Musica, politica ed economia: intervista ai 99 Posse | Frontiere

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Musica, politica ed economia: intervista ai 99 Posse | Frontiere
21/11/11 14.42
venerdì, novembre 18, 2011 | di Redazione
Musica, politica ed economia: intervista ai 99
Posse
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Teodora Malavenda
Dopo dieci anni di assenza (relativa) tornano i 99 Posse, la
band italiana “politica” per eccellenza i cui brani sono stati
la colonna sonora di più di una generazione. Esplosi nel
fermento underground degli anni ’90, frutto pregiato delle
posse che in quel periodo portarono una ventata di novità
nel panorama musicale, all’inizio del nuovo millennio
raggiunsero un livello di visibilità quasi commerciale, per
poi sparire.
In verità i fan della prima ora, i loro fratelli minori e i loro
figli, hanno sempre continuato ad ascoltare suonare e
canticchiare le loro canzoni storiche, seguendo in ogni caso i
percorsi solisti dei vari componenti della band. Tornare e fare un disco in piena crisi discografica, in
piena crisi economica e in anni in cui il modo di produrre, acquistare, vendere ed ascoltare la musica
è così cambiato, è un’impresa importante. E i 99Posse accettano la sfida con Cattivi Guagliuni, un
album di quindici tracce che ridanno un suono e un ritmo alle nuove lotte e a quelle di sempre. Le
sonorità spaziano, come al solito, tra i vari generi che hanno ispirato e caratterizzato la band sin
dall’inizio. L’espressività incisiva e diretta del rap, la potenza dell’elettronica, la ruvidità del
raggamuffin si bagnano a tratti di musica popolare, come a voler ribadire che la tradizione ha sempre
un occhio volto al futuro.
Tanti gli ospiti in questo disco: dal giovane rapper napoletano Clementino al veterano Speaker
Cenzou, dal maestro Daniele Sepe alla Nuova Compagnia di Canto Popolare, dal poliedrico
Caparezza ai Fuossera.
I 99 Posse tornano con un disco dopo dieci anni e improvvisamente sembra finita l’era del
berlusconismo…
Sicuramente abbiamo la capacità di smuovere tante coscienze ma non crediamo di essere capaci di
tanto (ridiamo ndr). Il berlusconismo è stato talmente devastante che ha danneggiato anche quella
fetta di Paese che credeva di poter trarre vantaggi dalla classe dirigente. Di conseguenza era
inevitabile un’implosione, esattamente come è accaduto al capitalismo con la crisi economica.
Con che spirito si ripropone la storica band politicizzata italiana nell’epoca della disinvoltura e
del vuoto totale?
Lo slogan degli indignati “Noi siamo il 99%” è molto eloquente. La quasi totalità della popolazione
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mondiale è schiacciata dagli interessi di poche centinaia di persone che si arricchiscono sulle spalle
non solo dei poveri ma anche del ceto medio. Il vero problema è che non esiste un collante
ideologico che riunisca in un unico movimento gli stessi intenti e le medesime richieste. Da parte
nostra c’è il massimo impegno ad indirizzare i giovani, e non solo, verso questa strada.
L’Italia spa (traccia n.5 ndr) è sull’orlo del fallimento. Vendere o nazionalizzare?
Vendere, dipende da cosa si vende. Vendere per esempio le costosissime macchine acquistate da
poco dal Ministero della Difesa. Non vendere beni immobili ai nomi noti che, approfittando della
crisi economica, arricchirebbero il loro patrimonio. Al momento riteniamo che la Lega rappresenti
un grosso problema perché soffia sul malcontento di tantissime persone individuando dei finti
nemici che sono l’operaio del sud o l’operaio emigrato. È una sciocchezza, è una guerra tra poveri
(divide et impera ndr). Ancora non sono riusciti a capire che il capitalista del nord vende all’operaio
del sud e che se quest’ultimo si impoverisce anche il primo di conseguenza va in fallimento.
In questi vent’anni siete cambiati più voi o l’Italia?
Noi crediamo di essere cambiati in meglio. Con gli anni siamo diventati un po’ più saggi anche se
cantiamo un brano il cui titolo dice l’esatto contrario (traccia n. 14 ndr). L’Italia forse è peggiorata o
rimasta uguale a dieci anni fa. Quando ci siamo riuniti, tre anni fa, abbiamo subito fatto un tour e il
timore comune era di riproporre brani datati. Ma in realtà ci siamo resi conto che quei testi sono
molto attuali, alcuni più di quando li abbiamo scritti.
Una domanda apparentemente scontata ma che sono sicura tantissimi si pongono. Nel 2011 è
possibile fare musica anticapitalista? Datemi una risposta simpatica per sdrammatizzare
altrimenti rischiamo di perderci per l’eternità…
Certo che è possibile! I nostri contenuti all’inizio hanno scatenato tante polemiche. Siamo stati
accusati di essere contrari al progresso, alcuni di noi (è un noi esteso ndr) sono stati messi in galera e
qualcuno purtroppo è morto. Adesso invece sono contenuti che rispecchiano il contesto attuale. Il
capitalismo selvaggio ha portato al crollo dell’economia globale. È impensabile che l’occidente
possa reggere la concorrenza di prodotti che vengono fatti in paesi dove la retribuzione della
manodopera è inferiore alla metà di quella italiana. Queste considerazioni le facevamo già dieci anni
fa…
Tra “Povera vita mia” e la “Paranza di San Precario”, a parte la morte di Marco Biagi, cos’è
cambiato?
Qualsiasi cambiamento è avvenuto in negativo. Il lavoro non si trova perché non c’è. E quando si
trova è precario. La legge Biagi è una legge criminale che però non giustifica l’orrore umano che ha
portato all’uccisione del suo ideatore.
“Yes weekend”: dal 2008 la sinistra non è più in Parlamento. Credete che la cosa abbia una
rilevanza alla luce della situazione attuale?
Noi abbiamo sempre fatto politica extra-parlamentare e quindi in teoria non ci dovrebbe interessare.
In pratica invece avere al potere persone che condividono parte dei nostri ideali, malgrado le loro
posizioni spesso edulcorate, sarebbe un punto di forza. Questo pezzo è rivolto al PD, che tanti errori
ha fatto. Ma il più importante forse è stato quello dell’allora DS (quanti nomi hanno cambiato!)
D’Alema che, durante la bicamerale, fece l’accordo per non toccare le tv di Berlusconi non
risolvendo di fatto il conflitto d’interessi. E se Berlusconi ha dominato la scena così a lungo è stato
soprattutto grazie ai suoi canali mediatici.
Domanda strettamente musicale. Mi parlate di come sono nate le collaborazioni all’interno del
disco “Cattivi guagliuni”?
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Fare musica è un po’ come fare l’amore. Quando ci si innamora scatta un meccanismo chimico che è
inspiegabile. La stessa cosa avviene con la musica. Abbiamo fatto una lista di persone con le quali ci
troviamo in sintonia e con le quali avremmo voluto lavorare anche se alcuni sono rimasti fuori
perché non c’erano brani che giustificassero la loro partecipazione.
Il nome di tre gruppi italiani.
Caparezza, Subsonica e I ministri.
Quale brano scegliereste per descrivere i tempi che stiamo vivendo?
Probabilmente “Salario Garantito”, uno dei nostri primi brani. I politici e la Confindustria dicono
sempre che dobbiamo adeguarci all’Europa e agli standard europei, ma sembra che ci dobbiamo
adeguare solo per le cose “lacrime e sangue”. Forse è vero che in altri Paesi la flessibilità del lavoro
è più feroce, ma esistono in questi paesi una serie di tutele che danno alle persone un minimo di
sicurezza in più, cosa che invece non accade in Italia.
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