il punto - Centro Studi Calamandrei

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il punto - Centro Studi Calamandrei
IL PUNTO
Le notizie di LiberaUscita
Gennaio 2011 - n° 79
SOMMARIO
LE LETTERE DI AUGIAS
1929 - La domanda senza risposta sulle ragioni del male
1930 - La mia storia in ospedale, le scuse e la solidarietà
1931 - Un antidoto alle superstizioni
1932 - La prudenza della Chiesa davanti agli scandali
ARTICOLI, INTERVISTE, COMUNICATI STAMPA
1933 - Il Colle ha colmato un vuoto pericoloso - di Stefano Rodotà
1934 - L’attacco federale alla 194 in nome della vita – di Ma.Ge.
1935 - Contro l’oscurantismo pro life torneranno i comitati popolari – di Federico Orlando
1936 - L’on.le Gozi interroga il ministro Fazio sull’obiezione di coscienza
1937 - I teorici della legge nemica - di Luigi Manconi
1938 - Elogio dello scetticismo contro la cattiva politica - di Giulio Giorello
1939 - Sul fine vita fermiamo il tifo da stadio - di Ignazio Marino
1940 - Biotestamento: Cicchitto, se ci sei batti un colpo - di Carlo Troilo
1941 - Assunzioni di religiosi nelle ASL toscane
1942 - La Cassazione contro la Sacra Rota - di Elisa Vinci
1943 - Ma l’obiettivo della Chiesa non è Berlusconi - di Maurizio Mori
1944 - De Nigris scrive ad Englaro: ci aiuti a pacificare gli animi
1945 - L’ennesimo schiaffo dei pro-life a Beppino - di Maurizio Mori
1946 - Per una vera riappacificazione – Comunicato di LiberaUscita
1947 - Chiesa valdese: si al testamento biologico - di Susanna Pietra
1948 - Sulla giornata nazionale degli stati vegetativi
1949 - Quando un morto può e deve poter salvare un vivo - di Valerio Pocar
1950 - La lobby di Dio: fede, affari e politica - di Graziella Sturaro
NUOVI SERVIZI SOCIALI PER NUOVI DIRITTI CIVILI
1951 - Notizie sui registri di Castenaso (BO) e Modena
1952 - Il tribunale di Firenze sull’amministratore di sostegno
1953 - Intervista all’avv. Sibilla Santoni su amministratore di sostegno
1954 - Sull’amministratore di sostegno - di Giampietro Sestini
1955 - Regione Emilia: sì della consulta ai diritti delle coppie di fatto
1956 – Modena: interrogazioni in aula sul testamento biologico
1957 - Imola: ok del Consiglio comunale al testamento biologico
NOTIZIE DALL’ESTERO
1958 - Georgia, USA - Il caso Susan Caldwell
1959 - Quebec, Canada - Avanza il consenso sul suicidio assistito
1960 - USA – Modificate le regole sui trattamenti di fine vita - di Robert Pear
1961 - India – Istituita commissione per richiesta eutanasia
1962 - Francia - Senato non approva la legge sull’eutanasia
DALLA ASSOCIAZIONE
1963 - Libera Chiesa in libero Stato?
1964 - In memoria di un amico: Giancarlo Fornari
1965 - In memoria di un’amica: Serena Foglia
PER SORRIDERE…
1966 - Le vignette di Staino – Sono iniziati i saldi…
1967 - Le vignette di Bertolotti e De Pirro – E’ pronta la strategia
1929 - LA DOMANDA SENZA RISPOSTA SULLE RAGIONI DEL MALE – DI C. AUGIAS
da: la Repubblica di giovedì 13 gennaio 2011
Caro Augias, invidio Benedetto XVI. Nell' omelia dell'Epifania, ha detto: «L'universo non è il
risultato del caso, come alcuni vogliono farci credere ... Siamo invitati a leggervi qualcosa di
profondo: la sapienza del Creatore, l'inesauribile fantasia di Dio, il suo infinito amore per noi».
Posso vedere nell'universo la sapienza del Creatore, l'inesauribile fantasia di Dio, anche se
attribuire la fantasia a Dio mi sembra antropomorfismo, ma vada per la fantasia. Ciò che non
riesco a vedere è l'infinito amore di Dio per gli uomini. L'altro giorno leggevo del Policlinico
Gemelli di Roma, visitato dal Papa. Sul Centro per la cura dei bimbi con spina bifida. Anche la
spina bifida è parte dell'universo.
Benedetto XVI ha detto ai bimbi malati, ricordando il bimbo che nacque a Betlemme: «Dio si è
fatto come voi bambino, per starvi sempre accanto». lo al Signore dell'inesauribile amore,
farei una preghiera: «Signore, riprenditi pure il dono di tutte le stelle dell'universo, falle svanire
e in cambio, con la tua fantasia, fai che non nasca mai più un bambino con spina bifida».
Miriam Della Croce - [email protected]
Risponde Corrado Augias
La signora Della Croce addita in questa breve lettera uno dei problemi più spinosi che la
teologia si sia trovata di fronte e che non è stata mai in grado di risolvere in modo
convincente. La domanda da dove venga e perché esista il Male è antichissima. Unde
Malum? Si chiedevano già nella patristica cristiana. Molti se ne sono occupati, da Dostoevskij
ne I fratelli Karamazov al filosofo Hans Ionas dopo Auschwitz, al poeta Czeslaw Milosz in un
poema intitolato appunto Unde Malum, per non citare che alcuni nomi.
A livello filosofico il tema affiorò dopo il tragico terremoto di Lisbona (novembre 1755) dopo il
quale venne coniato da Leibniz il termine "Teodicea", ovvero il rapporto di Dio con la
Giustizia, la giustificazione di Dio. Tralascio le ironie di Voltaire (nel Candide) sul migliore dei
mondi possibili disegnato da Leibniz. Ciò che allora si mise in discussione è che se un'entità
divina è allo stesso tempo onnipotente e infinitamente buona, il Male non dovrebbe esistere.
Non lo giustifica nemmeno il libero arbitrio che può valere per gli adulti, certo non per i
bambini. Infatti, al di là di ogni ragionamento, la pagina più toccante è proprio quella in cui
Ivan Karamazov chiede straziato: «Ascolta: se tutti devono soffrire per acquistare con la
sofferenza l'eterna armonia, che c'entrano i bambini? Dimmelo, ti prego! Non si capisce
assolutamente a che scopo debbano anch'essi patire e perché debbano acquistarsi con le
sofferenze quell'armonia. Perché hanno servito anch'essi da materiale e da concime per
preparare a vantaggio altrui l'armonia futura?».
Domande purtroppo senza risposta.
1930 - LA MIA STORIA IN OSPEDALE, LE SCUSE E LA SOLIDARIETA’ - DI C. AUGIAS
da: la Repubblica di mercoledì 19 gennaio 2011
Gentile dottor Augias, giorni fa lei ha pubblicato una mia lettera in cui descrivevo le umilianti
condizioni in cui ho dovuto, per necessità mediche, abortire. Nell'ospedale in cui ero
ricoverata quasi tutti i medici e le infermiere si erano dichiarati obiettori di coscienza. Ho
dovuto patire molto. Il mio obiettivo, scrivendole, non era di ottenere condanne o identificare i
"colpevoli", ma di dare voce alle troppe situazioni in cui la persona e la sua dignità vengono
"abusate" in nome di una fede e/o una morale lontane mille miglia da processi reali di
affidamento e riconoscimento dell'esistenza dell' “altro da sé". Dopo la lettera, un gran
numero di persone mi hanno contattato per esprimere non solo supporto e solidarietà ma
anche una concreta vicinanza affettiva, spesso vincolata al fatto che anch'esse, in un modo o
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nell'altro, avevano sperimentato situazioni in cui qualcuno aveva pensato (?) di poter giocare
la propria onnipotenza in quella momentanea disparità di ruolo.
Lavoro come psicologa psicoterapeuta - rilevo ogni giorno la discrepanza tra le azioni
intraprese per "occuparsi" del bisogno dell'altro e le dinamiche sottese a questi processi.
Dopo la mia lettera e un servizio del Tg regionale, la Direzione dell'ospedale e dell'Asl hanno
avviato un'inchiesta interna per verificare le responsabilità. Il richiamo, per la verità, è stato
fatto ai dirigenti del reparto che, in quel momento, non avevano altra responsabilità se non
quella del ruolo.
So per vie traverse che l'inchiesta non ha reso più consapevoli i vari operatori, che si sono
giustificati con la Direzione su altri piani e su altri argomenti. So anche che altri operatori sono
invece stati sensibilizzati dal dibattito perché mi hanno fatto pervenire le loro personali scuse.
Anche il direttore generale della Asl mi ha inviato, per raccomandata, delle scuse. Mi ha
turbato, inoltre, sapere che il richiamo è stato anche fatto ai due medici non obiettori che, al
contrario degli altri, sono stati attenti alle mie necessità anche emotive, cercando - quando
passavano dalla mia stanza - di consolarmi.
In ogni caso, ho ottenuto maggiore risonanza di quanto sperassi e, forse, più attenzione per
quelle donne che hanno dovuto affrontare situazioni analoghe alla mia
Gaia Carata - Lecce
Risponde Corrado Augias
Un po' di consolazione la dà sapere che, qualche volta, la denuncia su un giornale un suo
effetto lo produce. Il comportamento dei medici obiettori di quell'ospedale è stato, non esito a
dire, selvaggio. Accecati che fossero da una concezione angusta della loro fede o da più
pratici interessi di carriera. La signora Carata ha dovuto subire umiliazioni intollerabili. Ora, in
parte, sono state ripagate. Ma che sia stato necessario denunciarle pubblicamente resta
purtroppo gravissimo.
1931 - UN ANTIDOTO ALLE SUPERSTIZIONI - DI CORRADO AUGIAS
da: la Repubblica di lunedì 24 gennaio 2010
Gent.le Augias, perché persone intelligenti e colte sono condizionate da credenze e
superstizioni? Non parlo del credere in Dio, perché ci sono misteri come la nascita dell'essere
umano che, anche per un agnostico come me, aprono dubbi profondi. Mi riferisco alle
credenze relative alle maledizioni guidate dal diavolo o da qualcuno in terra che vuole la
nostra rovina, attraverso il passaggio di un gatto nero, il regalo di una collana di perle, ed
altre. Una possibile risposta è che le menti umane sono formate anche di una parte
irrazionale che in alcuni momenti diventa dominante; ma la superstizione, in genere, si
presenta come una convinzione, quindi pensiero razionalizzato, e allora? In sintesi, perché
una mente colta ed intelligente preferisce rimanere prigioniera di tali ossessioni piuttosto che
affrontare percorsi logici per tentare di liberarsene?
Luigi Raimondi – [email protected]
Risponde Corrado Augias
Un allegro scongiuro è una cosa, il rifiuto di procedere se un gatto nero ha tagliato la strada è
un altro. Sono millenni che gli uomini cercano di indovinare, dalla posizione degli astri, dal
volo degli uccelli, il futuro. Sempre a mezzo tra ci credo e non ci credo. Perché se qualcuno
potesse davvero predire a un uomo la data della sua morte, la vita diventerebbe un'agonia in
attesa di quel momento.
Nel suo saggio "Sulla sincronicità", C. G. Jung spiega le diverse forme di divinazione con
un'unica legge che consente di superare il principio scientifico di "causa-effetto". Scrive che
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non tutti i fenomeni sono uno causa dell'altro. Esistono relazioni di "significato", non causale,
e di "sincronicità".
Cicerone del resto aveva già scritto nel suo De divinatione (II, XXIV): «Spiritoso è il vecchio
motto di Catone che affermava di meravigliarsi che un aruspice non si metta a ridere ogni
volta che vede un altro aruspice. Quante sono le cose predette che sono poi accadute
davvero? E se qualcuna si è verificata, quali prove ci sono che non sia accaduta per caso?».
Sempre Cicerone racconta (De natura deorum) questo aneddoto: «Diagora di Melo, filosofo
della seconda metà del V secolo, recatosi in un tempio di Samotracia, stava osservando gli
ex voto che i marinai vi avevano depositato quando un amico gli chiese: "Tu, che pensi che
gli dei non si occupino di noi, guarda quanti sono coloro che sono sfuggiti al furore della
tempesta e sono giunti in porto sani e salvi?”. La replica fu: "Da nessuna parte sono dipinti
quelli che hanno fatto naufragio e sono morti in mare"». Einstein, sulle credenze che
sconfinano nella religione ha scritto: «La religione ebraica, come tutte le altre, è
un'incarnazione delle più puerili superstizioni».
Che ci sia in noi una componente irrazionale è chiaro.
Ancora una volta però si tratta di scegliere.
1932-LA PRUDENZA DELLA CHIESA DAVANTI AGLI SCANDALI- DI CORRADO AUGIAS
da: la Repubblica di sabato 29 gennaio 2011
Caro Augias, sono frastornato per lo scadimento morale della società. La mia educazione
cattolica mi ha portato a credere che "Dio è in cielo in terra ed in ogni luogo" non siamo mai
soli: Dio è accanto a noi. Eppure, in un Paese che si dice cattolico, non è facile trovare
persone che adottano comportamenti conseguenti. Considero la Chiesa la prima autorità
morale anche se guarda con indulgenza al potere politico, per motivi che non voglio
affrontare. Non riesco a trovare nessuno che abbia comportamenti tali da meritare
"l'appoggio" dei cattolici.
Ma che fa la Chiesa di fronte agli scandali che riempiono i giornali? "È prudente". Ma se
Cristo ha cacciato i mercanti dal tempio e non è mai stato prudente con i ricchi e potenti,
come può un cattolico interpretare questo atteggiamento? Certo, da cattolico sono sicuro che
prima o poi arriverà il giudizio di Dio per tutti, ma se ci fosse un po' più di giustizia anche in
questo mondo, non sarebbe male e sarebbe compito della Chiesa far in modo che questo
avvenga. La Chiesa faccia sapere il suo punto di vista, i cattolici avranno qualche argomento
in più nelle discussioni con quelli che ormai giudicano normali i comportamenti più immondi.
Francesco Alessandro - Palermo
Risponde Corrado Augias
Qualche parola per la verità i vertici della Chiesa l'hanno detta. Prima Bertone, che essendo
capo del governo pontificio ha dovuto misurare al millimetro le parole; poi Bagnasco, capo dei
vescovi italiani, un po' più esplicito ma in fondo anche lui col doppio colpo: uno alla botte e
uno al cerchio. Lo stato d'animo del signor Alessandro consente di fare qualche chiarezza su
una polemica ricorrente riassumibile nel seguente rimprovero: voi sarete pure laici ma quando
vi fa comodo correte ad accaparrarvi l'opinione della Chiesa. Il giudizio è un po' rozzo. La
Chiesa ha ogni diritto di manifestare il suo magistero, di parlare ai suoi fedeli come meglio
ritiene. Se le sue parole suoneranno reticenti, come lamenta il signor Alessandro, saranno gli
stessi fedeli a farlo notare come avveniva nelle prime comunità cristiane. Di questi
atteggiamenti i giornali, compresi quelli laici, danno conto com'è loro dovere eventualmente
commentandoli. E se questa o quella opinione sembra condivisibile, i giornali, laici compresi,
lo scrivono.
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Problemi? Non mi pare. Allora dove nascono i problemi? Nascono quando non si tratta di
insegnamento morale ma di pressione sul Parlamento e sulle istituzioni, addirittura sui
meccanismi elettorali. Allora la Chiesa non si rivolge più ai suoi fedeli ma interviene sull'intera
comunità dei cittadini, sul funzionamento dello Stato che è laico per definizione, dove
esistono diverse religioni e anche mancanza di religione, dove la convivenza è affidata alle
leggi e non alle gerarchie ecclesiastiche.
1933 - IL COLLE HA COLMATO UN VUOTO PERICOLOSO - DI STEFANO RODOTÀ’
Intervista di Simone Collini - da: l’Unità di domenica 2 gennaio
«Il riferimento del presidente Napolitano ai giovani è un riferimento al futuro del Paese», dice
Stefano Rodotà che tra lezioni e inaugurazioni dell’anno accademico ha passato l’autunno a
contatto con studenti ma anche con docenti e insegnanti precari. E il passaggio sulla
«democrazia in scacco» se non ci sarà una correzione di rotta è per il giurista «non un colpo
di teatro, ma un passaggio coerente con i recenti atti presidenziali e con l’intero impianto del
messaggio di fine anno».
Si riferisce alla firma della legge Gelmini accompagnata da una lettera in cui vengono chieste
delle correzioni?
«Non solo. Non è da sottovalutare il fatto che Napolitano abbia incontrato gli studenti. Si è
trattato di una svolta istituzionale, di fronte a un governo che non solo non li ha voluti
ascoltare, ma che ha parlato di professori fannulloni, studenti vagabondi in piazza, della
necessità di arresti preventivi. A una disattenzione già di per sé pericolosa si è aggiunta la
riduzione di un movimento politico e culturale a fattore di ordine pubblico».
Ancora più pericolosa della disattenzione?
«Basti pensare che si tratta di un modo di pensare e agire che è finito col fascismo».
Problemi di ordine pubblico però ci sono stati, alle manifestazioni del 14 dicembre.
«Gli studenti hanno reagito nel modo giusto alle violenze e hanno di nuovo guadagnato la
fiducia dell’opinione pubblica. Il capo dello Stato ha colto un punto ineludibile di questo
movimento, e cioè che è profondamente diverso sia da quello del ‘68 che da quello del ‘77.
Quelli si sentivano non solo estranei rispetto alle istituzioni ma anche, soprattutto quello del
‘77, violentemente ostili alle istituzioni. Il tratto caratteristico di questo movimento è invece il
volerle avere come interlocutori attraverso la chiave della Costituzione. Novità che la
maggioranza e in generale tutta la classe politica non aveva colto. E di fronte a ripetute
richieste di attenzione tutte cadute nel vuoto, Napolitano ha colmato un vuoto».
Che però rischia di rimanere un gesto isolato se le altre istituzioni non si muoveranno allo
stesso modo, non crede?
«Il capo dello Stato ha aperto un canale tra istituzioni e giovani, e ora tutti gli altri devono
muoversi nella stessa direzione se si vuole evitare il rischio a cui lo stesso Napolitano ha fatto
riferimento. Però ho l’impressione che ora il Presidente della Repubblica manterrà questo
tema al centro, obbligherà il dibattito politico a non cancellarlo».
Cosa glielo fa pensare?
«Il modo in cui si è mosso ultimamente, e poi lo stesso messaggio di fine anno. Sull’economia
ha detto con molta nettezza che non bisogna dare letture superficiali e rassicuranti, ha
sottolineato che la cultura è fondamentale per la sopravvivenza di un paese civile. Messaggi
che sicuramente i giovani hanno ben compreso. Anche perché, pensando ancora ai
movimenti del ‘68 e del ‘77, se prima c’era una speranza nel futuro, chi si mobilita oggi vive
con preoccupazione lo stesso presente. La politica non può non dare risposte a tutto questo».
Lei ha fiducia che lo faccia?
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«Per quanto riguarda il governo, che ha dimostrato nei confronti dei giovani disattenzione e
anche ostilità, non mi faccio molte illusioni. E poi basta pensare al modo in cui il ministro
Gelmini ha risposto alla lettera di Napolitano. Ma ora né Napolitano né gli studenti vanno
lasciati soli. È stato importante il segnale dato da Bersani salendo sul tetto di Architettura, ma
nel momento in cui questo movimento aveva bisogno di interlocutori, una mobilitazione più
diretta dell’intero Pd sarebbe stata opportuna. Ora i gruppi parlamentari possono giocare un
ruolo importante, se si muovono con la stessa forza con cui si stanno muovendo gli studenti».
Ora che sono cambiati gli equilibri parlamentari, dice?
«Se c’è un’opposizione determinata e visibile non mediaticamente ma con gli atti parlamentari
il governo sarà obbligato a muoversi diversamente».
E ad abbandonare l’abituale frastuono, per dirla con il capo dello Stato?
«La politica del clamore, del litigio televisivo, della quotidiana polemica per posizionarsi
meglio rispetto al giorno dopo va abbandonata. Deve valere per tutti. Altrimenti il rischio è
quello indicato dal presidente Napolitano».
La democrazia in scacco?
«Il riferimento ai giovani è un riferimento al futuro del paese, e se non c’è attenzione quello
che verrà meno è la democrazia. Parola forte, ma giusta. Siamo ad un passaggio delicato per
l’intero sistema politico e sociale. Pronunciare la parola democrazia in maniera preoccupata,
oggi, è il dovere di chi guarda agli eventi di questo paese con occhi liberi da pregiudizi e facili
ideologismi».
1934 - L’ATTACCO FEDERALE ALLA 194 IN NOME DELLA VITA – DI MA.GE.
da: l’Unità di lunedì 3 gennaio 2011
Non solo Lombardia. Le «linee interpretative» di Formigoni dovevano fare da apripista ad
altre regioni nell’offensiva contro la legge 194. A cominciare dal Lazio, dal Piemonte e dal
Veneto. Ma il Tar le ha fermate.
Le linee guida lombarde dovevano fare da apripista. Di più, quella dettata dal “Celeste”
Formigoni doveva essere l’avanguardia di una via federalista alla revisione della legge 194.
Non a caso paladina del provvedimento regionale appena bocciato dal Tar è stata in questi
tre anni di ricorsi la sottosegretaria Eugenia Roccella. Le cronache dello scorso 27 novembre
la ritraggono in prima fila alla veglia per la vita nascente celebrata in San Pietro mentre riceve
dallo stesso Benedetto XVI il mandato di «andare avanti nell’azione politica di difesa della
vita». E una delle principali promesse portate fin qui in dono è stata proprio il famoso «piano
federale per la vita», da lei più volte annunciato. E pensato sul modello lombardo.
Era il 22 gennaio 2008: il governo Prodi cadeva e Formigoni varava la sua deliberamanifesto. Le nuove linee guida nazionali sulla 194, affossate in conferenza stato-regioni
proprio dalla Lombardia, rimanevano nel cassetto, mentre il centrodestra si ritrovava in mano
una carta in più per lanciare la sua nuova crociata elettorale.
Nonostante i ricorsi e la battaglia legale, in questi tre anni, la Lombardia ha fatto scuola.
Seguita a ruota dalle altre regioni diventate a loro volta pilota.
In Piemonte, Roberto Cota, appena eletto presidente, ha spiegato che non poteva tirarsi
indietro visto che il suo programma elettorale dava largo spazio alle associazioni pro-vita.
«Quando si governa gli impegni si devono mantenere». Quindi via al provvedimento pro-vita.
Una delibera che in questo introduce nei consultori pubblici la figura dei volontari antiabortisti. L’opposizione in consiglio regionale ha alzato le barricate. Ma anche in questo caso
la battaglia si sposterà nelle aule di tribunale. Come ha annunciato lo scorso 10 novembre il
consigliere Andrea Stara, del gruppo Insieme per Bresso. Ricorso contro il Protocollo
dell’assessore Ferrero che introduce nei consultori i volontari del movimenti pro vita. E
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sostegno legale alle associazioni e alle donne che vorranno sporgere denuncia contro la
presenza dei volontari al primo colloquio.
Lo schema per colpire dall’interno la legge 194 è molto simile a quello messo a punto nella
Regione Lazio da Olimpia Tarzia, segretaria generale del Movimento per la vita nonché
consigliera eletta nella Lista Polverini, quella su cui il Pdl, rimasto a Roma senza lista, ha fatto
convergere in massa i suoi voti.
Appena eletta, l’onorevole Tarzia si è fatta promotrice di una proposta di legge ancora più
ideologica. Sia nella formulazione che nell’impianto.
In sostanza, la “sua” legge, se approvata, provvederà a finanziare i consultori privati o
costituiti da associazioni familiari o che fanno capo a diocesi, equiparandoli a quelli pubblici.
Ovviamente molti di quei consultori sono sostenuti proprio dal Movimento per la vita. Non
solo. La legge riconosce, il concepito «come membro della famiglia» e definisce, come ha
spiegato la stessa Olimpia Tarzia, la «posizione sussidiaria delle istituzioni pubbliche nei
confronti di consorzi familiari, associazioni e ONG che promuovono i valori familiari».
Anche in questo caso, si tratta di un test nazionale. Come ha avvertito la vicepresidente del
senato Emma Bonino, già candidata alle ultime elezioni alla presidenza della Regione Lazio.
E anche in questo caso, la mobilitazione per fermarne l’approvazione in consiglio regionale è
fortissima. A promuoverla, oltre ai partiti d’opposizione ci sono i sindacati, le associazioni di
donne. «Salviamo i consultori della Regione Lazio dalla proposta di riforma», è il titolo del
manifesto promosso dalla Casa internazionale delle donne.
1935-CONTRO L’OSCURANTISMO TORNERANNO I COMITATI POPOLARI-F. ORLANDO
Da: Europa di mercoledì 5 gennaio 2011
Cara Europa, sono una donna della media borghesia milanese, diciamo di discrete condizioni
finanziarie, delle quali non mi lamento. Grazie ad esse, nei giorni scorsi ho potuto rinunciare a
una maternità non desiderata, infischiandomene delle strutture pubbliche formigoniane e dei
loro lugubri codazzi di teschi e tibie incrociate; e rivolgermi a professionisti operanti
liberamente, come hanno sempre fatto, prima e dopo la 194.
Non dico che per me o per le tante amiche che ricorriamo all’aborto la scelta sia
psicologicamente “banale”. Ma questo mi riguarda come essere umano. Come cittadina,
invece, mi riguarda la sorte delle tantissime donne, in condizioni sociali diverse dalle mie, che
non possono snobbare gli sbirri di Formigoni; e che la legge e la scienza sarebbero in grado
di aiutare, se gli attuali occupanti del potere non lo esercitassero come don Rodrighi
ideologici.
Mi auguro che le opposizioni, Fini compreso, colgano l’occasione dal testamento biologico,
alla camera, per riproporre l’intero “pacchetto” bioetico e, se necessario, delle relazioni statochiesa. Scusatemi se mi firmo con un nome de plume, diciamo.
Emma Berselli - Milano
Risponde Federico Orlando
Cara signora, io invece mi firmo come sempre col mio nome anche per dirle che ho condiviso
la scelta “psicologicamente non banale” di amiche che mi chiedevano consiglio al loro
problema della maternità indesiderata. Immagini a chi, a mia volta, chiedevo consiglio? A un
medico molto “cattolico”, che aveva un fratello molto eminente. In Vaticano. Conosceva tutti i
“cucchiai d’oro” di Roma, ai quali – lui non era ginecologo – indirizzava le sue pazienti.
Strade di lusso, studi celebri, cortine delicate, silenzio e sinfonie soffuse. E un certo portafogli
in contanti da parte delle pazienti o degli amici. Era ed è questa la realtà della capitale del
cristianesimo, immagino sia la stessa della capitale morale. Ma non s’ha da sapere, non sa
da dire, come scrivevano nell’Ottocento. Anzi, sa da dire e da scrivere il contrario, come fa il
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più materialista e antireligioso dei nostri leader politici, il quale vorrebbe completare il suo
mascheramento ribattezzandosi addirittura capo del Partito popolare. Come Sturzo. E
stendere l’abituale velo dell’ipocrisia clericale sulle Ruby, le violazioni della legge e della
morale comune.
Lei legga la risposta sprezzante che gli ha dato Pierluigi Castagnetti sul “Riformista” di ieri. E
legga sul “Fatto”, sempre di ieri, l’intervista a Ignazio Marino sulla prossima battaglia del
testamento biologico: «Le intenzioni espresse sul fine vita da chi poi perde coscienza
debbono essere osservate da medici e familiari, perché chi perde coscienza non per questo
perde i diritti di cittadino e di uomo».
Negati dagli stregoni che vogliono riempirgli il corpo di filtri chimici sotto il falso nome di
nutrizione e idratazione. Ci sono proposte di legge sia del Pd che del Fli assai moderate, e
spero che i due partiti sapranno far valere in parlamento, ora che sono finalmente liberi da
berluscones e beghine.
Tuttavia, se davvero vogliamo cogliere quest’occasione che la maggioranza ci offre per
accendere nel paese un grande dibattito su tutto (conflitto d’interesse, monopolio
dell’emittenza, 8 per mille, oneri dello stato per le scuole private, Iva Ici e altri favori al mondo
clericale, interferenze elettorali, occupazione militare della sanità anche contro la legge, come
in Lombardia), occorre tornare al metodo Pannella degli anni 70 e successivi: i grandi comitati
di iniziativa popolare (ha sentito parlare di Lid, Lega italiana per il divorzio?), che affianchino e
spingano a calci la politica. Come si fece in un trentennio dal divorzio e dall’aborto fino ai
referendum abrogativi della proporzionale.
Ci pensi bene anche la Lega, visto che i cinque decreti attuativi del federalismo ancora da
approvare sono sotto la spada di Damocle in parlamento: tributi ai comuni, quote di Iva e
addizionale Irpef per il fisco regionale, uguali principi contabili per i bilanci, sanzioni e premi
per i sindaci, disciplina dell’impiego dei fondi europei.
Accendendo le polveri, la maggioranza – se l’opposizione è opposizione – rischia di far
saltare tutta la santabarbara e procurare ben altri aborti: da quello del federalismo a quello del
governo e della legislatura. Se l’opposizione è opposizione.
1936- L’ON.LE GOZI INTERROGA IL MINISTRO FAZIO SULL’OBIEZIONE DI COSCIENZA
Si riporta qui di seguito il testo dell’interrogazione che l’on.le Sandro Gozi ha rivolto al Ministro
della Salute sul caso della sig.ra Gaia Larata di Lecce, pubblicato sul notiziario IL PUNTO di
dicembre (le lettere di Augias)..
Al Ministro della Salute,
Per sapere, premesso che,
si è appreso da organi di stampa che in un ospedale di Lecce sembra siano state rifiutate le
cure e l’assistenza necessaria nel caso di un aborto terapeutico. Si è appreso inoltre che una
signora aveva deciso di abortire quando, alla ventiduesima settimana, i medici le hanno
diagnosticato danni al sistema cerebro spinale del feto di una gravità tale da essere definiti
“incompatibili con la vita”;
Gli organi di stampa riportano che al momento del ricovero della donna per l’induzione del
parto, tutto il personale della divisione di ginecologia presente in ospedale si sia dichiarato
indisponibile ad assistere la paziente in quanto obiettori di coscienza;
Sempre dagli organi di stampa si apprende che la donna è stata lasciata senza assistenza al
punto che ha partorito il bimbo nella sua stanza alla sola presenza dei familiari, senza l’aiuto
e l’intervento del personale sanitario;
- se il Ministro non ritenga la gravità dei fatti tale da avviare un’indagine ministeriale volta a
verificare se i fatti denunciati dai media siano veramente accaduti nelle modalità riportate,
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individuando le eventuali responsabilità e come il Ministro intenda agire per tutelare, anche se
a posteriori, la donna per quanto accaduto
- se il Ministro non intenda avviare una riflessione su quali strumenti adottare negli ospedali
pubblici per tutelare da un lato il diritto all’obiezione di coscienza del personale medico ed
infermieristico e, dall’altro, il diritto alle cure di tutti i pazienti e il rispetto delle norme previste
dalla legge 194.
Commento. Dice giustamente Corrado Augias su “la Repubblica”: Nessun precetto, nessun
fanatismo religioso giustifica la mancanza di umanità in un ospedale.
1937 - I TEORICI DELLA LEGGE NEMICA - DI LUIGI MANCONI
da: l’Unità di venerdì 7 gennaio 2011
«La soppressione del dolore e della coscienza per mezzo dei narcotici è permessa dalla
religione e dalla morale al medico e al paziente, anche all’avvicinarsi della morte e se si
prevede che l’uso dei narcotici abbrevierà la vita? Se non esistono altri mezzi e se, nelle date
circostanze, Ciò non impedisce l’adempimento di altri doveri religiosi e morali: Si». PIO XII
È sufficiente comparare questa citazione (di papa Pacelli! Del 1957!) con le attuali posizioni
delle gerarchie ecclesiastiche, e di gran parte della classe politica, per percepire
tangibilmente quanto profondo sia il processo involutivo conosciuto dalla riflessione pubblica
sulle questioni dette di “Fine Vita”. In questi giorni si fa un gran parlare di una “agenda
biopolitica” del Governo, destinata a trovare, sui temi scelleratamente definiti “eticamente
sensibili”, un’intesa con l’UdC al fine di rafforzare un governo che più precario non si può. Si
pensi che il disegno di legge sul Testamento biologico fu approvato dal Senato nel marzo del
2009, e poi abbandonato lì.
Il giudizio di merito è semplice: si tratta della più grave lesione dei principi del nostro
ordinamento giuridico mai tentata nella storia repubblicana. È altrettanto chiaro il meccanismo
politico che lo ispira. Nel momento in cui a seguito della vicenda di Eluana Englaro più diffusa
è la sensibilità per il tema dell’autodeterminazione del paziente, la maggioranza la butta in
caciara: ovvero traduce in una rissa triviale una controversia etico-giuridica che rimanda alla
sfera dei diritti fondamentali.
Dal ricorso a un linguaggio truculento (“l’assassinio di Eluana”, “la donna ancora in grado di
fare figli”) fino all’adozione di atti pubblici, sproporzionati (il previsto decreto governativo e la
circolare del ministero del Welfare contro l’alimentazione e l’idratazione artificiali), l’intera
azione del centro destra sembra finalizzata esclusivamente a un risultato sul piano dei
rapporti di forza, per così dire, ideologici. Quegli strumenti così rozzamente utilizzati hanno il
solo scopo di imporre autoritariamente messaggi che si vorrebbero morali: l’indisponibilità
della vita umana, proposta come dogma, e l’interruzione di terapie rivelatesi inutili, presentata
come eutanasia. Messaggi di intensa emotività, che rifiutano di considerare la complessità
delle situazioni, la fatica delle scelte, la crudeltà delle contraddizioni, per ridurre tutto
all’indecente mistificazione di un referendum pro o contro la vita.
Al fine di imporre questo regressivo terreno di scontro, non si è badato a spese. Tutto è stato
ridotto a una battaglia politicistica, vinta provvisoriamente dal centro destra. Ma quanto quel
successo sia, in realtà, fragile è dimostrato dal fatto che solo ora, dopo ventuno mesi, si parla
della possibilità di sottoporre il ddl sul Testamento biologico al voto della Camera. Nel
frattempo, il governo ha agito solo per via centralistico-autoritaria: ovvero la circolare dei
ministeri dell’Interno, del Welfare e della Salute dello scorso novembre che pretende di
delegittimare i registri comunali dei Testamenti biologici, istituiti o comunque approvati in
numerose città (tra le altre, Firenze, Torino, Genova e Cagliari). Non è il solo fatto, questo,
che riveli il nervosismo del ceto politico di destra. Quando, nel corso di una puntata di «Vieni
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via con me», le parole di Beppino Englaro e di Mina Welby raggiungono una platea di oltre 9
milioni di persone, si scatena un’ipocrita polemica. Eppure, Englaro e la Welby non hanno
parlato, certo, “a favore della morte”, bensì struggentemente a favore della vita, considerata
in tutta la sua complessità e anche drammaticità. D’altra parte, lamentare una presunta
violazione della par condicio appare puerile: ridurre la pluralità delle idee e delle opzioni al
solo ambito di un solo programma, di un solo canale è, infatti pretestuoso. Sarebbe come
pretendere il diritto di replica per concezioni alternative in ogni puntata che so? di «A sua
immagine».
Da tutto ciò risulta un continuo slittamento del concetto di dialettica democratica. Oggi, in
Italia, le posizioni delle gerarchie ecclesiastiche sono ampiamente rappresentate sotto il
profilo, culturale, sociale, politico e (ciò che più conta) giuridico. È bene che sia così. Ma sono
le posizioni alternative che non vengono altrettanto garantite. E non è solo una questione di
comunicazione. Bensì di diritto. Detta in altri termini: nessuno, né prima né dopo la relativa
legge, ti imponeva di divorziare o di abortire, ma senza la relativa legge, chi avesse deciso in
piena coscienza di farlo, sarebbe sanzionato.
Così è oggi: nessuno ti impone di toglierti (o di togliere a tuo marito) il polmone artificiale, ma
se tu in piena coscienza e per sottrarti a dolori atroci intendi farlo, incontri una legge arcigna,
se non nemica.
1938-ELOGIO DELLO SCETTICISMO CONTRO LA CATTIVA POLITICA- DI G. GIORELLO
da: il Corriere della sera di sabato 8 gennaio 2011
«Avevo intenzione di presentarmi candidato liberale alle elezioni politiche, e mi dissero di
provare in una circoscrizione. Mi rivolsi alla locale associazione liberale, che si espresse
favorevolmente. Ma nel corso di una discussione interna mi venne rinfacciato che io ero
agnostico. Mi chiesero se la cosa si sarebbe risaputa, e io risposi che era probabile. Mi
domandarono allora se sarei stato disposto ad andare di tanto in tanto in chiesa, e io risposi
di no: scelsero un altro candidato».
Così Bertrand Russell nel 1910. Comunque, quella sconfitta personale gli pareva poca cosa
rispetto alle malefatte della storia. «Dante fu esiliato per propaganda sovversiva;
Shakespeare, a giudicare dai Sonetti, non avrebbe ottenuto dai funzionari americani il
permesso di entrare negli Stati Uniti». Infine, «sappiamo tutti che Galileo e Darwin furono
uomini molto cattivi; e Spinoza, fino a un secolo dopo la sua morte, fu considerato un mostro
di perfidia».
Di che cattiveria sta mai parlando Bertrand Russell — filosofo, logico e matematico — nei
suoi Saggi scettici, raccolti nel 1928? È la «cattiveria» di tutti coloro che hanno il coraggio di
sfidare la costellazione dei pregiudizi stabiliti! Invece, la virtù dei «buoni» consiste soprattutto
«nel rafforzare lo status quo celebrandone i pregi», e per i «buoni» ci sono tanti modi di
servire. Per esempio, «estromettere dalla vita politica gli indesiderabili per mezzo di scandali.
Quando un uomo dalle opinioni un po’ sovversive si avventura nella politica, coloro che hanno
a cuore la conservazione delle nostre istituzioni non devono far altro che tener d’occhio la sua
attività privata fino a che non scoprono qualcosa che, se rivelata, gli rovinerebbe la carriera».
Scritte più di settant’anni fa, queste parole calzano a pennello per non poche situazioni
dell’Europa odierna. Il fatto è — ci insegna Russell — che «i criteri di bontà generalmente
riconosciuti dalla pubblica opinione non sono esattamente quelli che ci vorrebbero per fare
del mondo un posto più felice». Ciò non riguarda soltanto le modalità delle azioni del singolo
individuo, bensì anche il contesto delle scelte pubbliche. Con amarezza Russell constatava
come gli appelli di leader e di partiti politici «se ottengono buona fortuna, si rivelino nell’attuale
democrazia dannosi» — non foss’altro perché l’abilità del politico «consiste nell’indovinare
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che cosa la popolazione possa credere torni a suo vantaggio», mentre qualunque esperto
scientifico dovrebbe piuttosto indicare che cosa sia realmente vantaggioso. Anzi, il peso delle
tradizioni, i pregiudizi delle classi dominanti, gli stessi strumenti messi a punto dall’evoluzione
per selezione naturale non garantiscono minimamente che i due livelli coincidano.
Ma riconoscere la debolezza della politica non è lo stesso che proclamare l’impotenza della
ragione? Per di più, ritenere «che lo Stato democratico sia tutt’uno col popolo... è
un’illusione». Lo Stato è un insieme di funzionari disposti a favorire delle modifiche solo
quando queste portano all’aumento del potere dei burocrati.
Russell era dunque un bizzarro critico della «sovranità democratica», perché gli dava più
fastidio il sostantivo (sovranità) che l’aggettivo (democratica). Non esitava a denunciare i
difetti delle democrazie reali: la propaganda politica che assume sempre più le modalità dello
slogan pubblicitario; il controllo dei media da parte delle oligarchie del potere; il circolo vizioso
tra invadenza dei partiti e corruzione; il sistema educativo mirante a tramutare le giovani
generazioni in schiere di sudditi e non di cittadini. Anche qui, si rivelino o no azzeccate le
profezie «nere o rosee» che Russell ha formulato, c’è molto su cui riflettere per capire
l’Occidente dei nostri giorni.
Ma come uscire dal dilemma tra ragione e sentimento, tra legge generale e caso individuale,
tra aspirazione al bene ed elogio dell’anticonformismo? Per Russell l’unica ricetta è diventare
scettici. Il primo obiettivo è liberare gli individui da ogni assolutismo in campo etico-politico,
persino in materia di matrimonio e morale. Però, non si tratta soltanto di smentire la pretesa
che «una consuetudine sia migliore o peggiore di un’altra» o dimostrare che quel che
chiamiamo peccato è tale soltanto nell’ambito di certi limiti geografici. Il filosofo sapeva bene
che lo scetticismo investe non solo la pretesa dell’agire virtuoso ma anche quella di
conoscere oltre ogni ragionevole dubbio. Diventando scettici si sarebbe probabilmente
ottenuto «un crollo delle entrate dei chiaroveggenti, dei bookmakers, dei vescovi e di tutte
quelle altre persone che vivono sulle speranze irrazionali di coloro che non hanno fatto nulla
per meritarsi una buona sorte in questo o nell'altro mondo».
Ma non si rischiava anche di liquidare qualsiasi appello alla verità da parte di quegli «esperti»
il cui dovere è quello di smantellare le illusioni dispiegate dai «politici»? Non potrebbe lo
scetticismo rivelarsi così il più subdolo alleato del potere? L’unico modo per evitare un esito
del genere era per Russell seguire il modello dell’impresa scientifica. Poiché «tutte le nostre
opinioni hanno almeno una penombra di vago e di falso», occorre «prestare ascolto a tutte le
parti, cercare di accertare tutti i fatti rilevanti, controllare le nostre inclinazioni discutendo con
persone che seguano una tendenza opposta alla nostra, e coltivare la disposizione a scartare
ogni ipotesi che si sia dimostrata inadeguata... Ogni uomo di scienza è pronto ad ammettere
che ciò che per il momento passa per conoscenza scientifica avrà bisogno di venire corretto
col progredire delle scoperte, ma resta abbastanza vicino alla verità perché serva a moltissimi
scopi pratici, anche se non a tutti».
Dunque, è la stessa scienza che ci allontana dall’originario universo di certezze che avevamo
da bambini; e lo scetticismo è il metodo delle persone mature: questo stato di
consapevolezza intellettuale può costare anche molto sotto il profilo affettivo.
L’importante è non fermarsi nemmeno nella facile posizione di chi fa del dubbio un pretesto
per non impegnarsi. Russell, invece, era uno di quelli che sapevano che per essere scettici
fino in fondo si dev’essere scettici anche nei riguardi dello scetticismo.
1939 - SUL FINE VITA FERMIAMO IL TIFO DA STADIO - DI IGNAZIO MARINO (*)
da: il Corriere della sera di mercoledì 12 gennaio 2011
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Caro direttore, dopo molti mesi di silenzio, a febbraio il Parlamento esaminerà il disegno di
legge sul testamento biologico. Purtroppo è prevedibile che il dibattito sarà affrontato in un
clima da stadio, con tifoserie contrapposte, con l'idea di dover vincere su un avversario, con il
Pdl che tenterà la resa dei conti con Futuro e libertà, puntando sulla divisione del cosiddetto
terzo polo. Come se una legge per definire le scelte relative alla fine della vita riguardasse
solo il ristretto cerchio della politica, con le sue assurde dinamiche e i suoi squilibri, e non,
invece, tutte le persone che prima o poi con la fine della propria vita dovranno fare i conti.
Temo che non sfuggiremo allo scontro ideologico, alle offese e agli insulti in Parlamento, sui
giornali e in televisione e non vi sarà alcun confronto pacato su una legge che, al contrario,
dovrebbe essere rispettosa di ogni sensibilità.
Partendo da questi funesti presupposti, ho letto ieri con interesse la posizione di Umberto
Veronesi e, nonostante mi sia impegnato con molta determinazione per fare sì che l' Italia
abbia finalmente una legge sul testamento biologico, mi ritrovo a dire che probabilmente
Veronesi ha ragione: piuttosto che approvare una legge che impedisce la libertà, forse
sarebbe meno dannoso lasciare le cose come stanno e non votare alcuna legge. Meglio
lasciare la questione nel limbo attuale in cui ogni giorno all'interno degli ospedali, i medici
decidono da soli se proseguire o interrompere le terapie seguendo le indicazioni della
medicina e della propria coscienza o parlando in maniera informale con i familiari dei pazienti
che non hanno più la capacità di esprimersi e di decidere da soli.
Con ogni probabilità Veronesi non sarà ascoltato, perché quella sul testamento biologico è
una legge simbolo per la destra e perché in Parlamento si respira l'aria di regolamento di
conti. Tuttavia, penso valga la pena fare ancora uno sforzo e cercare, con senso di
responsabilità, una soluzione che sia nell'interesse delle persone e di tutti i pazienti. Mettendo
da parte ogni arroccamento pretestuoso, si discuta di una legge che rifletta due principi:
libertà e rispetto.
Basta un emendamento per sostituire interamente la legge attuale e scriverne una più
semplice, di un solo articolo. Una legge che dia alle persone la libertà di indicare fino a che
punto si intende essere sottoposti alle terapie, nel caso si perda la coscienza e la capacità di
esprimersi senza una ragionevole speranza di recupero. E sul punto più delicato, quello che
riguarda la nutrizione e l'idratazione artificiale, quel prolungamento per legge di una vita
artificiale, come la definisce Umberto Veronesi, perché non scrivere che queste terapie
debbano essere sempre offerte e garantite a tutti coloro che non le rifiutino esplicitamente
nelle dichiarazioni anticipate di trattamento?
Per me, lo ammetto, questa non sarebbe la legge ideale, ma la ritengo una proposta su cui si
potrebbe trovare l'accordo di tutti. Il Parlamento abbia il coraggio e la responsabilità di fare un
passo indietro per far compiere un passo avanti al Paese.
(*) Senatore PD, presidente Comm. parlamentare d'inchiesta sul Servizio Sanitario Naz.le
1940 - BIOTESTAMENTO: CICCHITTO, SE CI SEI BATTI UN COLPO - DI CARLO TROILO
da: l’Unità di giovedì 20 gennaio 2011
Essendo stata annunciata per febbraio la ripresa del dibattito alla Camera sul testamento
biologico, due dei più autorevoli sostenitori della legge, il prof. Veronesi e il senatore Marino,
hanno fatto dichiarazioni che non mi sento di condividere appieno. «Meglio nessuna legge»,
ha detto Veronesi. Forse gli ha fatto eco il senatore Marino, che teme alla Camera “un clima
da stadio” «è meglio lasciare la questione nel limbo attuale in cui ogni giorno all’interno degli
ospedali, i medici decidono da soli».
Ora, è vero che la legge del centro destra è di fatto una legge “contro” il testamento biologico,
per la pesantezza dell’iter previsto e per il predominio riconosciuto al medico rispetto alle
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volontà espresse nei testamenti biologici. Così come è vero che la mostruosa idea di rendere
obbligatorie l’alimentazione e l’idratazione artificiale appare come una “vendetta” per il modo
in cui si è conclusa la vicenda Englaro. Ma rinunciare a migliorare la legge e lasciarla cadere,
continuando di fatto a tollerare l’eutanasia clandestina come male minore, mi sembrerebbe un
segno di incoerenza e di mancanza di fiducia in se stessi da parte del centro sinistra. Penso
che i sostenitori di una “vera” legge sul testamento biologico, come quella che individua
Marino nella sua sintetica proposta, dovrebbero fare un appello a tutte le forze politiche: in
particolare a Fini e ai suoi seguaci, che hanno sempre sostenuto il diritto di votare secondo
coscienza sui diritti civili, ma anche ai tanti laici che militano nei partiti della maggioranza.
In questo spirito, e per il pochissimo che conto, faccio anch’io un appello personale. Lo
rivolgo ai miei vecchi compagni socialisti che si sono schierati con Berlusconi (una scelta,
diversa dalla mia, che però non mi sono mai permesso di sindacare). Mi rivolgo in particolare
a Fabrizio Cicchitto. Caro Fabrizio, ricorda l’insegnamento laico di uno dei nostri maestri,
Riccardo Lombardi; ricorda le nostre battaglie comuni per una società più libera e più
moderna, per i diritti dei lavoratori, per il divorzio, per l’aborto (che tu, anche in anni recenti,
hai difeso apertamente). Prenditi la tua libertà, contribuisci a fare in modo che lo scontro
diventi incontro e che anche l’Italia, ultima in Europa, abbia una moderna legge sul
testamento biologico. Se non ora, quando?
Comunque, penso che forze politiche serie, su certi temi e in certi momenti, debbano anche
saper rischiare. Se alla fine la legge dovesse passare nella sua attuale, orrenda e
palesemente anticostituzionale formulazione, dinanzi a noi si aprirebbe la strada per un
referendum abrogativo che stavolta nessun Ruini potrebbe far fallire e che consentirebbe
finalmente agli italiani di dire direttamente e chiaramente qual è la loro opinione sulle delicate
scelte di fine vita.
1941 - ASSUNZIONI DI RELIGIOSI NELLE ASL TOSCANE
Comunicato stampa del Consigliere regionale Mauro Romanelli - 10 gennaio 2011
"Sono soddisfatto - dichiara il Consigliere Regionale Mauro Romanelli, FdS/Verdi - che
finalmente dai territori arrivino riscontri riguardo alla denuncia, che portammo alcuni mesi fa in
Consiglio Regionale, circa l'intesa tra Regione Toscana e Conferenza episcopale
sull’assistenza religiosa cattolica negli ospedali"
"Dopo le tante interrogazioni svolte da vari consiglieri comunali e provinciali, lo scorso 22
dicembre il Consiglio Comunale di Empoli ha approvato un’Odg molto chiaro, presentato dal
Gruppo Prc/Pdci, in cui si chiede da una parte la sospensione della Convenzione e delle
assunzioni dirette di religiosi e, dall’altra, la riscrittura di nuovi accordi che garantiscano a tutte
le confessioni, oltre che alle sensibilità laiche, agnostiche e atee, la possibilità di dare conforto
ai malati toscani, in piena libertà certamente, ma senza gravare sulla spesa pubblica, e
comunque non certo tramite le scandalose assunzioni a tempo indeterminato."
"Ad oggi – ricorda Romanelli, che a riguardo aveva fatto un’interrogazione depositata lo
scorso 22 Settembre in Consiglio Regionale – la presenza di religiosi cattolici negli ospedali
costa alla Regione Toscana oltre 2 milioni di euro all’anno: il conforto religioso è un diritto, ma
deve essere compiuto da volontari e coinvolgere tutte le visioni religiose e le impostazioni
laiche”.
“Ora mi aspetto che finalmente intervenga la Giunta, mantenendo l’impegno del pluralismo e
ponendo fine al privilegio delle assunzioni dirette su indicazione del Vescovo, privilegio che
sottrae ingenti risorse al servizio pubblico sanitario, e che rappresenta una vera offesa a tutte
quelle persone che sono disoccupate o precarie, nella Sanità, e anche in generale”.
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1942 - LA CASSAZIONE CONTRO LA SACRA ROTA - DI ELISA VINCI
da: la Repubblica di venerdì 21 gennaio 2011
Rapido, poco costoso. Il divorzio all´italiana sempre più spesso si chiama annullamento.
Dopo il monito del Papa, la Cassazione dice stop al disinvolto aumento dei riconoscimenti
delle sentenze della Sacra Rota. «I tribunali laici non possono convalidare in automatico la
nullità di unioni concordatarie fondate su decenni di convivenza», afferma la Corte. E gli
avvocati matrimonialisti denunciano: «Cancellare le nozze è spesso una scappatoia per
risparmiare tempo e denaro». Chi ottiene l´annullamento infatti non paga più, senza divorzio
non c´è mantenimento.
Maria Lorenza "ripudiata" dopo vent´anni dal consorte con il pretesto di avergli taciuto il rifiuto
a diventare madre, aveva chiesto alla Cassazione se la delibazione trascritta dalla Corte
d´appello di Venezia quattro anni fa, non fosse in contrasto con gli articoli del codice civile e
della Costituzione sul matrimonio e la famiglia. Gli ermellini hanno raccolto le sue obiezioni,
spiegando che «dopo un´unione tanto lunga», insomma dopo vent´anni, l´unica via
percorribile resta quella della separazione civile.
Una «sentenza storica». «Basta con le disinvolte ed incontrollate scappatoie», afferma il
presidente dell´Associazione avvocati matrimonialisti italiani, Gian Ettore Gassani. I numeri
parlano chiaro, un matrimonio fallito su 5 finisce davanti alla Sacra Rota: 8.400 richieste solo
nel 2009, quasi seimila le nullità.
«È condivisibile l´orientamento della Suprema Corte - dicono i matrimonialisti - La ratio di tale
decisione deriva dalla necessità di evitare che il ricorso alla giustizia ecclesiastica possa
tradursi in una disinvolta ed incontrollata scorciatoia finalizzata all´ottenimento della libertà in
tempi rapidissimi che nulla ha a che vedere con le reali cause che possano determinarne
l´annullamento». Sono nove i casi di nullità previsti in Vaticano. Tra gli altri: matrimonio
combinato, l´incapacità psicologica di vivere la donazione reciproca, non accettazione della
sessualità aperta alla procreazione
Già nel 2008 e ancora l´anno scorso Papa Benedetto XVI aveva invitato il tribunale
ecclesiastico a un maggiore rigore. Adesso la Cassazione invita apertamente i giudici italiani
a stanare i furbi, soprattutto dopo unioni lunghe una vita. La Corte infatti sottolinea: «La
prolungata convivenza è considerata espressiva di una volontà di accettazione del rapporto
che ne è seguito ed è incompatibile con il successivo esercizio della facoltà di rimetterlo in
discussione, altrimenti riconosciuto dalla legge». A chiedere la nullità delle nozze celebrate
nel giugno 1972 era stato il marito. Raccogliendo il reclamo di Maria Lorenza, la prima
sezione civile - sentenza 1343 - spiega che dopo tanti anni di matrimonio «è contrario ai
principi di ordine pubblico rimetterlo in discussione adducendo vizi del consenso». Per
sciogliere le nozze bisogna intraprendere la strada della separazione civile, senza cercare la
scorciatoia della nullità, che mette al riparo dal dover pagare l´assegno alla ex moglie ma
viola i principi del nostro ordinamento.
1943 - MA L’OBIETTIVO DELLA CHIESA NON È’ BERLUSCONI - DI MAURIZIO MORI (*)
da: l’Unità di mercoledì 26 gennaio 2011
In pieno Rubigate, Benedetto XVI è andato alla questura di Roma (20 gennaio), una visita
programmata da tempo e ha parlato sulla moralità come fondamento del diritto. Molta stampa
italiana vi ha letto un’esplicita condanna della condotta di Berlusconi. Repubblica: «Ruby: la
condanna del Vaticano»; Corriere: «Il Vaticano chiede più moralità». Analoga sorte per la
consueta prolusione del cardinal Bagnasco alla Cei del 24 gennaio.
Non basta un cenno a più moralità per schierare la chiesa contro Berlusconi. Nel discorso di
Benedetto XVI il richiamo a maggiore moralità non riguarda Berlusconi, ma la lotta al
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relativismo che pretende di confinare la religione e la morale nell'ambito privato
emarginandola dalla vita pubblica. Andrebbe invece riconosciuto che la persona è stata da
Dio “progettata" per cui dall'analisi della sua interiorità scaturiscono i valori non-negoziabili
che vanno recuperati. Prima del Concilio il diritto naturale veniva tratto dall'ordine cosmico,
ora dall'interiorità personale.
Anche per Bagnasco l'obiettivo è il «falso concetto di autonomia» e la richiesta di «ormeggi
oggettivi» senza i quali si cade nella situazione attuale «di reciproca delegittimazione» e di
calo della «sobrietà». Va invece ascoltato il paese sui temi «dell'etica della vita, della
famiglia» e del lavoro, ed evitato il «moralismo» di comodo di chi oggi grida allo scandalo per
certe condotte private dopo aver inneggiato per anni al libertinismo (aborto, Dico, ecc.).
Con questa equidistanza la chiesa (ufficiale) riconferma il sostegno politico dato a Berlusconi
in cambio di leggi ispirate ai valori non-negoziabili.
La condotta privata del premier (se confermata: cosa non facile) è deprecabile ma frutto del
relativismo che il governo dice di voler combattere. In assenza di alternative migliori, con
realismo macchiavellico, la chiesa (ufficiale) si astiene dal giudizio: altro che condanna o di
spallata!
È vero che per chiudere l'era Berlusconi ci vuole i'apporto di tutti, senza troppe sottigliezze.
Ma arruolare la chiesa (ufficiale) non solo comporta una forzatura interpretativa dei testi, ma è
un errore culturale perché così facendo si continua ad attribuirle una "autorevolezza morale"
che da tempo è svanita. Bisogna riconoscere che la pretesa della chiesa (ufficiale) di imporre
per legge i valori non-negoziabili si coniuga con un macchiavellismo astuto generando una
miscela fonte della tragedia italiana e che spiana la via all'ormai quasi-ventennio
berlusconiano.
La ricostruzione morale e materiale che ci aspetta (speriamo presto!) deve guardare all'etica
laica, non continuare ad invocare illusori valori non negoziabili validi solo a parole.
(*) Presidente della Consulta di bioetica, docente all’Università di Torino
1944 - DE NIGRIS SCRIVE AD ENGLARO: CI AIUTI A PACIFICARE GLI ANIMI
da: Avvenire di mercoledì 26 gennaio 2011
Una giornata dedicata alla pacificazione per il bene delle persone in stato vegetativo e delle
loro famiglie. È quanto auspica Fulvio De Nigris, direttore del Centro studi per la ricerca sul
coma «Gli amici di Luca» di Bologna, nella lettera aperta inviata a Beppino Englaro, in vista
della giornata nazionale dedicata agli stati vegetativi, decretata dal governo e fissata per il
prossimo 9 febbraio. Proprio la data scelta – l’anniversario della morte di Eluana Englaro – ha
suscitato nelle scorse settimane alcune obiezioni che De Nigris non si nasconde («non sono
convinto che sia da tutti considerata rispettosa »), ma invita a superare ogni conflittualità:
«Questa può essere l’occasione per pacificare gli animi, per trovare un ragionevole punto di
comprensione». E invita il padre di Eluana a essere presente, il prossimo 9 febbraio (alle ore
21), alla serata organizzata dalla Casa dei risvegli Luca De Nigris al Teatro Duse di Bologna,
in cui un gruppo di ragazzi usciti dal coma metterà in scena il testo La metamorfosi di Franza
Kafka, con la regia di Antonio Viganò.
De Nigris ricorda che la Giornata nazionale degli stati vegetativi «si inserisce tra due iniziative
importanti in Italia: la Giornata nazionale dei risvegli per la ricerca sul coma – vale la pena»
testimonial Alessandro Bergonzoni promossa dall’associazione Gli amici di Luca con il
patrocinio de La Rete (Associazioni riunite per i traumi cranici e le gravi cerebrolesioni
acquisite) e la Giornata sui traumi cranici promossa da Fnatc (Federazione nazionale
associazioni traumi cranici)».
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«Credo che tutti quanti ne potremmo avere reciproca soddisfazione – scrive ancora De Nigris
a Englaro – se si guardasse a questo mondo con gli occhi della coerenza. Nessuno ha in
animo di contrapporre un movimento pro vita ad un altro pro morte. Noi vorremmo soltanto
che non si contrapponesse la libertà di scelta al diritto di cura». E spiega: «Mi preoccupa che
si ripeta il solito copione, che ci possano essere prese di posizione a priori, rispetto a
un’iniziativa che potrebbe servire. Englaro in questo potrebbe fare molto ». Ecco dunque che,
nella lettera, sottolinea: «Lei potrebbe darci una mano a non “armare questa giornata” ma,
come scriveva il poeta Roberto Roversi riferito al nostro Luca (il figlio di De Nigris morto dopo
mesi di coma, ndr ), ad: “armare la speranza, corazzarla di vita per riprendere a tessere il filo
fragile del proprio destino». Ribadisce De Nigris: «C’è bisogno di comprensione e
pacificazione. Tante famiglie vorrebbero avere voce, ma si riesce poco a farle parlare.
Occorre dare un senso di rispetto a posizioni differenti che possono convivere, anche se
nessuno si dimentica di quel che è successo». La vicenda di Eluana è infatti «una ferita da
provare a rimarginare, e il 9 febbraio non deve essere vissuto in modo stridente. Ma che
questo accada deve essere un desiderio di tutti».
1945 - L’ENNESIMO SCHIAFFO DEI PRO-LIFE A BEPPINO - DI MAURIZIO MORI (*)
da: www.consultadibioetica.org di mercoledì 26 gennaio 2011
Dopo la beffarda decisione del governo di celebrare proprio il 9 febbraio, anniversario della
morte di Eluana, la “Giornata Nazionale degli stati vegetativi”, un altro schiaffo al buon senso,
alla coerenza logica e al decoro civile viene ora dalla notizia pubblicata dal quotidiano dei
vescovi Avvenire (p. 13) di oggi che dà risalto all’invito rivolto a Beppino Englaro da Fulvio De
Nigris di partecipare a Bologna il 9 febbraio ad una rappresentazione teatrale organizzata
dalla Associazione di De Nigris, recitata da giovani uscita dal coma.
De Nigris giustifica l’invito osservando che la presenza di Englaro a Bologna «può essere
l’occasione per pacificare gli animi, per trovare un ragionevole punto di comprensione»
perché «nessuno ha in animo di contrapporre un movimento pro vita ad un altro pro morte.
Noi vorremmo soltanto che non si contrapponesse la libertà di scelta al diritto di cura». Così
facendo, però, mostra di mancare del minimo di coerenza logica e di sobrietà che si addice
alle buone maniere.
Infatti, De Nigris non ha il controllo del discorso, perché la contrapposizione è tra chi vuole la
libertà di scelta e chi invece vuole imporre il “dovere di cura” (presupponendo che il “diritto di
cura” sia indisponibile). Manca di sobrietà civile perché, dopo aver condannato in tutti i modi
gli Englaro e ispirato il Governo ad una manifestazione chiaramente divisiva come la Giornata
Nazionale, vuole ora arruolare Beppino nelle schiere pro-vita.
Non sappiamo il perché di quest’iniziativa poco garbata, ma può darsi che ciò dipenda dalle
difficoltà incontrate dalla Giornata Nazionale, dovute tra l’altro anche al fatto che la FISH
(Federazione Italiana Sostegno Handicap: la Federazione che riunisce la maggior parte delle
Associazioni di settore) ha dichiarato “infelice la scelta della data: il 9 febbraio … piaccia o no,
è stato caricato di significati etici da coloro che hanno considerato l’esito della vicenda di
Eluana Englaro come una vittoria nei confronti di certe logiche” (si veda il comunicato stampa:
http://www.fishonlus.it/2011/01/21/giornata-nazionale-degli-stati-vegetativi-la-posizione-fish/)
D’altro canto, Beppino ed altre Associazioni laiche hanno cercato di evitare lo scontro e la
rissa astenendosi da ogni replica alla provocazione del Governo. Lasciamo che il governo “se
la canti e se la suoni” senza ulteriori controversie: il livello raggiunto è così infimo da non
meritare repliche!
Pensavamo che bastasse. Ora invece ci troviamo di fronte alla nuova provocazione da parte
del quotidiano dei vescovi, che ha passato sotto silenzio il Comunicato FISH e dà invece
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grande risalto all’invito di De Nigris: una ben strana modalità di informare secondo verità e
con correttezza, come vantano di fare!
Un’ultima nota. Nella sua lettera a Beppino, De Nigris scrive che «C’è bisogno di
comprensione e pacificazione. Tante famiglie vorrebbero avere voce, ma si riesce poco a
farle parlare. Occorre dare un senso di rispetto a posizioni differenti che possono convivere,
anche se nessuno si dimentica di quel che è successo». Affermazioni condivisibilissime. È
vero che molte famiglie vorrebbero parlare e dire a voce alta che ambirebbero a seguire la via
aperta da Beppino, ma non lo fanno per evitare il linciaggio morale riservato agli Englaro
proprio dai pro-life. È anche vero che ci sono posizioni differenti e che queste possono
convivere pacificamente. Ciò capita quando si rispetta la LIBERTA’ DI SCELTA DI
CIASCUNO: Beppino (con altri) non impone ai vitalisti di condividere la scelta di Eluana, ma,
purtroppo, la reciproca non vale. È per questo che inviti come quelli di De Nigris sono
irricevibili e mostrano solo di essere ispirati o ad una sfrenata volontà di imporre ad altri le
proprie tesi, oppure ad un disperato tentativo di “negare la realtà”, tecnica usata in questi
giorni anche in altre situazioni.
Sembra che basti insistere nel dire che il caso Eluana è stato un errore ed invitare Beppino a
riconoscerlo pubblicamente, per cambiare la realtà delle cose.
Che De Nigris mostri tanto fanatismo pro-governativo, pazienza. Che Avvenire sia pronto a
rilanciare è invece preoccupante perché mostra la sudditanza del quotidiano dei vescovi alla
politica governativa. Come testimonia il comunicato della FISH taciuto da Avvenire, nel
mondo cattolico la realtà è ben diversa, con una varietà di posizioni. Queste, però, non
trovano spazio su Avvenire, che invece dà risalto solo alle veline del Governo.
(*) Presidente della Consulta di bioetica, docente all’Università di Torino
1946 - PER UNA VERA RIAPPACIFICAZIONE – COMUNICATO DI LIBERAUSCITA
Comunicato stampa di LiberaUscita del 27 gennaio 2011
Il direttore del centro studi per la ricerca sul coma, Fulvio De Nigris con una lettera pubblicata
(non a caso) su “Avvenire” di ieri 26 gennaio ha invitato pubblicamente Beppino Englaro a
partecipare il 9 febbraio, anniversario della morte (liberazione) della figlia Eluana, proclamata
dal governo "Giornata Nazionale degli stati vegetativi", alla rappresentazione di un testo
teatrale recitato da ragazzi usciti dal coma.
Scrive tra l'altro De Nigris: " Noi vorremmo soltanto che non si contrapponesse la libertà di
scelta al diritto di cura". Già, ma come bene sottolinea il prof. Maurizio Mori nel comunicato
stampa della Consulta di bioetica che condividiamo, la contrapposizione è tra chi vuole la
libertà di scelta e chi invece vuole imporre, forzatamente, delle terapie esplicitamente
rifiutate.
Se De Nigris davvero vuole avviare un percorso di riappacificazione si pronunci
esplicitamente in favore della difesa dell'autodeterminazione terapeutica che in Italia è già un
diritto costituzionalmente garantito come confermato ed acclarato dalla sentenza 438
(dicembre 2008) della Corte Costituzionale. Nessuno di coloro che difendono il diritto di poter
rifiutare qualunque terapia anche oggi per domani, si è mai pronunciato contro il sacrosanto
diritto di ognuno di noi ad essere assistito e curato al meglio in qualunque condizione si trovi:
coma o stato vegetativo che sia.
Il Presidente
Maria Laura Cattinari.
1947 - CHIESA VALDESE: SI AL TESTAMENTO BIOLOGICO - DI SUSANNA PIETRA
da: www,criticaliberale.it di mercoledì 19 gennaio 2011
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Il diritto alla vita comprende anche il diritto a gestire con autonomia e razionalità la malattia e
le ultime fasi della propria esistenza. Le direttive anticipate di trattamento sanitario sono un
atto di responsabilità che dà dignità all’uomo ed eliminano a priori possibili conflitti tra i medici
, con i medici e i familiari. Si tratta di un gesto che rientra pienamente nella libertà del
cristiano, addirittura un dovere nei confronti della propria vita e della società.
La chiesa valdese di Roma, piazza Cavour, per questi motivi ha deciso di aprire al pubblico
uno sportello dove ogni mercoledì alle 18.00, a partire dal prossimo 26 gennaio 2011, sarà
possibile depositare, nel rispetto di tutte le garanzie legali, il proprio testamento biologico,
ovvero un documento che dettagliatamente indicherà le cure alle quali si intende o non si
intende sottostare nel caso di relativa o totale non coscienza. Il testo, nel quale deve essere
indicato un proprio referente - che al momento opportuno, rappresenterà ai medici le volontà
del malato, insistendo perché vengano osservate - sarà conservato in un ufficio della chiesa.
Martedì 25 gennaio, invece, alle ore 18.00 nella sala della chiesa valdese , in via Marianna
Dionigi 59 (angolo piazza Cavour) verrà presentata l’iniziativa per la raccolta dei testamenti
biologici, che sarà illustrata dal prof. Ermanno Genre, della Commissione valdese di bioetica
e docente di teologia pratica presso la Facoltà valdese, e dal Prof. Gianni Long, che è stato
Presidente della Federazione delle Chiese Evangeliche Italiane.
Saranno inoltre presenti Giancarlo Sabbadini, avvocato e coordinatore della commissione che
ha lavorato al progetto, Antonio Adamo, pastore della comunità, e la giornalista Gianna
Urizio.
“Il testamento biologico- ha detto Anne Marie Duprè, Presidente del Concistoro della chiesa di
piazza Cavour - è un atto di amore e una risposta evangelica alla dignità della vita, oltre ad
essere una testimonianza di laicità in una fase della nostra storia in cui le religioni aspirano al
controllo totale dell’uomo”.
1948 - SULLA GIORNATA NAZIONALE DEGLI STATI VEGETATIVI
Da: www.fishonlus.it di venerdì 21 gennaio 2011
Comunicato stampa della Federazione Italiana per il superamento dell’handicap (estratto)
Affrontare seriamente, e con una speranza costruttiva, questi temi richiede serenità e,
soprattutto, assenza di "distrazioni" o di attriti che con la soluzione dei problemi nulla hanno a
che vedere. In questo senso appare infelice la scelta della data: il 9 febbraio, data della
scomparsa, nel 2009, di Eluana Englaro.
Piaccia o non piaccia, il 9 febbraio - è la riflessione di Pietro Barbieri, presidente della FISH è la data in cui si è consumata un'evidente sconfitta per tutti coloro che hanno sperato, fino
all’ultimo, che Eluana Englaro non fosse privata del diritto di ricevere cure e assistenze
proporzionate alla sua condizione clinica. Il 9 febbraio, piaccia o no, è stato caricato di
significati etici da coloro che hanno considerato l’esito della vicenda di Eluana Englaro come
una vittoria nei confronti di certe logiche e come l'inizio della strada che conduce alla cogenza
di individuali disposizioni di fine vita. Una Giornata dedicata alle persone in stato vegetativo e
di minima coscienza non doveva quindi essere collocata in un contesto conflittuale,
coincidendo con una giornata che resta, per tutti, un evento di lutto.
1949 - QUANDO UN MORTO PUO’ E DEVE SALVARE UN VIVO - DI VALERIO POCAR (*)
Da: Non Credo, anno III n° 9
Prelievo di organi da cadavere a fini di trapianto e disponibilità alla “donazione”: d'acchito
l'argomento potrebbe sembrare poco allegro, ma è invece soltanto serio. Come si sa, tra la
domanda di organi da trapiantare, che dipende dalle necessità, e l'offerta di organi, che
dovrebbe dipendere dal verificarsi di tragedie individuali che si trasformano in occasioni di
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donazione, vi è uno scarto, l'offerta risultando non solo inferiore alle necessità, ma anche alle
attese. Ci sono sì disfunzioni e disattenzione dei servizi, ma la causa va cercata forse
soprattutto in uno scarto tra gli enunciati e i comportamenti. Chi mai, ad eccezione dei
seguaci di particolari visioni religiose, negherebbe che la donazione sia cosa giusta e non si
dichiarerebbe favorevole?
Alla disponibilità di principio, però, non sempre segue coerentemente quella effettiva. In
questa discrasia giocano motivazioni culturali, religiose, antropologiche o magari
semplicemente apotropaiche (forse non per caso la popolazione italiana è tra quelle che
meno di frequente ricorrono all’uso del testamento).
Ma la disponibilità di organi per il trapianto è troppo importante per gli individui malati e per
le prospettive della medicina perché si possa semplicemente limitarsi a rammaricarsi
dell'incoerenza dei comportamenti. Occorre un mutamento dei costumi e delle idee.
Certo, le norme dovrebbero finalmente prendere atto che il cadavere, meritevole di rispetto e
di trattamento specialissimo, è infine un’entità che non appartiene a nessuno. Del proprio
corpo, infatti, si può disporre in vita, per esempio appunto con riguardo alla donazione di
organi, ma in mancanza di disposizioni il cadavere, come già avviene, rimane sottoposto a
regole di diritto pubblico per cui, ad esempio, se nessuno provvede, spetta alla collettività di
curarne la sepoltura e di garantirne il debito rispetto. Ben venga allora una regola, anch'essa
di carattere pubblicistico, che destini il cadavere a fini di utilità collettiva con l’automatica
possibilità del prelievo, salvo espresso diniego del soggetto prima della morte: una regola ben
giustificata dal punto di vista etico per via dei vantaggi, compresi proprio quelli di natura
sanitaria, che gli individui ricevono dalla collettività durante la vita.
Sarebbe però una scorciatoia, che dovrebbe essere preparata e accompagnata da un'azione
culturale, che rimuova le ragioni profonde dell'indisponibilità e che, quali che siano le opzioni
etiche e i convincimenti religiosi e ideologici e le opinioni in merito all’esistenza e alla natura
dell’aldilà, faccia finalmente comprendere che se vivi siamo persone coincidenti col nostro
corpo, ma con la morte il rapporto tra il corpo e la persona si spezza e appare arduo
sostenere che il dovere di rispetto verso la persona si estenda anche al suo corpo separato.
Un’azione culturale che faccia anche comprendere che i vivi hanno molto da perdere e molto
da guadagnare, mentre i cadaveri no.
Tale azione culturale dovrebbe però discostarsi dall'ottica pietistica e obsoleta della “cultura
del dono”, che si fonda pur sempre, come gli antropologi ci spiegano, sull'idea di scambio,
idea priva di un senso preciso in una situazione nella quale non si può “donare” ciò che più
non si ha, né aspettarsi in cambio un beneficio che non si può più ricevere.
È giunto credo il momento di parlare, laicamente, del dovere civile di consentire ovvero di
non opporsi al prelievo, rifiutando una visione superstiziosa e grettamente proprietaria del
corpo morto.
(*) Il prof. Valerio Pocar, già Presidente della Consulta di bioetica, è ns. socio onorario.
1950 - LA LOBBY DI DIO: FEDE, AFFARI E POLITICA - DI GRAZIELLA STURARO (*)
Dopo l’enorme successo di “Vaticano S.p.A.” del giornalista Gianluigi Nuzzi sugli scandali
finanziari e politici della Chiesa, sempre per l’edizione di Chiarelettere, recentemente è uscita
in libreria un’altra interessante pubblicazione intitolata “La lobby di Dio” ossia la prima
inchiesta su Comunione e Liberazione e La Compagnia delle Opere dell’autore Ferruccio
Pinotti.
Una lucida analisi sul potere di questo movimento nell’economia e nella società italiana. Una
potente lobby, per l’appunto, di politici, banchieri, imprenditori ma anche docenti e giornalisti,
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più potente dell’Opus Dei, più organizzata della massoneria e più “connessa” di Confindustria
che sta vivendo la sua espansione in Italia e all’estero.
Per avere un’idea precisa di che cosa sia Comunione e Liberazione, sempre secondo Pinotti,
è sufficiente recarsi nel mese di agosto al Meeting di Rimini in cui si incontrano migliaia di
giovani fedeli ed entusiasti proprio come avviene in certi movimenti evangelici americani dove
si può vivere un’atmosfera gioiosa e comunitaria tra canti, musiche e preghiere.
D’obbligo è la partecipazione dei grandi esponenti di questo mondo, titolari della sua offerta
sociale, umana, politica, culturale, economica e finanziaria a tal punto che ci si chiede se
prevalga il valore della fede o quello degli affari e della finanza.
Grandi leader ma anche molti indagati a livello giudiziario tanto che Eugenio Scalfari, alcuni
anni fa, disse su Comunione e Liberazione in Lombardia : ”Un sistema di potere come quello
di Comunione e Liberazione non esiste in alcun punto del paese, nemmeno la mafia a
Palermo ha tanto potere. Negli ospedali, nell’assistenza, nell’università, tutto è diretto da
quattro o cinque persone che hanno anche una specie di cenobio dove ogni tanto si ritirano,
sotto voti di castità o qualcosa di simile”.
La sua è una lunga storia, legata alla realtà politica del nostro paese, a partire dalla battaglia
promossa sul referendum per il divorzio del 1974 in cui il fronte cattolico si presentò già diviso
in quanto le Acli erano favorevoli, altre formazioni ecclesiali non presero posizione mentre
Comunione e Liberazione si dichiarò fermamente contraria mostrando come il “fare politica”
non consisteva più nel confronto con l’esperienza cristiana ma nel consolidare ed espandere i
propri interessi grazie al “trasversalismo politico” che permise alleanze sia a destra che a
sinistra ed in particolare con la figura di Silvio Berlusconi il cui rapporto risale alla fine degli
anni Settanta e alla nascita del settimanale “Il Sabato” da lui finanziato per iniziativa di un
gruppo di giornalisti ciellini.
I rapporti continueranno anche dopo la scissione del Partito popolare italiano, quando Rocco
Buttiglione fonderà i Cristiani democratici uniti alleandosi con il Polo e aprendo, in seguito, il
dialogo con la Lega ma anche con il segretario del Pd Pierluigi Bersani per finire poi
nell’uscita della componente laica dei seguaci di Gianfranco Fini.
Riguardo a questa superlobby, impressionanti sono i numeri riportati relativi alla Compagnia
delle Opere che, tra l’altro, svolge un ruolo determinante.
Secondo un’inchiesta effettuata nel 2009 da Filippo Astone su “Il Mondo”, le cifre sono le
seguenti: 41 sedi in Italia, 17 all’estero, 34.000 imprese, 1000 associazioni “non-profit” per un
fatturato di circa 70 miliardi di euro senza considerare le migliaia di società e di professionisti
che rientrano in tale sfera di operato sia in forma diretta che indiretta.
Gli addetti sono solamente 300 ma si tratta di un network che sta crescendo a livello
internazionale e si sta espandendo anche in America latina, nell’Europa dell’Est, in Spagna,
in Portogallo, in Israele e nei territori palestinesi.
La Compagnia delle Opere nasce nel 1986 grazie al lavoro di don Giussani come
applicazione del pensiero cattolico in rapporto alla società e all’economia, mantenendo le
distanze tanto dal socialismo reale quanto dal liberismo, il cui manifesto verrà presentato da
Roberto Formigoni al Meeting di Rimini del 1987 alla presenza di ospiti illustri come il Dalai
Lama, Madre Teresa di Calcutta, Ronald Reagan, Silvio Berlusconi, Raul Gardini, Giulio
Andreotti e molti altri.
Il caso eclatante rimane proprio quello della Lombardia.
Solo nella regione governata da Formigoni vi sono numerose società gestite da manager
ciellini i cui affari ammontano a milioni di euro.
Infatti il loro potere si espande dal campo sanitario a quello assistenziale attraverso le case di
riposo, gli hospice, le partecipazioni in strutture di vario genere, in particolare quelle
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geriatriche, le comunità per minori, i centri per malati di Aids, le onlus non-profit come il
Banco alimentare o il Banco farmaceutico per finire gloriosamente con la presidenza e
l’amministrazione della Fiera Internazionale di Milano.
E’ presente anche un’alleanza con i poteri della finanza e sono state stipulate convenzioni
con numerose banche: da Unicredit Banca a Monte dei Paschi di Siena e Intesa Sanpaolo
(per elencarne alcune) senza tralasciare le varie compagnie di assicurazione.
Sicuramente il business più appetitoso è rappresentato dalla sanità.
Solo per la Lombardia viene descritto un giro di affari di oltre 16 miliardi di euro in cui si è
ormai affermata una prerogativa a sostegno del settore privato rispetto a quello pubblico per
cui la stessa Corte dei Conti ha manifestato più volte seri dubbi riguardo a tale equilibrio
considerando insufficienti i controlli soprattutto dopo una serie di truffe nei confronti del
servizio sanitario nazionale da cui sono emersi casi aberranti e deplorevoli di medici e
personale paramedico senza scrupoli che lasciano pensare ad una “povera Italia” da Terzo
Mondo.
E qui si giunge al nocciolo della questione.
La politica socio-sanitaria sostenuta da una realtà del genere, prodotto del cosiddetto
“trinomio confessionalismo-politica-affari” come definito dallo stesso autore, in che modo va a
gestire la sfera dei diritti individuali?
A tale proposito, la Cellula Coscioni di Milano ha raccolto una serie di testimonianze e di
esperienze di alcune donne che si sono viste rifiutare la prescrizione della “pillola del giorno
dopo” in diversi ospedali mentre risulta molto ridotto il numero delle strutture ospedaliere che
hanno fatto richiesta per la fornitura della Ru486.
Ma non solo. Si è giunti addirittura al tentativo di interferire nella competenza legittima
parlamentare in materia di interruzione di gravidanza con un “atto di indirizzo” emanato dalla
Regione Lombardia in contrasto con la legge nazionale sul periodo limite previsto per l’aborto
terapeutico.
Ancora più drammatica è la situazione dei numerosi medici obiettori.
In alcuni casi è presente un solo medico non obiettore che deve garantire il servizio di
interruzione volontaria di gravidanza quando non si tratta di un esterno all’ospedale pagato
per effettuarla periodicamente mentre sono tantissime le strutture ospedaliere che si rifiutano
di fornire tale assistenza.
Anche riguardo alla delicata questione dei feti, sulla quale non intendo fare commenti
lasciando ad ognuno di pensare secondo propria coscienza, la Regione Lombardia ha preso
una posizione molto rigida attraverso una decisione in contrasto con la legge nazionale la
quale prevede che solo dopo le venti settimane possano essere inviati al cimitero mentre nel
2008, sempre Formigoni, dichiarava che la sua regione non avrebbe rispettato le linee guida
della legge 40 sulla procreazione assistita.
Tali orientamenti hanno influenzato notevolmente anche il dibattito sulla questione di fine vita.
Esemplare è il caso di Eluana Englaro sul quale non mi soffermo ma sicuramente, come
l’autore ha precisato, se le altre regioni avessero seguito l’esempio lombardo le conseguenze
sarebbero state ben diverse.
Un altro business di grande interesse per Comunione e Liberazione, su cui vale la pena di
soffermarsi, è quello dell’istruzione ed in particolare il mondo dell’università e tutto ciò che
ruota intorno a livello affaristico come l’esempio dato dalla realtà bolognese ed il mercato
degli affitti nonché quello dell’assistenza universitaria dei collegi e le varie attività formative,
l’egemonia alla Cattolica di Milano, la rappresentanza universitaria di Student Office a Verona
grazie alla cooperativa Cusl che offre tutta una serie di vantaggi agli studenti e l’Help Point
come appoggio alle nuove matricole che svolge un’attività di apostolato vero e proprio per
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concludere con l’Udu al Politecnico di Torino in cui si fa Scuola di comunità e
contemporaneamente tramite una fondazione, si portano avanti affari molto vantaggiosi
nell’ambito del mercato immobiliare.
Uscendo dalla sfera universitaria è noto come l’attività di Comunione e Liberazione sia
presente anche nelle scuole private cattoliche riproponendo la diatriba fra Stato e Chiesa sui
finanziamenti pubblici alle scuole paritarie ed “infiltrandosi” subdolamente anche negli istituti
pubblici, come è risultato il caso di Cesena e la dibattuta questione dell’ora alternativa
all’insegnamento della religione cattolica oltre che segnalare come in questi ultimi anni si è
potuto assistere alla proliferazione di numerosi centri di formazione professionale ad impronta
tutt’altro che laica.
Una parte del volume è dedicata alle inchieste giudiziarie tra le quali spicca quella della
Procura di Catanzaro denominata “Why Not” contro un sistema che ha commesso reali truffe
ai danni della Comunità europea in materia di appalti e gare coinvolgendo tutta una serie di
politici locali e loschi affaristi. Un vero impero economico nel quale il ruolo della Compagnia
delle Opere si è rivelato determinante ed il suo nome è comparso ben 30 volte nel relativo
decreto di perquisizione.
Un altro caso divenuto giallo internazionale è lo scandalo “Oil for Food” che ha visto il
coinvolgimento dello stesso Roberto Formigoni insieme ad altri imprenditori e professionisti i
quali avrebbero pagato a funzionari iracheni oltre un milione di dollari per ottenere la fornitura
di petrolio violando le norme del programma che consentivano all’Iraq di venderlo in cambio
di aiuti umanitari e forniture varie per la popolazione.
Altra inchiesta degna di nota dai risvolti raccapriccianti è quella relativa alla Cooperativa La
Cascina (un’azienda che si occupa di ristorazione collettiva annoverando quasi 6000
dipendenti) con tanto di cibi scaduti, danneggiati, contenenti anche sostanze velenose,
somministrati in una serie di mense, senza avere come ente i requisiti per la partecipazione
ad una gara di appalti per finire con arresti e reazioni varie da parte della popolazione
coinvolta ma pur continuando la propria scalata economica grazie ad importanti appoggi
politici.
Significativo è come all’interno di questo movimento sia nata una serie di esperienze di vita
religiosa consacrata ed in particolare va ricordato il gruppo dei Memores Domini, i guerrieri di
Dio, l’élite per eccellenza dal vago aspetto settario e totalitario che intende vivere secondo i
precetti dettati dal Vangelo osservando un rigidissimo codice morale nonché sostenendo
l’idea di portare avanti una “missione purificatrice” della società e la “santificazione del lavoro”
donando ovviamente tutto il proprio guadagno all’organizzazione.
Emerge spontanea una domanda: “Dove vanno a finire questi lauti guadagni?”.
Ed ecco il contrasto tra l’obbligo di castità, di povertà e di obbedienza e la gestione delle
società pubblico-private da parte di ciellini che mettono in movimento affari da milioni di euro,
tra l’esigenza dichiarata di vita monastica e la competizione fra i vari movimenti laicali con
l’appoggio della gerarchia ecclesiastica.
Qual è il futuro per Comunione e Liberazione?
Indubbiamente sempre più partecipazione nei vari settori della società consentendo al
Vaticano maggiore potere e controllo nonché la tenuta di un freno al processo di laicizzazione
e di difesa delle istituzioni democratiche anche se la Chiesa, inserita sempre più nel mondo, è
spesso esposta a scandali e procedimenti giudiziari dove sicuramente non troveremo mai i
nomi di don Andrea Gallo o don Franco Barbero.
Una via molto più rischiosa che ha un suo prezzo ma sicuramente anche più redditizia.
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Concludendo, Pinotti racconta come nel corso dell’inchiesta abbia tentato d’intervistare lo
stesso Roberto Formigoni rivolgendogli una serie di domande riportate nelle ultime pagine del
suo libro.
Purtroppo sono rimaste lì in attesa di risposte.
(*) Graziella Sturaro è la responsabile di LiberaUscita per il Piemonte
1951 - NOTIZIE SUI REGISTRI DI CASTENASO (BO) E MODENA
Da: Christiane Krzyzyk ([email protected])
Inviato martedì 11 gennaio 2011
Carissime e carissimi,
questa volta ce l'abbiamo fatta: insieme a mio marito Paolo ci siamo recati oggi pomeriggio
presso il nostro Comune: abbiamo consegnato le nostre DAT. Rispettivamente siamo 7° e 8°.
Mica male per un piccolo "paese" (Castenaso. ndr) che arriva a malapena a 15.000 abitanti.
Continueremo a divulgare la notizia sperando che altri accettino di sfidare il terrorismo
psicologico attorno ai tanti principi fondamentali sanciti dalla nostra Costituzione, ma così
pericolosamente beffati.
Nessuno si offenda: non ho scavalcato alcun galateo nell'ordinare i vostri indirizzi mail: l'unico
ordine rispettato è stato quello della vostra "entrata" nella nostra vita. Ci siete tutte/i
carissime/i e ad ognuna/o va il nostro vivo ringraziamento per averci aiutati nel nostro
percorso.
Inutile dirvi che alla nostra uscita dal Comune, il nostro impegno è stato sigillato da un bacio
pieno d'Amore (37 anni di felice matrimonio l'estate prossima!).
Un grazie di cuore e un abbraccio a tutte/i.
Christiane
P.S. Eventuali dimenticanze sono dovute al fatto che... invecchio e ho la febbre. Perdonatemi
ma mi premeva darvi la notizia oggi stesso.
Da: "Maria Laura Cattinari" <[email protected]
Carissima Christiane,
solo per dirti che il caso vuole che proprio oggi anch'io insieme a Léon, mio marito, e a
Enrico, nostro figlio, siamo andati a depositare le nostre DAV all'Ufficio del Registro
Comunale di Modena. Siamo risultati essere i numeri: 107 io, 108 Léon e 109 Enrico. Ci sono
già altre prenotazioni.
Stamani prima di partire da casa ho detto a Léon: " sai mi sento un po' come se stessi per
andare a votare per la prima volta. Sento il valore profondo civico e non solo, di quanto
stiamo per fare".
Un abbraccio e auguri per la febbre!
Maria Laura
1952 - IL TRIBUNALE DI FIRENZE SULL’AMMINISTRATORE DI SOSTEGNO
Da: AGI - Roma, 12 gennaio 2011
Un "amministratore di sostegno", una sorta di tutore legale a cui viene affidato un compito
preciso in caso di perdita di coscienza, può a norma di legge impedire ai medici di procedere
con la rianimazione o anche con alimentazione e idratazione artificiale.
Lo ha stabilito il Tribunale di Firenze, che ha accolto il ricorso di un cittadino di 70 anni, in
perfetta salute. "Da oggi - sottolinea l'avvocato Sibilla Santoni - chiunque può nominare un
amministratore di sostegno, che naturalmente può essere anche un fratello o una moglie,
perché eviti, nel caso malaugurato di un incidente, che si effettuino interventi sanitari sul
nostro corpo contro la nostra volontà".
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"Il Tribunale di Firenze - sottolinea il legale - ha detto, dunque, "SI" al Testamento Biologico,
evidenziando che la libertà di scegliere a quali trattamenti sanitari essere sottoposti è
garantita da numerose norme costituzionali e che eventuali leggi che non rispettassero tali
norme sarebbero a prima vista incostituzionali, oltre che non democratiche".
Lo strumento per garantire la libertà di scelta è fornito dalla legge sull'amministrazione di
sostegno, l'articolo 408 del codice civile del 2004, che prevede l'istituzione di questa figura
con compiti predeterminati e riconosciuti dal giudice. "Una figura - confessa Santoni - pensata
dal legislatore per questioni prevalentemente economiche, ma che con questo ricorso
abbiamo fatto diventare una sorta di 'tutore', come era peraltro il papà di Eluana, ma con un
compito già in anticipo riconosciuto dal giudice”.
Quindi, se il cittadino perdesse la facoltà di comunicare o la coscienza, l'amministratore può
presentarsi dai medici con l'ordinanza del giudice e chiedere di sospendere tutti i trattamenti
che il cittadino ha in precedenza escluso.
In questo caso specifico, il giudice Palazzo autorizza l'amministratore di sostegno, "sempre
qualora il richiedente non abbia nel frattempo cambiato idea", a impedire che i medici
effettuino rianimazione cardiopolmonare, dialisi, ventilazione e alimentazione forzata e
artificiale, mentre autorizza le cure palliative, compresi gli oppiacei, atte a lenire il dolore del
paziente anche se ciò significasse una riduzione dell'aspettativa di vita.
"E' un precedente importante - ribadisce Santoni - anche perché il ministero ha chiarito che i
Comuni non possono accogliere i registri con i testamenti biologici, e la legge ancora è ferma
in Parlamento. Con questo escamotage ai cittadini è riconosciuto il diritto della libera scelta".
1953 - INTERVISTA ALL’AVV. SIBILLA SANTONI SU AMMINISTRATORE DI SOSTEGNO
Fonte: da face book - Associazione culturale immaginARTE – 13.1.2011
Sibilla Santoni, avvocato del foro di Firenze, ha ottenuto dal tribunale la nomina di un
amministratore di sostegno per un uomo, suo padre, di 70 anni in buono stato di salute, sia
fisica che mentale, che ha voluto delegare alla moglie le sue volontà in merito a trattamenti
medico sanitari, quali rianimazione cardiopolmonare, dialisi, ventilazione e alimentazione
forzata ed artificiale, nel caso di futuro e del tutto eventuale stato di malattia che
pregiudicasse la sua capacità autodeterminativa.
Le rivolgiamo dunque alcune domande:
Avvocato Santoni, il testamento biologico è dunque possibile nel nostro ordinamento
giuridico?
Certamente!! Infatti è pacifico che nel nostro ordinamento vigendo determinati principi di
diritto, debba essere garantito il rispetto della volontà espressa da persona fisica munita di
capacità autodeterminativa quale appunto la volontà di non sottoporsi a terapie finalizzate a
posporre la propria morte biologica. E' la stessa Costituzione italiana che espressamente
tutela simili disposizioni di volontà, attraverso gli arrt. 2, 13 e 32. L'art. 2 Cost. sancisce la
libertà di cura della persona nel rispetto della sua identità e dignità; l'art. 13 Cost. sancisce
l'inviolabilità della libertà della persona a disporre del proprio corpo e, infine, l'art.32 Cost.
consacra la tutela della salute come diritto fondamentale disciplinando i trattamenti sanitari
obbligatori solo con riserva di legge qualificata. Eventuali leggi che non rispettassero tali
articoli sarebbero incostituzionali oltre che non democratiche, come scritto dal Presidente
Palazzo nel decreto citato.
Ritiene che lo strumento giuridico dell'amministrazione di sostegno consenta di attuare
concretamente il sistema di tutela espresso dalle norme costituzionali che prima ha
ricordato?
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Si. Infatti la legge n.6 del 2004, che ha introdotto l'amministrazione di sostegno, ha stabilito
che colui che, privo in tutto o in parte di autonomia per effetto di un'infermità fisica o psichica,
si trovi nell'impossibilità di provvedere ai propri interessi, ha diritto di essere coadiuvato da un
amministratore di sostegno nominato dal giudice tutelare il quale disporrà, per gli atti o le
categorie di atti per i quali si ravvisi l'opportunità del sostegno, la sostituzione o l'assistenza
della persona che non sia in grado di darvi autonoma esecuzione. In questa logica garantista
dell'essere umano e delle sue esigenze di vita va letta la disposizione del 2 comma dell'art.
408:” l'amministratore di sostegno può essere designato dallo stesso interessato, in
previsione della propria eventuale futura incapacità, mediante atto pubblico o scrittura privata
autenticata”. Il contenuto di questa norma, alla luce della ratio dell'istituto in questione,
consente di affermare che l'amministrazione di sostegno è l'istituto più appropriato per
esprimere quelle disposizioni anticipate sui trattamenti sanitari per le ipotesi di incapacità che
vanno sotto il nome di testamento biologico.
Quali sono gli atti che l'amministratore di sostegno nominato dal Giudice di Firenze potrà
compiere?
Ognuno ha il diritto costituzionalmente garantito di curarsi, ma non ne ha il dovere. Il
problema si è posto in passato non solo per le persone che possono esprimere un consenso
o un dissenso ai trattamenti sanitari, come Welby (che dopo una lunga battaglia giudiziaria ha
finalmente visto riconosciuto il suo diritto a rifiutarli), ma soprattutto per le persone che non
possono esprimere una volontà perché ad esempio in stato di incoscienza. Questo è stato il
dramma della vicenda di Eluana Englaro e la figura dell'amministrazione di sostegno
permettere ad una persona che si trovi in stato di incoscienza di poter validamente esprimere
suo tramite l'assenso o il dissenso ai trattamenti sanitari.
L'amministratore di sostegno può dunque essere nominato anche per un bisogno futuro e del
tutto eventuale del beneficiario?
Sì. Infatti, l'art. 406 c.c nell'attribuire legittimazione allo stesso beneficiario “anche“ se
interdetto o inabilitato, fa intendere che il ricorso nella normalità dei casi può essere
presentato da un soggetto con piena capacità di agire. Quindi sono le stesse disposizioni in
materia di amministrazione di sostegno a consentire all’interessato di impartire disposizioni
nel caso di un’eventuale e futura incapacità garantendo al soggetto la tutela della volontà
espressa lucidamente in previsione del momento in cui verserà nell’impossibilità di
autodeterminarsi.
E se un medico si rifiutasse di eseguire la volontà espressa dall'amministratore di sostegno
designato?
Il Codice Deontologico Medico del 2006, all’art. 35, pone un preciso divieto del medico di
intraprendere attività diagnostica o terapeutica senza consenso esplicito ed informato del
paziente. Quindi il medico compierebbe sicuramente un illecito deontologico.
Ma se l'amministrato cambia idea cosa accade?
L'amministratore di sostegno potrà esercitare i poteri conferiti purché il beneficiario non
manifesti, in qualsiasi modo, una volontà opposta a quella formalizzata nel ricorso da lui
sottoscritto. Questo è quanto ha previsto espressamente il Tribunale di Firenze.
Il decreto emesso dal Tribunale di Firenze è impugnabile?
A livello teorico sì, ma in pratica gli unici soggetti che potrebbero impugnarlo sono il ricorrente
stesso ed il Pubblico Ministero che ha espresso parere positivo in ordine all'accoglimento del
decreto.
Pensa che con questa procedura possa profilarsi una apertura del nostro ordinamento
giuridico all'eutanasia?
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No. Perché le patologie considerate nel ricorso e per le quali il ricorrente nega il proprio
consenso ai trattamenti sopra citati, si caratterizzano per il rispetto del normale percorso
biologico sotto il profilo della non interferenza con il suo corso. Non viene contemplata alcuna
ipotesi che configuri fenomeni eutanasici, che legittimano interventi accelerativi del naturale
percorso di morte.
1954 - SULL’AMMINISTRATORE DI SOSTEGNO - DI GIAMPIETRO SESTINI
Dopo il Giudice Stanzani del Tribunale di Modena - che per primo aveva accolto una richiesta
avanzata dell'avv. Maria Grazia Scacchetti di nominare un "amministratore di sostegno" con
il compito di rappresentare le volontà del delegante circa i trattamenti di fine vita qualora egli
divenisse incapace di intendere e di volere - ora anche il Giudice Palazzo del Tribunale di
Firenze ha accolto una richiesta analoga, avanzata dall'avv. Santoni per conto di un "cittadino
di 70 anni, in perfetta salute".
Fermo restando che la notizia è positiva in quanto denota come la Magistratura, quando deve
pronunciarsi, si attiene al principio stabilito dall'art. 32 della Costituzione italiana malgrado le
critiche da parte di integralisti clericali e politici (compreso il Presidente del Consiglio che
parla di "patologia" giudiziaria"), va comunque sottolineato che:
1. E' prevedibile che il Giudice Palazzo, prima di autorizzare l'amministratore di sostegno ad
interrompere i trattamenti sanitari, vorrà comunque verificare di persona che il richiedente sia
divenuto effettivamente incapace di intendere e di volere e che "non abbia nel frattempo
cambiato idea";
2. L'interruzione dei cosidetti "trattamenti di sostegno" (alimentazione, idratazione,
respirazione forzata) non sarà comunque consentita se il ddl in discussione in Parlamento
sarà approvato nel testo attuale;
3. Il fatto che il Ministero abbia chiarito che "i Comuni non possono accogliere i registri con i
testamenti biologici" non costituisce un divieto, peraltro incostituzionale, ma soltanto il
pensiero di alcuni politici integralisti con responsabilità di Governo, come dimostra il fatto che
dopo le "direttive" governative i Comuni hanno continuato ad istituire i loro registri;
4. Il "diritto alla libera scelta" è garantito anche dalla sottoscrizione e dall'autenticazione del
testamento biologico, che in molti comuni può essere depositato gratuitamente presso gli
appositi registri, senza bisogno di sentenze della Magistratura
1955 - REGIONE EMILIA: SÌ DELLA CONSULTA AI DIRITTI DELLE COPPIE DI FATTO
Comunicato ufficio stampa Arcigay di venerdì 14 gennaio 2011 – da: cronachelaiche.it
Ieri la Corte costituzionale ha rigettato il ricorso del governo contro l’articolo 48 della
finanziaria della Regione Emilia-Romagna che garantisce piena parità di accesso ai servizi a
tutte le famiglie, e quindi anche alle coppie di fatto di gay e lesbiche, senza distinzione di
status giuridico o di orientamento sessuale.
“Siamo molto soddisfatti”, spiega Paolo Patanè, presidente di Arcigay, “il pronunciamento
della Corte, testimonia che il paese è più avanti dei suoi amministratori e pronto ad accogliere
leggi laiche che garantiscano diritti-doveri alle famiglie di gay e lesbiche. Proprio per questo
Arcigay, con Certi Diritti e Rete Lenford si stanno rivolgendo ai tribunali per l’acquisizione di
diritti: se non ci arriveranno risposte dai politici ci arriveranno dai giudici e siamo in attesa di
una sentenza della Corte europea dei diritti umani di Strasburgo relativa al caso di una coppia
gay che vive in Italia composta da un cittadino italiano e uno australiano”.
“Il rigetto di ieri – continua Patanè - è anche la miglior risposta che merita il Papa , che non
perde occasione per sollecitare la discriminazione delle coppie gay e che, proprio oggi,
ricevendo gli amministratori di Roma e Lazio ha chiesto di non “Approvare forme di unione
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che snaturano l’essenza e il fine della famiglia. Quelle norme già sono approvate e sono o
perfettamente in linea con il nostro ordinamento”.
La soddisfazione per il rigetto del ricorso è espressa anche dai leader del movimento gay
locale (Arcigay, Arcilesbica, Agedo e MIT) che ha speso molte energie nella formulazione e a
sostegno dell’approvazione proprio dell’art.48 della Legge Regionale 24/2009.
Flavio Romani, presidente regionale Emilia Romagna di Arcigay spiega: “La via emiliana ai
diritti uguali per tutti si è dimostrata ancora una volta vincente, Vasco Errani dà una lezione a
Berlusconi rispetto a una visione inclusiva della società, e gli insegna anche cosa significhi
collaborare con le parti sociali, ascoltare bisogni e rivendicazioni e trovare una soluzione
ottimale. Ora che il lungo e unitario sforzo è stato premiato anche dalla Consulta, chiediamo
alla Regione Emilia-Romagna di riempire di contenuti e di azioni concrete i nobili concetti
antidiscriminatori che fanno parte della legge e che portano la nostra regione ad allinearsi alle
più avanzate nazioni europee”.
Per Flavia Mesaschi, di Agedo, l’associazione di genitori e amici di omosessuali “la decisione
della Consulta produce effetti pratici tangibili ad esempio nell’assegnazione degli alloggi in
Emilia Romagna. Finalmente un importante riconoscimento formale verso la parificazione dei
diritti nei riguardi dei nostri figli”.
Porpora Marcasciano del MIT, il movimento identità transessuale, aggiunge: “Il lavoro che le
associazioni LGBT svolgono da sempre in Emilia Romagna ha prodotto importantissimi
risultati nella conquista dei diritti, lavoro e risultati che la logica del governo vorrebbe negare,
la decisione della Consulta conferma che le conquiste per i diritti civili sono incontestabili,
fanno parte della storia e non possono essere bloccate da politiche conservatrici“.
“Con questa importante vittoria”, concludono gli esponenti del movimento, “vogliano ricordare
l’impegno di Macella Di Folco, e ne onorano la memoria ricordando la proverbiale tenacia e
caparbietà dimostrata anche nell’occasione dell’approvazione della legge regionale”.
1956 – MODENA: INTERROGAZIONI IN AULA SUL TESTAMENTO BIOLOGICO
Comunicato stampa del Comune di Modena – 17 gennaio 2011
"Il Comune ha operato una scelta di civiltà: far valere la volontà dei singoli raccogliendo un
supporto probatorio. E' evidente che il legislatore può intervenire con una norma, ma questa
legge oggi non c'è, al contrario delle persone che si trovano in queste condizioni".
E' la risposta del sindaco di Modena Giorgio Pighi alle interrogazioni, trasformate in
interpellanze, del Pdl e del Pd, presentate da Andrea Leoni e da Francesco Rocco in seguito
alla circolare dei ministri Sacconi, Fazio e Maroni sul Registro comunale per le dichiarazioni
anticipate di volontà sui trattamenti sanitari.
Leoni, in particolare, ha ribadito che la materia è di competenza del Parlamento, ha chiesto
se il Comune intende continuare a gestire "l'inutile iniziativa" definita dalla circolare ‘illegittima'
e, senza alcun ‘effetto giuridico' e, in caso affermativo, "come intenda spiegare ai cittadini e ai
loro rappresentanti istituzionali in Consiglio la decisione di continuare a sostenere le spese e
l'utilizzo di risorse umane e tecnologiche per il mantenimento di una iniziativa senza alcun
valore sia sotto il profilo sociale che giuridico".
Rocco ha invece chiesto quale valutazione generale viene data della circolare dei tre ministri
"relativamente all'autonomia amministrativa degli enti locali sancita nella Costituzione", e quali
"legittimità" ed "effetti giuridici" ha la stessa circolare. Il Pd ha chiesto infine cosa il Comune
intenda fare del Registro delle dichiarazioni anticipate di volontà.
"L'Amministrazione non ha regolato il tema del fine vita, ma ha semplicemente accettato di
raccogliere dichiarazioni provenienti da privati cittadini che hanno indicato in relazione a se
stessi quale debba essere il trattamento a loro diretto in caso di particolari condizioni", ha
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spigato Pighi. "E' vero che la materia non è regolamentata dalla legge, ma in sua assenza
l'articolo 32 della Costituzione dice come ci si debba comportare e cioè chiarisce che la legge
non può violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana e che nessuno può essere
obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge", ha
continuato il sindaco. "La Corte di cassazione, investita di questo problema, ha chiarito che di
fronte a situazioni di stato vegetativo valutato irreversibile il giudice può definire se
interrompere i trattamenti sanitari, sempre che tale richiesta sia realmente espressiva della
voce del paziente", ha aggiunto. Pighi ha, inoltre, richiamato una nota dell'Anci secondo la
quale i Comuni possono effettuare una prestazione accessoria a favore dei cittadini come
quella del Registro".
Per Federico Ricci, Sinistra per Modena, "la sua istituzione non obbliga nessuno a depositare
le proprie volontà, ma offre l'occasione a chi volesse farlo di depositarle. E' un istituto
pienamente legittimo, mentre la circolare dei ministri, che aveva l'obiettivo di fare pressioni sui
Comuni, costituisce un'indebita ingerenza ideologica e un atto politico discutibile".
Per il Pd, Luigi Alberto Pini ha chiarito che "non si tratta di eutanasia". Assurdo per il
consigliere è il fatto che "una persona possa decidere di non sottoporsi a cure mediche, ma
nel momento in cui diventa incosciente, chiunque possa decidere se rispettare o meno la
scelta espressa precedentemente. E' possibile che la perdita di coscienza dissolva la volontà
espressa in modo chiaro?".
Per Giulia Morini "l'Amministrazione ha deciso di garantire ai cittadini la possibilità di rendere
effettivo il proprio diritto al consenso alle cure. Scaricare sui Comuni da parte del legislatore la
propria incapacità di produrre una sintesi efficace ed autorevole significa dire alla società
italiana che nessuno deve riempire questo vuoto".
Paolo Trande ha chiarito che "così non si introduce l'eutanasia, che è vietata. Il rispetto per la
professionalità e le prerogative dei medici - ha aggiunto - passano in secondo piano quando
si annuncia che la legge Calabrò, che è il massimo dell'invasività, tornerà in Parlamento. Non
si può decidere a Roma quello che si deve fare a Finale Emilia".
Per Sergio Celloni, Mpa, "i Comuni non possono né riportare né rappresentare l'espressione
della volontà di una persona anche se fornite in condizioni di lucidità mentale. La situazione è
abbastanza delicata e non si può risolvere in modo semplice con un registro. Non so come si
possa parlare di senso di civiltà per questo istituto".
Per il Pdl, Michele Barcaiuolo ha messo in discussione "la legittimità e l'opportunità che
Modena mantenga questo tipo di registro: ci potevano essere soluzioni migliori che potevano
trasmettere una maggiore idea di rispetto", ha aggiunto. Secondo il consigliere, anche la
sentenza della Corte di cassazione "non è intoccabile".
Per Luigia Santoro "il testamento biologico è una apertura verso l'eutanasia. Ogni azione
libera e responsabile nasce da una decisione del soggetto, ma l'azione di decidere di togliersi
la vita non può essere moralmente giustificata perché la vita non ci appartiene e non dipende
da una nostra scelta". La consigliera ha infine aggiunto che "lo stato vegetativo non può
essere considerato irreversibile, ci può essere sempre un risveglio".
Eugenia Rossi, Idv, ha ribadito che si tratta di un "atto deliberativo preso in assenza di
legislazione. Questo vuoto è negativo e mette in difficoltà il cittadino". Con il registro, ha
aggiunto, "il Comune dà l'alternativa alla possibilità di andare da un legale o da un notaio,
evitando spese al cittadino. Non è solo una scelta di civiltà, quindi, ma un preciso dovere
dell'Amministrazione".
Il consigliere della Lega nord Stefano Barberini ha sottolineato che del registro si è
ampiamente parlato in passato: "Oggi ognuno di noi sta dicendo di nuovo quanto già detto
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otto mesi fa. L'argomento è assolutamente interessante - ha aggiunto - ma colgo l'occasione
per proporre un cambiamento del regolamento delle interpellanze".
Per Vittorio Ballestrazzi, Modenacinquestelle.it, "l'istituzione del registro è stata una richiesta
venuta dai cittadini con una delibera di iniziativa popolare; questa per me è già una cosa
molto importante. Si tratta di un servizio che non va a influire in nessun modo sui principi etici:
chi vuole utilizzarlo lo utilizza chi non vuole non lo fa", ha affermato.
Nella replica, Andrea Leoni ha affermato che "non si tiene conto delle indicazioni ministeriali.
"Senza la legge nazionale il registro è inutile e viola i principi di correttezza e legalità in
quanto il Comune non può occuparsi di qualsiasi cosa", ha aggiunto il consigliere. "Con
l'istituzione del registro di fine vita - ha aggiunto - c'è inoltre una forzatura economica con un
danno erariale per le casse comunali".
Francesco Rocco si è detto soddisfatto della risposta del sindaco: "Quella del registro per me
è una scelta di civiltà". Il consigliere si è poi associato ai consiglieri "che hanno riscontrato
anomalie regolamentari in quanto queste erano interrogazioni successive a un elemento di
novità, mentre si è ripetuto un dibattito che era già stato fatto in passato".
Commento. E' con grande piacere che possiamo affermare che il nostro Sindaco Avv. Prof.
Giorgio Pighi si sta spendendo in modo ammirevole in difesa di questo DIRITTO CIVILE: la
libertà di ciascuno di scegliere a quali trattamenti sanitari essere sottoposto e a quali no
anche per quando sarà il soggetto più debole ed indifeso, cioè quando non sarà più in grado
di esprimere e far valere la propria volontà. E' un nostro diritto già costituzionalmente
garantito dall'articolo 32. I Registri Comunali vanno a riempire il semplice vuoto
amministrativo che permane ci consentono di dare certezza di data e firma alle nostre DAV
(dichiarazioni anticipate di volontà). I Registri sono legittimi poiché il Comune nell'istituirli non
deborda affatto da quelle che sono le sue competenze, esercita la sua funzione dichiarativa
secondo quanto previsto dalle norme vigenti. I Testamenti Biologici così registrati hanno una
valore probatorio che nessun giudice può negare, altro che inutili!!
Invitiamo davvero tutte/i ad inviare una breve mail di ringraziamento: “Al sindaco di Modena.
Grazie signor Sindaco per come sta difendendo la libertà di tutte/i noi!”.
Mail a cui scrivere: [email protected]. (Maria Laura Cattinari)
1957 - IMOLA: OK DEL CONSIGLIO COMUNALE AL TESTAMENTO BIOLOGICO
Da: Agenzia DIRE del 20 gennaio 2011
Indicare le terapie alle quali si vuole essere sottoposti, o quelle che si intendono rifiutare, nel
caso in cui si perderà la coscienza, e con essa la possibilità di esprimersi. D'ora in poi a Imola
sarà possibile.
Ieri, infatti, il Consiglio comunale, ha approvato un ordine del giorno proposto dalla Sinistra
arcobaleno per l'istituzione del testamento biologico, cioè di un registro in cui raccogliere le
deposizioni anticipate di trattamento, le cosiddette Dat, dei cittadini. Al termine della seduta (il
Consiglio è andato avanti fino alle22.15 proprio per discutere questo oggetto) il sindaco,
Daniele Manca, ha annunciato che intende mettere nero su bianco il regolamento per le
deposizioni. La delega, a questo punto, passa all'assessore Donatella Mungo (in quota Prc).
Esulta il consigliere della Sinistra arcobaleno, Mauro Bernabè, che si dice "molto soddisfatto"
sia per il risultato raggiunto, sia per "la bella discussione che c'è stata ieri in aula". Ora però,
sottolinea Bernabè, "è importante informare i cittadini emetterli nelle condizioni di poter
redigere un testamento biologico". Per dare "un'assistenza qualificata ai cittadini, ci siamo
accordati con le altre forse politiche di maggioranza", anticipa.
Il Comune, dunque, istituirà un registro dove raccogliere e conservare le dichiarazioni
anticipate di trattamento in busta chiusa: ciascun cittadino potrà andare a depositare la
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propria accompagnato da due fiduciari. Festeggiano anche la Federazione della Sinistra di
Imola e i Verdi, che con una nota firmata anche dal gruppo consiliare SA si dicono
"pienamente soddisfatti per un risultato assolutamente non scontato, ma raggiunto grazie alla
costanza e alla determinazione nel perseguire il proprio obiettivo politico".
Il testamento biologico, spiegano Ds, sinistra e Verdi, verrà istituito "nel pieno rispetto dei
codici di deontologia medica che richiamano l'obbligo del consenso informato", sarà utile a
"ridurre il rischio di trattamenti in eccesso o in difetto, ridurre - per i familiari di un malato non
più in grado di esprimere la propria volontà - il peso emotivo di decisioni difficili nonché il
rischio di conflitti tra familiari stessi e familiari e medici". E inoltre, va a colmare in parte "la
carenza di normativa nazionale".
In passato, tra l'altro, la stessa Federazione della sinistra aveva portato a Imola Mina Welby e
Beppino Englaro, a sostegno dell'istituzione del testamento biologico.
1958 - GEORGIA, USA - IL CASO SUSAN CALDWELL
da Aduc salute n. 52/2010 del 24.12.2010
Affetta da una grave malattia degenerativa, Susan Caldwell ha fatto spesso affidamento su
un’associazione per il diritto a morire con dignità della Georgia. Ha provato a togliersi la vita
nel 2008 coprendosi il capo con un sacchetto pieno di elio, e sapere che vicino a lei c’erano i
membri di Final Exit Network le dava forza e tranquillità.
Poi l’organizzazione ha dovuto fermare tutte le attività dopo che quattro suoi membri sono
stati incriminati per suicidio assistito. Ora la quarantatreenne ha promosso una causa
giudiziaria, chiedendo ad un giudice federale di nominare una “exit guide”, un tutore che la
segua e la guidi nei suoi ultimi momenti di sofferenza se vivere dovesse diventare
insopportabile.
“Non è la malattia che temo, ma la sofferenza che causa”, ha spiegato. “Final Exit Network
offriva sollievo e compassione a persone come me”. Nell’atto di citazione, la donna sostiene
che la legge della Georgia sul suicidio assistito è incostituzionale e troppo vaga. Sostiene che
violi il diritto alla libertà di espressione in quanto le impedisce di ricevere consigli dalle
associazioni per il diritto a morire.
Caldwell è affetta dal morbo di Huntington, una malattia genetica che porta solitamente alla
demenza, difficoltà a parlare e movimenti involontari. La malattia, di cui sono affetti circa
30mila cittadini statunitensi, viene trasmessa dal genitore al figlio, e non esistono cure. La
maggioranza delle persone muore circa 15-20 anni dopo il manifestarsi dei primi sintomi.
Il nonno e lo zio di Caldwell ne erano affetti, e la madre era talmente terrorizzata dalla
possibilità che i figli ne fossero affetti, che nel 1985 ha sparato e ucciso il fratello
diciannovenne di Caldwell e poi ha tentato di sparare a Susan, all’epoca diciottenne.
La madre di Caldwell fu condannata all’ergastolo e mentre era in prigione ha sviluppato la
malattia. Fu liberata anticipatamente nel 1994 dopo un nuovo processo per incapacità di
intendere e di volere, in parte grazie anche alla testimonianza della figlia. La donna è poi
morta nel 2001, e l’anno successivo a Susan Caldwell è stata diagnosticata la malattia.
Nell’agosto 2008, preoccupata per il peso che la famiglia avrebbe dovuto sopportare per molti
anni a seguire, ha tentato di togliersi la vita seguendo le istruzioni contenute nel manuale e
best-seller Final Exit dell’autore britannico Derek Humphry.
E’ lo stesso metodo impiegato da Final Exit Network, anche se questi ultimi raccomandano
l’aiuto di una “exit guide”. I membri dell’associazione sotto accusa hanno spesso rigettato il
termine “suicidio assistito” utilizzato dall’accusa, in quanto non aiutano attivamente le persone
a suicidarsi ma semplicemente offrono sostegno e guida a coloro che decidono di farla finita.
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Ma i critici sostengono che l’associazione manda un messaggio pericoloso alla società. “Dice
che ci volteremo dall’altra parte quando persone non più così produttive si suicidano, che
sono un peso e che la società non ha alcun problema nel vederli morire”, spiega Stephen
Drake dell’associazione anti-eutanasia Not Dead Yet.
La legge della Georgia incrimina chiunque “pubblicizza, offre o si rende disponibile ad
assistere intenzionalmente e attivamente un’altra persona a commettere suicidio e compie
qualsiasi atto indirizzato a perseguire questo scopo”.
Con i suoi legali, Caldwell sostiene che questa legge viola il suo diritto alla libertà di
espressione in quanto invece di criminalizzare il suicidio o il suicidio assistito, vieta di parlare
pubblicamente di suicidio assistito e partecipare passivamente alla morte. Questo significa
che le persone che tengono per mano una persona malata terminale mentre pone fine alla
propria esistenza potrebbero essere incriminate, ha spiegato il legale Cynthia Counts.
Il ministro della Giustizia Thurbert Baker e il Governatore della Georgia Sonny Perdue non
hanno voluto commentare l’iniziativa di Caldwell. Ma i magistrati d’accusa hanno già ribattuto
che il legislatore ha chiaramente inteso vietare il suicidio assistito, e non solo il parlarne
pubblicamente.
Le “exit guide” di Caldwell in passato erano l’allora presidente di Final Exit Network Ted
Goodwin e un aderente al Network, Crair Blehr, entrambi i quali hanno seguito il suo caso e
l’hanno incoraggiata a non togliersi la vita.
“Mi hanno sfidato ad apprezzare la qualità della vita che mi rimane, e mi hanno fatto riflettere
su quanto sarà difficile per la mia famiglia accettare la mia morte e quanto sia importante
lottare per tutto il tempo possibile insieme a famiglia e amici”, ha spiegato Caldwell.
Ma la sua ritrovata forza si è infranta nel febbraio del 2009, quando Goodwin, Blehr e altri due
membri dell’associazione sono stati incriminati per la morte di John Celmer dopo un’indagine
di otto mesi da parte delle autorità di polizia della Georgia.
Gli investigatori sostengono che Celmer stava guarendo dal cancro quando l’associazione ha
inviato suoi membri a casa sua per mostrargli come togliersi la vita con un sacchetto di
plastica e una bombola di elio. Le autorità si dicono preoccupate anche per le modalità con
cui l’associazione individua i suoi potenziali assistiti.
I quattro membri di Final Exit Network si dichiarano innocenti e i loro legali sostengono che le
accuse sono infondate.
Caldwell, che ora ha difficoltà anche a deglutire, vuole l’abrogazione della legge della Georgia
in quanto vuole esercitare il suo diritto a morire. E per questo, sostiene di avere il diritto di
richiedere l’aiuto dell’associazione per togliersi la vita. “Le persone commettono suicidio in
ogni caso, e Final Exit Network offre un modo non violento e indolore per morire con dignità”,
ha detto la donna. “Una morte dignitosa e non violenta, e avere una persona
compassionevole che ti sostenga emotivamente e tenga la tua mano è una cosa
fondamentale”. (AP)
1959 - QUEBEC, CANADA - AVANZA IL CONSENSO SUL SUICIDIO ASSISTITO
da: Aduc salute n. 1-2011
L'eutanasia e l'assistenza al suicidio sono illegali in Canada. La commissione legislativa del
Quebec difficilmente potrà cambiare le cose, ma il dibattito ha ormai investito l'intera nazione.
Sono in tanti coloro che hanno chiesto di parlare dinnanzi alla commissione provinciale sulla
morte dignitosa, che continuerà a viaggiare su e giù per la provincia fino a febbraio. Infatti, si
tratta di un record, in quanto nessuna altra proposta di legge in passato ha prodotto tanto
interesse. Circa 340 associazioni o gruppi saranno ascoltati in tutto, e circa 6500 cittadini
hanno compilato il questionario online. La gran parte delle testimonianze provengono da
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cittadini malati che chiedono la legalizzazione dell'eutanasia e del suicidio assistito per poter
scegliere di porre fine alla sofferenza. Non sono mancate opinioni contrarie alla
legalizzazione, che di fronte alla sofferenza concreta dei malati hanno opposto
argomentazioni sulla sacralità della vita.
Secondo i sondaggi più recenti, il 70% degli abitanti del Quebec e la maggioranza dei medici
vogliono la depenalizzazione dell'eutanasia. All'interno della commissione, dove sono invece
rappresentati tutti i partiti politici, gli equilibri sono invece diversi.
"Direi che ad oggi siamo intorno al 50-50", spiega Veronique Hivon, co-presidente della
commissione, membro del Parti Quebecois MNA. Hivon spiega che in molti hanno espresso il
timore dell'effetto valanga, dicendo di aver ritrovato speranza negli ultimi momenti di vita.
"Alcune persone sono molto attaccate al concetto di sacralità della vita", spiega Hivon.
La commissione ha ascoltato anche medici e operatori sanitari che chiedono più medicina
palliativa e insistono sul fatto che la medicina debba servire a preservare la vita piuttosto che
terminarla.
1960- USA – MODIFICATE LE REGOLE SUI TRATTAMENTI DI FINE VITA - DI R. PEAR
da: The New York Times del 4 gennaio 2011 – Estratto per LiberaUscita di Alberto Bonfiglioli
L’Amministrazione Obama, invertendo la marcia, ha rivisto i regolamenti della legge di riforma
sanitaria cancellando ogni riferimento alle problematiche di fine vita. Questo brusco
cambiamento avviene pochi giorni dopo il 1° gennaio, data dell’entrata in vigore della nuova
legge.
La decisione ha causato preoccupazione tra I funzionari del Ministero della Sanità e dei
servizi alla comunità, che hanno sostenuto che l’Amministrazione avrebbe dovuto
promuovere apposite discussioni su tali trattamenti, discussioni avrebbero aiutato a garantire
ai pazienti le cure che vogliono ricevere.
I rappresentanti del Governo hanno giustificato il cambiamento con motivi procedurali, ma era
chiaro a tutti che le motivazioni erano politiche: il tema rischiava di costituire un ostacolo alla
stessa riforma sanitaria messa sotto attacco dalla nuova maggioranza repubblicana alla
Camera.
Dopo lo scatenamento dei Repubblicani i quali sostenevano, in maniera inesatta, che il
regolamento in elaborazione alla Camera avrebbe consentito ad una Commissione
governativa di prendere decisioni sui trattamenti di fine vita nel servizio sanitario pubblico, i
Democratici hanno infatti lasciato cadere le proposte riguardanti le questioni del fine vita. Il
leader repubblicano John A. Boehner, Presidente della Camera, ha affermato che il
regolamento poteva essere un passo dell'insidioso cammino verso l’eutanasia.
Le misure relative al fine vita non sono quindi state incluse nel testo finale convertito in legge
con la firma del Presidente Obama.
1961 - INDIA – ISTITUITA COMMISSIONE PER RICHIESTA EUTANASIA
da: Aduc salute n.4/2011
La Corte Suprema dell'India ha istituito una commissione medica per l'esame di una richiesta
di eutanasia per una donna che è in stato vegetativo da 38 anni. Un tempo infermiera al King
Edward Memorial Hospital di Mumbai, Aruna Shanbaug nel 1973 è stata aggredita con
violenza e stuprata mentre faceva il turno di notte. Il suo aggressore usò una catena per cani
per legarla a un letto dell'ospedale, procurandole gravissime lesioni cerebrali irreversibili.
Un amico della Shanbaug, Pinki Virani, si è rivolto alla Corte Suprema nel 2009, chiedendo
all'ospedale di sospendere l'alimentazione forzata. Si tratta della prima petizione per
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l'eutanasia in India e ha suscitato un ampio dibattito in quanto solleva una serie di questioni
costituzionali.
1962 - FRANCIA - SENATO NON APPROVA LA LEGGE SULL’EUTANASIA
da: Aduc Salute n° 4/2011
Al termine di un intenso dibattito, che è andato avanti per parte della notte fino alle prime ore
di oggi (26 gennaio 2011. ndr), il Senato francese ha bocciato la legge sull'eutanasia.
Un'ampia maggioranza di senatori - 170 a 142 - ha votato contro il progetto di "assistenza
medicalizzata alla morte" che era stato presentato con una iniziativa trasversale da tre
senatori di governo e opposizione.
La legge era stata approvata il 18 gennaio dalla commissione Affari Sociali del Senato, ma
ieri la stessa commissione ha approvato due emendamenti che hanno privato di sostanza il
testo. In pratica è stato fatto cadere il primo articolo della legge in base al quale "ogni persona
maggiorenne capace d'intendere, in fase avanzata o terminale di un'affezione accidentale o
patologica grave e incurabile, che gli infligga una sofferenza che non può essere placata o
che giudica insopportabile, può richiedere di beneficiare ... di un'assistenza medicalizzata che
gli permetta, con atto deliberato, una morte rapida e indolore".
A far cambiare l'orientamento della commissione in pochi giorni sono state le numerose
dichiarazioni contrarie di esponenti politici a partire dal primo ministro Francois Fillon. Lunedì
il capo del governo aveva parlato di "limite che non deve essere superato" invitando i senatori
a non agire con "precipitazione".
1963 - LIBERA CHIESA IN LIBERO STATO?
da: Giampietro Sestini
Inviato: martedì 11 gennaio 2011 1.18.14
Leggo su www.repubblica.it di lunedì 10 gennaio 2011:
Secondo il Papa, l'educazione sessuale e civile impartita nelle scuole di alcuni Paesi europei
costituisce una minaccia alla libertà religiosa. "Proseguendo la mia riflessione - ha detto
Ratzinger nella sua ampia disamina sulla libertà religiosa - non posso passare sotto silenzio
un'altra minaccia alla libertà religiosa delle famiglie in alcuni Paesi europei, là dove è imposta
la partecipazione a corsi di educazione sessuale o civile che trasmettono concezioni della
persona e della vita presunte neutre, ma che in realtà riflettono un'antropologia contraria alla
fede e alla retta ragione".
In altre parole, mentre gli istituti religiosi giustamente trasmettono ai loro allievi
"concezioni religiose della persona e della vita", secondo Ratzinger le scuole pubbliche non
dovrebbero trasmettere concezioni laiche perchè "presunte neutre". Di conseguenza, anche
le scuole pubbliche dovrebbero impartire insegnamenti secondo la "fede e la retta ragione". E
poichè la Chiesa rivendica a sé stessa il compito di impartire lezioni sulla religione, c'è da
presumere che la successiva pretesa sarà quella di affidare al clero - notoriamente esperto in
materia - l'insegnamento nei corsi di educazione sessuale e civile.
Leggo inoltre:
Il pontefice si è detto, poi, soddisfatto per ''l'adozione da parte del Consiglio d'Europa, nello
scorso mese di ottobre, di una Risoluzione che protegge il diritto del personale medico
all'obiezione di coscienza di fronte a certi atti che ledono gravemente il diritto alla vita, come
l'aborto''. Parlando al corpo diplomatico, il pontefice ha sottolineato che spesso si ''arriva a
pretendere che i cristiani agiscano nell'esercizio della loro professione senza riferimento alle
loro convinzioni religiose e morali, e persino in contraddizione con esse, come, per esempio,
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là dove sono in vigore leggi che limitano il diritto all'obiezione di coscienza degli operatori
sanitari o di certi operatori del diritto''.
Premesso che se l'obiezione di coscienza è un diritto, spetta a tutti coloro che hanno
una coscienza, e non soltanto ai medici cristiani. Immaginiamo dunque, in un mondo che si
sta sempre più globalizzando, cosa può accadere se cristiani, ebrei, mussulmani, buddhisti,
induisti, taoisti, scintoisti, manicheisti, esoteristi, mazdesti, bahaisti, esoteristi, iainisti, seguaci
di Confucio e di Geova nonchè atei, agnostici, razionalisti o altri siano liberi di comportarsi
secondo la loro coscienza. Evidentemente occorre un limite a tale libertà, che è costituito
dalla libertà altrui, e spetta alle leggi degli uomini e non a quelle religiose stabilire tale limite.
Dopo di ché ogni essere umano è libero di fruire o meno dei diritti che la legge gli garantisce,
ma non di impedire ad altri la stessa libertà, specie quando - come nel caso dei medici - si
viene meno ad una professione per la quale si è retribuiti. Pertanto, se la legge degli uomini
sancisce il diritto all'aborto o alla fecondazione assistita o alla contraccezione o al rifiuto di
trattamenti sanitari chi incita - come fa Ratzinger - a far prevalere la propria coscienza su
quella altrui commette un reato, di fronte alla legge e di fronte all'umanità.
E' questo è il modo di intendere il principio "Libera Chiesa in libero Stato"?
Giampietro Sestini
Da: Antonia Sani ([email protected])
Inviato: martedì 11 gennaio 2011 9.43.01
Condivido !
E apprezzo in particolare la tempestività.
Antonia Sani – CRIDES
Da: Franca Coen ([email protected])
Inviato: martedì 11 gennaio 2011 11.14.43
Grazie Giampietro. Un saluto.
Franca Coen
1964 - IN MEMORIA DI UN AMICO: GIANCARLO FORNARI
Lunedì 10 gennaio alle ore 10:30 nel “tempietto egizio” del Verano di Roma, a cura di
LiberaUscita e della famiglia si è svolto il commiato laico di Giancarlo Fornari, come da
annunci pubblicati il giorno prima su “la Repubblica” edizione nazionale e “il Messaggero” di
Roma.
La saletta era gremita di familiari, soci di LiberaUscita, suoi collaboratori di quando dirigeva
l’ufficio comunicazione dell'Agenzia delle Entrate, nonché molti amici e conoscenti personali.
Officiante Francesco Paoletti, rappresentante di Civiltà laica, il quale ha letto - intercalati nel
corso della cerimonia - alcuni brani di filosofi e scrittori nonché il suo saluto personale avendo
conosciuto Giancarlo e collaborato con lui per il comune obiettivo della laicità dello Stato.
Si sono quindi susseguiti nella commemorazione:
- Giampietro Sestini, il quale non ha potuto fare a meno di notare l’evidente disparità fra gli
spazi, gli arredi sfarzosi e le strumentazioni esistenti nelle centinaia di chiese romane adibite
al commiato religioso e l’unica saletta spoglia e disadorna del “tempietto egizio” adibita al
commiato laico. Dopo aver ricordato Giancarlo quale fondatore e primo Presidente di
LiberaUscita, Sestini ha letto l’attestato di “battesimo laico” con cui Giancarlo volle a suo
tempo assumere il nome di “Saint Just” nonché una lettera da lui inviata già nel 2005 a tutte
le associazioni laiche per costituire un coordinamento nazionale, iniziativa che dovrebbe
cominciare a concretizzarsi il 29 gennaio p.v.;
- Enrico Modigliani, presidente di Democrazia laica, il quale ha ricordato come l’uso del
tempietto egizio per il commiato laico sia stato voluto dalla Consulta laica del Comune di
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Roma a suo tempo istituita dal sindaco Veltroni, Consulta coordinata da Franca Coen e
disciolta dall’attuale sindaco Alemanno. Modigliani ha anche letto i nomi delle tante
personalità per le quali è stato tenuto il commiato laico nel tempietto egizio;
- Giulio Vallocchia, coordinatore di NoGod, il quale ha ricordato la sua conoscenza con
Giancarlo sin dai lontani anni sessanta, quando ambedue erano dipendenti INAM;
- Gino Cugliandro, collaboratore di Giancarlo, dapprima all’Agenzia delle Entrate poi
all’Università e quindi a “Contrappunti” (la rivista on-line da lui fondata e ferma
drammaticamente dall’inizio della sua malattia), il quale ha dato lettura dei messaggi che i
colleghi delle Finanze hanno inviato spontaneamente a seguito della sua morte, riconoscendo
che, con lui direttore, “eravamo liberi di lavorare”;
- Giovanni Caporioni, genero di Giancarlo, il quale ha letto una lettera di sua moglie Claudia
al padre scomparso in cui ha ricordato i vari aspetti della sua personalità e della sua vita.
Il commiato si è concluso con la lettura, da parte di Sestini, della poesia riportata sul sito di
LiberaUscita “Preghiera per l’uomo albero” che nel 2005 Giancarlo scrisse “Se e quando io
non sarò più io”.
Le ceneri di Giancarlo saranno tumulate nella cappella di famiglia al cimitero di Marcellina,
comune in provincia di Roma.
Successivamente, in data lunedì 24 gennaio, su iniziativa del ns. socio onorario Giorgio
Benvenuto e con il patrocinio del vice-Presidente del CNEL, Salvatore Bosco, si è svolto
presso la sede del CNEL un convegno sul tema "la politica fiscale e il sindacato dei cittadini",
nel corso del quale è stato ricordata la figura e l'opera di Giancarlo Fornari, ideatore negli anni
’70 e ’80 delle campagne UIL contro l’evasione fiscale, costruttore del “sindacato dei cittadini”
e innovatore della comunicazione e del linguaggio del Fisco. Numerosi suoi collaboratori di
quando dirigeva l’ufficio comunicazione della Agenzia delle Entrate nonché della rivista “Fisco
oggi” lo hanno ricordato, in un’aula gremita. Giampietro Sestini ha chiuso il convegno
ricordando l’impegno di Fornari sui temi della laicità e del diritto di morire con dignità.
1965 - IN MEMORIA DI UN’AMICA: SERENA FOGLIA
Apprendiamo soltanto ora della morte di Serena Foglia, avvenuta a Milano oltre sei mesi fa (il
25 luglio 2010) a causa di un ictus. Ne siamo molto addolorati, ed a nome di tutti i ns. soci
abbiamo inviato a tutti i suoi parenti le più sentite condoglianze di LiberaUscita.
Serena è stata al ns. fianco sin dal 2004, allorché accettò di essere ns. socia onoraria. Grazie
al suo sostegno la ns. associazione ha potuto crescere e divenire un punto di riferimento per
quanti sostengono il diritto di morire con dignità, come Serena aveva scritto sin dal 1999 nel
suo indimenticabile libro "Il posto delle fragole".
Dopo due lauree (in scienze politiche e sociologia), Serena si specializzatò in psicologia a
Milano ed a Firenze. Aveva fondato il premio letterario «L' Inedito» che, per diciotto anni,
aveva saputo scoprire e lanciare autori ormai affermati come Antonio Tabucchi e Giorgio
Montefoschi.
Autrice dal 1976 al 2010 dei seguenti libri, in cui tratta con mano leggera e capacità di
coinvolgimento di temi astrologici e psicologici: L'alfabeto delle stelle (Mondadori), Favole
Arcane (Armenia), Protagoniste (Rusconi), Il libro delle streghe (Rusconi), Scoprire la luna
(Idea libri), Quale Amore (Rusconi), Il sogno e le sue voci (Rizzoli), Mille e ancora mille.
(Rizzoli), I nostri sette peccati (Rizzoli), L'amore è...(Rizzoli), Piaceri felicità fortuna (Rizzoli), Il
nostro angelo custode (Rizzoli), Senza cipria. (Longanesi), Il posto delle fragole. La scelta di
morire con dignità (Armenia), Maternità (Rizzoli), Anime perse (Gruppo messaggerie).
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1966 - LE VIGNETTE DI STAINO – SONO INIZIATI I SALDI…
1967 - LE VIGNETTE DI BERTOLOTTI E DE PIRRO – E’ PRONTA LA STRATEGIA
LiberaUscita – associazione nazionale laica e apartitica per il diritto di morire con dignità
Tel: 366.4539907 – Fax: 06.5127174 – email: [email protected] – web: www.liberauscita.
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