I Verdi e il coraggio di un sì

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I Verdi e il coraggio di un sì
Speciale Livorno
Organo ufficiale d’informazione della Federazione dei Verdi
Anno III - n.216  mercoledì 7 novembre 2007
Sped. in Abb. Post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 1 DCB - Roma • Direttore resp.: Enrico Fontana • Comitato edit.: Roberto Poletti, Giuseppe Trepiccione, Gianpaolo Silvestri (inserto Mappe) • Caporedattore: Valerio Ceva Grimaldi • Editore: undicidue srl, via R. Fiore, 8
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Livorno, provincia ecosostenibile
L’azione politica dei Verdi per la salvaguardia e la valorizzazione sostenibile del territorio provinciale
 Il sì all’accordo Bagnoli per una
nuova portualità e per il rilancio delle
autostrade del mare; l’opposizione ai
rigassificatori per uno sviluppo delle
fonti rinnovabili; contro i Regolamenti
urbanistici che distruggono il territorio
e l’identità storica delle nostre città, per
ambienti urbani con più verde, liberi
dal traffico e riqualificati. Per dire basta
alle devastazioni delle grandi industrie,
e per sviluppare il turismo di qualità e
l’agricoltura biologica. In questo numero
di Notizie Verdi Livorno, comune per
comune, l’azione politica dei Verdi
per la salvaguardia e la valorizzazione
sostenibile del territorio provinciale
I Verdi e il coraggio di un sì
Le azioni, le battaglie e le proposte dei Verdi di Piombino, con uno sguardo al futuro
“Portare il
mare
a Firenze”
Intervista a
Mario Lupi,
capogruppo dei
Verdi al consiglio
regionale della
Toscana
2
Domande
e risposte
per capire
l’accordo
BagnoliPiombino
4
C
he momento, questo,
per il nostro piccolo e
coraggioso partito!
Un momento - forse - singolare, ma anche molto, molto significativo. Abbiamo sempre
condotto le nostre battaglie,
con coerenza e caparbietà, in
città e nel consiglio comunale,
e continuiamo con la solita
costanza ad impegnarci nelle grandi questioni vecchie e
nuove. Vogliamo ricordarcele
le nostre battaglie ? Con soddisfazione e con orgoglio siamo
noi che abbiamo impedito la
vendita dell’ex Ipsia e ottenuto la sua ristrutturazione per
usi collettivi (la biblioteca!).
Siamo noi che abbiamo contestato e bloccato il passaggio
di ulteriori 33 ettari di terreno
all’industria e ci siamo battuti per mantenere la spiaggia
di Pontedoro contro la sciagurata ipotesi del distretto
nautico in Bocca di Cornia.
E siamo sempre noi quelli al
primo posto nella lotta per
una industria che non faccia
più polveri, puzzi, emissioni
e - soprattutto – morti. Siamo
proprio noi, i Verdi della Val di
Cornia ad opporci con forza
all’orrenda prospettiva della
strada Fiorentina Salivoli che,
periodicamente (come i fantasmi e i brutti sogni) ritorna. E
poi il grande lavoro sul Piano
Strutturale nel quale abbiamo
introdotto elementi di tutela
LIVORNO sulla risorsa Acqua, di valorizzazione dell’Agricoltura, di recupero urbanistico sostenibile
delle Aree Critiche della città,
Centrale col titolo “Patto per
il clima, un Patto per la Val di
Cornia” che ha visto la partecipazione dei rappresentanti
Noi Verdi a Piombino siamo ancora gli
stessi di quando ci siamo proposti nel 2004:
persone che hanno messo a disposizione
gratuitamente buona volontà, preparazione,
risorse, energie, ma soprattutto il proprio
TEMPO. Così è per ognuno di noi e tutti
offrono il loro contributo con la generosità che
si trova solo quando grandi ideali ed elevati
obiettivi prendono il cuore delle persone
di pianificazione innovativa
delle Aree Industriali per allentare la morsa della fabbrica sulla città, e molto, molto
altro. Pur essendo forza di
opposizione, abbiamo sempre
voluto tenere un atteggiamento costruttivo, concretizzando
opinioni e proposte - cercando di persuadere e non di
mettere zizzania – attenti ai
bisogni di questa città e di chi
ci vive e ci lavora. E rimanendo all’opposizione conserviamo la capacità di vedere cosa
serve a Piombino e il rigore di
affermarlo, acquisendo ovviamente tutti i dati necessari per
ogni e qualsivoglia verifica o
confronto. In quest’ottica abbiamo organizzato, primi in
Toscana, quel bell’incontro al
4
Un requiem
per l’Odeon
ed il centro
cittadino
nazionali dei sindacati, delle
categorie economiche locali,
degli altri partiti e, naturalmente, dei Piombinesi. E tutti,
in quella sede, hanno riconosciuto che non c’è più tempo
da perdere, che non si può
più fare a meno del risparmio
energetico e delle energie rinnovabili, della riduzione delle
emissioni, della tutela dell’acqua - bene comune e inalienabile – così come delle autostrade del mare e del rilancio
della ferrovia. Tutto questo è e
sarà sempre nel nostro DNA.
Come senz’altro saprete, il 4
e 5 maggio scorso si è tenuto
a Genova un convegno nazionale, “Ecologia è Economia”,
nel quale si è dato vita al Patto
per il Clima; da questa impor-
tante occasione nasce l’orientamento attuale dei Verdi che
è quello di porre con forza
l’esigenza di cambiare radicalmente l’economia del nostro
paese, mettendo al centro gli
investimenti innovativi e l ricerca applicata alla protezione
dai cambiamenti climatici e
alla riduzione degli stessi. È
sufficientemente chiaro a tutti
noi quanti nuovi percorsi di
studio e quanti nuovi lavori
ci possono essere, per i nostri
figli, nel campo dell’ecologia? Di quella stessa ecologia
che ieri veniva considerata
un costo e oggi una risorsa
strategica. Perché dobbiamo
continuare a produrre per un
consumo superfluo e miope
e non per creare strumenti
per vivere meglio? Pannelli
solari e pale eoliche, ovviamente, ma anche case ad alta
efficienza energetica, veicoli a
bassissimo impatto ambientale, città a misura d’uomo per
lavorare, vivere e socializzare.
O metodi per coltivare frutta e
verdura senza prodotti chimici nocivi e senza il ricorso agli
odiosi OGM. O magari cantieri per rimettere in sicurezza
le nostre colline - che franano
se appena piove un po’ di più
- o il letto dei nostri fiumi che
continuano ad inondare un
territorio ormai totalmente
asfaltato e cementificato.
 continua a pagina 3 
QUI PROVINCIA DI LIVORNO 7
Le notizie
dalle altre
città della
Provincia
di Livorno
L’Editoriale
Dopo il primo numero
del febbraio di quest’anno, calibrato sul Comune capoluogo, così come
annunciato il N. 2 di Notizie Verdi Livorno esce
su “scala provinciale”.
Sul territorio livornese,
in questo periodo, sono
successe molte cose,
anche internamente al
nostro partito.
È stata eletta una nuova
segreteria provinciale,
della quale sono co-presidenti Angiolo Naldi e
Lorena Marzini. Si è ulteriormente intensificata l’attività politica nelle
varie realtà comunali,
anche relativamente a
questioni (quali quella
dei cosiddetti “fanghi di
Bagnoli”, alla quale questo numero dà rilevanza) di notevole spessore
politico.
Restano aperte le grandi questioni legate alla
produzione energetica,
per le quali rimane alla
ribalta il problema dei
rigassificatori, che vede
i Verdi attestati su posizioni di netta contrarietà. Resta ancora da
definire la realizzazione, formalizzando piani
ed enti di gestione, del
Sistema dei Parchi della
Provincia.
Queste, come altre le
cogenti questioni. E con
questo numero 2 si è
cercato di fare il punto,
per molti dei nostri comuni, con articoli che
evidenziano il nostro
impegno, con la nostra
presenza fuori e dentro
le istituzioni.
Sia la Segreteria provinciale che molte delle segreterie comunali
(almeno quelle delle dei
comuni maggiori) sono
impegnate a vario titolo
nei cosiddetti “Cantieri
della sinistra”.
Al momento è presto
per fare il punto della
situazione, per un percorso che sembra destinato a seguire direzioni
diverse a seconda delle
diverse realtà, dei diversi rapporti esistenti tra
la nostra forza politica e
gli altri partiti che si riferiscono alla sinistra.
Certo è che seguiremo
ovunque e con attenzione, i processi che
si sono avviati con la
costituente del Partito democratico, ferma
restando però la convinzione nel mantenere
integra la nostra identità politica, la nostra
storia, rifiutando, da
subito, qualsiasi proposta di confederazione o,
peggio ancora, di “partito unico della sinistra”,
confermando
invece
la nostra massima disponibilità ad “alleanze
arcobaleno”, così come
le ha definite Pecoraro
Scanio.
2
M
ario, la tua campagna
elettorale era improntata sullo slogan “portare il mare a Firenze”. A due
anni dalla tua elezione, quanto
pensi ti sia riuscito realizzare
di quanto ti eri riproposto per
attuare questa tua idea? Quali
azioni politiche puoi enunciare
a suffragio di eventuali risultati
raggiunti?
Posso dire che a livello di piani e
programmi approvati è stato inserito su nostra proposta il Mare
e le Nostre Isole dell’Arcipelago
Toscano nel P.R.S. (Piano Regionale di Sviluppo), documento
fondamentale del Programma
della R.T. dove purtroppo emergeva solo la “montagna” e “la Toscana delle città”; nel P.I.T. (Piano
di Indirizzo Territoriale) abbiamo voluto inserito il Mare e Insularità quale “invariante strutturale” del piano stesso. Inoltre il
Mare e le Isole sono state e sono
al centro delle nostre proposte:
dalla portualità all’erosione costiera, alla biodiversità marina
fino alla Posidonia, ai trasporti
e cabotaggio, al Parco Nazionale dell’Arcipelago, al turismo,
balneazione, pesca ecc…oggetto
di proposte, mozioni, interrogazioni ed interventi vari. Portare
il Mare a Firenze ha significato
e significa portare alla discussione del Consiglio Regionale una
questione, un tema che troppo
spesso non trova la giusta considerazione e peso che per noi
merita.
I rapporti con il presidente
Martini risultano sempre più
difficili. Almeno, questo è quanto un osservatore esterno può
comprendere. Pensi che questo
atteggiamento faccia parte, diciamo così, della normale prassi della politica, o la reciproca
diffidenza che pare accrescersi,
potrebbe compromettere definitivamente il rapporto con l’attuale maggioranza di governo
regionale?
In effetti i rapporti con il presidente Martini non sono facili,
fluidi e costanti come potevo
pensare ed immaginare all’inizio
della mia esperienza in Consiglio. Ciò può essere comprensibile e normale visti gli impegni
pressanti che il presidente ha con
i livelli governativi a vari livelli.
Questa scarsa comunicazione
non compromette i rapporti di
maggioranza, ma sinceramente
avrei auspicato un più stretto
legame ed un rapporto più frequente; il ruolo del “comandante”
è sempre importante su una nave
come la Regione, ed una presenza attiva riuscirebbe a monitorare e mantenere sempre la “rotta”
e renderebbe l’equipaggio più
solidale, più solido, più “squadra”.
Forse questo è mancato.
Il percorso costitutivo del Pd,
ormai giunto alla fase conclusiva, al di là di ogni giudizio sulla
metodologia adottata, ha sicuramente rivoluzionato le relazioni tra le “forze costituenti”
e “tutto ciò che sta a sinistra”
del Pd stesso. Verdi compresi.
Quanto sta pesando questa attuale realtà, a livello istituzionale, nel rapporto tra le forze di
maggioranza?
C’è sicuramente un fatto positivo. Si è allargata la maggioranza
e si è di fatto creata quell’area
“Arcobaleno” dove ognuno nella sua diversità trova momenti
di sintesi comuni su tematiche
come Acqua, Energia, precarietà, ambiente ecc..; questo significa avere più peso all’interno della
maggioranza stessa, specie dopo
la costituzione del gruppo unico
del P.D.. Le nostre radici e la nostra storia è diversa da quella degli amici e compagni comunisti.
Noi apparteniamo alla famiglia
ambientalista dei Verdi, non solo
Speciale Livorno
“Portare il mare a Firenze”
Intervista a Mario Lupi, capogruppo dei Verdi al consiglio regionale della Toscana
europei ma internazionale.
Adozione di fonti energetiche
rinnovabili; politiche per le
aree protette e per la sostenibilità dello sviluppo; agricoltura di qualità. Questi, alcuni
dei cavalli di battaglia, di razza, dei Verdi, concordati nel
programma di governo della
Giunta Martini. Tra queste
tematiche, quali pensi che, ad
oggi, sia stata più sviluppata e
quale, invece, registri un ritardo nelle sue politiche di attuazione?
Un intervento sicuramente di
rilievo è la partita delle energie
alternative sulla quale continuiamo la nostra battaglia per la semplificazione degli iter burocratici,
per l’applicabilità, per rivedere il
rapporto tra Regione Toscana
ed ENEL, specie sulla questione
geotermia. Per l’agricoltura, pur
apprezzando il lavoro dell’assessorato all’agricoltura specie sulla
“filiera corta”, rileviamo l’opportunità e la necessità di spingere
ancora sul “biologico” e la nostra
odierna battaglia è per cercare di
evitare erronee interpretazioni
ed applicazioni a soluzioni positive come le biomasse da filiera
corta, con improbabili e pessime
soluzioni etico-ambientali come
l’utilizzo di olii di palma e di cocco, proposte che, pur arrivando
copiose sui tavoli delle P.P. Amm.
ni, sono per noi Verdi irricevibili.
I Verdi sono in prima linea nel
richiedere la discussione ed approvazione del P.I.E.R. (Piano di
Indirizzo Energetico Regionale)
e regolamenti attuativi.
Pensi che con Marco Betti,
nuovo assessore in sostituzione di Artusa, il Gruppo regionale dei Verdi per la pace sia in
grado di maggiore operatività?
In altre parole, che sia possibile ottenere maggiori risultati
per una politica più ambientale della RT?
Non è nel mio stile giudicare e
dare i voti. Con Marco Betti c’è
un lungo rapporto di reciproca
conoscenza, stima e amicizia, e
questo non guasta. Ritengo che
Marco stia cercando di svolgere
al meglio l’incarico assegnatogli
(è partito con l’handicap di metà
legislatura), ed una cosa è certa:
il dialogo, la presenza, la disponibilità con il partito, con il gruppo,
con il territorio è costante e presente. Oggi sta a tutti noi dargli
una mano ed aiutarlo; è entrato
in Giunta come dice lui “con la
valigia in mano”, con spirito di
servizio e come primo tra i pari,
uomo di una squadra. Cose, queste, che nei Verdi, ad alto livello,
sono sempre state difficili. I Verdi non hanno, a differenza dei
politici della “casta”, né apparati,
né professionisti della politica,
ed oggi sono riusciti a creare una
organizzazione a filiera, semplice ma funzionale ed i rapporti
Partito-Gruppo-AssessoratoFederazioni Provinciali e Partito
Nazionale, sono positivi, veloci e
proficui.
Quanto ti impegna questo incarico? Riesci comunque ad
aver spazi che ritieni sufficienti per la tua vita privata, o sei
costretto a sacrificare momenti ai quali tieni in modo particolare?
un breve PROFILO politico
Nato a Livorno, città dove risiede, il 4 giugno 1951, è laureato in
scienze politiche. è funzionario del Comune di Livorno e responsabile dell’Ufficio coordinamento centro servizi.
Per i Verdi ha ricoperto le seguenti cariche:
Segretario provinciale dei Verdi di Livorno
Consigliere alla Provincia di Livorno
Assessore alla Provincia di Livorno
Segretario regionale dei Verdi della Toscana
Consigliere capogruppo dei Verdi della Regione Toscana
Alle consultazioni elettorali del 3 – 4 aprile 2005 è eletto consigliere
regionale nella circoscrizione di Firenze nella lista “Verdi per la pace”.
è membro della Sesta Commissione - Territorio e Ambiente e della
Commissione speciale Lavoro.
è delegato della Regione Toscana nell’Ufficio di Presidenza
dell’A.E.V.F. per la via Francigena.
Aderisce al gruppo “VERDI per l’Unione” di cui è presidente.
[email protected]
Mi ritengo fortunato a ricoprire
questo incarico che ho cercato di
svolgere fin dal primo momento
con umiltà, spirito di servizio
e gratitudine verso i Verdi Toscani che mi hanno dato questa
opportunità e che devo degnamente rappresentare in Consiglio Regionale. Il ritmo che in
genere teniamo sia io che Fabio
che Marco è estremamente intenso, affaticante. Si predica e
si lavora per la qualità della vita,
per le discipline naturali, per i
cibi biologici e per la slow-life e
poi mangiamo frettolosamente
(ieri panino, oggi panino) e siamo sempre a rischio di stress, ma
sappiamo che è una esperienza
unica e lavoriamo come ragazzini, con lo spirito di chi vuol
cambiare il mondo….questo è
bello! Sono comunque certo che
se non avessimo la condivisione
e l’appoggio delle nostre persone
care, dei nostri amici, dei nostri
PROFESSIONI VERDI
verdi, non potremmo farcela.
So che hai un rapporto stretto
col nostro presidente nazionale.
Il che mi fa approfittare per una
domanda “difficile”. Quali particolari pregi, ma anche quali
difetti riconosci nel Pecoraro
Ministro e nel Pecoraro presidente nazionale del partito?
Con Alfonso ci sentiamo spesso,
più spesso la sera, in orari assurdi viste le fitte agende di un
segretario nazionale e Ministro.
Mi sento spesso anche con i suoi
collaboratori. A volte ci scambiamo sms, a volte ci vediamo
a Roma in occasione di incontri
di partito, iniziative o al Ministero per scambiarci opinioni
su questioni che riguardano tematiche regionali. Alfonso è un
iperattivo, non penso abbia una
vita privata… Ricordo, e con
me pochi amici e compagni di
Piombino non possono dimenticare…quel Pecoraro Scanio
che tra l’inaugurazione della più
grande centrale a pannelli solari
della Coop di Vignale ed il tavolo
sul mare ed erosione costiera di
Cecina, si spoglia dei panni del
Ministro, del Segretario Nazionale, ed anziché mangiare si fa
un bagno nello splendide acque
di Baratti. Alla domanda se sia
più gratificante fare il ministro o
il segretario dei Verdi, la risposta
è stata: “la seconda che hai detto”. Il prossimo anno si farà un
grande Congresso, la volontà è
quella di aprire sempre di più il
nostro partito, alla società, alla
gente, alle energie positive – anche economiche – della piccola e
media impresa, del commercio,
degli artigiani, degli agricoltori,
dei sindacati e della società civile
ecc…Adesso lavoriamo per questo, per crescere, convinti che le
nostre idee, le nostre proposte,
sono quelle veramente sostenibili, rappresentano il nuovo,
rappresentano il futuro, rappresentano una risposta per i nostri
figli, per le generazioni future. 
a cura di Mariella Ugolini
Spazio alle professioni verdi
Arch. Giovanni Giusti: Il Parco Provinciale dei Monti Livornesi. Un’occasione di sviluppo compatibile per il territorio
A
rchitetto Giusti, lei si è laureato
in architettura con indirizzo urbanistico. Di che cosa si tratta?
L’indirizzo urbanistico è un settore
dell’architettura che si occupa di tutto
quello che attiene alla pianificazione del
territorio, attraverso la predisposizione
di normative, l’individuazione di aree
destinate a particolari funzioni, la progettazione di tracciati infrastrutturali e
così via.
Vogliamo testimoniare l’attività
di chi, impegnato nel settore
della gestione del territorio,
opera in base al principio
dell’utilizzo sostenibile delle sue
risorse nel rispetto dell’ambiente
Quali sono state le esperienze più significative della sua carriera?
Ho avuto la fortuna di cominciare a lavorare, appena laureato, in uno studio professionale in cui si facevano lavori di urbanistica
a livello elevato. Anche se ho iniziato una
attività in proprio, continuo a avere un rapporto di collaborazione progettuale molto
positivo, sia dal punto di vista formativo
professionale, che dal punto di vista umano.
A questi anni di cooperazione appartengono alcune fra le tappe più interessanti della
mia esperienza: il nuovo piano regolatore
del comune di San Giuliano Terme, il Piano
del Parco Provinciale dei Monti Livornesi,
e tutta una serie di altre esperienze su altri
comuni, sia a livello di pianificazione urbanistica che di progettazione architettonica,
che di interventi di restauro.
Il Piano del Parco Provinciale dei Monti Livornesi è stato molto apprezzato da
coloro che hanno avuto modo di esaminarlo occupandosi di gestione del territorio e in particolare di aree protette.
Quali sono gli aspetti che, secondo lei,
sono risultati i più interessanti?
Credo che la cosa che interessi di più è che
il Piano non sia semplicemente una individuazione di aree da vincolare o di discipline
specifiche sulla questione delle componenti
naturalistiche, ma una serie di stimoli, di
indicazioni, di progetti, che messi insieme
in rete, cioè facendoli interagire fra di loro,
danno l’opportunità, a chi li voglia attivare,
di farlo vivere. Abbiamo pensato il Parco
nei termini di un territorio che ha degli
accessi, una viabilità che lo attraversa, dei
servizi che lo strutturano e lo rendono fruibile, tutte indicazioni dei rapporti dinamici,
degli scambi esistenti fra il territorio dentro
il Parco e il territorio fuori del Parco. Il Parco non è semplicemente un’area recintata
all’interno della quale si può entrare o non si
può entrare, si può far questo o quest’altro,
bensì un insieme di progetti, di potenzialità
che sono sul territorio tutto, e consente di
direzionare l’idea di sviluppo di questo territorio verso quella che è la sua vocazione,
che non è quella di utilizzare il bosco tagliandolo, di fare agricoltura residuale con
le forme di degrado e di marginalità che
conosciamo, di utilizzarlo come parco di
riserva per poterci costruire o poter localizzare cave, o discariche, o quant’altro. È un
modo di pensare alla valorizzazione di una
risorsa che può avere effetti molto positivi
e può essere di stimolo anche nei confronti
delle comunità o degli insediamenti urbani
che ci stanno intorno.
Attualmente è coinvolto in altri progetti ad alto livello, legati ad una fruizione sostenibile delle risorse di un
territorio?
Sono coinvolto da alcuni mesi in un gruppo interdisciplinare di lavoro, coordinato
dall’università di Venezia, impegnato in
un bel progetto di restauro di un sito archeologico a Shayzar, in Siria, una fortificazione medievale. Oggi è un affascinante
rudere di castello, che però non è visitabile
se non a proprio rischio e pericolo, dato lo
stato di totale abbandono. Noi vogliamo
non solo consolidare, mettere in sicurezza
e preservare quello che c’è da ulteriore degrado, ma anche allestire un’area che, nel
pieno rispetto di quelle che sono le emergenze e i beni archeologici, mantenendo e
non alterando l’identità del sito, consenta
la visibilità da parte di chiunque, facendo
entrare questa cittadina della Siria centrale
in un circuito turistico in modo che un po’
di questa relativa ricchezza che il turismo
porta, la si possa portare anche a loro. Abbiamo già fatto due viaggi per prendere
conoscenza del sito e effettuare i primi rilievi, ora stiamo lavorando alla prima ipotesi preliminare di intervento, speriamo
di trovare le risorse per vedere realizzato
questo intervento quanto prima. 
3
Speciale Livorno
I Verdi e Bagnoli-Piombino
“Ci siamo seduti dalla parte del torto perché tutti i posti della ragione erano occupati” (Bertolt Brecht)
I
l dibattito che si è acceso
in città in merito all’ipotesi di accordo Piombino-Bagnoli ha fatto emergere
preoccupanti segnali di intolleranza verbale nei confronti della città di Napoli.
La “napoletanità” è stata da
subito associata a concetti
quali inefficienza, incapacità, malafede e quant’altro
si possa immaginare tra gli
stereotipi più diffusi che
identificano nei meridionali
le caratteristiche negative del
nostro Paese. Un dibattito in
cui, pubblicamente, ci si sia
serviti, per definire i napoletani, di frasi quali “gente insulsa ed inetta” fa rifletterere
sull’effettiva civiltà con cui
deve procedere il confronto
e la partecipazione su temi
complessi come questi. Non
sappiamo se questi siano stati atteggiamenti puramente
strumentali per “condire” il
dibattito e per suscitare ulteriore avversione a tutto
ciò che proveniva da Napoli,
oppure se ciò è davvero un
primo segnale di qualcosa
che sta cambiando, in negativo, nella città di Piombino.
Certo questa deve essere l’occasione per avviare un’analisi
più profonda dei mutamenti
a livello sociale di una comunità che si è sempre ritenuta
immune a certe derive di intolleranza.
Il balletto dell’informazione
Se c’è una lezione che possiamo trarre da questo dibattito è sicuramente quella
che ci insegna quanto siano
essenziali gli strumenti della
partecipazione e dell’informazione per dare a tutti
i cittadini i mezzi per interpretare le grandi questioni
del proprio territorio. Il dibattito sull’Accordo Piombino-Bagnoli ha sofferto della
carenza di entrambe. Se per
lo scadente processo partecipativo a cui abbiamo assistito
possiamo individuare nelle
istituzioni, nel loro complesso, la principale componente
a cui sono assegnate responsabilità in tal senso, altrettanto non si può dire per l’informazione. L’informazione, lo
sappiamo bene, sta alla base
del processo partecipativo.
Siamo convinti che la circolazione delle informazioni
sul territorio non sia stata
esente, e forse non lo è tuttora, da lacune ed omissioni. Di
questo, anche i media, non
sono immuni da responsabilità. Un esempio eclatante
è il seguente. La base di tutte
le preoccupazioni emerse tra
i cittadini è quella riguardante, ovviamente, la natura
dei materiali da trasferire a
Piombino. Pericolosi o non
pericolosi, nocivi o non nocivi, le perplessità erano legittime. Se per i Verdi è risultato
chiaro, dall’attenta lettura dei
documenti tecnici allegati
all’Accordo, la non pericolosità dei materiali lo stesso
non è avvenuto tra i cittadini.
Ha destato stupore l’utilizzo
strumentale di uno studio del
prof. De Vivo dell’Università
di Napoli al quale si attribuiva la dimostrazione scientifica della pericolosità e nocivi-
tà dei materiali in misura tale
da non poter essere utilizzati
per gli scopi prefissati. Ciò
che ci allarma non è tanto il
polverone mediatico che si
è costruito attorno ad una
errata lettura di uno studio
scientifico, ma l’occultamento di un documento (visibile
su
www.verdivaldicornia.
it) di chiarimento dello stesso professore che, datato
nel lontano 10 settembre,
dichiara testualmente: “il
trasferimento dello stesso
con grande trasparenza, rispetto delle norme e con le
massime garanzie per i cittadini e l’ambiente. Per questo,
sara’ coinvolto anche il Comando dei carabinieri per la
Tutela dell’Ambiente’’. Lo ha
detto il ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio
e del Mare Alfonso Pecoraro
Scanio. ‘’Inoltre - ha aggiunto - stiamo operando per accogliere le indicazioni che ci
giungeranno da tutti i soggetti interessati per raggiungere
Alfonso Pecoraro Scanio: “Lavoriamo
con la massima attenzione affinche’
tutte le iniziative legate al progetto di
trasferimento dei materiali derivanti
dalla colmata di Napoli Bagnoli alle
vasche di Piombino siano effettuate con
grande trasparenza, rispetto delle norme
e con le massime garanzie per i cittadini
e l’ambiente. Per questo, sara’ coinvolto
anche il Comando dei carabinieri per la
Tutela dell’Ambiente’’
materiale di colmata, da
Bagnoli a Piombino, è del
tutto legittimo, sia in base
alla precedente normativa
(DM 471/99) che l’attuale
normativa (Dlg 152/2006)
“ in parole povere le concentrazioni di IPA e metalli
pesanti contenuti in questo
materiale sono idonei ad un
riutilizzo dello stesso materiale a fine industriale e commerciale.
Rendere pubblica questa dichiarazione sgombrerebbe
definitivamente il campo
delle discussioni da tutto
quell’insieme di legittime
preoccupazioni e artificiose mistificazioni che non
aiutano certo un dibattito
che dovrebbe essere serio
e trasparente. Soprattutto
si metterebbe la parola fine
agli allarmi di imminenti
“catastrofi ambientali” che si
accompagnerebbero all’Accordo
Piombino-Bagnoli.
Perchè ciò non accade ?
Pecoraro: “Lavoriamo accogliendo le indicazioni di
tutti i soggetti interessati”
‘’Lavoriamo con la massima
attenzione affinche’ tutte le
iniziative legate al progetto
di trasferimento dei materiali derivanti dalla colmata
di Napoli Bagnoli alle vasche
di Piombino siano effettuate
questo obiettivo. Insomma, la
positiva collaborazione tra i
due siti di interesse nazionale
del programma bonifiche del
Ministero consentira’ l’avvio
di opere attese e con evidenti
e reciproci vantaggi’’. Il ministero dell’Ambiente sottolinea che, grazie alla positiva
collaborazione tra enti locali
e tra autorita’ portuali di Napoli e Piombino, il progetto
potra’ dare il via a importanti
opere di bonifica per le due
citta’. A titolo di esempio si
ricorda, per Piombino, il
dragaggio dei fondali inquinati e il marginamento delle
banchine. Il progetto consentira’ di velocizzare, con
l’ottimale utilizzo delle risorse, anche la realizzazione o il
completamento delle opere
di sviluppo portuale e viarie
del territorio. Inoltre, questo
progetto sara’ un modello
utile ad agevolare altre opere
di bonifica di aree industriali.
Quanto alla sicurezza, il Ministero dell’Ambiente ricorda
che il progetto di trasferimento riguardera’ esclusivamente i materiali di colmata
e i sedimenti non pericolosi.
E il progetto esclude ogni attivita’ di lavaggio, stoccaggio
o trattamento a Piombino
L’enigma della discarica
abusiva della Lucchini
Si è parlato molto del problema della discarica abusiva della Lucchini , recentemente sequestrata dalla
magistratura e per la quale
è stata erogata una multa di
52 milioni di euro all’azienda.
Si è tornati a parlare di questo in relazione all’Accordo
Piombino-Bagnoli.
Infatti
è stato proposto che, invece di ricevere i materiali da
Bagnoli da immettere nelle
vasche portuali di Piombino,
si sarebbero potuti utilizzare,
per le stesse finalità, i rifiuti
siderurgici presenti nella discarica abusiva.
Premettiamo che la discarica sequestrata è un illecito
compiuto da un soggetto
privato su un terreno dello
Stato per cui deve valere il
principio che “chi inquina
paga” e quindi lo Stato non
può accollarsi un onere non
suo. Certo, la funzione delle
istituzioni deve essere quella
di facilitare la bonifica anche di quell’area, ma ci sono
aspetti tutti da chiarire prima di sposare ciecamente
una soluzione così complessa. Secondo noi, allo stato
attuale, è da irresponsabili
sostenere che tale operazione sia sicuramente possibile.
Ciò perché sussistono problematiche ambientali, questa volta davvero rilevanti
per il territorio e la salute,
tutt’altro che risolte. Infatti
non è ancora disponibile la
caratterizzazione dell’area
della discarica. Questo vuol
dire che non sappiamo esattamente la tipologia di materiale stoccato e per questo è impossibile dire che
sicuramente avrà livelli di
inquinamento tali da poter
essere conferito nelle vasche
del porto. Inoltre, non si ha
conoscenza dei quantitativi,
se idonei, che potrebbero
rendersi disponibili ad un
riuso di questo tipo. Serietà, responsabilità e rigore
scientifico vorrebbero quindi che non si usasse questo
argomento come soluzione alternativa all’Accordo
Piombino-Bagnoli. Sappiamo invece, con certezza documentale, che anche al termine del conferimento dei
materiali di Bagnoli rimarranno ingenti volumi vuoti
da riempire all’interno delle
vasche di colmata del Porto
di Piombino. Quindi non c’è
conflitto tra necessità di bonificare l’area della discarica
e necessità di riempire le vasche per l’ampliamento del
porto. 
CONTINUA Dalla prima
I Verdi e il coraggio
di un sì
Anche per Piombino questa consapevolezza deve
diventare la bussola del governo locale che, se vorrà
inseguire lo sviluppo a tutti i costi, finirà per distruggere le coste, il territorio, l’acqua, l’aria e la
stessa salute dei suoi abitanti Qualche tempo fa
abbiamo portato a Piombino una grande azienda
danese che voleva impiantare una fabbrica per produrre pale eoliche. A fronte di 300 nuovi occupati,
la ditta chiedeva spazi sulle banchine portuali e un
valido collegamento stradale tra il porto e la superstrada. Non essendoci queste condizioni l’azienda
ha cercato altri lidi e l’occasione è sfumata. Possiamo continuare a farci scappare la possibilità di creare una alternativa alla sola grande e problematica
industria che abbiamo? Quanto dobbiamo aspettare perché il porto sia completato e venga finalmente
proposto come uno dei caselli delle autostrade del
mare? Quanto dobbiamo aspettare per avere una
398 per il porto che allontani il fiume di auto, camion ed inquinamento dalla nostre case? Pensiamo
forse che l’unica occasione economica e lavorativa
per i nostri figli sia nell’industria siderurgica e nel
turismo? E quando avremo ricoperto di ombrelloni
le nostre coste e di seconde e terze case il promontorio, cosa resterà delle nostre spiagge e delle nostre
colline? Ecco perché non ci siamo schierati contro
quell’accordo Piombino-Bagnoli, di cui tanto oggi si
discute in città.
Sgombrato il campo da ogni allarme di tipo ambientale - grazie anche alle modifiche, integrazioni e garanzie che proprio noi Verdi abbiamo fatto
introdurre rispetto alla qualità dei materiali e alla
gestione delle operazioni - vorremmo fare di questo progetto, un’occasione davvero importante
per il cambiamento necessario della nostra città.
Un’occasione nell’occasione: facciamo su questo
progetto un dibattito pubblico come si deve e come,
forse, non si è mai visto e che si parli – davvero del futuro che vogliamo per Piombino e per tutto il
nostro territorio.
Noi Verdi a Piombino siamo ancora gli stessi di
quando ci siamo proposti nel 2004: persone che
hanno messo a disposizione gratuitamente buona
volontà, preparazione, risorse, energie, ma soprattutto il proprio TEMPO. Siamo sempre troppo pochi per realizzare tutte le iniziative che vorremmo,
rubiamo le ore per la politica al lavoro e alle nostre
famiglie. Così è per ognuno di noi e tutti offrono il
loro contributo con la generosità che si trova solo
quando grandi ideali ed elevati obiettivi prendono il
cuore delle persone.
Più siamo più contiamo. Un patto perché Piombino
cambi davvero.
Accordo “in progress”
Uno degli aspetti su cui in città si sono date letture
controverse è quello della graduale modificazione
dell’Accordo Piombino-Bagnoli a partire dalla prima stesura resa pubblica all’inizio dell’estate appena
trascorsa. Riteniamo sia stato molto positivo che il
Ministero si sia messo a disposizione della comunità locale, Amministrazione e cittadini, per favorire
la creazione di un documento condiviso in cui fossero recepite le indicazioni del territorio.
I Verdi in questa fase hanno giocato una parte fondamentale producendo un’enorme quantità di proposte migliorative che già sono state accolte e che
speriamo vengano accolte in toto nella stesura finale dell’Accordo che ancora stiamo aspettando.
Certo non possiamo ignorare che, da parte del
Sindaco e dell’Autorità Portuale, c’è stato un grave
ritardo nel mettere in atto un procedimento partecipativo sulla questione. Ma la politica non è stata
a guardare ed in questo caso è stata decisiva nel rallentare un iter che è apparso sin troppo affrettato.
Il positivo slittamento dei tempi, su cui hanno inciso sia l’ordine del giorno presentato dalle forze del
Patto di Consultazione a metà Luglio prima, sia la
successiva imponente partecipazione dei cittadini
poi, sono state fondamentali per un dibattito sul
merito della questione.
Tuttavia, la scrittura “in progress” dell’accordo,
capace di modificarsi accogliendo e risolvendo gli
aspetti più controversi in tema di sicurezza ambientale, ha portato nel tempo a far decadere molti dei
temi dibattuti. Bisogna superare la radicalizzazione
del dibattito nella città e nel territorio soprattutto
su questioni abbondantemente superate quali ad
esempio la natura dei materiali.
E’ tempo di uscire da una situazione cristallizzata
che non favorisce in alcun modo la “causa “ ambientale di un territorio, come quello di Piombino, in cui
non è più sostenibile ogni ritardo nelle bonifiche.
4
Speciale Livorno
QUI LIVORNO/1
Via Magenta, la nuova strada
doveva essere più verde
Nell’aprile 2005 il Consiglio Comune approvò l’istallazione
di nuove alberature e la sostituzione di piante abbattute e
non reintegrate «quando si rifanno le strade, le piazze e i
parchi pubblici». I Verdi hanno rilevato che questa indicazione non è stata attuata ed hanno scelto come esempio
via Magenta. “Via Magenta _ afferma Marcello Allegri,
portavoce dei Verdi _ è la testimonianza della negazione di
quanto deciso dal Consiglio. Non c’è un albero! Come mai
con la ristrutturazione della strada e dei marciapiedi non
si è provveduto ad attuare quanto previsto dal Consiglio
Comunale?”. “E’ stato chiesto al Sindaco _ sostiene Gabriele
Volpi, capogruppo dei Verdi in Consiglio Comunale _ di riferire sullo stato delle disposizioni che il Consiglio ha dato
alla Giunta in questi anni. Ma ad oggi non ci è stata data
risposta. L’impressione è il Consiglio venga quasi o del tutto ignorato”. “Sembra _ continua Allegri _ che il Consiglio
Comunale non conti nulla e che la Giunta ignori sistematicamente quello che il Consiglio decide. In via Magenta gli
alberi avrebbero avuto oltre che una funzione di abbellimento anche il compito di rendere più fresco e accogliente
l’ambiente”. “La legge regionale n.1/05 _ aggiunge Volpi _
dice espressamente che i Comuni devono promuovere l’incremento delle dotazioni del verde urbano ed orientare lo
sviluppo degli insediamenti alla realizzazione di una dotazione di verde equivalente capace di compensare le emissioni di gas all’interno dell’area urbana. A Livorno questo
ancora non sembra avvenire. In via Magenta senza alberi
d’estate si cuoce sotto il solleone”. I Verdi hanno pubblicato sul sito www.verdilivorno.it le foto di come sarebbe via
Magenta alberata.”La piantumazione di alberature in città
_ afferma Luciano Chirici, dell’Associazione Italiana Città
Ciclabili _ contribuirebbe anche al recupero ambientale
e a creare vere e proprie architetture. Il piano del traffico,
approvato dal Consiglio Comunale, prevedeva di creare il
sistema pedonale «Magenta Goldoni» tra il teatro Goldoni
e la piazza Magenta, alberata. Se fosse stata fatta, avremmo
avuto un’area verde e pedonale di circa diecimila metri quadrati, una delle più ampie d’Italia”.
I verdi ricordano che questa previsione è stata sostituita
dalla scorsa Giunta da un passaggio di mezzi pubblici di
tutti i tipi. Circa 700 transiti al giorno nei due sensi. “Sarebbe stato opportuno _ conclude Gina Truglio, portavoce
dei Verdi _ il recupero di nuovi spazi pedonali e alberati,
eventualmente riducendo le carreggiate ad uso dei veicoli.
Ma la Giunta Cosimi non l’ha fatto. Con le panchine e gli
alberi si sarebbe valorizzata la strada e la continuità con la
piazza. Ci auguriamo che gli elettori ne tengano conto alle
prossime elezioni”.
QUI LIVORNO/2
Via Ricasoli,
pedonale? Si, grazie!
“Sono passati mesi da quando via Ricasoli è stata aperta
al traffico per consentire i lavori in via Magenta _ afferma
Gina Truglio, portavoce dei Verdi _ Ora che i lavori sono
finiti, via Ricasoli è sempre aperta. Questa è l’ennesima dimostrazione che al Sindaco Cosimi non interessa la vivibilità della città”. “Noi ecologisti _ aggiunge Gabriele Volpi,
Capogruppo dei Verdi in Consiglio Comunale _ abbiamo
sempre sostenuto che questa amministrazione avrebbe rinunciato alla pedonalizzazione di via Ricasoli ed all’idea di
farci passare la tramvia. Ora ne abbiamo la conferma. Una
delle vie più importanti della città poteva essere valorizzata
con la pedonalizzazione ed il passaggio della tramvia, ed
invece ci ritrovano con un vero colpo di mano e una pedonalizzazione in meno”. I Verdi hanno presentato un interpellanza al Sindaco per chiedere che fine abbia fatto il
suo programma elettorale che prevedeva la mobilità sostenibile e l’aumento della la velocità commerciale del mezzo
pubblico. “Il Sindaco Cosimi _ sostiene Truglio _ nel suo
programma voleva sviluppare le corsie protette e garantire
il transito esclusivo dei mezzi pubblici. Una promessa che
non è stata realizzata. L’unica cosa che sta andando avanti
è il parcheggio dell’Odeon che noi consideriamo illegittimo
in quanto non è stato approvato da nessuna pianificazione
del Consiglio Comunale”.
Gli ambientalisti presenteranno in un prossimo Consiglio
Comunale le foto della Livorno del futuro. “Forse _ conclude Volpi _ con un sincero «nuovo stile di governo» una
nuova Giunta, diversa da quella attuale, realizzerà quella
tramvia che tanti cittadini si aspettavano”.
Domande e risposte per capire
Perché i Verdi non sono contrari all’Accordo Piombino-bagnoli? A che serve un
C
osa è la “colmata di
Bagnoli”?
E’ un’opera pubblica
costruita negli anni 60 per ampliare la superficie industriale
del locale stabilimento ILVA,
costituita prevalentemente da
materiale tufaceo locale ed in
second’ordine da scorie e loppe
di acciaieria ( inserire foto). Fino
a pochi anni fa è stata utilizzata
come spazio pubblico per iniziative vari (es. concerti)...
Cosa sono i “fanghi di Bagnoli”?
sono materiali provenienti dalla rimozione della colmata realizzata davanti alle acciaierie
ILVA di Napoli-Bagnoli - stabilimento del tutto analogo a
quello piombinese che però è
stato chiuso anni addietro - e
del dragaggio dei fondali del
porto.
Perché li chiamano “fanghi”?
Per la verità il termine “fanghi” per individuare i materiali
provenienti da Bagnoli è improprio visto che su un totale
di 2.060.000 mc dei materiali
previsti, solo 760.000 mc sono
“fanghi”, cioè i sedimenti marini dragati dal fondale di Bagnoli Coroglio. Gli altri 1.300.000
mc sono invece materiali solidi
derivati dalla demolizione della
Colmata di Bagnoli.
Ci sono anche sostanze pericolose?
Tutti i materiali (quelli della
colmata e quelli del dragaggio)
che s’intende trasferire a Piombino sono classificati non pericolosi e sono da definirsi rifiuti
speciali (cioè non rifiuti urbani) fino a quando non saranno
riutilizzati.
Che rischio rappresentano
per l’ambiente in cui viviamo?
E’ bene sottolineare che il pietrisco della colmata che sarà
trasportato a Piombino presenta concentrazioni di elementi
chimici (metalli pesanti, IPA,
ecc.) inferiori ai valori imposti
dalla normativa vigente (colonna B Tab. 1 DM 471/99) che lo
classifica come materiale da
riutilizzare per farci pavimentazioni in aree industriali ed
artigianali e per il riempimento
di banchine.
Perché si vogliono portare a
Piombino i materiali di Bagnoli/Coroglio?
Il Ministero dell’Ambiente e
della Tutela del Territorio ha
individuato in Piombino, sito
con problematiche ambientali e
residui industriali assolutamente
affini a quelli di Bagnoli, il luogo
più idoneo ad affrontare, insieme, la bonifica di ambedue le
aree, fruendo delle più avanzate
attrezzature e infrastrutture esistenti o in corso di realizzazione
presso il nostro scalo marittimo.
Perché non vengono utilizzati sul posto?
Per l’impossibilità di spostare
il materiale proveniente dalle demolizioni nelle casse di
colmata della darsena est del
porto di Napoli, che non sono
ancora pronte e saranno terminate – forse - solo tra 3-4 anni,
il Ministero ne ha progettato lo
spostamento via mare in siti di
bonifica nazionale che avessero già depositi costieri idonei.
L’unico porto pronto è attualmente quello di Piombino.
Chi garantisce che non ci
siano sostanze pericolose?
La
caratterizzazione
del
1999/2002 che fotografa la si-
tuazione dei materiali e che
attesta la loro NON pericolosità. La conferenza dei servizi
per l’ampliamento del porto di
Napoli del 2003 ha approvato
la caratterizzazione ed autorizzato il progetto dell’autorità
portuale di Napoli di riversare
il materiale nelle vasche del
porto così com’è, senza trattamenti.
Chi controlla che non ci siano sostanze pericolose?
I controlli sono di competenza
di Apat Arpac (Campania) Arpat (Toscana) Icram Iss (Istituto Superiore di Sanità) Noe
(Carabinieri) nell’accordo sono
previsti controlli integrativi a
quelli di routine
Come verrebbero trasportate tutte queste tonnellate di
detriti dal porto di Napoli a
quello di Piombino?
Via mare, tramite navi specificamente attrezzate sotto il controllo del Comando dei Carabinieri per la tutela dell’ambiente
(ex NOE). Si calcola un periodo di 18 mesi per il trasporto e
circa 2000 viaggi, in media 2-3
al giorno)
Che impatto può avere
sull’ambiente e sulla vita
quotidiana dei Piombinesi il
trasporto di tutte queste tonnellate di materiali?
Sicuramente ci sarà un incremento del traffico portuale e
delle operazioni a terra nella
sede di ampliamento del porto.
Per quanto riguarda il mare,
trattandosi di vettori lenti e di
carichi non pericolosi non si
ravvisano rischi ambientali.
Quali rischi per Follonica e le
altre località del Golfo?
Né Follonica né le altre località
del Golfo possono essere toccate da questa operazione che
vede il passaggio di due o tre
navi al giorno (natanti specializzati lenti e affidabili) a grande distanza dalle aree di balneazione. Non si ha statistica
alcuna di incidenti con mezzi
simili. In ogni caso, anche l’ipotetico affondamento di uno di
essi non potrebbe rappresentare una minaccia per l’ambiente;
pensiamo – per fare un confronto – al rischio rappresentato invece dalle bettoline di olio
combustibile che regolarmente
riforniscono la centrale ENEL
nello stesso golfo, approdando
quasi a contatto degli arenili.
Quali vantaggi può portare
alla città di Piombino questa
operazione?
La bonifica marino costiera
dell’area portuale con l’asportazione dei sedimenti inquinati
del nostro bacino portuale.
La messa in sicurezza delle
infiltrazioni di acque superficiali inquinate che, da decenni
ormai, si riversano nel nostro
bacino portuale; questa operazione è anche un mezzo per
favorire le successive bonifiche
a terra nelle zone industriali.
Il recupero delle acque superficiali finalizzato al riutilizzo
dopo depurazione per usi industriali diminuirà il prelievo
in falda da parte della grande
idnustria
La velocizzazione dei tempi
di riempimento delle vasche
e della successiva trasformazione in banchine e piazzali di
manovra; il relativo risparmio
sui costi di queste opere.
Il completamento, finalmente,
della 398 fino al porto eliminando la storica “strozzatura”
in entrata e in uscita dalla nostra città.
A che serve un così grande
ampliamento del Porto di
Piombino?
Il porto di Piombino, già da
tempo, è stato individuato
come un casello delle autostrade del mare. Questo permetterà di avere un ruolo primario
nel trasporto via mare, che è
la vera alternativa, insieme alla
ferrovia, al traffico su gomma.
Inoltre, l’ampliamento del porto consentirà anche di dividere
i traffici industriali da quelli
commerciali e turistici con
grandi vantaggi per la sicurezza. Proprio di questi giorni è
l’accordo tra Ferrovie e Autorità Portuale per per il potenziamento delle infrastrutture ferroviarie a servizio del porto di
Piombino. Questo consentirà
già nel breve periodo di completare il carico di treni merci
completi. Un passo decisivo
verso l’intermodalità tanto auspicata dai Verdi
Piombino, Bagnoli ma anche
Un requiem
Riflessioni ambientaliste sullo sviluppo urbanistico nel
a cura del Comitato scientifico dei Verdi di Livorno
N
Nella foto
in alto il Porto
di Bagnoli.
Qui a fianco
ruspe all’opera
per abbattere
il teatro Odeon
di Livorno.
egli anni difficili del dopoguerra Livorno si trovò ad affrontare l’opera ardua e gravosa
della propria ricostruzione. La grave
distruzione operata dagli eventi bellici
poneva gli amministratori e i cittadini
davanti a scelte sicuramente non facili
e spesso controverse: cosa si doveva
conservare – di quel che era rimasto –
e cosa si doveva, invece, radicalmente
trasformare secondo esigenze e concezioni nuove? In questo processo si
fecero, ovviamente, cose giuste e cose
sbagliate. Una di queste ultime è sotto gli occhi di tutti e ha fornito argomento di annosa contesa: quel brutto
palazzo costruito in mezzo a quella
bella piazza che giustamente era stata chiamata Grande, ma che – dopo
tale intervento – risultò assai modesta
e francamente misera . Il “nobile interrompimento”, come fu definito, ha
cancellato completamente il disegno
elegante della Piazza Grande, ne ha
sconvolto la prospettiva e la funzione sociale. Una piazza fatta perché la
gente ci si potesse raccogliere e incontrare, col Municipio ad un estremo e il
Duomo all’altro; un bel simbolismo –
la dialettica tra il potere civile e quello
religioso – in un nobilissimo disegno
palladiano. Oggi, in quella piazzetta
occupata dagli autobus e attraversata
da veicoli troppo veloci, non ci si intrattiene più nessuno.
Si può comprendere questo errore,
tornando a quei tempi e a quelle idee,
a concezioni ideologiche di stampo
“costruzionista”, al bisogno di voltar
pagina rispetto ad un brutto passato.
Ma oggi, nel 2007, in un’epoca completamente diversa e con una consapevolezza sicuramente molto maggiore,
andiamo incontro a nuove gravissime
alterazioni della fisionomia e della fun-
5
Speciale Livorno
re l’accordo Bagnoli-Piombino
così grande ampliamento del Porto di Piombino? Facciamo un po’ di chiarezza
Livorno sono “Siti di interesse
nazionale”. Che cosa vuol dire ?
I siti d’interesse nazionale
(SIN) sono aree del territorio
nazionale definite in relazione
alle caratteristiche del sito, alle
quantità e pericolosità degli
inquinanti presenti, all’impatto sull’ambiente circostante in
termini di rischio sanitario ed
ecologico e di pregiudizio per
i beni culturali ed ambientali. I
SIN sono individuati e perimetrati con Decreto del Ministro
dell’Ambiente e della Tutela
del Territorio e del Mare, d’intesa con le regioni interessate.
Differiscono dagli altri siti contaminati anche perché la loro
procedura di bonifica è attribuita al Ministero dell’ambiente e della Tutela del Territorio
e del Mare, che può avvalersi
anche dell’APAT, delle ARPAT
e dell’ISS ed altri soggetti.
Perché, se questa operazione
è vantaggiosa, non la fanno a
Napoli?
La farebbero volentieri. L’autorità portuale di Napoli avrebbe
voluto utilizzare i materiali in
loco, ma il ritardo delle opere
portuali napoletane e l’impossibilità di aree di stoccaggio nelle
vicinanze, hanno consigliato la
soluzione di Piombino.
Come cambierà il paesaggio
della costa piombinese?
Gli interventi sono limitati
all’area industriale favorendo
così un riordino e un compattamento urbanistico del profilo
costiero che, al termine, mostrerà solo l’ampliamento delle
banchine portuali
Perché i Verdi – i più accaniti
difensori dell’ambiente – non
sono contrari all’Accordo
Piombino-bagnoli ?
Proprio perché non si ravvisano, in questa operazione, minacce o rischi ambientali.
Operazione che, se ben eseguita, può al contrario costituire un vantaggio per diverse
ragioni:
Scongiurare la realizzazione
dell’inutile e dannosa strada
Fiorentina-Ghiaccioni;
ridurre il congestionamento
del traffico cittadino spostando
i flussi veicolari diretti al porto
fuori della cerchia urbana contribuendo ad abbassre l’inquinamento da benzene e pm10;
dare impulso alla realizzazione delle “Autostrade del mare”
– l’unica iniziativa che può far
calare il pauroso traffico mer-
ci su gomma nel nostro paese
– facendo di Piombino un importante “casello”;
dotare la città di un nodo ferroviario intermodale capace di
far lavorare bene il porto “scaricando” al contempo il traffico
degli autoarticolati;
accelerare le bonifiche e consentire di recuperare aree industriali per nuove funzioni
quali verde urbano, insediamento di piccole e medie imprese, attività di ricerca
investire nello sviluppo del
porto di Piombino per costruire una alternativa economica
all’industria siderurgica
dimostrare che si può conciliare – nello spirito di quanto
affermato dal nostro partito a
Genova, in occasione del “Patto per il clima” – la salvaguardia
dell’ambiente con un’economia
valida ed innovativa.
Che impatto avranno le nuove aree portuali sull’ambiente marino e, in particolare,
sullo Stretto e sul Golfo di
Follonica?
L’Autorità portuale di Piombino ha commissionato uno studio all’ing. Aminti per valutare
l’impatto delle opere, in particolare della nuova diga foranea, sulla costa. Lo studio conclude che le opere portuali non
avranno effetti erosivi a danno
del Golfo di Follonica. 
LA LIPU A LIVORNO
a cura di Andrea Morini
La Lipu (Lega Italiana per la protezione degli Uccelli) di Livorno
ha la propria sede nell’ex scuola elementare di via delle Sorgenti
430, zona Cisternino, dove dal 1987 sorge il Centro recupero uccelli marini e acquatici (C.R.U.M..A), coordinata dal responsabile
Daniele Marzi; il direttore sanitario è il dott. Renato Ceccherelli.
Oltre le strutture esterne adibite a ricovero per gli animali feriti
(circa 2600 animali l’anno) il centro ha una sala chirurgica e un locale dove accogliere gli animali feriti portati dai cittadini.
La struttura ricovera non solo uccelli marini e acquatici, quali: anatre, aironi, cormorani e gabbiani, ma altre specie: rapaci, come: poiane, gheppi, fino ai più rari: bianconi e aquile minori, e altri uccelli
granivori e insettivori. Le cause di ricovero sono diverse: nel periodo che va dai primi di Settembre al 31 Gennaio la caccia rimane
la principale delle cause. Nel periodo primavera-estate invece, una
percentuale molto alta sono pulli (cioè piccoli) caduti dal nido. Le
altre cause possono essere: imbrattamento da idrocarburi, traumi
da impatto, intossicazioni e ferite da lenze e ami.
Non essendoci tanti centri e strutture in Toscana, in grado di accogliere e curare la fauna selvatica, il C.R.U.M.A. riceve anche mammiferi come: nutrie, scoiattoli, volpi, istrici, ecc… Il Centro non è
attrezzato però per gli ungulati (daini, cinghiali).
L’attività, oltre che dal responsabile e dal direttore sanitario, è svolta
da 4 volontari del servizio civile nazionale e da un certo numero di
volontari, circa 20, organizzati in turni in modo da garantire la cura
e l’alimentazione degli ospiti. Gli iscritti di Livorno sono oltre 300.
L’Associazione è un’associazione ambientalista, che non si occupa
soltanto di cura e recupero di uccelli ma pure dell’individuazione e
gestione di aree protette, di educazione ambientale e di tanti argomenti quali la biodiversità e l’utilizzo di energie rinnovabili, consulenza scientifica e non ultima la vigilanza ambientale.
Attualmente 9 Guardie (7 GAV, Guardie Ambientali Volontarie e
2 GGVV, Guardie Giurate Volontarie Venatorie) prestano servizio
presso la LIPU Sezione di Livorno. Annualmente vengono garantite circa 1300 ore di vigilanza, l’88% delle quali dedicate al controllo dell’attività venatoria, le restanti sono mirate alla repressione
dell’abbandono dei rifiuti, al controllo della pesca sportiva in acque
interne ed ad altre attività istituzionali. Le Guardie LIPU operano
particolarmente nel settore più settentrionale della provincia, ma
la loro competenza è provinciale pertanto sovente sono impegnate
anche in altri settori. Per diventare GAV LIPU occorre aver partecipato ad un corso di formazione ed aver successivamente superato
gli esami finali, per ottenere il decreto di GGVV (con competenza
solo ittico/venatoria) occorre invece il solo superamento di un apposito esame. Orari del centro: 9,00-13,00 e 14,00-18,00
Il numero di telefono è 0586/400226.
Per informazioni o segnalazioni al nucleo GAV scrivere a [email protected]
per l’Odeon ed il centro cittadino
lla città capoluogo. Livorno si avvia a diventare una città fatta di sole periferie ed il degrado conseguente sarà la prima vera causa d’insicurezza sociale
zione di porzioni importanti e storicamente assai connotate del nostro
centro cittadino: la trasformazione in
parcheggio del teatro Odeon e l’inserzione di immobili di nuova costruzione in Piazza del Luogo Pio.
Per quanto riguarda la demolizione
dell’Odeon, si rimane sbalorditi – e
francamente amareggiati – rispetto ad
una scelta in così evidente controtendenza. Oggi, in tutte le città del mondo, si tolgono i parcheggi dal centro per
spostarli in periferia. Lasciando stare le
massime città europee e le centinaia di
esempi al riguardo, prendiamo il caso
di un altro capoluogo toscano, Lucca.
Qui si è liberata la piazza più centrale e più grande da un parcheggio che
la occupava da decenni restituendola
alla funzione per cui era nata. Ed oggi i
Lucchesi si godono quello splendido,
antico spazio incorniciato dagli alberi,
per passeggiare e incontrarsi e per farci le feste; il parcheggio, bello grande,
lo hanno messo fuori mura.
La costruzione di un parcheggio al posto di un teatro – leggasi dequalificazione di una architettura artisticamente rilevante e storicizzata – è un atto
doppiamente sbagliato. In primo luogo perché le “memorie di pietra” sono
strutture cittadine la cui conservazione dovrebbe essere una ovvia responsabilità; come osservano gli architetti
di tutto il mondo, la perdita e l’abbandono di manufatti carichi di significato
storico – quelli cioè che costituiscono
l’identità medesima di una città o di un
quartiere – vengono giustificati da argomentazioni deboli e ben poco convincenti e danno perciò adito ad essere
interpretate solo ed esclusivamente
con ragioni di tipo utilitaristico. Ogni
generazione lascia il segno del proprio
passaggio sul territorio, è vero, ma la
drastica alterazione di un’architettura
– come quella d’avanguardia di Virgilio Marchi, esponente di spicco del
secondo futurismo italiano – al fine di
mutilarla e ridurla a ricovero di autoveicoli, significa stravolgere il senso e
il significato di un territorio e rendere
orfani coloro che lo abitano. Un luogo
con finalità culturale, con una lunga
storia di spazio di ritrovo, per la socializzazione e il tempo libero, diventa affollato di automobili e deserto di
persone. Prima di alterare, e in modo
assai più rispettoso, un grande edificio,
opera di un altro famoso architetto
dello stesso periodo del Marchi, il municipio di Pantin – alla periferia nord–
orientale di Parigi – ha condotto una
consultazione durata quattro anni e c’è
chi ha tirato in ballo il vincolo dei Beni
Culturali; a Livorno siamo evidentemente assai più veloci.
Se poi pensiamo alla congestione che
si verificherà in Via Verdi, fino a via
degli Apostoli, per l’afflusso dei veicoli in cerca di posto, la lentezza di
accesso, i problemi di confluenza ingresso/uscita nella strozzatura di Largo Valdesi e il prevedibile collasso di
Via delle Navi e Via S. Carlo, dobbiamo giudicare tutta questa operazione
nel modo più negativo. È contro ogni
moderna logica di pianificazione dei
centri urbani incrementare il traffico
veicolare, con l’ inquinamento atmosferico e il rumore che ne conseguono, nei quartieri storici che sono comunemente dotati di una rete viaria
più vecchia ed angusta. E poi, a chi
serve tutto ciò? Non è certo così che si
rivitalizza il commercio e si riqualifica
il centro; anzi! Non è certo la mancan-
za di parcheggi che sottrae clienti ai
negozi e agli esercizi, come dimostra
l’insuccesso di tante belle attività collocate all’interno dei grandi centri
commerciali circondati da migliaia di
posti auto. È la grande distribuzione
che si porta via i clienti. Contro questo fenomeno il piccolo commercio
tradizionale trova rimedio nella pedonalizzazione dei centri e nella creazione di “salotti” urbani, ricchi di verde e di spazi liberi e piacevoli, aperti
al passeggio e alla frequentazione dei
cittadini. Questa non è un’ipotesi o
un’opinione, ma una realtà europea
ben conosciuta da chiunque abbia
occasione di viaggiare. L’aumento
del traffico porta invece l’allontanamento delle persone, la chiusura o la
trasformazione in senso peggiorativo
degli esercizi e la conseguente perdita
di valore degli immobili, con relativo
rischio di degrado della zona. Sono
già evidenti, a Livorno, quartieri con
questi fenomeni in corso, già ad oggi
palesemente ‘sotto pressione’ di vandalismo e microcriminalità: un De
profundis per tutte le attività economiche della zona. Questo è volgersi
e andare all’indietro, è un regresso
non certo un progresso, una grande
occasione persa; si poteva spendere
in cultura e in socializzazione, creare uno di quegli spazi polifunzionali
che caratterizzano, appunto, le città
moderne. Si poteva pensare ai giovani, mettere assieme ritrovi, attività
commerciali e spazi dedicati al fitness, all’arte e alla cultura. Non c’era
da inventare niente, son tutte cose già
molto note e diffuse.
Corre poi l’obbligo di domandarsi
quanto sarà lacerata e sconvolta l’identità del quartiere Venezia dalla prevista e – ahinoi – approvata operazione
edilizia in piazza del Luogo Pio. Non
un’identità qualsiasi, ma una vestigia
storica di valore inestimabile, l’unica
di tale portata che abbiamo a Livorno.
Ci si domanda quale irreparabile danno procurerà l’occupazione di spazi
antichi con edifici moderni che – ove
anche fossero bellissimi – risulterebbero fatalmente sconvolgenti la prospettiva, lo stile, la memoria storica
del luogo. Ancor più ci si sorprende
perché questa splendida Venezia abbonda di edifici antichi, nobili e bellissimi che versano in un abbandono
tanto prolungato quanto volutamente incomprensibile. In quale città del
mondo civile si costruisce il nuovo –
in un centro veramente storico – senza prima recuperare l’antico? A quale
disegno generale, a quale organico
modello corrisponde questa serie di
operazioni?Quale futuro si progetta
per Livorno?
Gli imminenti insediamenti del Nuovo Centro e della Porta a Mare svuoteranno ulteriormente il centro attuale;
l’intervento in piazza del Luogo Pio
mortificherà uno spazio importante in
una città sempre più avara di bellezza e
di spazi per la cultura: Livorno si avvia
a diventare una città fatta di sole periferie ed il degrado conseguente sarà la
prima vera causa d’insicurezza sociale,
perché il centro sarà sempre meno frequentato e capace di attrazione e potrà
facilmente diventare ricettacolo ideale
di tutte quelle forme di grave disagio
urbano che tutti sostengono di voler
evitare. È stato già detto molte volte,
ma giova ripeterlo: non è con le sole
forze dell’ordine che si può garantire la
sicurezza di un centro abitato, ma con
l’apporto determinante degli abitanti,
delle loro attività e della loro presenza.
In questo sconcertante contesto, un
parcheggio in pieno centro storico è
un salto nel clima buio degli anni ‘50,
non verso quel futuro ecosostenibile
che altrove è già “presente e vivo”. 
6
Speciale Livorno
Il dossier di Greenpeace contro l’off-shore
Un rigassificatore off-shore nel santuario dei cetacei? Un pericoloso esperimento tecnico e giuridico, che non dovrebbe essere permesso
Francesco Naldi
I
l coro delle voci contrarie
all’off-shore si arricchisce
di una prestigiosa voce,
quella di Greenpeace, che ha
presentato un interessante
dossier per “presentare i motivi della propria opposizione
al progetto di deposito/rigassificatore che l’impresa OLT
intende realizzare a circa dodici miglia dalla costa toscana, grazie all’autorizzazione
concessa il 23 febbraio 2006
con decreto del ministro per
le Attività Produttive di concerto con il ministro dell’Ambiente”. La critica di Greenpeace non investe i rigassificatori in quanto tali, ma lo specifico progetto in questione,
sia per le caratteristiche che
esso presenta sia per la sua
localizzazione nel Santuario
dei Cetacei. Greenpeace sceglie di non entrare nel merito
del tema specifico della sicurezza – anche se ricorda che
affermazioni tranquillizzanti
come “non si registrano ad
oggi casi di incidente riguardanti terminali galleggianti
dedicati al deposito di GNL”,
contenuta nella Valutazione Ambientale Strategica
(VAS), andrebbero evitate
visto che “si tratta del primo
impianto off shore di questo
tipo, al mondo” – ma di occuparsi dei problemi giuridici e ambientali connessi alla
costruzione dell’impianto. Di
questo dossier denso di notizie e argomentazioni, interamente scaricabile da www.
verdilivorno.it, forniamo un
resoconto.
Aspetti giuridici
“Greenpeace è preoccupata
perché un iter procedurale non limpido, non a caso
oggetto di numerosi ricorsi
al TAR, ha portato all’inusitata creazione del primo sito
industriale marino del Mediterraneo, e per di più nel Santuario dei Cetacei”. L’autorizzazione concessa all’OLT – e
su questo è d’accordo anche
la VAS – rappresenta un pericoloso precedente per l’insediamento in mare di altre
attività produttive, darebbe
insomma il la ad una sorta
di “industrializzazione del
mare”: secondo il dossier,
“tutto ciò è semplicemente
inaccettabile: questo progetto infatti rappresenta un
precedente di localizzazione
di un impianto industriale in
mare aperto e, a maggior ragione, ancor meno lo si può
accettare nel Santuario dei
Cetacei”. Sebbene le disposizioni dell’Accordo che stabilisce il Santuario siano purtroppo vaghe e incomplete,
è comunque difficile pensare
che un impianto come l’offshore possa “garantire uno
stato di conservazione favorevole ai mammiferi marini”
(Art. 4 dell’accordo stesso)
o intensificare “la lotta contro ogni forma di inquinamento” (Art. 6); inoltre, la
base giuridica del Santuario
è internazionale (l’Art. 10
precisa che le Parti si devono concertare per applicare
applicare “le misure stabilite dagli articoli precedenti”)
ma la compatibilità dell’impianto con lo stesso Santua-
rio è stata “garantita” con un
atto unilaterale del comitato
di pilotaggio dell’Accordo sul
Santuario, cioè un comitato soltanto italiano. “D’altra
parte,” continua Greenpeace,
“il Santuario dei Cetacei è
stato incluso nella lista delle
Aree Specialmente Protette
di Interesse Mediterraneo
(SPAMI) ai sensi del Protocollo sulle Aree Specialmente Protette (SPA) annesso alla
Convenzione di Barcellona”,
il quale, tra l’altro, proibisce
(all’Art. 6) il dumping (cioè
lo scarico in mare) di “rifiuti
o di altre sostanze che verosimilmente possono direttamente o indirettamente danneggiare l’integrità dell’area”.
A tal proposito, è significativo che la Valutazione di
Impatto Ambientale (VIA)
del rigassificatore OLT abbia
ignorato la presenza dell’ipoclorito di sodio negli scarichi
dell’impianto, ipoclorito che
è invece in testa alle sostanze vietate all’Annesso I (di
cui cioè è vietato lo scarico
nel Mediterraneo) del Protocollo sul Dumping della
Convenzione di Barcellona
(in vigore dal 1978). E’ vero,
nota Greenpeace, che gli
scarichi dell’impianto OLT
non sono “un rifiuto trasportato allo scopo specifico del
rilascio in mare (che è più o
meno la definizione di dumping)”, ma è altrettanto vero
che non sono applicabili né
la normale normativa per
gli scarichi delle navi (dato
che “il cloro non deriva dalle
normali attività di navigazione, ma proprio dalla natura industriale del sito”) né
quella degli scarichi da fonti
terrestri (siamo a 12 miglia
dalla costa). Allora “delle due
l’una: o quest’impianto non
può scaricare i suoi reflui in
mare, e quindi non poteva e
non doveva essere autorizzato, oppure si intende far passare il principio che in assenza di norme specifiche tutto
è permesso.” Se fosse vero
il secondo caso, l’off shore
OLT “potrebbe diventare il
precedente di una soluzione
(la realizzazione su piattaforme, navi, ecc… di impianti industriali in alto mare)
che potrebbe essere proposta in altri siti per alleviare il
peso della servitù industriale
di ampie aree di territorio”.
Questo sarebbe un pericolo
per il nostro mare da non
sottovalutare: l’inquinamento, causato tra l’altro dal cloro e dai cloroderivati, “non
solo sta danneggiando l’ecosistema marino ma costituisce un grave problema per
la salute perché tali sostanze arrivano a contaminare,
prevalentemente attraverso
le reti alimentari, anche gli
esseri umani”.
Aspetti ambientali
Nella seconda parte del dossier, Greenpeace analizza la
Valutazione di Impatto Ambientale (Decreto VIA/DEC/
SA/01256) sulla cui base il ri-
VAS (per la quale i sedimenti fini, tipici della zona,
“possono essere trasportate
anche a notevole distanza”).
La VIA inoltre considera
basso e conforme alla legge
il livello di inquinanti nei
sedimenti della zona: la presenza dei già citati fanghi del
porto di Livorno fa vacillare
questa certezza (del resto,
non è un caso che, proprio
per evitare la risospensione dei fanghi, nella zona sia
vietata la pesca a strascico).
A questi sedimenti vanno
aggiunti quelli smossi dalle attività dell’impianto in
funzione a causa delle 40-50
metaniere (lunghe circa 300
metri) che ogni anno arrive-
La critica di Greenpeace non investe
i rigassificatori in quanto tali, ma lo
specifico progetto in questione, sia per
le caratteristiche che esso presenta sia
per la sua localizzazione nel Santuario
dei Cetacei. Greenpeace sceglie di non
entrare nel merito del tema specifico della
sicurezza, ma di occuparsi dei problemi
giuridici e ambientali connessi alla
costruzione dell’impianto.
Il dossier, denso di notizie e
argomentazioni, è interamente scaricabile
sul nostro sito: www.verdilivorno.it
gassificatore OLT ha avuto il
via libera: vengono sollevate
numerose riserve (per lo più
condivise anche dall’Icram,
il braccio scientifico marino
del Ministero dell’Ambiente)
riassumibili come segue:
a) Movimentazione dei sedimenti – Su un fondale che
“accoglie circa 1800 mila
metri cubi di fanghi contaminati provenienti dal dragaggio del porto di Livorno”,
saranno movimentati, per
posare i 12 km della condotta che unirà il rigassificatore
alla rete nazionale, circa 200
mila metri cubi di materiale:
la VIA sostiene che tutto il
materiale smosso resterà in
situ ricoprendo la condotta,
ma l’ipotesi pare inverosimile ed è smentita anche dalla
ranno al rigassificatore e degli ancoraggi del terminale
stesso, che strisceranno sul
fondale durante le manovre. Se dunque per la VIA il
problema dei sedimenti non
sussiste, come mai essa stessa – si chiede Greenpeace
– prescrive che i lavori per
posare la condotta debbano
avvenire fuori “del periodo
di balneazione”? A che serve
questa prescrizione se siamo sicuri che non c’è alcun
problema riguardante i sedimenti?
b) Il reimpianto della Posidonia – La VIA prevede che
“in accordo con le conoscenze più aggiornate nel campo
della salvaguardia della Posidonia oceanica”, gli esemplari espiantati durante la
posa della condotta vadano
reimpiantati. Greenpeace fa
notare che sono proprio “le
conoscenze più aggiornate
nel campo della salvaguardia
della Posidonia oceanica” a
sconsigliare il reimpianto:
esse suggeriscono di rimuovere le cause della distruzione della Posidonia, invece di
reimpiantarla in altra sede
(tale reimpianto, tra l’altro,
ha una possibilità di successo solo del 30-40%).
c) La qualità degli scarichi –
Soltanto in un breve passo
della VIA viene menzionata la
presenza di ipoclorito di sodio
(NaClO) negli scarichi in mare
del rigassificatore. Greenpeace
giudica “clamorosa” questa superficialità: “è noto da tempo”,
spiega il dossier, “che cloro e
cloroderivati hanno pericolosi
effetti ambientali”, è non a caso
“l’ipoclorito è utilizzato per
impedire la crescita di qualsivoglia organismo nelle condotte e nei cassoni della nave/
impianto”. La VIA dunque non
dice neanche quanta NaClO
di sodio verrà disperso in mare
dal rigassificatore: il dossier di
Greenpeace, partendo dai dati
disponibili per un rigassificatore progettato a Trieste, prova
a calcolare che ogni anno verranno immesse nel Santuario
dei Cetacei 166 tonnellate di
ipoclorito, che diventano circa
cinquemila se moltiplicate per
i 30 anni di operatività prevista
per l’impianto. Sono dati sconcertanti.
d) La dispersione dello scarico – Spiega la VIA: “il calore
necessario all’evaporazione
del GNL è fornito dall’acqua
di mare” che verrà aspirata da una presa, pompata
negli evaporatori e scaricata in mare (con l’aggiunta
dell’ipoclorito) più fredda di
7 gradi. Si tratta di 2,2 metri
cubi al secondo; secondo la
VIA “l’effetto termico dello
scarico è confinato entro 45
m al disotto dello scafo e 5
m lateralmente dall’asse dello scarico”. Greenpeace contesta duramente questi dati:
la temperatura inferiore e la
presenza di ipoclorito (“che
aumenta il quantitativo di
sale in soluzione”) aumentano la densità del “flusso non
modesto” dell’acqua emessa dall’impianto, per cui la
“miracolosa miscelazione”
con l’acqua circostante prevista dalla VIA sembra da
escludere. E’ ben probabile
piuttosto che una colonna di
acqua fredda e arricchita di
pericoloso ipoclorito scaricata nel bel mezzo del Santuario dei Cetacei possa dirigersi, portata dalle correnti,
verso qualche sito sensibile
(come le vicine Secche della
Meloria o la Gorgona).
e) Emissioni sonore – La VIA
sostiene che il problema del
rumore del rigassificatore è
legato solo “alla fase di posa
delle tubazioni con effetti
acuti localmente ma di breve
durata”, per cui si postula l’”irrilevanza degli effetti indotti a
carico” della fauna e della flora della zona. Tuttavia è noto,
ricorda Greenpeace, che “le
emissioni sonore sono uno
dei fattori di maggior disturbo, anche a largo raggio, per
i cetacei” (questi disturbi potrebbero causare pure spiaggiamenti); anche la VAS, del
resto, segnala il problema, e
mette in luce che i rumori si
avranno non solo in fase di
costruzione, ma anche quando l’impianto sarà operativo
(causato dalle manovre legate
all’arrivo, allo stazionamento
per circa 20 ore e alla partenza delle 40-50 metaniere previste ogni anno presso il rigassificatore). La VAS dunque
dichiara che “all’interno della
VIA saranno richieste tutte le
opportune misure per limitare la rumorosità generata”:
la VIA, sostiene Greenpeace,
non contiene niente di tutto
questo. E rendere il Santuario
dei Cetacei un luogo pericoloso e inospitale per i cetacei
stessi è qualcosa di francamente paradossale.
Conclusioni
Questo rigassificatore non
s’ha da fare. Greenpeace ritiene “che questo progetto
sia un pericoloso esperimento tecnico e giuridico,
che non dovrebbe essere
permesso, in particolare in
un’area a speciale regime di
tutela quale dovrebbe essere il Santuario dei Cetacei.
Sembra, a dire il vero, che il
Santuario dei Cetacei sia utilizzato come emblema della
tutela del mare ma che in realtà sia trattato come un’Area
Marina Protetta di serie B”.
Il Ministero dell’Ambiente
include esplicitamente (vedere www.minambiente.it)
il Santuario nel novero della Aree Marine Protette. “Si
è mai visto che si insedi, ex
novo, un impianto industriale in un Parco Nazionale?” Se
l’Italia ha deciso di rinunciare al Santuario, farebbe meglio a farlo in modo chiaro,
evitando di usarlo come uno
“specchietto per le allodole”.
Tuttavia Greenpeace “ritiene
che la sfida del Santuario possa essere ancora vinta e che
anzi il Santuario dovrebbe
essere il motore di un ripensamento delle attività umane, incluse quelle industriali,
nell’area del Mar Ligure che
richiede la sperimentazione
di approcci innovativi, tecnici e non solo, per migliorare
il modo in cui trattiamo il
mare, convogliando risorse e
generando così occupazione
e innovazione.” 
7
Speciale Livorno
QUI ARCIPELAGO
QUI SASSETTA
Approvato il Piano del Parco Nazionale
dell’Arcipelago Toscano
Dopo un iter durato diversi anni, il nuovo Consiglio Direttivo del Parco Nazionale
dell’Arcipelago Toscano, presieduto da Mari Tozzi, ha approvato il Piano del Parco,
strumento principe per la gestione dell’area protetta, come dettato dalla Legge quadro
394/91.
Il travagliato percorso del Piano era iniziato nell’”era Tanelli”, e nei bui anni del commissariamento (col commissario Barbetti, imposto dall’infausto ministero di Matteoli) non
c’erano certamente i presupposti per la più idonea attuazione degli strumenti atti a far
ben funzionare il Parco.
Non si può certo dire che il Piano approvato rappresenti il non plus ultra per la realtà del
territorio sul quale dovrà intervenire, se non altro perché trattasi di un elaborato ormai
datato e sicuramente bisognoso almeno di aggiornamenti.
Comunque resta il fatto che finalmente la nostra area protetta insulare, grazie all’intervento del Ministro Pecoraro Scanio, si è dotata di tutte le cariche previste dall’Ente,
finanche del direttore (nella persona di Franca Zanichelli, alla quale vanno i migliori
auguri di buon lavoro da parte dei Verdi livornesi) ed ora, col Piano del Parco, potrà
iniziare seriamente a lavorare.
Per le nostre isole, che pur tra mille difficoltà, stanno vedendo anche la realizzazione
dell’AMP (area marina protetta), si aprono finalmente possibilità di concreta salvaguardia e di nuove occasione di sviluppo sostenibile.
QUI ROSIGNANO
I GAS (gruppi di acquisto solidale)
a Rosignano
I Verdi proseguono la loro battaglia per un
rapporto più sostenibile anche e soprattutto nelle abitudini alimentari.
In particolare, per bocca di Flavio Fabbri,
portavoce di Rosignano, i Verdi osservano
che “a chi persevera nel sostenere l’agricoltura industrializzata noi proponiamo una
visione diversa del rapporto tra consumatori e mercato”, e propongono un nuovo
modo di essere consumatori consapevoli . Sempre più persone si riuniscono in
G.A.S. (gruppi di acquisto solidale) ed acquistano prodotti agricoli direttamente dai
produttori locali: prodotti completamente
biologici, completamente privi di prodotti
chimici dannosi per la nostra salute e l’ambiente. Nel caso del G.A.S. che si è costituito presso i Verdi di Rosignano, referente è
l’azienda agricola Colombini di Crespina,
dove si coltivano i frutti della terra in un
pieno rapporto di armonia e nella quale
si portano avanti anche esperienze di ergoterapia con persone portatrici di varie
disabilità. “Mangiare locale” [Manger cito-
yen, in francese] è l’appello degli ecologisti.
Occorre ritrovare il ritmo delle stagioni e
il gusto del consumo delle produzioni della propria regione. Produrre e consumare
localmente anche per frenare la produzione di CO2, così dannosa per l’effetto serra:
“Basta pensare ai milioni di chilometri che
percorrono ogni anno i prodotti agricoli”,
prosegue Marco Cirri, responsabile del
gruppo di acquisto solidale per i Verdi di
Rosignano. Il GAS che si è costituito presso la sede dei Verdi via Fratelli Bandiera,
sarà lieto di accogliere chiunque voglia acquistare ad un prezzo conveniente frutta e
verdura di stagione completamente biologica in modo davvero solidale.
Per aderire o avere semplici informazioni potete contattare direttamente Marco
Cirri al 3333235771 oppure telefonare alla
sede dei Verdi 0586760260 lasciando un
messaggio in segreteria.
Flavio Fabbri
coordinatore dei Verdi di Rosignano
Solvay & Mercurio
L’eliminazione del mercurio dal ciclo
produttivo della Solvay di Rosignano è
senz’altro un elemento positivo ma non
è certamente un atto di buona volontà da
parte di Solvay, ma l’adeguamento ad una
direttiva europea che ne impone entro il
2010 l‘eliminazione dai cicli produttivi.
La dismissione delle celle a mercurio a
Rosignano avviene in realtà con grave ritardo rispetto a quello \che è avvenuto in
circa 60 anni di sversamenti in mare del
pericoloso metallo, sversamenti che,fino
ai primi anni ‘70, avvennero in quantità
tali da far paragonare il sito di Rosignano
a quello della tristemente famosa Baia di
Minamata in Giappone,uno dei casi più
gravi di inquinamento da mercurio che la
storia ricordi.
A conti fatti e secondo i dati di Solvay,
di fronte al mare di Rosignano,nascosto
nei sedimenti, nella Posidonia, nei pesci
e con molta probabilità nei tessuti umani, sono stati riversati dal 1943 fino ad
oggi circa 700 tonnellate di mercurio,
mercurio che rimarrà nell’ambiente per
un tempo indefinito. Ogni volta che una
mareggiata rimuove i fondali, ogni volta
che la temperatura esterna aumenta, l
mercurio ritorna continuamente in circolo e non esiste alcun modo per bloccarlo o,comunque, attenuarne gli effetti.
A Rosignano quindi si può tranquillamente parlare di “disastro ambientale”,
senza paura di essere smentiti.
L’accordo di programma che include, tra
le altre cose, anche la dismissione delle
“celle a mercurio”, è in netto ritardo nelle
scadenze programmate. Ricordiamo per
inciso il “progetto Aretusa”che doveva essere a regime entro dicembre 2004 non è
ancora completato , e che il programma di
recupero della parte solida degli scarichi
a mare del “fosso bianco”, che prevedeva
il recupero del 30% entro il 2004 e il 70%
entro il 2007, è completamente disatteso, avendo chiesto la stessa Solvay una
ulteriore proroga a queste date. Ancora
oggi,nonostante le numerose sollecitazioni, richieste e atti istituzionali nelle varie
sedi, non siamo ancora in grado di ottenere un controllo pubblico su due parametri
fondamentali che da soli consentirebbero
di avere un dato certo sul consumo di risorse idriche di Solvay e sull’effettivo sversamento dei fanghi in mare e cioè la portata in entrata (Fosso del Lillatro) dell’acqua
di mare e quella in uscita del “Fosso Bianco”.La differenza ci darebbe, approssimata
per difetto, il consumo di acqua dolce e
la quantità di fanghi sversata in mare annuale. Siamo ancora oggi a dover ricevere
questi dati dalla Solvay.
Come si vede la situazione a Rosignano
è addirittura peggiorata in questi ultimi anni , quindi ben venga il progetto
“Leonardo”, ma di strada da fare ce ne è
sempre tanta!’
Flavio Fabbri
coordinatore dei Verdi di Rosignano
Primi passi verso il futuro energetico
di un piccolo comune: Sassetta ‘no-oil’
Elaborare progetti per nuove politiche
energetiche ha, quale presupposto fondamentale, una riflessione e l’acquisizione
di nuovi stili di vita e di nuove consapevolezze.
Progettare impianti per produrre energia
sostenibile in un sistema di ‘sviluppo insostenibile’ è grottesco: ancora persistono
certe impostazioni programmatiche a dir
poco schizofreniche, che cercano di far
coesistere lottizzazioni selvagge, energie
rinnovabili, grande e media industria,
agricoltura biologica, industria turistica,
produzioni tipiche ridefinendole per la
grande distribuzione….Con un pressappochismo sconcertante, amministratori
aiutati da solerti faccendieri dell’energia,
si lanciano velocemente in realizzazioni
di grandi opere, per dare risposte rapide
e concrete, senza però valutare i costi dei
loro sistemi economici, cercando semplicemente di ‘riabbellirsi’, riciclando comunque vecchie culture.
Occorre invece avviare ed alimentare una
nuova cultura energetica ‘popolare’, dove
si ridefiniscano i bisogni individuali e
dove si realizzino progetti consortili per
la produzione di energia libera. Libera da
lobbies affaristiche, libera da una politica
cieca, sorda e pericolosa per la nostra e la
salute di tutti.
Alla ricerca il compito di mettere la collettività nella condizione di fare scelte
consapevoli: l’autogestione del fabbisogno
energetico da fonti rinnovabili è la meta
che intendiamo concretizzare. In questo
senso si muove il progetto per la realizzazione di un parco energetico per il territorio di Sassetta – oggi allo studio, in collaborazione con l’Agenzia energetica della
Provincia di Livorno – che non solo intende rendere il comune completamente
autonomo energeticamente, ma intende
farlo senza ricorrere a fonti combustibili
fossili, utilizzando esclusivamente fonti
rinnovabili, con sistemi integrati a fotovoltaico, minieolico e a biomasse.
Una scelta sostenibile, una scelta consapevole, all’insegna dell’energia ‘naturale’ che
è intorno e dentro di noi, per un sistema
organico e armonico del vivere.
Daniele Mazzanti
Assessore al Comune di Sassetta
QUI BIBBONA
Tutela dei beni comuni.
La duna di Marina di Bibbona
La costituzione dell’Azienda Pubblica di
Bibbona, che oltre alla gestione del campeggio comunale ha come compito la pulizia delle spiagge pubbliche e delle pinete,
ha dato l’avvio ad una crescente attenzione
ed una appropriata gestione e conservazione del bene arenile-duna . Una strategia di attenzione che ha una base teorica
nella recente approvazione del Piano della
costa nel quale il sistema dunale è il valore
prioritario . Negli ultimi due anni sono
stati organizzati corsi di formazione per
operatori balneari per la gestione della fascia costiera, con il contributo della Provincia (Assessorato difesa della costa) con
un ottimo riscontro di operatori pubblici
e privati . In questo percorso formativo si
sono eseguite opere di recupero importanti come quella in località Gineprino, nella
parte sud della costa bibbonese. In questo
luogo da circa 20 anni è stata sperimentata con successo l’azione meticolosa di
ricostruzione di embrioni dunali da parte
del Dott. Raimondo Stiassi, volontario del
WWF, con il trapianto manuale di piante
psamofile. L’intervento si è concretizzato
con una staccionata in legno di oltre 340
metri che ha permesso di mettere in colle-
gamento i vari embrioni ricostruiti, di proteggerli riducedo il calpestio e l’inosservannza delle norme di tutela, di favorire così
un più facile potenziamento dell’orizzonte
vegetazionale tipico della duna mobile,.
Il tutto sarà completato con una serie di
cartelli informativi sul riuso del materiale
organico spiaggiato (Posidonia, legname).
Il lavoro è stato completato nella seconda
metà di giugno, cioè a stagione balneare
ampiamente iniziata ed è stato apprezzato dai molti frequentatori di quella spiaggia .L’inaugurazione di questa piccola ma
significativa oasi dunale si è svolta il 24
ottobre. Per il prossimo anno è previsto
il recupero, secondo le più qualificate tecniche naturaliste, di un tratto di duna particolarmente degradato, un nuovo corso di
formazione, la realizzazione di una zona
didattica, di un percorso per portatori di
handicap, di un vivaio di piante pioniere .
La tutela dei beni comuni e l’informazione
ambientale rappresentano uno dei migliori metodi per creare tra i cittadini e i turisti
quella “consapevolezza”che è la base della
partecipazione.
Roberto Strufaldi
Verdi Bibbona
Questa edizione di Notizie Verdi è a cura della Federazione dei Verdi di Livorno
In redazione:
Angiolo Naldi, Lorena Marzini, Gabriele Volpi, Francesco Naldi, Mariella Ugolini, Marco Chiarei
www.verdilivorno.it (spazio web etico www.Eiteam.it)
Tel/fax 0586 897733 (Voip cooperativa sociale no-profit www.livecom.coop)
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Conto corrente n. 20725 Monte dei paschi di Siena (Banca non armata)
Ag. 7 ABI 01030 CAB 13911
Il clima sta cambiando
anzi è già cambiato
ACCELERA I TEMPI!
FRENA LA CO2!
FIRMA ANCHE TU
la petizione per chiedere al governo italiano
di rendere vincolante il limite di 120 grammi
di CO2 al km per le case automobilistiche.