Psicologia della Genitorialità - Appuntiunito

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Psicologia della Genitorialità - Appuntiunito
PSICOLOGIA DELLA GENITORIALITA'
Modelli, Ricerche, Interventi
Angela Maria Di Vita e Piera Brustia
INTRODUZIONE
Affrontare il problema della gravidanza e della genitorialità è oggi più complesso di quanto non lo
fosse un tempo, poiché vi è stata una profonda trasformazione dei ruoli.
In passato la cultura imponeva alla donna come compito la procreazione e l'allevamento della prole e
il figlio era spesso investito di molti significati economici e sociali a scapito di quelli affettivi.
La maternità è un evento cruciale nella vita di una donna, ma anche dell'uomo e della comunità
stessa, per cui ogni cultura ha sempre teso a regolamentarla attraverso norme e prescrizioni.
Entro il costrutto dell'attaccamento, sono state sistematizzate le Funzioni Genitoriali che
Ochoa-Torres e Lelong (2002) dividono in:
- Funzioni di Sicurezza;
- Funzioni di Stimolo;
- Funzioni di Socializzazione;
- Funzioni di Trasmissione Trans-Generazionale dei Valori.
Il significato che i genitori hanno attribuito a mettere al mondo i figli si è gradatamente trasformato
nell'evoluzione storica e sociale, in quanto l'isolamento peculiare della famiglia nucleare moderna è
andato crescendo e ha contribuito a privare la donna dei sistemi di protezione che operavano per
esempio nella famiglia patriarcale.
Ora siamo di fronte alla procreazione responsabile, il più delle volte frutto di una scelta personale, per
cui un figlio scelto porta con sé notevoli aspettative.
Oggi i genitori investono moltissimo nel numero sempre più ridotto di figli che mettono al mondo, e ciò
può diventare un problema, perché i figli sentono di dover corrispondere ad un'immagine ideale di sé,
impegnativa e irraggiungibile. Il bambino rischia di diventare un contenitore delle difficoltà dei genitori
o una forma di realizzazione.
E poi ci sono le genitorialità in qualche modo problematiche, come la genitorialità differita che,
ritardando il processo gestazionale, evidenzia la tendenza a separare la coniugalità con la
genitorialità.
Oppure la genitorialità “a tutti i costi”, reazione delle coppie che, maturato il desiderio di avere un figlio,
si trovano di fronte all'impossibilità di realizzarlo. Questa genitorialità inappagata scatena ansie e
aspettative che sono quasi sempre conseguenti a protocolli di procreazione assistita, la quale può
indurre ad un controllo onnipotente sul concepimento e quindi sulla nascita.
Nuovi studi sull'infertilità hanno dimostrato come essa possa avere origine dal mancato
raggiungimento, da parte della coppia, della giusta maturazione di un progetto gestazionale (Infertilità
Psicosomatica o Psicogena).
E ancora, la genitorialità adottiva, che esprime un diverso modo di affrontare la sterilità e vede i
coniugi trasformare il desiderio per un figlio in quello di prendere a carico un bambino, attraverso un
vero e proprio viaggio psichico volto ad attuare la transizione alla genitorialità.
La nascita di un figlio rappresenta comunque sempre un evento critico per la coppia, che deve dar vita
ad un progetto gestazionale che consenta ad entrambi i futuri genitori di creare nella propria mente lo
spazio indispensabile per accoglierlo. Questa transizione mobilita l'intero sistema familiare nel quale la
diade madre-bambino vive e primo fra tutti, il padre.
I genitori contemporanei sembrano non riuscire a darsi e a dare confini di ruolo stabili e chiari, la crisi
della famiglia tradizionale incide sulla formazione dei nuovi individui e quindi dei nuovi genitori. Il
diventare genitori comporta l'elaborazione di una serie di cambiamenti, di perdite, di angosce e l'adulto
deve saper rinunciare a parti di sé affinché il figlio possa diventare una persona. La genitorialità è una
situazione evolutiva strettamente legata alla storia relazionale di ciascuno, e riattiva le
rappresentazioni mentali e le passate esperienze di attaccamento con i propri genitori, quindi il
neonato interiorizza non solo la coppia genitoriale, ma anche il legame che questa ha avuto e ha con
la propria storia famigliare.
E' da ritenere che quei processi psichici che consentono aggiustamenti affettivi, cognitivi e
comportamentali debbano essere attentamente monitorati e valutati in un'ottica di prevenzione.
Gli interventi per la famiglia vanno dunque pensati, attuati e verificati in una visione non
assistenzialistica, bensì relazionale e sussidiaria.
CAPITOLO 1 - TRANSIZIONE ALLA GENITORIALITA' E MODALITA' DI PARTO
La genitorialità, come processo psichico attraverso il quale un uomo e una donna diventano genitori,
si fonda sullo spazio che i genitori costruiscono nella loro mente, spazio destinato a contenere l'idea di
un figlio e l'immagine di sé come madre e come padre.
Anche quando l'esperienza della genitorialità è vista e anticipata come fortemente positiva, essa è
permeata da un imponente rimaneggiamento intra e inter-psichico, in quando irrompe nell'ordinario
dei giorni. L'accesso alla genitorialità è connesso a un equilibrio complesso, sempre da ristabilire, fra
diversi Tipi di Investimento:
- Narcisistico e Oggettuale del bambino da parte di ciascuno dei genitori;
- Narcisistico e Oggettuale nel funzionamento della coppia;
- Investimenti Genitoriali e Coniugali;
- Ruolo Materno e Ruolo Paterno.
I processi biologici e psicologici sembrano dispiegarsi attraverso percorsi diversi nell'uomo-padre e
nella donna-madre, se per entrambi si può parlare di crisi maturativa e di momento evolutivo, la
maternità è inscritta nello spazio cavo del corpo femminile mentre la paternità si pone fin dall'inizio del
concepimento di un figlio come un evento sottratto all'evidenza dei sensi. Il primo requisito della
paternità è quindi la rappresentazione psichica.
Il periodo della gravidanza rappresenta un laboratorio perfetto. Questo laboratorio, inteso come spazio
fisico e mentale, necessita in primo luogo del sostegno del partner, in quanto a lui spetta il compito di
sostenere il percorso della gravidanza, la relazione madre-bambino e successivamente i processi di
individuazione e di separazione del bambino. In secondo luogo risulta necessario un ambiente
supportivo e una sostanziale responsabilità sociale.
L'Evento Parto-Nascita
Il passaggio dalla gravidanza alla maternità reale è legato alla separazione biologica del parto,
separazione permeata da angosce persecutorie e depressive, dato che la madre perde il bambino e il
bambino perde la madre.
È quindi un transitare dalla gravidanza-maternità sognata alla nascita-maternità reale, attraverso il
difficile confronto fra il bambino immaginario, e quello reale, fra il ruolo di genitore fantasticata e quello
di genitore reale, fra sé come genitore e il proprio genitore.
Le modalità secondo le quali avviene il parto vengono ricordate anche a distanza di anni, in modo
spesso intenso.
Il parto-nascita, prototipo di ogni separazione, è per natura un evento drammatico e violento che
avviene nel travaglio, nell'incertezza e nell'angoscia. Eppure esso è il presupposto fondamentale al
diventare persona per l'altro, purché intervenga un'istanza separante che dia un senso alla violenza
contenuta in esso e se ne faccia carico, leggendola come segno non di morte ma di vita.
Il parto è il significante di significati di vita e di morte, da un punto di vista emotivo e affettivo. Deve
perciò svolgersi in un luogo pensato e contenuto dalle persone che vi partecipano in quanto
consapevoli della dimensione simbolica.
È necessario quindi uno Scaffolding, termine usato in psicologia per indicare l'aiuto dato da una
persona ad un'altra per affrontare un compito, che sia
- Empatico;
- Non Giudicante;
- Non Intrusivo.
Esso deve quindi essere costruito non solo da spiegazioni e direttive, ma anche e soprattutto da
comprensione, ascolto e vicinanza, in quanto le parole del personale medico hanno un'importanza
enorme. Le comunicazioni affrettate possono essere deleterie ma comunque l'uso delle parole intorno
alla nascita è fondamentale. Accanto all'idealizzazione della gravidanza e della nascita, vi è la
mancanza di sostegno psicologico alla donna.
La discrepanza tra le aspirazioni dei genitori e la realtà psicosociale dell'esperienza del parto e del
post-partum, la banalizzazione dei sintomi e la medicalizzazione dell'evento gravidanza-parto
acuiscono le difficoltà legate al dover riformulare, senza perdersi, nuove modalità di vivere la propria
realtà interna ed esterna, ostacolando l'accesso della madre e del padre alla genitorialità.
Il Taglio Cesareo
L'ostetricia moderna ha prodotto da un lato il crollo della mortalità materna e una grossa diminuzione
della mortalità perinatale ma dall'altro ha prodotto anche un aumento ingiustificato di parti chirurgici.
Ciò è dovuto a due grossi errori:
- aver trascurato, anzi negato, gli aspetti emotivi e relazionali del momento nascita;
- aver applicato procedure mediche, anche nella maggioranza delle gravidanze e dei parti che sono
fisiologici, cioè normali e a basso rischio.
Un dato rilevante è l'alta frequenza di tagli cesarei (35% al sud e 38% al nord).
La Richiesta di Taglio Cesareo da parte delle donne è legata a molti fattori tra cui:
- esperienza negativa di un parto precedente;
- paura della perdita di controllo e di un dolore intollerabile;
- angosciosa preoccupazione circa la propria integrità fisica o quella del bambino.
La richiesta si pone cosi come difesa e come delega alla tecnica della responsabilità della propria
esperienza emotiva, psichica e somatica.
La prima e principale risposta alla sofferenza che spesso viene espressa attraverso il dolore somatico
non deve essere la cura medica, ma l'attenzione rispettosa al dramma dell'altro. Il 20% dei soggetti ad
esempio non conoscono i motivi per i quali era stato fatto il cesareo.
Anche se il parto cesareo, soprattutto quello programmato, addormenta le intense e pervasive
manifestazioni emozionali, il post-partum si presenta come più difficile e doloroso. Se le aspettative
negative circa il parto, l'ansia e la paura sia della donna che del suo partner sono correlate alla
percezione del dolore, tanto più è necessaria un'atmosfera di ascolto e di attenzione.
Il taglio cesareo può attenuare l'esperienza positiva del parto e comportare conseguenze psicologiche
negative, quali un aumento della frequenza della depressione e del distress psicologico, soprattutto
nei casi in cui il taglio cesareo sia effettuato in anestesia generale, rendendo difficoltoso l'avvio
dell'interazione con il bambino.
La Ricerca
Rispetto alla Ricerca bisogna analizzare alcuni elementi:
1. Obiettivo: porre a confronto uomini e donne durante il periodo della gravidanza e del puerperio, in
funzione della modalità di parto, rispetto a sintomatologia ansiosa e depressiva e rappresentazioni
materne e paterne, considerando che questi sono tutti indicatori dello stile genitoriale;
2. Campione: 186 soggetti divisi in tre gruppi:
- Gruppo Parto Spontaneo (PS): 86 donne e 50 uomini;
- Gruppo Taglio Cesareo Urgente (TC urg): 22 donne e 13 uomini;
- Gruppo Taglio Cesareo Programmato (TC prog): 11 donne e 4 uomini.
Le variabili sociodemografiche sono abbastanza simili tra i gruppi. Le uniche differenze sono:
- TC prog ha un livello di istruzione universitaria superiore;
- PS ha partecipato meno ai corsi pre-parto.
3. Procedura: la procedura seguita è stato così suddivisa:
- 20-24 settimane di gestazione: Intervista Strutturata, EPDS e ASQ-Ipat;
- 30-32 settimane di gestazione: EPDS, ASQ scala Ipat, IRMAG e Rap.Pa.G.;
- cinque giorni dopo il parto: EPDS e ASQ Scala Ipat;
- tre mesi dopo il parto: Rap.Ma.N. e Rap.Pa.N.
4. Strumenti: gli strumenti utilizzati sono stati:
- Intervista Semistrutturata: utile per rilevare gli aspetti sociodemografici, le gravidanze precedenti,
l'età gestazionale, il corso di preparazione alla nascita, il periodo di convivenza con il partner,
l'appartenenza religiosa e il numero ideale di figli;
- EPDS (Cox, Holden e Sagovsky, 1987): è un questionario di autovalutazione utilizzato per indagare
la sintomatologia depressiva postnatale. E' composto da 3 item e la PostNatal Depression (PND)
viene confermata con una soglia di 12/13;
- ASQ-Ipat Anxiety Scale (Krug, Scheier e Cattel, 1976): composto da 4 item serve per valutare il
livello di ansia latente e manifesta;
- IRMAG e Rap.Pa.G.: questionari composti da 41 domande per valutare le rappresentazioni di donne
e uomini durante la gravidanza (28-32 settimane di gestazione). Le sei aree analizzate sono:
- desiderio di maternità/paternità nella storia personale e nella coppia;
- emozioni personali, di coppia e familiari alla notizia della gravidanza;
- emozioni e i cambiamenti nel corso della gravidanza nella vita personale e di
coppia, nel rapporto con la propria madre e nella prospettiva del parto;
- percezioni, emozioni e fantasie relative al bambino interno;
- aspettative future riguardanti le caratteristiche di sé come madre/padre e le
caratteristiche del bambino;
- prospettiva storica della madre/padre riguardante il proprio ruolo attuale e passato
di figlia/o.
- Rap.Ma.N. e Rap.Pa.N.: interviste somministrate dopo la nascita del bambino che permettono di
esplorare i mutamenti che l'arrivo del nuovo nato porta nell'ambito del modello narrativo dei soggetti,
indagando:
- il modo in cui la donna e il suo partner ricostruiscono il periodo dopo il parto;
- percezioni ed emozioni, fantasie materne/paterne nei confronti del bambino;
- il resoconto delle pratiche di allevamento e delle modalità relazionali;
- le modifiche che la nascita del bambino ha comportato a livello fisico, psicologico
e relazionale.
Durante la somministrazione di IRMAG, Rap.Ma.N., Rap.Pa.G. e Rap.Pa.N. vengono somministrate
anche cinque Liste di Aggettivi che esplorano il contenuto delle rappresentazioni materne e paterne
rispetto a:
- caratteristiche individuali del bambino;
- caratteristiche individuali della gestante;
- caratteristiche individuali del partner;
- caratteristiche materne/paterne di sé;
- caratteristiche della propria madre/padre.
Queste liste sono costruite sul modello del differenziale semantico e permettono di misurare
attraverso il processo di qualificazione il significato affettivo attribuito ad alcuni concetti o stimoli.
Le prime tre liste riguardanti le caratteristiche individuali del bambino, della donna/dell'uomo e del
partner comprendono le stesse 17 coppie di aggettivi, che si riferiscono ad aspetti del funzionamento
personale, dello stile interpersonale e dell'orientamento affettivo. In tal modo è possibile osservare con
quali caratteristiche viene percepito il figlio e valutare se si fa riferimento più alla figura materna o a
quella paterna. Le altre due liste sono costituite da 17 coppie di aggettivi che si riferiscono all'area
affettiva, al funzionamento personale, al ruolo materno/paterno e all'area della sensibilità
materna/paterna.
5. Risultati: i risultati principali riguardano:
- Sintomatologia Depressiva: le donne risultano più depresse degli uomini a prescindere dalle
modalità di parto. I soggetti PS sono più depressi prima della nascita ma non dopo. Nei soggetti TC
urg vi è un incremento significativo della depressione dopo il parto;
- Sintomatologia Ansiosa: le donne risultano più ansiose degli uomini a prescindere dalle modalità di
parto. I soggetti PS hanno un livello di ansia più alto in tutti i periodi rilevati;
- Rappresentazioni Materne in Gravidanza e Dopo la Nascita: tutti i gruppi tendono a rappresentare il
bambino in termini più positivi rispetto a sé, al partner e il partner meno pauroso di sé.
Le differenze più significative sono:
- le donne TC prog rappresentano la famiglia come più intraprendente e decisa;
- le donne TC prog vedono il bambino come meno pulito e sé come disordinate;
- tutte le donne si vedono come migliore della propria madre.
- Rappresentazioni Paterne in Gravidanza e Dopo la Nascita: nel confronto tra prima e dopo il parto
tutti gli uomini vedono il bambino come più vivace e intelligente di sé e della partner, e la partner come
più ordinata e pulita di sé e del bambino.
Le principali differenze sono:
- gli uomini TC urg si rappresentano sé, il bambino e la partner come più fiduciosi,
dopo il parto più allegri, affettuosi e forti.
- in tutti i gruppi vi è una visione migliore rispetto al proprio padre.
6. Discussione: le donne risultano depresse in numero maggiore rispetto agli uomini a tutti e quattro
gli incontri indipendentemente dalla modalità di parto. Ciò evidenzia la maggiore complessità
dell'evento psicobiologico gravidanza-parto e del processo della maternità.
Il PS ha un numero significativamente maggiore di soggetti depressi rispetto ai TC urg e prog. Dal
punto di vista clinico è interessante notare come il TC urg nel passaggio dalla 30-32 settimana
gestazionale a cinque giorni dopo il parto abbia un incremento significativo nel numero dei soggetti
depressi, per poi decrescere nuovamente a tre mesi dopo il parto.
Nel PS l'andamento della numerosità dei soggetti depressi non mostra grandi variazioni, pur
aumentando leggermente all'avvicinarsi del parto e nell'immediato post-partum, per poi decrescere a
tre mesi dopo la nascita.
Nel TC urg durante la gravidanza si rileva una percentuale bassissima di soggetti con sintomatologia
depressiva, mentre a pochi giorni dal parto si verifica un significativo incremento e a tre mesi dalla
nascita la percentuale rimane più alta di quella di partenza.
Nel TC prog, durante la gravidanza non c'è alcun soggetto con sintomatologia depressiva, mentre si
evidenzia un graduale innalzamento nel post-partum e tre mesi dopo il parto. Il taglio cesareo
programmato non preserva quindi dalla depressione post-partum.
Le donne manifestano un livello superiore di ansia globale rispetto agli uomini a tutti e quattro gli
incontri.
Il PS ha un livello significativamente superiore di ansia globale a 20-24 mesi, e 30-32 settimane di
gestazione e cinque giorni dopo il parto rispetto al TC prog. I punteggi di ansia globale del TC prog
sono eccessivamente rilassati, sicuri e flemmatici, per cui sembra che la programmazione di un
cesareo in anestesia parziale anestetizzi anche il parto psicologico.
Con riferimento alle rappresentazioni materne relative alle caratteristiche del bimbo, di sé e del
partner, emerge che prima e dopo il parto tutte le donne, indipendentemente dalle modalità del parto,
si rappresentano il bimbo in termini più positivi rispetto a sé e al partner, e il partner meno pauroso di
sé.
Le donne del TC prog, rispetto alle PS, si rappresentano, durante la gravidanza, il bambino come più
intraprendente, deciso, vivace, ma meno pulito, e dopo il parto vedono se stesse come più disordinate
e il bambino come più pasticcione. Prima e dopo il parto si vedono più giocose e tranquille, ma
vedono la propria madre più seria e ansiosa, prima del parto molto più insicura e dopo meno
affettuosa.
Prima e dopo il parto gli uomini dei PS e TC urg si rappresentano il bimbo più vivace di sé e della
partner, più intelligente di sé, la partner più pulita e ordinata di sé e del bambino. Prima del parto i TC
urg rappresentano il bambino, il sé e la partner più fiduciosi.
I soggetti considerati, indipendentemente dalla modalità del parto e dal sesso, si rappresentano il
bambino in termini più positivi rispetto a sé e al partner, e inoltre si immaginano come genitori in
termini più positivi rispetto ai propri genitori.
Si può quindi pensare a un processo di idealizzazione che funzioni da scaffolding rispetto a identità
immaginate o in via di costruzione che proprio in quanto non stabilizzate possono essere vissute
come perturbanti.
È non solo un ascoltare la realtà fisica della gravidanza, ma anche un dare spazio a quella psichica,
spesso incompresa o messa a tacere.
La gravidanza e la nascita non sono solo fatti ma sono eventi, permeati dalle rappresentazioni consce
e inconsce di coloro che partecipano a tali eventi, a partire dalle madri.
CAPITOLO 2 - GRAVIDANZA PRETERMINE E FATTORI DI RISCHIO. PROCESSI DI
GENITORIALIZZAZIONE
Premessa
La nascita di un figlio assume oggi una particolare connotazione e un significato di rilevante
complessità in termini emotivi, simbolici e sociali, e si pone sempre più spesso come oggetto di
riflessioni, controlli, programmazioni, limitazioni o sollecitazioni. Oggi alla gravidanza è quindi
strettamente connesso l'aspetto di scelta. In tal senso si manifesta un aspetto di ambivalenza:
- tendenza ad evitare la gravidanza;
- cercare di avere un figlio a tutti i costi.
La costituzione del legame è influenzata tanto dagli eventi reali quanto dai fantasmi inconsci. La
genitorializzazione incontra allora ostacoli di natura psicologica e socio-relazionale, quindi oggi la fase
della Transition to Parenthood presenta molteplici e variegati scenari con significative differenze e
sfumature, che necessitano di nuovi strumenti, antropologici e culturali oltre che psicologici e sociali,
di analisi.
L'attenzione degli studiosi si è focalizzata sulla clinica della relazione genitore-bambino. Bowlby aveva
già evidenziato come fossero proprio alcuni eventi perinatali emotivamente pregnanti a rendere più
difficile per il genitore mostrare quello stato mentale di responsività che consente di sintonizzarsi con i
bisogni del proprio bambino e quindi facilitargli lo sviluppo della fondamentale sensazione di
sicurezza.
Uno dei principali rischi potenziali per la costituzione del legame genitore-figlio è costituito dalle
caratteristiche della stessa gravidanza che può determinare effetti traumatici.
Le Gravidanze a Rischio sono quindi quelle che presentano condizioni patologiche reali o potenziali
che possono compromettere la salute o la vita della madre, del feto o di entrambi. Tra queste vi è la
nascita prematura (tra le 32 e le 37 settimane) e i parti gemellari.
I vissuti genitoriali esperiti nel corso della gravidanza, tra i quali i sentimenti di depressione e ansia,
possono influenzare lo strutturarsi di idee e aspettative sull'essere madre e sull'essere padre, la
natura della relazione precoce genitore-bambino e il conseguente stile di attaccamento.
La depressione materna, scatenata da vissuti di angoscia e di morte a causa del rischio, si manifesta
con intensi sentimenti di tristezza e di paura, tanto da fungere da fattore di rischio per l'attaccamento e
dunque per la natura della relazione primaria. In tale relazione subentrerebbe una sorta di
competizione tra il dolore dovuto alla pressante preoccupazione per il rischio di morte del feto e
l'amore per un bambino voluto e desiderato, ma al tempo stesso paventato e rifiutato.
Quando viene annunciata una Gravidanza a Rischio di Nascita Pretermine, la coppia comincia a
pensare al feto non come a un bambino che nascerà ma come a un bambino che non riuscirà a
nascere. La profonda ferita narcisistica e la delusione delle aspettative di una gravidanza normale
possono far insorgere nella madre un atteggiamento depressivo caratterizzato da sensi di colpa e
autosvalutazione della propria capacità generativa. Tale gravidanza spesso si trasforma in una
degenza, vissuta dai genitori come un vero e proprio periodo di crisi, in cui i sentimenti di colpa
possono impedire la creazione di quello spazio terzo di accoglienza che è indispensabile perché alla
sua nascita il bimbo trovi un posto dove collocarsi.
Nei casi in cui la gravidanza a rischio esiti in una nascita pretermine, si verifica una brusca
interruzione nella relazione fisica madre-feto, ostacolando l'evoluzione del processo di maternalità.
L'evento critico dell'interruzione repentina della gravidanza determina una condizione di
disorganizzazione sul piano psichico, cognitivo ed emozionale che favorisce un vissuto di lutto
anticipato connesso con il distacco prematuro dal bambino e con l'ansia per la morte.
Nel primo periodo subito dopo la nascita un ruolo importante è svolto dalla storia precedente, quella
della gravidanza, nel determinare il vissuto emotivo che accompagnerà la coppia, in quanto una
gravidanza con decorso normale sembra facilitare un atteggiamento ottimistico e speranzoso che
aiuta le coppie nella gestione dell'evento critico che le coinvolge mentre una gravidanza sofferta della
donna può creare, dopo un primo momento di sollievo, senso di colpa e anticipazione del lutto, dovuti
alle paure che il bambino non sopravviva.
Missonnier (2003) sottolinea come la nascita sia un passaggio da uno stato a un altro, una
trasformazione radicale, uno sconvolgimento per la madre, per il padre e per l'intera famiglia. Madre e
padre si trovano quindi in equilibrio tra continuità e rottura della funzione di contenimento. Tutto ciò,
nel caso di una gravidanza a rischio o di una nascita pretermine, assume un aspetto decisamente più
complesso.
Gli studi sule rappresentazioni materne durante la gravidanza evidenziano un'incongruenza fra i tempi
psichici e quelli corporei, in cui i processi immaginativi sono più lenti rispetto a quelli fisiologici. Tra i
sogni più frequenti vi è quello relativo a uno degli elementi di maggiore contenuto simbolico ed
emotivo, ovvero il corredino, che viene sognato ancora incompleto mentre il bimbo è pronto a
nascere, e da ciò scaturisce l'angoscia dovuta alla consapevolezza che il bambino non potrà essere
avvolto negli indumenti opportuni e rimarrà freddo e nudo.
Nella madre a rischio emergono sensi di colpa e di inadeguatezza per non aver saputo contenere il
bambino fino al momento giusto.
Gran parte delle gravidanze a rischio esitano in un Parto Cesareo. Le caratteristiche innaturali del
parto determinano nella mente di entrambi i genitori uno stato di confusione, ansia o incertezza,
intensificate dalle caratteristiche di scarsa reattività del neonato, che appare come un partner poco
gratificante o poco responsivo che li fa sentire anche inadeguati e poco utili, dato che per garantirne la
sopravvivenza è necessario affidarlo alle cure di altre persone quali i medici.
L'importanza del parto naturale per identificare il nato da sé come figlio è ulteriormente confermata dai
vissuti sperimentati dalle donne sottoposte a taglio cesareo. La passività dovuta al subire un
intervento chirurgico, l'oblio determinato dall'anestesia e l'inutile sofferenza post partum. Il fantasma
del bambino vaga nel corpo come l'eco di un compito incompiuto.
Durante la gravidanza la coppia costruisce uno spazio fisico e mentale per il bambino che nascerà.
C'è un parallelismo tra i vissuti presenti nella donna in gravidanza e l'esperienza psichica dell'uomo
durante la gestazione della sua compagna.
Il Ruolo del Padre ha un'importanza fondamentale, che comincia prima della nascita del bambino, in
quanto la sua influenza sul nascituro passa attraverso la sua capacità di influenzare l'atteggiamento
della madre nei confronti del figlio che è dentro di lei.
La funzione paterna consiste nel favorire l'individuazione-separazione del figlio e nel custodire lo
spazio della coppia. Durante questo periodo, in particolare, la prima difficoltà che l'uomo si trova ad
affrontare è il superamento della sua differente matrice biologica rispetto alla donna-madre, che
invece sente il bambino come esperienza diretta nel proprio corpo. Esemplificativa di tale difficoltà è la
reazione alla prima ecografia, dato che nella donna questo momento non suscita particolari fantasie
ma per l'uomo questo momento è spesso uno dei più emozionanti di tutta la gravidanza.
Il momento dell'attesa costituisce una fase significativa nello sviluppo della paternità, dove l'uomo
deve poter riuscire a sintetizzare due dimensioni significative:
- Procreatività Biologica;
- Generatività (capacità di prendersi cura di ciò che si è creato).
La Ricerca
Rispetto alla Ricerca bisogna analizzare alcuni elementi:
1. Obiettivi: l'obiettivo della ricerca è stato quello di approfondire lo studio delle percezioni e dei
vissuti genitoriali durante il periodo della gravidanza definita a rischio, pensando al rischio fisico e
psicologico che il trauma provocato da queste esperienze potrebbe avere nel processo di costruzione
delle rappresentazioni, rispetto alla nascita e allo sviluppo della relazione precoce genitore-figlio. In
particolare si è cercato di:
- ricostruire le rappresentazioni che uomini e donne hanno di sé come madri e padri del loro bambino;
- confrontare le rappresentazioni emergenti individuando le differenze di genere;
- confrontare le rappresentazioni emergenti dei genitori alla prima esperienza con quelle di genitori
che affrontano la gravidanza per la seconda volta;
2. Procedura: incontri di un'ora con coppie tra la 28 e la 32 settimana gestazionale;
3. Soggetti: 20 coppie, di cui 10 alla prima esperienza genitoriale e 10 che affrontavano tale
esperienza per la seconda volta. Le coppie sono state selezionate in base alla presenza di patologie
gravidiche;
4. Strumenti: gli strumenti utilizzati sono stati:
- IRMAG;
- Rap.Pa.G.: in base ai risultati ottenuti da queste interviste semistrutturate è stato possibile
classificare le rappresentazioni genitoriali in tre categorie:
- Rappresentazioni Integrate/Equilibrate;
- Rappresentazioni Ristrette/Disinvestite;
- Rappresentazioni Non Integrate/Ambivalenti.
- Differenziale Semantico: Ammaniti e collaboratori hanno inserito all'interno delle interviste cinque
scale, in cui ogn'una è composta da 17 diverse coppie di qualificatori poste all'estremità di scale a
dieci livelli (10 qualificatore positivo e 0 qualificatore negativo). Le scale risultano così suddivise:
- le prime tre scale, che si riferiscono alle caratteristiche individuali del bambino, di se
stessi e del partner, sono costituite dalle stesse coppie di aggettivi e riguardano
determinati aspetti del funzionamento personale, dello stile interpersonale e
dell'orientamento affettivo;
- le ultime due scale, relative alle caratteristiche materne/paterne, di sé e del genitore
dello stesso sesso, risultano uguali tra di loro e diverse da quelle precedenti perché si
riferiscono all'area affettiva, al ruolo paterno/materno e all'area della sensibilità
paterna/materna.
- Test "La Doppia Luna" (Greco, 1999): è uno strumento di indagine costruttivo e proiettivo che
descrive il grado attuale di elaborazione individuale e familiare del problema dei confini familiari. Il
tema della rappresentazione dei confini è centrale dato che quando poi ci si trova ad affrontare un
evento non normativo e non scelto, come una gravidanza a rischio, quello dei confini diventa un
elemento fondamentale per analizzare la situazione familiare.
Il disegno viene poi analizzato integrando le indicazioni emerse da due diversi livelli di valutazione:
- Valutazione Globale: viene effettuata analizzando sia la prima impressione globale e
complessiva che si ha del disegno che il rapporto esistente tra elementi disegnati e
spazio vuoto;
- Valutazione Elementaristica: tiene conto della tipologia dei simboli, della loro
grandezza, della disposizione degli elementi nel foglio e della disposizione degli
elementi nel rettangolo. Viene anche analizzata l'interazione del soggetto con
l'operatore e viceversa.
5. Analisi dei Dati: riguarda principalmente:
- Analisi delle Narrazioni: sia nel gruppo maschile che in quello femminile i punteggi si concentrano
soprattutto sulle categorie limitata e moderata. La maggior parte delle donne mostrano un
investimento affettivo e psicologico limitato-moderato, determinano dal non volersi affezionare troppo
al bambino a causa dell'andamento incerto della gravidanza. Coerenza e differenziazione si collocano
nella categoria limitata. Nelle ultime due categorie, dipendenza sociale ed emergenza delle fantasie,
tali donne si trovano nella categoria moderata.
Per quanto concerne le rappresentazioni del bambino, si osserva una distribuzione dei punteggi molto
simile a quella delle rappresentazioni di sé come madre/padre. Le future mamme presentano una
narrazione ricca di fantasie, anche se, diversamente dalle gravidanze normali, si riscontra un livello
più alto di paure e incubi relativi alla salute del bambino.
Delle 20 donne intervistate, solo 4 sono rientrate nella categoria di rappresentazioni
integrate/equilibrate. La maggior parte del gruppo femminile, 10 donne, risultano avere
rappresentazioni ristrette/disinvestite e la piattezza emotiva e narrativa tende a scomparire quando
raccontano delle paure o fantasie relative all'eventuale malformazione o perdita del bambino. Le
rappresentazioni di 6 donne su 20 sono risultate non integrate/ambivalenti, con narrazioni
contraddittorie e poco coerenti, frasi spesso lasciate in sospeso e forti emozioni contrastanti che
mostrano quanto per loro sia difficile affrontare questo tipo di gravidanza.
Nel gruppo dei futuri papà la distribuzione delle categorie rappresentazionali è affine a quella delle
future mamme. La maggioranza del gruppo, 10 uomini su 20, presenta un quadro di rappresentazioni
ristrette/disinvestite;
- Analisi del Differenziale Semantico: le donne ritengono che il figlio sarà fragile e avrà un
temperamento difficile. Tendono anche ad appoggiarsi molto al partner. Dimostrano di volersi
accostare al loro modello materno e, rispetto alle loro madri, le donne intervistate si definiscono più
ansiose e controllanti.
Gli uomini attribuiscono al figlio aggettivi quali pasticcione e disordinato e a definirsi come fragili,
dipendenti e difficili;
- Analisi del Test "La Doppia Luna": nella valutazione dei disegni, oltre all'impressione globale del
disegno stesso, si è tenuto conto di determinati indicatori spaziali quali l'uso dello spazio interno ed
esterno al rettangolo, la posizione del soggetto rispetto al partner e alle altre persone significative, la
presenza o assenza del figlio in attesa, la tipologia di simboli utilizzati la presenza dell'elemento
mancante e l'eventuale utilizzo della bacchetta magica.
Dalla valutazione globale dei disegni elaborati dagli uomini e dalle donne si è osservata la tendenza
generale dei soggetti a utilizzare lo spazio interno al rettangolo. Contrariamente a quanto avviene per
le gravidanze normali, gli uomini intervistati occupano la parte centrale del foglio e rappresentano il
punto di riferimento delle partner. I dati certamente più rilevanti emergono dalla seconda consegna del
test, in quanto 15 donne su 20 e 7 uomini su 20, disegnano i loro familiari ma non il figlio in attesa,
mostrando cosi una certa difficoltà a considerare il bambino come un membro della famiglia. Tale
tendenza è dovuta alla maggiore difficoltà delle coppie che affrontano una gravidanza a rischio nel
mentalizzare un figlio sulla cui sopravvivenza si nutrono forti dubbi.
Quasi tutti i soggetti definiscono indispensabile l'aiuto fornito dalla propria famiglia d'origine o da
quella del partner, soprattutto in seguito al ricovero ospedaliero della gestante. La consegna della
bacchetta magica è stata eseguita esclusivamente da 5 donne e 2 uomini, i quali hanno aggiunto che
la utilizzerebbero per migliorare la condizione attuale della gravidanza. Le donne utilizzano
maggiormente simboli non convenzionali come fiori e alberi per rappresentare se stesse, familiari e
amici, mentre gli
uomini utilizzano più che altro dei simboli geometrici come cerchi, quadrati e rettangoli.
Il figlio viene disegnato solo in un secondo momento, attraverso la consegna che prevede
l'inserimento dell'elemento mancante.
6. Discussione e Conclusioni: la maggioranza delle donne e circa la metà degli uomini hanno
costruito una rappresentazione di sé e del bambino non sufficientemente definita. È emerso il tentativo
delle donne di evitare la crisi generata dalla gravidanza a rischio ricorrendo a meccanismi difensivi
quali la razionalizzazione e la negazione, determinando cosi un disinvestimento emotivo e una
rappresentazione poco definita del bambino.
I soggetti, specialmente le donne, sperimentano ansie legate a timori di possibili malformazioni,
angosce di morte e preoccupazioni pervasive relative allo stato di salute del bambino. Le coppie che
avevano già avuto un bambino si sono rilevate più ansiose e preoccupate perché mettevano
continuamente a confronto l'esperienza della prima gravidanza con quella attuale. La Patologia
Gravidica sembra poi aver influito sulle rappresentazioni dei soggetti, in quanto tre donne con diagnosi
di placenta previa si sono mostrate più preoccupate e ansiose delle altre donne per la salute del feto.
Il modo di reagire alla situazione è del tutto personale ed è influenzato dalle dinamiche psichiche che
caratterizzano la struttura di personalità del soggetto. Alcune delle coppie intervistate si sono
dimostrate in grado di affrontare la crisi nonostante il lungo periodo di stress cui erano sottoposte.
Un Ruolo Fondamentale sembra essere svolto dall'Uomo che nel caso di situazioni di grave difficoltà
deve assolvere principalmente a due funzioni:
- aiutare la moglie a riprendere il suo posto accanto a lui;
- recuperare il proprio spazio come padre e co-gestore della crisi.
Nel caso di nascita pretermine è la figura maschile a trovarsi in primo piano innanzitutto sul piano
pratico, dato che sta al padre prendere rapidamente eventuali decisioni, spesso difficili, sta a lui fare
da filtro con il mondo esterno e da mediatore tra mamma e bambino. Il padre sicuro può essere in
grado di trasformare l'ambiente relazionale del figlio sostenendo la diade madre-bambino o
influenzando la loro relazione.
Ove i genitori sono costretti a trascorrere del tempo lontani dal figlio a causa di un suo ricovero
protratto, è alta la possibilità che si sviluppi una relazione disfunzionale tra il bambino, la madre e il
padre, in quanto i genitori sperimentano insicurezza e sfiducia nelle proprie capacità di accudimento,
vivendo un senso di distacco emotivo che spesso li porta a non valutare adeguatamente gli eventuali
miglioramenti nella salute del bambino.
Il riflettere e l'essere sostenuti nel pensiero di avere dentro di sé delle cose buone da dare al bambino
permette ai genitori di riconoscere e accettare le emozioni che provano, sia positive che negative, e di
stabilire un contratto reale e autentico con il loro neonato.
CAPITOLO 3 - RAPPRESENTAZIONI E NARRAZIONI MATERNE IN GRAVIDANZA E NEI
PRIMI TRE MESI DI VITA DEL BAMBINO NELLA GENITORIALITA' A RISCHIO
Premessa
I costrutti, i modelli teorici e i dati empirici hanno messo in luce l'importanza di valutare non solo le
caratteristiche individuali di sviluppo del bambino e il profilo di personalità del caregiver ma anche gli
stati emotivi e affettivi dei genitori, le rappresentazioni mentali del sé, del partner e del figlio, basate
sull'esperienza relazionale passata, ma soggette a cambiamenti e modifiche sulla base
dell'esperienza attuale della genitorialità.
Durante la gravidanza, il feto e l'ambiente entrano in relazione tramite la madre, che svolge il ruolo di
anello di congiunzione. Con la nascita, gli scambi con l'ambiente esterno diventano ancora più diretti,
in una costante influenza reciproca.
La teoria dell'attaccamento ha fornito una spiegazione innovativa della relazione genitore-bambino.
Winnicott ha elaborato il concetto di Preoccupazione Materna Primaria e il cosiddetto sistema di
accudimento, da intendere come un sistema biologicamente determinato, al pari dell'attaccamento,
che consiste in una serie di comportamenti tesi a promuovere la prossimità e il benessere del
bambino quando il genitore percepisce un pericolo potenziale. In questi modo la madre risponde in
modo sollecito e flessibile ai segnali del figlio. Sempre in quest'ottica, i Modelli Operativi Interni sono
definiti come i sistemi rappresentazionali che selezionano e elaborano informazioni, alla luce delle
passate esperienze di attaccamento, fornendo indici accurati sui modi in cui la donna affronta
l'esperienza della gravidanza e la maternità, elabora le proprie informazioni, i propri affetti ed i ricordi.
A livello empirico si è arrivati a mettere in luce che le madri, già nell'ultimo periodo gestazionale,
possono elaborare delle rappresentazioni mentali dei loro bambini e sviluppare percezioni stabili della
loro personalità.
Durante la gravidanza, la madre rivive le esperienze della propria infanzia, sperimentando emozioni e
stati d'animo che costituiscono lo sfondo su cui si organizzano le specifiche modalità di costruzione
del legame con il bambino.
Il contenuto e la struttura di queste rappresentazioni costituiscono indici dell'adattamento alla
gravidanza e al futuro ruolo di genitore. Nei casi in cui tali rappresentazioni risultino rigide, poco
flessibili, confuse, idealizzate o anaffettive è probabile che si metta a rischio la costruzione di una
relazione adeguata e reciprocamente soddisfacente tra caregiver e bambino.
La psicopatologia dello sviluppo ha dato notevole rilievo allo studio dei diversi fattori di rischio,
riconoscendo il ruolo decisivo dello stress psicosociale materno. Tra gli altri, sono stati presi in
considerazione:
- basso livello socio-economico e di istruzione;
- assenza o isolamento dal contesto sociale;
- difficoltà economiche e/o lavorative;
- isolamento dalla famiglia d'origine;
- conflittualità genitoriale;
- eventi drammatici.
La Ricerca
Rispetto alla Ricerca bisogna analizzare alcuni elementi:
1. Obiettivo e Ipotesi: a partire da un modello multifattoriale della genitorialità, in cui grande peso
viene assunto dalle variabili quali la storia e le risorse personali del genitore, il contesto sociale come
fonte di stress o di supporto, l'accessibilità dei servizi territoriali, l'influenza di particolari caratteristiche
temperamentali e comportamentali del bambino, si è condotto uno studio sulle rappresentazioni
mentali materne in gravidanza e dopo la nascita del bambino in quadri di maternità a rischio
depressivo e/o psicosociale. Nello specifico, considerando le rappresentazioni genitoriali in gravidanza
quali modelli relazionali dell'esperienza passata, che in questo periodo subiscono sostanziali
modificazioni e revisioni riconducibili alle prime esperienze di attaccamento, si è voluto esplorare se il
contenuto e la struttura di queste rappresentazioni possono costituire degli indici dell'adattamento del
disadattamento alla gravidanza e al futuro ruolo genitoriale.
A tale proposito sono state formulate le seguenti Ipotesi Operative:
- se vi è una differente distribuzione degli stili di rappresentazione materna in gravidanza a rischio e
non a rischio;
- se vi sono delle differenze significative tra le caratteristiche delle rappresentazioni materne in donne
a rischio e non a rischio, attraverso un confronto del modello narrativo così come emerge dalle sette
dimensioni relative alla rappresentazione di sé come madre e del bambino;
- se le rappresentazioni materne cambiano dopo la nascita del bambino;
- se vi sono delle differenze significative dopo la nascita del bambino tra le caratteristiche delle
rappresentazioni materne in donne a rischio e in donne non a rischio, attraverso un confronto del
modello narrativo.
2. Procedura: dopo una prima fase preliminare sono stati individuati quattro gruppi:
- Gruppo con Sintomi Depressivi;
- Gruppo con Indici di Rischio Psicosociale;
- Gruppo con Sintomi Depressivi e/o Rischio Psicosociale;
- Gruppo di Controllo.
Le donne sono state intervistate alla 28 settimana gestazionale e dopo tre mesi dalla nascita del
bambino.
3. Soggetti: 144 donne italiane di cui 38 presentano un rischio depressivo, 39 psicosociale, 28 a
doppio rischio e 38 facenti parte del gruppo di controllo. Le madri hanno un età che va dai 25 ai 43
anni, appartengono a un ceto sociale medio e si trovano ad affrontare per la prima volta l'esperienza
della maternità.
4. Strumenti: gli strumenti utilizzati sono stati:
- CES-D (Radloff, 1977): composto da 20 item permette di discriminare i soggetti a rischio depressivo
da quelli in cui tale rischio è assente. Il valore di cut-off è stato considerato, nella versione italiana del
test, pari a 20;
- Scheda per la Presenza di Fattori di Rischio Psicosociale: composta da vari indici:
- assenza del partner;
- numerosità ed età della prole;
- storia di patologie psichiatriche familiari;
- eventi stressanti;
- eventi stressanti nell'ultimo anno;
- isolamento dal contesto sociale;
- mancata fruizione dei servizi in gravidanza;
- comportamento violento subito;
- devianza;
- dipendenza da sostanze.
In presenza di almeno tre o più variabili il soggetto è stato considerato a rischio psicosociale;
- IRMAG;
- IRMAN: intervista semistrutturata per esplorare le rappresentazioni materne dopo la nascita del
bambino.
5. Risultati: i dati mettono in luce una prevalenza di rappresentazioni non integrate/ambivalenti nel
sottogruppo di donne a rischio psicosociale e depressivo rispetto alle donne del gruppo di controllo,
mentre quest'ultime mostrano una prevalenza di rappresentazioni integrate/equilibrate. Dall'analisi del
chi quadrato effettuata sulle rappresentazioni materne al terzo mese di vita, è emerso che queste
donne continuano ad avere una prevalenza di rappresentazioni non integrate/ambivalenti rispetto agli
altri tre gruppi.
Il ripetersi di questo andamento anche dopo la gravidanza induce a ipotizzare che i fattori di rischio
depressivo e quelli psicosociali, co-presenti in queste madri già a partire dalla gravidanza
caratterizzino la loro maternità come un'esperienza piana di conflitti emotivi e di tendenze diverse
rispetto all'immagine di sé come persona e come madre, con eccessivo coinvolgimento e lotta per
prenderne le distanze. Anche la rappresentazione del bambino è caratterizzata da scarse percezioni e
sentimenti e le narrazioni sono poco coerenti.
Se nel periodo postnatale generalmente la nascita del bambino e l'interazione madre-bambino
mitigano le ansia materne attivatesi durante la gravidanza, e la rappresentazione di sé come madre si
differenzia progressivamente da quella della propria madre, nel gruppo delle donne a doppio rischio
tali cambiamenti non sembrano avvenire.
Relativamente alla seconda ipotesi che si proponeva di valutare quali dimensioni dell'IRMAG
differenzino i diversi sottogruppi è stata condotta un'ANOVA(4x7x2) sui punteggi delle singole scale
che compongono la rappresentazione di sé come madre e del bambino. Alcune differenze
statisticamente significative sono emerse per quanto riguarda la dimensione apertura al cambiamento
e della dominanza delle fantasie.
Le donne del sottogruppo a doppio rischio ottengono punteggi molto elevati nella dimensione della
dominanza delle fantasie, mentre ottengono punteggi più bassi nell'area dell'apertura al cambiamento.
Queste donne sembrano poco permeabili e/o poco disponibili a recepire e a riconoscere i segnali
relativi ai cambiamenti sopraggiunti.
Per quanto riguarda la rappresentazione del bambino sono emerse differenze statisticamente
significative nelle dimensioni ricchezza delle percezioni, apertura al cambiamento, differenziazione e
della dominanza delle fantasie.
Le donne a doppio rischio ottengono punteggi più bassi nell'apertura al cambiamento, nella coerenza
e nella differenziazione, mentre ottengono punteggi più elevati nell'area della dominanza delle
fantasie. In queste madri le descrizioni relative al bambino e alla relazione materna sono più confuse,
non pertinenti e contraddittorie. Nelle donne a doppio rischio l'elevato numero di fantasie relative al
bambino riguarda prevalentemente la sua integrità e la sua salute.
Relativamente alla dimensione della ricchezza delle percezioni, le donne a rischio depressivo
ottengono punteggi più bassi rispetto sia agli altri due gruppi a rischio, sia alle donne del gruppo di
controllo.
È stata condotta un'analisi della varianza ANOVA anche sulle sette dimensioni che costituiscono la
rappresentazione di sé come madre e del bambino all'IRMAN. I risultati ottenuti hanno evidenziato
differenze statisticamente significative tra i quattro sottogruppi su alcune dimensioni che definiscono i
diversi stili di rappresentazione materna.
Si osserva che le donne del sottogruppo a doppio rischio ottengono, anche dopo la nascita, nella
dimensione della dominanza delle fantasie, sia per la rappresentazione di se stessa come madre che
per la rappresentazione del bambino, punteggi significativamente più elevati rispetto alle donne degli
altri sottogruppi a rischio e al gruppo di controllo, in cui le fantasie continuano ad assumere una
connotazione più sana, ma al tempo stesso ottengono punteggi più bassi nella dimensione della
differenziazione. Le donne a doppio rischio hanno quindi una minore differenziazione di se stesse nel
nuovo ruolo di madri e la maternità si configura come un'esperienza poco elaborata in cui si
riscontrano difficoltà a gestire l'esperienza ed articolarla con le altre aree di sé e della propria vita.
6. Discussione: in una fase iniziale di questo progetto si è pensato di isolare l'influenza del fattore di
rischio depressivo dall'influenza di quello psicosociale sulla rappresentazione materna.
Partendo dalla considerazione che nelle madri si associano frequentemente stati depressivi con una
storia personale di abusi o traumi, si è deciso di studiare sia gruppi di donne in cui erano presenti
entrambi questi fattori di rischio che donne nelle quali risultavano prevalenti fattori di rischio
psicosociale o fattori di rischio depressivo, al fine di esaminare queste situazioni sia separatamente
che cumulativamente.
Un primo risultato dello studio ha messo in luce alcuni aspetti distintivi dei gruppi a rischio rispetto al
gruppo di controllo. Nelle donne del gruppo di controllo si riscontra una maggior frequenza di
rappresentazioni integrate/equilibrate rispetto ai gruppi a rischio. Le donne a doppio rischio
presentano una prevalenza di rappresentazioni mentali non integrate/ambivalenti di sé come madre e
del futuro bambino. Le rappresentazioni non integrate/ambivalenti si caratterizzano per uno stile
narrativo spesso confuso e contraddittorio, che rende difficile la comunicazione della propria
esperienza in un quadro coerente. L'apertura al cambiamento è limitata e la gravidanza viene a
connotarsi come un periodo in cui si riattivano i conflitti e le ambivalenze e si alternano emozioni
contrastanti di gioia ed esaltazione oppure di rabbia e depressione.
Profili diversi dei 4 gruppi di donne emergono anche esaminando le dimensioni che compongono la
rappresentazione materna di se stessa come madre e del bambino. Mentre le donne a rischio
depressivo presentano punteggi più bassi nella scala della ricchezza delle percezioni relative
all'esperienza della gravidanza e all'immagine del bambino, nelle madri a doppio rischio si osserva
una predominanza di fantasie bizzarre e sovrainvestite relativamente all'immagine di sé e del
bambino, con contenuti che possono riguardare tematiche di inadeguatezza, di perdita o di colpa.
Dal confronto tra gli stili delle rappresentazioni materne in gravidanza e dopo la nascita, a partire dai
tre mesi di vita del bambino, emerge che le madri appartenenti ai gruppi a rischio depressivo e a
rischio psicosociale reagiscono positivamente alla nascita del bambino, presentando una prevalenza
di rappresentazioni integrate/equilibrate. La presenza del bambino reale sembra assumere pertanto
un carattere potenzialmente evolutivo nel mondo psichico materno.
Rispetto alle differenze emerse nelle dimensioni che caratterizzano la rappresentazione materna dopo
la nascita del bambino, le madri a rischio depressivo mostrano una diminuzione dei sintomi nel
post-partum, per cui tale gruppo di madri non si discosta significativamente dal gruppo di controllo
relativamente alla rappresentazione di sé, mentre invece la rappresentazione del bambino sembra
essere più vicina a quella delle madri a rischio psicosociale. Le rappresentazioni mentali di sé come
madre e del bambino sembrano modificarsi in relazione a una nuova funzione di sé che viene a
definirsi nel corso della gravidanza e con la nascita del figlio.
Le madri a doppio rischio continuano a mantenere anche dopo la nascita del bambino delle
rappresentazioni fortemente stereotipate e un investimento nell'area delle fantasie che mostra talvolta
contenuti bizzarri e/o drammatici.
Vale la pena ricordare il potere di attribuzione che possono avere le fantasie genitoriali non solamente
sulla rappresentazione del proprio sé, ma soprattutto sulle condotte verso i figli in termini di
atteggiamenti, comportamenti verbali e non. Può risultare molto utile valutare il collegamento tra le
fantasie presenti nelle rappresentazioni materne e il livello delle reciproche interazioni o modalità di
regolazione intercorrenti tra madre e bambino.
CAPITOLO 4 - INCIDENZA DELLA PROPENSIONE LAVORATIVA SULLA DEPRESSIONE
POST PARTUM: UNA RICERCA SU UN CAMPIONE DI PRIMIPARE
La gravidanza, la maternità e il lavoro costituiscono eventi di importanza fondamentale nella vita di
ogni donna. La nascita di un figlio si configura come un avvenimento felice, ma anche come un
momento di trasformazione, di maturazione psichica che comporta profondi mutamenti nel sé, nelle
relazioni interpersonali, ma anche nel ruolo familiare e sociale della donna.
La mancata accettazione della gravidanza o l'incapacità di identificarsi e riconoscersi come madre
possono essere determinate da vissuti psichici conflittuali consci o inconsci, legati alla struttura di
personalità, alle esperienze affettive precoci, ma anche dal contesto ambientale. Una gestazione
percepita come indesiderata può avere ripercussioni destabilizzanti sulla psiche della donna e
causare l'insorgere di difficoltà e di problemi psicologici, scatenati dall'evento precipitante del divenire
madre.
La maternità è un aspetto della femminilità che nessuna donna può ignorare, ed essa vivrà con
maggior pienezza la gravidanza se la percepirà come realizzazione di un progetto e se essa le
permetterà di consolidare il proprio mondo infantile in senso adulto e felice.
Non si può negare che attualmente gli atteggiamenti delle donne nei confronti della maternità sono
spesso molto ambivalenti, perché la sentono come una scelta alternativa rispetto al lavoro. Se la
rispondenza della realtà esterna è positiva le abilità riconosciute porteranno a una maggior sicurezza
nelle proprie capacità professionali.
Mentre in passato la donna rinunciava al lavoro in caso di maternità, oggi la maternità è stata
riscoperta come evento centrale e importante della vita della donna.
Attualmente però si registra una tendenza opposta che porta a privilegiare il lavoro a scapito di una
maternità vissuta come problematica.
Il lavoro è divenuto un elemento importante nel percorso di presa di coscienza di sé e di autostima
intrapreso dalle donne.
Nonostante sia socialmente accettato che la donna abbia un'occupazione extrafamiliare, spesso tale
accettazione è puramente formale dato che vengono messe in discussione le capacità creative,
intellettuali e procreative, insinuando dubbi sull'adeguatezza della donna lavoratrice al ruolo di moglie
e di madre.
Questa situazione inibisce e limita le libere aspirazioni professionali e fa si che la donna spesso
accetti rapporti di dipendenza. L'analogia tra maternità e lavoro esiste perché entrambi i contesti
mettono in gioco il rapporto con i genitori interiorizzati e forniscono un occasione per rielaborare in
fantasia il legame con l'oggetto primario perduto. Se la creatività in senso lato comporta un atto
riparatorio, oltre a una parallela riduzione del senso di colpa, è legittimo domandarsi se per la donna
sia sufficiente la realizzazione nella maternità e se la scelta di non lavorare non possa rappresentare
un inconscio desiderio di espiazione. Le donne che rinunciano al lavoro per la maternità entrano poi in
crisi depressive più o meno gravi.
Nonostante la nascita di un bambino possa essere descritta come la più bella esperienza della vita di
una donna, i mesi successivi al parto sono spesso caratterizzati da tristezza, ansia e depressione.
Appare quindi necessario comprendere che cosa sia la depressione post partum, al fine di verificarne i
legami con le complesse problematiche cui si trova di fronte la donna contemporanea.
Il concetto di Depressione Post Partum apparve per la prima volta in letteratura alla fine degli anni
'60, quando Pitt descrisse una sindrome depressiva atipica con esordio successivo al parto, difficile da
definire e da identificare poiché situabile in un punto intermedio tra la comune instabilità emotiva dei
giorni immediatamente susseguenti la nascita del neonato e lo scompenso psicotico, decisamente più
compromettente. Tale patologia si trova tra l'estremo della depressione grave e la tendenza comune a
piangere che si osserva nel baby-blues. Di tutti i disturbi del puerperio, probabilmente la depressione
post partum è quello più comunemente conosciuto.
È fondamentale riconoscere e diagnosticare correttamente la depressione post partum, perché la sua
comparsa può determinare gravi conseguenze sulla qualità della vita della donna, e in special modo
sul suo rapporto con il bambino e con il resto della famiglia.
E' stato quindi sviluppato il PDPI (Postpartum Depression Predictors Inventory) il quale, nel
tentativo di rilevare il rischio depressivo delle neo-mamme, ha individuato un concorso di elementi
psicopatologicamente facilitanti tra cui:
- depressione prenatale (è il più forte predittore);
- storia personale di precedenti episodi depressivi prima della gravidanza;
- ansia e apprensione prenatale;
- mancanza di supporto materiale ed emotivo;
- conflittualità relazionali con il partner;
- stress correlato allo stato di salute e alla cura del bambino;
- life events stressanti;
- maternity blues.
Tali fattori psicosociali non agiscono quasi mai isolatamente, ma svolgono un'azione sinergica,
associandosi in modo variabile da individuo a individuo. In una revisione successiva sono state
individuate altre condizioni di vulnerabilità:
- basso livello di autostima;
- gravidanza non desiderata;
- temperamento difficile del neonato;
- condizioni socio-economiche basse;
- mancanza di stato coniugale.
A Livello Psicodinamico la neo-mamma deve affrontare un compito adattivo complesso che prevede
la separazione psichica dal bambino e la conseguente accettazione del bambino reale, riconosciuto e
amato in quanto individuo separato. Per quanto concerne la salute del bambino alla nascita, la
puerpera può sentirsi responsabile della malattia o della patologia del bambino, vivendosi come una
mamma che non è stata capace di generare un bambino sano, oppure potrà inconsciamente sentirsi
punita dalla propria madre interiorizzata per aver trasgredito all'interdizione edipica.
La separazione e il superamento dell'unione simbiotica-fusionale col feto sono condizione
indispensabile per instaurare una relazione reale con il bambino e per assumere pienamente e
consapevolmente la propria funzione materna di contenimento e di cura.
Si devono tenere in considerazione anche i fattori ambientali e sociali, le difficoltà relazionali con il
partner, la mancanza di supporto emotivo o materiale, ma anche problemi concreti di natura
economica e di vita quotidiana, i quali rendono il percorso di adeguatamente alla maternità difficile e
ansiogeno. Tali situazioni possono indurre un rischio psicopatologico che spesso si trasforma in uno
scompenso depressivo.
L'aggressività e la rabbia contro l'oggetto d'amore perduto, il feto, vengono da un lato introiettate
nell'Io in modo autopunitivo e autocolpevolizzante, mentre dall'altro sono proiettate sul bambino reale,
che non può essere accettato e amato. La depressione post partum diventa quindi espressione della
difficoltà di riorganizzare il proprio mondo interno, armonizzandolo con quello esterno.
Più la donna teme la rottura della simbiosi, più sarà acuta la patologia di cui soffrirà nel puerperio, è
meno sarà in grado di contenere psicologicamente il bambino e di fornirgli il sostegno che gli è
indispensabile.
E' quindi importante considerare la scelta della donna di riprendere o meno l'attività lavorativa, visto
che numerosi autori hanno individuato e sottolineato un'associazione positiva tra la propensione
lavorativa e lo stato di salute della donna.
La Ricerca
Rispetto alla Ricerca bisogna analizzare alcuni elementi:
1. Obiettivi, Ipotesi e Procedura: l'obiettivo è quello di comprendere quali sono i legami fra maternità
e lavoro ed in particolare:
- le reciproche influenze;
- quali sono i processi che si vengono organizzando nel momento in cui una donna lavoratrice è in
attesa di un figlio;
- quali meccanismi vengono messi in opera di fronte alla scelta di tornare o meno a lavorare dopo il
periodo di sospensione per maternità.
La ricerca intende approfondire come il problema si colleghi all'insorgenza della depressione post
partum.
Le ricerche precedenti confermano la possibilità che insorga una forma depressiva dopo la nascita, in
particolare del primo figlio. La forma più comune di depressione post partum è la baby-blues (o
maternity blues). La depressione post partum è però più difficile da rilevare.
Date queste premesse, la ricerca ha l'intento di verificare le correlazioni esistenti tra i fattori di rischio
emersi dalle altre ricerche e la propensione lavorativa. Lo studio si compone di due tempi:
- tra il quarto e il settimo mese sono stati somministrati degli schemi di raccolta dati anagrafici e
l'inventario delle propensioni lavorative per rilevare quei tratti di personalità a rischio individuati dalla
letteratura.
- intorno al terzo/quarto mese dopo il parto sono state somministrate nuove schede di raccolta dati e
l'EPDS, dato che in questo periodo le difficoltà e la complessità aumentano poiché le neo-mamme
devono decidere come comportarsi nei confronti del lavoro, considerando tutti i problemi legati alla
doppia presenza e alla conciliazione.
2. Partecipanti: 200 donne tra i 20 ed i 43 anni, selezionate grazie alla collaborazione dei ginecologi.
3. Strumenti: i principali strumenti utilizzati sono stati:
- Schede di Raccolta Dati (T1 e T2): create per raccogliere informazioni anagrafiche, sulla situazione
della donna come lavoratrice e neo-mamma e sulla situazione lavorativa;
- IPL 4.6 (Inventario delle Propensioni Lavorative): 112 domande per rilevare alcune scale:
- Equilibrio Emotivo;
- Scrupolosità;
- Socialità e Leadership;
- Innovatività;
- Imperturbabilità;
- Ordine e Autonomia;
- Orientamento al Successo;
- Resistenza alla Frustrazione.
- Scala di Hock (Hock, Gnezda e McBride, 1984): utile per misurare la propensione delle donne nei
confronti dell'attività lavorativa o del restare a casa;
- EPDS (Edinburgh Postnatal Depression Scale): strumento di screening per identificare donne a
rischio di depressione post partum.
4. Analisi dei Dati: in base ai risultati ottenuti è stata confermata l'esistenza di un legame tra
sintomatologia depressiva postnatale e alcuni tratti di personalità.
Particolare rilevanza ha la correlazione tra il punteggio ottenuto all'EPDS e la presenza di una storia
personale di depressione e ancora con la storia di depressione del partner.
Una gravidanza indesiderata appare un possibile fattore di rischio depressivo e di mancato
adattamento psicosociale alla maternità, cosi come una gravidanza difficile e problematica dal punto
di vista ostetrico trova una correlazione con una bassa percezione di supporto ricevuto, probabilmente
perché la gestante portatrice di sofferenza può sentirsi angosciata, preoccupata, e quindi percepirsi
come sola e abbandonata. Un parto prematuro o complicazioni medico-ostetriche durante il parto
costituiscono un potenziale fattore di rischio depressivo e di disadattamento sociale.
Un dato importante sono situazioni quali il licenziamento, la disoccupazione e i trasferimenti. Il vivere
in un piccolo paese non incide sul malessere psicoemotivo delle neo-mamme. Rispetto allo stato civile
si evince dall'ANOVA che il matrimonio determina una condizione di maggiore stabilità relazionale e di
presenza familiare che può incrementare il senso di sicurezza.
Numerose sono le correlazioni che ottenute tra il punteggio dell'EPDS e le singole scale dell'IPL 4.6.
Appare evidente la correlazione inversa rispetto alla depressione post partum delle scale dell'equilibrio
emotivo, della scrupolosità, della socialità e della leadership. Una donna con un basso equilibrio
emotivo dal punto di vista lavorativo non si sente adeguata alle situazioni, è più facilmente soggetta a
sviluppare una depressione. Le dinamiche interne tenderanno quindi ad influenzare la depressione e
la propensione lavorativa. Un esempio viene dalla correlazione inversa che è emersa tra la percezione
della situazione lavorativa desiderata e il punteggio all'EPDS.
5. Conclusioni: emerge una situazione conflittuale specie nelle donne che hanno un buon rapporto
con il lavoro, per le quali il forte investimento può risultare limitante o in contrasto con la maternità.
Queste donne mostrano più risorse e capacità sia affettive che organizzative. La famiglia, la sua
struttura e funzione, e il ruolo che la donna riveste al suo interno sono fattori che incidono sul
desiderio di maternità e sulle possibilità che le donne hanno, pur lavorando, di godere di una maternità
felice. La condizione matrimoniale, quando è armonica, è un fattore di protezione contro la
depressione post partum.
La scelta, se vissuta come alternativa al lavoro, può favorire l'insorgenza di una patologia
depressiva del periodo postnatale.
Si evince chiaramente come lavoro e maternità diventino un punto cruciale di incontro tra il lavoro
interno e la realtà, per diventare poi entrambi strumenti di un processo di trasformazione che porterà
la donna verso la sua nuova identità. La donna non soddisfatta rispetto alla propria condizione
lavorativa è più vulnerabile alla sintomatologia depressiva postnatale.
Nella depressione post partum vi è un rifiuto inconscio della femminilità o una riattivazione di situazioni
edipiche non risolte. Quanto appena detto risulterebbe in linea con il fatto che la maggior parte delle
donne che sviluppano tale patologia dichiarano che la gravidanza non è stata desiderata o è giunta
inattesa e, sul piano lavorativo, affermano di non essere soddisfatte della loro condizione.
Pare lecito chiedersi se sia sufficiente la procreatività, ovvero la maternità, per sentire di aver riparato
la relazione con l'oggetto primario perduto. Ma se la creatività si esaurisce nella maternità, non si
comprenderebbe il disagio che frequentemente manifestano molte donne madri per il fatto di non
potersi realizzare intellettualmente e professionalmente. Se la procreatività può essere considerata
l'ambito per eccellenza di realizzazione della donna, le donne hanno bisogno di essere non solo
procreative, ma anche creative. Oggi la maternità da sola non basta più alla donna per raggiungere la
propria realizzazione, dato che solo maternità e lavoro insieme permettono alla donna una piena e
completa realizzazione di sé. Questa ipotesi sembra confermata dalle risposte delle neo-mamme ai
due item della scala di Hock. In questo senso:
- le donne con depressione post partum non percepiscono la propria posizione lavorativa come quella
desiderata;
- le donne senza depressione post partum, che affermano di avere un'attività lavorativa desiderata, si
dichiarano disposte a restare a casa con il bambino, forse perché hanno già raggiunto una
maturazione identitaria sufficiente.
CAPITOLO 5 - LA PROCREAZIONE MEDICALMENTE ASSISTITA: RAPPRESENTAZIONI
MATERNE E PATERNE IN GRAVIDANZA
Premessa
Lo stress prodotto dall'impossibilità di procreare nei singoli componenti e nella vita di coppia è un
elemento da non trascurare, dato che il benessere sessuale della coppia genitoriale può venire
pesantemente intaccato sia dalla diagnosi di sterilità che dall'invasività delle tecniche procreative.
Le problematiche sollevate dalla diagnosi di infertilità sono molto complesse, in quanto permeano
profondamente e intensamente il destino biologico e psicologico individuale e della coppia. È
necessario porre attenzione agli aspetti emozionali dell'evento procreazione, permettendogli cosi di
riorganizzare le informazioni e conseguentemente le proprie azioni.
Diventare genitori con le tecniche di fecondazione assistita comporta l'emergere di una genitorialità
sganciata dalla sessualità, mettendo in pericolo i legami di filiazione e di appartenenza. Nel campo
della Procreazione Medicalmente Assistita (PMA), la concezione sociale della genitorialità viene
spesso celata. Questo si è verificato in quanto il 92% dei genitori PMA avevano inteso nascita come
concepimento, mentre il gruppo di controllo aveva interpretato nascita come gravidanza e parto. Le
fantasie possono cosi soverchiare la relazione, per cui è necessario che la coralità degli interventi
per la PMA non riguardi solo i molteplici aspetti medici, ma anche quelli psicologici, creando una
visione e un ascolto binoculare che permetta il passaggio dalla cura dei genitori allo spazio mentale e
fisico per i genitori.
Rappresentazioni Materne e Paterne in Gravidanza PMA
Il periodo della gravidanza è fondamentale per preparare il padre e la madre a sviluppare nel loro
mondo mentale uno spazio adatto per riflettere sul mondo esperienziale del bambino non ancora nato.
La costruzione delle rappresentazioni avviene sia attraverso la percezione, che consente
l'elaborazione dei dati sensoriali in schemi o mappe, che attraverso l'immaginazione e le fantasie
inconsce, le quali influenzano e impregnano le percezioni, fornendo una particolare tonalità affettiva e
fantasmatica alle rappresentazioni stesse. Durante la gravidanza si verifica una continua oscillazione
e connessione tra fantasia e realtà all'interno dei processi simbolici e di pensiero. In quest'ottica il figlio
nasce prima nella testa del genitore.
La maternalità, condensazione di maternità e natalità e tappa fondamentale nello sviluppo dell'identità
femminile, comporta complessi e intensi cambiamenti a livello fisico e psicologico. Numerosi studi
mostrano che le donne che hanno fatto ricorso alla fecondazione assistita sono più vulnerabili
emotivamente e presentano livelli più alti di distress rispetto alle donne che hanno concepito
naturalmente e ai loro partner. Inoltre emerge che le donne sottoposte alla fecondazione assistita
possono presentare disturbi emotivi, in prevalenza depressivi e ansiosi.
La paternità è inscritta solo nello spazio mentale dell'uomo. Nell'uomo quindi la ferita narcisistica
legata alla sterilità può far emergere angosce e sentimenti di menomazione, perché sente di non
lasciare nulla di sé dopo la propria morte, di morire veramente. Essendo il figlio l'unica rivincita sulla
morte teme di interrompere la catena di filiazione, con un profondo senso di colpa per non poter
trasmettere, con il proprio nome, la storia della famiglia e il patrimonio radicato del quale ogni persona
è portatrice.
Il futuro bambino è portatore di speranze, desideri, sogni talvolta grandiosi, ma anche di paure, conflitti
e sogni talvolta mostruosi.
Si potrebbe paragonare la gravidanza a un viaggio in aereo dato che dopo il decollo del primo
trimestre, tormentato da perturbazioni atmosferiche, l'aereo raggiunge la sua velocità di crociera
attraversando solo qualche vuoto d'aria, per poi affrontare, nel terzo trimestre, una lenta discesa che
prepara all'atterraggio e al fine del viaggio.
La Ricerca
Rispetto alla Ricerca bisogna analizzare alcuni elementi:
1. Obiettivo: la ricerca nasce dal desiderio di approfondire il divenire genitori attraverso le tecniche di
fecondazione assistita e ha come obiettivo quello di valutare se ci sono differenze rispetto ai vissuti,
alle rappresentazioni e ai livelli di depressione e ansia tra le coppie che hanno effettuato una
procreazione medicalmente assistita;
2. Campione: 70 soggetti suddivisi in 2 gruppi, entrambi composti da 35 soggetti:
- Gruppo di Controllo: 20 donne italiane primipare in gravidanza alla 30-32 settimana di gestazione, e
dai loro partner, 15 uomini;
- Gruppo Sperimentale: 18 donne italiane primipare in gravidanza alla 30-32 settimana, e dai loro
partner, 17 uomini.
L'unica differenza significativa che emerge riguarda l'età media che risulta maggiore nel gruppo PMA.
3. Procedura: la psicologa ha incontrato le madri e i rispettivi partner durante le visite di routine
effettuate tra la 20 e la 24 settimana di gestazione. Successivamente alla 30-32 settimana di
gestazione, la psicologa si è recata presso le abitazioni dei futuri genitori somministrando la EPDS, la
ASQ-Ipat, l'IRMAG e la Rap.Pa.G.
4. Strumenti: i principali strumenti utilizzati sono stati:
- EPDS;
- ASQ-Ipat;
- IRMAG;
- Rap.Pa.G.
La codifica dell'intervista prevede l'individuazione di sette dimensioni:
- ricchezza delle percezioni nel descriversi come padre/madre e nel descrivere il bambino;
- apertura al cambiamento e flessibilità delle descrizioni;
- intensità dell'investimento nelle descrizioni;
- coerenza del racconto;
- differenziazione del racconto di se stessi da quello del bambino;
- dipendenza sociale;
- dominanza della fantasia.
5. Risultati: i risultati riguardano principalmente alcune aree:
- Sintomatologia Depressiva: il gruppo PMA riporta una sintomatologia pre-parto maggiore, sopratutto
nelle donne. Non vi sono invece differenze significative tra gli uomini del gruppo PMA e del gruppo di
controllo;
- Sintomatologia Ansiosa: le donne hanno una sintomatologia ansiosa maggiore rispetto agli uomini in
entrambi i gruppi. Inoltre il gruppo PMA presenta valori maggiori rispetto alla sintomatologia
depressiva;
- Rappresentazioni Materne e Paterne di Sé come Madre/Padre in Gravidanza: vi sono due differenze
significative:
- Intensità dell'Investimento: maggiore nel gruppo PMA;
- Emergenza delle Fantasie: maggiore nel gruppo PMA, sopratutto per le donne.
- Rappresentazioni Relative al Bambino in Gravidanza: le differenze principali sono:
- Apertura al Cambiamento: maggiore nel gruppo PMA, sopratutto le donne;
- Intensità dell'Investimento: maggiore nel gruppo PMA, sopratutto le donne;
- Coerenza: maggiore nel gruppo PMA.
Inoltre le donne del gruppo PMA presentano percentuali significativamente maggiori di
rappresentazioni non integrate/ambivalenti;
- Caratteristiche Materne/Paterne di Sé, della Propria Madre/Padre: l'unica differenza significativa è
che le donne PMA rappresentano se stesse come madri più flessibili, pazienti e generose, e si
descrivono come più ansiose e controllanti delle madri del gruppo Non PMA.
6. Discussione: con riferimento alla sintomatologia depressiva emerge che nel gruppo PMA rispetto
al gruppo di controllo vi è una percentuale di soggetti con sintomatologia depressiva pre-partum
significativamente maggiore. Nella condizione PMA i dubbi di inadeguatezza non scompaiono e il
timore di non essere in grado di concepire si trasforma negli interrogativi circa la propria capacità di far
nascere il bambino e poi di proteggerlo, allevarlo e aiutarlo a crescere.
Anche l'ansia è maggiore. I soggetti del PMA mostrano un più elevato coinvolgimento psicologico nel
raccontare le esperienze relative alla gravidanza rispetto ai genitori del gruppo di controllo. Mostrano
inoltre una maggiore flessibilità nella rappresentazione del bambino e anche una maggior ampiezza
del coinvolgimento psicologico rispetto al bambino e alla relazione con lui, con un maggiore
investimento narcisistico.
Le donne PMA si rappresentano il bambino e il partner come meno intraprendenti di sé, e il bambino,
sé e il partner come più paurosi.
Gli uomini PMA si rappresentano il bambino, sé e la partner come più vivaci, il bambino come molto
più deciso, la partner come molto più calma e intraprendente ma più fragile.
Nel confronto tra gruppo PMA e Non PMA emerge come i primi investano maggiormente nelle
rappresentazioni di sé e del bambino, in quanto è da tenere presente quanto questi soggetti vivano un
desiderio frustrato di concepire naturalmente e perciò sperimentino una conferma e un'amplificazione
pervasiva dei naturali sentimenti di inadeguatezza e di incapacità. Si delinea una forte esigenza di
idealizzazione dell'esperienza che può portare a vivere la nascita del bambino come un traguardo
personale. Questo atteggiamento interiore potrebbe contenere il rischio di perdere di vista che la
nascita è anche un punto di partenza della relazione col bambino.
CAPITOLO 6 - QUALITA' DELLA RELAZIONE CONIUGALE E GENITORIALITA'
ADOTTIVA: ASPETTI DELLA TRANSIZIONE E DELL'ADATTAMENTO DI COPPIA
Premessa
L'Adozione è considerata una sfida emotiva nell'ambito degli studi di coppia. Ci sono delle tappe
emotive ed esistenziale che i coniugi devono affrontare sia rispetto all'economia della vita di coppia
sia rispetto al rapporto con l'ambiente familiare e sociale di appartenenza. Si tratta di accettare l'idea
di sé come soggetti in età fertile che non possono generare e di integrare questo elemento cosi
specifico e fondativo dell'identità personale rispetto a se stessi, alla famiglia d'origine, ai coetanei e al
partner.
L'intreccio tra sistema coniugale e sistema familiare e gli effetti dell'impatto emotivo dell'infertilità
risultano evidenti anche nell'atteggiamento problematico che talvolta assumono i nonni di fronte al
progetto adottivo formulato dai figli. Il problema dell'infertilità può trovare una soluzione e un
assestamento nell'ambito del reciproco scambio affettivo dei partner, tanto da arrivare a potenziare in
modo sostanziale quella che Erikson ha definito la generatività psichica dei coniugi, che può
esprimersi nell'elaborazione del progetto adottivo, nel potenziamento del reciproco sostegno emotivo
ma anche attraverso uno sviluppo peculiare di progetti di generatività sociale.
Nella coppia adottiva, l'Elaborazione della Condizione di Infertilità viene ritenuta uno degli indici
maggiormente discriminanti per valutare le condizioni psicologiche dei soggetti. Questo aspetto del
percorso emotivo dei coniugi e le tappe del passaggio da problema individuale al vissuto di coppia
vengono considerati una condizione di base per poter avviare il processo psichico della costruzione
della genitorialità.
Nel mondo occidentale, l'aumento dell'infertilità, il potenziamento delle tecniche di procreazione
assistita, cosi come la possibilità di adottare, consentono alle coppie di regolare, differire e anche
ripristinare la capacità di generare.
Attualmente, assistiamo anche all'aumento significativo del fenomeno delle coppie:
- Childfree: scelgono liberamente e consapevolmente di non procreare;
- Childless: mancata generatività, non sempre voluta.
La capacità procreativa costituisce anche un marcatore dell'essere adulti e perciò diventa una
possibilità e una risorsa che si vorrebbe intatta, anche quando non venga attivata. La donna assume
su di sé la responsabilità dell'infertilità quando si tratta di comunicare questa difficoltà all'interno delle
relazioni familiari e sociali, per proteggere il compagno dal rischio di un indebolimento dell'identità
maschile. L'importanza di avere in mente la relazione sta a indicare il fatto che la questione
dell'infertilità può rimanere un problema irrisolto a livello del vissuto emotivo di coppia e può essere
indicativa della difficoltà del coniuge infertile a mettersi in contatto con la delusione.
La Genitorialità come Transizione e come Processo
Il passaggio ai compiti genitoriali è stato definito da Belsky (1990) come uno degli eventi più stressanti
nell'ambito della vita di coppia. Questo passaggio nel caso dell'adozione assume un profilo particolare
se si considera che il tempo dell'attesa non è scandito dai tempi e dai ritmi prevedibili della
gravidanza. Il processo di costruzione della genitorialità si snoda lungo un percorso fatto di interruzioni
e di brusche accelerazioni legate ai tempi burocratici e alla valutazione dell'idoneità. Questi aspetti
quindi possono mettere a dura prova la capacità di tenuta della coppia, tanto da costituire una sorta di
verifica della qualità dei legami emotivi che i coniugi hanno costruito nell'ambito della loro relazione.
La nozione di Genitorialità come Processo sintetizza con efficacia l'idea di un percorso mentale che
comprende l'insieme delle vicende di crescita del soggetto e l'uso dei supporti familiari e ambientali
che facilitano l'ampia fase evolutiva che va dalla dipendenza alla maturità.
Gli studi sulla transizione alla genitorialità che fanno riferimento alla Teoria del Life Span Development
(Walsh, 2003) considerano questo passaggio un evento critico di fronte al quale le abituali modalità di
funzionamento del soggetto sul piano familiare e interpersonale risultano inadeguate.
La Teoria del Family Stress (Davis, Morris e Kraus, 1998) mette invece l'accento sul carattere
stressante dei passaggi nell'ambito dei singoli studi del ciclo di vita della famiglia ma anche sulle
componenti soggettive di valutazione degli eventi da parte dei soggetti e sulle modalità individuali di
risposta che si concorrono a definirne il gradiente di stress. La relazione di coppia è uno dei più
potenti organizzatori o disorganizzato degli affetti nella vita delle persone.
Secondo Mikulincer (1998) la genitorialità costituisce un evento stressante. I diversi modelli di
attaccamento sono stati considerati un fattore di protezione o un fattore di rischio che poteva
aumentare la vulnerabilità del soggetto, insieme alle caratteristiche di personalità o a eventuali
variabili contestuali di tipo problematico.
Il sistema di attaccamento viene attivato da eventi esterni e reali, ma anche da stati di allarme e di
malessere relativi al soggetto. La transizione alla genitorialità non possiede in sé uno specifico aspetto
di minaccia alla sicurezza o alla stabilità della relazione di attaccamento tra i coniugi ma è considerata
un evento stressante perché si caratterizza per un elevato potenziale di cambiamento. Essa inoltre
normalmente innesca una riflessione relativa alla propria capacità di prendersi cura.
Il bilancio tra passato e futuro che questa specifica transizione comporta presenta vari aspetti che
possono costruire punti di attivazione del sistema di attaccamento e che vanno a sollecitare la
componente di base sicura e di rifugio sicuro della relazione di coppia.
Cowan (2005) non ha trovato forti correlazioni tra l'attaccamento individuale e la soddisfazione
coniugale.
Un'interessante prospettiva di ricerca è quella invece che ha indagato il senso di vicinanza emotiva
dei partner nel periodo dell'attesa. Gli studi che considerano l'attaccamento come tratto e hanno posto
attenzione al senso di benessere psicologico della donna nella transizione alla genitorialità, hanno
messo in evidenza la differenza tra soggetti sicuri e soggetti insicuri rispetto alla percezione
individuale dello stato di benessere psicologico e rispetto alla capacità individuale di adattamento.
Nelle donne con uno stile di attaccamento preoccupato, la percezione di livelli inferiori di sostegno e
un più evidente declino della soddisfazione dopo l'arrivo del figlio è maggiore.
Nel caso della Genitorialità Adottiva il lavoro della coppia teso a inserire il bambino nella propria
organizzazione psichica è oneroso e l'aspetto dell'incontro con il figlio e la sua storia costituisce un
elemento di ulteriore caratterizzazione della situazione adottiva, in quanto l'incastro relazionale può
avvenire sulla base della capacità materna di affiancare agli atti accuditivi un efficace monitoraggio
emotivo sullo stato della mente del bambino. L'orientamento attuale della ricerca sull'attaccamento
riporta in primo piano il tema dello stato della mente rispetto ai processi dell'esperienza individuale e
del mondo interno della madre come elemento costitutivo della genitorialità.
Secondo Stern (1993) la natura stessa del comportamento di accudimento mette la madre nella
condizione di muoversi, contemporaneamente, in due spazi soggettivi:
- interazione comportamentale;
- vita rappresentazionale.
Il genitore adeguato si trova cosi a esercitate una funzione regolativa delle emozioni del bambino.
Il Concetto di Sintonizzazione chiarisce ampiamente l'idea del ponte tra il mondo degli affetti dei
genitori e il caregiving di coppia, vale a dire la connessione tra i costrutti di parenthood e di parenting.
Adattamento di Coppia e Qualità della Relazione Coniugale nella Prospettiva dell'Attaccamento
Alcune caratteristiche specifiche del legame di attaccamento costituiscono caratteristiche peculiari
anche delle relazioni sentimentali adulte.
Hazan e Shaven (1987) hanno aperto una prospettiva di studi molto ampia e promettente sul tema del
legame di coppia nell'ambito della quale si sostiene che le vicissitudini delle relazioni emotive precoci
producono differenze durevoli e specifiche negli stili relazionali.
La concettualizzazione delle relazioni sentimentali adulte come relazioni di attaccamento mantiene
molti punti in comune con altre teorie dei legami amorosi, in particolare con quella delle componenti
dell'amore di Sternberg (1988), nella quale gli aspetti di continuità, passione e impegno correlano
positivamente con le caratteristiche dell'attaccamento sicuro.
Alcuni studi sull'amore romantico hanno cercato di approfondire la questione della regolazione dei
sentimenti e delle esperienze emotive negative nell'ambito della relazione di coppia. La variabile
lunghezza della relazione risulta una delle più significative tra quelle che consentono di definire una
relazione sentimentale come una relazione di attaccamento. Se all'inizio il contatto fisico viene
ricercato, nelle fasi successive diventano importanti la cura e il sostegno reciproco, caratteristiche
cruciali del legame di attaccamento.
Nell'età adulta sono i partner sentimentali ad assumere il ruolo di figure di attaccamento. I legami tra
partner sessuali adulti sono caratterizzati da un insieme di Finalità Biologiche condivise:
- crescita della prole;
- protezione dei figli fino all'età riproduttiva;
- assunzione del ruolo genitoriale.
Questi aspetti inducono i soggetti adulti a stabilire legami stabili e duraturi con i propri partner. Hazan
e Shaver hanno inoltre considerato il legame di attaccamento una componente fondamentale della
relazione amorosa e hanno sottolineato come i soggetti adulti cerchino costantemente un'integrazione
tra attaccamento caregiving e sessualità.
Crower e il gruppo di ricerca Stony Brook Attachment Relationship (1999) ha definito il legame con il
partner un Legame di Attaccamento Specific. Per misurare tale costrutto è stata messa a punto
un'intervista semistrutturata, la Current relationship Interview (CRI), analoga all'AAI, che misura la
qualità dell'attaccamento al partner tramite una valutazione dello stato della mente del soggetto
rispetto all'attaccamento e della sua capacità di offrire, ma anche di chiedere, supporto e vicinanza.
Secondo l'autrice, sulla rappresentazione di attaccamento al partner influiscono non solo l'esperienza
di attaccamento nell'infanzia, ma anche le relazioni sentimentali di cui un soggetto ha fatto
esperienza, la qualità del matrimonio dei suoi genitori, la relazione con i pari e naturalmente la
relazione di attaccamento con il partner attuale.
L'accento sulla dimensione evolutiva del legame di attaccamento e l'idea di discontinuità tra il modello
di attaccamento e l'idea di discontinuità tra il modello di attaccamento individuale e quello che nasce
nell'ambito delle relazioni adulte e di coppia consentono di pensare a varie forme di riorganizzazione e
trasformazione delle rappresentazioni del legame di attaccamento anche successivamente all'infanzia,
suggerendo varie implicazioni sul piano clinico.
L'Influenza dell'Esperienza Quotidiana sui Modelli Operativi Interni è un'area che necessita di
alcuni approfondimenti dato che Kilpatrick e Davis (1994) sostengono che, effettuando la scelta del
partner, gli individui hanno ampie probabilità di vedere confermate le loro aspettative riguardo alle
relazioni.
Gli studi sulla qualità della relazione e sull'adattamento di coppia sulla base dei matching dei partner
hanno portato a risultati interessanti e inaspettati sia per quanto riguardo l'impatto dei modelli di
attaccamento generalized all'interno di una relazione che rispetto alla configurazione relazionale che
si crea sulla base del modello di attaccamento generalized e specific di cui un soggetto è portatore nel
matching con il partner:
- i soggetti sicuri si caratterizzano per una modalità relazionale flessibile e costruttiva e per la capacità
di mettere in atto strategie di integrazione e di compromesso di fronte ai problemi di coppia;
- i soggetti evitanti limitano il riconoscimento e l'espressione dei sentimenti, anche negativi, avendo
imparato, a fronte di caregiver insensibili e rifiutanti, a fidarsi soprattutto di se stessi;
- i soggetti preoccupati enfatizzano l'espressione dei sentimenti negativi.
Sono le concordanze o le discordanze tra le configurazioni specifiche di attaccamento che definiscono
la qualità delle relazione di coppia sia rispetto alla percezione di soddisfazione dei suoi membri che
rispetto alla possibilità di affrontare gli eventi di vita e le situazioni stressanti.
Non è scontato che soggetti con attaccamento sicuro scelgano come partner soggetti con un analogo
modello di attaccamento.
Le quattro Configurazioni nell'Ambito della Relazione e dell'Adattamento sono:
- Sicuro CRI/Sicuro AAI: caratterizzato dalla capacità di regolare le emozioni, comprendere gli stati
mentali del partner e di offrire, ma anche di chiedere, comportamenti di base e rifugio sicuro adeguati
ai diversi eventi di vita;
- Sicuro CRI/Insicuro AAI: caratterizzato da un grado sufficiente di governabilità dei conflitti e dei
sentimenti negativi, cosi come da un certo grado di soddisfazione rispetto alla relazione di coppia, fino
a quando non si è esposti a situazioni di stress o di difficoltà eccessive;
- Insicuro CRI/Sicuro AAI: caratterizzato da sfiducia nel fatto che l'appoggio del partner e la relazione
nel suo complesso costituiscano elementi sufficienti per affrontare con successo le situazioni difficili.
Tale organizzazione crea insoddisfazione e insicurezza;
- Insicuro CRI/Insicuro AAI: è il matching caratterizzato dalla concordanza rispetto al modello
dell'insicurezza e da un alto grado di insoddisfazione, conflitto e aggressività.
La qualità del caregiver delle coppie sentimentali è stata paragonata con alcune caratteristiche tipiche
di una relazione madre-bambino, quali la prossimità, la sensibilità e la cooperazione. Nello studio di
Kunce e Shaver (1994) i soggetti sicuri ottenevano alti punteggi nelle variabili alta prossimità e
sensibilità verso il partner, oltre che in quelle che valutavano l'intimità e la capacità di offrire un
caregiving adeguato.
Altri studi sul legame tra lo stile di attaccamento e la capacità di fornire cure hanno evidenziato che i
soggetti con uno stile di attaccamento sicuro normalmente offrono attenzioni più costanti e premurose
al loro partner sentimentale, rispetto ai soggetti caratterizzati da altre tipologie di attaccamento.
Gli studi sullo stress hanno consentito di valutare l'adattamento di coppia in relazione alla qualità dei
modelli di attaccamento del partner, alla capacità di comprendere il reciproco stato emotivo e di offrire
reciprocamente supporto. Il comportamento di attaccamento si attiva precisamente in situazioni di
questo tipo.
Altri studi ribadiscono che gli individui con uno stato della mente sicuro sono capaci di un'alta efficacia
di fronte alle difficoltà della coppia, nel senso che risultano in grado di non minimizzare il proprio
disagio, di comprendere lo stato mentale del partner e il problema relazionale nel suo insieme e di
rispondervi con una modalità organizzata e coerente. Lo stile di attaccamento del partner all'interno di
una relazione stabile e la percezione della qualità della relazione appaiono una variabile chiave, sia
rispetto alla stabilità del rapporto che rispetto alla qualità del caregiving verso la prole.
La sicurezza dell'attaccamento può quindi essere considerata una risorsa interna mentre
l'attaccamento insicuro può indurre a interpretare gli eventi e le relazioni interpersonali con modalità
difensive che possono peggiorare la qualità della relazione coniugale e incidere sulla relazione con i
figli.
Modelli di Attaccamento e Genitorialità Adottiva
Molti autori hanno dimostrato che il Substitutive Care può costituire uno dei più potenti fattori di
ristrutturazione dei Modelli Operativi Interni in soggetti in età evolutiva. Assume notevole rilevanza
approfondire lo studio del valore che riveste, per lo sviluppo del bambino, l'esperienza di
un'interazione stabile ed emotivamente consistente con genitori adottivi caratterizzati da uno stato
della mente sicura.
Se nel corso dello sviluppo il bambino fa esperienza di una relazione continuativa e coerente,
costruisce una rappresentazione mentale che gradualmente si stabilizza e guida le successive
relazioni, e anche quando le esperienze emotive pregresse siano state caratterizzate da discontinuità
o violenza, nuove esperienze relazionali possono contraddire lo schema rappresentazionale costruito,
provocandone la trasformazione.
Ogni nuova rappresentazione costituisce una configurazione dinamica e riflette la misura in cui si è
sentiti accettati, compresi, accuditi e avvicinati. L'organizzazione di queste rappresentazioni in schemi
cognitivi organizzati e flessibili (MOI) consente al bambino di regolare, interpretare e predire i
comportamenti e i sentimenti propri e della figura di attaccamento, e costituisce una sorta di mappa
utile a comprendere il proprio ambiente e a promuovere comportamenti che garantiscano la
sopravvivenza.
La persistenza dei MOI e la loro incidenza sui comportamenti e sugli stati mentali spiega la possibilità
che un pattern di attaccamento si trasferisca a livello generazionale tra genitore e figlio.
L'ipotesi della trasmissione intergenerazionale dei modelli di attaccamento è stata valutata tramite gli
studi che hanno messo in evidenza l'analogia tra le strategie di attaccamento dell'adulto a livello
rappresentazionale, valutate attraverso la AAI e le strategie comportamentali utilizzate dai bambini
nell'ambito della strange situation.
Sul Piano Operativo questa trasmissione avviene tramite la capacità della madre di cogliere i
comportamenti di segnalazione del figlio e di rispondervi in modo adeguato(Responsiveness).
Sebbene la sensibilità materna sembri essere una condizione importante per lo sviluppo della
sicurezza dell'attaccamento, altri studi hanno sottolineato l'importanza della capacità del genitore di
comprendere gli stati mentali del figlio come fattore specifico nel favorire un attaccamento sicuro.
Il Concetto di Sensibilità (Sensitivity) del comportamento materno è stato cosi arricchito dal costrutto
di mentalizzazione, operazionalizzato da Fonagy con la formulazione del costrutto di funzione
riflessiva, che indica la capacità di comprendere se stessi e gli altri in termini di stati mentali.
Successivamente è stata formulata la nozione di affettività mentalizzata, la quale enfatizza
ulteriormente la componente mutuamente regolativa degli stati mentali percepiti e indica in particolare
la capacità del genitore di comprendere i significati dei propri stati affettivi e di quelli del figlio, nel
momento in cui li sperimenta.
La capacità del genitore di riflettere sullo stato mentale sotteso al comportamento del bambino viene
considerata una variabile specifica per promuovere o mantenere nel piccolo la sicurezza
dell'attaccamento.
I genitori sicuri sono meno difesi e più capaci di esplorare le proprie esperienze infantili, anche quelle
negative. Sroufe (1995) arricchisce il concetto di regolazione introducendo la nozione di Relazione
Diadica Guidata dal Caregiver, considerando lo sviluppo emozionale come un processo che ha inizio
nell'ambito della diade primaria e si sviluppa progressivamente fino a costituire il sistema di
regolazione individuale.
La capacità di considerare il bambino come un agente mentale piuttosto che come il portatore di
semplici bisogni da soddisfare ha consentito di coniare il concetto di Insightfulness applicato al
genitore, e di ipotizzare che i bambini con un attaccamento sicuro siano caratterizzati da uno stile
insight, in relazione allo stile mentalistico del genitore, e che questa capacità sia in grado di incidere
sulla qualità delle loro relazioni.
Gli Studi sull'Attaccamento in Campo Adottivo normalmente considerano come specifico fattore di
rischio l'età in cui avviene l'adozione oltre alle esperienze preadottive vissute dal bambino. La ricerca
più recente si è focalizzata sull'importanza delle caratteristiche dei genitori adottivi, e in particolare
sullo stato della mente relativo alle esperienze di attaccamento, considerato un fattore cruciale rispetto
a quell'area di studio che indaga la resistenza al cambiamento dei MOI e i fattori che possono
contribuire alla loro trasformazione.
Questi studi mostrano che lo stato mentale delle madri relativo all'attaccamento ha una significativa
influenza sul MOI del bambino adottato, soprattutto quando è coerente con lo stato mentale del
partner. Il modello di attaccamento nei genitori sembra rivestire un'importanza fondamentale rispetto
alla capacità di controllo metacognitivo o mentalizzazione.
Gli studi di Fonagy (1995) hanno poi dimostrato che tale capacità nei genitori può moderare l'impatto
delle esperienze di deprivazione, abuso o grave stress vissute precedentemente dal bambino.
Gli studi che sviluppano una linea mentalistica e intersoggettivistica nell'ambito delle relazioni affettive
primarie, nel contesto dell'adozione, sono oggi affiancati dagli studi sulla qualità della relazione di
coppia e sui modelli di attaccamento dei partner come elementi in grado di incidere sul parenting di
coppia. A questa linea di studio si è aggiunta in tempi relativamente recenti la Prospettiva
Ecologico-Contestuale, la quale valuta i supporti extrafamiliari tanto delle famiglie biologiche quanto
delle famiglie adottive, considerando come le variabili di contesto possano esercitare un'influenza
distale sull'attaccamento, andando a incidere sui processi prossimali quali la qualità dell'interazione
madre-bambino.
La Ricerca
Rispetto alla Ricerca bisogna considerare alcuni elementi:
1. Partecipanti: 15 coppie segnalate da un ente che gestisce le adozioni internazionali;
2. Obiettivi e Ipotesi: la ricerca intende indagare le qualità dell'attaccamento e il rapporto con la
soddisfazione nella vita coniugale. In linea con i risultati di altre ricerche ci si aspetta che:
- la percentuale dei soggetti con attaccamento sicuro sia in linea con la popolazione;
- che i soggetti con attaccamento specific sicuro sia maggiore di quelli con generalized sicuro;
- che vi sia una correlazione significativa tra valori del CRI e del Dyadic Adjustament Scale;
- che i soggetti sicuro mostrino un alto adattamento di coppia.
3. Strumenti: i principali strumenti utilizzati sono stati:
- Adult Attachment Interview (AAI): è un'intervista semistrutturata composta da 20 domande, utile per
indagare lo stato della mente del genitore rispetto all'attaccamento. Le classificazioni globali includono
cinque categorie principali:
- Sicuro (F);
- Distanziante (Ds);
- Invischiato-Intrappolato (P);
- Irrisolto/Disorganizzato rispetto a Esperienze di Lutto e Abuso (U/d);
- Non Classificabile (C/C).
- Current Relationship Interview (CRI): intervista semistrutturata composta da 15 domande, utile per
valutare la qualità della relazione di attaccamento al partner. Le classificazioni globali includono
quattro categorie principali:
- Sicuro (S);
- Distanziante (D);
- Preoccupato (P);
- Irrisolto per esperienze di Perdita o Abuso (U).
- Dyadic Adjustement Scale (DAS): strumento self-report, composto da 32 item valutati su una scala
Likert, che consente una valutazione multidimensionale del grado di attaccamento di coppie sposate o
conviventi sulla base della rappresentazione che ciascun membro ha della relazione.
4. Conclusioni: notevole presenza, nel campione di coppie adottive, di soggetti che esprimono uno
stile di attaccamento romantico sicuro e una netta prevalenza del matching sicuro-sicuro. Sembra
inoltre confermata l'ipotesi della discontinuità dei modelli di attaccamento, teorizzata da Crowell e da
Berlin e Cassidy, nell'ambito della quale si assume la possibilità di un cambiamento dei MOI quando i
soggetti facciano esperienze relazionali nuove ed emotivamente significative tali da indurre un
cambiamento rispetto alla rappresentazione più generale di attaccamento. La relazione di coppia è
certamente in grado di produrre tali cambiamenti significativi anche se questa capacità è massima
solo nelle prime fasi della relazione.
La media dei punteggi alle scale della CRI risulta elevata alla domanda relativa alla soddisfazione nel
rapporto con il partner, dato che la coppia si caratterizza per un'alta capacità dei coniugi di offrire e
chiedere supporto e aiuto emotivo, e alta valorizzazione dell'intimità.
La qualità dell'attaccamento specific sembra in grado di incidere in modo significativo sulla qualità del
caregiving genitoriale oltre che sul benessere coniugale. Questa caratteristica è l'espressione dello
sforzo di fronteggiare il problema della coppia, mantenendo un senso d'autoefficacia e di vicinanza
diadica.
Tra i partecipanti il matching prevalente è quello sicuro-insicuro.
Negli studi sul parenting la sicurezza dell'attaccamento individuale viene considerata un'importante
risorsa interna in grado di incidere sulla capacità dei coniugi di fornirsi sostegno di fronte ai nuovi
compiti, mentre l'attaccamento insicuro viene considerato una condizione che può indurre a
interpretare gli eventi e le relazioni interpersonali con modalità difensive che possono peggiorare la
qualità della relazione coniugale e incidere sulla relazione con il figlio.
Anche i genitori meglio attrezzati a livello delle risorse di personalità e della relazione coniugale vanno
accompagnati nelle prime fasi dell'inserimento del bambino nel nucleo, per favorire i processi di
mentalizzazione individuale e di coppia, al fine di sostenere la qualità della genitorialità adottiva.
Anche altri pattern di attaccamento, oltre a quello sicuro, possono essere associati a un buon
adattamento dei bambini.
Steele (2003), il quale ha utilizzato parametri clinici di valutazione del percorso adottivo, ha segnalato
che madri con uno stato della mente distanziante erano maggiormente in grado di occuparsi di
bambini che al momento dell'adozione mostravano ritardi significativi dello sviluppo.
Il costrutto dell'adjustment e le risposte alla DAS sono stati valutati facendo specifico riferimento alla
formulazione di Spanier che lo ha definito come una misura dell'adattamento che indica l'equilibrio di
una struttura che, in risposta ai cambiamenti della vita, deve essere stabile e nello stesso tempo
flessibile e che ha come caratteristiche relazionali la chiarezza e la coerenza, la flessibilità e la
tolleranza.
L'aumento della percentuale dei soggetti sicuri alla CRI rispetto alla AAI sembra suggerire che la
relazione abbia risentito fortemente degli eventi di vita della coppia tanto da diventare, per questo
gruppo, un ambiente specifico di accudimento, nell'ambito del quale l'infertilità e il percorso adottivo
sono stati un problema e un progetto condiviso.
Le componenti accordo di coppia, coesione ed espressione affettiva decrescono con l'età, cosi come
la componente della soddisfazione rispetto alla durata della relazione. Si può ipotizzare che i soggetti
meno giovani esprimano la naturale caduta dell'idealizzazione del partner e della relazione rispetto al
trascorrere del tempo, ma anche una certa stanchezza che può essere attribuita a un percorso
particolarmente accidentato per quanto riguarda il problema dell'infertilità.
Se si valuta il profilo dell'attaccamento generalized e specific in relazione al progetto adottivo che
accomuna l'intero gruppo, si può inoltre considerare come fattore altamente protettivo la concordanza
del modello sicuro ai due strumenti.
CAPITOLO 7 - STATO DELLA MENTE, ATTACCAMENTO E
GENITORIALI IN GENITORI BIOLOGICI E CAREGIVER SOSTITUTIVI
COMPETENZE
La formazione dei Modelli Operativi Interni si basa sulle esperienze reali dei bambini con i loro
caregiver e l'adeguatezza dei comportamenti di accudimento sarebbe la fonte principale per la
formazione dei modelli di attaccamento e dell'immagine di sé e degli altri. La teoria dell'attaccamento
si è andata complessificando, prendendo in considerazione sia variabili relative alle differenze
individuali dei bambini che variabili relative alle dimensioni ambientali.
La qualità delle cure materne diventa il criterio principale che permette di interpretare la strutturazione
sicura o insicura dei legami di attaccamento.
Considerando il Parenting come la cura e l'allevamento dei bambini da parte di un adulto che si
prende cura di un bambino in maniera continuativa, stabile e socialmente riconosciuta, Bowlby e
Ainsworth sostengono l'esistenza di una spicca tendenza del bambino a privilegiare, specialmente in
condizioni di angoscia e di pericolo, una particolare figura di attaccamento tra quelle a sua
disposizione. Nell'evoluzione di tale teoria si assiste ad un superamento dell'approccio monotropico a
favore di una visione non gerarchica delle relazioni di attaccamento.
Achenbach (1990) sottolinea inoltre la differenza tra Over-Regulation e Under-Regulation, dove dalla
prima condizione deriverebbero sia una costrizione delle espressioni emotive che una tendenza a
preoccuparsi e a somatizzare la paura, mentre la seconda condizione sarebbe associata a
comportamenti aggressivi e a un'impulsività che si esprime in condotte violente contro la proprietà e
lesive delle relazioni interpersonali.
La disfunzionalità della risposta emotiva non è connessa solo allo sviluppo delle competenze emotive
e sociali del bambino ma nel contempo dà luogo a una disfunzionale costruzione del sé nel bambino. I
bambini che sono stati maltrattati, o che hanno subito un abuso, sono quindi inclini a sviluppare
pattern comportamentali distruttivi proprio a partire dalla acquisizione di aspettative ostili nei confronti
degli altri e dell'ambiente.
Un ruolo particolarmente importante è della capacità empatica correlata tra genitori e figli. Il fattore di
rischio è la disregolazione affettiva, nel percorso di sviluppo del bambino, il quale è associato a
specifiche modalità di parenting disfunzionale, rilevante attraverso l'esplicitazione degli script
interiorizzati.
I quattro Elementi che Caratterizzano le Relazioni di Attaccamento sono:
- Mantenimento della Vicinanza;
- Sconforto alla Separazione;
- Rifugio Sicuro;
- Base Sicura.
Identificando il bisogno di attaccamento come un bisogno primario, si definisce come essenziale per lo
sviluppo dell'individuo il bisogno di creare un legame e di essere riconosciuti in quanto facenti parte di
una relazione. Il comportamento di attaccamento si esprime, e viene monitorato dai ricercatori, sia
attraverso i comportamenti che il bambino mette in atto al fine di mantenere attiva la disponibilità del
caregiver che attraverso i comportamenti di ricerca di conforto da parte del caregiver.
La tipologia dei legami di attaccamento non vengono specificate a partire da differenze di tipo
quantitativo quanto piuttosto a partire da una differenza qualitativa. La sicurezza dell'attaccamento
deriva da una peculiare e precisa modalità di comportamento che caratterizza la relazione tra il
bambino e il caregiver. I MOI sono allora schemi cognitivo-affettivi che guidano il comportamento e
sono costituiti da più rappresentazioni organizzate attorno alle aspettative di risposta delle figure di
accudimento, rappresentazioni che permettono al bambino, e poi all'adulto, di prevedere il
comportamento dell'altro e che ne guidano le risposte specie in situazioni di ansia o di bisogno.
La letteratura sulla relazione tra attaccamento e sviluppo sottolinea l'esistenza di associazioni tra
specifiche tipologie di attaccamento e singoli aspetti dello sviluppo. Relativamente alla risoluzione di
conflitti si può affermare che, paragonati ai soggetti con attaccamento insicuro, quelli con
attaccamento sicuro tendono a utilizzare strategie di integrazione e compromesso anziché strategie
difensive e distruttive.
Gli studi di Ainsworth (1978) hanno stabilito precise differenze tra le madri dei bambini con
attaccamento sicuro e le madri dei bambini con attaccamento insicuro, prendendo in considerazione
quattro Variabili tra loro correlate:
- sensibilità;
- accettazione;
- cooperazione;
- disponibilità psicologica.
Altri ricercatori hanno invece sottolineato la relazione esistente tra comportamento del caregiver e
sicurezza, relativamente a precisi Aspetti della Relazione:
- offerta di supporto nella strutturazione dei compiti da eseguire;
- funzionamento coniugale;
- tipologia di attaccamento nella coppia;
- preparazione alla separazione;
- responsività;
- sostegno nella ricerca di autonomia.
Uno delle questioni centrali all'interno della teoria dell'attaccamento è quella della continuità dello
sviluppo. I dati riportati in letteratura appaiono contrastanti relativamente alle caratteristiche di stabilità
delle tipologie di attaccamento.
Bowlby e Ainsworth sostenevano che i bambini tendono normalmente a instaurare legami di
attaccamento con più di una figura adulta e che, in condizioni di stress significative e perduranti, il
legame di attaccamento può instaurarsi anche con un coetaneo, che il numero delle figure di
attaccamento è limitato e che non tutte le figure di attaccamento sono equivalenti tra loro. All'interno di
quest'ultima specificazione c'è il concetto di Monotropia, secondo il quale i caregiver non sarebbero
tra loro intercambiabili, ma sarebbero invece organizzati secondo una gerarchia.
Gli autori che invece hanno proposto un Modello Integrato, basato sulla possibilità di più caregiver,
hanno però dimostrato che esso predice meglio le competenze cognitive, le abilità sociali, la
ego-resilience, l'autocontrollo, la campo-indipendenza, il comportamento dominante e finalizzato allo
scopo e, infine, l'empatia.
Howes (1999) riassume le principali teorie relative al modo in cui si strutturano i legami di
attaccamento, distinguendo tre Modelli di Organizzazione dell'Attaccamento:
- Gerarchico (Bretherton, 1985): la rappresentazione del caregiver principale influisce sulle altre;
- Indipendente (Suess, 1992): ogni relazione è indipendente per qualità ed effetti sullo sviluppo;
- Integrato (van Ijzendoorn, 1992): la qualità delle diverse relazioni di attaccamento è la migliore
spiegazione degli esiti evolutivi.
La Funzione di Parenting in Assenza di Legami Biologici
E' stato ampiamente dimostrato che i bambini che vivono con adulti affidatari presentano livelli più alti
di stress e ansia nei confronti della famiglia d'origine, percezioni di rifiuto, sentimenti di disistima e
mancanza di fiducia nei confronti dei nuovi caregiver. I bambini che si trovano in condizioni di rischio
esprimono forme di disagio che a loro volta costituiscono fattori di rischio per i caregiver affidatari,
individuabili nelle relazioni negative caregiver-bambino e nella diminuzione dell'abilità nel prendersi
cura del bambino.
L'attaccamento mostrerà la sua maggiore influenza nel contesto di altri fattori di rischio che sono parte
dell'ecologia della famiglia e del bambino.
Cicchetti e Toth (1995) propongono una metodologia di intervento che tenga conto di un modello
transazionale del rischio nei sistemi familiari che presentano fattori di rischio molteplici, tra i quali il
maltrattamento e la depressione materna, dato che la costruzione di un attaccamento sicuro tra i sei e
i dodici mesi di età è un fattore che influisce direttamente sullo sviluppo di un senso di sé autonomo.
In un'ottica che vuole sostenere i processi di resilience, il concetto di ambiente di adattamento
evolutivo risulta particolarmente interessante nell'indicare l'ambiente fisico e nel riaffermare il valore
adattativo delle relazioni di attaccamento.
Multidimensionalità e Organizzazione dei Fattori di Rischio e di Protezione
Masten e Coatsworth (19959 presentano una dettagliata rassegna del concetto di resilience,
riferendosi in particolare all'analisi di quelle che denominano Roads Not Taken, da intendere come il
tentativo di riuscire a comprendere cosa permette a un soggetto proveniente da un contesto a rischio
di percorrere strade disseminate di fattori protettivi, che riducono l'effetto negativo dei fattori di rischio
ed esitano in condizioni di
benessere.
I concetti di Competenza e di Resilience vanno analizzati nei loro significati principali (Ford, 1985):
- motivazione;
- self-efficacy;
- competenze specifiche;
- tratti di personalità;
- abilità manifeste.
Gli studi neurobiologici condotti su animali hanno dimostrato come i piccoli di topo reagissero alla
separazione dalla madre con una fase di protesta caratterizzata da un alto livello di vocalizzi
ultrasonici e da un'intensa iperattività.
La Ricerca
Rispetto alla Ricerca bisogna analizzare alcuni elementi:
1. Obiettivi: verificare quale valenza protettiva possa rivestire, per dei minori con genitori biologici
disfunzionali, una relazione significativa instaurata con un caregiver professionale, le cui modalità di
parenting si assume essere paragonabili a quelle di genitori biologici funzionali;
2. Soggetti: i soggetti selezionati fanno parte di due gruppi:
- Genitori Funzionali: 9 uomini e 9 donne con età media di 45 anni;
- Educatori (caregiver professionali): 5 uomini e 14 donne di età media di 29 anni.
3. Strumenti: i principali strumenti utilizzati sono stati:
- AAI;
- Adult-Adolescent Parenting Inventory (AAPI-2): strumento di self-report, composto da 40 item da
valutare su una scala di 5 punti, il quale valuta le competenze e gli atteggiamenti di parenting sia di
soggetti con figli o in attesa di un figlio che di caregiver sostitutivi.
4. Conclusioni: i risultati della ricerca hanno dimostrato che il livello di attaccamento a genitori
funzionali e a cargiver sostitutivi è in ambedue i casi considerabile come sicuro. Questo risultato non
solo fa ben sperare sul fatto che le condizioni nelle case-famiglia possano seriamente riparare a danni
fatti da eventi traumatici nei primi anni di vita, ma che in fondo l’ideologia vera dell’attaccamento sia
modificabile nel corso dello sviluppo, e non sia quindi così rigida. Genitori o tutori in grado di fornire
contenimento emotivo, mentalizzare i bisogni del bimbo e indirizzarli su binari sicuri sono quindi da
considerare come fondamentali per fornire ai bambini una strutturazione dei MOI salda e sicura.