SCOSSA 2003 1

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SCOSSA 2003 1
BUONE NOTIZIE
SI PUO’ ANDARE IN COMA NEL SONNO?
Non siamo stati noi
Una macchina, brave persone e la Provvidenza
E’ un gelido pomeriggio di inverno. E’ l’ora di cena. Suoniamo ad una casa di ringhiera: la finestra è tutta al buio,
non c’è nessuno; poi si accende una luce. Saliamo sul ballatoio al primo piano. La signora ci riceve diffidente. Quando
le diciamo di essere quelli del Banco si scioglie in una fiducia solare. G. R. biascica parole in perfetto accento casertano. I gesti sono comunicativi. Il suo volto però è triste e ha
un che di dolente. Non è esagerato dire -dopo un po’ che la
guardiamo- di trovarci di fronte ad una maschera di dolore.
Quando le prendono le fitte al cervello, la parola le si spezza
sulle labbra. Le analisi hanno escluso un tumore. Bofonchia,
per testarda volontà di continuare a parlare, farfuglia, ma
poi deve cedere, accasciarsi sulla sedia, inerme e rassegnata
finché non le passa. Noi l’aiutiamo. Siamo arrivati in tempo.
G. convive notte e giorno con mali di testa di tale intensità
che spesso “finisce in coma”. La cosa singolare è che finisce
in coma anche durante il sonno. “Durante il sonno?” ripetiamo noi increduli. Complicanze da diabete. Ci parla di una
solitudine che tanto strana non è -visto che non è la sola anziana a descrivercela-; sente che nessuno e niente può risolvere il suo problema. E’ da anni che dura. Per essere in cura
lo è, e permanente. Lastre risonanze e Tac: soluzione zero!
Niente, niet, nada! “Mi ha preso un male tremendo, mi sono
dovuta buttare sul letto, sentivo di morire. Ho chiesto aiuto
a Padre Pio, lo vedete là?” -ci indica un quadro del santo“E subito avete suonato voi, alla porta. Mi sono impressionata, ho pensato che vi avesse mandato Lui.” Questo ci lusinga. “Signora, cosa possiamo fare noi?” chiediamo, ormai
compresi e impotenti quanto lei. “Ecco io avrei bisogno di
una macchina per dormire.” E noi: “Come? esiste una macchina per dormire?” Ci spiega che ha fatto domanda alla
ASL e anche il medico della mutua ha inoltrato il sollecito.
Esito zero. Niente; risultato niente. La macchina non si vede
ancora.
L’incubo della signora è di finire in coma durante il sonno.
Per questo G. non riesce a dormire. Alla lunga, però, non
dormire accentua i mal di testa e le fitte le provocano panico. E’ una desolazione anche solo sentire come ci descrive il
suo problema. Nelle notti insonni sente il Seveso fluire dopo
i giorni di pioggia e i rintocchi della vicina chiesa le ricordano che le ore stanno passando ancora una volta, per lei e solo per lei, in bianco. Ma ciò che le è più insopportabile è la
sensazione che a nessuno sembra importare di Lei. Sul far
del giorno, mentre la strada si anima dei primi pendolari che
si avviano alla stazione, G. accosta la sedia alla tenda e stanca, mortalmente stanca, fissa il vuoto nella sorda e greve attesa che qualcosa accada. Stiamo ancora qualche istante con
lei. Ci scriviamo i nomi dei medicinali che la mutua non
passa, per la richiesta al Banco Farmaceutico; ha solo la
pensione minima. Ci lasciamo con un abbraccio. La pena -a
differenza della gioia- è una cosa che, se la si divide con gli
altri, non si moltiplica, anzi sembra attenuarsi. Ci ripromettiamo di telefonare qui, là… sollecitare su, giù. Esito zero.
Un bel giorno la macchina! Arriva la macchina per il coma
della signora. I primi a saperlo siamo stati noi. Lei stessa ci
comunica la lieta notizia come se fossimo stati noi “causa di
tanta gioia” e ne attribuisse a noi il merito. Noi invece ne
siamo estranei. Ci metteremmo la mano sul fuoco. Dopo tutti i tentativi andati a vuoto, infatti, ci eravamo rassegnati dicendo a noi stessi: “Pazienza. Abbiamo fatto quello che dovevamo fare. La signora G. è solo uno dei tanti casi pietosi
che non è ci dato di risolvere!” Non è menefreghismo. Noi
ci facciamo in quattro se possiamo aiutare qualcuno, ma
dalla sindrome di onnipotenza cerchiamo di stare alla larga.
Non siamo stati noi. E’ stato qualcun altro. La minuscola è
d’obbligo perché se mai fosse stata la Provvidenza essa non
avrebbe potuto agire senza qualche uomo di buona volontà,
reperito da qualche parte.
ra in poi, sarà il punto di riferimento per tutti i problemi amministrativi, organizzativi ed operativi pratici. Naturalmente
spetterà al Preside tutto il coordinamento dell’attività didattica, mentre alla Direttrice della Casa Salesiana resta affidato il coordinamento e la supervisione della situazione dal
punto di vista educativo.
e con un’attenzione che sia davvero particolare.”
Basti pensare che una delle cose a cui la scuola non ha mai
voluto rinunciare, anche a costo di qualche sacrificio economico, è quella di garantire assistenza ai ragazzi nel periodo
prescolastico e dopo le lezioni e, soprattutto, l’effettuazione
di un servizio mensa non preconfezionato, ma cucinato ogni
giorno sul posto.
Dica almeno una ragione per cui venire alla Scuola
Popolare.
In modo estremamente sintetico mi piacerebbe poter dire:
“Perché siamo capaci di offrire ai ragazzi: una buona qualità di insegnamento, in un ambiente familiare (ma con tutte
le garanzie richieste dalla legge), vicino a casa, con un occhio vigile sui loro comportamenti dal punto di vista morale
Pippo Emmolo
Buon lavoro.
Grazie.
Alberto Ripamonti
Ivano Brasca è l’attuale vice presidente del CdA della
Scuola Popolare, frequentata anche dalle sue figlie.
n. 1 - marzo 2003
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