Corte di Cassazione, sentenza n. 26087 del 23

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Corte di Cassazione, sentenza n. 26087 del 23
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SETTIMJ Giovanni - Presidente
Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio - Consigliere
Dott. PICCIALLI Luigi - Consigliere
Dott. MIGLIUCCI Emilio - Consigliere
Dott. GIUSTI Alberto - rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
(Omissis). e (Omissis) , rappresentati e difesi, in forza di procura speciale in calce al ricorso, dagli Avv.
(Omissis) e (Omissis), per legge domiciliati presso la Cancelleria civile della Corte di Cassazione, Piazza
Cavour, Roma;
- ricorrenti contro
(Omissis). , rappresentata e difesa, in forza di procura speciale a margine del ricorso, dall'Avv. (Omissis),
elettivamente domiciliata nello studio di quest'ultimo in (Omissis), (Omissis);
- controricorrente per la cassazione della sentenza della Corte d'appello di Genova n. (Omissis) del (Omissis).
Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 19 novembre 2010 dal Consigliere
relatore Dott. Alberto Giusti.
RITENUTO IN FATTO
che il consigliere designato ha depositato, in data 13 ottobre 2010, la seguente proposta di definizione, ai
sensi dell'articolo 380 bis cod. proc. civ.: " (Omissis) ha chiesto l'accertamento della responsabilita' di
(Omissis) e (Omissis) , proprietari di un appartamento sito nel medesimo stabile dell'attrice (condominio di
(OMESSO)), per avere esercitato attivita' di affittacamere, in violazione del regolamento di condominio.
I convenuti si sono costituiti, resistendo alla domanda dell'attrice.
L'adito Tribunale di Chiavari ha respinto la domanda, rilevando che l'attivita' esercitata dalla (Omissis) nella
proprieta' sua e del marito (Omissis) era quella di bed and breakfast, come tale diversa da quella di
affittacamere e ad essa neppure assimilabile.
La Corte d'appello di Genova, con sentenza depositata il (Omissis), in riforma della impugnata pronuncia, ha
dichiarato illegittimo l'esercizio, dai parte della (Omissis) e del (Omissis) , dell'attivita' di bed and breakfast
svolta nella loro proprieta' compresa nel condominio.
La Corte territoriale ha rilevato che l'attivita' esercitata dalla (Omissis) , nella proprieta' sua e del (Omissis) ,
e' attivita' a carattere turistico-alberghiero (anche ai sensi della Legge Regionale Liguria 12 maggio 1992, n.
13, modificata dalla successiva Legge Regionale 20 gennaio 2000, n. 5) e, avendo natura commerciale, e'
assimilabile a quelle vietate nell'articolo 9 del regolamento condominiale, che prevede l'impegno, a carico di
ciascun condomino, di adibire l'appartamento ad uso esclusivo di abitazione eventualmente con studio
professionale annesso, esclusa ogni altra destinazione, e con divieto di destinare o lasciare destinare
l'appartamento ad uso alberghi, esercizi di affittacamere e pensione.
Per la cassazione della sentenza della Corte d'appello la (Omissis) ed il (Omissis) hanno proposto ricorso,
sulla base di due motivi.
L'intimata ha resistito con controricorso.
Il primo motivo censura che la Corte d'appello non abbia dichiarato l'inammissibilita' della modificazione della
domanda: mentre in primo grado la (Omissis) aveva chiesto la cessazione della attivita', in appello ella aveva
domandato la declaratoria dell'illegittimita' dell'esercizio della stessa.
La censura e' infondata.
E' da escludere novita' di domanda in appello quando la diversa pretesa sia ritualmente compresa in quella
gia' formulata con l'atto introduttivo del giudizio o quando in appello la domanda originaria venga contenuta
in limiti piu' ristretti.
E' quanto e' avvenuto nel caso di specie, poiche' l'accertamento circa la legittimita' o meno dell'esercizio
dell'attivita' di b&d and breakfast costituisce presupposto anche della originaria domanda inibitoria, la quale
non era stata riproposta negli stessi termini, avendo la (Omissis) nel frattempo cessato l'attivita'.
Quanto, poi, alla questione - articolata con lo stesso mezzo - del difetto di legittimazione passiva del
(Omissis) , essa e' inammissibile, perche' i ricorrenti non solo omettono di indicare gli articoli di legge che
sarebbero stati violati, ma neppure sviluppano le ragioni a sostegno della censura. Ne', d'altra parte, si
indica, come prescritto dal principio di autosufficienza, in quale atto del giudizio di merito la questione sia
stata devoluta al giudicante.
Il secondo motivo - attinente alla questione di merito se l'attivita' di bed and breakfast sia ricompresa nel
divieto di destinazione d'uso discendente dal regolamento - e' inammissibile.
E' noto che le norme contenute nei regolamenti condominiali posti in essere per contratto possono imporre
limitazioni al godimento ed alla destinazione d'uso degli immobili in proprieta' esclusiva dei singoli condomini.
Secondo la giurisprudenza consolidata (tra le tante, Cass., Sez. 2, 28 ottobre 1995, n. 11278; Cass., Sez. 2,
14 luglio 2000, n. 9355; Cass., Sez. 2, 23 gennaio 2007, n. 1406), l'interpretazione del regolamento
contrattuale di condominio da parte del giudice del merito e' insindacabile in sede di legittimita', quando non
riveli violazione dei canoni di ermeneutica, oppure vizi logici.
Nella specie, la Corte di merito, correttamente attenendosi alla ratio della disposizione dell'articolo 9 del
regolamento, quale risultante dal suo tenore letterale, ha evidenziato, con argomentazioni assolutamente
logiche ed aderenti alla natura dell'impegno assunto dai condomini, che l'attivita' di b&d and breakfast rientra
tra quelle vietate, essendo in tutto riconducibile all'attivita' di affittacamere, espressamente non consentita
dal testo regolamentare.
Il motivo di ricorso - che non riporta neppure le norme di legge che sarebbero state violate - si limita a
contestare il risultato dell'operazione compiuta dal giudice del merito, ma non la corretta aderenza ai
parametri di ermeneutica legale ne' la logicita' delle argomentazioni proposte.
In conclusione, il ricorso puo' essere trattato in Camera di consiglio, in applicazione degli articoli 376, 380 bis
e 375 cod. proc. civ., per esservi rigettato".
CONSIDERATO IN DIRITTO
che il Collegio condivide argomenti e proposte contenuti nella relazione di cui sopra, alla quale non sono
stati mossi rilievi critici;
che, pertanto, il ricorso deve essere rigettato;
che le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido tra loro, al rimborso delle spese processuali
sostenute dalla controricorrente, che liquida in complessivi euro 2.700,00 di cui euro 2.500,00 per onorari,
oltre a spese generali e ad accessori di legge.