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Esperienze dal territorio
N. 199/200
Esperienze dal territorio
Il Progetto “Mobility & Health“
L’esperienza della ASL 5 di Pisa presso alcuni Centri
sanitari di eccellenza in Europa
Claudia Carloni1, Edi Fanti2
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Responsabile formazione ASL 5 Pisa
Consulente progettazione Europea
Il progetto europeo “Mobility & Health” (M&H)1 è nato a
seguito di un incontro formativo organizzato dal FORMAS
– Laboratorio Regionale per la Formazione Sanitaria – nel
Dicembre 2010 dopo il quale l’Azienda Usl 5 di Pisa si
è impegnata a presentare un progetto che coinvolgesse
il più largo numero di strutture e di propri professionisti,
ritenendo il progetto di mobilità europeo presso strutture
sanitarie di eccellenza di altri Paesi una opportunità di
conoscenza e di crescita professionale importante.
Come è noto, l’Unione Europea attua politiche e programmi di sostegno finanziario allo sviluppo e all’integrazione
economica, sociale e culturale dei Paesi membri, erogando finanziamenti a progetti diversificati per tipologia,
entità ed ambiti di intervento. Nello specifico, l’interesse
mostrato dalla Asl 5 era focalizzato su azioni di “mobilità“ estera rivolte al personale sanitario, con l’obiettivo di
acquisire best practices dall’estero mediante percorsi di
stage della durata di due settimane.
è stato individuato il programma LLP (2007-2013) – programma settoriale Leonardo da Vinci – con la specifica
misura denominata “People in the Labour market” (PLM)2.
Il progetto M&H (codice progetto LLP-LdV-PLM-11-IT-291)
è stato quindi approvato dall’Agenzia nazionale italiana
Leonardo da Vinci (ISFOL - Roma), che ha in seguito supProject “Mobility & Health” (M&H), N. LLP Link 2011-1-IT1LEO02-01642 / Proj. n. LLP-LDV-PLM-11-IT-291
Lifelong Learning Programme – LLP – 2007-2013, PROGRAMME Settoriale “LEONARDO DA VINCI”, Azione di Mobilità - People in the
Labour Market (PLM).
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Il progetto permette la mobilità transnazionale dei lavoratori, dei
lavoratori autonomi o persone disponibili sul mercato del lavoro (compresi i laureati) per un periodo di formazione all’estero.
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portato la gestione tecnica e amministrativa delle attività
per l’intera durata dell’iniziativa (circa 18 mesi ,da metà
novembre 2011 a fine maggio 2013).
Il progetto M&H ha concorso a soddisfare i bisogni di
aggiornamento professionale continuo degli operatori sanitari stimolando, fra l’altro, la revisione di procedure organizzative e l’adozione di nuove modalità operative in
un’ottica di maggiore appropriatezza delle prestazioni.
Il progetto è stato finalizzato al conseguimento dei seguenti obiettivi, tutti pienamente raggiunti:
-- favorire il confronto e lo scambio di buone pratiche
con le istituzioni/organismi sanitari ospitanti;
-- facilitare l’acquisizione di conoscenze in merito a modelli organizzativi e prassi operative delle strutture ospitanti;
-- favorire lo sviluppo/miglioramento di abilità e tecniche specifiche;
-- creare opportunità di confronto e dare avvio a relazioni professionali che andassero oltre il periodo previsto
dal progetto;
-- validare le competenze sviluppate attraverso l’acquisizione di crediti ECM, oltre che secondo quanto previsto da “Europass Mobility” (strumento europeo che
consente di documentare le competenze e le abilità
acquisite da un individuo durante un’esperienza di
mobilità all’estero).
M&H ha coinvolto 25 operatori sanitari di ruolo presso la
ASL 5 di Pisa appartenenti a 3 principali aree sanitarie
che hanno svolto il tirocinio di 2 settimane presso strutture
europee di eccellenza.
Si evidenziano alcuni elementi specifici caratterizzanti i
percorsi realizzati:
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-- Area critica e chirurgica – medici (anche con specializzazione chirurgica) ed infermieri, per un totale di 11
operatori, hanno realizzato il tirocinio presso l’Hopital
Paul Brousse - Centre Hépato Biliare di Parigi (http://
www.chb.aphp.fr/);
-- Area riabilitazione età evolutiva – in questo caso 7
operatori - neuro-psichiatri infantili, educatori, psicologi etc.. – hanno realizzato il tirocinio in Svezia presso
il Centro Habilitering & Hälsa, nei pressi di Goteborg
(http://www.vgregion.se/habilitering-och-halsa/).
-- Area materno-infantile – ginecologi, ostetriche ed una
infermiera (tot. n. 7 operatori) hanno realizzato il tirocinio presso tre ospedali di Barcellona in Spagna, in
particolare: Vall d’Hebron (n. 3 ginecologi - http://
www.vhebron.net/) Sant Joan de Déu (n. 3 ostetriche
- http://www.hsjdbcn.org/) e Bellvitge (1 infermiera http://www.bellvitgehospital.cat/).
Le esperienze vissute sono raccontate di seguito direttamente dai protagonisti.
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del parto naturale. L’esperienza è stata comunque costruttiva sia dal punto di vista professionale che personale,
in quanto ha consentito l’osservazione ed il confronto di
modelli organizzativi e assistenziali diversi ed è risultata
di stimolo ad integrare nella propria realtà lavorativa metodologie di lavoro osservate al Sant Joan de Déu, con
una rivalutazione di aspetti e peculiarità del proprio ambiente di lavoro.
Nelle due settimane le ostetriche hanno vissuto accanto
alle colleghe spagnole condividendo sia l’attività di reparto sia quella ambulatoriale ed hanno avuto l’opportunità di osservare anche pratiche di medicina cinese,
agopuntura e moxibustione, applicate alle gestanti per
il rivolgimento del feto podalico e per l’induzione del
parto, assistendo direttamente al rivolgimento esterno. Le
due settimane hanno consentito anche di cogliere alcuni
aspetti di costume, sociali e culturali del popolo spagnolo
e barcellonese in particolare, come l’elevato numero di
gestanti in giovane età e già coniugate.
SPAGNA - Ospedale Sant Joan de Déu3
L’esperienza vissuta nel maggio 2013 da tre ostetriche
dell’Ospedale Felice Lotti di Pontedera presso il Sant
Joan de Déu Barcelona, ospedale universitario di 3° livello specializzato in Pediatria, Ostetricia e Ginecologia
con oltre 4.000 parti l’anno, impegnato nell’assistenza
pediatrica e materno infantile verso i paesi del terzo mondo, è consistita nell’assistere a tutte le attività svolte nel
plesso ospedaliero verso puerpere e neonati, compresa
l’attività in sala parto ed in sala operatoria. Le procedure
sono assistite da un notevole livello di informatizzazione:
di rilievo è il dossier informatico che contiene la storia
clinica pregressa della paziente e il suo aggiornamento
ad ogni prestazione. Il percorso assistenziale è definito e
completo, con una gestione fluida delle modalità di presa
in carico, senza lunghi tempi di attesa. Particolare attenzione è rivolta al comfort alberghiero e alla privacy, con
presenza di culla e secondo letto per il famigliare nella
camera dedicata a ciascuna gestante. Le sale parto sono
organizzate su un livello tecnologico avanzato e analogamente le sale chirurgiche. Un aspetto che ha destato
perplessità nel personale ostetrico della USL 5 riguarda
l’elevata medicalizzazione del parto e la scarsa rilevanza
Esperienza formativa al Centro di Chirurgia epato-biliare
del Paul Brousse, Villejuif – Parigi4
Quattro chirurghi, 1 medico anestesista, e 4 infermiere
dell’area critica e chirurgica dell’Ospedale Felice Lotti di
Pontedera hanno avuto l’opportunità di effettuare un tirocinio di due settimane presso il Centro di chirurgia epatobiliare dell’Ospedale Paul Brousse di Villejuif (Parigi). Le
diverse figure professionali hanno effettuato un percorso
di formazione e di arricchimento culturale presso il Centro considerato punto di riferimento internazionale per lo
studio ed il trattamento dei pazienti affetti da neoplasie
epatiche primitive e secondarie.
L’istituto attualmente diretto dal Prof. Denis Castaing è stato fondato dal Prof. Henri Bismuth, padre fondatore della
chirurgia epatica, nel 1993.
Quattro équipe composte da chirurgo, anestesista ed infermiere si sono avvicendate da maggio a ottobre 2012
prendendo parte alle attività del Centro, dalla sala operatoria, all’assistenza in corsia, alle visite ambulatoriali,
partecipando ai meeting oncologici, alla programmazione settimanale ed alla discussione multidisciplinare dei
casi clinici.
Ciascuno dei partecipanti ha avuto modo di approfondire, sviluppare ed integrare le proprie conoscenze, secon-
Autori: Alice Ballatori, [email protected]; Luana Barsotti,
[email protected]; Martha Traupe, [email protected]; Ostetriche, Azienda USL 5 di Pisa, c/o Ospedale “F. Lotti”,
Pontedera, via Roma 180.
Autorizzano la pubblicazione del presente articolo.
Autori: Giancarlo Basili, dirigente medico 1° livello Chirurgia Generale; Irene Lorenzi, dirigente medico 1° liv. Anestesista, Azienda
USL 5 di Pisa, c/o Ospedale “F. Lotti”, Pontedera, via Roma 180;
[email protected], [email protected].
Autorizzano la pubblicazione del presente articolo
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do la propria specialità, confrontandosi con un modo di
lavoro ad impronta internazionale e di altissimo livello.
Proprio per la fama a livello mondiale, al Paul Brousse
transitano specialisti di varie aree correlate con la patologia epatica e la trapiantologia. Provenienti da varie
parti del mondo studenti, medici in formazione, giovani
chirurghi, epatologi, anestesisti lavorano nel Centro per
periodi variabili dai 2 mesi a qualche anno. L’aria che si
respira è quella di un gran crogiolo di cultura, scienza ed
esperienza che coinvolge e affascina anche chi vi si trova
solo per pochi giorni. Il Centro è caratterizzato da una rigida impostazione degli orari e delle attività settimanali e
da una consuetudine quasi ritualistica nella presentazione
dei casi clinici e dei report delle attività scientifiche, determinando una visibile coordinazione e uniformità degli
atteggiamenti clinici a fronte di una popolazione sanitaria così variegata.
Lo scopo principale del tirocinio è stato quello di apprendere le tecniche di diagnosi e trattamento di queste forme
neoplastiche, ponendo particolare attenzione ai pazienti
affetti da forme secondarie inizialmente non resecabili.
La chirurgia resettiva epatica, associata a diversi protocolli chemioterapici, costituisce la principale possibilità di
trattamento dei pazienti con metastasi epatiche da carcinoma colonrettale. Il problema cruciale da affrontare
riguarda proprio la resecabilità: il giudizio si basa su diversi fattori, alcuni di tipo tecnico quali la diffusione della
neoplasia epatica (metastasi multiple e/o bilobari, relazione con le strutture vascolari), altri di ordine generale
legati al paziente (rischio anestesiologico, riserva funzionale epatica, alla coesistente presenza di altre patologie
d’organo).
Estendere il tasso di resecabilità delle metastasi costituisce
pertanto un obiettivo cruciale dell’approccio strategico a
questi malati, per poter offrire loro la migliore possibilità
di cura. Il Centro di chirurgia epato-biliare è sempre stato
punto di riferimento per lo sviluppo e l’attuazione di protocolli di trattamento per tale tipologia di pazienti. Tra le
diverse metodiche proposte in letteratura, l’Istituto diretto
dal prof. Castaing risulta particolarmente dedicato allo
studio e all’applicazione di una tecnica particolare che
permette un trattamento anche dei pazienti considerati
inizialmente come non resecabili. L’epatectomia in due
tempi costituisce, infatti, uno dei mezzi più efficaci a tale
scopo, potendo recuperare alla chirurgia un 25-30% di
pazienti un tempo ritenuti inoperabili. La metodica consiste nell’ottenere la bonifica completa del fegato colonizzato dalle metastasi in due tempi, laddove il suo espletamento in un tempo solo comporterebbe un alto rischio di
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insufficienza epatica postoperatoria (quasi sempre letale)
per l’inadeguata quantità di parenchima epatico che residuerebbe all’intervento. Sfruttando la ben nota capacità
di rigenerazione del fegato deprivato di una parte del
suo parenchima, si bonificano alternativamente (in due
stadi) i due emifegati, inducendo un’ipertrofia compensatoria nella parte di fegato destinato a rimanere, mediante
legatura o embolizzazione del ramo vascolare destinato
all’asportazione.
L’esperienza acquisita nel periodo di stage ha permesso
di riorganizzare la nostra attività clinica puntando, come
i colleghi d’oltralpe, alla multidisciplinarietà. Negli ultimi mesi sono state eseguite delle riunioni all’interno delle
quali le diverse figure professionali hanno preso parte
attiva alla programmazione del percorso del paziente
da sottoporre a chirurgia epatica maggiore. Le diverse
problematiche connesse al singolo caso clinico sono state accuratamente discusse al fine di definire una corretta
strategia condivisa tra tutti gli operatori e adattata alle
caratteristiche ed alle comorbidità del paziente. Questo
percorso ha determinato una organizzazione più efficace
che si è riflessa nella soddisfazione degli operatori, ma
soprattutto in un miglioramento significativo dell’outcome
clinico.
Esperienza formativa al BARN - &
UNGDOMSNABILITERING SODRA ALVSBORG di Alingas
- Svezia5
Nell’ambito del progetto “Mobility and Health Project”,
realizzato dalla ASL 5 di Pisa, in accordo con i principi
del Programma europeo “Leonardo da Vinci” e della “European Quality Charter for Mobility (2006/961/CE), si
è svolto il tirocinio formativo del gruppo di operatori delle
Unità funzionali per la salute mentale dell’Infanzia e dell’adolescenza (UFSMIA Pisa e UFSMIA Valdera Alta Val di
Cecina), presso la struttura BARN- & UNGDOMSNABILITERING SODRA ALVSBORG di Alingas- Svezia, dal 27
agosto al 7 settembre 2012.
Il Centro fa parte della “rete” del Servizio sanitario nazionale svedese specializzato nella presa in carico delle
Autori: Filippo Barbieri, neuropsichiatra, [email protected].
it; Valentina Semucci, fisioterapista UF SMIA via Garibaldi, Pisa,
[email protected]; Anna Sieni Infermiera, pediatrica,
UFSMIA, via Garibaldi, Pisa, [email protected]; Graziella
Bertini, educatore professionale UF SMA/SMIA Volterra, graziella.
[email protected]; Monica Loffredo, fisioterapista UORRF, Fornacette, [email protected]; Barbara Rocchi, fisioterapista
UORRF, Fornacette; Michela Franceschini, assistente sociale, responsabile GOIF, via Saragat, Pisa, [email protected].
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famiglie con bambini ed adolescenti di età compresa tra
gli 0 ed i 18 anni con disabilità congenite e/o acquisite.
Un fitto calendario di attività e visite, capillarmente programmate dalla tutor Lucilla Massa, logopedista in servizio presso la struttura ospitante, ha permesso ai componenti del gruppo un’intensa full immersion nel paradigma
di cura, centrato sul processo di abilitazione, attraverso il
quale si forniscono, insegnano, sviluppano abilità nuove
e/o emergenti e si consolidano quelle già presenti nel
repertorio comportamentale della persona. L’obiettivo finale è quello di incidere positivamente sulla qualità di vita
della persona e dei suoi familiari.
L’Habilitering non offre prestazioni diagnostiche, che
vengono invece erogate presso i Centri specializzati per
patologia.
Il modello di presa in carico prevede un’iniziale approfondita analisi dei bisogni del soggetto, seguita dalla stesura di un piano di “abilitazione”, con indicazione degli
obiettivi, e dalla periodica valutazione dei risultati, con
riformulazione degli obiettivi di intervento. Il valore aggiunto dei percorsi di cura è dato pertanto dalla capacità
di garantire la continuità delle cure e la qualità delle relazioni che si stabiliscono tra servizio ed utenti e tra utenti
ed équipe multiprofessionale.
Elementi cruciali nella presa in carico abilitativa sono rappresentati dal forte investimento sulla formazione costante
e continuativa della famiglia e dei caregiver, e dalla semplificazione dei percorsi assistenziali sociosanitari. L’empowerment della comunità e il mantenimento della compliance della famiglia è fortemente sostenuto anche grazie alle
specifiche politiche di welfare e per la disabilità.
Centrali risultano il ruolo del case manager nei rapporti
con le strutture esterne all’Habilitering, e la diversa distribuzione delle responsabilità tra operatori sanitari (medico, psicologo, logopedista, fisioterapista, terapista occupazionale ed infermiere) e operatori sociali (assistente
sociale, pedagogista).
Nel corso della visita sono stati dedicati specifici momenti
di approfondimento riservati ai diversi profili professionali componenti il gruppo: introduzione al Karlstad model,
modello di intervento indiretto per bambini con disturbi
di linguaggio e ai modelli di presa in carico precoce per
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bambini con autismo (Intensive Behavioural Training e
ABA) per logopedisti ed educatori professionali, partecipazione a sessioni di Idrokinesiterapia per la fisioterapista, visita all’Ospedale di Boras per medico ed infermiera.
Le visite alle scuole speciali e alle strutture di “III livello”
(Region Habilitering) oltreché ai Centri di ricerca (DART,
Centro specializzato in CAA e ausili per la comunicazione per bambini, adolescenti, adulti con disabilità e caregivers) e al Centro ausili di Moldnal hanno completato il
percorso formativo.
Il percorso di formazione ha consentito la riflessione su
conoscenze e competenze professionali, e su aspetti della
cultura organizzativa in essere presso la struttura ospitante tra i quali sottolineiamo: la meticolosa organizzazione
e pianificazione delle riunioni sui casi clinici, la puntualità
nel rispetto di orari e scadenze, la particolare attenzione
al benessere dell’operatore, pause caffè scandite nell’arco della giornata, particolarmente importanti nella cultura
svedese.
L’esperienza formativa ha rafforzato la consapevolezza
dei nostri punti di forza sia in termini di professionalità
(formazione, conoscenze, aggiornamento e autoformazione) che dell’importante mole di lavoro ed investimento
delle UF sull’integrazione scolastica; è emersa con urgenza la necessità di concretizzare l’integrazione dei Servizi con progressione piramidale a partire dal basso (tra
operatori all’interno di ciascuna UFSMIA, tra operatori
del settore sociale e sanitario, tra le 2 Unità funzionali
infanzia e adolescenza e tra queste ultime e le UFSMA
di zona, all’interno del Dipartimento di salute mentale)
anche attraverso il puntuale rispetto dei percorsi per patologia, del passaggio da età evolutiva ad età adulta e dei
Protocolli tra sanitario e sociale.
L’esperienza vissuta ci ha permesso di mettere a confronto
la presa in carico riabilitativa e abilitativa del Sistema sanitario svedese con quello Italiano; oltre alla chiara differenza nella densità della popolazione esiste una diversa
politica di welfare che permette in Svezia un maggior
investimento economico e organizzativo verso i bisogni
sociali e sanitari dei disabili.
In sintesi nella tabella sottostante sono state riassunte sia
le criticità che i punti forza di entrambi i sistemi.
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Sistema svedese: criticità e punti di forza
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Sistema Italiano: criticità e punti di forza
1. Cultura diffusa del concetto di handicap (assenza totale Accessibilità alle prestazioni sanitarie pubbliche anche in
di barriere architettoniche, diffusione della CAA, serate assenza di una diagnosi già definita.
dedicate all’autonomia nei locali pubblici, integrazione
sociale, “amico facilitatore”).
2. Integrazione scolastica con l’istituzione di classi “speciali” Integrazione scolastica grazie alla legge 104/92,
in scuole “normali”.
presenza di insegnanti di sostegno, assistenza specialistica
ed educativa. Mancanza di spazi adatti e dedicati,
discontinuità degli insegnanti di sostegno.
3. Concetto di abilitazione-autonomia (corsi di formazione 3.Presa in carico, rapporto frontale con il paziente e la sua
per insegnanti, genitori e parent- training).
famiglia, spazio agli incontri dedicati a gruppi omogenei di
genitori (parent training per autismo, PCI),meno confine tra
abilitazione e riabilitazione.
4.Riunioni di team sistematiche all’interno di spazi dedicati. 4. Riunioni settimanali organizzative e professionali di
UO e trimestrali di UF, con la partecipazione attiva di tutti
gli operatori.
5.Organizzazione con agende informatizzate con accesso 5.Implementazione dell’utilizzo della cartella informatizzata
per tutti gli operatori .
e del progetto riabilitativo.
6.Buona qualificazione professionale, gestione poco flessibile 6. Buona qualificazione professionale degli operatori,
dell’attuazione dei protocolli, alta burocratizzazione.
maggiore flessibilità e capacità di iniziativa.
7. Passaggio al team adulti con sospensione sia dei 7.Rete di collaborazione e protocolli per la gestione del
trattamenti riabilitativi che della presa in carico del medico e passaggio tra UFSMIA - UFSMA – UORRF e Servizio
assegnazione esclusiva al Servizio sociale.
sociale, con un operatore dedicato.
8. Presenza di terapisti occupazionali e pedagogisti 8. Assenza di educatori professionali all’interno delle
speciali.
UFSMIA.