I Verdi e il coraggio di un sì
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I Verdi e il coraggio di un sì
Speciale Livorno Organo ufficiale d’informazione della Federazione dei Verdi Anno III - n.216 mercoledì 7 novembre 2007 Sped. in Abb. Post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 1 DCB - Roma • Direttore resp.: Enrico Fontana • Comitato edit.: Roberto Poletti, Giuseppe Trepiccione, Gianpaolo Silvestri (inserto Mappe) • Caporedattore: Valerio Ceva Grimaldi • Editore: undicidue srl, via R. Fiore, 8 Roma Stampa: Rotopress, via E. Ortolani, 33 - Roma • Reg. Trib. di Roma n. 34 del 7/2/2005 • Redazione: via A. Salandra, 6 - 00187 Roma - tel. 0642030616 - fax 0642004600 - [email protected] • Stampato su carta ecologica • La testata fruisce dei contributi di cui alla legge 7 agosto 1990 n. 250 Livorno, provincia ecosostenibile L’azione politica dei Verdi per la salvaguardia e la valorizzazione sostenibile del territorio provinciale Il sì all’accordo Bagnoli per una nuova portualità e per il rilancio delle autostrade del mare; l’opposizione ai rigassificatori per uno sviluppo delle fonti rinnovabili; contro i Regolamenti urbanistici che distruggono il territorio e l’identità storica delle nostre città, per ambienti urbani con più verde, liberi dal traffico e riqualificati. Per dire basta alle devastazioni delle grandi industrie, e per sviluppare il turismo di qualità e l’agricoltura biologica. In questo numero di Notizie Verdi Livorno, comune per comune, l’azione politica dei Verdi per la salvaguardia e la valorizzazione sostenibile del territorio provinciale I Verdi e il coraggio di un sì Le azioni, le battaglie e le proposte dei Verdi di Piombino, con uno sguardo al futuro “Portare il mare a Firenze” Intervista a Mario Lupi, capogruppo dei Verdi al consiglio regionale della Toscana 2 Domande e risposte per capire l’accordo BagnoliPiombino 4 C he momento, questo, per il nostro piccolo e coraggioso partito! Un momento - forse - singolare, ma anche molto, molto significativo. Abbiamo sempre condotto le nostre battaglie, con coerenza e caparbietà, in città e nel consiglio comunale, e continuiamo con la solita costanza ad impegnarci nelle grandi questioni vecchie e nuove. Vogliamo ricordarcele le nostre battaglie ? Con soddisfazione e con orgoglio siamo noi che abbiamo impedito la vendita dell’ex Ipsia e ottenuto la sua ristrutturazione per usi collettivi (la biblioteca!). Siamo noi che abbiamo contestato e bloccato il passaggio di ulteriori 33 ettari di terreno all’industria e ci siamo battuti per mantenere la spiaggia di Pontedoro contro la sciagurata ipotesi del distretto nautico in Bocca di Cornia. E siamo sempre noi quelli al primo posto nella lotta per una industria che non faccia più polveri, puzzi, emissioni e - soprattutto – morti. Siamo proprio noi, i Verdi della Val di Cornia ad opporci con forza all’orrenda prospettiva della strada Fiorentina Salivoli che, periodicamente (come i fantasmi e i brutti sogni) ritorna. E poi il grande lavoro sul Piano Strutturale nel quale abbiamo introdotto elementi di tutela LIVORNO sulla risorsa Acqua, di valorizzazione dell’Agricoltura, di recupero urbanistico sostenibile delle Aree Critiche della città, Centrale col titolo “Patto per il clima, un Patto per la Val di Cornia” che ha visto la partecipazione dei rappresentanti Noi Verdi a Piombino siamo ancora gli stessi di quando ci siamo proposti nel 2004: persone che hanno messo a disposizione gratuitamente buona volontà, preparazione, risorse, energie, ma soprattutto il proprio TEMPO. Così è per ognuno di noi e tutti offrono il loro contributo con la generosità che si trova solo quando grandi ideali ed elevati obiettivi prendono il cuore delle persone di pianificazione innovativa delle Aree Industriali per allentare la morsa della fabbrica sulla città, e molto, molto altro. Pur essendo forza di opposizione, abbiamo sempre voluto tenere un atteggiamento costruttivo, concretizzando opinioni e proposte - cercando di persuadere e non di mettere zizzania – attenti ai bisogni di questa città e di chi ci vive e ci lavora. E rimanendo all’opposizione conserviamo la capacità di vedere cosa serve a Piombino e il rigore di affermarlo, acquisendo ovviamente tutti i dati necessari per ogni e qualsivoglia verifica o confronto. In quest’ottica abbiamo organizzato, primi in Toscana, quel bell’incontro al 4 Un requiem per l’Odeon ed il centro cittadino nazionali dei sindacati, delle categorie economiche locali, degli altri partiti e, naturalmente, dei Piombinesi. E tutti, in quella sede, hanno riconosciuto che non c’è più tempo da perdere, che non si può più fare a meno del risparmio energetico e delle energie rinnovabili, della riduzione delle emissioni, della tutela dell’acqua - bene comune e inalienabile – così come delle autostrade del mare e del rilancio della ferrovia. Tutto questo è e sarà sempre nel nostro DNA. Come senz’altro saprete, il 4 e 5 maggio scorso si è tenuto a Genova un convegno nazionale, “Ecologia è Economia”, nel quale si è dato vita al Patto per il Clima; da questa impor- tante occasione nasce l’orientamento attuale dei Verdi che è quello di porre con forza l’esigenza di cambiare radicalmente l’economia del nostro paese, mettendo al centro gli investimenti innovativi e l ricerca applicata alla protezione dai cambiamenti climatici e alla riduzione degli stessi. È sufficientemente chiaro a tutti noi quanti nuovi percorsi di studio e quanti nuovi lavori ci possono essere, per i nostri figli, nel campo dell’ecologia? Di quella stessa ecologia che ieri veniva considerata un costo e oggi una risorsa strategica. Perché dobbiamo continuare a produrre per un consumo superfluo e miope e non per creare strumenti per vivere meglio? Pannelli solari e pale eoliche, ovviamente, ma anche case ad alta efficienza energetica, veicoli a bassissimo impatto ambientale, città a misura d’uomo per lavorare, vivere e socializzare. O metodi per coltivare frutta e verdura senza prodotti chimici nocivi e senza il ricorso agli odiosi OGM. O magari cantieri per rimettere in sicurezza le nostre colline - che franano se appena piove un po’ di più - o il letto dei nostri fiumi che continuano ad inondare un territorio ormai totalmente asfaltato e cementificato. continua a pagina 3 QUI PROVINCIA DI LIVORNO 7 Le notizie dalle altre città della Provincia di Livorno L’Editoriale Dopo il primo numero del febbraio di quest’anno, calibrato sul Comune capoluogo, così come annunciato il N. 2 di Notizie Verdi Livorno esce su “scala provinciale”. Sul territorio livornese, in questo periodo, sono successe molte cose, anche internamente al nostro partito. È stata eletta una nuova segreteria provinciale, della quale sono co-presidenti Angiolo Naldi e Lorena Marzini. Si è ulteriormente intensificata l’attività politica nelle varie realtà comunali, anche relativamente a questioni (quali quella dei cosiddetti “fanghi di Bagnoli”, alla quale questo numero dà rilevanza) di notevole spessore politico. Restano aperte le grandi questioni legate alla produzione energetica, per le quali rimane alla ribalta il problema dei rigassificatori, che vede i Verdi attestati su posizioni di netta contrarietà. Resta ancora da definire la realizzazione, formalizzando piani ed enti di gestione, del Sistema dei Parchi della Provincia. Queste, come altre le cogenti questioni. E con questo numero 2 si è cercato di fare il punto, per molti dei nostri comuni, con articoli che evidenziano il nostro impegno, con la nostra presenza fuori e dentro le istituzioni. Sia la Segreteria provinciale che molte delle segreterie comunali (almeno quelle delle dei comuni maggiori) sono impegnate a vario titolo nei cosiddetti “Cantieri della sinistra”. Al momento è presto per fare il punto della situazione, per un percorso che sembra destinato a seguire direzioni diverse a seconda delle diverse realtà, dei diversi rapporti esistenti tra la nostra forza politica e gli altri partiti che si riferiscono alla sinistra. Certo è che seguiremo ovunque e con attenzione, i processi che si sono avviati con la costituente del Partito democratico, ferma restando però la convinzione nel mantenere integra la nostra identità politica, la nostra storia, rifiutando, da subito, qualsiasi proposta di confederazione o, peggio ancora, di “partito unico della sinistra”, confermando invece la nostra massima disponibilità ad “alleanze arcobaleno”, così come le ha definite Pecoraro Scanio. 2 M ario, la tua campagna elettorale era improntata sullo slogan “portare il mare a Firenze”. A due anni dalla tua elezione, quanto pensi ti sia riuscito realizzare di quanto ti eri riproposto per attuare questa tua idea? Quali azioni politiche puoi enunciare a suffragio di eventuali risultati raggiunti? Posso dire che a livello di piani e programmi approvati è stato inserito su nostra proposta il Mare e le Nostre Isole dell’Arcipelago Toscano nel P.R.S. (Piano Regionale di Sviluppo), documento fondamentale del Programma della R.T. dove purtroppo emergeva solo la “montagna” e “la Toscana delle città”; nel P.I.T. (Piano di Indirizzo Territoriale) abbiamo voluto inserito il Mare e Insularità quale “invariante strutturale” del piano stesso. Inoltre il Mare e le Isole sono state e sono al centro delle nostre proposte: dalla portualità all’erosione costiera, alla biodiversità marina fino alla Posidonia, ai trasporti e cabotaggio, al Parco Nazionale dell’Arcipelago, al turismo, balneazione, pesca ecc…oggetto di proposte, mozioni, interrogazioni ed interventi vari. Portare il Mare a Firenze ha significato e significa portare alla discussione del Consiglio Regionale una questione, un tema che troppo spesso non trova la giusta considerazione e peso che per noi merita. I rapporti con il presidente Martini risultano sempre più difficili. Almeno, questo è quanto un osservatore esterno può comprendere. Pensi che questo atteggiamento faccia parte, diciamo così, della normale prassi della politica, o la reciproca diffidenza che pare accrescersi, potrebbe compromettere definitivamente il rapporto con l’attuale maggioranza di governo regionale? In effetti i rapporti con il presidente Martini non sono facili, fluidi e costanti come potevo pensare ed immaginare all’inizio della mia esperienza in Consiglio. Ciò può essere comprensibile e normale visti gli impegni pressanti che il presidente ha con i livelli governativi a vari livelli. Questa scarsa comunicazione non compromette i rapporti di maggioranza, ma sinceramente avrei auspicato un più stretto legame ed un rapporto più frequente; il ruolo del “comandante” è sempre importante su una nave come la Regione, ed una presenza attiva riuscirebbe a monitorare e mantenere sempre la “rotta” e renderebbe l’equipaggio più solidale, più solido, più “squadra”. Forse questo è mancato. Il percorso costitutivo del Pd, ormai giunto alla fase conclusiva, al di là di ogni giudizio sulla metodologia adottata, ha sicuramente rivoluzionato le relazioni tra le “forze costituenti” e “tutto ciò che sta a sinistra” del Pd stesso. Verdi compresi. Quanto sta pesando questa attuale realtà, a livello istituzionale, nel rapporto tra le forze di maggioranza? C’è sicuramente un fatto positivo. Si è allargata la maggioranza e si è di fatto creata quell’area “Arcobaleno” dove ognuno nella sua diversità trova momenti di sintesi comuni su tematiche come Acqua, Energia, precarietà, ambiente ecc..; questo significa avere più peso all’interno della maggioranza stessa, specie dopo la costituzione del gruppo unico del P.D.. Le nostre radici e la nostra storia è diversa da quella degli amici e compagni comunisti. Noi apparteniamo alla famiglia ambientalista dei Verdi, non solo Speciale Livorno “Portare il mare a Firenze” Intervista a Mario Lupi, capogruppo dei Verdi al consiglio regionale della Toscana europei ma internazionale. Adozione di fonti energetiche rinnovabili; politiche per le aree protette e per la sostenibilità dello sviluppo; agricoltura di qualità. Questi, alcuni dei cavalli di battaglia, di razza, dei Verdi, concordati nel programma di governo della Giunta Martini. Tra queste tematiche, quali pensi che, ad oggi, sia stata più sviluppata e quale, invece, registri un ritardo nelle sue politiche di attuazione? Un intervento sicuramente di rilievo è la partita delle energie alternative sulla quale continuiamo la nostra battaglia per la semplificazione degli iter burocratici, per l’applicabilità, per rivedere il rapporto tra Regione Toscana ed ENEL, specie sulla questione geotermia. Per l’agricoltura, pur apprezzando il lavoro dell’assessorato all’agricoltura specie sulla “filiera corta”, rileviamo l’opportunità e la necessità di spingere ancora sul “biologico” e la nostra odierna battaglia è per cercare di evitare erronee interpretazioni ed applicazioni a soluzioni positive come le biomasse da filiera corta, con improbabili e pessime soluzioni etico-ambientali come l’utilizzo di olii di palma e di cocco, proposte che, pur arrivando copiose sui tavoli delle P.P. Amm. ni, sono per noi Verdi irricevibili. I Verdi sono in prima linea nel richiedere la discussione ed approvazione del P.I.E.R. (Piano di Indirizzo Energetico Regionale) e regolamenti attuativi. Pensi che con Marco Betti, nuovo assessore in sostituzione di Artusa, il Gruppo regionale dei Verdi per la pace sia in grado di maggiore operatività? In altre parole, che sia possibile ottenere maggiori risultati per una politica più ambientale della RT? Non è nel mio stile giudicare e dare i voti. Con Marco Betti c’è un lungo rapporto di reciproca conoscenza, stima e amicizia, e questo non guasta. Ritengo che Marco stia cercando di svolgere al meglio l’incarico assegnatogli (è partito con l’handicap di metà legislatura), ed una cosa è certa: il dialogo, la presenza, la disponibilità con il partito, con il gruppo, con il territorio è costante e presente. Oggi sta a tutti noi dargli una mano ed aiutarlo; è entrato in Giunta come dice lui “con la valigia in mano”, con spirito di servizio e come primo tra i pari, uomo di una squadra. Cose, queste, che nei Verdi, ad alto livello, sono sempre state difficili. I Verdi non hanno, a differenza dei politici della “casta”, né apparati, né professionisti della politica, ed oggi sono riusciti a creare una organizzazione a filiera, semplice ma funzionale ed i rapporti Partito-Gruppo-AssessoratoFederazioni Provinciali e Partito Nazionale, sono positivi, veloci e proficui. Quanto ti impegna questo incarico? Riesci comunque ad aver spazi che ritieni sufficienti per la tua vita privata, o sei costretto a sacrificare momenti ai quali tieni in modo particolare? un breve PROFILO politico Nato a Livorno, città dove risiede, il 4 giugno 1951, è laureato in scienze politiche. è funzionario del Comune di Livorno e responsabile dell’Ufficio coordinamento centro servizi. Per i Verdi ha ricoperto le seguenti cariche: Segretario provinciale dei Verdi di Livorno Consigliere alla Provincia di Livorno Assessore alla Provincia di Livorno Segretario regionale dei Verdi della Toscana Consigliere capogruppo dei Verdi della Regione Toscana Alle consultazioni elettorali del 3 – 4 aprile 2005 è eletto consigliere regionale nella circoscrizione di Firenze nella lista “Verdi per la pace”. è membro della Sesta Commissione - Territorio e Ambiente e della Commissione speciale Lavoro. è delegato della Regione Toscana nell’Ufficio di Presidenza dell’A.E.V.F. per la via Francigena. Aderisce al gruppo “VERDI per l’Unione” di cui è presidente. [email protected] Mi ritengo fortunato a ricoprire questo incarico che ho cercato di svolgere fin dal primo momento con umiltà, spirito di servizio e gratitudine verso i Verdi Toscani che mi hanno dato questa opportunità e che devo degnamente rappresentare in Consiglio Regionale. Il ritmo che in genere teniamo sia io che Fabio che Marco è estremamente intenso, affaticante. Si predica e si lavora per la qualità della vita, per le discipline naturali, per i cibi biologici e per la slow-life e poi mangiamo frettolosamente (ieri panino, oggi panino) e siamo sempre a rischio di stress, ma sappiamo che è una esperienza unica e lavoriamo come ragazzini, con lo spirito di chi vuol cambiare il mondo….questo è bello! Sono comunque certo che se non avessimo la condivisione e l’appoggio delle nostre persone care, dei nostri amici, dei nostri PROFESSIONI VERDI verdi, non potremmo farcela. So che hai un rapporto stretto col nostro presidente nazionale. Il che mi fa approfittare per una domanda “difficile”. Quali particolari pregi, ma anche quali difetti riconosci nel Pecoraro Ministro e nel Pecoraro presidente nazionale del partito? Con Alfonso ci sentiamo spesso, più spesso la sera, in orari assurdi viste le fitte agende di un segretario nazionale e Ministro. Mi sento spesso anche con i suoi collaboratori. A volte ci scambiamo sms, a volte ci vediamo a Roma in occasione di incontri di partito, iniziative o al Ministero per scambiarci opinioni su questioni che riguardano tematiche regionali. Alfonso è un iperattivo, non penso abbia una vita privata… Ricordo, e con me pochi amici e compagni di Piombino non possono dimenticare…quel Pecoraro Scanio che tra l’inaugurazione della più grande centrale a pannelli solari della Coop di Vignale ed il tavolo sul mare ed erosione costiera di Cecina, si spoglia dei panni del Ministro, del Segretario Nazionale, ed anziché mangiare si fa un bagno nello splendide acque di Baratti. Alla domanda se sia più gratificante fare il ministro o il segretario dei Verdi, la risposta è stata: “la seconda che hai detto”. Il prossimo anno si farà un grande Congresso, la volontà è quella di aprire sempre di più il nostro partito, alla società, alla gente, alle energie positive – anche economiche – della piccola e media impresa, del commercio, degli artigiani, degli agricoltori, dei sindacati e della società civile ecc…Adesso lavoriamo per questo, per crescere, convinti che le nostre idee, le nostre proposte, sono quelle veramente sostenibili, rappresentano il nuovo, rappresentano il futuro, rappresentano una risposta per i nostri figli, per le generazioni future. a cura di Mariella Ugolini Spazio alle professioni verdi Arch. Giovanni Giusti: Il Parco Provinciale dei Monti Livornesi. Un’occasione di sviluppo compatibile per il territorio A rchitetto Giusti, lei si è laureato in architettura con indirizzo urbanistico. Di che cosa si tratta? L’indirizzo urbanistico è un settore dell’architettura che si occupa di tutto quello che attiene alla pianificazione del territorio, attraverso la predisposizione di normative, l’individuazione di aree destinate a particolari funzioni, la progettazione di tracciati infrastrutturali e così via. Vogliamo testimoniare l’attività di chi, impegnato nel settore della gestione del territorio, opera in base al principio dell’utilizzo sostenibile delle sue risorse nel rispetto dell’ambiente Quali sono state le esperienze più significative della sua carriera? Ho avuto la fortuna di cominciare a lavorare, appena laureato, in uno studio professionale in cui si facevano lavori di urbanistica a livello elevato. Anche se ho iniziato una attività in proprio, continuo a avere un rapporto di collaborazione progettuale molto positivo, sia dal punto di vista formativo professionale, che dal punto di vista umano. A questi anni di cooperazione appartengono alcune fra le tappe più interessanti della mia esperienza: il nuovo piano regolatore del comune di San Giuliano Terme, il Piano del Parco Provinciale dei Monti Livornesi, e tutta una serie di altre esperienze su altri comuni, sia a livello di pianificazione urbanistica che di progettazione architettonica, che di interventi di restauro. Il Piano del Parco Provinciale dei Monti Livornesi è stato molto apprezzato da coloro che hanno avuto modo di esaminarlo occupandosi di gestione del territorio e in particolare di aree protette. Quali sono gli aspetti che, secondo lei, sono risultati i più interessanti? Credo che la cosa che interessi di più è che il Piano non sia semplicemente una individuazione di aree da vincolare o di discipline specifiche sulla questione delle componenti naturalistiche, ma una serie di stimoli, di indicazioni, di progetti, che messi insieme in rete, cioè facendoli interagire fra di loro, danno l’opportunità, a chi li voglia attivare, di farlo vivere. Abbiamo pensato il Parco nei termini di un territorio che ha degli accessi, una viabilità che lo attraversa, dei servizi che lo strutturano e lo rendono fruibile, tutte indicazioni dei rapporti dinamici, degli scambi esistenti fra il territorio dentro il Parco e il territorio fuori del Parco. Il Parco non è semplicemente un’area recintata all’interno della quale si può entrare o non si può entrare, si può far questo o quest’altro, bensì un insieme di progetti, di potenzialità che sono sul territorio tutto, e consente di direzionare l’idea di sviluppo di questo territorio verso quella che è la sua vocazione, che non è quella di utilizzare il bosco tagliandolo, di fare agricoltura residuale con le forme di degrado e di marginalità che conosciamo, di utilizzarlo come parco di riserva per poterci costruire o poter localizzare cave, o discariche, o quant’altro. È un modo di pensare alla valorizzazione di una risorsa che può avere effetti molto positivi e può essere di stimolo anche nei confronti delle comunità o degli insediamenti urbani che ci stanno intorno. Attualmente è coinvolto in altri progetti ad alto livello, legati ad una fruizione sostenibile delle risorse di un territorio? Sono coinvolto da alcuni mesi in un gruppo interdisciplinare di lavoro, coordinato dall’università di Venezia, impegnato in un bel progetto di restauro di un sito archeologico a Shayzar, in Siria, una fortificazione medievale. Oggi è un affascinante rudere di castello, che però non è visitabile se non a proprio rischio e pericolo, dato lo stato di totale abbandono. Noi vogliamo non solo consolidare, mettere in sicurezza e preservare quello che c’è da ulteriore degrado, ma anche allestire un’area che, nel pieno rispetto di quelle che sono le emergenze e i beni archeologici, mantenendo e non alterando l’identità del sito, consenta la visibilità da parte di chiunque, facendo entrare questa cittadina della Siria centrale in un circuito turistico in modo che un po’ di questa relativa ricchezza che il turismo porta, la si possa portare anche a loro. Abbiamo già fatto due viaggi per prendere conoscenza del sito e effettuare i primi rilievi, ora stiamo lavorando alla prima ipotesi preliminare di intervento, speriamo di trovare le risorse per vedere realizzato questo intervento quanto prima. 3 Speciale Livorno I Verdi e Bagnoli-Piombino “Ci siamo seduti dalla parte del torto perché tutti i posti della ragione erano occupati” (Bertolt Brecht) I l dibattito che si è acceso in città in merito all’ipotesi di accordo Piombino-Bagnoli ha fatto emergere preoccupanti segnali di intolleranza verbale nei confronti della città di Napoli. La “napoletanità” è stata da subito associata a concetti quali inefficienza, incapacità, malafede e quant’altro si possa immaginare tra gli stereotipi più diffusi che identificano nei meridionali le caratteristiche negative del nostro Paese. Un dibattito in cui, pubblicamente, ci si sia serviti, per definire i napoletani, di frasi quali “gente insulsa ed inetta” fa rifletterere sull’effettiva civiltà con cui deve procedere il confronto e la partecipazione su temi complessi come questi. Non sappiamo se questi siano stati atteggiamenti puramente strumentali per “condire” il dibattito e per suscitare ulteriore avversione a tutto ciò che proveniva da Napoli, oppure se ciò è davvero un primo segnale di qualcosa che sta cambiando, in negativo, nella città di Piombino. Certo questa deve essere l’occasione per avviare un’analisi più profonda dei mutamenti a livello sociale di una comunità che si è sempre ritenuta immune a certe derive di intolleranza. Il balletto dell’informazione Se c’è una lezione che possiamo trarre da questo dibattito è sicuramente quella che ci insegna quanto siano essenziali gli strumenti della partecipazione e dell’informazione per dare a tutti i cittadini i mezzi per interpretare le grandi questioni del proprio territorio. Il dibattito sull’Accordo Piombino-Bagnoli ha sofferto della carenza di entrambe. Se per lo scadente processo partecipativo a cui abbiamo assistito possiamo individuare nelle istituzioni, nel loro complesso, la principale componente a cui sono assegnate responsabilità in tal senso, altrettanto non si può dire per l’informazione. L’informazione, lo sappiamo bene, sta alla base del processo partecipativo. Siamo convinti che la circolazione delle informazioni sul territorio non sia stata esente, e forse non lo è tuttora, da lacune ed omissioni. Di questo, anche i media, non sono immuni da responsabilità. Un esempio eclatante è il seguente. La base di tutte le preoccupazioni emerse tra i cittadini è quella riguardante, ovviamente, la natura dei materiali da trasferire a Piombino. Pericolosi o non pericolosi, nocivi o non nocivi, le perplessità erano legittime. Se per i Verdi è risultato chiaro, dall’attenta lettura dei documenti tecnici allegati all’Accordo, la non pericolosità dei materiali lo stesso non è avvenuto tra i cittadini. Ha destato stupore l’utilizzo strumentale di uno studio del prof. De Vivo dell’Università di Napoli al quale si attribuiva la dimostrazione scientifica della pericolosità e nocivi- tà dei materiali in misura tale da non poter essere utilizzati per gli scopi prefissati. Ciò che ci allarma non è tanto il polverone mediatico che si è costruito attorno ad una errata lettura di uno studio scientifico, ma l’occultamento di un documento (visibile su www.verdivaldicornia. it) di chiarimento dello stesso professore che, datato nel lontano 10 settembre, dichiara testualmente: “il trasferimento dello stesso con grande trasparenza, rispetto delle norme e con le massime garanzie per i cittadini e l’ambiente. Per questo, sara’ coinvolto anche il Comando dei carabinieri per la Tutela dell’Ambiente’’. Lo ha detto il ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare Alfonso Pecoraro Scanio. ‘’Inoltre - ha aggiunto - stiamo operando per accogliere le indicazioni che ci giungeranno da tutti i soggetti interessati per raggiungere Alfonso Pecoraro Scanio: “Lavoriamo con la massima attenzione affinche’ tutte le iniziative legate al progetto di trasferimento dei materiali derivanti dalla colmata di Napoli Bagnoli alle vasche di Piombino siano effettuate con grande trasparenza, rispetto delle norme e con le massime garanzie per i cittadini e l’ambiente. Per questo, sara’ coinvolto anche il Comando dei carabinieri per la Tutela dell’Ambiente’’ materiale di colmata, da Bagnoli a Piombino, è del tutto legittimo, sia in base alla precedente normativa (DM 471/99) che l’attuale normativa (Dlg 152/2006) “ in parole povere le concentrazioni di IPA e metalli pesanti contenuti in questo materiale sono idonei ad un riutilizzo dello stesso materiale a fine industriale e commerciale. Rendere pubblica questa dichiarazione sgombrerebbe definitivamente il campo delle discussioni da tutto quell’insieme di legittime preoccupazioni e artificiose mistificazioni che non aiutano certo un dibattito che dovrebbe essere serio e trasparente. Soprattutto si metterebbe la parola fine agli allarmi di imminenti “catastrofi ambientali” che si accompagnerebbero all’Accordo Piombino-Bagnoli. Perchè ciò non accade ? Pecoraro: “Lavoriamo accogliendo le indicazioni di tutti i soggetti interessati” ‘’Lavoriamo con la massima attenzione affinche’ tutte le iniziative legate al progetto di trasferimento dei materiali derivanti dalla colmata di Napoli Bagnoli alle vasche di Piombino siano effettuate questo obiettivo. Insomma, la positiva collaborazione tra i due siti di interesse nazionale del programma bonifiche del Ministero consentira’ l’avvio di opere attese e con evidenti e reciproci vantaggi’’. Il ministero dell’Ambiente sottolinea che, grazie alla positiva collaborazione tra enti locali e tra autorita’ portuali di Napoli e Piombino, il progetto potra’ dare il via a importanti opere di bonifica per le due citta’. A titolo di esempio si ricorda, per Piombino, il dragaggio dei fondali inquinati e il marginamento delle banchine. Il progetto consentira’ di velocizzare, con l’ottimale utilizzo delle risorse, anche la realizzazione o il completamento delle opere di sviluppo portuale e viarie del territorio. Inoltre, questo progetto sara’ un modello utile ad agevolare altre opere di bonifica di aree industriali. Quanto alla sicurezza, il Ministero dell’Ambiente ricorda che il progetto di trasferimento riguardera’ esclusivamente i materiali di colmata e i sedimenti non pericolosi. E il progetto esclude ogni attivita’ di lavaggio, stoccaggio o trattamento a Piombino L’enigma della discarica abusiva della Lucchini Si è parlato molto del problema della discarica abusiva della Lucchini , recentemente sequestrata dalla magistratura e per la quale è stata erogata una multa di 52 milioni di euro all’azienda. Si è tornati a parlare di questo in relazione all’Accordo Piombino-Bagnoli. Infatti è stato proposto che, invece di ricevere i materiali da Bagnoli da immettere nelle vasche portuali di Piombino, si sarebbero potuti utilizzare, per le stesse finalità, i rifiuti siderurgici presenti nella discarica abusiva. Premettiamo che la discarica sequestrata è un illecito compiuto da un soggetto privato su un terreno dello Stato per cui deve valere il principio che “chi inquina paga” e quindi lo Stato non può accollarsi un onere non suo. Certo, la funzione delle istituzioni deve essere quella di facilitare la bonifica anche di quell’area, ma ci sono aspetti tutti da chiarire prima di sposare ciecamente una soluzione così complessa. Secondo noi, allo stato attuale, è da irresponsabili sostenere che tale operazione sia sicuramente possibile. Ciò perché sussistono problematiche ambientali, questa volta davvero rilevanti per il territorio e la salute, tutt’altro che risolte. Infatti non è ancora disponibile la caratterizzazione dell’area della discarica. Questo vuol dire che non sappiamo esattamente la tipologia di materiale stoccato e per questo è impossibile dire che sicuramente avrà livelli di inquinamento tali da poter essere conferito nelle vasche del porto. Inoltre, non si ha conoscenza dei quantitativi, se idonei, che potrebbero rendersi disponibili ad un riuso di questo tipo. Serietà, responsabilità e rigore scientifico vorrebbero quindi che non si usasse questo argomento come soluzione alternativa all’Accordo Piombino-Bagnoli. Sappiamo invece, con certezza documentale, che anche al termine del conferimento dei materiali di Bagnoli rimarranno ingenti volumi vuoti da riempire all’interno delle vasche di colmata del Porto di Piombino. Quindi non c’è conflitto tra necessità di bonificare l’area della discarica e necessità di riempire le vasche per l’ampliamento del porto. CONTINUA Dalla prima I Verdi e il coraggio di un sì Anche per Piombino questa consapevolezza deve diventare la bussola del governo locale che, se vorrà inseguire lo sviluppo a tutti i costi, finirà per distruggere le coste, il territorio, l’acqua, l’aria e la stessa salute dei suoi abitanti Qualche tempo fa abbiamo portato a Piombino una grande azienda danese che voleva impiantare una fabbrica per produrre pale eoliche. A fronte di 300 nuovi occupati, la ditta chiedeva spazi sulle banchine portuali e un valido collegamento stradale tra il porto e la superstrada. Non essendoci queste condizioni l’azienda ha cercato altri lidi e l’occasione è sfumata. Possiamo continuare a farci scappare la possibilità di creare una alternativa alla sola grande e problematica industria che abbiamo? Quanto dobbiamo aspettare perché il porto sia completato e venga finalmente proposto come uno dei caselli delle autostrade del mare? Quanto dobbiamo aspettare per avere una 398 per il porto che allontani il fiume di auto, camion ed inquinamento dalla nostre case? Pensiamo forse che l’unica occasione economica e lavorativa per i nostri figli sia nell’industria siderurgica e nel turismo? E quando avremo ricoperto di ombrelloni le nostre coste e di seconde e terze case il promontorio, cosa resterà delle nostre spiagge e delle nostre colline? Ecco perché non ci siamo schierati contro quell’accordo Piombino-Bagnoli, di cui tanto oggi si discute in città. Sgombrato il campo da ogni allarme di tipo ambientale - grazie anche alle modifiche, integrazioni e garanzie che proprio noi Verdi abbiamo fatto introdurre rispetto alla qualità dei materiali e alla gestione delle operazioni - vorremmo fare di questo progetto, un’occasione davvero importante per il cambiamento necessario della nostra città. Un’occasione nell’occasione: facciamo su questo progetto un dibattito pubblico come si deve e come, forse, non si è mai visto e che si parli – davvero del futuro che vogliamo per Piombino e per tutto il nostro territorio. Noi Verdi a Piombino siamo ancora gli stessi di quando ci siamo proposti nel 2004: persone che hanno messo a disposizione gratuitamente buona volontà, preparazione, risorse, energie, ma soprattutto il proprio TEMPO. Siamo sempre troppo pochi per realizzare tutte le iniziative che vorremmo, rubiamo le ore per la politica al lavoro e alle nostre famiglie. Così è per ognuno di noi e tutti offrono il loro contributo con la generosità che si trova solo quando grandi ideali ed elevati obiettivi prendono il cuore delle persone. Più siamo più contiamo. Un patto perché Piombino cambi davvero. Accordo “in progress” Uno degli aspetti su cui in città si sono date letture controverse è quello della graduale modificazione dell’Accordo Piombino-Bagnoli a partire dalla prima stesura resa pubblica all’inizio dell’estate appena trascorsa. Riteniamo sia stato molto positivo che il Ministero si sia messo a disposizione della comunità locale, Amministrazione e cittadini, per favorire la creazione di un documento condiviso in cui fossero recepite le indicazioni del territorio. I Verdi in questa fase hanno giocato una parte fondamentale producendo un’enorme quantità di proposte migliorative che già sono state accolte e che speriamo vengano accolte in toto nella stesura finale dell’Accordo che ancora stiamo aspettando. Certo non possiamo ignorare che, da parte del Sindaco e dell’Autorità Portuale, c’è stato un grave ritardo nel mettere in atto un procedimento partecipativo sulla questione. Ma la politica non è stata a guardare ed in questo caso è stata decisiva nel rallentare un iter che è apparso sin troppo affrettato. Il positivo slittamento dei tempi, su cui hanno inciso sia l’ordine del giorno presentato dalle forze del Patto di Consultazione a metà Luglio prima, sia la successiva imponente partecipazione dei cittadini poi, sono state fondamentali per un dibattito sul merito della questione. Tuttavia, la scrittura “in progress” dell’accordo, capace di modificarsi accogliendo e risolvendo gli aspetti più controversi in tema di sicurezza ambientale, ha portato nel tempo a far decadere molti dei temi dibattuti. Bisogna superare la radicalizzazione del dibattito nella città e nel territorio soprattutto su questioni abbondantemente superate quali ad esempio la natura dei materiali. E’ tempo di uscire da una situazione cristallizzata che non favorisce in alcun modo la “causa “ ambientale di un territorio, come quello di Piombino, in cui non è più sostenibile ogni ritardo nelle bonifiche. 4 Speciale Livorno QUI LIVORNO/1 Via Magenta, la nuova strada doveva essere più verde Nell’aprile 2005 il Consiglio Comune approvò l’istallazione di nuove alberature e la sostituzione di piante abbattute e non reintegrate «quando si rifanno le strade, le piazze e i parchi pubblici». I Verdi hanno rilevato che questa indicazione non è stata attuata ed hanno scelto come esempio via Magenta. “Via Magenta _ afferma Marcello Allegri, portavoce dei Verdi _ è la testimonianza della negazione di quanto deciso dal Consiglio. Non c’è un albero! Come mai con la ristrutturazione della strada e dei marciapiedi non si è provveduto ad attuare quanto previsto dal Consiglio Comunale?”. “E’ stato chiesto al Sindaco _ sostiene Gabriele Volpi, capogruppo dei Verdi in Consiglio Comunale _ di riferire sullo stato delle disposizioni che il Consiglio ha dato alla Giunta in questi anni. Ma ad oggi non ci è stata data risposta. L’impressione è il Consiglio venga quasi o del tutto ignorato”. “Sembra _ continua Allegri _ che il Consiglio Comunale non conti nulla e che la Giunta ignori sistematicamente quello che il Consiglio decide. In via Magenta gli alberi avrebbero avuto oltre che una funzione di abbellimento anche il compito di rendere più fresco e accogliente l’ambiente”. “La legge regionale n.1/05 _ aggiunge Volpi _ dice espressamente che i Comuni devono promuovere l’incremento delle dotazioni del verde urbano ed orientare lo sviluppo degli insediamenti alla realizzazione di una dotazione di verde equivalente capace di compensare le emissioni di gas all’interno dell’area urbana. A Livorno questo ancora non sembra avvenire. In via Magenta senza alberi d’estate si cuoce sotto il solleone”. I Verdi hanno pubblicato sul sito www.verdilivorno.it le foto di come sarebbe via Magenta alberata.”La piantumazione di alberature in città _ afferma Luciano Chirici, dell’Associazione Italiana Città Ciclabili _ contribuirebbe anche al recupero ambientale e a creare vere e proprie architetture. Il piano del traffico, approvato dal Consiglio Comunale, prevedeva di creare il sistema pedonale «Magenta Goldoni» tra il teatro Goldoni e la piazza Magenta, alberata. Se fosse stata fatta, avremmo avuto un’area verde e pedonale di circa diecimila metri quadrati, una delle più ampie d’Italia”. I verdi ricordano che questa previsione è stata sostituita dalla scorsa Giunta da un passaggio di mezzi pubblici di tutti i tipi. Circa 700 transiti al giorno nei due sensi. “Sarebbe stato opportuno _ conclude Gina Truglio, portavoce dei Verdi _ il recupero di nuovi spazi pedonali e alberati, eventualmente riducendo le carreggiate ad uso dei veicoli. Ma la Giunta Cosimi non l’ha fatto. Con le panchine e gli alberi si sarebbe valorizzata la strada e la continuità con la piazza. Ci auguriamo che gli elettori ne tengano conto alle prossime elezioni”. QUI LIVORNO/2 Via Ricasoli, pedonale? Si, grazie! “Sono passati mesi da quando via Ricasoli è stata aperta al traffico per consentire i lavori in via Magenta _ afferma Gina Truglio, portavoce dei Verdi _ Ora che i lavori sono finiti, via Ricasoli è sempre aperta. Questa è l’ennesima dimostrazione che al Sindaco Cosimi non interessa la vivibilità della città”. “Noi ecologisti _ aggiunge Gabriele Volpi, Capogruppo dei Verdi in Consiglio Comunale _ abbiamo sempre sostenuto che questa amministrazione avrebbe rinunciato alla pedonalizzazione di via Ricasoli ed all’idea di farci passare la tramvia. Ora ne abbiamo la conferma. Una delle vie più importanti della città poteva essere valorizzata con la pedonalizzazione ed il passaggio della tramvia, ed invece ci ritrovano con un vero colpo di mano e una pedonalizzazione in meno”. I Verdi hanno presentato un interpellanza al Sindaco per chiedere che fine abbia fatto il suo programma elettorale che prevedeva la mobilità sostenibile e l’aumento della la velocità commerciale del mezzo pubblico. “Il Sindaco Cosimi _ sostiene Truglio _ nel suo programma voleva sviluppare le corsie protette e garantire il transito esclusivo dei mezzi pubblici. Una promessa che non è stata realizzata. L’unica cosa che sta andando avanti è il parcheggio dell’Odeon che noi consideriamo illegittimo in quanto non è stato approvato da nessuna pianificazione del Consiglio Comunale”. Gli ambientalisti presenteranno in un prossimo Consiglio Comunale le foto della Livorno del futuro. “Forse _ conclude Volpi _ con un sincero «nuovo stile di governo» una nuova Giunta, diversa da quella attuale, realizzerà quella tramvia che tanti cittadini si aspettavano”. Domande e risposte per capire Perché i Verdi non sono contrari all’Accordo Piombino-bagnoli? A che serve un C osa è la “colmata di Bagnoli”? E’ un’opera pubblica costruita negli anni 60 per ampliare la superficie industriale del locale stabilimento ILVA, costituita prevalentemente da materiale tufaceo locale ed in second’ordine da scorie e loppe di acciaieria ( inserire foto). Fino a pochi anni fa è stata utilizzata come spazio pubblico per iniziative vari (es. concerti)... Cosa sono i “fanghi di Bagnoli”? sono materiali provenienti dalla rimozione della colmata realizzata davanti alle acciaierie ILVA di Napoli-Bagnoli - stabilimento del tutto analogo a quello piombinese che però è stato chiuso anni addietro - e del dragaggio dei fondali del porto. Perché li chiamano “fanghi”? Per la verità il termine “fanghi” per individuare i materiali provenienti da Bagnoli è improprio visto che su un totale di 2.060.000 mc dei materiali previsti, solo 760.000 mc sono “fanghi”, cioè i sedimenti marini dragati dal fondale di Bagnoli Coroglio. Gli altri 1.300.000 mc sono invece materiali solidi derivati dalla demolizione della Colmata di Bagnoli. Ci sono anche sostanze pericolose? Tutti i materiali (quelli della colmata e quelli del dragaggio) che s’intende trasferire a Piombino sono classificati non pericolosi e sono da definirsi rifiuti speciali (cioè non rifiuti urbani) fino a quando non saranno riutilizzati. Che rischio rappresentano per l’ambiente in cui viviamo? E’ bene sottolineare che il pietrisco della colmata che sarà trasportato a Piombino presenta concentrazioni di elementi chimici (metalli pesanti, IPA, ecc.) inferiori ai valori imposti dalla normativa vigente (colonna B Tab. 1 DM 471/99) che lo classifica come materiale da riutilizzare per farci pavimentazioni in aree industriali ed artigianali e per il riempimento di banchine. Perché si vogliono portare a Piombino i materiali di Bagnoli/Coroglio? Il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio ha individuato in Piombino, sito con problematiche ambientali e residui industriali assolutamente affini a quelli di Bagnoli, il luogo più idoneo ad affrontare, insieme, la bonifica di ambedue le aree, fruendo delle più avanzate attrezzature e infrastrutture esistenti o in corso di realizzazione presso il nostro scalo marittimo. Perché non vengono utilizzati sul posto? Per l’impossibilità di spostare il materiale proveniente dalle demolizioni nelle casse di colmata della darsena est del porto di Napoli, che non sono ancora pronte e saranno terminate – forse - solo tra 3-4 anni, il Ministero ne ha progettato lo spostamento via mare in siti di bonifica nazionale che avessero già depositi costieri idonei. L’unico porto pronto è attualmente quello di Piombino. Chi garantisce che non ci siano sostanze pericolose? La caratterizzazione del 1999/2002 che fotografa la si- tuazione dei materiali e che attesta la loro NON pericolosità. La conferenza dei servizi per l’ampliamento del porto di Napoli del 2003 ha approvato la caratterizzazione ed autorizzato il progetto dell’autorità portuale di Napoli di riversare il materiale nelle vasche del porto così com’è, senza trattamenti. Chi controlla che non ci siano sostanze pericolose? I controlli sono di competenza di Apat Arpac (Campania) Arpat (Toscana) Icram Iss (Istituto Superiore di Sanità) Noe (Carabinieri) nell’accordo sono previsti controlli integrativi a quelli di routine Come verrebbero trasportate tutte queste tonnellate di detriti dal porto di Napoli a quello di Piombino? Via mare, tramite navi specificamente attrezzate sotto il controllo del Comando dei Carabinieri per la tutela dell’ambiente (ex NOE). Si calcola un periodo di 18 mesi per il trasporto e circa 2000 viaggi, in media 2-3 al giorno) Che impatto può avere sull’ambiente e sulla vita quotidiana dei Piombinesi il trasporto di tutte queste tonnellate di materiali? Sicuramente ci sarà un incremento del traffico portuale e delle operazioni a terra nella sede di ampliamento del porto. Per quanto riguarda il mare, trattandosi di vettori lenti e di carichi non pericolosi non si ravvisano rischi ambientali. Quali rischi per Follonica e le altre località del Golfo? Né Follonica né le altre località del Golfo possono essere toccate da questa operazione che vede il passaggio di due o tre navi al giorno (natanti specializzati lenti e affidabili) a grande distanza dalle aree di balneazione. Non si ha statistica alcuna di incidenti con mezzi simili. In ogni caso, anche l’ipotetico affondamento di uno di essi non potrebbe rappresentare una minaccia per l’ambiente; pensiamo – per fare un confronto – al rischio rappresentato invece dalle bettoline di olio combustibile che regolarmente riforniscono la centrale ENEL nello stesso golfo, approdando quasi a contatto degli arenili. Quali vantaggi può portare alla città di Piombino questa operazione? La bonifica marino costiera dell’area portuale con l’asportazione dei sedimenti inquinati del nostro bacino portuale. La messa in sicurezza delle infiltrazioni di acque superficiali inquinate che, da decenni ormai, si riversano nel nostro bacino portuale; questa operazione è anche un mezzo per favorire le successive bonifiche a terra nelle zone industriali. Il recupero delle acque superficiali finalizzato al riutilizzo dopo depurazione per usi industriali diminuirà il prelievo in falda da parte della grande idnustria La velocizzazione dei tempi di riempimento delle vasche e della successiva trasformazione in banchine e piazzali di manovra; il relativo risparmio sui costi di queste opere. Il completamento, finalmente, della 398 fino al porto eliminando la storica “strozzatura” in entrata e in uscita dalla nostra città. A che serve un così grande ampliamento del Porto di Piombino? Il porto di Piombino, già da tempo, è stato individuato come un casello delle autostrade del mare. Questo permetterà di avere un ruolo primario nel trasporto via mare, che è la vera alternativa, insieme alla ferrovia, al traffico su gomma. Inoltre, l’ampliamento del porto consentirà anche di dividere i traffici industriali da quelli commerciali e turistici con grandi vantaggi per la sicurezza. Proprio di questi giorni è l’accordo tra Ferrovie e Autorità Portuale per per il potenziamento delle infrastrutture ferroviarie a servizio del porto di Piombino. Questo consentirà già nel breve periodo di completare il carico di treni merci completi. Un passo decisivo verso l’intermodalità tanto auspicata dai Verdi Piombino, Bagnoli ma anche Un requiem Riflessioni ambientaliste sullo sviluppo urbanistico nel a cura del Comitato scientifico dei Verdi di Livorno N Nella foto in alto il Porto di Bagnoli. Qui a fianco ruspe all’opera per abbattere il teatro Odeon di Livorno. egli anni difficili del dopoguerra Livorno si trovò ad affrontare l’opera ardua e gravosa della propria ricostruzione. La grave distruzione operata dagli eventi bellici poneva gli amministratori e i cittadini davanti a scelte sicuramente non facili e spesso controverse: cosa si doveva conservare – di quel che era rimasto – e cosa si doveva, invece, radicalmente trasformare secondo esigenze e concezioni nuove? In questo processo si fecero, ovviamente, cose giuste e cose sbagliate. Una di queste ultime è sotto gli occhi di tutti e ha fornito argomento di annosa contesa: quel brutto palazzo costruito in mezzo a quella bella piazza che giustamente era stata chiamata Grande, ma che – dopo tale intervento – risultò assai modesta e francamente misera . Il “nobile interrompimento”, come fu definito, ha cancellato completamente il disegno elegante della Piazza Grande, ne ha sconvolto la prospettiva e la funzione sociale. Una piazza fatta perché la gente ci si potesse raccogliere e incontrare, col Municipio ad un estremo e il Duomo all’altro; un bel simbolismo – la dialettica tra il potere civile e quello religioso – in un nobilissimo disegno palladiano. Oggi, in quella piazzetta occupata dagli autobus e attraversata da veicoli troppo veloci, non ci si intrattiene più nessuno. Si può comprendere questo errore, tornando a quei tempi e a quelle idee, a concezioni ideologiche di stampo “costruzionista”, al bisogno di voltar pagina rispetto ad un brutto passato. Ma oggi, nel 2007, in un’epoca completamente diversa e con una consapevolezza sicuramente molto maggiore, andiamo incontro a nuove gravissime alterazioni della fisionomia e della fun- 5 Speciale Livorno re l’accordo Bagnoli-Piombino così grande ampliamento del Porto di Piombino? Facciamo un po’ di chiarezza Livorno sono “Siti di interesse nazionale”. Che cosa vuol dire ? I siti d’interesse nazionale (SIN) sono aree del territorio nazionale definite in relazione alle caratteristiche del sito, alle quantità e pericolosità degli inquinanti presenti, all’impatto sull’ambiente circostante in termini di rischio sanitario ed ecologico e di pregiudizio per i beni culturali ed ambientali. I SIN sono individuati e perimetrati con Decreto del Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, d’intesa con le regioni interessate. Differiscono dagli altri siti contaminati anche perché la loro procedura di bonifica è attribuita al Ministero dell’ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, che può avvalersi anche dell’APAT, delle ARPAT e dell’ISS ed altri soggetti. Perché, se questa operazione è vantaggiosa, non la fanno a Napoli? La farebbero volentieri. L’autorità portuale di Napoli avrebbe voluto utilizzare i materiali in loco, ma il ritardo delle opere portuali napoletane e l’impossibilità di aree di stoccaggio nelle vicinanze, hanno consigliato la soluzione di Piombino. Come cambierà il paesaggio della costa piombinese? Gli interventi sono limitati all’area industriale favorendo così un riordino e un compattamento urbanistico del profilo costiero che, al termine, mostrerà solo l’ampliamento delle banchine portuali Perché i Verdi – i più accaniti difensori dell’ambiente – non sono contrari all’Accordo Piombino-bagnoli ? Proprio perché non si ravvisano, in questa operazione, minacce o rischi ambientali. Operazione che, se ben eseguita, può al contrario costituire un vantaggio per diverse ragioni: Scongiurare la realizzazione dell’inutile e dannosa strada Fiorentina-Ghiaccioni; ridurre il congestionamento del traffico cittadino spostando i flussi veicolari diretti al porto fuori della cerchia urbana contribuendo ad abbassre l’inquinamento da benzene e pm10; dare impulso alla realizzazione delle “Autostrade del mare” – l’unica iniziativa che può far calare il pauroso traffico mer- ci su gomma nel nostro paese – facendo di Piombino un importante “casello”; dotare la città di un nodo ferroviario intermodale capace di far lavorare bene il porto “scaricando” al contempo il traffico degli autoarticolati; accelerare le bonifiche e consentire di recuperare aree industriali per nuove funzioni quali verde urbano, insediamento di piccole e medie imprese, attività di ricerca investire nello sviluppo del porto di Piombino per costruire una alternativa economica all’industria siderurgica dimostrare che si può conciliare – nello spirito di quanto affermato dal nostro partito a Genova, in occasione del “Patto per il clima” – la salvaguardia dell’ambiente con un’economia valida ed innovativa. Che impatto avranno le nuove aree portuali sull’ambiente marino e, in particolare, sullo Stretto e sul Golfo di Follonica? L’Autorità portuale di Piombino ha commissionato uno studio all’ing. Aminti per valutare l’impatto delle opere, in particolare della nuova diga foranea, sulla costa. Lo studio conclude che le opere portuali non avranno effetti erosivi a danno del Golfo di Follonica. LA LIPU A LIVORNO a cura di Andrea Morini La Lipu (Lega Italiana per la protezione degli Uccelli) di Livorno ha la propria sede nell’ex scuola elementare di via delle Sorgenti 430, zona Cisternino, dove dal 1987 sorge il Centro recupero uccelli marini e acquatici (C.R.U.M..A), coordinata dal responsabile Daniele Marzi; il direttore sanitario è il dott. Renato Ceccherelli. Oltre le strutture esterne adibite a ricovero per gli animali feriti (circa 2600 animali l’anno) il centro ha una sala chirurgica e un locale dove accogliere gli animali feriti portati dai cittadini. La struttura ricovera non solo uccelli marini e acquatici, quali: anatre, aironi, cormorani e gabbiani, ma altre specie: rapaci, come: poiane, gheppi, fino ai più rari: bianconi e aquile minori, e altri uccelli granivori e insettivori. Le cause di ricovero sono diverse: nel periodo che va dai primi di Settembre al 31 Gennaio la caccia rimane la principale delle cause. Nel periodo primavera-estate invece, una percentuale molto alta sono pulli (cioè piccoli) caduti dal nido. Le altre cause possono essere: imbrattamento da idrocarburi, traumi da impatto, intossicazioni e ferite da lenze e ami. Non essendoci tanti centri e strutture in Toscana, in grado di accogliere e curare la fauna selvatica, il C.R.U.M.A. riceve anche mammiferi come: nutrie, scoiattoli, volpi, istrici, ecc… Il Centro non è attrezzato però per gli ungulati (daini, cinghiali). L’attività, oltre che dal responsabile e dal direttore sanitario, è svolta da 4 volontari del servizio civile nazionale e da un certo numero di volontari, circa 20, organizzati in turni in modo da garantire la cura e l’alimentazione degli ospiti. Gli iscritti di Livorno sono oltre 300. L’Associazione è un’associazione ambientalista, che non si occupa soltanto di cura e recupero di uccelli ma pure dell’individuazione e gestione di aree protette, di educazione ambientale e di tanti argomenti quali la biodiversità e l’utilizzo di energie rinnovabili, consulenza scientifica e non ultima la vigilanza ambientale. Attualmente 9 Guardie (7 GAV, Guardie Ambientali Volontarie e 2 GGVV, Guardie Giurate Volontarie Venatorie) prestano servizio presso la LIPU Sezione di Livorno. Annualmente vengono garantite circa 1300 ore di vigilanza, l’88% delle quali dedicate al controllo dell’attività venatoria, le restanti sono mirate alla repressione dell’abbandono dei rifiuti, al controllo della pesca sportiva in acque interne ed ad altre attività istituzionali. Le Guardie LIPU operano particolarmente nel settore più settentrionale della provincia, ma la loro competenza è provinciale pertanto sovente sono impegnate anche in altri settori. Per diventare GAV LIPU occorre aver partecipato ad un corso di formazione ed aver successivamente superato gli esami finali, per ottenere il decreto di GGVV (con competenza solo ittico/venatoria) occorre invece il solo superamento di un apposito esame. Orari del centro: 9,00-13,00 e 14,00-18,00 Il numero di telefono è 0586/400226. Per informazioni o segnalazioni al nucleo GAV scrivere a [email protected] per l’Odeon ed il centro cittadino lla città capoluogo. Livorno si avvia a diventare una città fatta di sole periferie ed il degrado conseguente sarà la prima vera causa d’insicurezza sociale zione di porzioni importanti e storicamente assai connotate del nostro centro cittadino: la trasformazione in parcheggio del teatro Odeon e l’inserzione di immobili di nuova costruzione in Piazza del Luogo Pio. Per quanto riguarda la demolizione dell’Odeon, si rimane sbalorditi – e francamente amareggiati – rispetto ad una scelta in così evidente controtendenza. Oggi, in tutte le città del mondo, si tolgono i parcheggi dal centro per spostarli in periferia. Lasciando stare le massime città europee e le centinaia di esempi al riguardo, prendiamo il caso di un altro capoluogo toscano, Lucca. Qui si è liberata la piazza più centrale e più grande da un parcheggio che la occupava da decenni restituendola alla funzione per cui era nata. Ed oggi i Lucchesi si godono quello splendido, antico spazio incorniciato dagli alberi, per passeggiare e incontrarsi e per farci le feste; il parcheggio, bello grande, lo hanno messo fuori mura. La costruzione di un parcheggio al posto di un teatro – leggasi dequalificazione di una architettura artisticamente rilevante e storicizzata – è un atto doppiamente sbagliato. In primo luogo perché le “memorie di pietra” sono strutture cittadine la cui conservazione dovrebbe essere una ovvia responsabilità; come osservano gli architetti di tutto il mondo, la perdita e l’abbandono di manufatti carichi di significato storico – quelli cioè che costituiscono l’identità medesima di una città o di un quartiere – vengono giustificati da argomentazioni deboli e ben poco convincenti e danno perciò adito ad essere interpretate solo ed esclusivamente con ragioni di tipo utilitaristico. Ogni generazione lascia il segno del proprio passaggio sul territorio, è vero, ma la drastica alterazione di un’architettura – come quella d’avanguardia di Virgilio Marchi, esponente di spicco del secondo futurismo italiano – al fine di mutilarla e ridurla a ricovero di autoveicoli, significa stravolgere il senso e il significato di un territorio e rendere orfani coloro che lo abitano. Un luogo con finalità culturale, con una lunga storia di spazio di ritrovo, per la socializzazione e il tempo libero, diventa affollato di automobili e deserto di persone. Prima di alterare, e in modo assai più rispettoso, un grande edificio, opera di un altro famoso architetto dello stesso periodo del Marchi, il municipio di Pantin – alla periferia nord– orientale di Parigi – ha condotto una consultazione durata quattro anni e c’è chi ha tirato in ballo il vincolo dei Beni Culturali; a Livorno siamo evidentemente assai più veloci. Se poi pensiamo alla congestione che si verificherà in Via Verdi, fino a via degli Apostoli, per l’afflusso dei veicoli in cerca di posto, la lentezza di accesso, i problemi di confluenza ingresso/uscita nella strozzatura di Largo Valdesi e il prevedibile collasso di Via delle Navi e Via S. Carlo, dobbiamo giudicare tutta questa operazione nel modo più negativo. È contro ogni moderna logica di pianificazione dei centri urbani incrementare il traffico veicolare, con l’ inquinamento atmosferico e il rumore che ne conseguono, nei quartieri storici che sono comunemente dotati di una rete viaria più vecchia ed angusta. E poi, a chi serve tutto ciò? Non è certo così che si rivitalizza il commercio e si riqualifica il centro; anzi! Non è certo la mancan- za di parcheggi che sottrae clienti ai negozi e agli esercizi, come dimostra l’insuccesso di tante belle attività collocate all’interno dei grandi centri commerciali circondati da migliaia di posti auto. È la grande distribuzione che si porta via i clienti. Contro questo fenomeno il piccolo commercio tradizionale trova rimedio nella pedonalizzazione dei centri e nella creazione di “salotti” urbani, ricchi di verde e di spazi liberi e piacevoli, aperti al passeggio e alla frequentazione dei cittadini. Questa non è un’ipotesi o un’opinione, ma una realtà europea ben conosciuta da chiunque abbia occasione di viaggiare. L’aumento del traffico porta invece l’allontanamento delle persone, la chiusura o la trasformazione in senso peggiorativo degli esercizi e la conseguente perdita di valore degli immobili, con relativo rischio di degrado della zona. Sono già evidenti, a Livorno, quartieri con questi fenomeni in corso, già ad oggi palesemente ‘sotto pressione’ di vandalismo e microcriminalità: un De profundis per tutte le attività economiche della zona. Questo è volgersi e andare all’indietro, è un regresso non certo un progresso, una grande occasione persa; si poteva spendere in cultura e in socializzazione, creare uno di quegli spazi polifunzionali che caratterizzano, appunto, le città moderne. Si poteva pensare ai giovani, mettere assieme ritrovi, attività commerciali e spazi dedicati al fitness, all’arte e alla cultura. Non c’era da inventare niente, son tutte cose già molto note e diffuse. Corre poi l’obbligo di domandarsi quanto sarà lacerata e sconvolta l’identità del quartiere Venezia dalla prevista e – ahinoi – approvata operazione edilizia in piazza del Luogo Pio. Non un’identità qualsiasi, ma una vestigia storica di valore inestimabile, l’unica di tale portata che abbiamo a Livorno. Ci si domanda quale irreparabile danno procurerà l’occupazione di spazi antichi con edifici moderni che – ove anche fossero bellissimi – risulterebbero fatalmente sconvolgenti la prospettiva, lo stile, la memoria storica del luogo. Ancor più ci si sorprende perché questa splendida Venezia abbonda di edifici antichi, nobili e bellissimi che versano in un abbandono tanto prolungato quanto volutamente incomprensibile. In quale città del mondo civile si costruisce il nuovo – in un centro veramente storico – senza prima recuperare l’antico? A quale disegno generale, a quale organico modello corrisponde questa serie di operazioni?Quale futuro si progetta per Livorno? Gli imminenti insediamenti del Nuovo Centro e della Porta a Mare svuoteranno ulteriormente il centro attuale; l’intervento in piazza del Luogo Pio mortificherà uno spazio importante in una città sempre più avara di bellezza e di spazi per la cultura: Livorno si avvia a diventare una città fatta di sole periferie ed il degrado conseguente sarà la prima vera causa d’insicurezza sociale, perché il centro sarà sempre meno frequentato e capace di attrazione e potrà facilmente diventare ricettacolo ideale di tutte quelle forme di grave disagio urbano che tutti sostengono di voler evitare. È stato già detto molte volte, ma giova ripeterlo: non è con le sole forze dell’ordine che si può garantire la sicurezza di un centro abitato, ma con l’apporto determinante degli abitanti, delle loro attività e della loro presenza. In questo sconcertante contesto, un parcheggio in pieno centro storico è un salto nel clima buio degli anni ‘50, non verso quel futuro ecosostenibile che altrove è già “presente e vivo”. 6 Speciale Livorno Il dossier di Greenpeace contro l’off-shore Un rigassificatore off-shore nel santuario dei cetacei? Un pericoloso esperimento tecnico e giuridico, che non dovrebbe essere permesso Francesco Naldi I l coro delle voci contrarie all’off-shore si arricchisce di una prestigiosa voce, quella di Greenpeace, che ha presentato un interessante dossier per “presentare i motivi della propria opposizione al progetto di deposito/rigassificatore che l’impresa OLT intende realizzare a circa dodici miglia dalla costa toscana, grazie all’autorizzazione concessa il 23 febbraio 2006 con decreto del ministro per le Attività Produttive di concerto con il ministro dell’Ambiente”. La critica di Greenpeace non investe i rigassificatori in quanto tali, ma lo specifico progetto in questione, sia per le caratteristiche che esso presenta sia per la sua localizzazione nel Santuario dei Cetacei. Greenpeace sceglie di non entrare nel merito del tema specifico della sicurezza – anche se ricorda che affermazioni tranquillizzanti come “non si registrano ad oggi casi di incidente riguardanti terminali galleggianti dedicati al deposito di GNL”, contenuta nella Valutazione Ambientale Strategica (VAS), andrebbero evitate visto che “si tratta del primo impianto off shore di questo tipo, al mondo” – ma di occuparsi dei problemi giuridici e ambientali connessi alla costruzione dell’impianto. Di questo dossier denso di notizie e argomentazioni, interamente scaricabile da www. verdilivorno.it, forniamo un resoconto. Aspetti giuridici “Greenpeace è preoccupata perché un iter procedurale non limpido, non a caso oggetto di numerosi ricorsi al TAR, ha portato all’inusitata creazione del primo sito industriale marino del Mediterraneo, e per di più nel Santuario dei Cetacei”. L’autorizzazione concessa all’OLT – e su questo è d’accordo anche la VAS – rappresenta un pericoloso precedente per l’insediamento in mare di altre attività produttive, darebbe insomma il la ad una sorta di “industrializzazione del mare”: secondo il dossier, “tutto ciò è semplicemente inaccettabile: questo progetto infatti rappresenta un precedente di localizzazione di un impianto industriale in mare aperto e, a maggior ragione, ancor meno lo si può accettare nel Santuario dei Cetacei”. Sebbene le disposizioni dell’Accordo che stabilisce il Santuario siano purtroppo vaghe e incomplete, è comunque difficile pensare che un impianto come l’offshore possa “garantire uno stato di conservazione favorevole ai mammiferi marini” (Art. 4 dell’accordo stesso) o intensificare “la lotta contro ogni forma di inquinamento” (Art. 6); inoltre, la base giuridica del Santuario è internazionale (l’Art. 10 precisa che le Parti si devono concertare per applicare applicare “le misure stabilite dagli articoli precedenti”) ma la compatibilità dell’impianto con lo stesso Santua- rio è stata “garantita” con un atto unilaterale del comitato di pilotaggio dell’Accordo sul Santuario, cioè un comitato soltanto italiano. “D’altra parte,” continua Greenpeace, “il Santuario dei Cetacei è stato incluso nella lista delle Aree Specialmente Protette di Interesse Mediterraneo (SPAMI) ai sensi del Protocollo sulle Aree Specialmente Protette (SPA) annesso alla Convenzione di Barcellona”, il quale, tra l’altro, proibisce (all’Art. 6) il dumping (cioè lo scarico in mare) di “rifiuti o di altre sostanze che verosimilmente possono direttamente o indirettamente danneggiare l’integrità dell’area”. A tal proposito, è significativo che la Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) del rigassificatore OLT abbia ignorato la presenza dell’ipoclorito di sodio negli scarichi dell’impianto, ipoclorito che è invece in testa alle sostanze vietate all’Annesso I (di cui cioè è vietato lo scarico nel Mediterraneo) del Protocollo sul Dumping della Convenzione di Barcellona (in vigore dal 1978). E’ vero, nota Greenpeace, che gli scarichi dell’impianto OLT non sono “un rifiuto trasportato allo scopo specifico del rilascio in mare (che è più o meno la definizione di dumping)”, ma è altrettanto vero che non sono applicabili né la normale normativa per gli scarichi delle navi (dato che “il cloro non deriva dalle normali attività di navigazione, ma proprio dalla natura industriale del sito”) né quella degli scarichi da fonti terrestri (siamo a 12 miglia dalla costa). Allora “delle due l’una: o quest’impianto non può scaricare i suoi reflui in mare, e quindi non poteva e non doveva essere autorizzato, oppure si intende far passare il principio che in assenza di norme specifiche tutto è permesso.” Se fosse vero il secondo caso, l’off shore OLT “potrebbe diventare il precedente di una soluzione (la realizzazione su piattaforme, navi, ecc… di impianti industriali in alto mare) che potrebbe essere proposta in altri siti per alleviare il peso della servitù industriale di ampie aree di territorio”. Questo sarebbe un pericolo per il nostro mare da non sottovalutare: l’inquinamento, causato tra l’altro dal cloro e dai cloroderivati, “non solo sta danneggiando l’ecosistema marino ma costituisce un grave problema per la salute perché tali sostanze arrivano a contaminare, prevalentemente attraverso le reti alimentari, anche gli esseri umani”. Aspetti ambientali Nella seconda parte del dossier, Greenpeace analizza la Valutazione di Impatto Ambientale (Decreto VIA/DEC/ SA/01256) sulla cui base il ri- VAS (per la quale i sedimenti fini, tipici della zona, “possono essere trasportate anche a notevole distanza”). La VIA inoltre considera basso e conforme alla legge il livello di inquinanti nei sedimenti della zona: la presenza dei già citati fanghi del porto di Livorno fa vacillare questa certezza (del resto, non è un caso che, proprio per evitare la risospensione dei fanghi, nella zona sia vietata la pesca a strascico). A questi sedimenti vanno aggiunti quelli smossi dalle attività dell’impianto in funzione a causa delle 40-50 metaniere (lunghe circa 300 metri) che ogni anno arrive- La critica di Greenpeace non investe i rigassificatori in quanto tali, ma lo specifico progetto in questione, sia per le caratteristiche che esso presenta sia per la sua localizzazione nel Santuario dei Cetacei. Greenpeace sceglie di non entrare nel merito del tema specifico della sicurezza, ma di occuparsi dei problemi giuridici e ambientali connessi alla costruzione dell’impianto. Il dossier, denso di notizie e argomentazioni, è interamente scaricabile sul nostro sito: www.verdilivorno.it gassificatore OLT ha avuto il via libera: vengono sollevate numerose riserve (per lo più condivise anche dall’Icram, il braccio scientifico marino del Ministero dell’Ambiente) riassumibili come segue: a) Movimentazione dei sedimenti – Su un fondale che “accoglie circa 1800 mila metri cubi di fanghi contaminati provenienti dal dragaggio del porto di Livorno”, saranno movimentati, per posare i 12 km della condotta che unirà il rigassificatore alla rete nazionale, circa 200 mila metri cubi di materiale: la VIA sostiene che tutto il materiale smosso resterà in situ ricoprendo la condotta, ma l’ipotesi pare inverosimile ed è smentita anche dalla ranno al rigassificatore e degli ancoraggi del terminale stesso, che strisceranno sul fondale durante le manovre. Se dunque per la VIA il problema dei sedimenti non sussiste, come mai essa stessa – si chiede Greenpeace – prescrive che i lavori per posare la condotta debbano avvenire fuori “del periodo di balneazione”? A che serve questa prescrizione se siamo sicuri che non c’è alcun problema riguardante i sedimenti? b) Il reimpianto della Posidonia – La VIA prevede che “in accordo con le conoscenze più aggiornate nel campo della salvaguardia della Posidonia oceanica”, gli esemplari espiantati durante la posa della condotta vadano reimpiantati. Greenpeace fa notare che sono proprio “le conoscenze più aggiornate nel campo della salvaguardia della Posidonia oceanica” a sconsigliare il reimpianto: esse suggeriscono di rimuovere le cause della distruzione della Posidonia, invece di reimpiantarla in altra sede (tale reimpianto, tra l’altro, ha una possibilità di successo solo del 30-40%). c) La qualità degli scarichi – Soltanto in un breve passo della VIA viene menzionata la presenza di ipoclorito di sodio (NaClO) negli scarichi in mare del rigassificatore. Greenpeace giudica “clamorosa” questa superficialità: “è noto da tempo”, spiega il dossier, “che cloro e cloroderivati hanno pericolosi effetti ambientali”, è non a caso “l’ipoclorito è utilizzato per impedire la crescita di qualsivoglia organismo nelle condotte e nei cassoni della nave/ impianto”. La VIA dunque non dice neanche quanta NaClO di sodio verrà disperso in mare dal rigassificatore: il dossier di Greenpeace, partendo dai dati disponibili per un rigassificatore progettato a Trieste, prova a calcolare che ogni anno verranno immesse nel Santuario dei Cetacei 166 tonnellate di ipoclorito, che diventano circa cinquemila se moltiplicate per i 30 anni di operatività prevista per l’impianto. Sono dati sconcertanti. d) La dispersione dello scarico – Spiega la VIA: “il calore necessario all’evaporazione del GNL è fornito dall’acqua di mare” che verrà aspirata da una presa, pompata negli evaporatori e scaricata in mare (con l’aggiunta dell’ipoclorito) più fredda di 7 gradi. Si tratta di 2,2 metri cubi al secondo; secondo la VIA “l’effetto termico dello scarico è confinato entro 45 m al disotto dello scafo e 5 m lateralmente dall’asse dello scarico”. Greenpeace contesta duramente questi dati: la temperatura inferiore e la presenza di ipoclorito (“che aumenta il quantitativo di sale in soluzione”) aumentano la densità del “flusso non modesto” dell’acqua emessa dall’impianto, per cui la “miracolosa miscelazione” con l’acqua circostante prevista dalla VIA sembra da escludere. E’ ben probabile piuttosto che una colonna di acqua fredda e arricchita di pericoloso ipoclorito scaricata nel bel mezzo del Santuario dei Cetacei possa dirigersi, portata dalle correnti, verso qualche sito sensibile (come le vicine Secche della Meloria o la Gorgona). e) Emissioni sonore – La VIA sostiene che il problema del rumore del rigassificatore è legato solo “alla fase di posa delle tubazioni con effetti acuti localmente ma di breve durata”, per cui si postula l’”irrilevanza degli effetti indotti a carico” della fauna e della flora della zona. Tuttavia è noto, ricorda Greenpeace, che “le emissioni sonore sono uno dei fattori di maggior disturbo, anche a largo raggio, per i cetacei” (questi disturbi potrebbero causare pure spiaggiamenti); anche la VAS, del resto, segnala il problema, e mette in luce che i rumori si avranno non solo in fase di costruzione, ma anche quando l’impianto sarà operativo (causato dalle manovre legate all’arrivo, allo stazionamento per circa 20 ore e alla partenza delle 40-50 metaniere previste ogni anno presso il rigassificatore). La VAS dunque dichiara che “all’interno della VIA saranno richieste tutte le opportune misure per limitare la rumorosità generata”: la VIA, sostiene Greenpeace, non contiene niente di tutto questo. E rendere il Santuario dei Cetacei un luogo pericoloso e inospitale per i cetacei stessi è qualcosa di francamente paradossale. Conclusioni Questo rigassificatore non s’ha da fare. Greenpeace ritiene “che questo progetto sia un pericoloso esperimento tecnico e giuridico, che non dovrebbe essere permesso, in particolare in un’area a speciale regime di tutela quale dovrebbe essere il Santuario dei Cetacei. Sembra, a dire il vero, che il Santuario dei Cetacei sia utilizzato come emblema della tutela del mare ma che in realtà sia trattato come un’Area Marina Protetta di serie B”. Il Ministero dell’Ambiente include esplicitamente (vedere www.minambiente.it) il Santuario nel novero della Aree Marine Protette. “Si è mai visto che si insedi, ex novo, un impianto industriale in un Parco Nazionale?” Se l’Italia ha deciso di rinunciare al Santuario, farebbe meglio a farlo in modo chiaro, evitando di usarlo come uno “specchietto per le allodole”. Tuttavia Greenpeace “ritiene che la sfida del Santuario possa essere ancora vinta e che anzi il Santuario dovrebbe essere il motore di un ripensamento delle attività umane, incluse quelle industriali, nell’area del Mar Ligure che richiede la sperimentazione di approcci innovativi, tecnici e non solo, per migliorare il modo in cui trattiamo il mare, convogliando risorse e generando così occupazione e innovazione.” 7 Speciale Livorno QUI ARCIPELAGO QUI SASSETTA Approvato il Piano del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano Dopo un iter durato diversi anni, il nuovo Consiglio Direttivo del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano, presieduto da Mari Tozzi, ha approvato il Piano del Parco, strumento principe per la gestione dell’area protetta, come dettato dalla Legge quadro 394/91. Il travagliato percorso del Piano era iniziato nell’”era Tanelli”, e nei bui anni del commissariamento (col commissario Barbetti, imposto dall’infausto ministero di Matteoli) non c’erano certamente i presupposti per la più idonea attuazione degli strumenti atti a far ben funzionare il Parco. Non si può certo dire che il Piano approvato rappresenti il non plus ultra per la realtà del territorio sul quale dovrà intervenire, se non altro perché trattasi di un elaborato ormai datato e sicuramente bisognoso almeno di aggiornamenti. Comunque resta il fatto che finalmente la nostra area protetta insulare, grazie all’intervento del Ministro Pecoraro Scanio, si è dotata di tutte le cariche previste dall’Ente, finanche del direttore (nella persona di Franca Zanichelli, alla quale vanno i migliori auguri di buon lavoro da parte dei Verdi livornesi) ed ora, col Piano del Parco, potrà iniziare seriamente a lavorare. Per le nostre isole, che pur tra mille difficoltà, stanno vedendo anche la realizzazione dell’AMP (area marina protetta), si aprono finalmente possibilità di concreta salvaguardia e di nuove occasione di sviluppo sostenibile. QUI ROSIGNANO I GAS (gruppi di acquisto solidale) a Rosignano I Verdi proseguono la loro battaglia per un rapporto più sostenibile anche e soprattutto nelle abitudini alimentari. In particolare, per bocca di Flavio Fabbri, portavoce di Rosignano, i Verdi osservano che “a chi persevera nel sostenere l’agricoltura industrializzata noi proponiamo una visione diversa del rapporto tra consumatori e mercato”, e propongono un nuovo modo di essere consumatori consapevoli . Sempre più persone si riuniscono in G.A.S. (gruppi di acquisto solidale) ed acquistano prodotti agricoli direttamente dai produttori locali: prodotti completamente biologici, completamente privi di prodotti chimici dannosi per la nostra salute e l’ambiente. Nel caso del G.A.S. che si è costituito presso i Verdi di Rosignano, referente è l’azienda agricola Colombini di Crespina, dove si coltivano i frutti della terra in un pieno rapporto di armonia e nella quale si portano avanti anche esperienze di ergoterapia con persone portatrici di varie disabilità. “Mangiare locale” [Manger cito- yen, in francese] è l’appello degli ecologisti. Occorre ritrovare il ritmo delle stagioni e il gusto del consumo delle produzioni della propria regione. Produrre e consumare localmente anche per frenare la produzione di CO2, così dannosa per l’effetto serra: “Basta pensare ai milioni di chilometri che percorrono ogni anno i prodotti agricoli”, prosegue Marco Cirri, responsabile del gruppo di acquisto solidale per i Verdi di Rosignano. Il GAS che si è costituito presso la sede dei Verdi via Fratelli Bandiera, sarà lieto di accogliere chiunque voglia acquistare ad un prezzo conveniente frutta e verdura di stagione completamente biologica in modo davvero solidale. Per aderire o avere semplici informazioni potete contattare direttamente Marco Cirri al 3333235771 oppure telefonare alla sede dei Verdi 0586760260 lasciando un messaggio in segreteria. Flavio Fabbri coordinatore dei Verdi di Rosignano Solvay & Mercurio L’eliminazione del mercurio dal ciclo produttivo della Solvay di Rosignano è senz’altro un elemento positivo ma non è certamente un atto di buona volontà da parte di Solvay, ma l’adeguamento ad una direttiva europea che ne impone entro il 2010 l‘eliminazione dai cicli produttivi. La dismissione delle celle a mercurio a Rosignano avviene in realtà con grave ritardo rispetto a quello \che è avvenuto in circa 60 anni di sversamenti in mare del pericoloso metallo, sversamenti che,fino ai primi anni ‘70, avvennero in quantità tali da far paragonare il sito di Rosignano a quello della tristemente famosa Baia di Minamata in Giappone,uno dei casi più gravi di inquinamento da mercurio che la storia ricordi. A conti fatti e secondo i dati di Solvay, di fronte al mare di Rosignano,nascosto nei sedimenti, nella Posidonia, nei pesci e con molta probabilità nei tessuti umani, sono stati riversati dal 1943 fino ad oggi circa 700 tonnellate di mercurio, mercurio che rimarrà nell’ambiente per un tempo indefinito. Ogni volta che una mareggiata rimuove i fondali, ogni volta che la temperatura esterna aumenta, l mercurio ritorna continuamente in circolo e non esiste alcun modo per bloccarlo o,comunque, attenuarne gli effetti. A Rosignano quindi si può tranquillamente parlare di “disastro ambientale”, senza paura di essere smentiti. L’accordo di programma che include, tra le altre cose, anche la dismissione delle “celle a mercurio”, è in netto ritardo nelle scadenze programmate. Ricordiamo per inciso il “progetto Aretusa”che doveva essere a regime entro dicembre 2004 non è ancora completato , e che il programma di recupero della parte solida degli scarichi a mare del “fosso bianco”, che prevedeva il recupero del 30% entro il 2004 e il 70% entro il 2007, è completamente disatteso, avendo chiesto la stessa Solvay una ulteriore proroga a queste date. Ancora oggi,nonostante le numerose sollecitazioni, richieste e atti istituzionali nelle varie sedi, non siamo ancora in grado di ottenere un controllo pubblico su due parametri fondamentali che da soli consentirebbero di avere un dato certo sul consumo di risorse idriche di Solvay e sull’effettivo sversamento dei fanghi in mare e cioè la portata in entrata (Fosso del Lillatro) dell’acqua di mare e quella in uscita del “Fosso Bianco”.La differenza ci darebbe, approssimata per difetto, il consumo di acqua dolce e la quantità di fanghi sversata in mare annuale. Siamo ancora oggi a dover ricevere questi dati dalla Solvay. Come si vede la situazione a Rosignano è addirittura peggiorata in questi ultimi anni , quindi ben venga il progetto “Leonardo”, ma di strada da fare ce ne è sempre tanta!’ Flavio Fabbri coordinatore dei Verdi di Rosignano Primi passi verso il futuro energetico di un piccolo comune: Sassetta ‘no-oil’ Elaborare progetti per nuove politiche energetiche ha, quale presupposto fondamentale, una riflessione e l’acquisizione di nuovi stili di vita e di nuove consapevolezze. Progettare impianti per produrre energia sostenibile in un sistema di ‘sviluppo insostenibile’ è grottesco: ancora persistono certe impostazioni programmatiche a dir poco schizofreniche, che cercano di far coesistere lottizzazioni selvagge, energie rinnovabili, grande e media industria, agricoltura biologica, industria turistica, produzioni tipiche ridefinendole per la grande distribuzione….Con un pressappochismo sconcertante, amministratori aiutati da solerti faccendieri dell’energia, si lanciano velocemente in realizzazioni di grandi opere, per dare risposte rapide e concrete, senza però valutare i costi dei loro sistemi economici, cercando semplicemente di ‘riabbellirsi’, riciclando comunque vecchie culture. Occorre invece avviare ed alimentare una nuova cultura energetica ‘popolare’, dove si ridefiniscano i bisogni individuali e dove si realizzino progetti consortili per la produzione di energia libera. Libera da lobbies affaristiche, libera da una politica cieca, sorda e pericolosa per la nostra e la salute di tutti. Alla ricerca il compito di mettere la collettività nella condizione di fare scelte consapevoli: l’autogestione del fabbisogno energetico da fonti rinnovabili è la meta che intendiamo concretizzare. In questo senso si muove il progetto per la realizzazione di un parco energetico per il territorio di Sassetta – oggi allo studio, in collaborazione con l’Agenzia energetica della Provincia di Livorno – che non solo intende rendere il comune completamente autonomo energeticamente, ma intende farlo senza ricorrere a fonti combustibili fossili, utilizzando esclusivamente fonti rinnovabili, con sistemi integrati a fotovoltaico, minieolico e a biomasse. Una scelta sostenibile, una scelta consapevole, all’insegna dell’energia ‘naturale’ che è intorno e dentro di noi, per un sistema organico e armonico del vivere. Daniele Mazzanti Assessore al Comune di Sassetta QUI BIBBONA Tutela dei beni comuni. La duna di Marina di Bibbona La costituzione dell’Azienda Pubblica di Bibbona, che oltre alla gestione del campeggio comunale ha come compito la pulizia delle spiagge pubbliche e delle pinete, ha dato l’avvio ad una crescente attenzione ed una appropriata gestione e conservazione del bene arenile-duna . Una strategia di attenzione che ha una base teorica nella recente approvazione del Piano della costa nel quale il sistema dunale è il valore prioritario . Negli ultimi due anni sono stati organizzati corsi di formazione per operatori balneari per la gestione della fascia costiera, con il contributo della Provincia (Assessorato difesa della costa) con un ottimo riscontro di operatori pubblici e privati . In questo percorso formativo si sono eseguite opere di recupero importanti come quella in località Gineprino, nella parte sud della costa bibbonese. In questo luogo da circa 20 anni è stata sperimentata con successo l’azione meticolosa di ricostruzione di embrioni dunali da parte del Dott. Raimondo Stiassi, volontario del WWF, con il trapianto manuale di piante psamofile. L’intervento si è concretizzato con una staccionata in legno di oltre 340 metri che ha permesso di mettere in colle- gamento i vari embrioni ricostruiti, di proteggerli riducedo il calpestio e l’inosservannza delle norme di tutela, di favorire così un più facile potenziamento dell’orizzonte vegetazionale tipico della duna mobile,. Il tutto sarà completato con una serie di cartelli informativi sul riuso del materiale organico spiaggiato (Posidonia, legname). Il lavoro è stato completato nella seconda metà di giugno, cioè a stagione balneare ampiamente iniziata ed è stato apprezzato dai molti frequentatori di quella spiaggia .L’inaugurazione di questa piccola ma significativa oasi dunale si è svolta il 24 ottobre. Per il prossimo anno è previsto il recupero, secondo le più qualificate tecniche naturaliste, di un tratto di duna particolarmente degradato, un nuovo corso di formazione, la realizzazione di una zona didattica, di un percorso per portatori di handicap, di un vivaio di piante pioniere . La tutela dei beni comuni e l’informazione ambientale rappresentano uno dei migliori metodi per creare tra i cittadini e i turisti quella “consapevolezza”che è la base della partecipazione. Roberto Strufaldi Verdi Bibbona Questa edizione di Notizie Verdi è a cura della Federazione dei Verdi di Livorno In redazione: Angiolo Naldi, Lorena Marzini, Gabriele Volpi, Francesco Naldi, Mariella Ugolini, Marco Chiarei www.verdilivorno.it (spazio web etico www.Eiteam.it) Tel/fax 0586 897733 (Voip cooperativa sociale no-profit www.livecom.coop) Via Magagnini, 4 – 57122 Livorno Conto corrente n. 20725 Monte dei paschi di Siena (Banca non armata) Ag. 7 ABI 01030 CAB 13911 Il clima sta cambiando anzi è già cambiato ACCELERA I TEMPI! FRENA LA CO2! FIRMA ANCHE TU la petizione per chiedere al governo italiano di rendere vincolante il limite di 120 grammi di CO2 al km per le case automobilistiche.