Il gruppo archeologico Traspadana Ferrarese di Castelnovo Bariano
Transcript
Il gruppo archeologico Traspadana Ferrarese di Castelnovo Bariano
Appunti di Archeologia sperimentale Il gruppo archeologico Traspadana Ferrarese di Castelnovo Bariano sezione del Centro Polesano di Studi Storici Archeologici fici di Rovigo ha organizzato un corso di archeologia sperimentale inserito nel “progetto ragazzi 2000; il bambino protagonista”. uni contenuti del corso. ura della ceramica nell’età del bronzo o le finalità dell’archeologia sperimentale? Perché gli uomini preistorici usarono e manipolarono la terra? Da dove viene e come terra? Che tipi di terra abbiamo? Esistono differenze tra regione e regione? o la terra è tale in quanto creata dai suoi componenti che possono essere diversi tra loro: limo, sabbia, argilla, ghiaia, sassi, rganico, fibre ecc.. in questo contesto sono stati presentati quattro campioni di terra limo limo (in % maggiore rispetto al precedente campione) + materiale organico ateriale organico in % elevata). esto ai ragazzi di individuarne le caratteristiche in relazione al colore, all’umidità, ai componenti e di indicarne per zione la provenienza: igio chiaro / secco / fiume Po arroncino / abbastanza bagnato / paleoalveo del fiume Tartaro ssiccio / abbastanza bagnato / zona della bassa veronese ero / molto bagnato / zona bassa veronese Cos’è un Paleoalveo? Cos’è la sedimentazione? Cos’è l’argilla? Cos’è il limo? Un paleoalveo non è altro che l’antico corso di un fiume che si è prosciugato col tempo. Così non avremo più la presenza di acqua nell’alveo ma sul terreno resteranno visibili, alle volte ad occhio umano altre volte grazie alle fotografie aeree, le tracce del corso e del letto del fiume. Paleos in greco significa antico. La sedimentazione avviene principalmente in seguito al passaggio dei fiumi. L’acqua, scorrendo lungo il suo corso, porta con sé e trascina del materiale diverso per grandezza e pesantezza. Il materiale più pesante si deposita per primo sul fondo e via via si deposita in seguito il materiale più leggero. Il procedimento della sedimentazione avviene per il deposito sul fondo dei grani grossi poi di quelli medi ed in fine di quelli piccoli, grani che compongono il materiale trasportato dall’acqua. Avremo così che il limo altro non è che la parte finale di deposito, cioè quella che rispetto ad una prospezione stratigrafica appare in superficie. L’argilla è invece un particolare tipo di limo, quello depurato al 100%. Ciò che unisce e compatta i vari componenti che formano la terra è la presenza di una percentuale maggiore o minore di acqua. Abbiamo visionato due croste di limo provenienti dalle secche del fiume Po: la prima asciutta si nota la forma arcuata, mentre nella seconda umida si nota una forma tesa il perché di ciò è presto spiegato, la piastrina di limo secco si presenta più arcuata rispetto a quella umida in quanto il calore del sole (presupponendo che l’acqua del fiume si sia, come avviene spesso, ritirata in seguito ad un prosciugamento temporaneo o definitivo) ha fatto si che l’acqua presente fra granulo e granulo della prima piastrina evaporasse quasi completamente. Il limo infatti assorbe in media il 20-25% di acqua e la piastrina considerata secca ne contiene ancora il 2-3% , residuo che evaporerà definitivamente in fase di cottura. Ora ciò che fa assumere alla piastrina di limo secco la sua forma arcuata sono le così dette tensioni interne, presenti nelle croste di limo ma anche in tutti i tipi di manufatti a base di terra, le quali si verificano proprio in relazione al procedimento di evaporazione dell’acqua causato dal calore. A conoscenza di ciò si presenta quindi il problema di quali modalità usare per cuocere la terracotta, di come poter avvicinare il manufatto crudo al fuoco evitando contemporaneamente che il forte calore possa far arcuare, scombinandone la forma iniziale, e addirittura far scoppiare il pezzo di terra. Generalmente la cottura del manufatto veniva fatta nel focolare di casa e poteva essere effettuata scegliendo tra due modi differenti: il primo con ossigeno, oppure in un secondo modo senza ossigeno. Nel primo caso l’aria e dunque l’ossigeno, circola liberamente fra i manufatti mentre nel secondo caso il fuoco e i manufatti vengono ricoperti da zolle di terra e da erba umida che impediscono il contatto con l’aria. Avremo quindi due diversi risultati di colorazione perché il primo metodo di cottura renderà i manufatti di un colore tendente al rossiccio, mentre il secondo li renderà grigio scuro, quasi anneriti. Per evitare la rottura del manufatto durante la fase di cottura si può tentare di avvicinarli al fuoco con cautela e rispettando tempi molto lunghi per dar modo al manufatto di riscaldarsi uniformemente e far evaporare la parte di acqua residua senza creare forti tensioni interne. Pur essendo questa una precauzione che viene comunque presa qualora si voglia cuocere dei manufatti di terra, no è sufficiente a garantire la perfetta integrità dei pezzi sottoposti al calore di alte temperature. Quindi per evitare lo scoppio del manufatto, devo aggiungere qualcosa alla terra, devo impastare con qualche ingrediente che interrompi le tensioni interne. Questo qualcosa si chiama inglobato o incluso, proprio perché viene aggiunto alla terra che resta comunque il materiale base. Gli inglobati o inclusi infatti, hanno la funzione di assorbire le dilatazioni del pezzo create dalle tensioni interne e nello stesso tempo trasmettono e convogliano il calore interno del manufatto alle sue pareti esterne, evitando la rottura. Al raffreddamento del manufatto, le tensioni si ricreeranno e manterranno compatto e unito il pezzo che in questo modo potrà essere usato come recipiente di uso comune. Ma cosa sono in sostanza questi inglobati? Di cosa si compongono? Sono stati fatti vedere ai ragazzi sei campioni di inclusi e quindi impastati nella terra: 1. materiale organico/fibre ( gusci di arachidi, gusci di castagne, gusci di noci) 2. sabbia grossa e sassi di piccole dimensioni 3. sabbia fine e ghiaia 4. mattoni tritati 5. calcare 6. marmo tritato al momento della cottura il manufatto con inglobati di tipo 1 mostrerà al posto degli inclusi alcuni forellini a significare che il materiale organico, sottoposto al calore, si è bruciato. Mentre i manufatti impastati rispettivamente con inglobati di tipo 2,3,4,5,6 resteranno integri compatti e omogenei. A questo punto gli inglobati diventano una componente importante ed indispensabile per la foggiatura della ceramica, ma è anche molto importante stabilire anche la percentuale di inglobati che deve essere aggiunta alla terra. Solo introducendo percentuali adeguate rispetto al peso della terra impiegata, sarà infatti possibile evitare la rottura del pezzo durante la fase di cottura. Per gli uomini preistorici che non disponevano di moderni strumenti di misurazione, tali percentuali sono state stabilite dall’esperienza, e i ripetuti insuccessi avranno contribuito a perfezionare la tecnica dell’impasto. Formazione gruppi di lavoro A = materiale organico/fibre + marmo B = calcare C = sabbia grossa e sassi di piccole dimensioni D = mattoni tritati Ogni ragazzo di ogni gruppo ha in dotazione un notes e una scheda in cui oltre ad inserire i propri dati personali, il gruppo di selezione e la classe, riporterà fedelmente con annotazioni e disegni, ogni fase della foggiatura del proprio manufatto. Ogni gruppo utilizzerà un tipo di inglobati, e costruirà il manufatto destinato, si procederà poi alla rotazione degli inglobati per gruppo facendo sì che ogni gruppo provi l’esperienza degli inglobati. La differenza tra un manufatto e l’altro dello stesso gruppo, è dato non solo dalla forma (anfora, bicchiere, ciotola…) ma dalla specie di inglobati presenti nella terra e dalle percentuali degli stessi. Tali percentuali, stabilite dai ragazzi dopo un ragionamento basato sia sull’approssimazione dovuta all’immediatezza sia grazie all’uso della matematica e di strumenti da peso (bilancia) dà la possibilità di effettuare “errori volontari” al fine di mostrare oltre alla perfezione di una tecnica anche il peso (bilancia), dà la possibilità di effettuare “errori volontari” al fine di mostrare, oltre alla perfezione di una tecnica, anche il risultato di un erroneo procedimento. Il primo stadio della lavorazione è quello della manipolazione della terra. Ogni gruppo lavorerà il pacchetto di terra, non singolarmente ma insieme con tutte le mani nello stesso pacchetto, e lo ammorbidirà aggiungendo acqua, fino ad ottenere un unico pane della giusta morbidezza e compattezza che servirà poi a tutto il gruppo. Le mani sono lo strumento principale per tastare il grado di duttilità della terra. Una volta lavorata a sufficienza, la terra viene riposta in sacchi di plastica e lasciata riposare con un po’ di acqua per quindici giorni. …arrivederci al Museo!