La Madonna di San Luca fra storia e tradizione

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La Madonna di San Luca fra storia e tradizione
La pioggia cessò e si gridò al miracolo
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Il 5 luglio 1433, per la prima volta, la Madonna di san Luca fu portata a
Bologna attraverso porta Saragozza: da aprile la città era colpita da piogge
continue, tempeste con fulmini che colpirono anche la Torre Asinelli e il 4 maggio vi
erano state anche scosse di terremoto. Entrata in Bologna la venerata immagine,
la pioggia cessò. E iniziò così
una tradizione che poi si è
sempre ripetuta ogni anno la
domenica
che
precede
l’Ascensione.
Occorre
considerare che nei tempi
passati la pioggia determinava il
sorgere della carestie e quindi
minacciava la vita di migliaia di
persone.
Pregare
o
far
processioni per ottenere
la
pioggia era usanza frequente e
un po’ dovunque immagini
mariane erano venerate a tal fine. A Bologna fu denominata Madonna della Pioggia
la chiesa che ospitava un’immagine mariana alla quale i fedeli attribuirono la
miracolosa fine di una lunga siccità nel 1516. Ma a chi venne l’idea di portare a
Bologna l’immagine della Madonna di san Luca? Fu di un professore di diritto,
Graziolo Accarisi, membro del Consiglio degli Anziani del Comune di Bologna:
questi, durante i suoi viaggi a Firenze, aveva saputo dell’usanza di portare in
processione la Madonna dell’Impruneta per impetrare la fine delle piogge. Perciò,
conoscendo la venerazione per l’immagine mariana sul colle della Guardia,
propose di non andare a pregare lassù, ma di portarla in processione in città. Il
Consiglio approvò l’idea e lo stesso Accarisi si occupò dell’organizzazione. Il
giurista e i confratelli si recarono al Monte della Guardia per prelevare l’immagine.
Il 4 luglio iniziò la discesa verso Bologna, sotto la pioggia battente, e si rese
necessario far sosta nell’attuale chiesa di San Giuseppe dei Cappuccini. Qui si
fermarono fino alla mattina successiva quando ripresero il cammino: appena entrati
a Porta Saragozza, la pioggia cessò fra lo stupore dei fedeli che gridarono al
miracolo.
San Luca, il portico della gente di Bologna
Per il Senato bolognese quel portico monumentale, che si snodava dalla
porta fino al colle della Guardia per centinaia di archi costava una follia; se proprio
lo si voleva costruire si sapesse che da parte del Comune non sarebbe stata
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Carlino Bologna, 9.5.2010.
sborsata nemmeno un lira. E poi, una strada -addirittura in acciottolato!- esisteva
dalla fine del '500 ed era percorribile anche dalle carrozze.
Ma i cittadini che avevano dato vita ad un Comitato, coordinato da un
sacerdote di natali modenesi, non si lasciò spaventare e decise di chiedere
ugualmente l'autorizzazione a costruire il portico garantendo che sarebbe stato
pagato completamente dalla devozione dei cittadini di ogni condizione sociale.
Il sacerdote si chiamava Lodovico Generoli e prestava la propria attività
presso l'Ospedale di S. Biagio, in via S. Stefano, 38, proprio di fronte a via
Cartoleria, dove ancor oggi si può ammirare una statua della Madonna, opera di
Andrea Ferreri. Don Generoli divenne poi Canonico della Collegiata di Pieve di
Cento fino alla morte.
Di fronte a questa assicurazione
fornita dal Comitato di cittadini, che metteva
al riparo il bilancio comunale da spese così
ingenti, il 24 aprile 1674 il Senato diede la
propria autorizzazione ed il 28 giugno 1674
il capomastro Cassani pose la prima pietra
nell'arco 132, all'angolo con via F. Turati;
don Generoli vi collocò una medaglia che
conteneva da una parte l'immagine di papa
Clemente X e dell'arcivescovo di Bologna
Girolamo Boncompagni e dall'altra lo
stemma del Comune di Bologna. Furono
anche poste alcune reliquie. I lavori si
avviarono per realizzare il porticato verso
Bologna.
In meno di due anni, i 300 archi del
tratto da porta Saragozza al Meloncello,
sotto la direzione tecnica dell'architetto Gian Giacomo Monti, erano già costruiti;
ed anche l'arco d'ingresso di fronte a porta Saragozza, che fu chiamato "Arco
Bonaccorsi" dal nome del Cardinal Legato che pagò l'opera, sempre progettata da
Gian Giacomo Monti. E fu lo stesso Cardinale che, il 14 maggio 1676, "essendo
terminato di tutto punto", diede la solenne benedizione all'opera.
L'impresa compiuta aveva del miracoloso: 300 archi in appena due anni! E
il denaro? Vi era stata una mobilitazione generale di parrocchie, confraternite,
istituzioni laiche e religiose, singoli cittadini e semplici lavoratori dipendenti: una
sorta di gara virtuosa che aveva rastrellato le risorse necessarie per un'opera
maestosa.
Ora bisognava affrontare il lungo e difficile tratto dal Meloncello al
Santuario. C'era ancora un po' di denaro disponibile e si iniziarono i lavori.
Si offrirono anche di lavorare gratuitamente gli operai dei filatoi, i
"filatoglieri": una cronaca riferisce che la mattina del 17 ottobre 1677 "essendo
gran quantità di pietre e sassi radunati al Meloncello per fabbricare il portico, li
ragazzi del filatoglio essendosi posti in fila su la strada che va a S. Luca in
distanza che uno può arrivare all'altro pigliando una pietra e porgendola all'altro e
l'altro all'altro con tal ordine dal primo all'ultimo che era già a piè della scala di
pietra della chiesa di S. Luca.." E così "senza muoversi da luogo...col passare di
una mano in un'altra", con minore costo e fatica e con brillanti risultati i materiali di
costruzione venivano trasferiti senza far ricorso a "carri e birocci" che avrebbero
trovato non poche difficoltà per via della salita, Un metodo che - riferisce il cronista
dell'epoca- fu utilizzato anche per costruire il castello di Varignana.
Tuttavia, nonostante il "passamano" dei giovani dei filatoi, i lavori furono
sospesi dopo la costruzione di otto archi: occorrevano fare di nuovo appello alla
generosità, riaprire la gara per raccogliere le somme necessarie. Ma vi era anche
il problema di procedere ad espropri di terreni con relativi rimborsi; a qualcuno fu
abbattuta la casa che poi fu ricostruita in altra ubicazione.
Passarono così alcuni anni: furono risolti i problemi di esproprio e furono
trovate le somme di denaro necessarie. Le Compagnie delle arti e dei mestieri, il
Monte di Pietà, le famiglie nobili e quelle senatorie, prelati, singoli cittadini, gruppi
di lavoratori, i dipendenti del Monte di pietà, le parrocchie, le Confraternite e tanti
altri risposero nuovamente all'appello e nel 1705 i lavori ripresero sulla base di un
tracciato disegnato dal perito Giannantonio Conti.
I nuovi portici non seguirono il tracciato
del camminamento già esistente e furono
costruiti con notevoli fondamenta e con lo
schema di pilastri binati congiunti da un muro
per rendere più robusta la costruzione.
Nel 1714 il porticato era completato e il popolo
festeggiò l'avvenimento.
Nel 1717, per la prima volta, la Madonna
di San Luca giunse a Bologna percorrendo il
nuovo porticato: 666 archi dal Santuario e porta
Saragozza.
Nel 1732 fu costruito l'arco del Meloncello
su progetto di Carlo Francesco Dotti e la spesa
fu sostenuta dalla la famiglia Monti. Inoltre
furono realizzati affreschi in vari archi, sculture
come la "Madonna grassa", e cappelline
devozionali.
Già nel '700 e poi fra il 1887- 1888 furono
attuati interventi di restauro ai portici e sempre furono a carico dei privati cittadini
che manifestavano in tal modo la loro profonda devozione alla Madonna di San
Luca.
Per secoli, dunque, i fedeli si sono recati a San Luca per pregare, per
impetrare grazie come testimoniano i numerosi ex voto, alcuni dei quali esposti nel
nuovo Museo di porta Saragozza.
Per circa quarant'anni si è potuto anche evitare la lunga camminata
utilizzando la funicolare, inaugurata il 21 aprile 1931, che partiva dal Ghisello e per
la quale vi è un progetto di ripristino.
Dal 1989 sono stati avviati e compiuti numerosi restauri di archi di portico,
dell'Arco Bonaccorsi, di affreschi, della stessa "Madonna grassa".
Ciò che è stato realizzato fra il 1674 ed il 1714 non è solo una grande
opera di devozione e di buona architettura: è un "unicum" nel mondo intero,
un'opera che ora appartiene a tutti e che è dovere di tutti tutelare con impegno e
con convinzione.
Marco Poli