Giugno 1920: lo storico leader del socialismo riformista italiano

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Giugno 1920: lo storico leader del socialismo riformista italiano
ANTICIPAZIONI
RICETTE (POLITICHE) DI IERI PER OGGI
«RIFARE L’ITALI A» ALLA TURATI
Giugno 1920: lo storico leader del
socialismo riformista italiano pronuncia
alla Camera un importante discorso
che, riletto quasi novant’anni dopo,
si rivela di grande attualità. Un libro
ora lo ripropone insieme ad altri scritti
turatiani e con prefazione di Aldo
G. Ricci (di cui anticipiamo ampi
stralci). Ieri come oggi una Nazione
allo sbando, economicamente,
politicamente e moralmente, può
ritrovare la propria strada solo
con la concordia tra le classi
sociali… Una ricetta che da lì a poco
sarà però sperimentata dal Fascismo
All’indomani della fine del conflitto, Turati è uno dei pochi leader del socialismo italiano a non soffrire del complesso «sovietico». Fare in Italia come in
Russia è una parola d’ordine che gli ispira orrore e che continuerà a stigmatizzare negli scritti e nei discorsi, senza curarsi delle reazioni che tali posizioni provocano in una base ormai fortemente suggestionata dal mito
dell’Ottobre russo. Negli anni precedenti la guerra, la sua «sintonia asimmetrica» con l’azione politica di Giolitti aveva consentito al movimento
operaio di raggiungere una serie di importanti conquiste sociali e normative che il leader liberale di Dronero è ben lieto di favorire, convinto
com’è, fin dalle sue prime esperienze politiche, che il miglioramento
delle condizioni delle classi lavoratrici e lo sviluppo della scolarizzazione non solo rappresentino in se stesse delle conquiste di civiltà, ma
favoriscano alla lunga il consolidamento dello stesso regime democratico-liberale, legando alle istituzioni quelle masse proletarie che solo
in minima parte erano state coinvolte nel processo unitario e poi nel
consolidamento dell’Italia come Stato moderno. Con questa strategia,
l’accordo di fondo di Turati è completo, al di là delle schermaglie
d’occasione e dei contrasti spesso più apparenti che reali. Il leader del
riformismo (…) non pensa più che a un programma minimo di conquiste sociali debba poi seguirne uno massimo, ovvero la fuoruscita
dal sistema capitalista, per usare un termine ancora recentemente
usato con gran sussiego da molti maîtres à penser della sinistra
italiana. Egli ha messo a fuoco che, come afferma Bernstein, «il
movimento è tutto», ovvero quello che conta è la direzione che caratterizza i cambiamenti introdotti dalle riforme (…) Turati non
ha fretta di vedere il proletariato italiano, attraverso il suo partito
di riferimento, ovvero il partito socialista, approdare alla gestione
diretta del potere. (…)
U
di Aldo G. Ricci
no dei testi più importanti della tradizione socialista italiana, ispirato al metodo
delle riforme possibili e condivise con i settori più dinamici e aperti del mondo imprenditoriale e dei tecnici, è certamente
il famoso discorso pronunciato da Filippo Turati alla Camera il 26 giugno del
1920, un discorso dal titolo quanto mai
emblematico e destinato a essere più volte ripreso, «Rifare l’Italia».
Il discorso è accompagnato da due testi politicamente importanti e
utili per inquadrarlo nel dibattito tra le correnti socialiste del tempo: il primo è l’intervento pronunciato da Turati al convegno di
Bologna, nell’ottobre del 1919 (Socialismo e massimalismo), nel
quale il leader riformista segna le distanze
dalla componente maggioritaria massimalista, che in attesa di una improbabile rivoluzione spontanea condan-nava il
partito all’inazione, e l’altro è il discorso
del 19 gennaio 1921 al congresso di Livorno (Socialismo e comunismo), dove
Turati saluta con inconfessata soddisfazione l’uscita della frazione comunista dal
Partito Socialista. (…)
Sostituire la borghesia nell’impresa di gestire le contraddizioni, in particolare dell’infuocato dopoguerra, appare a Turati non
solo sbagliato, ma pericoloso per il futuro stesso del socialismo,
che non può, a suo modo di vedere, diventare il cane da guardia
di un capitalismo in difficoltà. In questa prospettiva va inquadrata anche l’incomprensione del Nostro nei confronti del Fascismo montante, che gli fa sottovalutare l’opportunità di sostenere Giolitti nel programma di riforme da lui stesso delineato
al momento della formazione del suo ultimo governo. (…) Ma
resta convinto che al futuro appuntamento con gli impegni di
governo il partito socialista dovrà presentarsi a ranghi compatti, maggioritario e fortemente saldato al movimento sindacale. L’adesione di una minoranza riformista a un governo
Giolitti gli sembra un controsenso, ovviamente perché sottovaluta l’impatto politico più che numerico di tale scelta. E’
questo il contesto in cui nasce «Rifare l’Italia». Un contesto
di ripetute tentazioni ministeriali, di offerte a mezza bocca e
di rifiuti ufficiosi. (…) Di fronte alla rapida caduta di Nitti,
per l’improvvida decisione di aumentare il prezzo del pane,
e al reincarico a Giolitti, che si presenta alla Camera il 24
giugno, con un discorso prevalentemente improntato al
Filippo Turati (1857-1932). In alto, un manifesto
socialista inneggiante alla concordia dopo la guerra
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