La differenza attraversata: immagini e corpi in transito

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La differenza attraversata: immagini e corpi in transito
La differenza attraversata: immagini e corpi
in transito
La differenza segna i confini, ma ne è anche l’attraversamento. La differenza distanzia, e tuttavia
pone in relazione. È decisamente problematico, oggi, intendere la differenza nei termini di
un’opposizione binaria fra due modi d’essere antitetici. I vari – e diversamente combinati – apporti
del post-strutturalismo, del pensiero queer, del femminismo third wave e dei movimenti
transnazionali, dei postcolonial e subaltern studies, e della cultura visuale in generale, portano a
riconsiderare la differenza piuttosto come il passaggio fra una molteplicità di posizioni interrelate e
variabili, un processo, uno strumento di connessione i cui significati variano in rapporto alle diverse
tattiche messe in atto.
Ursula Biemann, Remote
sensing, 2001, video still
In La differenza che abbiamo attraversato (Sexual Difference as a Nomadic Political Project, 1994,
trad. it. 2002), breve testo che resta ad oggi fra i più chiari e completi per comprendere il dibattito
del femminismo intorno al concetto di differenza sessuale, Rosi Braidotti delinea una cartografia
della differenza funzionale all’elaborazione di un’epistemologia nomade dalla forte componente
estetica, che attraversando le varie forme di soggettività elaborate dal pensiero femminista fino ad
oggi, mostra come il passaggio dall’una all’altra idea di differenza rappresenti vari livelli di un unico
progetto di definizione e acquisizione della soggettività femminista (essa stessa intesa come progetto
e non più come stato). Tre sono i livelli che Braidotti identifica, da intendersi non come fasi
successive di un percorso lineare, ma come stratificazioni compresenti attraverso i quali le donne, e
le femministe, hanno di volta in volta transitato. Il primo è il livello della differenza intesa come
differenza sessuale tra uomo e donna, attorno al quale si organizzano una serie di binarismi come
quello fra razionalità e corporeità, o fra trascendenza e immanenza. Il secondo livello è quello della
differenza tra donna e donna, dibattuta nell’ambito del femminismo nero, della politica della
collocazione e dei saperi situati, che oggi trovano nuova formulazione nel femminismo postcoloniale
e transnazionale: qui, la differenza sessuale si apre all’intersezione con altre differenze, come quelle
storiche, etniche, di classe, di età, di appartenenza geografica, consentendo di analizzare le
asimmetrie e le similitudini fra donne diversamente posizionate. Il terzo è il livello della differenza
interna ad ogni donna, essenza non monolitica, ma che si sviluppa nell’acquisizione di identificazioni
diverse, multipla all’interno oltre che all’esterno, soggetto insieme coscio e inconscio (a questo, in
effetti, si potrebbe aggiungere un livello ancora più sottile, nel quale le differenze non passano più
solo attraverso i corpi, che pure continuano ad esserne marcati, ma attraversano una dimensione
molecolare e non immediatamente visibile).
La differenza intesa come pratica generativa presenta una forte componente performativa, nella
quale diventa fondamentale la possibilità di figurare i posizionamenti e gli spostamenti dei soggetti
in divenire (differenti) su un piano sia materiale che simbolico. Anche l’immaginario, né pura
immaginazione, né fantasia, si configura come luogo di “transizioni e transazioni” di immagini e di
corpi, scrive Braidotti (Trasposizioni, 2008). Ecco perché, oggi, la rappresentazione della differenza
non riguarda più solamente l’identificazione (o il rifiuto dell’identificazione) con l’immagine, né
soltanto l’attraversamento identitario, ma gli spostamenti dei corpi materialmente e virtualmente in
transito nel contesto transnazionale.
Si pensi, ad esempio, al ruolo della Rete nella creazione di un immaginario nomade, come mostra ad
esempio Ursula Biemann in Remote Sensing (2001): il videosaggio dell’artista svizzera segue le
diverse traiettorie dell’industria del sesso su scala mondiale, lasciando emergere non solo le
difficoltà e le forme di controllo che limitano la mobilità delle donne, ma anche le ragioni e
possibilità che le donne diversamente collocate nella geografia mondiale hanno per ridefinire il
proprio ruolo e il proprio spazio di azione anche grazie alle nuove tecnologie. O ancora, al reimpiego
tattico degli strumenti di visualizzazione per contrastare l’invisibilità dei soggetti marginali,
normalmente esclusi o controllati dalle reti di informazione e comunicazione globali, come nel caso
del Transborder Immigrant Tool (2007-), un telefono cellulare a basso costo progettato a San Diego
dai membri dell’Eletronic Disturbance Theater (EDT): grazie all’installazione di un Virtual Hiker
Algorithm, il telefono, concepito per essere gratuitamente distribuito alle comunità locali, diventa
uno strumento di ricezione satellitare che consente ai migranti di oltrepassare il confine
messicano-statunitense orientandosi fra le diverse stazioni di rifornimento d’acque e cibo. Per i
membri dell’EDT, “trans in transborder significa l’attraversamento, ma anche la speranza e il
coraggio dell’attraversare”, la possibilità stessa della differenza, del divenire altro e altrove, anche a
costo della vita stessa.
La corrispondenza tra l’esperienza del corpo e la sua proiezione virtuale è al centro anche delle web
animazioni in 3D dell’opera E.RASE (2003) di Prema Murthy, artista americana di origini indiane che
nei suoi lavori indaga la costruzione degli stereotipi etnici e di genere nella datasfera. Il titolo di
questa serie gioca sull’assonanza fra “e-race” inteso come razza elettronica, e il verbo “ to erase”,
ovvero “cancellare”: cosa succede alle differenze etniche nel cyberspazio? È sufficiente cancellare la
presenza materiale del corpo per cancellarne provenienza e appartenenza? Murthy analizza i dati
relativi alle tendenze di consumo differenziati per etnia lungo un arco di tempo di sei settimane. I
dati raccolti vengono poi utilizzati per creare dei corpi virtuali, facendo corrispondere a ciascun dato
una parte del corpo. L’animazione tridimensionale mostra il formarsi e deformarsi dei corpi in
relazione alle fluttuazioni di mercato, creando così un legame visibile tra corporeità e flussi
immateriali.
Critical Art Ensemble,
Molecular Invasion, 2002-3
La possibilità di preservare le differenze come valore culturale condiviso e non capitalizzabile passa
anche attraverso la riflessione sulle manipolazione e la mercificazione dei corpi per gli interessi del
mercato globale. La critica al tecnobiopotere, termine con il quale Donna Haraway riformula la
nozione foucaultiana di biopotere per indicare le modificazioni genetiche legate sia alle
biotecnologie che alle tecnologie di informazione e comunicazione, è al centro del lavoro di collettivi
come subRosa e Critical Art Ensemble. Caratterizzato da una forte componente performativa, il
lavoro di entrambi i gruppi mira alla creazione di circuiti d’informazione alternativi al sistema,
finalizzati alla circolazione di un sapere che preserva la diversità – delle specie animali come di
quelle vegetali (CAE, Molecular Invasion, 2002-3; subRosa, Cell Track, 2004-5) – intesa come
patrimonio comune dell’umanità piuttosto che come valore di mercato.
Federica Timeto
D’ARS year 49/nr 199/autumn 2009