transizione La dieta con DCAD negativo va somministrata nel periodo terminale della gestazione. La maggior parte delle ricerche condotte per valutare la durata ideale di somministrazione di tale tipo di dieta ha dimostrato che un periodo compreso tra 14 e 21 giorni pre-parto massimizza la performance postparto e riduce al minimo il rischio di insorgenza di patologie (Corbett, 2002; Degaris and Lean, 2008). I passi da compiere sono piuttosto semplici. Innanzitutto è necessario identificare foraggi caratterizzati da un tenore non eccessivamente elevato in K e utilizzarli per le razioni del pre-parto. Inoltre è necessario aggiungere alla dieta prodotti apportanti anioni per ottenere un DCAD finale della dieta compreso tra -8 e -12 mEq/100 g di sostanza secca. Riducendo i valori della DCAD prima del parto aumenterà l’assorbimento del calcio sia a livello intestinale che a livello osseo, favorendo di conseguenza non solo elevati livelli di calcio nel corpo (che riducono il rischio di insorgenza di febbre da latte e malattie metaboliche causate da ipocalcemia) ma anche un parto sicuro e un buon inizio di lattazione. Ovviamente il DCAD non è l’unico fattore in grado di migliorare produzione e salute nella vacca in transizione, ma sicuramente è uno dei fattori nutrizionali da tenere maggiormente in considerazione. Durante il periodo della lattazione i valori della DCAD devono, al contrario, essere decisamente positivi, tra 200-220 mEq/kg MS (280-300 mEq/kg MS in caso di clima particolarmente caldo). Scrofe durante la fase di fine gestazione Il cloruro di calcio è usato come sale anionico per regolare il bilancio elettrolitico (BE), modificandolo o mantenendolo stabile al fine di garantire elevati valori di calcemia durante il parto, che garantiscono un alto tasso di sopravvivenza dei neonati. Il cloruro di calcio contribuisce inoltre a ridurre il rischio della formazione d’infezioni alle vie urinarie e a rafforzare i muscoli uterini (particolarmente importante nelle scrofe ipeprolifiche). Durante la gestazione è opportuno garantire valori positivi di DCAD intorno a +240 mEq/kg MS, mentre durante la fase pre-parto tali valori devono essere più bassi, intorno a +160 mEq/kg MS. Agnelli in fase di ingrasso Il cloruro di calcio è molto utile per prevenire la formazione di calcoli renali. CASO® Feed: Dosi giornaliere raccomandate Contatti Per informazioni tecniche contattare ALBITALIA Alessandra Falco [email protected] Giorgio Conforti [email protected] La tua opinione è importante per noi! Quali temi vorresti vedere approfonditi su questa newsletter? Cosa ritieni di maggiore utilità? Invia i tuoi suggerimenti a Stefania Tornelli SOLVAY CHIMICA ITALIA [email protected] Vacche in asciutta: 100 grammi al giorno per 21 giorni in preparazione al parto, o almeno per i 7 giorni prima del parto. Scrofe: 12-15 grammi al giorno (o 0,5% della razione giornaliera) per almeno 7 giorni, e fino a 21 giorni durante il periodo di preparazione al parto. Agnelli: da 0,5% fino al 2% durante l’ingrasso. Solvay Chimica Italia S.p.A. Viale Lombardia, 20 20021 Bollate (MI) Tel. +39.02.29.092.1 Fax. +39.02.65.70.581 www.solvay.com