Mamma - Nuovo Basket Aquilano

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Mamma - Nuovo Basket Aquilano
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Mamma,
giurami che qui
non c’è il terremoto
RACCONTI SPARSI DI RAGAZZI CORAGGIOSI
Raccolti e ordinati da Roberto Nardecchia
PHS
MANET
IMMOTA
prefazione di Giustino Parisse
Città dell’Aquila
Con il
Patrocinio di
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giurami che qui
non c’è il terremoto
RACCONTI SPARSI DI RAGAZZI CORAGGIOSI
Raccolti e ordinati da Roberto Nardecchia
prefazione di Giustino Parisse
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Prima edizione dicembre 2010
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MAMMA, GIURAMI CHE QUI NON C’È IL TERREMOTO
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Indice
Hanno scritto...
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Prefazione, Giustino Parisse
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Introduzione, Roberto Nardecchia
11
I miei ragazzi
13
Ciao a tutti
20
Piazza d’Armi
21
Caro diario
21
La felicità alle 3.31
23
Noi sapevamo che sarebbe accaduto
23
Artefici del proprio destino?
24
Le cose cambiate
26
La forza per rialzarsi
26
Non tutti hanno risposto
28
In campeggio
28
Questa estate è stata fichissima
29
Tutto adesso sta tornando normale
30
Vorrei ridere e passeggiare sotto i portici con i miei amici
32
I rimasugli dell’Aquila
32
Casa mia sta bene
34
Dopo aver dormito (2 minuti)
35
Da qui dobbiamo ripartire
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Non si può evitare
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Nei cuori dei piccoli giocatori
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Parlano, parlano, parlano
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Una vita molto simile
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È dimostrato
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L’odore di polvere
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Non riesco ancora a spiegarlo
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Caro allenatore
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Il giorno più brutto
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Cercando di rimettere a posto i miei giochi
46
La mancanza
46
Sotto il tavolo, con il cane
47
È difficile ammetterlo
48
Voglio tornare a casa
49
Il fatto che noi tutti conosciamo
50
Terry
52
Un brutto sogno
53
I vecchi amici
54
Piazza D’Uomo
54
Non abbiamo perso il coraggio di lottare
56
Un ragazzo terremotato
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Ci stiamo allenando duramente
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Mi sentivo solo e inutile
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Uscire scalzi, senza giacca, di notte, a L’Aquila,
non è proprio consigliabile
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a mia madre e a Massi,
una stella nel cielo e una in terra
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HANNO SCRITTO...
Giustino Parisse è un giornalista del Il Centro, caporedattore della redazione dell’Aquila.
Nella notte del 6 aprile 2009 ha perso nella sua casa di Onna, frazione del
Comune dell’Aquila, i suoi due unici figli, Domenico (17 anni e mezzo) e Maria Paola (16 anni da compiere a maggio) ed il padre, Domenico.
Roberto Nardecchia vive a L’Aquila. Istruttore minibasket dal 1978,
nazionale dal 1983. Arbitro Fip-Cia dal 1980, nelle liste della serie A dal 1993
al 2006 con 286 gare arbitrate. Attualmente è responsabile tecnico della
Scuola Minibasket L’Aquila e Presidente dell’associazione omonima che ne coordina le attività sociali e sportive.
Valerio Marchetti, 12 anni
Francesco Martinelli, 13 anni
Matteo e Marco D’Ippolito, 8 e 6 anni
Lorenzo Aristotile, 10 anni
Giulio Antonini, 12 anni
Chiara Parisse, 12 anni
Alessio Dundee, 14 anni
Domenico “Nico” Perrella, 9 anni
Andrea De Filippi, 10 anni
Matteo Calabrese, 10 anni
Riccardo Merli, 14 anni
Andrea Colafarina, 10 anni
Fabio Foresta, 12 anni
Nicolò Quaresima, 9 anni
Alex Taviani, 13 anni
Lorenzo Vanzini, 10 anni
Davide Tedeschini, 14 anni
Patrizio De Matteis, 14 anni
Alessandro Rancitelli, 9 anni
Sergio Di Biase, 10 anni
Ennio Di Norcia, 11 anni
Matteo Luraschi, 12 anni
Lorenzo Ranieri, 12 anni
Valerio Di Domenico, 10 anni
Filippo Antonini, 14 anni
Andrea Giovannone, 14 anni
Gianluca Di Carlo, 13 anni
Michele Ianni, 12 anni
Davide Vespa, 11 anni
Domenico Montagnani, 11 anni
Fabio Bifarini, 11 anni
Simone Pasqualoni, 11 anni
Marco Santucci, 10 anni
Giorgio Amoroso, 11 anni
Francesco Giammaria, 12 anni
Andrea Moschino, 9 anni
Matteo Tedeschini, 12 anni
Raffaele Scarano, 10 anni
Riccardo Fagnani, 10 anni
Cecilia Fasciani, 14 anni
Sara Filoni, 11 anni
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PREFAZIONE
Leggendo i racconti scritti dai giovanissimi e potenziali campioni di
basket sulla notte del 6 aprile 2009, ho avuto la conferma che i nostri
ragazzi in quei venti secondi di paura abbiano avuto un'esperienza certo
traumatica, ma che li ha fatti crescere dal punto di vista umano, come se
avessero fatto un salto di generazione. A 9-10 anni ci sono la scuola, lo
sport, le vacanze, la spensieratezza di una giornata all'aria aperta, l'abbraccio con mamma e papà, il capriccio per avere un nuovo video gioco.
Nessuno a quell'età pensa di dover vivere una tragedia che cancella la
città dove si è nati, fa crollare la casa dove c'è la stanzetta che mese dopo
mese diventa sempre più a propria immagine, con la foto del campione
di basket, la bambolina che fa compagnia, il poster della Ferrari. Dove c'è
il lettino per riposare e vicino al quale di tanto in tanto si sente arrivare la
mamma che “rimbocca” le coperte, guarda il visino sereno del suo bambino (per le mamme anche a 40 anni si è sempre bambini), e magari si
commuove e non può fare a meno del bacino della buona notte.
Alle 3.32 il terremoto ha svegliato tutti di soprassalto, quella cameretta che doveva essere rifugio e porto sicuro è diventata nemica, luogo
della paura e dalla paura si scappa, non si sa bene dove, ma si scappa.
Poi arrivano le notizie. Ci sono amichetti che non sono stati così fortunati, che nel crollo della loro casa hanno infranto i sogni di una vita lunga
e felice. E allora, anche a 10 anni, ci si interroga sulla fragilità delle cose
e si cercano nuovi approdi: ci si butta fra le braccia dei genitori, si cerca
di trovare uno spiraglio di luce e dopo la dispersione della notte da incubo si sente forte il bisogno di ritrovarsi, guardarsi, raccontarsi, tornare a
giocare. Presi dalla furia della cronaca di ogni giorno noi giornalisti forse
non abbiamo saputo dare il giusto valore allo sport, a quelle società piccole e grandi che dopo il 6 aprile si sono ritrovate senza impianti e in una
incertezza totale sul futuro. Eppure tanti dirigenti non si sono arresi,
hanno, dopo poche settimane, ripreso in mano un pallone, improvvisa-
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to un campo da basket, cercato con il telefonino i piccoli atleti. E il miracolo è avvenuto: sono stati organizzati di nuovo tornei, la solidarietà
giunta da tutta Italia ha consentito di offrire giorni di serenità a chi temeva di averla persa per sempre. Questo libro, curato da Roberto
Nardecchia che dello sport e dell'attenzione ai giovani ha fatto una ragione di vita, dimostra che dopo il terremoto ci sono stati tanti miracoli. La
Scuola minibasket L'Aquila ha fatto il suo, investendo sui ragazzi che
sono la nostra unica speranza. E ve lo dice uno che quella speranza ha
visto svanire il 6 aprile. Ma non mi arrendo. Ogni volta che incontro un
ragazzo e una ragazza adolescenti li guardo negli occhi e vedo i miei figli,
Domenico e Maria Paola. Loro avrebbero fatto il possibile per aiutare la
città che già sentivano propria. Sono certo che dallo sport, dalla condivisione del risultato (anche quando si è sconfitti), dalla voglia di mettere
dentro quel pallone nel canestro, nascerà una generazione nuova, capace di risollevare le sorti del capoluogo d'Abruzzo. Alla fine, ragazzi, la
partita la vincerete voi, ma lo farete anche per noi.
Dicembre 2010,
Giustino Parisse
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INTRODUZIONE
Il 6 aprile 2009 un terremoto devastante ha sconvolto L’Aquila e alcuni centri urbani vicini, portando via con sé un patrimonio non solo materiale e umano, ma soprattutto morale, costituito da ricordi, emozioni,
gioie, dolori. In poche parole ha spazzato via delle vite intere.
Ci vorrà del tempo per curare queste ferite, molto di più di quanto ce ne
vorrà per restituirci una facciata di una chiesa o uno dei nostri tanti palazzi storici. Cosa resterà nelle menti e nei cuori dei bambini e dei ragazzi?
Cosa ricorderanno girando le spalle tra vent’anni quando da adulti
proveranno a tornare indietro fissando un punto nel vuoto?
E, soprattutto, come inciderà questa vicenda sulla formazione del loro
carattere, sulla crescita della loro personalità?
Saranno forse gli esempi positivi che girano intorno ai loro giorni a
farli superare in modo meno traumatico possibile questi sconvolgimenti, le corse piangendo per le scale, i mesi in tenda, in camper o in un
albergo lontano da casa, i giochi perduti e gli amici lontani, i genitori
senza certezze e la scuola in un container.
Saranno forse gli stessi ideali che abbiamo sempre cercato di trasmettere loro tirando un pallone a canestro, il rispetto di sé stessi e degli altri,
l’orgoglio e la dignità, la capacità di non fermarsi mai e di rialzarsi se si
cade a terra.
Correndo ancora più forte.
Il libro era nato per cercare di scoprire cosa c’era nei cuori dei tanti ragazzi della Scuola Minibasket L’Aquila, per individuare le loro nuove esigenze; è
finito per diventare l’occasione per scoprire che tutto il tempo passato negli
anni con loro è stato forse il miglior tempo speso in tutta la vita.
Raccogliere e ordinare i testi ha aggiunto una ferita dopo l’altra, lacerando sempre di più, ma dando nello stesso tempo una forza e una
responsabilità sempre più crescente, dando migliore corpo alla volontà
di offrire loro una possibilità per tornare a correre dietro un pallone.
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Io non so ancora qual è il senso della vita, ma se la vita ha un senso
forse si nasconde dietro gli occhi e i sogni di un bambino.
Roberto Nardecchia
Ps: i racconti sono stati lasciati così come erano, senza correggere la punteggiatura o gli errore di ortografia. Il titolo del libro è una frase di Giulio alla mamma,
prima di addormentarsi in un letto diverso dal suo, che non aveva più, in una casa
diversa dalla sua, nella quale non sapeva più quando poter rientrare. Ai ragazzi è
stato chiesto di scrivere qualcosa solo se ne avevano voglia, senza preoccuparsi di
copiare niente in bella copia, preoccupandosi solo di non aver paura, ora e mai nella
vita, di esprimere con coraggio i propri sentimenti.
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I MIEI RAGAZZI
Raffaele mi si strinse forte mentre i compagni tornavano in panchina
per quell’ultimo time-out.
“E se li sbaglio, Robi, i due tiri liberi?”
“Se li sbagli non cambierà quello che penso di te”
“E cioè?”
“Che sei un giocatore forte e coraggioso, e lo sarai comunque, ma
vedrai che quei due tiri non li sbaglierai perché li batterai come li battevi a casa nostra, come li battevi a Piazza d’Armi, tirando forte sul tabellone e mandando il pallone dentro il canestro”
“Ma qui non siamo a Piazza d’Armi!”
“Si, ma tu sei lo stesso giocatore!”
Raffaele mi strinse forte, il suo cuore batteva come impazzito, e batteva ancora più forte quando la sirena suonò, poco dopo aver realizzato
i due tiri liberi vincenti tirando forte il pallone contro il tabellone.
Batteva forte e dovetti girarmi verso il muro per non far vedere i miei
occhi lucidi, io che dovevo trasmettere coraggio e forza, che dovevo trasmettere distacco e serenità, che volevo solo piangere e sfogarmi e non
potevo, dovevo tenere come sempre tutto dentro.
Matteo i tiri liberi li batteva in modo diverso, in modo diverso e goffo,
così tremendamente goffo, saltando e mettendo le gambe piegate all’indietro, gettandosi poi avanti quasi cadendo, un miracolo di equilibro e
disequilibrio, in un corpo troppo più grande per la sua età, 10 anni.
Matteo aveva lo stesso coraggio di Raffaele, e il suo cuore batteva
forte forte come quello di Raffaele.
In quei venti secondi tragici e folli il terremoto lo ha portato via con sé,
con i suoi 10 anni, con i suoi tiri goffi e fuori equilibrio, con le sue risate
sguaiate, con le sue mani grandi e forti come quelle di un muratore.
Lo ha portato con sé insieme a Davide, il fratello compagno di giochi
e di basket, più esile e piccolo pur con due anni di più, lo ha portato con
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sé con la mamma Daniela, stretti tutti insieme, spazzati via con i loro
ricordi, con i loro pupazzi, con le loro figurine, i loro libri, i loro videogiochi, le prime uscite in centro, le prime cene in pizzeria con gli amici.
Chissà cosa avevano mangiato quella sera di domenica tutti e tre, cosa
avevano visto in tv prima di andare a letto.
Chissà se avevano già preparato gli zaini per andare a scuola il giorno
dopo, chissà se avevano fatto dannare un po’ la mamma per andare a
dormire, o se erano crollati sul divano guardando un film.
Io quella sera ero solo a casa, avevo mangiato gli avanzi del pranzo
fatto insieme a mio padre, un po’ di pesce al forno con patate e olive,
insalata mista e ananas.
Poi avevo visto quella gara di basket che mi interessava tanto, preso
un caffè, e poi a letto, dopo qualche spezzone di un film che ora non
ricordo.
Come ricordo, invece, come ricordo bene quel boato, ogni tanto mi
sembra di averlo ancora qui nella testa, nelle tempie, nelle orecchie.
E quel silenzio assordante in quel secondo, in quel solo secondo prima
della rivoluzione, di quei mille martelli pneumatici che scoppiavano nel
cuore, del mio letto che saltava, dei muri che si scollavano con calcinacci
e mattonelle a ballare per terra, dei bicchieri e dei piccoli oggetti volanti,
delle sirene degli antifurti ululanti, delle grida della gente, del mio stupore misto al dubbio di sprofondare chissà dove se si fosse aperto come credevo il pavimento, delle mie mani incerte come quelle di un bambino che
mettevano il piumone in testa sperando di far sparire tutto sotto le lenzuola, di quell’altro secondo interminabile di pace prima di capire che era
tutto finito e non sarebbe mai più stato come venti secondi prima, non
sarebbero più tornate indietro tante cose, tanti ricordi, tante abitudini,
tante emozioni, tante persone. Non sarebbe più tornato indietro neanche
Ezio, con il papà e la mamma, sprofondato nel suo letto con i suoi 18
anni, dopo averne spesi quattro da piccolo anche lui a cercare di gettare
un pallone oltre il canestro, oltre l’ostacolo, oltre i propri limiti.
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Non sarebbe più tornata indietro neanche Jenny, ormai donna, con le
sue corse a canestro, con il suo sorriso solare, con tutta la vita aperta
davanti, inghiottita dal nulla.
Devo essere forte, e le lacrime mi offuscano gli occhi, in questa stanza d’albergo a 100 km da casa, devo essere forte e trasmettere fierezza
e dignità a tutti i miei ragazzi, trasmettergli coraggio e fiducia, cercare di
convincerli che tutto tornerà come prima, che il tempo aggiusterà le case
e le ferite, i cuori incerti e le menti confuse dei loro genitori.
Devo essere forte e mi ritrovo con la testa nelle mani, devo essere
forte e lo sarò, come sempre, ma ora sono solo, come sempre, e quando si è soli a volte ci si può anche girare, accorgersi di non essere visti e
piangere.
“Non si deve aver paura di piangere, io ho superato questa paura,
prima l’avevo, l’ho superata perché le lacrime fanno parte della vita,
come qualunque altra emozione, come la gioia o il sorriso, e non bisogna aver paura dell’una né nelle altre, e io da allora piango più tranquillamente anche davanti a un film che mi emoziona” Che belle parole mi
disse Silvia quella sera di più di un anno fa, quando le confessai la mia
paura di non farcela a completare il discorso che tanto volevo fare prima
della festa di addio al minibasket preparata per Cecilia, sua figlia, la figlia
che non ho mai avuto e che mi sarebbe piaciuto avere per poterla affiancare a Massi.
Ti ricordi Silvia, il discorso poi uscì finalmente fuori, con il mio regalo
per Ceci, “Bambini infiniti”, un libro amato e letto, un libro usato in regalo, a significare la speranza di condivisione di quegli ideali.
Ti ricordi vero Silvia, e ti ricordi vero Ceci, ora dispersa anche tu lontana da casa.
Non potete ricordare, invece, che mentre tutti festeggiavate intorno al
tavolone di quel locale all’aperto, davanti al karaoke, io mi allontanavo e
mi nascondevo, per piangere da solo, non bisogna avere paura di piangere, ma io l’avevo ancora e non volevo farmi vedere.
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Come da piccolo, quando magari mia madre mi sgridava o quando
magari ai miei occhi dava più attenzioni a mio fratello, e allora senza farmene accorgere, questa pazza mania di non dare mai soddisfazione a
nessuno, di essere sempre distaccato dalla vita, e allora senza farmene
accorgere mi riparavo davanti la finestra della mia cameretta a vedere le
macchine passare, piangendo.
Come quella volta in albergo a Fabriano, in una delle mille camere
d’albergo trovate nelle mille trasferte della mia vita da arbitro, come
quella volta a Fabriano quando attaccai il telefono dopo averti chiamato,
tu a casa malata e stanca, con la tua voce incerta ma che ti sforzavi di
rendere forte, non bisogna mai far vedere di essere deboli, sempre forti,
sempre forti, vero mamma? E quando andammo insieme io, te e papà a
parlare con la professoressa e a sentire le sue bugie sulla tua malattia,
oddio avevo capito in quell’istante che erano bugie, in quello stesso istante in cui lo avevi capito anche tu, chiusa in quell’husky verde a rigirarti
le mani nelle mani, con lentezza esasperante, timida come una bambina colta in flagrante dagli adulti.
E quando dopo avervi accompagnato alla macchina, tu e papà ignaro
come sempre di tutto e convinto incoscientemente dalle parole di fiducia e dalle bugie, ero tornato indietro a bussare, quando la professoressa
mi disse “bene, speravo che lei tornasse indietro, da questo momento è
lei quello della famiglia a cui dirò tutto, solo lei mi sembra così forte da
poter reggere e trasmettere serenità”.
Solo io vero, professoressa, solo io potevo sapere in quel momento, in
quel giorno piovoso di novembre che mia madre sarebbe morta a poco a
poco, quanto tempo, un mese due mesi, quante ore ancora, quanti sorrisi mi farà ancora, quante volte potrò vederla guardarmi, quanto ancora?
Due mesi, tre mesi massimo, l’avrei vista spegnersi così, come il terremoto aveva spento Matteo e gli altri angeli.
Ma io ero forte, vero professoressa, io potevo reggere, io potevo convincere quel tecnico a falsificare l’ultimo esame di mamma, per farla
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tranquillizzare, lei che già in cuor suo sapeva, e per far star sereno mio
padre, che in cuor suo non sapeva e non credeva.
Io ero forte, vero professoressa, ero forte e le strinsi la mano, ero forte
mentre camminavo a testa alta verso il parcheggio, fiero come sempre,
solo come sempre tra la gente che mi sfiorava.
Prima di entrare in macchina e piangere.
La mattina dopo quei venti secondi infiniti rientrai a casa con il cuore
in gola, rientrai per prendere qualche vestito, i soldi, le medicine, qualche pezzo di vita, delle giacche e cravatte da mettere assurdamente
anche sulle macerie, al lavoro come sempre ero andato, per esorcizzare
come sempre il dolore e la difficoltà, la forza esteriore, andare avanti
come un orologio, sempre, progressivamente, più veloce ancora, per non
pensare, per non piangere, per distaccarsi sempre più, sempre più.
E per tornare a sognare.
I sogni.
Quello di Francesco è lo stesso che aveva Lebron, tre, due, uno e il tiro
finale che andava dentro, sotto di due, una bomba da tre e i compagni
che ti portano in trionfo.
Ricordi Francesco, quante volte lo hai provato nella nostra vecchia
palestra, con il sorriso stampato sul volto e la risata contagiosa, con l’allegria dei tuoi otto, nove, dieci, undici, dodici anni, provato e riprovato
un anno dopo l’altro.
Cosa stavano sognando Matteo e Davide quella notte?
E Jenny, ed Ezio?
Cosa posso sognare ancora adesso io, per me, per mio figlio, per tutti
i miei ragazzi?
Ancora mille cose, i sogni ti legano e ti scollegano alla realtà, bisogna
inseguirli per inseguire la vita, una corsa parallela per vedere chi arriva
prima, una corsa che terminerà quando non si avrà più nulla da sognare, e la vita avrà preso il sopravvento, con le sue banalità, i suoi ritmi, prigionieri di una routine e di un lento incedere verso la fine.
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Vinti.
Non arriverà mai quel momento, già arrivato per tanti che vedo passarmi accanto, che trascinano i passi stanchi, che attendono un armistizio che non firmeranno mai, la vita non renderà loro l’onore delle armi,
non si schiererà su due file per farli passare battendo le mani, non rispetterà i loro volti, granelli di sabbia dispersi nel vento, scomparsi nel nulla,
dimenticati nel tempo.
Dimenticati nel tempo come chi si affanna nel prevaricare i suoi simili,
come chi lotta per imporre la propria convenienza, la propria ipocrisia,
mascherando nella selva falsa degli ideali giusti gli ideali veri, quelli dei
propri interessi, dei propri miseri tornaconti, delle proprie tristi e sgargianti esistenze, una plastica griffata e vuota, un contenitore che si rovescerà
regalando altro oblio, altra dimenticanza, un altro passaggio non ricordato, commiserato, mai rimpianto. Dove nascerà il bambino o la bambina di
quei due ragazzi che si sono sposati in esilio nel nostro albergo?
Cosa ricorderanno di questi giorni tutti quei volti incontrati su un lungomare triste, in una tenda assolata, in un chiosco affollato, lontano
ognuno dalle proprie vite, dalle proprie abitudini, dai propri ricordi.
Spazzati via.
Sirio arrivava a piedi in palestra, mangiando un panino preparato
dalla nonna, che si sedeva poi sugli spalti con la busta della spesa tra le
mani, un giorno, un altro ancora, un altro e poi il nulla.
Giulio entrava in quella palestra con le spalle curve in avanti, trascinando la borsa come un cammello trascina stancamente il suo carico,
contento però di girare la curva degli spogliatoi, di potersi vestire in fretta, di poter sorridere a tutti e di ricominciare a tirare, un’altra volta, un’altra volta ancora e poi il nulla.
Filippo è a Siena, in una cameretta da solo, con il suo sogno tra le
mani e con la paura di non farcela, è solo, con i suoi pensieri, con i suoi
amici lontani, con la sua famiglia lontana, solo ad inseguire quello che
aveva sempre sognato.
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Filippo accendeva la sua luce appena aveva un pallone tra le mani, trasformava la sua timidezza, la sua introversione, il suo distacco dalla vita
palleggiando come un ballerino tra gli avversari protesi a fermarlo, un
canestro dopo l’altro, come un’ ossessione, come se traesse nutrimento
da ogni punto realizzato, come se fosse spinto da una forza celeste, nato
per quello, destinato a quello, speriamo riesca a trovare la sua strada, a
non smarrirla tra le paure della vita, a capire che la forza del cuore trasmette forza alle gambe e alla testa.
Anche Gianluca insegue il suo sogno, lontano da casa, non più bambino, quasi uomo, ma sempre un bambino per me, sempre lo stesso che
volava su tutti, quello sensibile che si preoccupava a 10 anni se i compagni mettevano il muso per un suo canestro in più, che mi strinse forte
forte correndomi incontro ridendo e ridendo e ridendo dopo un suo tiro
che ci fece vincere all’ultimo secondo, che mi pianse sulle spalle uscendo dal campo in una gara persa di un punto singhiozzando “scusa, non
ce l’ho fatta ad aiutare la squadra a vincere”, non lo ricorderai forse più
Gianluchino, ma quel giorno ti ho voluto bene come mai, quel giorno mi
hai stracciato il cuore.
Di notte tornando da un altro torneo vinto, mentre dietro in macchina Massi e Riccardo dormivano, con una buona musica dalla radio,
Cecilia mi disse nel silenzio, all’improvviso, “certi momenti, come oggi,
come adesso, sono bellissimi, peccato passino via così presto”.
Ricordi Ceci, vero, quello che ti dissi, lo ricordi spero, “hai ragione,
però è stato così bello averli vissuti”.
Roberto Nardecchia
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CIAO A TUTTI
Ciao a tutti, sono Valerio Marchetti e sono un bambino che ha vissuto
la terribile esperienza del tragico 6 Aprile 2009.
Io abitavo a Pettino, precisamente in Via Amiternum 32.
Quella notte per me era una come tutte le altre, la sera ci siamo messi
a dormire e ciao a tutti.
Prima del grande terremoto ha fatto due scosse e mamma si è messa
molta paura però poi si è rimessa a dormire.
Arrivano le 3.32 e il grande capoluogo dell’Abruzzo (L’Aquila) viene
devastato. Io non l’ho sentito il terremoto e per questo mi è venuto a svegliare papà, tutti insieme scappavamo camminando a piedi scalzi su calcinacci e vetri.
Appena usciti di casa fa altre due scosse, ma il brutto è che mentre
accadeva tutto questo a casa mia…… purtroppo stava morendo la gente
sotto le macerie e anche tanti amici miei tra cui Matteo e Davide Cinque
con la loro grande mamma Daniela Visioni che li proteggerà per sempre.
L’esperienza più brutta l’hanno vissuta però indubbiamente le persone rimaste vive sotto le macerie.
Il primo giorno dopo il terremoto io sono stato a Piazza d’Armi e la
sera sono andato a Silvi Marina, due mesi li ho trascorsi lì anche andando a scuola e il pomeriggio giocavo con Riccardo e un’altra amica mia.
Dopo sono andato con la mia famiglia a Montesilvano, lì non mi sono
divertito molto.
Verso la fine di Settembre sono ritornato a L’Aquila in una taverna di
20 metri quadrati per una settimana, poi ci siamo trasferiti allo Spapizar
per due settimane ed attualmente stiamo alla Guardia di Finanza di
Coppito. Il terremoto è stata una bruttissima esperienza e spero che a me
non succederà più una cosa simile.
Valerio Marchetti, 12 anni, Under 13
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MAMMA, GIURAMI CHE QUI NON C’È IL TERREMOTO
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PIAZZA D’ARMI
Quella notte del terremoto siamo venuti lì a Piazza d’Armi.
Io e Marco abbiamo detto a mamma di andare in palestra da Paolo e
Robberto e per sapere anche come stavano.
Matteo e Marco D’Ippolito, 8 e 6 anni, Scoiattoli e Pulcini
CARO DIARIO
Caro diario,
ti scrivo per raccontarti una terribile esperienza, il terremoto, e il terrore provato in quei venti secondi che hanno cambiato la vita di ogni
aquilano.
Quella notte non si può raccontare con le parole, non si può raccontare il dolore provato in quei venti secondi in cui avevo paura di perdere
tutto.
Ma solo i giorni seguenti mi sono reso conto di quello che aveva subito la mia città e di quanto dolore ci fosse nel cuore della gente della mia
città.
Più passa il tempo e più mi rendo conto di quanto sia stato devastante e più mi rendo conto delle ferite della mia città.
Questa terribile esperienza mi ha fatto capire quanto amo la mia città,
quanto è preziosa la vita e quanto è assurdo perderla, mi ha fatto capire
cos’è veramente l’amicizia perché ho perso due miei amici, Davide e
Matteo, loro sono sempre nella mia mente e li ricordo giocare a basket
e divertirsi insieme a tutti noi.
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Ora vivo ancora fuori, ma non vedo l’ora di tornare a casa mia, faccio
il pendolaro per andare a scuola e agli allenamenti di basket insieme ai
miei amici di sempre.
Ora voglio contribuire alla ricostruzione della mia città, non in senso
materiale (perché non posso) ma in senso affettivo, cioè voglio continuare a vivere a L’Aquila perché non esiste città più bella e ora che è ferita
mi commuove profondamente.
Giulio Antonini, 12 anni, Under 13
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LA FELICITÀ ALLE 3.31
Quella notte ho avuto molta paura.
Fino alle 3.31 di quel giorno ero felice e tutto andava bene.
Qualche secondo dopo è successo il disastro.
Appena mi sono svegliato non ho capito niente e non riuscivo a realizzare.
Mi ha impressionato il cielo rosso sull’Aquila e sembrava in fiamme.
La terra che fino a quel giorno mi era stata amica mi si era rivolta contro. Siamo stati tutta la notte in macchina a sentire che succedeva alla
radio.
Il giorno dopo sono andato con tutta la famiglia a Giulianova.
Era una sensazione strana stare al mare ad Aprile. Mi sembrava e mi
sembra ancora che chi non è dell’Aquila non possa capire.
L’unica cosa positiva è che ho conosciuto nuova gente e lo straziante
pensiero di rivedere L‘Aquila come era prima mi stringe il cuore.
Alessio Dundee, 14 anni, Under 15
NOI SAPEVAMO CHE SAREBBE ACCADUTO
Noi sapevamo che sarebbe accaduto qualcosa di grave quella notte,
tramite Giuliani.
Per questo stavamo tutti da mio zio, perché lui ha la casa antisismica.
Siamo usciti dalla casa proprio nel momento in cui stava facendo la
scossa e siamo corsi tutti in macchina.
Visto che dopo la scossa non c’era più la corrente, nel parcheggio ave-
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vamo una macchina vecchia, mio zio l’ha presa e l’ha messa davanti al
portone di casa per fare luce. Poi ha acceso un televisore con l’antenna
esterna, tutta la notte abbiamo seguito il telegiornale.
Il giorno dopo sono venute delle amiche nostre provenienti dal centro
dell’Aquila, sono restate a Teora per sei mesi.
Quella notte io mi sono messo tanta paura perché sentivo il terremoto che faceva muovere la casa sotto di me.
È stata la notte più brutta della mia vita.
Andrea De Filippi, 10 anni, Aquilotti
ARTEFICI DEL PROPRIO DESTINO?
I sentimenti, le emozioni, le paure che quella notte mi hanno travolto
trasformando una semplice serata in storia, non possono essere colte
tramite la scrittura.
Ma posso raccontarvi brevemente quello che ho vissuto.
Sento la scossa il terrore non riesce a farmi alzare dal letto odo le urla
che rimbombano nella casa.
Afferro il materasso nell’intento di far terminare l’oscillazione.
Finita la scossa cerco a tentoni le pantofole ma un’altra scossa interrompe la mia ricerca.
Mi precipito per la strada e mi ritrovo sorpassato da macchine e paralizzato dal freddo dell’orribile serata.
Per quanto crudele e orrenda questa esperienza mi ha fatto riflettere
che in fin dei conti nonostante si lotti quotidianamente nella vita, non si
potrà mai essere artefici del proprio destino.
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La natura è madre, ma anche matrigna e sa come ricordare al mondo
la propria forza e le proprie regole: purtroppo quando lo fa il prezzo da
pagare è sempre alto e doloroso.
Quello che rimane dopo un terremoto sono le macerie non solo degli
edifici e della città, ma anche le macerie di tutte le sicurezze di un’esistenza che in 20 orribili secondi distruggendosi lasciano il completo
vuoto e caos che nessuno riuscirà mai a rimuovere.
Riccardo Merli, 14 anni, Under 15
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LE COSE CAMBIATE
La notte del terremoto sono stato in macchina a dormire e il giorno
dopo sono andato a Pineto.
Dopo Pasqua ho cominciato la scuola e l’ho finita lì.
Sono stato per sei mesi lì fino a settembre e mi sono divertito molto
con i miei amici.
A settembre sono tornato a L’Aquila e il 28 ho ricominciato la scuola
in un nuovo posto.
Il terremoto è stata una cosa molto brutta perché ha cambiato molte
cose e ha distrutto anche molte cose facendo anche morire un mio
amico.
Fabio Foresta, 12 anni, Under 13
LA FORZA PER RIALZARSI
Dare la forza per rialzarsi, per guardare avanti un futuro che appariva
in salita: era l’unica cosa che volevo quando vedevo tanta tristezza intorno a me e mi chiedevo cosa potessi fare per dare una mano alle persone a cui il terremoto ha tolto tutto.
In quei momenti ero io ad aver bisogno di aiuto, perchè dare una
mano a tutta la gente che stava peggio di me mi serviva per scordare e
ricominciare da qui.
Alex Taviani, 13 anni, Under 14
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NON TUTTI HANNO RISPOSTO
Il 6 aprile 2009 mi trovavo in gita scolastica a Parigi e alle 3.32 dormivo profondamente nel mio hotel.
Alle ore 7.00 sento qualcuno bussare insistentemente alla porta; era
la nostra prof. di italiano che, trafelata, ci informava che era successa una
cosa molto grave nella nostra città: c’era stato un terremoto di alta
magnitudo. Tutti noi eravamo preoccupati e da ogni cellulare partiva una
chiamata destinata ai familiari.
Non tutti i genitori, purtroppo, hanno risposto……
Successivamente abbiamo avuto momenti di grande dolore e smarrimento, anche perché le notizie che ci arrivavano erano molto frammentarie e non buone. Gli ultimi giorni della gita sono stati veramente brutti.
Nel viaggio di ritorno la prof. di italiano, per motivi di sicurezza, decise di rimanere un’altra notte in albergo, vicino L’Aquila.
Il giorno successivo i miei genitori mi vennero a prendere e fui veramente felice di riabbracciarli, ma il mio pensiero andava a quei compagni che, purtroppo, non hanno potuto fare lo stesso. Il mio cuore ha quindi alternato momenti di gioia a momenti di tristezza.
Davide Tedeschini, 14 anni, Under 15
IN CAMPEGGIO
Il giorno del 6 aprile stavo dormendo quando ad un certo punto sentì
la terra tremare in modo violentissimo.
Ci siamo vestiti e siamo usciti di casa dove c’erano tutti i miei vicini,
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poco dopo sono arrivati i miei cugini. Il giorno dopo siamo partiti per la
costa dove siamo stati in tre campeggi: Lido d’Abruzzo (Roseto),
Welcome (Roseto) e Holiday-Baviera (Giulianova).
Al campeggio Holiday-Baviera ho incontrato Andrea Moschino.
Finalmente, dopo sei mesi di mare, siccome la mia casa era agibile
sono tornato a viverci.
Ero felicissimo quel giorno poiché dopo sei mesi mi cominciava a
mancare casa mia e fortunatamente sono tornato a vivere.
Spero che le persone che hanno la casa inagibile tornino al più presto
possibile a viverci dentro e che i terremoti cosi violenti che distruggono
le città non accadano più nel mondo.
Alessandro Rancitelli, 9 anni, Aquilotti
QUESTA ESTATE È STATA FICHISSIMA
Durante le lunghe vacanze causa sisma con soggiorno a Pineto c’è
stato il mese del mio compleanno e per regalo ho ricevuto 2 biglietti per
andare a vedere la partita di basket Italia - Finlandia e di questo ne sono
stato felicissimo, perché da tempo desideravo di andare a vedere una
partita della nazionale. La partita è stata molto emozionante: era “punto
a punto” che l’Italia ha perso di 6 punti perché l’arbitro, l’ultimo minuto
ha fischiato dei falli che non c’erano. E non è finita, perché papà il giorno prima della partita mi ha portato a vedere l’allenamento dell’Italia.
Quando è finito mi sono fatto autografare da tutta la squadra una
maglietta con scritto L’AQUILA SENZA PAURA e poi mi sono fatto una
foto con tutti questi fantastici giocatori.
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Qualche mese più tardi papà mi ha fatto una sorpresa bellissima: mi
ha portato a vedere la partita di “SERIE A” BANCA TERCAS TERAMO –
FORTITUDO BOLOGNA. Questa gara mi è piaciuta moltissimo e già
all’inizio il teramo ha fatto un’azione spettacolare.
A Pineto ho fatto molte amicizie e durante la settimana mi allenavo
con l’UNDER 17 PINETO BASKET, andavo in spiaggia, facevo il bagno
con gli amici, giocavo a bach volley e molte altre cose.
Verso le prime settimane di luglio sono andato una settimana ad un
campus insieme a tutti i miei amici della Scuola Minibasket L’Aquila.
Quest’estate è stata fichissima e l’anno prossimo di sicuro andrò a
ritrascorrere le vacanze a Pineto.
Ennio Di Norcia, 11 anni, Esordienti
TUTTO ADESSO STA TORNANDO NORMALE
Il 6 Aprile un terribile sisma ha distrutto L’Aquila e i paesi circostanti,
uccidendo più di 300 persone. Dato che non potevamo entrare in casa
siamo andati dai nonni a Bari, dove ho continuato la scuola.
La cosa che purtroppo non sono riuscito a continuare è stato il basket.
Ho cercato dappertutto, ma la stagione era ormai agli sgoccioli e nessuna società accettava nuovi giocatori. Ne sono stato molto rattristato,
ma sapevo che avrei potuto continuare nella stagione successiva. Dopo
6 mesi sono tornato al basket, per continuare la stagione. Ne sono stato
felice e finalmente ho potuto continuare gli allenamenti.
Tutto adesso sta tornando normale.
Lorenzo Ranieri, 12 anni, Under 13
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VORREI RIDERE E PASSEGGIARE SOTTO I PORTICI
CON I MIEI AMICI
All’improvviso il 6 aprile è cambiata la nostra vita, abbiamo conosciuto il terrore, il dolore e la devastazione, in 20 secondi crollava la nostra
bellissima città, venivano spazzate vite e sogni.
Sembra ancora un incubo dal quale vorrei svegliarmi, impaurito, e
dopo ridere e passeggiare sotto i portici con i miei amici.
Nel frattempo L’AQUILA mi ha portato a Siena. Roberto, Paolo e
Lorenzo hanno sempre creduto in me e mi hanno mandato a Siena. Il
sogno della mia vita si è realizzato nel momento peggiore.
Ora sono a Siena insieme ad altri ragazzi, mi alleno, gioco e cerco di
divertirmi, ma tutto ciò non mi riesce, mi manca troppo mio fratello, i
miei parenti, i miei amici e i miei genitori, penso alle ferite della mia
città, penso al dolore di tante persone che hanno perso i loro cari.
Penso che è assurdo perdere tutto in un attimo, ho paura che non rivedrò mai L’AQUILA come prima.
Spero di essere un motivo di orgoglio per tutti quelli che hanno creduto
in me. Ringrazio Roberto, Paolo e Lorenzo, i miei ex compagni e tutta la
SCUOLA MINIBASKET L’AQUILA e L’AQUILA BASKET. By Filippo Antonini.
Filippo Antonini, 14 anni, Under 15
I RIMASUGLI DELL’AQUILA
Il lunedi del 6 aprile alle tre e trentadue c’è stata una lunga scossa di terremoto, i sismografi rilevano l’intensità di circa sei:tre della scala Richter.
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Si contavano quasi trecentocinquanta morti e molti dispersi.
Quel dannato lunedi sconvolse la vita di tutti gli abruzzesi, me compreso. Io quella notte mi trovavo nella mia stanza, dormivo.
All’inizio del sisma pensavo stessi sognando, ma solo poi mi resi
conto che il pavimento si muoveva sotto i miei piedi realmente.
In quel preciso istante, iniziò il caos totale, le porte si aprivano e si
chiudevano da sole, i vetri delle finestre sbattevano, i piatti, nel piano di
sopra, si rompevano al suolo.
Quando siamo usciti vidi una nube di polvere che coronava tutta
L’Aquila, in quel momento iniziammo a pensare al peggio.
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Le genti del mio quartiere stavano in strada come io e la mia famiglia.
Verso le quattro di mattina mio padre poliziotto, partì in servizio con
mio zio, vigile del fuoco. Poiché non potemmo recuperare la macchina,
restammo tutta la notte fuori al freddo, con indosso un pigiama estivo!
Solo nella mattina un telegiornale avvisò dell’immensa catastrofe e
fece vedere i rimasugli dell’Aquila ormai distrutta.
I giorni seguenti io e la mia famiglia dormivamo in macchina e mangiavamo nella mensa della tendopoli di Pile.
Io, come molti altri, ebbi delle perdite che creavano in me un senso
di tristezza e di dolore enorme.
Fortunatamente il mio allenatore di basket mi disse che nonostante la
grande catastrofe l’attività sportiva non sarebbe cessata, grazie a questo
mi distrassi un po’ dalla dura realtà che stavamo affrontando.
Successivamente al ventuno di Settembre, la scuola riniziò e rividi
tutti i miei compagni.
In questa bruttissima esperienza, c’è anche un lato positivo, come in
tutti gli eventi della vita, io ho trovato delle persone fantastiche: dai
ragazzi del campo ai volontari che hanno dato la loro generosità per farci
avere il necessario per vivere e stare bene.
Per questo non li scorderò mai.
Gianluca Di Carlo, 13 anni, Under 14
CASA MIA STA BENE
Il 5 Aprile era un giorno normale, come tutti gli altri, e io ero a casa.
La sera sono andato a letto e alle 3:32 ho sentito una scossa di terre-
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moto violentissima. Mi sono vestito e sono uscito di casa. La mattina,
all’alba, mi è venuto a trovare il mio vicino di casa: Domenico e ho trascorso un po’ di tempo con lui.
Casa mia sta bene ma la notte del 7 Aprile non siamo rientrati in casa
a dormire e abbiamo dormito in macchina.
La mattina seguente ci siamo messi in viaggio e siamo andati a Roma,
a casa di una nostra amica che ci ha ospitato. Dopo 15 giorni ci siamo
spostati sulla costa, a Tortoreto, in un hotel. Io ho continuato ad andare
a scuola e qualche giorno andavo a Roseto per continuare a giocare con
la Scuola Minibasket L’Aquila.
A Tortoreto ho stretto nuove amicizie e nel mio stesso hotel c’era la
mia maestra di scuola elementare. La mattina mi svegliavo sempre tardi
e andavo in spiaggia a giocare a calcio con i miei amici.
Invece, il pomeriggio, andavo a scuola dalle 15 alle 18 e dopo andavo
in bici con un mio amico.
Alla fine del mese di Luglio siamo tornati alla “normalità”: siamo tornati a casa e i miei genitori non dovevano più viaggiare!!
Davide Vespa, 11 anni, Esordienti
DOPO AVER DORMITO (2 MINUTI)
Io il giorno dopo il terremoto dopo aver dormito (2 minuti) con i miei
amici abbiamo preso sei panche dal giardino del quartiere e le abbiamo
messe davanti al parcheggio e abbiamo preso un tavolino e abbiamo
creato una “pancheropoli” dove abbiamo iniziato a raccontarci tutto ciò
che era successo.
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Poi sono venuti anche i genitori, abbiamo mangiato la pasta cuocendola col fornello elettrico.
Io sono andato a prendere una scatola che contiene le “fisce” e le
carte per giocare a poker così sono siamo stati tutta la mattinata a giocare, parlare, e giocare a carte.
Di pomeriggio siamo andati a mangiare alla terra di un amico nostro
dove avevano messo una casetta di legno e io ho parlato e giocato con i
figli poi siamo tornati a casa e abbiamo iniziato a pulire casa perché
erano cadute molte cose perciò le stanze erano tutte piene di pezzettini
di oggetti.
Io ho rimesso a posto i libri della mia libreria che erano caduti.
Dopo un po’ di giorni sono andato a milano per un mese da alcuni
amici.
Fabio Bifarini, 11 anni, Esordienti
DA QUI DOBBIAMO RIPARTIRE
Dopo il 6 aprile sono andato a Roma a giocare a basket, ma gli istruttori non erano come i miei preferiti ad esempio Roberto e Paolo.
Con Roma non ci si divertiva come con la Scuola Mini Basket L’Aquila.
Da qui dobbiamo ripartire.
Forza L’Aquila.
Marco Santucci, 10 anni, Aquilotti
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NON SI PUÒ EVITARE
Tema di basket.
Ciao, mi chiamo Francesco, ho 12 anni, io ho avuto un esperienza
molto brutta, il terremoto.
La mia casa era sana, ma dopo il 6 Aprile non è più ed è classificata E.
La notte del 6 Aprile il terremoto mi ha svegliato e subito ho abbracciato mio fratello, poi siamo usciti fuori.
Io ho trovato tutti fuori e mi sono molto spaventato e la mattina stessa siamo scappati a Roma.
Lì ho finito al scuola e sono rimasto tutta l’estate.
Qualche volta andavamo a casa nostra a trovare papà che era rimasto qui.
Il 9 Agosto siamo ritornati qui e grazie alla protezione civile ci siamo
stabiliti a Colle San Vito ad un agriturismo.
All’agriturismo mangiamo tutti insieme e dormiamo in una stanza.
Poi, dopo, il 28 Settembre sono riandato a scuola.
Non vorrei più fare questa esperienza, ma non si può evitare perche
stiamo in un territorio ha rischio sismico elevato.
Francesco Giammaria, 12 anni, Under 13
NEI CUORI DEI PICCOLI GIOCATORI
La notte tra il 5 e 6 aprile, io, mamma e papà stavamo a casa quando
siamo stati bruscamente svegliati dal fragore intenso della forte scossa.
Non rendendomi conto, perché ero in dormiveglia, di ciò che stava
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succedendo la mia prima reazione è stata quella di urlare chiamando
mamma e papà. Ho provato molta paura, ma nello stesso tempo conforto dall’abbraccio di mamma perché proprio quella sera avevo deciso di
dormire con lei che mi ha protetto in quegli interminabili secondi.
Dopo un po’ siamo usciti, rimanendo tutta la notte in macchina aspettando le luci dell’alba con trepidazione, insieme a tantissime persone.
Il giorno successivo siamo stati accolti in un hotel a Pineto, dove lo
spazio era piuttosto ridotto.
Dopo un paio di mesi ci siamo trasferiti in una casa in affitto a due
piani e finalmente abbiamo tirato un sospiro di sollievo.
Durante il periodo estivo mi sono divertito molto perché ho rivisto
molti dei miei amici di scuola e di basket.
Il giorno più bello è stato quando sono ritornato nella mia città, anche
se distrutta, ho potuto finalmente condividere con i miei compagni di
scuola la gioia di essere ancora insieme.
Un pensiero speciale lo rivolgo a Davide e Matteo e alla loro mamma
che purtroppo non hanno potuto salvarsi, ma resteranno per sempre nei
cuori dei nostri piccoli giocatori di basket.
Matteo Tedeschini, 12 anni, Under 13
PARLANO, PARLANO, PARLANO
Sei aprile…L’Aquila trema.
La gente urla, le case crollano, mio padre e mia madre telefonano a
zia e a nonna per chiedergli se stanno bene.
Andiamo a prenderli, passiamo sopra un gruppo di macerie, li prendia-
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mo. Arriviamo al parcheggio del Garden, dove c’era un amico di papà.
Parlano, parlano, parlano, io e mia cugina dormiamo in macchina.
Si fanno le 6:30 di mattina. Dopo un po’ di giorni dormiamo nelle
tende. Poi andiamo a Roseto dove riprendo ad allenarmi.
Successivamente torno a L’Aquila a Scoppito ad una casetta di legno.
Per fortuna il Basket si trova a 3 km da me e quindi devo percorrere
poca strada.
Anche se ha fatto il terremoto sono ugualmente contento.
Forza L’Aquila, torniamo in cima.
Riccardo Fagnani, 10 anni, Aquilotti
UNA VITA MOLTO SIMILE
Salve a tutti, io sono una ragazzina del territorio terremotato che il 6
Aprile 2009 ha subito LA FURIA DELLA TERRA.
Casa nostra sfortunatamente è stata classificata E, quindi inagibile,
successivamente siamo stati costretti ad andare sulla costa più precisamente a Montesilvano lì io e mio fratello Niccolò abbiamo continuato gli
studi in Via Gioberti, una scuola di Pescara.
Gioco a basket da quando avevo 3 ed ho avuto una gran fortuna ad
avere come allenatori Paolo e Roberto Nardecchia. Dopo il sisma Roberto
si è rimboccato le maniche e ci ha fatto fare tutti i tornei in programma
permettendoci di rimanere uniti e fieri di essere AQUILANI.
Qualche tempo fa ha affittato una palestra vicino Tornimparte e ora
che ci hanno consegnato la casa a Bazzano è un viaggio arrivare fino lì
ma ne vale la pena.
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Malgrado il disastro che ci ha colpiti ora grazie alla mia nuova casa,
alla scuola e agli allenamenti con ROBY sono felice di avere una vita
molto simile a quella che facevo prima del sisma.
Sara Filoni, 11 anni, Esordienti
È DIMOSTRATO
Tutto tace, la gente dorme, fino a quel momento.
Ore 3:32, la terra trema e sembra che non finisca più.
Le persone strillano e scappano impaurite, le case crollano e le vie
sono distrutte.
In questo caso è dimostrato come la tua vita può cambiare in soli 20
secondi.
Adesso, però, è ora di ricominciare e di ricostruire la propria vita, sia
per noi che per le vittime della nostra città.
Francesco Martinelli, 13 anni, Under 14
L’ODORE DI POLVERE
Il 6 aprile ha fatto un terremoto fortissimo che ha travolto L’Aquila.
Dopo che ha fatto questa enorme scossa io e la mia famiglia siamo
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usciti per andare a Piazza Chiarino.
Ero terrorizzato, scosso, mi sentivo male a vedere tutte le case crollate e a sentire l’odore di polvere.
Dopo tutto ciò sono andato a Cagnano da mio cugino e dai miei nonni
che ci hanno ospitato.
Lorenzo Aristotile, 10 anni, Aquilotti
NON RIESCO ANCORA A SPIEGARLO
Sul terremoto.
Un giorno disastroso. Due sole parole campeggiano nella nostra
mente: DISASTRO E TERREMOTO.
Ora racconterò tutta la vicenda.
Tutto è cominciato nel Gennaio 2009: in quel mese le prime scosse di
terremoto; ha continuato e poi è arrivato il mese di Aprile.
6 Aprile 2009: scossa di terremoto di magnitudo 6.3 e tra l’8° e il 9°
grado della scala Mercalli.
Nella notte c’erano state 2 scosse, una alle 22:45 circa e l’altra a 0:40.
Sono state tutte e due sul 4° grado della scala Richter e le abbiamo
avvertite chiaramente.
E poi il grande sisma delle 3:32.
Fortissimo.
Prima della scossa c’era stato un lampo di luce e poi la scossa.
Quella notte l’aria era cupa e più nera del solito; alcuni sospettavano
il grande terremoto, altri stavano pensando a come affrontare un’altra
giornata.
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A nessuno, mai e poi mai, avrebbe potuto pensare ai danni: 307
morti.
Un numero raccapricciante; tra le vittime ci sono anche Davide e
Matteo Cinque con la loro mamma.
Mi sembra ancora di vivere un bruttissimo sogno dove noi siamo i
protagonisti; però, purtroppo, questa è la realtà; non sono ancora abituata ad essere considerata “terremotata”.
Scuole antisismiche costruite con i container.
10 o più prove di evacuazione all’anno.
Non mi sembra ancora possibile.
Cosa abbiamo fatto per meritarci tutto ciò?
Perché la natura si è scatenata proprio contro di noi?
Non riesco ancora a spiegarlo.
Tutti mandano aiuti ma non so se i soldi ricevuti verranno spesi per la
ricostruzione; dicono che capiscono come ci sentiamo ma, secondo me,
non possono capire assolutamente niente di ciò che abbiamo provato,
perché se non lo provi non puoi proprio capire per niente!
Scrivendo ripenso anche al centro storico….
La chiesa delle Anime Sante, la basilica di Collemaggio, S.
Bernardino…
Tutto distrutto o gravemente danneggiato.
Solo per togliere la macerie dal centro ci vorranno circa 5 anni, non
oso immaginare ricostruirlo tutto.
Vedendo le chiese, i portici, ecc., ritornano in mente i bei momenti
passati insieme alle amiche a ridere e scherzare, le figuracce fatte….
Torna la malinconia.
E mi manca tutto…
Però non dobbiamo dimenticare.
Mai!
I LOVE AQ 4EVER!
Non la abbandonerò mai!
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W LA PROTEZIONE CIVILE!!
Meno male che però c’è il basket, che salva tutto e tutti!
E che fa tornare l’allegria!
Noi abbiamo fatto un sacco di tornei, il più bello a Mestre dove abbiamo
stretto amicizie fantastiche con le famiglie e i ragazzi che ci ospitavano.
Questa è la cosa più bella del basket!
Amo questo sport e non potrei mai vivere senza!
Fortunatamente abbiamo ricominciato gli allenamenti a Palombaia ed
abbiamo una palestra solo per noi, per l’N.B.A. !!!
Diventeremo ancora più forti e diventeremo di nuovo CAMPIONI
REGIONALI!
Forza il Nuovo Basket Aquilano!
I LOVE BASKEEEET!!
Ciao, Chiara.
Chiara Parisse, 12 anni, Under 13
CARO ALLENATORE
Racconto del 6 Aprile 2009.
Caro allenatore, io il 5 Aprile ho fatto la cena con Lorenzo e Antonio.
Quando aveva fatto la scossa alle 11.00 siamo scappati di casa e andati al camper.
Una mattina mi sono fermato a casa mia e un’altra alla tendopoli di
Fossa.
Poi il mister ci aveva chiamato che c’era un Hotel a Roseto e siamo
andati.
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Il basket mi mancava molto.
Pure l’allenatore Paolo e Roberto mi mancavano.
E mi manca tanto Paolo.
Sono andato con un’altra squadra il primo giorno.
Ma erano tutti un po’ scostumati e gli allenatori non erano ai vostri
livelli.
Domenico “Nico” Perrella, 9 anni, Aquilotti
IL GIORNO PIÙ BRUTTO
6 aprile 2009 questo, è stato il giorno più brutto di tutta la mia vita.
Stavo dormendo tranquillo nel mio letto quando ad un certo punto mi
sveglio di colpo… mi alzo dal letto e sento la terra tremare più volte, ripetutamente, corsi subito in camera di mia madre e correndo guardavo le
pareti, erano completamente lesionate, con i mattoni a vista….arrivato
in camera vidi che mia madre era già sveglia.
Non sapevamo più cosa fare, quando ad un certo punto la terra smise
di tremare e ci debbe il tempo di aprire la porta-finestra che da su un cortiletto esterno e di uscire.
Dopo essere usciti siamo passati da un cancelletto che porta sul giardino di casa di mia nonna (che abita vicino a me) per controllare che
fosse uscita.
Dopo aver controllato siamo usciti tutti per andare al grande parcheggio di Villa Gioia.
Matteo Calabrese, 10 anni, Aquilotti
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CERCANDO DI RIMETTERE A POSTO I MIEI GIOCHI
Quella notte ho sentito la scossa forte alle 24:00 e poi tranquillamente sono andato a dormire.
Alle 3:32 mi hanno svegliato i miei genitori, erano tutti agitati ed io
non capivo il motivo, mi sono vestito e sono uscito con calma cercando
di rimettere a posto i miei giochi.
Il pomeriggio sono venuti amici e parenti che poi ho lasciato con
mamma e papà per andare al mare accompagnato da zio Giorgio.
Giorni dopo sono venuti anche mamma e papà che andavano tutti i
giorni al lavoro alle 6:00 e tornavano al pomeriggio per accompagnarmi
a nuoto e tennis.
Non mi annoiavo affatto perché c’era mio cugino che veniva ogni
volta che poteva a giocare con me.
Andrea Colafarina, 10 anni, Aquilotti
LA MANCANZA
Grazie per averci fatto ricominciare il basket perché ne sentivo la mancanza.
Nicolò Quaresima, 9 anni, Aquilotti
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SOTTO IL TAVOLO, CON IL CANE
La notte del terremoto stavo a casa con i miei genitori.
Quando ha fatto la scossa siamo scappati sotto il tavolo, con il cane.
Poi siamo usciti da casa e il mattino dopo siamo andati nelle Marche
da mia zia e zio.
Quando siamo tornati a L’Aquila siamo andati in una tendopoli.
Da qualche mese siamo tornati a vivere a casa nostra.
P.S. A me mi è dispiaciuto molto per tutte le persone che hanno perso
la casa, parenti, amici…..
Lorenzo Vanzini, 10 anni, Aquilotti
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È DIFFICILE AMMETTERLO
Era la mattina del 6 Aprile 2009, quando la professoressa ci venne a
bussare alla porta della camera, riportandoci alla realtà.
“Ragazzi, ragazzi, chiamate i vostri genitori! C’è stato un terremoto
fortissimo all’Aquila, accendete la televisione e guardate!”
Queste furono le sue parole, e furono pronunciate in una maniera
velocissima.
Quella mattina io ero in gita scolastica di terza media insieme alla mia
classe….quelle parole pronunciate dalla professoressa ci fecero raggelare il sangue nelle vene.
Incominciammo a guardare la televisione, e su tutti i telegiornali francesi come prima notizia c’era il terremoto dell’Aquila.
Mi venne del tutto istintivo chiamare la mia famiglia.
Per fortuna mi risposero subito, e mi dissero che la situazione era tragica, c’erano dei morti, ma loro stavano bene….e a me per il momento
interessava solo questo.
Non andò a tutti come me, le linee erano intasate e non tutti potettero parlare con i loro familiari immediatamente.
Tornato dalla gita mi sentivo a casa….anche se una casa ormai non
l’avevo più.
Stavo in un albergo a Pineto, dove conobbi molte persone.
Ma in quell’albergo ci sarei rimasto fino a fine Giugno, poiché in seguito ci sistemammo a Roseto, dove avevo la maggior parte degli amici.
Anche se è difficile ammetterlo i mesi del dopo terremoto sono stati
tra i più belli della mia vita, ho conosciuto nuove persone e vissuto delle
esperienze indimenticabili.
Patrizio De Matteis, 14 anni, Under 15
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VOGLIO TORNARE A CASA
Le case……sembrano dure, indistruttibili, massicce ma….un attimo la
terra trema, un solo momento e BUM!!!!!!!!!
Quella che doveva essere dura, massiccia e indistruttibile diventa una
montagna di polvere e ghiaia.
Le case in confronto alla terra sono dei conigli, le prede!!
E il sisma, la terra, è la lince, il predatore!!!
Tanti…si chiedono: -Perché la mia casa è crollata?! Dicevano che era
antisismica!E altri che se la prendono con le mogli: -Vedi, dovevamo prendere la
casa a Coppito!Quando poi passandoci al posto della casa si vedono solo macerie.
E infine quelli che non hanno ricevuto danni dicono: -Di cosa vi
lamentate, Berlusconi vi ha dato tutto e anche di più e poi anche io a
Bologna l’ho sentito e mi sono preso paura come voi-, cercando di immedesimarsi inutilmente a noi.
Ma per sapere quello che si prova dopo il terremoto bisogna viverlo!!!!!!
Io personalmente non sono molto felice perché potrò entrare nella
mia casetta solo ad aprile.
Nella fatidica notte, mentre scappavo sentivo una voce: -Noo, non mi
lasciare, non abbandonarmi!Io mi voltai, non c’era nessuno, ma io continuavo a sentire quella
voce: -Non mi lasciare sola, io sono tua amica, non mi lasciare!Ero sicuro, era la casa a parlare!
Ma un boato travolse tutto!
Scappai e andai a Pescara, mentre mi allontanavo vedevo la mia casa
combattere con forza, ce l’avrebbe fatta?
Qualcuno aiuti la mia casa, presto, non può morire.
Così lasciammo la mia casa, come vigliacchi, senza neanche sapere
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quello che le era successo.
Ero a Pescara, ero felice con gli amici, compresi quelli nuovi, però,
c’era qualcosa che mancava, la mia casetta, non riuscivo a dormire, perché non mi sentivo sicuro, non avrei mai creduto di voler così tanto la
mia casa.
La mia amica casa contiene tutto, gli oggetti, i ricordi ed è il mio rifugio.
Quella casa mi ha visto crescere, da quando ero un ometto di quattro
anni, e adesso che ne ho dieci, perché deve finire adesso?
VOGLIO TORNARE A CASA!!!!!!
Sergio Di Biase, 10 anni, Aquilotti
IL FATTO CHE NOI TUTTI CONOSCIAMO
Prima della scossa più forte ci sono state 2 scosse che non ho sentito
e poi, alle 3:32, è accaduto il fatto che noi tutti conosciamo.
Dopo la scossa, la mia famiglia ed io ci siamo vestiti e siamo scesi nel
piazzale sotto casa.
Dal piazzale si vedeva una scena orribile: dal centro storico si elevava
una grande nuvola di fumo rossa.
Le persone accanto a me erano spaventate e preoccupate, ma io le
capivo, lo ero anch’io.
In quelle lunghe ore si sentivano sirene di polizia e ambulanze; verso
le 5:00 alla radio iniziarono a parlare della scossa, dei centri di accoglienza e di tutte le cose che non si dovevano fare in quelle situazioni.
Dopo un’ora vennero dei vigili del fuoco e un nostro amico assessore
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che iniziarono a controllare i palazzi e a darci qualche informazione sull’accaduto.
Verso le 8:00 siamo saliti in macchina e siamo andati a farci un giro;
abbiamo visto di tutto: case crollate o semi crollate, case senza muri o
semplicemente case con qualche crepa o anche senza alcun danno.
Dopo siamo andati alla caserma di mio padre dove c’erano persone
che chiedevano aiuto.
Un collega di mio padre ci ha fatto entrare e ci ha fatto vedere l’interno della caserma; lì c’erano alcuni muri crollati e, la cosa che mi ha sconvolto, è che erano crollati due piani.
Infine siamo tornati a casa pieni di stupore, tristezza e dispiacere.
Le persone ai miei genitori chiedevano dei danni che aveva fatto il terremoto a L’Aquila e loro hanno raccontato tutto.
Dopo alcune ore siamo entrati in casa, siamo andati in bagno, abbiamo preso le cose utili e siamo usciti.
Verso le 11:00 mio padre ci ha accompagnato a Roma dove un nostro
zio ci aspettava.
Da Roma siamo andati a Diamante, il paese dei miei nonni.
Lì sono andato a scuola e ci sono rimasto fino ai primi di settembre.
Adesso sono in un paese vicino L’Aquila e per ora la mia vita ha riacquistato un po’ di normalità.
In questi giorni i miei genitori hanno presentato i documenti per far
aggiustare la casa e spero che per Natale riusciamo a ritornare a casa
nostra; però sono ugualmente triste perché per L’Aquila sarà molto più
difficile tornare alla normalità.
Matteo Luraschi, 12 anni, Under 13
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TERRY
6 aprile 2009: la terra trema, io mi sveglio ancora insonnolito, non
capisco subito ciò che succede, ma poi improvvisamente mi sveglio: il
terremoto.
È terribile, i bicchieri cadono e fanno un fracasso assurdo, incredibile.
I piatti e le posate non risparmiano le mie orecchie.
Immediatamente scendiamo dal 3° piano.
Dal 6 aprile ho vagabondato.
Prima sono stato a Roma con gli zii, poi a Fossacesia, da me ribattezzata “Fossacesso” per le sue caratteristiche.
Un aspetto positivo del terremoto, per gli amici Terry, è che non sono
andato a scuola per un bel po’.
Da “Fossacesso” ci trasferiamo a Montesilvano, in un hotel.
Lì ho rincontrato Raffaele, il mio compagno di squadra.
A Montesilvano ci allenavano a basket e spesso giocavamo 1 contro 1
con l’avversario che ci capitava.
A Montesilvano ho incontrato un nero fortissimo a basket, mamma
mia, mi metteva paura!!
Poi però ho lasciato anche Raffa per andare a Roma.
2 mesi a Roma e poi via a Rocca di Cambio da un altro mio amico:
Matteo.
A Rocca di Cambio solo mi spassavo, anche perché ho partecipato a
una parte di un camp, una manifestazione di basket.
Poi finalmente son tornato a L’Aquila.
A me non piace parlare di questo fatto, però, l’ho fatto.
Valerio Di Domenico, 10 anni, Aquilotti
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UN BRUTTO SOGNO
Quella notte ho avuto molta paura anche se all’inizio non mi è sembrata una scossa molto forte.
Usciti di casa ho visto un polverone su L’Aquila e lì ho capito che erano
successi molti danni, ho chiamato immediatamente i miei amici per
verificare la loro situazione.
A volte ancora non ci credo che a L’Aquila possa aver fatto il terremoto e mi sembra un brutto sogno ma poi torno alla realtà e capisco che è
tutto reale e spero che un fatto del genere non si ripeta più.
Andrea Giovannone, 14 anni, Under 15
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I VECCHI AMICI
La notte del terremoto sono scappato e sono stato in macchina.
Il giorno dopo sono andato dai miei zii e le prime tre notti ho dormito in macchina ed avevo il cuore gonfio di tristezza per la perdita dei miei
due amici: Matteo e Davide e della mia vicina di casa.
Dopo questi tre giorni, tramite la protezione civile sono partito per
Tollo dove ho frequentato un mese di scuola.
Poiché i miei genitori dovevano tornare a lavoro, ci siamo avvicinati e
siamo andati a Tortoreto.
Lì ho terminato la scuola e ho avuto il piacere di rincontrare alcuni
miei amici con i quali mi sono divertito tantissimo.
Nei momenti liberi mi è mancato il basket perché dove stavo non
c’erano nelle vicinanze campi di Basket.
Ora ho riniziato la scuola e il basket ed ho rincontrato i miei vecchi
amici.
Michele Ianni, 12 anni, Under 13
PIAZZA D’UOMO
La Domenica del 6 Aprile 2009, io e i miei genitori eravamo andati a
prenderci un gelato a piazza D’Uomo.
Ci siamo presi il gelato.
Siamo tornati a casa per le dieci e mezzo e ho acceso la televisione.
Alle undici stavamo per andare a letto quando sentiamo una scossa di
Terremoto.
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Abbiamo aspettato dieci minuti e siamo usciti fuori insieme ai miei
nonni e ai miei zii.
A mezzanotte e venti mia madre aveva detto di rientrare, perché era
freddo.
Rientrati, ci stavamo per mettere a letto quando all’una meno venti ha
fatto un’altra scossa di Terremoto.
Mia madre aveva detto di continuare a dormire perché faceva sempre
ogni tanto una scossa.
Mia mamma era rimasta sveglia fino alle due e mezzo.
Ma poi si è addormentata. Alle tre e trentadue ha fatto un fortissimo
Terremoto.
Siamo scappati in macchina.
Ogni tanto sentivamo una scossa di Terremoto.
Arrivata la mattina, mio padre e mio nonno avevano pensato di fare
la colazione fuori, al barbecue.
Mia zia stava per salire al secondo piano, dove abitava e stava per
entrare alla casa quando fece una scossa e subito riscese.
Ci siamo arranciati così.
Eravamo andati a fare un giro per vedere le case.
Io avevo chiamato il mio amico Davide per sentire come stava.
Lui ci aveva detto dove si trovava per andarlo a trovare.
Arrivati lì, abbiamo incontrato Davide, il suo fratellino Riccardo e i loro
genitori. Abbiamo parlato e all’ora di pranzo siamo ritornati davanti casa.
Era venuta anche mia cugina Chiara e abbiamo pranzato insieme.
Dopo pranzo abbiamo preso: i vestiti, i miei criceti e oggetti utili e
siamo andati al paese di altri miei zii.
Arrivati lì, li abbiamo salutati.
All’ora di cena abbiamo mangiato fuori.
Più tardi, io co mia cugina Serena e una nostra amica siamo andati a
dormire in macchina insieme ai nostri genitori.
Domenico Montagnani, 11 anni, Esordienti
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NON ABBIAMO PERSO IL CORAGGIO DI LOTTARE
Alle 3:32 del 6 Aprile 2009, sono bastati 30 secondi per perdere tutto
quello che avevamo. La casa, i bambini, i giocattoli, la tranquillità e gli
amici, soprattutto gli amici, forse non tutti lo sanno ma alcuni di quei
bambini che sono morti facevano parte della “Scuola Minibasket L’Aquila”.
Abbiamo perso tanto ma non abbiamo perso il coraggio di lottare.
Siamo fortunati perché i nostri allenatori hanno sempre detto che non
bisogna mollare, e così sta facendo Roberto, che con grande coraggio e
con gran sacrificio ci sta ridando la “normalità”.
Simone Pasqualoni, 11 anni, Esordienti
UN RAGAZZO TERREMOTATO
Ciao a tutti, io sono un ragazzo terremotato che il 6 aprile ha vissuto
questa esperienza.
I primi giorni ho dormito in macchina, poi io sono andato a Roma da
un mio amico per tre giorni.
Poi siamo andati a Giulianova al camp EUROPA, per 3 mesi.
Li giocavo a calcio, poi ho fatto il mio primo allenamento di basket a
Roseto.
Poi ci siamo trasferiti a Roseto al Felicioni dove andavo con Giulio a
giocare ogni giorno.
Poi sono tornato a casa a L’Aquila e oggi sono felice di aver vissuto e
superato questa avventura con il basket. CIAO!!!
Giorgio Amoroso, 11 anni, Esordienti
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CI STIAMO ALLENANDO DURAMENTE
Quando ha fatto il terremoto ho pensato ai miei amici del basket.
Quella notte siamo usciti velocemente e siamo andati a vedere come
stavano i nonni. Dopo verso i primi di maggio abbiamo comprato una
roulotte e la abbiamo piazzata in un prato di un nostro amico.
Verso i primi di luglio con la roulotte siamo andati in un campeggio
dove ho incontrato il mio amico Alessandro.
Lì ci divertivamo giocavamo alla PS2 ma soprattutto a basket andavamo sul lungomare dove trovavamo dei campetti dove giocare oppure alla
piazzola del camping legavamo a due alberi un filo e giocavamo.
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Per una settimana c’è stato un camping all’Aquila era un tendone con
un campo da basket diviso in due lì ho rincontrato Niccolò.
Si facevano partite ed io stavo con il gruppo dei più grandi, mentre
Alessandro, Niccolò e Daniele stavano con il gruppo dei più piccoli.
Visto che la palestra era occupata da tende container aziende lì non ci
potevamo allenare allora Roberto ha trovato una palestra libera a
Palombaia di Tornimparte.Ora ci stiamo allenando duramente per cercare di vincere un altro torneo.
Andrea Moschino, 9 anni, Aquilotti
MI SENTIVO SOLO E INUTILE
L’Aquila trema. Da dicembre 2008, nel Comune di L’Aquila, si avvertivano scosse sismiche che non superavano la forza di magnitudo 5.3.
Già a questa forza la popolazione si spaventava contraddicendo gli
esperti che non si preoccupavano. La prima scossa tellurica è stata avvertita con la forza di magnitudo 1.8.
Molte scuole, palazzi e uffici, con tutte queste scosse, sono stati fatti
evacuare inutilmente.
Un giorno, precisamente il 30 marzo 2009 alle ore 15:40 nessuno si
aspettava una scossa fortissima di forza 4.0 sulla scala Richter.
La popolazione era scossa e, presa dal panico, usciva dalle proprie abitazioni e si rifugiava per le strade.
I bicchieri e i piatti si muovevano insieme ai mobili.
Dopo due minuti un’altra scossa di magnitudo 3.5 sconvolgeva la
popolazione.
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Successivamente altre nove scosse non molto forti venivano avvertite.
Alcune intorno a mezzanotte e altre di pomeriggio.
Il telegiornale informava che le scuole sarebbero state chiuse per due
giorni per controlli.
In questi giorni altre scosse hanno spaventato la gente.
Alla fine i controlli, gli esperti, hanno trovato danni nella scuola “De
Amicis” e nel “Forte Spagnolo”.
La gente aveva ancora paura ma gli esperti dicevano di non preoccuparsi perché era meglio così: tante scosse non molto forti.
Passarono pochi giorni e arrivò il 5 aprile.
Alle ore 22.00 di quel giorno ci fu una scossa molto forte che spaventò la mia famiglia.
Dopo due ore un altro movimento della terra venne avvertito.
Intorno all’1:30 della notte del 6 aprile, i miei genitori decisero che
non era più il caso di restare a casa.
Fui svegliato nel cuore della notte e tutti insieme scappammo via da
quel’incubo, per andare in Puglia.
Alle ore 3:32 di quella brutta notte, eravamo in macchina, vicino
Termoli, quando sentimmo la macchina dondolare.
In quell’istante ci fu la più forte scossa che distrusse L’Aquila: 6.3 sulla
scala Richter e 11° grado sulla scala mercalli.
Era l’inizio della fine. Il telefono di mia madre continuava a squillare:
centinaia di amici di L’Aquila ci chiamavano preoccupati. Ero sempre più
impaurito. Arrivati in Puglia, accendemmo la televisione: una cosa mai
vista prima. La città era sommersa dalle macerie e io mi sentivo solo e
inutile. Avvertivo sempre scosse finte e avevo sempre più paura.
È stata un’esperienza indimenticabile, anche se voglio dimenticarla.
I posti che io frequentavo tutti i giorni non esistevano più: le case
erano, quasi tutte, crollate. Volli sapere subito se la palestra di basket
dove mi allenavo fosse crollata. Nonostante tutti i soccorsi si è giunti alla
conclusione che il terremoto ha tolto la vita a 307 persone.
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Dopo quella terribile scossa che distrusse L’Aquila ci furono circa 1000
movimenti tellurici. Un momento di gioia l’ho avuto dopo due mesi
quando i miei allenatori di basket organizzarono un torneo.
Siamo stati molto felici quando ci siamo rivisti tutti.
È stato bello, ma è durato poco.
Speriamo che la nostra squadra torni ad essere forte come prima e
L’Aquila venga ricostruita com’era prima, magari più bella.
Raffaele Scarano, 10 anni, Aquilotti
USCIRE SCALZI, SENZA GIACCA, DI NOTTE, A L’AQUILA,
NON È PROPRIO CONSIGLIABILE
Non avremmo mai potuto immaginarlo.
Non ci sarebbe mai passato per la mente.
Il 5 Aprile andavamo a Roma, io e la mia classe, per partecipare al
concorso musicale “Visconti”.
Poi siamo venuti a sapere che siamo arrivati secondi su 90 scuole di
tutt’Italia.
Siamo partiti la mattina davanti alla nostra scuola “Dante Alighieri” e
siamo tornati lì la sera.
È stata l’ultima volta che l’abbiamo vista per come la conoscevamo noi.
Ma non ci abbiamo badato a questo.
Ci siamo salutati tutti tra grida e risate: “A domani!” “Ciao ci vediamo
domani!” “Tu l’hai fatta matematica?” “Si…” “Allora vieni un po’ prima
che me la fai copiare!” “Uffa domani geografia interrogaaa!” “E va bè
dai…qualcuno si farà di sicuro volontario!” “Oi poi ti chiamo quando
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sono a casa” “Ei tu mi devi ancora raccontare quello che è successo ieri!”
“Ci si vede domaniii!”.
E invece sarebbe passato molto più tempo prima che ci saremmo rivisti.
Quel giorno ci divertimmo moltissimo.
Se avessi saputo quello che poi sarebbe successo, avrei cercato di
godermelo ancora di più.
Tornati a casa, ognuno fece quello che faceva ogni sera: chi chiamava
l’amica, chi si vedeva un film, chi giocava con il PC, chi cercava disperatamente di studiare per l’interrogazione del giorno dopo e chi si mise
subito a letto, sfinito.
Quando in città tutti si immersero nel sonno, nessuno pensò che li
restavano poche ore da passare nella sua casa, nel suo letto, nella sua
cameretta…
E così alle 3:32, tutti vennero svegliati da un rombo a dir poco assordante, e tutti vennero travolti dalla devastazione.
Non scorderò mai quei 30 secondi.
Non scorderò mai quella notte.
Nessun aquilano se la scorderà mai, perché nemmeno tutta la fortuna
di questo mondo, può aiutarti a dimenticare.
Mamma e papà ci urlavano di rimanere fermi..di aspettare che finisse prima di prendere le scale…ma non finiva più.
Ricordo che riuscii vestirmi in un tempo straordinariamente breve e
che mi ci volle nemmeno un secondo per svegliarmi.
Uscii scalza, come tutta la mia famiglia.
Ma uscire scalzi, senza giacca, di notte, a L’Aquila, non è proprio consigliabile.
Non ci sono parole per descrivere quei momenti.
Per capire ti ci devi semplicemente trovare.
Andammo a casa di nonna, che è accanto alla nostra, nel suo giardino. Piano piano incominciavano a venire gli zii…non capivamo.
Nessuno poteva capire la gravità della situazione.
volumetto minibasket
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Incominciavano ad arrivare le prime notizie: “La casa dello studente..non c’è più..” “L’ospedale..crollato..” “Si dice che abbia superato il 6°
grado..”.
Mamma e papà andarono a prendere delle scarpe e delle giacche, perché era diventato impossibile.
Alle 5 io andai dentro la macchina.
Io dietro e i miei nonni avanti.
Poi cominciò a spuntare il sole.
Alcuni andarono in casa di mia nonna nonostante il pericolo per
accendere la tv ed ascoltare il Tg.
“Non può essere” pensammo tutti.
I morti salivano a ogni minuto e i dispersi erano tantissimi.
Vedevamo le immagini dei Vigili del Fuoco, unici e veri eroi della
nostra città, che toglievano macerie della casa dello studente in cerca di
qualcuno che fosse ancora vivo.
Incominciarono le telefonate, ma la rete era intasata.
Panico.
Passavano le ore..chi cercava di dare conforto ai propri figli, chi piangeva, chi rimaneva immobile a fissare il vuoto senza parlare né muoversi.
A pranzo andammo a San Nicandro, il paese della mia nonna paterna, e grazie a Dio anche lì stavano tutti bene.
La notte io e mio fratello dormimmo in tenda, mamma e papà in macchina. Faceva un freddo cane.
Eravamo riusciti a sentire pochi dei nostri amici e la paura non
passava.
Quella notte fece altre scosse, minori ma comunque forti.
Per qualche tempo, non potevamo sentire nemmeno il rumore del
bicchiere posato sul tavolo, che subito si scattava in piedi impauriti.
Ogni volta che faceva una piccola scossetta, tutti fuori.
Era un continuo.
Il giorno dopo uscì sul giornale la lista dei morti accertati.
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Ogni nome era un colpo al cuore..non potevi sapere se il nome
seguente era una persona per te importante, o un conoscente, o il tuo
migliore amico. Il periodo seguente i nostri genitori mandarono via me
e mio fratello, mentre loro rimasero a L’Aquila. Tommaso da un allenatore a Pescara, io da mia zia a Roma.
In seguito io andai da un allenatrice a Chieti.
In quel periodo ci siamo divertiti molto, ma il pensiero fisso e la preoccupazione c’era sempre.
Non finirò mai di ringraziare Paola che mi ha ospitato e mi ha aiutato
a rialzarmi in un momento che se non ci fosse stata lei non ce l'avrei mai
fatta a superarlo e non so che fine avrei fatto.
Non ci sono parole per descrivere l’aiuto che mi ha dato.
Poi mamma e papà decisero di prendere un appartamento a Pescara.
Arrivammo a Pescara e lì arrivò anche la certezza di aver perso la tua
città..307 persone concittadine che se ne sono andate e non torneranno
più..il centro storico distrutto..la certezza del fatto che la vita che avevamo sempre vissuto, quella che non avremmo mai abbandonato, era
morta. Noi eravamo morti dentro.
E per rinascere ci sarebbe voluto del tempo.
Molto tempo.
Forse qualcuno non ci riuscirà mai.
È facile fare una battuta, ridere e scherzare con gli amici, ma quando
hai vissuto un’esperienza simile è diverso.
Basta un niente per farti tornare nei ricordi..nella vita passata..che
non tornerà mai più.
E pensare che fino a due giorni prima del 6, passeggiavamo tranquille e spensierate sotto i portici.
Adesso quando ci ritroviamo parliamo sempre di queste cose..e poi ci
viene da chiederci: e ora?
Quando guardiamo insieme una foto dei giorni che passavamo insieme..a scuola..a casa di qualcuno di noi..in palestra..a Piazza D’Armi..che
ormai era diventata la nostra seconda casa..
volumetto minibasket
10-12-2010
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No, non si può capire e non si può esprimere in parole.
Passare 7 mesi da sfollati, con un amico ad Alba Adriatica, un’altra
sotto le tende, chi a Roma, Avezzano, Pescara, Chieti, Teramo..è stata una
cosa impossibile. La tua città è trasformata, non la riconosci più..e ti senti
un estraneo, ti senti di averla abbandonata nel momento del bisogno.
E la nostra squadra?
La nostra palestra?
Quella dove passavamo interi pomeriggi anche quando non avevamo
allenamento..non è agibile.
Ma gli allenamenti riprendono.
Finiamo il campionato al palazzetto di Roseto.
La forza che c’è voluta da parte della squadra, di tutti i ragazzi e dei
nostri allenatori è stata immensa.
Non finirò mai di ringraziarli per averci dato qualcosa di diverso a cui
pensare in quel periodo..per averci dato la speranza e la forza necessaria ad andare avanti.
Per averci potuto far pensare che forse non era morto proprio
tutto..forse qualcosa poteva rinascere.
Io sono stata fortunata nella sfortuna.
C’è chi dopo una vita di lavoro e di sacrifici si è ritrovato senza casa e
senza famiglia..
I mesi in cui non bisogna mollare sono proprio questi, per i pendolari, per chi si è trasferito..e per tutti noi aquilani che non abbiamo più una
certezza nel nostro domani.
Sono troppe le cose che ci mancano, a partire dal bacio del buon giorno dei tuoi genitori che entrano e alzano la tapparella nella tua cameretta, alla strada percorsa per andare a scuola, agli amici che ti aspettano
davanti all'entrata perché sei perennemente in ritardo, al panino con cui
ogni giorno quasi ti ci strozzavi per arrivare in tempo all'allenamento, ai
5 contro 5, alle litigate dentro lo spogliatoio, le chiacchierate con il tuo
coach che ogni volta ti ritirava sempre su di morale e se avevo un pro-
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blema lui lo risolveva sempre, alla partitella ai campetti la sera che mentre giocavamo vedevamo passare i dirigenti, i genitori…oppure i nostri
allenatori che passavano e si stavano con noi cinque minuti e poi andavano a fare allenamento..al rientro a casa con papà che guarda la TV
insieme a Tommy e mamma che prepara la cena..ma dobbiamo essere
forti.
Tutti abbiamo pianto, fino allo sfinimento, fino a che non abbiamo più
avuto lacrime da tirar fuori.
Piangiamo tutt’ora, e forse non la smetteremo mai.
È una tragedia che accomuna tutti noi aquilani e che probabilmente
non riusciremo mai a superare del tutto.
Ma, come era stato fatto scrivere nella nostra palestra dal mitico coach
Roberto Nardecchia, che sta dando corpo e anima nella realizzazione del
progetto e per tutti i bambini e i ragazzi della Scuola Minibasket L’Aquila
e del Nuovo Basket Aquilano: “Sudore e Coraggio”.
Cecilia Fasciani*, 14 anni, Under 15
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*Cecilia quest’anno sta giocando a Pescara, inseguendo anche in questi
momenti il suo sogno di diventare una giocatrice importante. Intanto è già
una ragazza importante, lo è sempre stata, è sempre stata fin dagli
Scoiattoli la leader di tutti i gruppi nei quali ha giocato. Composti per la
quasi totalità da ragazzi. Fin da quando con i capelli lunghi e le gambette
secche veniva al campo con uno zaino più grande di lei e l’immancabile Oro
Ciok. Il suo tema, spedito via mail come quelli di Raffaele e Filippo, ha riaperto ancora le ferite, ancora di più. Per completarlo mi sembrava giusto
che fosse affiancato ai sentimenti che quella mattina aveva provocato e che
erano stati rispediti subito a lei:
“Ceci, hai scritto che non abbiamo più lacrime. Non è vero. Soprattutto
quando si apre la mattina leggendo parole e pensieri come i tuoi. È difficile tenerle dentro, non farsi vedere da chi sta lavorando con te. È difficile
tutto qui. Ma non c'è altra strada che continuare e continuare a fare tutto
sempre meglio, sempre più cose, sempre più iniziative, sempre più veloce.
Vorrei tanto fermarmi. Ma non si può. Anche e soprattutto per rispettare
voi, i vostri sorrisi, la vostra gioia, le vostre aspettative, i vostri momenti
di incertezza e di paura. Non si può. E correndo sempre di più si ha meno
tempo per pensare, meno tempo per pensare ai quei ricordi di cui parli
anche tu, meno tempo per rivederti nella mente mentre ti vesti nel tuo
posto sulla panca vicino la porta degli spogliatoi. O mentre mangi un Oro
Ciok. O mentre devo entrare strillandovi perché non si riesce a far allenamento con i più piccoli per le vostre grida. O mentre Filippo si getta per
terra piangendo disperato su un campetto all'aperto di Cologna Paese. O
mentre Ugo fa il verso dell'orso al pivottone di Bologna, su un campo sconosciuto di Parma. O… Tenetevi dentro tutti questi ricordi, superate i
momenti di maliconia, come questo, ma continuate e continua ad essere
sensibile come siete e sei adesso. Il vostro campo ora è ognuno di quelli su
cui giocate, è la vostra vita, e come vi dicevo sempre: Sul nostro campo non
ci deve battere nessuno! Ciao, capitano!”
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MAMMA, GIURAMI CHE QUI NON C’È IL TERREMOTO
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Il Libro non ha un prezzo di copertina: verrà distribuito gratuitamente, sarà scaricabile sui siti internet www.minibasketlaquila.it e www.fip.it
e sarà presentato in occasione di eventi, dove sarà distribuito in cambio
di un'offerta volontaria.
A chi avrà la possibilità di leggerlo chiediamo, se vorrà, solo un contributo da devolvere al progetto di costruzione del “PalaAngeli”, struttura-oratorio di aggregazione sportiva e sociale, destinata a tutti i ragazzi
aquilani.
Il nome che verrà dato all’impianto vuole essere una testimonianza ed
un ricordo perenne dei tre ragazzi che hanno militato nella Scuola
Minibasket L’Aquila: Davide Cinque, Matteo Cinque ed Ezio Pace.
Sul nostro sito troverete i dettagli del progetto ed i riferimenti per
eventuali contribuzioni.
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Finito di stampare nel mese di dicembre 2010
dalla Tipolitografia Graffietti s.n.c., S.S. 71, km 4,5 - 01027 Montefiascone (VT).
Per conto della Federazione Italiana Pallacanestro
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