Magalini Emanuele - Università di Trento

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Magalini Emanuele - Università di Trento
Università degli Studi di Trento
Facoltà di Ingegneria
Dipartimento di Ingegneria dei Materiali
Corso di
Metallurgia dei Metalli non Ferrosi
prof. Colombo
Leghe a Memoria di Forma e Vantaggi nell’uso per
la Produzione di Fili per Applicazioni Ordotontiche
Emanuele Magalini 1807IM
Indice
Introduzione
1 Proprietà delle leghe NiTi
1.1 La trasformazione martensitica
1.2 Isteresi
1.3 La trasformazione martensitica termoplastica
1.4 Shape memory effect
1.5 Superelasticità
1.6 Proprietà meccaniche
1.7 Resistenza alla corrosione
2 Biocompatibilità
2.1 Assorbimento ed eliminazione del nickel
2.2 Tossicità del nickel
2.3 Nickel nelle leghe per impianti
2.4 Effetti del titanio
2.5 Biocompatibilità del NiTi
3 Applicazioni in Medicina delle leghe NiTi
3.1 Utilizzo delle leghe NiTi in ortodontia
4 Vantaggi nell’utilizzo dei fili il lega NiTi rispetto al tipico acciaio inossidabile
5 Due leghe NiTi a confronto: Nitinol e Sentalloy
6 Effetti della disinfezione sulle leghe NiTi
Bibilografia
Leghe a memoria di forma per applicazioni ortodontiche
Introduzione
Le leghe a memoria di forma (Shape Memory Alloy) sono quel gruppo di materiali metallici che
presentano la proprietà di recuperare una definita forma o dimensione quando sono soggette ad un
appropriato trattamento termico. In generale, questi materiali possono essere deformati
plasticamente ad una temperatura relativamente bassa, e dopo l’esposizione ad una temperatura
relativamente alta, ritornano alla forma precedente la deformazione. I materiali che presentano
memoria di forma solo dopo il riscaldamento vengono detti one-way shape memory, mentre quelli
che mostrano un cambio di forma anche quando vengono raffreddati sono chiamati two-way shape
memory.
Sebbene esistano diversi materiali che presentano questa particolare proprietà, sono di particolare
interesse commerciale solo quelli che esibiscono un recupero completo della deformazione
impressa, oppure una significativa spinta durante il recupero. Questi sono le leghe nickel-titanio
(NiTi) e quelle a base di rame (CuZnAl e CuAlNi)
Una lega a memoria di forma può essere definita come capace di una trasformazione termoplastica
di tipo martensitico, infatti la lega subisce una trasformazione martensitica di qualche tipo che
permette la deformazione tramite un meccanismo di twinning ad una temperatura inferiore alla
temperatura di trasformazione. La deformazione viene quindi invertita quando la struttura twinned
ritorna, tramite riscaldamento, alla fase austenitica di partenza.
La prima osservazione di trasformazioni a memoria di forma risale a Chang e Read (1932) che
notarono la reversibilità della trasformazione in una lega oro-cadmio tramite osservazioni
cristallografiche e di resistività. Nel 1938 la trasformazione fu notata nel bronzo (CuZn), ma fu solo
nel 1962 che Buehler scopri l’effetto in una lega equiatomica di nickel-titanio (Nitinol, cioè
l’acronimo di Nickel Titanio Naval Ordnance Laboratori). Nei successivi dieci anni vennero
introdotti sul mercato un certo numero di prodotti che sfruttavano questa proprietà che tuttora è di
particolare interesse (vedi tabella). In particolare, hanno riscontrato un significativo interesse i
lavori svolti in Giappone con le leghe NiTi chiamate Sentalloy.
Leghe a memoria di forma per applicazioni ortodontiche
Transformation
Transformation
Alloy
deg.C
Temperature Range
deg.C
deg.F
Composition
deg.F
Ag-Cd
15
25
Au-Cd
15
25
Cu-Al-Ni
35
65
44/49 at.% Cd
Cu-Sn
Cu-Zn
10
20
Cu-Zn-X (X = Si,Sn,Al)
10
20
In-Ti
4
7
Ni-Al
10
20
Ni-Ti
30
55
Fe-Pt
4
7
Mn-Cu
25
45
Fe-Mn-Si
100
180
-190 to -50
-310 to -60
46.5/50 at.% Cd
30 to 100
85 to 212
14/14.5 wt.% Al
-140 to 100
-220 to 212
3/4.5 wt.% Ni
approx. 15 at.% Sn
38.5/41.5 wt.% Zn
-120 to 30
-180 to -10
-185 to 85
-290 to 15
a few wt.% of X
-180 to 200
-290 to 390
18/23 at.% Ti
60 to 100
140 to 212
36/38 at.% Al
-180 to 100
-290 to 212
49/51 at.% Ni
-50 to 110
-60 to 230
approx. 25 at.% Pt
approx.-130
approx.-200
5/35 at.% Cu
-250 to 180
-420 to 355
32 wt.% Mn, 6 wt.% Si
-200 to 150
-330 to 300
1 Proprietà delle leghe NiTi
1.1 La trasformazione martensitica
Si
dice
martensitica
una
trasformazione
termoplastica che si sviluppa da una fase
austenitica a temperatura relativamente elevata
interessando zone a lungo ordine e con un
movimento
coordinato
degli
atomi.
La
martensite, osservata metallograficamente, si
presenta come una struttura a placchette a lisca
di pesce. Le martensite termoplastiche sono
Fig. 1
Leghe a memoria di forma per applicazioni ortodontiche
caratterizzate dalla loro bassa energia e dalle scorrevoli interfacce che possono facilmente essere
mosse da piccoli cambi di temperatura o di sforzo. Come conseguenza di ciò, e della perdita della
simmetria del reticolo durante la trasformazione, la trasformazione martensitica termoplastica è
cristallograficamente reversibile. La trasformazione, differentemente dalle trasformazioni di primo
ordine, non interviene ad una sola temperatura, ma lungo un certo range di temperature che varia
per ogni particolare lega. Esistono comunque delle temperature tipiche della trasformazione che è,
in generale, reversibile e presenta una certa isteresi. Quando una lega, come le NiTi, viene scaldata
comincia a cambiare verso la fase austenitica (Fig. 1). La temperatura alla quale questo fenomeno
parte è detta austenite start temperature (As), mentre la temperatura alla quale la trasformazione
termina è detta austenite finish temperature (Af).
Quando, invece, una lega NiTi viene raffreddata, essa passa in fase martensitica con le due
temperature caratteristiche martensite start temperature (Ms)e martensite finish temperature
(Mf).
Bisogna comunque ricordare che sia la composizione chimica che i trattamenti termici influiscono
pesantemente sulle temperature di transizione avvicinandole o allontanandole, alzandole o
abbassandole.
Dal punto di vista pratico, per le leghe in considerazione, abbiamo tre differenti forme: martensite,
martensite stress-indotta, austenite. Quando il materiale è in fase martensitica è morbido e duttile e
quindi facilmente lavorabile, mentre quando la fase austenitica è decisamente dura e rigida. In fase
martensitica si può notare il fenomeno della superelasticità, cioè il materiale presenta un particolare
comportamento detto rubber-like che permette un atipico allungamento.
La fase austenitica è caratterizzata da una struttura cubica semplice (Fig. 2), mentre la fase
martensitica presenta una più complessa struttura esagonale compatta (Fig. 3).
Fig. 2
Fig. 3
Leghe a memoria di forma per applicazioni ortodontiche
1.2 Isteresi
Il range di temperature per la trasformazione martensite-austenite che ha luogo durante il
riscaldamento, è a temperature più alte delle corrispondenti temperature per la trasformazione
inversa da austenite a martensite. La differenza tra le temperature di trasformazione durante il
riscaldamento è detta isteresi. Generalmente viene definita come la differenza tra la temperatura alla
quale il materiale e trasformato al 50% in austenite durante il riscaldamento e la temperatura alla
quale il materiale è al 50% martensite durante il raffreddamento. Per le leghe NiTi questa differenza
arriva a 20 - 30°C. Cioè, una lega progettata per trasformarsi completamente a temperatura corporea
(37°C), per tormare martensite necessita di un raffreddamento fino a 5°C.
1.3 Trasformazione martensitica termoplastica
La caratteristica unica delle leghe basate su NiTi è la dipendenza dalla temperatura della
trasformazione austenite-martensite su scala atomica che viene chiamate thermoelastic martensite
trasformation.
La trasformazione martensitica termoplastica è la causa del recupero di forma come risultato della
necessità del reticolo cristallino di accomodarsi allo stato di minima energia per la temperatura e per
lo stato di sforzo imposti. Nel NiTi, dove la relativa simmetria tra le due fasi induce ad una
trasformazione
disposizione
estremamente
degli
atomi
ordinata,
può
la
essere
individualmente predetta in modo accurato ed
eventualmente diretta ad un cambio di forma su
scala macroscopica.
Se un singolo cristallo della fase austenitica viene
raffreddato sotto Mf, si forma una martensite con,
generalmente,
24
habit
plane
equivalenti
cristallograficamente possibili e cioè con 24
configurazioni
possibili.
Esiste,
comunque,
Fig. 4
un’unica orientazione possibile per la fase
austenitica e tutte le possibili configurazioni martensitiche ritornano alla medesima e ben definita
fase madre dopo il riscaldamento oltre Af.
Leghe a memoria di forma per applicazioni ortodontiche
Il meccanismo per cui una singola unità austenitica si deforma in martensitica è detto twinning e
può essere descritto come una simmetria speculare della disposizione degli atomi attorno ad un
particolare piano atomico detto twinning plane.
Mentre la maggio parte dei metalli si deforma tramite le dislocazioni, il NiTi risponde agli sforzi
semplicemente cambiando l’orientazione della sua struttura cristallina grazie al movimento tramite
twinning di due zone limitrofe. Grazie a questo processo si riesce ad ottenere martensite stressindotta alle temperature tipiche della fase austenitica. Un pezzo in NiTi si deformerà in questa
maniera fintantoché persiste una componente dello sforzo lungo i piani di twinning. La
deformazione oltre questo limite risulterà come una classica deformazione plastica per slittamento,
quindi irrecuperabile e senza effetto di memoria. Se la deformazione viene bloccata in una
situazione intermedia, il pezzo conterrà molte zone con fasi diverse. Se questo campione ora viene
scaldato sopra Af, si formerà una fase austenitica con un’orientazione identica a quella preesistente
non trasformata.
1.4 Shape Memory Effect
Le leghe NiTi sono sensibili ai cambiamenti di temperatura e sono capaci di modificare la loro
forma in una struttura programmata tramite shape memory effect. Mentre il NiTi è morbido e facile
da deformare nella sua fase
stabile
a
bassa
temperatura
(martensite), esso recupera la
forma
precedente
ad
una
eventuale deformazione dopo il
riscaldamento
sopra
la
temperatura di trasformazione Af
(Fig. 5). Inoltre, se presenta il
Fig. 5
fenomeno del two way shape
memory effect, può nuovamente cambiare forma, recuperando la configurazione deformata, se
raffreddato sotto Mf. Anche nel caso di martensite stress-indotta, una volta scaricato un pezzo
martensitico stress-indotto, se ci si trova nelle condizioni adatte, cioè sopra Mf, il pezzo diventerà
austenitico presentando lo shape memory effect. Se, invece, sono ad una temperatura inferiore alla
temperatura di trasformazione, il pezzo non varierà ne’ struttura ne’ forma (a meno di recuperi di
tipo elastico) fintantoché non venga riscaldato.
Leghe a memoria di forma per applicazioni ortodontiche
Quando abbiamo il two way memory effect stiamo utilizzando pezzi che, chimicamente, non hanno
nulla di differente dagli altri, ma sono stati “allenati” a percorrere un determinato cammino sia
durante il riscaldamento che durante il raffreddamento. Questo tipo di allenamento consiste in
particolari lavorazioni meccaniche e garantisce una buona efficienza per 20 – 30 cicli.
1.5 Superelasticità
La superelasticità (o pseudoelasticità) si riferisce all’abilità del NiTi di recuperare completamente, e
senza fenomeni elastoplastici, la deformazione provocata dall’applicazione di un carico dopo che
questo viene rimosso. Si ottiene
superelasticità solo quando si induce
la
trasformazione
tramite
deformazione
martensitica
ad
una
temperatura superiore ad Ms.
La deformazione macroscopica viene
assecondata a livello microscopico
tramite twinning e nucleazione della
fase martensitica. Quando lo stress
viene rilasciato, la trasformazione si
inverte
riportando
alla
fase
O
Fig. 6
austenitica ed alla forma precedente.
Una caratteristica peculiare della superelasticità è che il materiale, dopo un primo tratto elastico in
fase austenitica (Fig. 6, tratto AD), continua a deformarsi ad uno sforzo praticamente costante
(Fig.6, tratto AB durante il quale ho la trasformazione in martensite) per poi proseguire con un
ulteriore tratto elastico in fase martensitica. Quando il carico viene rimosso, si nota un recupero
elastico in fase martensitica, quindi la transizione di fase a sforzo costante (Fig. 6 tratto DC) ed il
recupero elastico in fase austenitica. Anche in questo caso il ciclo di trasformazioni presenta una
certa isteresi come nel caso delle trasformazioni termiche.
Questa particolare proprietà ci permette di ottenere materiali che, se messi in opera allo stato
deformato, esercitano uno sforzo costante nel tempo sui punti dove vengono vincolati.
I materiali superelastici (rubber-like), inoltre, presentano come caratteristiche interessanti la
capacità di sopportare molto bene molti cicli di deformazione senza che ci siano fenomeni plastici e
la possibilità di arrivare ad allungamenti del 8 – 10% (molto di più di un metallo convenzionale).
Leghe a memoria di forma per applicazioni ortodontiche
Esiste, però, una temperatura massima, detta Md, oltre alla quale non si riesce ad indurre martensite
tramite stress (Fig.1). Risulta quindi un range ben definito di temperature per avere superelasticità,
cioè tra Af ed Md; all’esterno di questo intervallo la deformazione è elastoplastica. Se vogliamo il
maggior effetto superelastico possibile, cioè il maggior recupero di deformazione, dobbiamo
operare ad una temperatura molto
vicina ad Af. In Fig. 7 si vedono cicli
di
deformazione
a
temperature
differenti; i cicli sono piú o meno
larghi a seconda della vicinanza o
meno ad Af. Sotto Af non ho piú dei
cicli
ma
un
comportamento
elastoplastico tradizionale. Sopra una
certa temperatura, che identifichiamo
come Md, ho la progressiva perdita di
recupero fino al punto di ottenere
nuovamente
un
comportamento
tradizionale.
Fig. 7
1.6 Proprietà meccaniche
I valori delle principali proprietà, confrontati con altri materiali comunemente usati, sono presenti
nella tabella.
NiTi
Ultimate tensile strength (Mpa)
Tensile yield strength (Mpa)
Modulus of elasticity (GPa)
Elongation at failure (%)
Stainless
Steel
Austenitic Martensitic
800 - 1500 103 - 1100 483 - 1850
100 - 800
50 - 300 190 - 1213
70 - 110
21 - 69
190 - 200
1 - 20
Up to 60
12 - 40
Titanium
Ti-6Al-4V
540 - 740
390
105 - 110
16
920 - 1140
830 - 1070
100 - 110
8
Leghe a memoria di forma per applicazioni ortodontiche
Poiché si parla di un materiale per usi biomedici, bisogna evidenziare l’abilità del NiTi di essere
molto resistente all’umidità e di essere un buon attenuatore di vibrazioni sotto ad As. Quest’ultima,
in ortopedia, può risultare molto utile per attenuare i picchi di stress tra le parti ossee e le protesi. Il
basso modulo elastico, rispetto agli altri metalli usati, è il più vicino a quello caratteristico dell’osso;
l’elevata (unica nel suo caso) resistenza a fatica, relazionata alla trasformazione martensitica che
non induce deformazioni plastiche, rende gli impianti durevoli nel tempo. Inoltre il NiTi è una lega
non magnetica e quindi è possibile un’immagine MRI.
A causa della vicinanza tra carico massimo in regime elastico e carico di rottura, non è possibile
modellare a piacimento i pezzi in NiTi. Ad esempio sui fili per archi dentali non si può operare con
delle pinze per ottenere spigoli vivi, ma è possibile comunque ottenere delle curvature. Inoltre, a
causa della sua scarsa formabilità, un oggetto in NiTi non può essere né saldato né puntato.
Per ovviare a questi problemi si può procedere alla realizzazione di pezzi tramite colata in stampi
senza compromettere le doti della lega.
Ricordiamo anche che un filo in NiTi, per operare correttamente necessita di un eccesso di
deformazione iniziale e quindi di essere raddrizzato in modo che l’ultima deformazione sia nello
stesso verso del carico che il pezzo dovrà sopportare.
Anche la composizione chimica, ovviamente, varia le proprietà del materiale. Grazie alla discreta
solubilità degli altri elementi in questa lega, sono numerose le possibilità sfruttabili; gli elementi più
usati sono cobalto, ferro e rame. Si può abbassare Af aggiungendo nickel, ma quando il nickel
raggiunge il 55.6% in peso, si forma una fase stabile (Ti-Ni3) che fa perdere le proprietà tipiche del
NiTi. Utilizzando cobalto o ferro si
ottiene lo stesso risultato evitando
questo inconveniente. Aggiungendo
rame, invece, si diminuisce l’isteresi e
lo
stress
necessario
per
avere
martensite.
Un pezzo realizzato in NiTi, una volta
deformato, durante il recupero riesce a
restituire molta più energia di un pezzo
in acciaio (Fig. 7), quindi risulta molto
Fig. 8
adatto per utilizzi che prevedono spostamenti ossei. A questo proposito gioca a favore anche il
modulo elastico ed il fatto che si riesce ad ottenere un carico praticamente costante durante tutto il
recupero.
Leghe a memoria di forma per applicazioni ortodontiche
1.7 Resistenza alla corrosione
La notevole resistenza alla corrosione delle leghe NiTi è da attribuire alla presenza superficiale di
uno strato di ossido passivante (TiO2).
Poiché stiamo parlando di materiali destinati all’uso medico, un parametro estremamente
importante per questo tipo di applicazione è la resistenza alla corrosione. Infatti l’ambiente di
lavoro, soprattutto nel caso di impianti che vanno all’interno del corpo ospite o nel cavo orale, è un
ambiente particolarmente aggressivo sia per le sostanze messe in gioco (saliva, acidi gastrici,…), sia
per la possibilità di cambiare radicalmente in brevi intervalli di tempo (come nel caso di reazioni
infiammatorie dove si ha il repentino aumento dell’attività biologica e dell’acidità del sito).
Gli studi riguardo alla resistenza alla corrosione vengono svolti, prima di tutto, in vitro e poi in vivo.
Le simulazioni in vitro hanno dato ottimi risultati riguardo alla resistenza all’acqua di mare ed alle
sostanze biologiche (sangue, saliva, succhi gastrici, urina,…), soprattutto se confrontate con le altre
leghe di uso medico come acciai o leghe Co-Cr-Mo (Speck, 1980).
E’ stato verificato inoltre che il NiTi temprato è molto più resistente di quello lavorato a freddo che
probabilmente presentea delle zone dove lo strato di ossido è meno aderente e quindi di più facile
attacco (Montero-Ocampo, 1996). Quindi le lavorazioni meccaniche influiscono pesantemente sulla
resistenza a corrosione che, nel caso di cold-working, diventa raffrontabile con quella di un comune
acciaio inossidabile.
Le prove in vivo sono state eseguite soprattutto per valutare il rilascio degli ioni nickel che risultano
tossici e cancerogeni oltre una certa soglia di concentrazione.
Mentre le prove in vitro avevano dato, riguardo al rilascio ionico, valori confrontabili per gli acciai
al nickel e per le leghe NiTi, nelle prove in vivo si sono riscontrati tassi di rilascio estremamente più
bassi per il NiTi che per l’acciaio.
2 Biocompatibilità
I problemi relativi alla biocompatibilità sono principalmente due: corrosione e fallimento del
componente per dissoluzione dello stesso, formazione di composti che risultano allergeni, tossici o
cancerogeni. In questo particolare caso bisogna tenere in considerazione dei possibili effetti del
nickel e del titanio. Le proprietà di biocompatibilità di una lega sono legate alle proprietà dei singoli
materiali anche se, per esempio, il NiTi provoca reazioni molto diverse da nickel e titanio da soli.
Leghe a memoria di forma per applicazioni ortodontiche
Bisogna infatti pensare che, a causa di fenomeni corrosivi od abrasivi, nel corpo ospite si possono
disperdere sia la lega vera e propria che i singoli elementi separati.
2.1 Assorbimento ed eliminazione del nickel
Il nickel viene assorbito dal corpo principalmente tramite respirazione (particelle sospese),
introduzione orale (ioni nell’acqua o nei cibi dovuti alla cottura od alla conservazione in contenitori
in acciaio inossidabile al nickel), contatto con la pelle (gioielli). La maggior parte viene eliminata,
abbastanza velocemente, in buona parte attraverso le urine e, in percentuali inferiori, attraverso le
feci. Questo vale per il nickel puro ma, quando si parla dei composti, il problema può cambiare
radicalmente.
2.2 Tossicità del nickel
Un aumento della concentrazione di nickel è stata riscontrata, come prevedibile, nei tessuti
adiacenti ad impianti in leghe contenenti nickel, ma sono state trovati aumenti di concentrazione
anche in organi distanti dagli impianti, tipicamente nel fegato, nei reni e nel tessuto cerebrale.
Nel caso del nickel la tossicità è un parametro molto legato alla concentrazione, infatti anche la
carenza di questo metallo ha effetti negativi come ritardi nella crescita dello scheletro o cambio
della pigmentazione della pelle oltre a molteplici disturbi di carattere generale.
Ad alte concentrazioni il nickel risulta avere effetti tossici sulle coltivazioni cellulari in vitro,
soprattutto per le cellule del tessuto osseo. L’effetto risulta comunque di entità inferiore a quello
causato da cobalto e vanadio tipicamente usati come elementi in lega nei materiali comunemente
usati. Le prove in vitro hanno anche confermato la cancerogenità di questi tre elementi (Plutters,
1992; Geber, 1980; Yamamoto, 1998). L’impiantazione di nickel puro in zone intramuscolari o
all’interno di ossa ha evidenziato locali irritazioni e necrosi cellulare con il ritiro dei tessuti (Laing,
1967).
Una lega contenente nickel, comunque, si comporta in maniera differente originando, a seguito
della corrosione, composti che risultano tollerabili e non dannosi come NiCl o NiO.
Differentemente accade per il nickel puro che produce Ni3S2, cioè il composto più tossico e
cancerogeno. In generale, i composti più pericolosi sono quelli contenenti ioni Ni2+ (Abbracchio,
1992; Oller, 1997). Quando uno ione Ni2+, scambiato dalle cellule per Mg2+, penetra all’interno di
Leghe a memoria di forma per applicazioni ortodontiche
una cellula, provoca principalmente due effetti: rilascio di radicali ossigeno estremamente
aggressivi e modifiche del DNA (Klein, 1991).
2.3 Nickel nelle leghe per impianti
La tossicità in un impianto è relazionata soprattutto alla configurazione fisica piuttosto che alla
composizione chimica. I casi di insorgenza di tumori per la presenza di impianti è principalmente
dovuta alla presenza di elementi in lega come vanadio e cromo e, solo in minima parte al nickel
(Rock, 1992).
La presenza di nickel origina, nella stragrande parte dei casi, dermatiti dovute soprattutto al fatto
che, in particolare per le donne, si è già in contatto con oggetti contenenti nickel come orecchini,
collane e gioielli in genere. Nel caso di impianti interni non si riscontra ne’ sensibilizzazione locale,
ne’ risposta infiammatoria.
2.4 Effetti del titanio
E’ consolidata l’idea che il titanio puro non dia ne’ effetto allergico ne’ tossico e che venga ben
tollerato dai tessuti. Nelle condizioni migliori il titanio funziona da isteointegratore ed
osteoinduttore formando dei legami con il tessuto osseo a livello microscopico. Inoltre il titanio non
inibisce e non attiva sistemi enzimatici specifici, quindi non altera in nessun modo la normale
bioattività dell’ospite. L’ottima biocompatibilità e la resistenza sia ad usura che ad ossidazione sono
imputabili allo strato di ossido passivante (TiO2) che si forma sulla superficie di ogni pezzo
contenente titanio. Eventuali particelle rilasciate, che risultano essere soprattutto ossidi distaccatisi
dalla superficie, vengono considerate dall’organismo come biologicamente inerti senza
conseguenze cliniche. L’aumento della concentrazione di titanio nei tessuti, comunque, non si
limita alle zone adiacenti l’impianto ma ne sono state riscontrate tracce anche in organi distanti
come, anche in questo caso, nel fegato, nei reni e nel tessuto cerebrale (Bronemark, 1969; Zitter,
1987; Hildebrand, 1998).
Leghe a memoria di forma per applicazioni ortodontiche
2.5 Biocompatibilità del NiTi
Sono stati svolti, come prevede la prassi, test sia in vitro che in vivo, ma i responsi risultano spesso
contraddittori perché dipendono molto dal tipo di applicazione, dai protocolli usati, dai trattamenti
di superficie, ecc…
I risultati in vitro comunque sono incoraggianti perché si può concludere che, nelle leghe NiTi,
l’effetto dannoso del nickel è trascurabile. Infatti queste leghe risultano, per quanto riguarda la
biocompatibilità, paragonabili al titanio puro (Plutters, 1992). Successivi studi hanno verificato la
possibilità di fissare proteine adesive su substrati in NiTi, quindi di incrementare l’adesione e
l’attivazione dei fibroblasti (Endo, 1995).
Trattamenti superficiali come quelli a base di perossidi idrogenati, invece, risultano dannosi
rendendo il NiTi tossico e pericoloso come il nickel puro. Trattamenti in autoclave con acqua e
vapore, al contrario, risultano positivi (Shabalovskaya, 1996).
Dalle prove in vivo le leghe NiTi risultano tutt’altro che dannose per il tessuto muscolare e quindi,
paragonate all’acciaio inossidabile, ugualmente utilizzabili. Le leghe NiTiCu sono risultate le
migliori per quanto riguarda biocompatibilità e soprattutto perché presentano la quasi totale assenza
di fenomeni corrosivi (Wen, 1997).
Dopo le varie prove di biocompatibilià sono stati realizzati i primi impianti. L’esame di questi, dopo
che era finito il loro utilizzo, non ha evidenziato corrosione ne’ locale ne’ generalizzata. Inoltre
sull’ospite non si è verificata nessuna reazione tessutale e, dopo l’espianto, non erano presenti
elevate concentrazioni di nickel nelle vicinanze degli impianti.
Nel complesso, per le applicazioni di tipo ortopedico, non sono state trovate grandi differenza
nell’uso di NiTi o di acciaio tranne per quanto riguarda il callo osseo che si forma durante la
guarigione di fratture. Nel caso di innesti di piastre in NiTi si è notato che il più basso modulo
elastico ed il fatto di imprimere uno sforzo praticamente costante (superelasticità) ha favorito una
guarigione più naturale.
L’uso delle leghe NiTi si è così diffuso in ambiente ortopedico, per realizzare placche e chiodi di
fissaggio, in ambiente dentistico per realizzare archi dentali, espansori di palato ed ancore per
protesi. Anche in cardiologia, gastroenterologia ed urologia si sfruttano le proprietà del NiTi per
realizzare stent che “funzionano in automatico” grazie alla temperatura corporea. In particolare il
NiTi si è rivelato ottimo per gli stent intravascolari perché non presenta fenomeni di
trombogenicità.
Leghe a memoria di forma per applicazioni ortodontiche
3 Applicazioni in medicina delle leghe NiTi
Nel 1971 il NiTi è stato per la prima volta introdotto da Andreasen tra le
leghe per uso ortodontico per la produzione di archi dentali. Oggigiorno
si usa la tecnologia degli stent auto-espandenti (Fig. 10) a base di NiTi
(shape memory alloys) in gastroenterologia, radiologia ed in applicazioni
cardiovascolari. L’idea di usare stent in NiTi fu proposta inizialmente da
due autori contemporaneamente (Cragg; Dotter, 1983). L’introduzione
Fig. 9
degli stent ha permesso un maggior numero di interventi e di soluzioni applicabili ad un vasto
numero di problemi clinici prima di difficile risoluzione.
In ambito ortopedico vengono utilizzati distrattori ossei a base
di NiTi per sfruttarne il basso modulo elastico e la
superelasticità. Inoltre si realizzano piastre, graffe e morsetti
sempre per le ottime doti meccaniche e di resistenza a fatica e
corrosione senza trascurare l’ottima biocompatibilità. Altre
applicazioni prevedono di usare le leghe superelastiche per i
telai delle lenti a contatto in modo da permettere l’assorbimento
di grosse deformazioni per un numero elevato di volte senza
Fig. 10
danneggiamento.
Future applicazioni sono le ancore per tendini e legamenti ed i sistemi
di bloccaggio e ricostruzione dell’articolazione della spalla a seguito di
lussazione.
Fig. 11
Leghe a memoria di forma per applicazioni ortodontiche
3.1 Utilizzo delle leghe NiTi in ortodonzia
Il titanio è considerato ipoallergenico, non ha sapore metallico, ha un basso coefficiente di
trasmissione termica e quindi risulta perfetto per
applicazioni orali perché riduce al minimo lo sconforto
che può provocare al paziente. Inoltre la resistenza a
corrosione del titanio è paragonabile a quella delle
ceramiche bioinerti. L’aggiunta di nickel per ottenere
le leghe NiTi non ne cambia di molto le proprietà
rispetto al metallo puro e, soprattutto, ne aggiunge
altre molto interessanti. Per esempio un filo prodotto
in NiTi e deformato a piacimento a temperatura
ambiente, una volta messo in opera all’interno del
cavo orale, trovandosi alla temperatura del corpo
umano (~37°C), tende a recuperare la forma
precedente la deformazione. Questo fenomeno origina
una forza di 100 – 300g sui denti del paziente. Una
Fig. 12
volta che la forma è stata completamente recuperata, il
filo non esercita più nessuna forza e giace passivamente nella bocca fungendo, eventualmente, da
ritentore.
Si possono così realizzare archi dentali per il riposizionamento dei denti
(Fig. 12), oppure espansori di palato (Fig. 13) che operano anche
eventuali rotazioni dei denti ottenendo un posizionamento ed un
allineamento dell’arcata più corretto.
Un’altra applicazione delle leghe a
memoria di forma è la realizzazione di
Fig. 13
impianti endoossei a lama per ancorare protesi dentali (Fig. 14 e
15). Questi impianti possono essere installati con una semplice
incisione. Essi vengono realizzati nella forma voluta e necessaria
per l’ancoraggio, cioè con le lamelle aperte, in fase austenitica oltre
i 50°C, quindi vengono raffreddati e deformati in fase martensitica
Fig. 14
fino ad ottenere delle lame piatte. Una volta impiantati, vengono
riscaldati tramite radiazioni IR fino sopra Af (~50°C) in modo da
permettere l’apertura delle lamelle ed il definitivo ancoraggio del pezzo.
Leghe a memoria di forma per applicazioni ortodontiche
Nel caso della sostituzione di un solo dente si possono usare i “perio roots implants” (Fig. 16) che
consistono in perni cilindrici in fase
martensitica che vengono posizionati nella
sede della radice del dente mancante. Questi
cilindri vengono scaldati e passano in fase
austenitica recuperando la forma originale
che,
come
perfettamente
da
alla
progetto,
sede
si
adatta
ancorandosi
definitivamente e senza la necessità di usare
Fig. 15
di collanti.
Fig. 16
4 Vantaggi nell’utilizzo dei fili il lega NiTi rispetto al tipico
acciaio inossidabile.
Il primo vantaggio dell’uso di leghe superelastiche, rispetto al tipico acciaio inossidabile, è la
possibilità di operare un trattamento che non preveda continui piccoli interventi da parte del medico
per aggiustare l’impianto. Infatti, grazie alla possibilità di avere una condizione di carico costante,
non è necessario continuare a tirare il filo di un arco dentale per ripristinarne l’effetto correttivo. Un
filo in acciaio richiede un aggiustamento ogni volta che recupera tutta la deformazione elastica
impressagli, cioè ogni tre o quattro settimane, mentre un filo al NiTi resta efficace per sette, otto
settimane senza bisogno di nessuna manutenzione. Progettando in modo corretto la lega, cioè
utilizzando gli opportuni elementi in lega aggiuntivi e prevedendo i necessari trattamenti termici, si
può ottenere il massimo rendimento proprio alla temperatura del cavo orale del paziente in
considerazione.
Leghe a memoria di forma per applicazioni ortodontiche
Inoltre il basso modulo elastico, e quindi la bassa forza esercitata sui denti (100 – 300g) non causa
dolore. Il progressivo spostamento dell’arcata dentale è più indicato sia dal punto di vista
dell’efficacia della cura, sia per quanto riguarda la sensibilità del paziente. Infatti uno spostamento
lento permette al tessuto osseo alla base dei denti di venir riassorbito dove è in eccedenza e di
rigenerarsi dove manca, cioè, grazie anche alle doti
osteoinduttrici dell’ossido di titanio, permette una
corretta bioattività del tessuto osseo.
Bisogna poi ricordare che in un filo NiTi si riesce
ad accumulare molta più energia e quindi si ha
molto più lavoro a disposizione rispetto ad un
materiale non superelastico; anche questa proprietà
è importante per permettere una manutenzione
minima e poco frequente.
Un altro punto a favore è il fatto che con un filo
NiTi si riesce anche a correggere l’inclinazione e
l’angolo dei singoli denti imprimendo una certa
Fig. 17
rotazione. Infatti esso si comporta a torsione come a
trazione, cioè riesce a recuperare la deformazione
anche in presenza di curve. Diversamente si
comporta l’acciaio che presenta fenomeni di plasticità che obbligano alla creazione di ingombranti
“loops” in modo da minimizzare la
curvatura. Possiamo vedere in Fig.
18 una prova a flessione in tre punti
che simula le sollecitazioni tipiche
dell’ambiente applicativo nel cavo
orale.
Grazie
ad
eventuali
trattamenti
termici è poi possibile modificare
localmente un filo in modo da avere
zone con rigidezza differente. E’
quindi
possibile
ottenere
forze
Fig. 18
diverse in diverse zone del cavo
orale. Considerando infine che per
modificare la forza non si deve necessariamente modificare la sezione del filo, come per l’acciaio,
Leghe a memoria di forma per applicazioni ortodontiche
ma ci si può limitare a progettare una lega diversa (per esempio, aggiungendo rame, abbasso il
carico disponibile), si riescono a realizzare impianti personalizzati ed il più adatti possibile al
particolare caso clinico in considerazione.
In Fig. 19 possiamo vedere delle curve di carico, ottenute con la prova di flessione a tre punti, per
diversi materiali usati in ortodontia, mentre in Fig. 20 si può notare che comunque il diametro di un
filo NiTi influenza, almeno in parte, le proprietà del filo.
Fig. 19
Fig. 20
Notiamo che, solo il Japanese NiTi presenta una vera e propria superelasticità nella prova di
flessione; per quanto riguarda l’influenza del diametro si nota che, all’aumentare del diametro e a
parità di lega, aumenta sia il carico al quale comincia la superelasticità, sia quello massimo
ottenibile.
Esistono comunque delle limitazioni all’utilizzo dei fili NiTi. In primo luogo la bassa lavorabilità,
dovuta alla vicinanza tra carico di snervamento e di rottura, che non permette di operare curvature
permanenti molto strette, quindi risulta un limitato range di “forme”; un altro problema è la non
saldabilità che obbliga a bloccare i fili tramite ganci (visibili in Fig. 9). In secondo luogo non sono
indicati quando si vogliono ottenere spostamenti dentali mantenendo il controllo della posizione
degli altri denti. Infine non bisogna trascurare il fatto che contengono nickel e che quindi non sono
adatti nel caso di particolare sensibilità del paziente.
Comunque restano particolarmente indicati nelle prime fasi del trattamento quando lo slivellamento
tra i denti è molto marcato.
Ricordiamo che tutto quello che è stato detto per i fili per archi dentali vale anche per i fili usati per
gli espansori di palato.
Leghe a memoria di forma per applicazioni ortodontiche
5 Due leghe NiTi a confronto: Nitinol e Sentalloy
Tra le leghe basate sul NiTi ve ne sono due di significative: il Nitinol (Nickel Titanium Naval
Ordinance Laboratori, 1960) ed il Sentalloy (Japanese NiTi Alloys, Furukawa Dielectric co., 1978).
In entrambi i casi si parla di leghe di largo uso in medicina ma nate per utilizzi completamente
diversi: il Nitinol è nato per usi aerospaziali ed il Sentalloy per realizzare interruttori termosensibili.
Il Nitinol resta comunque il più diffuso poiché esiste una documentazione più completa e perché è
sul mercato da più anni; infatti dal Nitinol vengono derivate tramite l’aggiunta di qualche elemento
in lega, quasi tutte le leghe a memoria di forma oggigiorno utilizzate.
Fig. 21
Leghe a memoria di forma per applicazioni ortodontiche
Entrambe le leghe trovano applicazioni come biomateriali entrando in competizione perché portano
a risultati clinici praticamente identici sebbene presentino proprietà diverse che, in alcune
particolari applicazioni tecnologiche, possono risultare fortemente discriminanti.
Le differenze sostanziali si possono evidenziare attraverso un’analisi tramite calorimetria
differenziale a scansione (DSC) che ci consente di identificare con precisione le temperature di
trasformazione e le relative entalpie (in Fig. 21 e 22 vediamo i relativi grafici).
Fig. 22
Nel caso delle leghe NiTi, la trasformazione da martensite in austenite è una trasformazione
allotropica con una modificazione dei parametri della cella cristallina del materiale. E’ una
trasformazione del I ordine con una sua entalpia caratteristica.
Leghe a memoria di forma per applicazioni ortodontiche
Dai grafici DSC si vede, per il Nitinol, che, per temperature calanti, ci sono due trasformazioni
distinte. La prima, con innesco a Tr = 36.5ºC, corrisponde ad una trasformazione intermedia in fase
romboedrica, mentre la trasformazione martensitica inizia ad Ms = 6ºC. Per temperature crescenti
vedo che As = 43.3ºC.
Dai diagrammi per il Sentalloy si nota una traslazione di tutti i picchi, rispetto al Nitinol, a
temperature più basse, Per il Sentalloy trovo Ms = -31.3ºC, Tr = 21.6ºC, As = 16.8ºC.
Alla luce dei valori ottenuti si può notare come, alla temperatura di utilizzo in caso di bioimpianti
nel corpo umano (~37ºC), in Nitinol si trova, se non in fase martensitica, nella fase romboedrica che
precede la formazione di martensite. Il Sentalloy inizia a trasformarsi a 16.8ºC e, alla temperatura di
lavoro, si trova ad una temperatura maggiore di Af, quindi alla temperatura di stabilità della fase
austenitica come voluto.
Riguardo alle entalpie si può notare che, per quanto riguarda la trasformazione in fase austenitica, il
Sentalloy ha una entalpia di 22.6J/g, mentre al Nitinol corrisponde un valore di 30.4J/g.
Tra le due leghe, allora, solo dal Sentalloy ci si può aspettare un comportamento superelastico
perfetto. Inoltre il Nitinol, se utilizzato così come nasce, non presenta la memoria di forma a causa
del processo produttivo che prevede cold-working, mentre il Sentalloy è a tutti gli effetti una lega a
memoria di forma.
6 Effetti della disinfezione sulle leghe NiTi
Un altro fenomeno importante per determinare il costo, e quindi la diffusione di un impianto al
NiTi, è la possibilità di disinfettarlo e cioè di riutilizzarlo. Un arco dentale al NiTi ha un costo di
quattro, cinque volte superiore a quello degli impianti in acciaio e la possibilità di riutilizzarlo ne
abbasserebbe sensibilmente il prezzo.
Poiché gli impianti possono venire personalizzati, non sempre è accettabile riutilizzarli in altri
pazienti, ma bisogna comunque valutare questa possibilità, almeno per quanto riguarda gli impianti
“standard”, cioè privi di caratteristiche troppo singolari.
Dalle prove di disinfezione a caldo, tramite riscaldamento in forni o flash di vapore, la lega,
sebbene presenti tracce di corrosione localizzata, non risulta sensibilmente modificata per quanto
concerne le proprietà meccaniche, elastiche e di carattere chimico, cioè di biocompatibilità. Inoltre
anche se siamo in presenza di un trattamento termico, seguendo i protocolli di disinfezione, non c’è
formazione di martensite temprata.
Leghe a memoria di forma per applicazioni ortodontiche
Sono state eseguite anche prove di disinfezione a freddo poiché più facilmente applicabili
direttamente negli studi degli odontoiatri ed in mancanza di apparecchiature appropriate. Sono stati
utilizzati, come disinfettanti, agenti fortemente corrosivi: acido glutaraldeide (per 10 ore), chlorine
diossido (per 6 ore) e iodophor (per 10 ore). Si tratta di prodotti approvati dall’American Dental
Association e, anche in questo caso, sono stati seguiti dei protocolli standard. Bisogna ricordare che
le sostanze in considerazione presentano una azione corrosiva elevata anche sui metalli ed il titanio
ne risente in modo particolare.
I risultati dei vari cicli di disinfezione a freddo sono visibili nei grafici seguenti.
Le prove sono state svolte suddividendo i
campioni in vari gruppi: gruppo di controllo che
non subisce nessun ciclo, gruppo I che subisce un
solo ciclo, gruppo II che subisce due cicli, gruppo
III che subisce tre cicli. Infine, per ogni gruppo si
sono scelti dei campioni per ogni trattamento:
glutaraldeide (G), chlorine diossido (C) e iodophor
(I).
Leghe a memoria di forma per applicazioni ortodontiche
Si può notare che non sussistono particolari differenze per le varie modalità di disinfezione e che
non ci si allontana molto nemmeno dai valori riferiti al gruppo di controllo. Le proprietà
meccaniche presentano una modificazione, sebbene minima, solo per quanto riguarda carico di
snervamento e allungamento percentuale a rottura (Graf. 2 e 4). Per valutare invece l’effetto
corrosivo si osserva come viene riflessa la luce dalla superficie dei campioni (Graf. 5) e si nota un
leggero calo del valore iniziale (gruppo di controllo) dopo il secondo ciclo di disinfezione.
In conclusione risulta quindi accettabile la possibilità di disinfettare sia a caldo che a freddo i
componenti in NiTi. Naturalmente, come evidenziano i grafici, ogni ciclo di disinfezione riduce,
seppure di poco, le qualità di ogni pezzo, quindi non è comunque consigliabile riutilizzarli
parecchie volte.
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