venetia et histria - Latinitas or Europa
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Latinitas or Europa: from present to past, from past to present LA “REGIO X” E LE VIAE DELLA “VENETIA ET HISTRIA” INDICE 1. I CONFINI DELLA REGIO X 2. LE STRADE PRINCIPALI 3. LA BATTAGLIA DI NESAZIO E LA SOTTOMISSIONE DEGLI HISTRI 3.a. Schemi riassuntivi Fig. 1 - I conni della Regio X “Venetia et Histria” 1. I CONFINI DELLA REGIO X La terra veneta fu l’ultima regione a far parte dell’Italia romana propriamente detta: il Venetorum angulus, per usare l’espressione di Livio, si salda con il resto della penisola solo con Cesare, o ancor meglio con Augusto: è noto che Augusto divise l’Italia in undici circoscrizioni; Venetia et Histria era appunto la decima. Le regiones augustee non avevano valore amministrativo né giudiziario né militare, ma servivano probabilmente a facilitare le operazioni di censo. Il territorio veneto divenne quindi la X regio Italica, che Plinio descrive così: (N.H., 3, 126-127) Sequitur decima regio Italiae Hadriatico mari adposita, cuius Venetia, uvius Silis ex montibus Tarvisanis, oppidum Altinum, umen Liquentia ex montibus Opiterginis et portus eodem nomine, colonia Concordia, umina et portus Reatinum, Tiliaventum Maius Minusque, Anaxum quo Varanus deuit, Alsa, Natiso cum Turro, praeuentes Aquileiam coloniam XV p. a mari sitam. Carnorum haec regio iunctate Iapudum, amnis Timavus, castellum nobile vino Pucinum, Tergestinus sinus, coloniae Tergesta XXXIII ab Aquileia. Ultra quam sex milia p. Formio amnis, ab Ravenna CLXXXVIII, anticus auctae Italiae terminus, nunc vero Histriae..... (N.H., 3, 129) Histria ut paeninsula excurrit.... Oppia Histriae civium romanorum Agida, Parentium, colonia Pola, quae nunc Pietas Iulia, quondam a Colchis condita, abest a Tergeste CV. Mox oppidum Nesactium et - nunc nis Italiae - uvius Arsia.... (N.H., 3, 130) In mediteraneo regionis decimae colonia Cremona, Brixia Cenomanorum agro, Venetorum autem Ateste et oppia Acelum, Patavium, Opitergium, Belunum, Vicetia. Mantua Tuscorum trans Padum sola reliquia. Venetos Troiana stirpe ortos auctor est Cato, Cenomanos iuxta Massaliam abitasse in Volcis. Feltrini et Tridentini et Beruenses Raetica oppida, Raetorum et Euganeorum Verona, Iulienses Carnorum... “ Segue la decima regione dell’Italia, quella che è posta lungo il mare Adriatico, della quale fanno parte la Venezia, il ume Sile che proviene dai monti Trevisani, la città di Altino, il ume Livenza che proviene dai monti Opitergini e il porto con lo stesso nome, la colonia di Concordia Sagittaria, i umi e il porto di Rieti, il Tagliamento maggiore e minore, l’Anasso in cui conuisce il Varano, l’Also, il Natisone con il Turro, che bagnano Aquileia, colonia collocata a quindici miglia dal mare…” Diversi sono i pareri degli studiosi sulla data precisa della divisione dell’Italia in undici regioni, effettuata da Augusto, e quindi della creazione della X regio. Questa divisione fu la rivalutazione e la riabilitazione etnico-storica delle molteplici popolazioni che prima di Roma avevano abitato la Penisola e che, ormai denitivamente unite nell’Italia divenuta romana, si sentivano ugualmente partecipi della vita dell’Impero. La X regio connava a sud, lungo la linea del Padus, con la regio Octava, che dalla ne del I secolo d.C. riceverà il nome di “regione della via Aemilia”. Ad occidente era divisa dalla XI regio Transpadana dal corso dell’Ollius (il ume Oglio) no al lacus Sebinus (lago d’Iseo) e quindi dal crinale che forma lo spartiacque tra l’Oglio e il Noce, cioè tra la val Canonica e la Valtellina. A settentrione connava con le provinciae della Raetia e Vindelicia e del Noricum. La linea di conne doveva oltrepassare l’Ortles e procedere lungo l’odierna valle d’Ultimo. Giungeva poi all’Alto Adige, la cui parte meridionale era compresa nella X regio. Qui, passando presso la stazione doganale di Maia (Merano), proseguiva per la val Passiria no all’altezza dell’altra stazione doganale di Ponte Gardena. Seguendo il versante settentrionale della Val Gardena, questa linea di demarcazione attraversava poi le Alpi Dolomitiche, includendo nella X regio il Cadore. Inne ad oriente la X regio era divisa dalle provinciae della Pannonia superior e della Dalmatia. Procedendo secondo lo spartiacque tra l’Isonzo e la Sava, il conne superava il valico di Piro, incontrando i monti dell’Ocra, e quindi perveniva, attraverso i Monti della Vena, al Canal d’Arsa e al Golfo del Carnaro. Entro questo vasto spazio territoriale, che viene attualmente ad inglobare le odierne Regioni Veneto e Friuli - Venezia Giulia, quasi tutto il Trentino - Alto Adige, la parte orientale della Lombardia e la penisola istriana, oggi soggetta alla Iugoslavia, Plinio, come si legge, ricorda i diversi popoli che qui avevano le loro sedi: i Galli Cenomani, gli Euganei, i Veneti, i Rezi, i Gallo Carni, gli Istri. Mentre però per certe città, soprattutto per Altino ed Aquileia, abbiamo una ricca documentazione che ne rivela l’importanza durante l’impero romano, sulla Venetia di cui parla Plinio nel brano sopra citato non possediamo notizie. L’autore della Naturalis Historia la cita come una località della X regio, che afanca a nomi di città come Altino, Aquileia, Concordia e a nomi di umi o di porti. Ciò farebbe pensare che Plinio con Venetia intendesse riferirsi ad una realtà territoriale ben circoscritta e ben individuabile all’interno della X regio stessa. E che altro potrebbe essere questa realtà se non la laguna veneta? Attraverso Plinio le isole della laguna veneta entrano dunque per la prima volta nella storia con il loro nome. La Venetia di Plinio costituiva infatti una entità geograca ben individuabile e non deve essere confusa né con la Venetia (et Histria) augustea, né con quella che sarebbe stata poi la grande Venetia del basso impero, dalle Alpi all’Adriatico. Essa era costituita dalle isole lagunari che già allora dovevano essere abitate, e si congura come il primo nucleo di quella che poi sarebbe diventata la civitas Rivoalti e più tardi ancora la civitas Veneciarum. 2. LE STRADE PRINCIPALI La X regio augustea, posta ai conni orientali dell’Italia romana e quindi in diretto rapporto con le grandi direttrici del Danubio, della Drava e della Sava da una parte, e con le terre dei Balcani dall’altra, ha avuto sempre un ruolo di fondamentale importanza nel disegno militare e politico di Roma. È naturale dunque che nel contesto territoriale di Roma le viae, che venivano ad attraversare questa regione, dovessero avere un peso rilevante nell’economia stradale, quali mezzi di rapida proiezione verso le terre d’Oltralpe e di pronto collegamento con la restante Penisola e con Roma (cfr. testimonianza Plinio) Ma i Veneti e gli Istri, molto prima che arrivassero i Romani, avevano dato vita a una loro dimensione culturale col sorgere di numerosi insediamenti e il orire di centri di notevole importanza, come Este e Padova (Veneti), Nesazio (Istri) (cfr. testimonianze). Logico quindi che in questa regione sia andata formandosi nel tempo una tta rete di piste e di sentieri per mettere in relazione fra loro i maggiori e i minori insediamenti sparsi nel vasto piano e lungo le valli alpine e sui rilievi del Carso. Accanto e in coincidenza con questi tracciati, si erano andate sviluppando le grandi direttrici dei trafci e delle migrazioni, che trovavano la loro lontana origine in quei primitivi sentieri che si erano aperti al cammino, agli incontri ed anche agli scontri degli uomini. Sono queste le prime “strade” determinate dalla natura del terreno e dalla necessità degli uomini: esse si possono ritrovare in quei sentieri che scendevano lungo le dorsali alpine o che seguivano il corso dei maggiori umi, accompagnandosi ai trafci sull’acqua. La presenza degli insediamenti preromani ci assicura l’esistenza durante quest’ epoca di numerosi percorsi i quali, se non possono essere documentati con precisione sul terreno, sono resi evidenti dalla necessità dei naturali rapporti fra luogo e luogo e dalle stesse coincidenze culturali. Inoltre i reperti archeologici e i “castellieri” del Friuli chiariscono le maggiori direttrici di marcia lungo la pianura dell’attuale Friuli e attraverso i valichi delle Alpi Cornice e Giulie per le valli del Tagliamento e dei suoi afuenti, del Natisone e dell’Isonzo. Anche le stessa impresa del console Manlio Vulsone, che nel 178 a.C. marciava contro gli Istri, distruggendo numerosi centri come la capitale Nesazio (cfr. testimonianze Livio), ci inducono a pensare all’esistenza di antichi sentieri e piste che i consoli dovettero seguire attraverso questa regione. Naturalmente non si può qui parlare di un sistema stradale unitario in quanto si tratta di itinerari nati da particolari esigenze, soggetti a frequenti variazioni e non resi sicuri da stabili opere viarie. Essi però ci possono suggerire interessanti indicazioni sul tracciato di tante strade che attraverseranno poi la Venetia e l’Histria romane. Da ricordare è la strada che si staccava dalla via Aemilia e conduceva per Padova ad Aquileia sulla direzi one di una precedente pista che da Bologna raggiungeva il paese dei Veneti. Lo stesso tracciato della via Postumia, che toccava Piacenza, Cremona e Verona, può aver ripreso in molte sue parti un più antico itinerario che permetteva ai territori della Liguria di raggiungere il Po e quindi l’Adige e che era la maggior strada di penetrazione, attraverso le Alpi centro-orientali, nei paesi del medio Danubio. Ugualmente la via Popilla, condotta da Rimini a Ravenna e, lungo i cordoni dell’antica costa adriatica, no ad Adria, riproponeva un antico collegamento fra Spina e quest’ultima città, mentre la via Annia da Adria ad Altino richiamava i più lontani rapporti fra questi centri paleoveneti. Fig. 2 - Schematizzazione dei tracciati viari più importanti della regione È chiaro però che quando i Romani dovevano fondare un nuovo insediamento, si sviluppava con esso anche un nuovo disegno stradale. È il caso di Aquileia e della rete stradale che si diramava da questa città. Ma anche in questo caso le nuove viae riprendevano precedenti percorsi segnati sul terreno dalla facilità di comunicazione o dai passi obbligati. Infatti, a nord di Aquileia si erano riprese le antiche piste lungo le valli del Fella e del Bùt verso i paesi del Norico, ad est la strada della Pannonia oltre ai rilievi del Carso e gli antichi tracciati che percorrevano la penisola istriana, mentre ad occidente la rete stradale di Aquileia s’innestava in quei percorsi che erano già stati aperti in epoca paleoveneta. Quindi i Romani fecero proprio ciò che l’esperienza del passato, in questo particolare campo, poteva offrire di utile alla situazione presente, soprattutto all’inizio della loro penetrazione e per la costruzione delle prime grandi arterie stradali. Si spiega in tal modo anche il tempo relativamente breve impiegato nello stendere viae come l’Aemilia, la Postumia, la Popillia e l’Annia. A Roma va naturalmente il merito di aver saputo dar vita ad un completo, efciente, articolato sistema stradale che seppe armonizzarsi in un grande quadro unitario. In generale quindi le viae, oltre a rappresentare la struttura portante dell’intero sistema stradale della Venetia et Histria, sono state partecipi delle più importanti vicende che la storia ha scritto in questa regione con il lento e faticoso cammino degli uomini. Di queste strade bisogna ricordare quelle che sono state fondamentali per il sistema viario romano di questo territorio e che quindi si sono rivelate di maggior peso logistico, come quella che il console Marco Emilio Lepido, secondo quanto scrive Strabone (5, 1, 11, 217), aveva fatto costruire da Bologna no ad Aquileia. A questa strada che prima veniva ad attraversare il Venetorum angulus, seguivano la via Postumia, la regina viarum della Venetia, e quindi la via Popillia e la via Annia. Venivano poi nell’ordine la via che da Bologna si portava a Verona e quindi, per le valli dell’Adige e dell’Isarco, al passo del Brennero ed ai paesi transalpini, e la strada che, in collegamento con Mediolanum da una parte, con il lago di Como dall’altra, da Bergamo per Brescia raggiungeva Verona, allacciandosi qui alla via Postumia diretta ad Aquileia. Le strade che invece impostavano il loro percorso su queste prime o si diramavano da esse erano, a partire da occidente: la Cremona - Brixia e la Cremona - Mantua - Hostilia, quindi la Vicetia - Patavium e la Patavium - Acelum (via Aurelia). A queste seguivano la via Claudia Augusta, da Altino al Danubio, e il percorso che da Feltre per Belluno portava lungo l’alta valle del Piave al passo di Monte Croce Comelico e alla val Pusteria. Di notevole importanza erano le grandi viae che da Aquileia, attraverso il territorio dell’attuale Friuli e le Alpi Carniche, raggiungevano i territori norici (la Aquileia - Virunum e la Aquileia - Aguntum), alle quali andava ad unirsi la strada condotta da Iulia Concordia al Norico. Completavano questo quadro viario i percorsi stradali che da Aquileia si dirigevano alle Alpi Giulie (la via per Forum Iulii e quella per Iulia Emona) e inne le strade che, sempre partendo da Aquileia, raggiungevano e percorrevano la penisola istriana (la via per l’Istria interna a Tarsatica; il percorso stradale che da Tergeste per Pola raggiungeva Tarsatica; il tratto viario da Tergeste a Parentium). Da non dimenticare è la rotta, documentata dalle fonti antiche e dalle testimonianze archeologiche, che collegava il porto di Ravenna con quello di Aquileia. Inne è doveroso ricordare il ruolo svolto da queste strade nelle vicende che hanno vista protagonista questa regione, dal primo ingresso di Roma, alla sua proiezione verso i paesi transalpini, alla successiva romanizzazione del paese, no al momento in cui, al tramonto dell’Impero, le invasioni barbariche hanno trovato lungo queste viae le loro direttrici di marcia, aprendo per l’intera Penisola un nuovo capitolo di storia. 3. LA BATTAGLIA DI NESAZIO E LA SOTTOMISSIONE DEGLI HISTRI La battaglia di Nesazio da Tito Livio, “STORIE” XLI, 11 (Classici U.T.E.T) [11 1] Paucis ante diebus Iunius Manliusque oppidum Nesattium, quo se principes Histrorum et regulus ipse Aepulo receperat, summa vi oppugnarant. [2] Eo Claudius duabus legionibus novis adductis, vetere exercitu cum suis ducibus dimisso, ipse oppidum circumsedit et vineis oppugnare intendit [3] amnemque praeteruentem moenia, qui et impedimento oppugnantibus erat et aquationem Histris praebebat, multorum dierum opere exceptum novo alveo avertit. [4] Ea res barbaros miraculo terruit abscisae aquae: et ne tum quidem memores pacis in caedem coniugum ac liberorum versi, etiam ut spectaculo hostibus tam foedum facinus esset, palam in muris trucidatos praecipitabant. [5] Inter simul complorationem feminarum puerorumque, simul nefandam caedem, milites transgressi murum oppidum intrarunt. [6] Cuius capti tumultum ubi ex pavido clamore fugientium accepit rex, traiecit ferro pectus, ne vivus caperetur; ceteri capti aut occisi. [7] Duo deinde oppida, Mutila et Faveria, vi capta et deleta. [8] Praeda, ut in gente inopi, spe maior fuit, et omnis militibus concessa est. Quinque milia capitum sescenta triginta duo sub corona venierunt. Auctores belli virgis caesi et securi percussi. [9] Histria tota trium oppidorum excido et morte regis pacata est; omnesque undique populi obsidibus datis in dicionem venerunt. [10] Sub Histrici nem belli apud Ligures concilia de bello haberi coepta. [11, 1] Pochi giorni avanti Giunio e Manlio con estrema energia avevano posto l’assedio alla città di Nesazio, dove si era ritirato con gli altri capi degli Istri il loro stesso re Epulone. [2] Claudio condottevi le due nuove legioni e rimandato a casa il vecchio esercito con i suoi comandanti, pose l’assedio alla città e cominciò ad assaltarla con macchine mobili, [3] ed il ume che ne lambiva le mura, grosso ostacolo agli attaccanti e rifornimento d’acqua agli assediati, deviò con insidioso lavoro a sorpresa durato più giorni, scavandogli un nuovo corso. [4] Ciò atterrì i barbari stupefatti dell’acqua ad essi sottratta, ma neppure allora li volse a pensieri di pace: datisi a menar strage delle mogli e dei gli, anche perché così atroce delitto attirasse l’attenzione del nemico, alla vista di tutti li ammazzavano sulle mura e li precipitavano giù. [5] Tra il lamento delle donne e dei bimbi e insieme l’empia carnecina i soldati valicarono le mura e misero piede nella città. [6] Della cui conquista come il re ebbe sentore dalle impaurite grida dei fuggiaschi, si trapassò il petto con la spada per non lasciarsi prender vivo; tutti gli altri furono catturati od uccisi. [7] Poi due altri centri, Mutila e Faveria, furono presi d’assalto e distrutti. [8] Il bottino superiore alle aspettative, in quanto si trattava di misere popolazioni, fu tutto concesso ai soldati. Cinquemilaseicentotrentadue persone furono vendute all’asta e i promotori della guerra fustigati e decapitati. [9] L’intera Istria fu pacicata in seguito alla distruzione delle tre città e la morte del re, mentre le popolazioni fecero atto di sottomissione previa consegna di ostaggi. [10] Sul nire della campagna dell’Istria i Liguri cominciarono a tener conciliaboli di guerra. 3.a. Schemi riassuntivi LA CONQUISTA ROMANA dell’ISTRIA 1. 181 a.C. - fondazione della colonia militare d’Aquileia per controlllo pirateria illirica 2. 179-178 - Primo scontro con gli Istri presso Rosandra Trampolino di lancio verso la conquista dei Balcani Grande resistenza da parte degli Istri 3. 177-178 Battaglia decisiva a Nesazio (cfr. testo allegato) T. Livio, Storie, XLI, 11 I Romani sottomettono gli Istri IL DOMINIO ROMANO IN ISTRIA 1. Istria sotto le competenze del governatore della Gallia 2. Un terzo del territorio diventa ager publicus 3. Difficoltà di sottomettere l’Istria Nell’interno gli Istri-Illirico-Celtici oppongono resistenza Romanizzazione attraverso espansione del latifondo