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Corte di Cassazione Sezione 2 civile
Sentenza 13.04.2005, n. 7651
Integrale
COMPRAVENDITA IMMOBILIARE - ACQUISTO DI TERRENO - VERSAMENTO CAPARRA CONFIRMATORIA - AZIONE DI
RIPETIZIONE DI PAGAMENTO - prescrizione - DECORRENZA
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Antonio Vella - Presidente
Dott. Vincenzo Colarusso - Consigliere
Dott. Salvatore Bognanni - Consigliere
Dott. Massimo Oddo - Consigliere
Dott. Lucio Mazziotti Di Celso - Consigliere Relatore
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
An. Di. Pa., domiciliato ex lege in Ro., Piazza Ca., presso la Corte di Cassazione, difeso dall'Avvocato Do. Ze., giusta
delega in atti;
ricorrente
contro
Ni. Ma., domiciliato ex lege in Ro., Piazza Ca., presso la Corte di Cassazione, difeso dagli Avvocati Ga. Ro., Ga. Ri., giusta
delega in atti;
controricorrente
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nonché contro
Fl. Ma.;
intimato
e sul 2° ricorso n° 15815/02 proposto da:
Fl. Ma., elettivamente domiciliato in Ro., Via G. Ge. 22, presso lo studio dell'Avvocato An. Ac., difeso dall'Avvocato Fr. Mi.,
giusta delega in atti;
controricorrente e ricorrente incidentale
contro
An. Di. Pa., Ni. Ma.;
intimati
avverso la sentenza n. 657/01 della Corte d'Appello di Napoli, depositata il 07.03.2001;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 24.02.2005 dal Consigliere Relatore Dott. Lucio Mazziotti Di
Celso;
Preliminarmente la Corte riunisce entrambi i ricorsi proposti avverso lo stesso provvedimento;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Aurelio Golia che ha concluso per l'accoglimento del IV°
motivo del ricorso principale, assorbito il V°, rigetto nel resto; accoglimento ricorso incidentale.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto notificato il 02 e il 04.08.1994 An. Di. Pa. esponeva: che, con scrittura privata 14.09.1977, aveva stipulato con
Fl. Ma. e Ni. Ma. un contratto avente ad oggetto l'acquisto di un suolo in Ro. per il prezzo di £ 30.000.000: che aveva
versato £ 10.000.000 a titolo di caparra confirmatoria; che Fl. Ma. e Ni. Ma. non avevano mostrato la disponibilità alla
stipula dell'atto, né avevano restituito la somma versata; che aveva quindi diffidato i predetti a comparire innanzi al notaio
per il giorno 15.09.1994 per la stipula del contratto. Per il caso di mancata comparizione An. Di. Pa. conveniva in giudizio
Fl. Ma. e Ni. Ma. chiedendo: a) in via principale il trasferimento della proprietà del suolo in suo favore; b) in via alternativa
sentenza costitutiva ex articolo 2932 c.c.; c) fa condanna dei convenuti al risarcimento dei danni o, in via subordinata, alla
restituzione della somma versata oltre interessi e rivalutazione. Si costituiva il solo Ni. Ma. eccependo il difetto di
legittimazione passiva e la prescrizione del credito relativo alla restituzione della somma versata dall'attore.
Con sentenza 20.06.1998 l'adito Tribunale di Napoli; dichiarava la nullità della scrittura 14.09.1977; condannava Fl. Ma. a
restituire a An. Di. Pa. di £ 10.000.000 oltre interessi; rigettava la domanda di restituzione proposta nei confronti di Ni.
Ma. per aver questi agito come agente immobiliare e non come rappresentante di Fl. Ma..
Avverso la detta sentenza An. Di. Pa. proponeva appello principale al quale resistevano Ni. Ma. e Fl. Ma. che spiegavano
appelli incidentali.
La Corte di Appello di Napoli, con sentenza 07.03.2001, rigettava l'appello principale e, in accoglimento di quelli
incidentali, rigettava la domanda di An. Di. Pa. relativa alla restituzione della somma di £ 10.000.000. La Corte di merito
osservava: che la scrittura privata 14.09.1977 non conteneva né un trasferimento definitivo del bene immobile in
questione né un preliminare; che, in base al tenore complessivo dell'atto e tenuto conto della espressa previsione di una
futura stipula sia del compromesso che del definitivo, mancava la volontà delle parti di trasferire immediatamente il fondo
o di impegnarsi ad una ulteriore manifestazione di volontà diretta ad attuare il trasferimento; che erano irrilevanti
l'intestazione dell'atto ("patto di acquisto") e la qualificazione dell'anticipo di "caparra confirmatoria", trattandosi di uso di
espressioni giuridiche da parte di soggetti non esperti di diritto: che, come affermato dal tribunale, il documento era un
atto preparatorio della stipula del preliminare e, come tale, nullo in quanto privo di causa: che l'azione di ripetizione
della somma versata da An. Di. Pa. era soggetta alla prescrizione decennale a decorrere dalla stipula dell'atto nullo
avvenuta il 14.12.1977; che la domanda di restituzione era stata proposta con atto notificato nel 1994, ossia oltre il detto
termine prescrizionale decennale: che An. Di. Pa. non aveva dedotto, come era suo onere, cause interruttive della
prescrizione, né aveva manifestato la volontà di contrastare l'eccezione di prescrizione, né aveva allegato eventi
qualificandoli come rinunzia tacita alla prescrizione; che An. Di. Pa. si era limitato a far riferimento al comportamento
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tenuto, dopo la sottoscrizione della scrittura in questione da Fl. Ma. e da Ni. Ma. ed al telegramma da questi ultimi spedito
il 14.09.1994; che si trattava di osservazioni generiche che non configuravano gli estremi dell'eccezione di interruzione
della prescrizione o della eccezione di rinuncia alla prescrizione: che pertanto l'eccezione di prescrizione sollevata da
entrambi gli appellanti incidentali andava accolta con conseguente rigetto della domanda di An. Di. Pa. di restituzione
della indicata somma.
La Cassazione della sentenza della Corte di Appello di Napoli è stata chiesta da An. Di. Pa. con ricorso affidato a cinque
motivi. Hanno resistito con separati controricorsi Fl. Ma. e Ni. Ma. il quale ha proposto ricorso incidentale condizionato
sorretto da quattro motivi.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso principale e quello incidentale di Ni. Ma. vanno riuniti a norma dell'articolo 335 c.p.c..
Con il primo articolato motivo del ricorso principale An. Di. Pa. denuncia violazione degli articoli 1321, 1322, 1325, 1362,
1363, 1366, 1367, 1376, 1385, 1418, 1419, 1470, 1703, 1745, 2657 e 2705, nonché vizi di motivazione su punti decisivi
della controversia e omesso esame di prove documentali. Secondo il ricorrente principale la scrittura privata 14.12.1977,
al contrario di quanto affermato dalla Corte di Appello, conteneva un contratto definitivo di vendita - con rinvio della
formalizzazione degli impegni assunti dai contraenti a mezzo stipula successiva - o, comunque, un vincolo delle parti agli
effetti obbligatori e rinvio degli effetti reali del trasferimento a formalità successive. La detta scrittura conteneva tutti gli
elementi essenziali ed accessori del contratto e non costituiva minuta o puntuazione. Problema diverso è valutare se le
parti possano porre in essere un accordo vincolante alla sola futura conclusione di un preliminare. E' poi pacifico che la
dazione di una somma di danaro al momento dello scambio del consenso costituisce caparra confirmatoria solo se
espressamente dichiarato dalle parti posto che tale caparra è incompatibile con contratti non vincolanti bilateralmente.
L'indagine sulla comune intenzione delle parti va condotta senza estrapolare il comportamento dei contraenti ed i fatti
posteriori consistiti in dichiarazione di volontà di adempiere. Nella specie la Corte di Appello ha errato nell'affermare che
nella scrittura in questione mancherebbe la volontà delle parti di vincolarsi e che si tratterebbe di un atto preparatorio e
non ha distinto la minuta o puntuazione dal contratto nullo per difetto di causa. La sentenza impugnata ha svalutato
l'espressione usata dalle parti alla dazione della sommale il fatto materiale di detta dazione. La clausola di caparra ha
invece valenza interpretativa assorbente. L'interpretazione data dalla corte di merito, quindi, è viziata da falsa applicazione
degli articoli 1362 e seguenti c.c. e la motivazione al riguardo è - sotto più profili nel dettaglio indicati - carente anche, in
particolare, per la mancata acquisizione e per l'omesso esame di documenti posteriori al contratto quale, segnatamente,
il telegramma del 14.09.1994 con il quale Ni. Ma. e Fl. Ma. avevano dichiarato di essere pronti a stipulare l'atto definitivo.
Con il secondo motivo An. Di. Pa. denuncia violazione degli articoli 1321, 1322, 1325, 1362, 1366, 1367, 1418, 1419,
1703, 1745, 2702, 2705 e 2932, nonché vizi di motivazione su punti decisivi della controversia e omesso esame di prove
documentali. Il ricorrente con il detto motivo ribadisce sostanzialmente le censure mosse con il primo motivo deducendo
che la Corte di Appello ha errato nell'interpretare la scrittura in questione mancando di considerare che la stessa
conteneva quanto meno un contratto preliminare di compravendita.
La Corte rileva l'infondatezza delle dette censure che, per evidenti ragioni di ordine logico e per economia di trattazione,
possono essere esaminate congiuntamente per la loro stretta connessione ed interdipendenza riguardando le stesse
questioni e che, pur se titolate come violazione di norme di legge (molte le stesse) e come vizi di motivazione, si risolvono
tutte, quale più quale meno, essenzialmente nella pretesa di contrastare il risultato dell'attività svolta dalla Corte di
Appello in ordine all'interpretatone del contenuto della scrittura privata del 14.12.1977 ed all'individuazione dei relativi
effetti. Trattasi di attività che rientra tra quelle riservate al giudice del merito e la cui motivazione al riguardo non è
sindacabile in sede di legittimità se sufficiente ed esente da vizi logici e da errori di diritto: il sindacato di legittimità è sul
punto limitato al riscontro estrinseco della presenza di una esauriente motivazione che consenta di individuare le ragioni
della decisione e l'iter argomentativo seguito nell'impugnata sentenza. Al riguardo va richiamato e ribadito il principio
pacifico nella giurisprudenza di questa Corte secondo cui l'interpretazione degli atti di autonomia privata si traduce in una
indagine di fatto affidata al giudice del merito: tale accertamento è incensurabile in cassazione se congruamente e
correttamente motivato e sia il risultato di un'interpretazione condotta nel rispetto delle norme di ermeneutica
contrattuale di cui agli art. 1362 e seguenti c.c.. L'individuazione della volontà contrattuale - che, avendo ad oggetto una
realtà fenomenica ed obiettiva, si risolve in un accertamento di fatto riservato al giudice di merito - è censurabile non già
quando le ragioni poste a sostegno della decisione siano diverse da quelle della parte, bensì quando siano insufficienti o
inficiate da contraddittorietà logica o giuridica. Più volte è stato affermato che lo stabilire se le parti abbiano inteso dar
vita ad un contratto definitivo o rimettere la costituzione dei rapporto giuridico ad una successiva manifestazione di
consenso, dando vita ad un contratto preliminare, si risolve in un accertamento di fatto riservato al giudice di merito.
Pertanto in questa sede di legittimità la censura dell'interpretazione data dai giudici di merito al contratto ed alle clausole
che lo compongono, può essere formulata sotto due distinte angolazioni: denunciando l'errore di diritto sostanziale per
non essere state rispettate le regole di ermeneutica dettate dagli articoli 1362 e seguenti c.c.; ovvero investendo la
coerenza formale del ragionamento attraverso il quale la sentenza impugnata è pervenuta a ricostruire la comune
intenzione delle parti.
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La giurisprudenza di questa Corte ha anche più volte rilevato che non è sindacabile in sede di legittimità la scelta, da parte
del giudice dei merito, del mezzo ermeneutico più idoneo all'accertamento della comune intenzione delle parti, qualora sia
stato rispettato il principio del gradualismo, secondo il quale deve farsi ricorso ai criteri interpretativi sussidiari (ivi
compreso il comportamento delle parti) solo quando i criteri principali (significato letterale e collegamento tra le varie
clausole contrattuali) siano insufficienti all'individuazione della comune intenzione stessa.
Nel caso in esame non sono ravvisabili né i lamentati vizi di motivazione, né le asserite violazioni di legge: la sentenza
impugnata è del tutto corretta e si sottrae alle critiche di cui è stata oggetto.
Come riportato nell'esposizione in fatto che precede, la Corte di Appello ha proceduto alla disamina ed all'interpretazione
della scrittura privata del 14.12.1977 ed ha quindi confermato la decisione di primo grado con la quale era stata esclusa la
configurabilità nella detta scrittura di un trasferimento definitivo di proprietà o di un compromesso ed era stata invece
ravvisata "una mera convenzione preparatoria della stipula di un preliminare".
La Corte di merito ha prima puntualmente esposto le critiche mosse dall'appellante An. Di. Pa. alla sentenza del tribunale
con le quali erano stati evidenziati gli errori interpretativi commessi dal primo giudice ed era stata sostenuta ed
argomentata la tesi secondo cui l'atto in questione costituiva una compravendita definitiva o, in subordine, un
preliminare.
La Corte territoriale poi - dopo aver meticolosamente riprodotto il testo della scrittura in questione nei suoi tratti essenziali
- ha fatto accurata menzione dei criteri elaborati nella giurisprudenza e da dover seguire nell'indagine diretta
all'individuazione della natura del contratto stipulato dalle parti ed alla ricerca della comune volontà dei contraenti. Il
Giudice di appello è quindi pervenuto alla conclusione che la scrittura conteneva "un atto preparatorio della stipula del
preliminare". Il detto giudice è giunto a tale conclusione attraverso argomentazioni complete ed appaganti, improntate a
retti criteri logici e giuridici, nonché frutto di una precisa ricostruzione della volontà delle parti desumibile dal contenuto
delle pattuizioni concordate e delle espressioni letterali utilizzate: in tal modo la Corte di Appello ha dimostrato di aver
considerato e valutato il significato logico sotteso alle parti più significative per accertare la volontà degli autori dell'atto.
In particolare nella sentenza impugnata si è fatto espresso riferimento "al tenore complessivo dell'atto" ed alla specifica
previsione "di una futura stipula sia del compromesso che del definitivo". La Corte di merito non ha mancato di rilevare
che, al fine di individuare l'effettiva comune intenzione dei contraenti, non poteva assumere valore determinante (al
contrario di quanto dedotto nei motivi di appello da An. Di. Pa. il quale sul punto ha particolarmente insistito nel primo
motivo di ricorso) l'intestazione dell'atto (patto di acquisto) e la qualificazione (caparra confirmatoria) data all'anticipo di £
10.000.000 versate dal ricorrente al momento della sottoscrizione dell'atto. Nella sentenza di cui si chiede l'annullamento
risulta precisato che si trattava di espressioni giuridiche adoperate in modo atecnico da soggetti non esperti di diritto ed
inidonee a porre in dubbio all'interpretazione della scrittura emergente in modo chiaro alla luce e nel rispetto dei principi
giurisprudenziali in tema di criteri ermeneutici relativi agli atti negoziali.
Il Giudice di appello ha infatti dato conto delle proprie valutazioni esponendo le ragioni del suo convincimento: alle dette
valutazioni il ricorrente contrappone le proprie, ma della maggiore o minore attendibilità di queste rispetto a quelle
compiute dal giudice del merito non è certo consentito discutere in questa sede di legittimità.
Il procedimento logico-giuridico sviluppato nell'impugnata decisione è ineccepibile in quanto coerente e razionale ed il
giudizio di fatto in cui si è concretato il risultato dell'interpretazione del contenuto della convenzione e della citata clausola
è fondato su un'indagine condotta nel rispetto dei comuni canoni di ermeneutica e sorretto da motivazione adeguata,
corretta ed immune dai vizi denunciati.
Nella sentenza impugnata sono evidenziati i punti salienti della decisione e risulta chiaramente individuabile la "ratio
decidendi" adottata. A fronte delle coerenti argomentazioni poste a base della conclusione cui è pervenuta la corte
territoriale, è evidente che le censure in proposito mosse dal ricorrente devono ritenersi rivolte non alla base del
convincimento del giudice, ma, inammissibilmente in queste sede, al convincimento stesso e, cioè, al "risultato"
dell'interpretazione dell'atto in questione in modo difforme da quello auspicato: An. Di. Pa. contrappone all'interpretazione
della scrittura ritenuta dalla Corte di Appello la propria interpretazione.
Dalla motivazione della sentenza impugnata risulta chiaro che il giudice di secondo grado, nel porre in evidenza gli
elementi probatori favorevoli alle tesi di Ni. Ma. e di Fl. Ma., ha implicitamente espresso una valutazione negativa delle
contrapposte tesi di An. Di. Pa..
Va infine aggiunto che la Corte di Appello, avendo ritenuto di poter ricostruire con chiarezza ed univocità la volontà delle
parti sulla sola base delle espressioni letterali usate, non era obbligata ad esaminare il comportamento tenuto dalle parti
in seguito alla redazione della scrittura in questione, posto che, come già segnalato, l'obbligo di far ricorso a tale criterio
ermeneutico sussidiario sussiste solo quando l'interpretazione letterale dia adito a dubbi. In conclusione devono ritenersi
insussistenti gli asseriti vizi di motivazione e le denunciate violazioni di legge che presuppongono una ricostruzione dei
fatti diversa da quella ineccepibilmente effettuata dal giudice del merito.
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Con il terzo motivo An. Di. Pa. denuncia violazione degli articoli 1321, 1322, 1325, 1326, 1424, 1385, 1418 e 1419,
nonché vizi di motivazione. Il ricorrente deduce che la Corte di Appello non ha svolto la necessaria indagine sulla
possibilità di conservazione del contratto in esame - ad altri e più limitati effetti - come "atto di prenotazione" che vincola
il futuro venditore non alla stipula ma solo a riconoscere al proponente acquirente la priorità nella conclusione della
vendita, con la conseguenza che il diritto alla restituzione della somma versata sarebbe sorto a seguito del rifiuto di Ni.
Ma. e di Fl. Ma. di accettare la proposta stessa.
Il motivo va disatteso posto che dalla lettura della sentenza impugnata non risulta - né è stato dedotto da An. Di. Pa. nel
ricorso - che nel giudizio di appello sia stata prospettata la questione della convertibilità del negozio in esame ritenuto
nullo dal giudice di primo grado.
In proposito va segnalato che, come questa Corte ha avuto modo di chiarire, la conversione del negozio giuridico nullo
non opera "ipso iure" e non può essere rilevata di ufficio dal giudice. Peraltro la conversione del contratto nullo richiede,
a norma dell'art. 1424 c.c., che l'atto, nullo come negozio di un determinato tipo, contenga i requisiti di sostanza e di
forma (compresa la manifestazione di volontà delle parti) di un negozio diverso. Conseguentemente, per decidere se
ricorra la possibilità della conversione, deve procedersi ad una duplice indagine, l'una rivolta ad accertare la sussistenza di
un obiettivo rapporto di continenza tra il negozio nullo e quello che dovrebbe sostituirlo, e l'altra, implicante un
apprezzamento di fatto sull'intento negoziale dei contraenti, riservato al giudice del merito, diretta a stabilire se la volontà
che indusse le parti a stipulare il contratto nullo possa ritenersi orientata anche verso gli effetti del contratto diverso.
Pertanto, ove il giudice del merito o abbia espressamente rigettato l'istanza di conversione o non abbia ritenuto di far
ricorso al detto istituto, la relativa statuizione è insindacabile in sede di legittimità (nei sensi suddetti sentenza 01.08.2001
n. 10498).
Con il quarto motivo An. Di. Pa. denuncia violazione degli articoli 1422 e 2033 c.c. sostenendo che la Corte di Appello ha
errato nel ritenere prescritta la domanda subordinata di restituzione della somma versata. Infatti quando l'indebito deriva
dalla nullità del contratto, l'azione di restituzione diviene proponibile dalla data di dichiarazione di nullità sicché nella
specie l'azione di esso ricorrente non poteva ritenersi prescritta.
Il motivo non è meritevole di accoglimento posto che al riguardo il Collegio condivide l'orientamento giurisprudenziale di
legittimità (sentenza 09.07.1987 n. 5978 la cui ineccepibile motivazione non è stata validamente smentita dalla successiva
sentenza 12.09.2000 n. 12038 di segno contrario) secondo cui l'accertamento con sentenza della nullità del titolo, sulla
base del quale è stato effettuato un pagamento, dà luogo ad un'azione di ripetizione cui fa riferimento l'art. 1422 c.c. - di
indebito oggettivo, il cui termine di prescrizione inizia a decorrere non dalla data di pronuncia della detta sentenza bensì
dalla data del pagamento effettuato al momento della stipula del contratto nullo, ossia dalla data alla quale retroagisce
l'accertamento della nullità. La pronuncia di nullità di un negozio è infatti di mero accertamento ed ha portata ed efficacia
retroattiva con caducazione dell'atto divenuto giuridicamente irrilevante fin dall'origine con conseguente definitivo venir
meno della modifica della situazione giuridica preesistente. A conferma di quanto precede è appena il caso di far
riferimento al pacifico principio giurisprudenziale di questa Corte con il quale è stato affermato che la prescrizione
decennale del diritto alla ripetizione di quanto pagato, in applicazione di una norma successivamente dichiarata
incostituzionale - con sentenza avente efficacia retroattiva - decorre, ai sensi dell'art. 2935 c.c., dal giorno del pagamento,
anziché dalla data della pronuncia d'incostituzionalità o della pubblicatone della medesima, configurandosi la vigenza della
norma viziata da incostituzionalità non ancora dichiarata come una mera difficoltà di fatto, che non impedisce la possibilità
di far valere la pretesa restitutoria, e può dal titolare essere interrotta, secondo la disciplina generale (art. 2943 c.c.),
anche mediante atti diversi dalla domanda giudiziale (tra le tante, sentenze 15.03.2001 n. 3796; 01.06.2000 n. 7289;
19.05.2000 n. 6486).
Correttamente pertanto la Corte di merito ha ritenuto prescritta l'azione di ripetizione per aver An. Di. Pa. esercitato detta
azione tal oltre il termine prescrizionale di dieci anni decorrente dalla data della stipula dell'atto in esecuzione del quale
era stata versata la somma chiesta in restituzione. Con il quinto motivo il ricorrente principale denuncia violazione degli
articoli 114 e 115 c.p.c. con riferimento al mancato esame ed accoglimento delle istanze istruttorie formulate da esso An.
Di. Pa. in primo grado e riproposte in appello, nonché omessa considerazione di documenti decisivi concernenti l'asserita
prescrizione del diritto di credito alla restituzione della somma versata.
Anche questo motivo, al pari degli altri, è infondato oltre che, in parte, inammissibile.
Con riferimento alla lamentata violazione dell'articolo 115 c.p.c. "in relazione al mancato esame ed accoglimento delle
istanze istruttorie" (interrogatorio formale dei convenuti, prova testimoniale e documentale) va osservato che, come è
noto, rientra nel potere discrezionale del giudice del merito accogliere o rigettare l'istanza di ammissione di mezzi
istruttori, senza che il provvedimento negativo possa essere censurato in sede di legittimità, quando la motivazione risulti
immune da vizi logici o giuridici.
Il giudice di merito non è infatti tenuto ad ammettere i mezzi di prova richiesti dalle parti allorché, sulla base delle
risultanze istruttorie acquisite al processo, sia già in grado di formarsi un convincimento: al di fuori dei casi delle prove
legali (giuramento e confessione) non esiste nel nostro ordinamento una gerarchia delle prove per cui i risultati di alcune
di esse debbano necessariamente prevalere su quelli di altre, sicché il giudice stesso resta libero di scegliere i mezzi
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istruttori che reputa più attendibili ed efficaci. Peraltro l'articolo 2724 c.c. indica solamente i casi (nella specie non
ricorrenti) in cui la prova testimoniale è sempre ammissibile, indipendentemente da valutazioni discrezionali del giudice di
merito: di conseguenza la mancata ammissione di un mezzo di prova sfugge al sindacato di legittimità se (come appunto
nella specie) sorretta da adeguata motivazione, che può essere non solo esplicita, ma anche implicita dal contesto della
decisione. Sotto altro profilo va rilevata la genericità della formulazione delle censure in esame essendo stata omessa la
puntuale indicazione delle specifiche circostanze sulle quali avrebbe dovuto svolgersi i mezzi istruttori - richiesti e non
ammessi - e ridicendosi la doglianza ad una apodittica affermazione di rilevanza in re ipsa da riconoscere a detti mezzi
istruttori ed al contenuto dei capitoli di prova come articolati. Costituisce, invero, jure receptum che il ricorrente per
cassazione, il quale denunci l'esistenza di vizi della sentenza correlati al rifiuto, opposto dal giudice di merito, di dare
ingresso a mezzi istruttori ritualmente introdotti, ha l'onere - da un lato - di dimostrare la sussistenza di un nesso
eziologico tra l'errore addebitato al giudice e la pronuncia emessa in concreto, che senza quell'errore sarebbe stata
diversa, nonché - da altro lato - di indicare specificamente in ricorso le deduzioni delle prove disattese, onde permettere in
sede di legittimità la verifica, sulla sola base di tale atto di impugnazione e senza la necessità di inammissibili indagini
integrative, della validità e della decisività delle disattese deduzioni e senza che stante il principio cosiddetto di
"autosufficienza" del ricorso per cassazione - a tal fine possa svolgere alcuna funzione sostitutiva il riferimento, "per
relationem", ad altri atti o scritti difensivi presentati nei precedenti gradi di giudizio (sentenze di questa Corte 06.08.2003
n. 11895; 04.07.2003 n. 10563; 18.06.2003 n. 9712; 29.10.2001 n. 13413).
I suddetti oneri posti a carico del ricorrente in cassazione non sono stati rispettati da An. Di. Pa. il quale non ha svolto
alcun argomento al fine di dimostrare la decisività dei documenti non esaminati e delle prove non ammesse, né ha
trascritto in ricorso il contenuto (quanto meno nelle parti essenziali) di detti documenti e di dette prove. Ciò è sufficiente
per ritenere inaccoglibile la censura in esame.
Analoghe considerazioni valgono in relazione all'asserito omesso esame di documenti decisivi (cui si fa vagamente cenno
nella censura in esame) concernenti la prescrizione dell'azione di ripetizione. Nel ricorso si fa un generico cenno ai detti
documenti e non si fornisce alcun dato valido per ricostruire, sia pur approssimativamente, il senso complessivo di tali
risultanze probatorie. Va aggiunto che, con la detta parte della censura, si prospetta una diversa analisi del merito della
causa, inammissibile in sede di legittimità, nonché si pretende di contrastare valutazione di fatti che sono inderogabile
prerogativa del giudice del merito al quale spetta individuare la fonte del proprio convincimento ed apprezzare le
risultanze processuali controllandone l'attendibilità e la concludenza. Peraltro va segnalato che l'accertamento
dell'esistenza o meno di atti validamente interruttivi della prescrizione costituisce un'indagine di fatto riservata
all'apprezzamento del giudice del merito. La motivazione al riguardo non è sindacabile in sede di legittimità se - come
nella specie - sufficiente ed esente da vizi logici e da errori di diritto: il sindacato di legittimità è sul punto limitato al
riscontro estrinseco della presenza di una congrua ed esauriente motivazione che consenta di individuare le ragioni della
decisione e l'iter argomentativo seguito nell'impugnata sentenza.
In definitiva, poiché resta istituzionalmente preclusa in sede di legittimità ogni possibilità di rivalutazione delle risultanze
istruttorie, non può il ricorrente pretendere il riesame del merito sol perché la valutazione delle accertate circostanze di
fatto, come operata dalla Corte di Appello, non collima con le sue aspettative e confutazioni.
Il ricorso principale deve pertanto essere rigettato con conseguente assorbimento del ricorso incidentale espressamente
proposto da Ni. Ma. "in via condizionata all'accoglimento del ricorso principale" (pagina 30 ricorso incidentale).
Sussistono giusti motivi per compensare per intero tra le parti le spese del giudizio di legittimità e ciò anche in
considerazione della difformità tra le pronunzie rese nei gradi di merito con riferimento alla soluzione di alcune delle
questioni concernenti la domanda di ripetizione proposta da An. Di. Pa..
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi: rigetta il ricorso principale; assorbito il ricorso incidentale: compensa tra le parti le spese del
giudizio di cassazione.
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