L`Unità, 28/10/2016

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L`Unità, 28/10/2016
IL LIBRO
“Mickey. Uomini e topo”, Topolino come non lo avete mai letto
comportamenti del suo piccolo eroe. Lo fa
nella vita di tutti i giorni con le
contraddizioni e le meraviglie che questo
implica. Tra i due non poteva che nascere
una relazione insolita e curiosa. Tito Faraci
ci racconta il suo Topolino con una penna
sognante e fantasiosa.
Il mondo di Topolino raccontato da uno
degli autori delle sue avventure. Il rapporto
che lega il topo più celebre della storia a
Tito Faraci è fatto, oltre che di lavoro, di una
passione antica e profonda. Il libro Mickey.
Uomini e topo(Editore add ) è un dialogo in
cui lo sceneggiatore immagina la vita e i
Lucc
a,
l’anno gold dei
Comics
Edizione monstre per i 50 anni
del festival che celebra il fumetto
Attesissimo Frank Miller
M
agari non sarà un grattacielo di Gotham
ma la Torre Guinigi di Lucca è un trampolino di lancio ideale per uno dei salti di
Batman: rilancio e ritorno, eterno ritorno
del superuomo col mantello da pipistrello.
È Frank Miller, infatti, l'autore che nel
1986 con Il ritorno del cavaliere oscuro cambiò la storia di Batman
e del fumetto supereroistico, l'ospite più atteso di Lucca Comics &
Games (da oggi a martedì 1° novembre).
Renato
Nello stesso anno in cui uscirono Maus di
Pallavicini
Art Siegelman e Watchmen di Alan Moore
(altri due caposaldi della rivoluzione del
fumetto), Frank Miller cancellò un pupazzetto in calzamaglia e
mascherina per farne un uomo cupo e violento, segnato dal tempo e dall'età, con l'anima lisa e stracciata più della vecchia tuta
dismessa. Fu un pugno, un sonorosmack in faccia che fece diventare adulti i lettori di comics americani. Gotham non era più una
città tranquilla nella quale, chissà perché, apparivano all'improvviso bizzarri malfattori con la faccia da clown o le fattezze di un
pinguino, ma una metropoli dura e ostile, una città da odiare perché «si è arresa, come, si direbbe, tutto il mondo» al crimine. L'uomo-pipistrello si fece allora vendicatore, spietato contro i criminali ma, anche, contro un'America che non piaceva più al suo
autore, simbolizzata da un Superman ridotto a fantoccio del
potere.
Da Dark Knight Returns a Dark Knight Strikes Again e
all'attuale terza parte della saga The Master Race (Razza
suprema) il Batman di Miller (autore di altri capolavori
come Ronin, Sin City, 300) pur colpito, ferito e fiaccato
non ha smesso di rispondere colpo su colpo. Molti si sono stupiti di questa
vena reazionaria e violenta di un au-
tore «rivoluzionario» come Miller. Stupore che virò in indignazione quando, nel 2011, uscì Holy Terror (Sacro Terrore), ancora uno
scontro all'ultimo sangue tra supereroi (ma non Batman) e supercriminali che, questa volta, sono islamici: quasi un pamphlet, politicamente «scorrettissimo», dedicato «con rispetto» a Theo Van
Gogh, il regista olandese assassinato da un estremista islamico.
Un fumetto nel quale, tra l'altro, Frank Miller ridicolizza Obama e
la Clinton per la loro arrendevolezza nei confronti dell'Islam.
Sarà interessante capire bene - al di là delle letture
e interpretazioni scontatamente di destra o di
sinistra - come la pensa Miller (saranno
due gli incontri lucchesi con il pubblico, il primo oggi alle 11.30
al Teatro del Giglio, l’altro martedì con Milo
Manara) sulla poli-
tica odierna degli Usa, sul duello tra Hillary Clinton e Donald
Trump. Anche se in una recente intervista a The Hollywood Reporter l'autore americano ha dichiarato: «Non può esistere un
buffone maggiore di Donald Trump. Il fatto che egli pensi di poter
diventare il presidente degli Stati Uniti è uno dei migliori scherzi
che abbia letto da molto tempo. Almeno spero».
Frank Miller dovrà vedersela anche con altre decine di suoi
colleghi illustri, ospiti di questa Lucca: da
Brian Azzarello (100 Bullets) a
Charlie Adlard (The Walking Deads) da Zero
Calcare (una sua
mostra a Palazzo Ducale) a Gipi,
da Milo
Manara a Bruno Bozzetto. (Se avete la pazienza scaricatevi il programma-monstre da www. luccacomicsandgames.com). Intanto,
sul sito, il borsino segna la cifra di circa 170.000 biglietti già venduti prima dell'odierna apertura. Cinque giorni di fiera, mostre, incontri, spettacoli, concerti, eventi, gare, tornei e sfilate (fino a
martedì 1 novembre) faranno il resto. E alla fine saranno almeno il
doppio i ticket staccati e parecchie le decine di migliaia di persone
(tra accreditati, ospiti, espositori, addetti ai lavori e soprattutto cosplayer) che si aggiungeranno. Dunque, c'è da scommettere che nell'anno «gold», ovvero della celebrazione dei 50 anni del matrimonio tra Lucca e il fumetto - i record salteranno ampiamente.
Ma, al di là delle cifre, è significativo che quest'edizione del
cinquantennale segni la «riappacificazione» tra l'odierna Lucca
Comics & Games e l'originario Salone Internazionale dei Comics
che, nel 1966, aprì la strada alla scesa «in campo» del fumetto.
Riappacificazione, dopo divorzi e polemiche, testimoniata dalla
donazione del patrimonio archivistico di Immagine (l'associazione che organizzò il Salone fino al 1992) al Comune di Lucca e dal ritorno come ospite di Rinaldo Traini che di quell'indimenticabile Salone fu tra i fondatori e
che a lungo ne diresse le
sorti.
Due gli incontri
con l’autore
che ha cambiato
la storia di Batman
e del fumetto
supereroistico
Batman.
Immagini
da Dark Knight
Returns - Il
ritorno del
cavaliere oscuro
di Frank Miller
(foto a destra)
Gli arrabbiati del fumetto: la vita agra dei giovani
Dalle matite dei nuovi
fumettari cresciuti al Crack!
nasce l’antologia “La Rabbia”
M
entre a Roma le forze dell’ordine chiudono e sgombrano i
centri occupati, Einaudi Stile
Libero decide di dar voce a
undici fumettisti che si sono incontrati al
CentroSocialeOccupatoAutogestito Forte
Prenestino per il Crack!, il festival indipendente di fumetti underground ormai alla XII
edizione. Ne nasce un’antologia (a cura di
Valerio Bindi e Luca Raffaelli) che sembra
una fanzine - e lo dico in senso positivo - dal
titolo La Rabbia (con font zerocalcaresca attira sguardi). Otto storie e undici artisti, tutti
nati tra il ’78 e il ’91, tutti vittime di un periodo
storico in cui non si capisce bene che è successo, che succede e che succederà.
«Vorrei cantare di tutto,/cantarlo addosso a tutti./Però non so cantare,/quindi disegno», dice Sonno, l’autore più giovane del
volume (nato nel ’91), che invece di una storia mette insieme frammenti di vita vissuta
– sofferta, non capita – dove c’è un Charlie
Brown invecchiato coi baffi che si sente alienato davanti a birre biologiche, corsi a
pagamento e droghe. Un volume non tanto
12
l
l’Unità
Venerdì, 28 Ottobre 2016
Giulio
Silvano
storie quanto di momenti di sofferenza
giornaliera esistenziale, di limiti e abitudini
lamentevoli, ma anche di assurdità contemporanee sempre sull’orlo del ridicolo,
come nella storia di Ratigher dove uno
street artist è diventato famoso piantando
paletti di frassino sul cofano dei Suv.
«La rabbia è una conseguenza nata dal
labirinto delle false possibilità», dice Laura
Nomisake nella storia Almeno un’ora in più
di Trapani/Nomisake, dove i vecchi dicono
“beata gioventù” e i giovani rispondono
“beata pensione”. «Una rabbia che avvelena chi la nutre», scrive Bambi Kramer in apertura alla sua storia che ricorda Hyeronimus Bosch e parla della gente picchiata fino
quasi a soffocare nei giorni del G8 di Genova, una rabbia «che trasforma i rivoluzionari in eterni adolescenti disinnescati o disadattati, sempre costretti a dire grazie». U
«Vivere all’estero è solo l’altra faccia della medaglia della tragedia del vivere in Italia», si lamenta un personaggio della storia
Oggetti smarriti, di Primosig e Tso, un romano che vive a Stoccolma e vuole tornare
in Italia per scrivere un’autobiografia intitolata La mia Calabria; «Sei calabrese - gli
chiedono- «No, ma sto cercando di diventarlo». E dove pure le celebrità - «Ao ma tu
sei quello dei The Pills - vivono ancora a ca-
sa dei genitori. La generazione allargatissima di tessere arci / «metto i dischi»/ «Gianni
Morandi è coprofago», di Facebook e velleità.
E poi questo imperante mito del lavoro
che crolla senza lasciare alternative. «Il curriculum è uno dei più grandi crimini contro
l’umanità» dice Hurricane prima di disegnare in L’Attesa un mondo lercio in cui i
giovani disoccupati si fanno congelare in
attesa che il mondo abbia un posto anche
per la loro professione. «Non c’è tempo per
fare niente ma dobbiamo fare tutto», dice
Giusy Noce, che ha qui sceneggiato Torrespaccata, la storia ansiogena disegnata da
Vincenzo Filosa, e di nuovo: «Spesso rifletto su quanto ci si può sentire soli e incompresi tra le persone che dicono di amarci».
Rabbia momentanea e rabbia dell’esistenza. «Perché quando il reale tu sai benissimo
come farlo diventare un terreno di scontro
ma non sai come si possa fare un progetto
che lo affronti e cambi questa realtà la tua
rabbia non si trasforma in epica, dramma e
tragedia. Resta invece nel comico e nel grottesco tutta la vita», dice Bindi nella postfazione disegnata, Prigioniera di un cinismo
disarmato.
In Così passi dalla parte del torto Zerocalcare racconta, col suo solito piglio zeppo
La
copertina
è di
Zerocalcare
11 gli
artisti,
il più
giovane è
nato nel ’91
di riferimenti pop, «l’orribile storia segreta
di quanta gente avrei voluto mena’ negli ultimi anni! (arrotondata per difetto)»; persone che su internet ti insultano senza filtri e
poi dal vivo fanno finta di niente.
(Piccola parentesi su Zerocalcare, i cui
lavori sono usciti per la Bao, l’ultimo è il reportage Kobane calling, sui ribelli curdi che
combattono lo stato islamico. Zero è ormai
riconoscibile a tutti, e che piaccia o, rimane
coerente e combattente nonostante la fandom selvaggia di cui vive, le code eterne di
ragazzine che si fanno fare il disegnino alla
Feltrinelli e l’elevazione a casa Bellonci. Bisognerebbe che fumettari e fumettisti accendessero ogni giorno un cero per ringraziarlo perché sta dando una bella spinta all’industria del fumetto. Anche mettendo la
sua facciona ovale sulla copertina de La
Rabbia).
In un fumetto tutto questo rancore accumulato riesce bene. Mostrare la rabbia graficamente aiuta a definirla: il tratto esplosivo,
la confusione, il furore, lo squallore convivono con dei testi, secchi e gergali: parolacce, insulti e domande destinate a non avere
risposte (tipo: «Dove andremo a finire?»).
Autori crudi e neo cannibali che citano Hannah Arendt, Marco Aurelio, Lucio Dalla e i
Pearl Jam.
Ma insomma, perché sono tutti arrabbiati questi giovani? Sono arrabbiati per come stanno le cose, per la maleducazione,
per la Diaz, per la guerra, per le ingiustizie,
per i pregiudizi, per il degrado, per i contratti a tempo indeterminato, per i mezzi pubblici che non funzionano, per i parenti che
muoiono, per il disagio, per le soluzioni assenti, per i soldi che controllano tutti eppure non se ne può fare a meno. Il lavoro è
schiavitù ma lo si cerca ogni momento. Il
capitalismo è nemico, ma i suoi frutti sono
fonte di sollievo temporaneo nei momenti
di sconforto. La città è cattiva e triste, eppure è casa. I social network ci fanno venire
l’ansia, ma li usiamo ogni secondo. La rabbia di queste generazioni è contraddittoria,
e proprio per questo è vera e potente, come
quella adolescenziale, d’inesprimibile incomprensione e voglia di una misteriosa libertà indefinibile. È una rabbia che diventa
malessere fisico, che diventa indifferenza,
schiaffi e deriva ideologica. Una rabbia che
è individualista e collettiva insieme. Ma più
il nemico diventa difficile da individuare e
definire, più la lotta diventa frustrante.
Quindi paura, paura che una battaglia si
trasformi in un semplice sfogo, violento e
non discriminante, verso tutti e verso se
stessi.