catalogo - Silvio Rosso pittore in Demonte

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catalogo - Silvio Rosso pittore in Demonte
PENTAMETER
Esperienze aniconiche dagli anni ’60 ad oggi
valter ACCIGLIARO
corrado AMBROGIO
cesare BOTTO
mario MONDINO
silvio ROSSO
Palazzo Salmatoris, Cherasco
Dal 14 MAGGIO al 26 GIUGNO 2011
Edizioni Città di Cherasco
In collaborazione con:
La Città di Cherasco è lieta di presentare la Mostra
PENTAMETER
esperienze aniconiche dagli anni ’60 ad oggi
Enti promotori: Città di Cherasco – Cherasco Eventi
Mostra a cura di:
Cinzia Tesio - Franco Carena
Testi di:
Francesco Poli, Roberto Baravalle, Cinzia Tesio
Comitato Scientifico:
Cinzia Tesio, Franco Carena, Massimo Ottone, Roberto Baravalle.
Ufficio Stampa
Licia Innocenti
Cherasco
eventi
Cherasco
eventi
Un sentito ringraziamento va a tutti coloro che hanno permesso la
realizzazione di questa rassegna con particolare attenzione alla Dr.ssa
Licia Viscusi, Assessore alla Cultura della Provincia di Cuneo e al dr.
Massimo Ottone.
Per i passi antologici, riproduzioni grafiche, cartografiche e fotografiche,
appartenenti alla proprietà di terzi presenti in questo saggio l’Editore è a
disposizione degli eventuali aventi diritto non potuti reperire.
Editrice:
Edizioni Città di Cherasco 2011 – Tutti i diritti riservati
Assicurazioni:
Milano Assicurazioni - Bra
Direzione Artistica:
Beniamino Della Torre – Fossano (CN)
Stampa:
Arti Grafiche Dial, Mondovì
L’arte, in fondo, è simile ad un pentagramma sul quale si centuplicano le armonie”. Questa definizione del critico Maria Teresa
Palitta ben si adatta alla mostra intitolata “Pentameter: esperienze
aniconiche dagli anni ‘60 ad oggi”. Un’esposizione che è viaggio
nell’evoluzione artistica di una generazione di pittori e scultori
operativa nella seconda metà del Novecento: dal 14 maggio al 26
giugno, nelle sale del seicentesco palazzo Salmatoris della Città
delle Paci, Cesare Botto (Cuneo, 1939), Silvio Rosso (Cuneo, 1940),
Mario Mondino (Morozzo, 1949), Walter Accigliaro (Alba, 1950) e
Corrado Ambrogio (Mondovì, 1957) rappresenteranno, anche visivamente, le cinque componenti di questo “pentametro” che, prima di
essere esposizione organizzata da Cherasco Eventi con il supporto
di Comune e Provincia, è gruppo artistico formalizzato nel 2006.
Per nulla casuale l’ispirazione del nome che si rifà ad un verso della
metrica greca: pittura e scultura, dunque, a confronto con la poesia
classica, a sublimare una combinazione di stili e linguaggi espressivi
che in comune hanno un territorio – quello della Granda -, un’epoca
e, soprattutto, una ricerca espressiva ai limiti dell’astrazione lirica.
Quell’astrazione che rivendicano gli stessi protagonisti nel manifesto
programmatico, definendosi aniconici e neoinformali.
La mostra, che del movimento vuole essere fedele riproduzione, racconta di un’indagine espressiva concretizzata nella forma e
nella materia, capace di prendere strade diverse eppure complementari in cinque individualità che si completano. Ne deriva un percorso
di mezzo secolo dalla valenza sovra provinciale, fatto di ingredienti
differenti, ma capaci di coesistere in un’unica, universale, ricerca: la
potenzialità gestuale di Botto, le alchimie del colore di Rosso, l’uso
armonico della luce di Accigliaro, la rivisitazione degli oggetti e dei
colori ad opera di Ambrogio, la cura per la forma e l’attenzione alla
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materia plastica come carattere fondante del lavoro di Mondino.
Quadri e sculture esemplificano l’interpretazione della contemporaneità, l’astrazione del reale e dei fenomeni sociali che hanno
caratterizzato un’epoca dal punto di vista di una provincia, quella di
Cuneo, capace di grandi spinte artistiche e concettuali. Filo conduttore è la potenza e la sperimentazione del segno, sia esso cromatismo
nelle tele o elaborazione plastica dei volumi scultorei. Significativo,
in questo senso, quanto ha scritto lo stesso Accigliaro “attraverso il
confronto con la linea d’orizzonte per l’artista si pone lo stimolo del
superamento o dell’avventura proditoria. A lui si confà l’andare oltre,
penetrare o il sollevarsi al di sopra, spingersi al di là delle mitiche
colonne d’Ercole in un avventuroso percorso creativo. L’immaginario
si sposta dallo spazio al tempo. Così, ancora una volta, sfidare
l’ignoto può equivalere a riscoprire se stessi”.
Auspico, dunque, il meritato successo di pubblico per un’esposizione che contribuirà – sono certa - alla divulgazione della storia
dell’arte provinciale e all’accrescimento di quel patrimonio di conoscenze personali che è primo obiettivo di ogni progetto culturale.
Licia Viscusi
L’assessore provinciale alla Cultura
Città di
Cherasco
Un’opera d’arte può raccontare molto del suo artista svelando
sentimenti, tendenze e visioni. E quando gli artisti sono cinque uniti
da un filo conduttore importante ecco che il discorso assume un maggior significato. Pentametro è il nome del gruppo che unisce Walter
Accigliaro, Corrado Ambrogio, Cesare Botto, Mario Mondino e Silvio Rosso: cinque artisti cuneesi che attraverso l’amore per l’arte contribuiscono ad arricchire la nostra provincia. Cuneo non è solo una
grande area geografica. Essa ha un’anima, sempre più viva e vitale,
fatta anche di arte. La rassegna cheraschese dal titolo “Pentameter:
esperienze aniconiche dagli anni ’60 ad oggi” attraverso rappresentazioni caratterizzate da tendenze artistiche legate alla “mancanza
di forma” diventa un simbolo di questo concetto. Valorizzare un territorio anche attraverso l’arte significa capire l’importanza della cultura, non soltanto quella storica, quella di Pinot Gallizio , il farmacista
– pittore che seppe portare nelle Langhe alcuni tra i maggiori artisti
del tempo: Jorn, Fontana, Appel, Prampolini, Alechinsky formando
un cenacolo attorno a una rivista, I quattro Soli, diretta da Adriano
Parisot. E neppure vogliamo parlare solo dei paesaggi di Langa che
hanno caratterizzato il gruppo torinese di stanza a Bossolasco, di cui
cito Menzio, Paolucci, Casorati, per citarne solo alcuni.
Oggi Cherasco guarda al contemporaneo, agli artisti di oggi
grazie agli straordinari lavori di questi cinque maestri che coraggiosamente dimostrano che la nostra cultura è sempre attuale, che l’arte
cuneese è viva e si esprime con tutta la sua energia.
A tutti loro va un personale ringraziamento e gli auguri miei
e dell’amministrazione comunale per la buona riuscita della mostra
e le iniziative future.
claudio bogetti
sindaco città di cherasco
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PENTAMETER: ACCIGLIARO, AMBROGIO,
BOTTO, MONDINO, ROSSO
Cinzia Tesio
Il XX secolo ha visto l’arte italiana sempre in prima linea con
movimenti che ne hanno contraddistinto ricerca e sperimentazione,
nel riguardo di una memoria storica che ha sottolineato soluzioni
schematiche e riduttive. Dalle Avanguardie Storiche alla Neoavanguardia, dal Futurismo all’Arte Povera, dalla Metafisica alla Transavanguardia è possibile riscontrare una linea mediterranea e cosmopolita dell’arte italiana, capace di rappresentare la modernità ma
senza appiattirsi sui modelli nordeuropei ed americani. Certamente
l’arte contemporanea, lavorando in un contesto ad alto background
tecnologico, ha adottato, nel suo sviluppo un metodo di analisi e riduzione linguistica che meglio evidenziano le volontà di comunicazione nella società di massa. Se il minimalismo nordamericano confina
sempre con la pura riduzione geometrica (lo standard del grattacielo
e della forma semplice), è possibile rintracciare uno standard italiano, capace di trattenere nel rigore delle proprie forme segni di
complessità non riducibili alla pura geometria.
Walter Accigliaro, Corrado Ambrogio, Cesare Botto, Mario
Mondino e Silvio Rosso presentano nella rassegna cheraschese le loro
opere in una mostra che evidenzia temi universali dell’arte italiana,
partendo dall’informale e arrivando fino ai giorni nostri. Questa mostra ricerca, in particolare, quella linea che si dipana dal dopoguerra
ad oggi, giungendo spesso in anticipo su molti fatti internazionali.
È una rassegna che, essendo portatrice di particolari articolazioni della materia ideata dall’artista, percorre una vera e propria
carrellata nella storia dell’arte. Legati nel primo periodo al figurativo
tradizionale o allo studio accademico od ancora al riferimento a
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pentameter
Corrado Ambrogio con Marco Vallora Chiesa di S.Stefano, Mondsovì 2007
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forme utilizzate come simbolo, i maestri predispongono una forma
iniziale che si sviluppa progressivamente attraverso momenti modulari che moltiplicano, senza ripetizione, quello di partenza. Già la
prospettiva rinascimentale, forma simbolica di una visione antropocentrica del mondo ed esaltatrice della ragione, opera sulla rappresentazione dello spazio mediante l’uso della geometria euclidea.
Questa geometria nel suo impiego presuppone il senso della misura
e di una resa iconografica essenziale. Astratto o figurativo, come si
evince in “La Battaglia di San Romano” di Paolo Uccello, il motivo pittorico diventa oggetto di vera rappresentazione filtrata da un occhio
progressivamente analitico, che farà affermare a Leonardo Da Vinci:
“la pittura è cosa mentale”. Tale concetto ha attraversato i momenti
più significativi della storia dell’arte: pensiamo ad esempio alla Metafisica di De Chirico che fonda la propria iconografia su uno spaesamento dell’immagine sotto il controllo della misura prospettica. Anche
qui un senso della misura tende a dare essenzialità e nitore epifanico
all’immagine. In qualche modo una progettualità tutta italiana regge
la mentalità di tre artisti presenti in questa rassegna: Ambrogio, Mondino e, in parte, Rosso. Una interpretazione della modularità intrisa
da una geometria, da un vapore mentale diffuso che tocca i versanti
della produzione iconica e di quella aniconica.
Il modulo presente nelle opere dei due scultori, ma anche nelle scacchiere di Rosso, diventa l’elemento strutturale che fonde la
possibilità della forma giocata sempre sulla difficoltà che moltiplica
potenzialmente all’infinito la sorpresa della geometria. Attenzione
però; con il termine geometria non intendiamo il luogo di razionalità meccanica e puramente funzionale ma bensì un campo fecondo
di una ragione irregolare che ama sviluppare asimmetricamente i
propri principi, adottando la sorpresa e l’emozione. Ma questi due
elementi non sono contraddittori col principio progettuale; casomai lo
rafforzano attraverso un impiego pragmatico e non preventivo della
geometria descrittiva. Non a caso gli artisti sopra citati passano dalla bidimensionalità del progetto all’esecuzione tridimensionale della
forma. A dimostrazione che l’idea produce un processo creativo non
puramente dimostrativo ma fecondante e fecondo. Infatti la forma
finale, bidimensionale o tridimensionale, propone una realtà visiva
non astratta ma concreta, pulsante sotto lo sguardo analitico ed emozionante dello spettatore.
Ma torniamo un attimo a Silvio Rosso per completarne mag-
esperien z e aniconic h e dagli anni ’ 6 0 ad oggi
giormente l’analisi. In alcuni cicli di opere, soprattutto nelle ultime si
può affermare che il maestro dipinge l’incendiarsi del colore.
Gli incendi in pittura sono molto più pericolosi di quelli in natura. Si dice che Nerone, uno dei primi esteti della storia, contemplasse
il fuoco di Roma suonando la lira. Ma quando a prendere fuoco è il
rettangolo e il quadrato di una tela, quando l’incendio invade la superficie del quadro con ansia onnivora, allora è in gioco qualcosa di
diverso e di più terribile di un evento fisico. Mi sembra che Silvio Rosso dipinga l’incendiarsi del colore, dipinga cioè un colore diventato
fibra viva e scorticata, infiammata da una luminosità abbagliante.
Non sto tentando un confronto naturalistico: non mi riferisco a quella
fenomenologia dei rossi e dei gialli, a quell’esplorazione ostinata e
stupefatta delle tinte calde, che traduce molti di questi quadri in un
mosaico di cangianti tessere, ognuna di valore e di inclinazione diversa. Perché ogni dipinto di Rosso è il contrario della monocromia;
è la moltiplicazione del colore all’infinito.
L’idea di una tela che brucia, che continuamente suggeriscono le sue opere, non deriva dall’unione dei colori caldi e luminosi,
dai rossi specialmente, che pure occupano tanta parte del lavoro di
Rosso. La stessa sensazione la cogliamo di fronte a opere dalla predominante neutra, o notturna, o terrosa. Perché anche le ombre, le
oscurità sono portate a una temperatura altissima.
Ecco che troviamo qui uno stretto legame con un altro maestro
presente in mostra: Walter Accigliaro. Anche nelle sue opere il colore
diventa qualcosa di incandescente e di dilagante. Il colore, qualunque
colore, si traduce in energia. Come vetro fuso, ancora allo stato liquido, come fumo fuligginoso e sulfureo, la materia della pittura di Accigliaro è soprattutto un dato dinamico. E credo che Accigliaro si ponga
tra i più sottili indagatori del movimento cromatico, del colore come
mondo in espansione, come elemento diffusivum sui. Su questa distesa
di materia vibrante, su questo tessuto di colori si muovono alcuni segni
che sembrano scarni, come se fossero stati attraversati da un fulmine.
Vagano senza un punto di arrivo, senza un luogo di appartenenza. Dunque che cos’è la tela, al di là del suo farsi tavolozza,
al di là del suo essere covo di timbri e di toni, crogiolo di alchimie
pittoriche? La tela è una metafora della storia cosmica: della materia,
prima che si traduca in forma, degli angeli ribelli dopo la caduta,
della scena umana prima e oltre il tempo.
Trovo un legame e una armonia tra certi lavori di Accigliaro ed
Walter Accigliaro con gli artisti Romano
Reviglio e Tanchi Michelotti, con Mariuccia Genesio, all’inaugurazione della sua
mostra personale alla Galleria “Chanaz”
di Cherasco nel 1978
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pentameter
Cesare Botto
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alcuni grandi Maestri che oltre ad aver segnato momenti indiscussi
della storia dell’arte, sono stati segnati da un’ansia cosmica.
Il Matisse de “La Danza”, il Fontana degli spazi siderali, il
Licini dei Castelli in aria e de “Le Amalassunte”.
Discorso questo che si potrebbe analizzare e scandagliare maggiormente ma che ci allontana dalla rassegna cheraschese. Quindi torniamo al Pentamentro ed analizziamo le interessanti opere di Cesare
Botto. Per questo straordinario maestro il discorso si differenzia, a mio
avviso, dalle opere dei precedenti. Ritengo che la sua pittura sia l’esito straordinariamente semplice, diretto e ormai quasi immediato, di un
lungo viaggio dentro le ragione dell’arte, un viaggio a Oriente, si può
senz’altro dire, cioè verso le sorgenti della luce, le origini del pensiero,
la nascita del mondo. Corrisponde a un processo di liberazione dalla
quantità e dal peso della materia, dalla saturazione del mondo degli oggetti che riempiono lo spazio esistenziale e rendono sempre più difficile
trovare l’euritmia vitale, la consonanza del proprio respiro con il respiro
dell’universo. Superato lo studio della tecnica ed il periodo figurativo, le
opere di Botto da tempo guardano oltre se stesse e incontrando lo sguardo producono effetti di incontrollabile metamorfosi informale.
Ma ora analizziamo il perché della mostra cheraschese e soprattutto il perché del Pentametro. Un gruppo, cinque artisti che insieme rappresentano l’arte in provincia di Cuneo: un territorio grande
per estensione, per storia e cultura. Parlando di arte però troppo
spesso si rimane legati ad artisti ed eventi di straordinaria portata ma
che hanno segnato il loro tempo; oggi la mostra di Cherasco vuole
dimostrare la forza della pittura e della scultura cuneese contemporanea. Chi non ricorda Pinot Gallizio? Oppure l’evento di Rodello
che nel 1964 ha significato uno straordinario evento di arte religiosa
d’avanguardia. O ancora nomi come Dedalo Montali, Beppe Morino, Bruno Sandri e del lavoro fatto in loco da Giorgio Ramella e Piero
Ruggeri per citarne solo alcuni. Ho citato non a caso Bruno Sandri:
in una intervista fatta presso la Gazzetta d’Alba nel 1965 l’artista
affermava che “l’arte deve sempre guardare al futuro, mai fermarsi
anche se il difetto della provincia è che non è sempre pronta a capire
e a vedere le novità in pittura”. Di anni ne sono passati ma la sua
è un’espressione sempre attuale; è giusto guardare e vivere l’arte
di oggi con i tutti i suoi risvolti. E la rassegna di Cherasco, grazie
all’operato di cinque grandi maestri di arte di oggi che guarda al
futuro, ci dimostra che il nostro territorio continua a stupirci.
esperien z e aniconic h e dagli anni ’ 6 0 ad oggi
PENTAMETER
Francesco Poli
Nell’ormai lontano 1993 Roberto Baravalle aveva organizzato a Cuneo una mostra collettiva intitolata ironicamente “Ai confini
dell’impero”, che aveva lo scopo di verificare le caratteristiche e le
specificità della scena artistica della “provincia granda”, attraverso
la presentazione di opere di ventisette artisti. Baravalle scrittore e
critico eccentrico all’incrocio fra locale e globale, mi aveva invitato
a scrivere un testo per il catalogo, cosa che ho fatto volentieri perché
era un’occasione per esplorare un contesto di ricerca vitale ma meno
conosciuto.
Tra gli artisti presenti in quella mostra c’erano anche i cinque
che sono presenti in questa mostra “Pentameter” al Palazzo Salmatoris di Cherasco, già insieme l’anno scorso nel’esposizione “Aniconico” alla Casa Delfino di Cuneo.
Anche se diversi per età e e per i caratteri peculiari dei loro
opere, si può dire che Cesare Botto, Silvio Rosso, Mario Mondino,
Walter Accigliaro e Corrado Ambrogio formano un gruppo che ha
degli aspetti di fondo comuni.
Oltre alla comune radice territoriale e culturale, e al fatto che
la loro ricerca ha valenze “aniconiche” (definizione per la verità un
po’ generica), quello che li unisce è soprattutto l’interesse per temi
che riguardano la dimensione essenziale della realtà naturale e
umana, le energie nascoste e misteriose della materia, la forza dei
simboli e dei miti primari, spesso con significativi riferimenti poetici
e letterari.
Alcuni di loro hanno sviluppato in passato anche sperimentazioni più concettuali e multimediali, ma oggi tutti concentrano il
loro impegno nell’ambito della pittura o della scultura, elaborando
con sensibilità attuale forme espressive che da un lato, per lo più,
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pentameter
fanno riferimento alle istanze più vitali della stagione informale, e
dall’altro, in particolare per quello che riguarda i lavori di scultura,
hanno connotazioni plasticamente sintetiche o legate alla suggestione immaginifica dei materiali utilizzati.
Si può dire che tutti gli esponenti del gruppo, che hanno
rafforzato nel tempo la loro identità attraverso ampie esperienze
espositive , sono rimasti sempre sostanzialmente coerenti agli aspetti
di fondo della loro visione poetica basata sui presupposti messi a
fuoco nella loro fase di formazione.
Nel caso di Cesare Botto e di Silvio Rosso, il passaggio definitivo dalla pittura figurativa a quella astratta informale, agli inizi
degli anni Sessanta, è in particolare merito di un insegnante come
Filippo Scroppo e di un artista-critico di raffinata cultura come Albino
Galvano.
La pittura di Cesare Botto è carraterizzata da una ammirabile
e ostinata coerenza ai criteri di un’operatività segnico-gestuale (con
valenze materiche presenti ma non preminenti) di chiara ispirazione informale. Ma l’evoluzione del suo linguaggio nasce allo stesso
tempo dall’esigenza di liberare energia cromatica carica di tensioni
emotive e di trovare dei ritmi e delle strutture di fondo non evidenti
tali da creare delle inedite configurazioni che pur essendo astratte
rimandino in modo allusivo a significati e valori del vivere umano e
della realtà in cui siamo immersi.
Botto realizza le sue composizioni sviluppando una dialettica fra ordine e disordine, fra pulsioni instintive e scansioni più
controllate, fra contrasti timbrici e accordi tonali, fra trasformazioni
metamorfiche e elementi archetipici. Lo spazio pittorico non deriva
da mezzi prospettici ma da una ben studiata sovrapposizione di
trame segniche e di campiture che creano effetti di sospensione e di
profondità. A volte la composizione ha vagamente l’impianto di una
griglia o finestra attraverso cui si anima il libero gioco della pittura.
E talvolta, quasi per caso, emerge qualche dato riconoscibile come
un albero o un profilo di città.
La ricerca di Silvio Rosso (che si interrompe agli inizi degli
anni Ottanta e che riprende, senza sostanziali soluzioni di continuità
nel 1997) è indubbiamente più articolata e complessa dal punto di
vista della sperimentazione dei colori e da quello dei processi di realizzazione delle opere. La sua pratica artistica, per certi versi, può
essere paragonata ad un’operazione alchemica tesa a esplorare
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l’essenza segreta e le potenzialità metamorfiche e simboliche delle
materie cromatiche trasformandole in fluidi territori di un immaginario cosmico e naturale, impregnato di suggestioni che rimandano a
visioni dense, scintillanti o luminose che alludono al caos primordiale
o ai misteri profondi dei cicli vitali.
Dopo una prima fase in cui arriva a forme di astrazione pura
, Rosso si avventura nei primi anni Settanta in sperimentazioni di più
analitica e “sistematica” verifica concreta (in contenitori come provette o in sequenze di riquadri a scacchiera) di sue particolari “teorie
cromatiche), per arrivare infine a realizzare nel 1978 la vasta (sei
metri di larghezza) e magmatica superficie di resine che da vita
alla sua opera fondamentale La Palude, dove insieme a colate d’oro
e d’argento emergono ossidazioni, cromie verdastre e gialle, effetti
di putrefazioni in un trionfo di processi metamorfici della materia.
Quest’opera appare come un informe paesaggio fuori del tempo il
cui fascino inquietante viene enfatizzato anche attraverso un filmato,
A volo d’uccello, che diventa anch’esso un opera.
L’elaborazione metamorfica della materia-colore riprende con
rinnovata vitalità dopo una lunga interruzione, con cicli di lavori intitolati Oltre la palude, Verso la laguna, e Prima del tempo, quest’ultimo con rimandi a spazi oceanici o siderali.
Nella stessa direzione vanno anche i lavori più recenti (sempre realizzati con colate di smalti) come quelli ispirati alle algide
concrezioni dei ghiacci o alle fiammeggianti colate laviche.
Con le sculture di Mario Mondino entriamo in una dimensione
molto diversa, in un mondo poetico fatto di memorie personali e di
echi di memorie culturali e mitiche che si concretizzano in scultureoggetti di intenso e silenzioso impatto plastico. Sono sculture realizzate in acciaio o in legno, con una appassionata e acccurata cura
tecnica e artigianale, dove i materiali danno un’anima fisica alle
forme e si trasformano in volumi senza forzature, all’insegna di un
equilibrio e di un’armonia che aspirano a un’identità autonoma e
“perfetta”.
Mondino fa risalire la sua scelta di diventare artista e scultore
alla figura, fondamentale nella sua mitologia personale, del padre
fabbro che nella sua officina “plasmava quotidianamente la materia incandescente” , e alla scoperta da ragazzino “della plastica
bellezza del vomere di un aratro che riluceva sotto il martello di mio
padre”.
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pentameter
Si tratta dunque della magica tensione plastica e essenziale
di un oggetto di forte presenza, a prescindere dalla sua specifica
funzione pratica, che diventa un prototipo di riferimento per la sua
concezione della scultura.
A partire da questi stimoli iniziali, Mondino ha sviluppato
una ricerca che nel tempo si è sviluppata attraverso un interesse
approfondito per culture più lontane nello spazio e nel tempo, con
una predilezione in particolare negli ultimi anni per forme e volumi in
cui si sente l’eco di suggestioni orientali arabe e indiane, reinventate
con grande libertà.
Ed è così che sono nate grandi sculture come lucenti pendoli
sospesi al soffitto; dei grandi “anelli” e della “mazzeferrate” ,con
decori chiodati, di forma oblunga; dei dischi o delle “frecce” con
scaglie e lamine metalliche; e degli oggetti tondeggianti in legno o
ferro traforati con fitti intrecci decorativi traforati. La loro immobile
presenza negli spazi espositivi ha qualcosa di metafisico.
Walter Accigliaro, che è stato insegnante di Discipline pittoriche all’Istituto d’Arte di Asti e che, come studioso ha pubblicato vari
testi su argomenti d’arte, è un artista il cui lavoro è caratterizzato
da molte risonanze culturali filosofiche e letterarie. Basta leggere i
titoli di molte sue opere per rendersi conto di questa sua attitudine
aperta a suggestioni che vanno al di là dei pur essenziali problemi
specifici di colore e forma. Citamo a caso qualche titolo: Tracce di
un’iperbole blu, Un frammento del tardo sfolgorio, Luogo del custode
del tempo, Quel sublime specchio dei freddi dettiA Dioniso, come
nascosta forza germinatrice della sacra vita,Eruzioni dalle distanze
deluse..
Si tratta di indicazioni e allusioni che servono da stimolo
all’immaginazione, che innescano possibili narrazioni poetiche, che
aprono a mondi inesplorati e misteriosi. La pittura, per Accigliario è
dunque anche e soprattutto un una fonte di energia estetica che trae
forza non dallla rappresentazione figurativa della realtà, ma dall’invenzione di nuovi paesaggi precisi ma indeterminati.
Dall’inizio degli anni Settanta la sua pittura ha preso una strada aniconica, strutturandosi in un linguaggio dove entrano in gioco
tensioni espressive informali ma anche elementi compositivi liberamente geometrizzanti, che creano conflitti di forze in opposizione o
equilibri dinamici di forte organicità.
“Realtà e irrealtà – scrive Accigliaro- astratto e concreto,
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esperien z e aniconic h e dagli anni ’ 6 0 ad oggi
geometrico e informe appaiono quali ‘assi cartesiani’ diametralmente opposti, quali latitudine e longitudine di un vasto scenario a cui
l’artista si rivolge avviando il proprio cammino ideativo”.
Anche Corrado Ambrogio, il più giovane del gruppo, è insegnante all’istituto d’arte. La sua ricerca si è articolata con uguale
impegno sia nell’ambito della pittura che in quello della scultura, con
sviluppi maggiori di quest’ultima negli anni recenti.
La sua pittura realizzate con tecniche miste, nasce da un’esplorazione ed elaborazione delle superfici materiche che si espandono
sui supporto quasi sempre con modalità all over, e cioè senza precise
articolazioni formali definite. Sono superfici con crespature, grumi di
materia, luminosità scure e diffuse, e tonalità terrose, ocra ,verdastre,
o blu che hanno lontane matrici naturalistiche ma che allo stesso
tempo appaiono come intrise di evocazioni di memorie esistenziali. Sono opere immerse in una dimensione intimistica, che invitano
l’osservatore a ricercare in profondità, a meditare sul fascino della
materia indefinità, sulle tracce di invisibili presenze.
Tra le sculture, quelle realizzate con pezzi di legno trovati o
tagliati, hanno un più diretto rapporto con la natura. Sono opere le
cui superfici e forme venate, scavate e spezzate si trasformano in
paesaggi fantastici surreali. In molti lavori i pezzi di legno o gli elementi portanti metallici, sono animati dalla presenza di oggetti come
delle biglie, dei pezzi d’avorio, delle inserzioni in oro, e addirittura
delle vecchie forme di piedi da calzolaio che segnano su cerchi enigmatici passi di danza. In ogni caso il procedimento di fondo, in ogni
scultura è una sorta di operazione di metamorfosi e trasfigurazione
dei materiali in una dimensione di narrazione plastica di raffinata
tensione poetica e simbolica.
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PENTAMETRo
Roberto Baravalle
Mi sembra di cogliere nella volontà di questi cinque artisti –
amici tra loro e amici miei, tutti carissimi - di presentarsi uniti, alcune
sfide importanti, unite a qualche interrogativo.
La prima sfida, la scommessa di fondo deriva dalla loro voglia
inesausta di fare cose nuove in un momento in cui i percorsi dell’arte
contemporanea sono quanto mai tortuosi e incerti. In un momento in
cui le tentazioni di gettare la spugna e di ritirasi nel proprio “particulare” sono presenti, e comunque forti, e forse anche comprensibili.
I “poteri forti” esistono anche nell’arte e non sono teneri con coloro
i quali se ne pongono all’esterno o, per ragioni varie, vengono a
trovarsi in situazione laterale rispetto ad essi.
Nella provincia di Cuneo, poi. Nel 1993, in una mostra
“esplorativa” ma di qualche risonanza coniai l’espressione “ai Confini dell’Impero” che ebbe una certa fortuna, nel suo tentativo di segnalare la persistenza di un’arte di non facile smercio ma di interessante
impianto culturale, in una situazione periferica rispetto ai luoghi deputati della produzione e del mercato. In quasi vent’anni, la situazione non è cambiata di molto. Mi è venuto in mente, recentemente,
con un riso piuttosto amaro, che se dovessi riprendere quel discorso,
oggi, una mostra che idealmente si agganciasse a quella, la potrei
chiamare confinati.
ACCIGLIARO, AMBROGIO, BOTTO, MONDINO, ROSSO
Oratorio di S.Caterina, Cervo (IM),
2007: Inaugurazione “Nuovi protocolli
dell’astrazione” - da sinistra C. Ambrogio,
V. Massenet, F. Marchese, W. Accigliaro,
C. Spigno, S. Rosso.
Sì, siamo rimasti tali, abbastanza “confinati”. Non è, poi, colpa della nostra provincia, o di una situazione peculiare. È un po’
tutta la situazione italiana che si è involuta ulteriormente. Occorre
ricordare che è stato detto da un autorevole ministro della repubblica
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pentameter
che “con la cultura non si mangia”? O segnalare, ancora una volta,
la “tabula rasa” effettuata dalla televisione e dai mezzi di comunicazione (male usati) sulle coscienze di tanti italiani, giovani e vecchi?
Mentre, nel mondo, l’arte diventa sempre più “sociale” e sborda dai confini dei singoli linguaggi, qui da noi sembra ancora imperversare una “maniera” (che ebbe una sua dignità), un disperato
aggrapparsi ai canoni scricchiolanti di una tradizione digerita male
e assimilata peggio.
Ma tutto questo sembra importare poco ai nostri Cinque, ciascuno forte della propria rispettabilissima storia e di una nutrita bibliografia, nonché di imponente curriculum espositivo.
Essi hanno formato un gruppo. Pentametro è, nella metrica classica, il verso costituito da cinque piedi che, assieme all’esametro,
forma il distico elegiaco, fondamento della folgorazione imaginifica
e poetica. Pentagono è poligono di cinque lati. Pentagramma, in musica, è l’insieme delle cinque linee orizzontali sul quale, a partire dal
Cinquecento, si trascrivono le note musicali , ma è anche, nella sua
versione a stella, cara ai Pitagorici e a Paracelso, uno dei simboli
“più potenti”, simbolo dell’unione feconda tra il 3, il principio maschile, e il 2 che corrisponde al principio femminile. In tutti questi casi,
comunque, la simbologia è sempre fondata sul numero cinque, che
esprime l’unione dei diseguali.
Eh sì: qui, il riferimento mi sembra pertinente perché se un comune denominatore esiste, e sarebbe la cosiddetta scelta aniconica,
cioè l’astensione dalla - se non il rifiuto della - figurazione, è anche
vero che i nostri Cinque sono assai diversi tra loro. La data di nascita,
per intanto, non è proprio omogenea, scaglionata com’è tra il 1939
di Botto, il 1940 di Rosso, e il 1957 di Ambrogio, passando per il
‘49 di Mondino e il ‘50 di Accigliaro. Poi, il fatto che le esperienze
tridimensionali (Mondino sicuramente e, in parte, Ambrogio) siano in
alcuni prevalenti sulla scelta più propriamente pittorica di altri (Rosso
e Botto, salvo recenti esperimenti di quest’ultimo) mentre in Accigliaro, le contaminazioni siano molto più che episodi.
E, a dirla tutta, a parte una collaborazione e un confronto più
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esperien z e aniconic h e dagli anni ’ 6 0 ad oggi
costante negli ultimi anni, assai limitate sono state le aree di esperienza comune, se si eccettua la partecipazione di Rosso e di Botto
alla Scuola di Filippo Scroppo nei primissimi anni sessanta. Qualche
incrocio, sì, molte coincidenze, ma non credo che si possa parlare
di un confronto continuativo, né tanto meno di un’elaborazione comune.
Poco male. Solo il tempo potrà dire se quella del Pentametro
sarà un’operazione per addizione o per sottrazione. I gruppi, tante
volte, nascono anche per reazione. I Sei di Torino nacquero e resistettero come tali - per il tempo che durarono - anche per arginare la
dittatura artistica di Casorati.
Qui, non c’è mostro sacro contro il quale fare barriera, né
entusiasmi eccessivi da decantare o prurigini giovanili da curare.
Anzi, la piena maturità dei Nostri è indubbia garanzia della serietà
degli intenti.
Parimenti, forse, sarebbe di qualche utilità analizzare quanto,
più che l’astratto e l’informale, abbia influito l’atteggiamento concettuale sull’intero comparto dell’arte contemporanea in Italia, e quindi
anche nella nostra provincia, dove, comunque, tutto è arrivato. E i
nostri cinque, i diseguali, si sono confrontati con tutte le lezioni e le
tendenze. Anzi, in alcuni casi, sono stati protagonisti diretti.
Basti pensare al ruolo di Sivio Rosso, nel corso di tutti gli
anni settanta, all’interno delle “fucine” cuneesi di “Studioerre” e
di “Scala B” per le quali passarono poeti del calibro di Zanzotto,
Conte e Mussapi e artisti come Albino Galvano, De Maria, Carena, Gastini, oltre ai nostri Ovidi, Musso, Del Bue e tanti altri. O si
può ricordare quanto ha cercato di “smuovere” Walter Accigliaro
nell’Albese ed oltre, tra gli anni settanta e ottanta, con vari contatti ed esposizioni in riferimento ai periodici “La Bilancia” e “La
luna e i falò”. In ogni caso, tutti hanno viaggiato, studiato, visto
e sperimentato.
Scrivendo queste note, vedo quanto è difficile dare conto individualmente del loro itinerario. Sul mio tavolo da lavoro torreggiano,
imponenti, i loro cataloghi, le pubblicazioni, le testimonianze della
loro attività e, perfino, del loro attivismo.
Alzando le mani, quindi, arrendendomi di fronte a tale compito improbo, vedo se riesco a procedere per flash, per icone, o
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pentameter
magari anche soltanto per semplici “figurine”, così come mi si sono
fissate in mente.
Con Silvio Rosso, mi rivedo nella sua marina Calafell a parlare
del colore del mare e delle nuvole e a discutere con i suoi amici - diventati, in seguito, anche miei - di Carlos Barral, di guerra civile di
Spagna e della trasformazione del paesaggio. Quindi, mi vedo con
Silvio a Boves, dove – non so perché – dovevamo incontrare Walter
Accigliaro che si occupava, allora, tra l’altro, delle mostre al castello
di Barolo dove Silvio doveva realizzare, e in effetti realizzò, grazie
anche alla generosità di Walter e di Pierangelo Vacchetto, una bella
mostra, una sorta di ritorno alle scene, dopo una pausa durata qualche anno.
Con Walter, prima e dopo quel periodo, è stato un felice rincorrerci per le sue mostre in pievi, castelli e cantine di insigni vignaioli langhetti. Sempre, nelle pause tra un incontro e l’altro, mi
sono arrivate, con regolarità, graditissime, le sue pubblicazioni, le
testimonianze del suo pensiero, complesso e articolato, mai banale.
Perché Walter, come scherzosamente (ma non troppo) ebbi a scrivere
una volta è uno che “sa tutto”. Dispone di una profondità di pensiero e di una cultura non comuni. E questo, non sempre è dato in un
artista. Mi rivedo con lui, dopo una visita al suo studio nel centro di
Alba, passeggiare, con le mani affondate nelle tasche dei cappotti,
per le stradine del centro storico, tra tagli di luce e masse d’ombra,
in tutte consone a quelle “espressioni fredde” che avevamo appena
terminato di osservare nel suo atelier.
Castelli, si diceva. Per Mario Mondino, soave figura di scultore, vedo una sua opera, un pendolo collocato in un antico castello,
un’opera barbara ed elegante, che sembrava nata lì, apposta per
quel luogo. Ma non posso dimenticarmelo “serigrafo” militante, nella
Cuneo battagliera di fine sessanta – inizi settanta. Immagine alla quale si sovrappone il suo attuale, quieto, produrre nella bella casa dove
adesso vive, immersa nella neve, con tonificanti squarci di veduta
sulle montagne illuminate dal sole.
esperien z e aniconic h e dagli anni ’ 6 0 ad oggi
di vescovi e monsignori, dei palazzi e delle chiese di Piazza. Della
Mondovì anti- giacobina, appena sfiorata dagli scalcagnati sanculotti dell’Armée d’Italia.
L’ho incontrato quest’inverno, solenne come un pope russo, lo
sguardo acceso, in tutto simile a un suo autoritratto: un paio di stivali
e una mazza nobiliare. Corrado fa le cose per bene, è ordinato,
scettico, ingegnere. Per lui, gente come Marco Vallora e Dario Voltolini hanno scritto testi bellissimi. Corrado ha la capacità di un mago
nel fare rivivere gli oggetti per nuove vite e nuovi destini. La lezione
concettuale? Sì, certo. Ma anche e soprattutto lo sguardo, il tocco
dell’artista di razza. A un certo punto, ha saputo anche dare un ordinamento nuovo alla sua vita, ed è nata Ludovica.
Di Cesare Botto, il ricordo più tenero che conservo è di noi
due, seduti nel salotto di casa sua - saranno stati trent’anni fa - che discutiamo della possibilità di aprire assieme una nuova galleria, dopo
che lui per anni ne aveva avuta una, annessa al suo laboratorio di
corniceria. Non se ne fece nulla e io mi accinsi a quell’impresa con
altre persone. Però mi è rimasto il ricordo di quella sera, il sapore di
una conversazione con una persona seria. Ora, Cesare, dopo aver
esposto in numerose personali tra cui una a Istanbul, è reduce da una
bella mostra alla Art Gallery La Luna di Borgo S. Dalmazzo e alla
Fondazione Delfino di Cuneo sulle sue macchine del tempo degli anni
‘60 che, ancora “reggono il colpo”.
E così, riordinando le mie figurine, mi rendo conto di aver
scritto poco. O nulla. Fortunatamente, altri assolveranno compiti più
seri e documentati in questo stesso catalogo.
A me, in fondo, premeva, soprattutto, dare conto di un’amicizia e formulare un immancabile, ma sincero, augurio.
Corrado Ambrogio, intenso e sempre vagamente scorbutico,
è di Mondovì. Della Mondovì austera (non il dolce Mondovì ridente)
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Cenni critici
Valter ACCIGLIARO
• Si avvale di sottigliezze di grigi velati, brividi di accordi
marini, e sommessi contagi monotonali per caratterizzare alcuni dei
lavori che l’artista presenta.
A zone rigorose e rigide si contrappongono segni che sembra
provengano da ignote grafie sovrapposte che lentamente si dipanano in rapide e brevi variazioni tonali che ricordano delle ritmiche
armonie simili a composizioni musicali.
Rino Tacchella
• ... Walter Accigliaro, che abbina con coerenza l’attività artistica
a quella di raffinato teorico e promotore culturale, è tenacemente impegnato in un corpo a corpo con la materia, con l’essenza incomparabile
e celata dell’arte. I suoi lavori sono complesse stratificazioni materiche
che, da ultimo, sembra abbiano acquisito uno stato di maggior quiete, riallineandosi ad una composizione di più accentuata regolarità astratta,
dove il tumulto interiore, il lavoro di ricerca sull’inconscio paiono approssimarsi verso una condizione di disponibilità alla figurazione. ...
Edoardo Di Mauro
Brano da un testo critico del 2002 (nel catalogo La musa inquieta)
Corrado AMBROGIO
• Sembra che nei suoi lavori impieghi la terra o l’argilla per
descrivere il luogo dove si affondano le nostre radici.
Uno spazio vergine dove l’uomo non è mai intervenuto e i
segni e i segnali che racchiude sono quelli insiti nella disposizione
spontanea della materia così come sarebbe possibile trovarla scavando in territori incontaminati dall’uomo.
Rino Tacchella
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• “...Penso che, come a quegli antichi pittori anonimi, a cui
i Berenson o i Longhi, hanno cercato di dare una fisionomia con un
nome gentile, memorizzabile, legato alla loro natura, al nostro pittore
stia bene questo appellativo. L’amico dei materiali…”
Marco Vallora, 2000
• I suoi oggetti ovoidi, oblunghi e lanceolati, geometricamente
puri ed essenziali, esaltano la bellezza impressa come da una mano
trascendente in forme perfette di natura minerale e trascorsa in opere
archetipe della cultura materiale dell’uomo.
Enrico Perotto
Cesare BOTTO
• Usa mezzi tradizionali del dipingere per stendere colori sovrapposti che racchiudono al loro interno i pigmenti più densi come
fossero fossili.
L’aumentata trasparenza dei colori che stende sul sostrato, lascia emergere i depositi cromatici precedenti suggerendo emozioni
di luce e impressioni differenziate nello spazio racchiuso del supporto che racchiude e delimita l’espandersi dei colori.
Rino Tacchella
Silvio ROSSO
• Impiega più colori liquidi e fluttuanti che avidamente paiono
insinuarsi tra gli spazi liberi lasciati da spessori, rilievi e grumosità.
Una forma artistica in cui il processo di produzione, relativo
a come si dispone e si orienta il flusso del colore, è solo apparentemente libero e automatico, perché in realtà è sempre l’artista che lo
guida e lo manipola.
Rino Tacchella
• Con originalità, può riconoscersi con il suo lavoro nella razza dei Vedova e degli Hartung (…). Queste citazioni, puramente strumentali, mai riferibili a facili epigonismi, servono a collocare l’arte
di Botto nella coerente grande avventura di certo astrattismo gestuale
del secolo scorso. Botto, come tutti gli artisti autentici, non viene certo
dal nulla, e risponde a una tradizione assai robusta tra le più innovative e significative del ‘900 (…).
Gio Ferri, Milano 2009
(dalla presentazione per la Mostra “Dietro il Segno”).
Mario MONDINO
• Propone delle invenzioni tridimensionali in cui la sintassi
della forma è il risultato di un incontro tra il rigore di fredde volute
concave e convesse, di materiali lucidi e brillanti e la razionalità di
tensioni generate dal vastissimo entroterra della fantasia .
Forme che esprimono se stesse, ma anche l’emozione che
hanno suscitato in chi le ha plasmate avvalendosi di liberi stimoli e
intense sensazioni.
Rino Tacchella
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• Mondi fluenti di materia traslucida, sensazioni liquide di
natura, in forma di scorrimenti debordanti, di striature laviche venate
di colori metamorfici, di concrezioni informi rapprese in superficie,
di preziosi accadimenti alchemici, di mutazioni cromatiche simboliche e vitali, di distese pianeggianti monocromatiche movimentate da
ipotetici eventi atmosferici, che creano effetti tremuli di mescolanza
delle tinte dissonanti, producono corrugamenti dinamici degli spazi
campiti o configurano sgocciolamenti stratificati in spessori di pure
sonorità timbriche risplendenti di giallo-oro: ecco, in breve, i tratti
essenziali della pittura emozionante di Silvio Rosso, una pittura che
affonda le sue radici nella lezione offerta dall’autonomia del gesto
e del colore materico dell’arte informale, di cui l’artista cuneese è
un noto estimatore, oltre che esserne a pieno titolo un esponente di
indiscusso valore.
Enrico Perotto
(Estratto dal Catalogo per la mostra personale
all’Art Gallery La Luna di Borgo S.Dalmazzo)
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Opere
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Walter Accigliaro
Walter Accigliaro
Costrizione, n. 1, 1970
cm. 100 x 70, olio su tela
Collezione privata, Monteu Roero
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Pittura, 1972
cm. 80 x 100, olio e pastelli oleosi su tela
Collezione privata, Alba
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Walter Accigliaro
Moto interno, 1973
cm. 80 x 100, tecnica mista su tela
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Walter Accigliaro
Da quel crocevia di umori, 1984
cm. 100 x 120, tecnica mista su tela
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Walter Accigliaro
Un freddo madrigale dall’altro io, 1993
cm. 100 x 150, tecnica mista su tela
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Walter Accigliaro
Nel freddo tempo di quella lacerazione, 1999
cm. 100 x 150, tecnica mista su tela
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pentameter
Walter Accigliaro
La forza della sua quiete, 2007
cm. 120 x 100, tecnica mista su tela
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Walter Accigliaro
L’emblema apparve entro un doppio fondo oscuro, 2007
cm. 100 x 150, tecnica mista su tela
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Walter Accigliaro
Dall’antro dell’attraversamento segreto, 2010
cm. 100 x 150, polimaterico su tela
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Walter Accigliaro
La coppa del mistero meduseo, 2011
cm. 100 x 150, tecnica mista su tela
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pentameter
esperien z e aniconic h e dagli anni ’ 6 0 ad oggi
Corrado ambrogio
Il Tanaro a Niella, 1980
tecnica mista su cartone telato, cm 60 x 50
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Corrado ambrogio
Preludio, 1989
pellame cm 46,7 x 46,7
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pentameter
esperien z e aniconic h e dagli anni ’ 6 0 ad oggi
corrado ambrogio
Corrado ambrogio
Ombra della notte, 1988
rame, cm 88 x 88
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In limine, 1989
materiale eterogeneo su vetroresina su tavola, cm 73 x 52,5
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pentameter
esperien z e aniconic h e dagli anni ’ 6 0 ad oggi
Corrado ambrogio
Corrado ambrogio
Striscia, 1991
impiallacciatura su tavola, cm 140 x 200
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Sacrale, 1991
legno, cm 142 x 166
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pentameter
esperien z e aniconic h e dagli anni ’ 6 0 ad oggi
corrado ambrogio
corrado ambrogio
Paesaggio monregalese, 1996
materiale eterogeneo su cartone, cm 100 x 70
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Alta moda, 2002
ferro, rame stagnato, h cm 165
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esperien z e aniconic h e dagli anni ’ 6 0 ad oggi
corrado ambrogio
corrado ambrogio
Viandanti, 2006-07
num. 5 elementi in legno h max cm 215
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Crocifissione, 2010
ferro, cm 23 x 45 x 14
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cesare botto
Composizione astratta, 1963
Olio su medium-density cm. 75 x 102
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cesare botto
Sezione planisferica, 1970
Tempera su tela cm. 95 x 130
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cesare botto
Apparizione, 1975
Tempera su juta cm. 60 x 110
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esperien z e aniconic h e dagli anni ’ 6 0 ad oggi
cesare botto
Nel tempo e nello spazio, 1988
Olio–Tempera su juta cm. 105 x 115
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cesare botto
Tensioni, 1989
Olio su tela cm. 100 x 100
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esperien z e aniconic h e dagli anni ’ 6 0 ad oggi
cesare botto
Il monte dei perché, 1990
Olio su tela cm. 80 x 100
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cesare botto
Advénture, 1992
Olio su tela cm. 70 x 70
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cesare botto
Jam Session, 2002
Tempera su tela cm.70 x 100
cesare botto
Osmosis, 2007
Olio su tela cm. 80 x 100
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cesare botto
España abstracta, 2009
Acrlico su tela cm. 90 x 70
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cesare botto
Il canto del sole, 2011
Acrilico su tela cm.150 x 120
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mario mondino
mario mondino
Punte, 1999
legno laccato, cm. 240 x 50
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Anello, 2000
acciaio, diam. cm 125
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pentameter
mario mondino
NIA, 2002
legno di abete, cm. 145 x 30
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mario mondino
Mazzaferrata, 2006
legno e viti, cm. 180 x 30
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pentameter
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mario mondino
mario mondino
Mandola a casa Cavassa, 2006
legno ciliegio e abete, diam. cm. 74 x h cm. 34
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Moriscos, 2006
acciaio dorato, cm. 100 x 120
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pentameter
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mario mondino
mario mondino
La musa dormiente, 2009
legno di ciliegio e viti d’ottone, cm 50 x 25
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Pendaglio, 2010
acciaio inox, cm. 45 x 145
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pentameter
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mario mondino
mario mondino
Medaglione, 2010
acciaio inox, cm. 140 x 50
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Trottola, 2011
acciaio inox, cm. 43 x 60
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pentameter
silvio rosso
La veglia del campanile, 59
cm.33,5x23, olio su cartoncino
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esperien z e aniconic h e dagli anni ’ 6 0 ad oggi
silvio rosso
Notturno dal balcone, 59
cm.33,5x23, olio su cartoncino
silvio rosso
Cherasco vecchio campanile, 65
49x39, olio su tela
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pentameter
silvio rosso
Fantasia Azzurra, 1966
cm. 101x74, olio su tela
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esperien z e aniconic h e dagli anni ’ 6 0 ad oggi
silvio rosso
Via Roma,35,1968
60x80, olio su tela
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pentameter
silvio rosso
1972-3 Colore e Colore - oggetto, 1975 Il Principe - Stazione di Hamlet
tecnica mista su legno
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esperien z e aniconic h e dagli anni ’ 6 0 ad oggi
silvio rosso
Palude Frammento, 1980
cm. 100x100, tecnica mista su tavola
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pentameter
silvio rosso
Invasione nera, 2000
cm. 160x160, tecnica mista su compensato
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esperien z e aniconic h e dagli anni ’ 6 0 ad oggi
silvio rosso
Colata lavica, 2006
cm. 106,5x120, tecnica mista su Medium Density
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pentameter
silvio rosso
Fondale, 2010
cm. 80x80, tecnica mista su compensato
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silvio rosso
Della Bellezza - Frammentazione, 2010
cm. 155x150,5 Tecina mista su compensato
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biografie
Walter Accigliaro è nato ad Alba (CN) nel 1950. Lì ancora
risiede ed ha il proprio studio. La sua formazione artistica è prettamente torinese. Ha studiato al Liceo Artistico Statale di Torino ed
all’Accademia Albertina delle Belle Arti (avendo precipuamente
come insegnanti Enrico Paulucci, Sergio Saroni, Mario Calandri e
Francesco Franco), fino al 1973. Dal 1980 al 2007 è stato docente
di Discipline Pittoriche all’Istituto Statale d’Arte di Asti. Nel 2007 ha
tenuto alcune lezioni all’Accademia di Belle Arti a Cuneo.
Dopo un’iniziale esperienza giornalistica ad Alba (“La Bilancia”, 1970–1973), dai trascorsi anni ‘70 Walter Accigliaro svolge
un’assidua attività nell’ambito dello studio e della salvaguardia dei
beni culturali nell’Albese. Come organizzatore culturale e studioso
d’arte, ha pubblicato saggi in riviste qualificate e pubblicazioni
coordinate con altri autori. Vari suoi libri e cataloghi sono stati editi
dal 1991 al 2010. Fa parte di alcune associazioni culturali ed occasionalmente svolge mansioni di consulenza per enti pubblici o per
istituzioni ecclesiastiche.
In ambito espressivo, Accigliaro ha allestito oppure partecipato ad esposizioni collettive o di raggruppamenti principalmente dal
1969 e mostre personali dal 1974. Nel corso delle sue esperienze ha fatto parte di alcuni gruppi artistici: 1971-1972 – “Langhe
2000”, 1989-1990 – “Progressiva 7”, dal 2006 - “Pentametro”.
Ha ottenuto premi e riconoscimenti in concorsi pubblici o bandi privati principalmente a: Santo Stefano Belbo (1974), Milano (1983),
Mondovì (1984), Torino (1986), Firenze (1994), Pisa (2004), Roma
(2008), Genova (2009) ed altrove. Inoltre, dagli anni ’70 Accigliaro
ha avuto modo di illustrare copertine di opere editoriali, di realizzare
manifesti per iniziative pubbliche, di illustrare le copertine di un disco
e di un cd-rom. Dal 1974 al 2008 egli ha pure predisposto stampe
d’incisione o litografiche per cartelle di grafica personali o collettive.
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pentameter
Nel 1987-88 ha pure sperimentato la ceramica ad Albissola (SV).
Fra le numerose mostre personali in gallerie d’arte ed in diverse
sedi espositive, si possono segnalare quelle di patrocinio pubblico a
Cuneo nel 1980 (Ordine provinciale degli Architetti), nel 1981 ad
Alba (Palazzo della Maddalena), a Torino nel 1983 (Teatro Nuovo,
Provincia di Torino), a Mondovì nel 1985 (Chiesa di S. Chiara), a Torino nel 1987 (Palazzo Reale, Regione Piemonte), nel 1995 a Barolo
(Castello comunale) e ad Acqui Terme (Palazzo Robellini), nel 2010
ad Alba (Chiesa di S. Caterina). Sono pure da rilevare le due esposizioni personali all’estero: nel 1985 a Parigi e nel 2005 a Muntelier
(Svizzera). Sono innumerevoli le sue partecipazioni a mostre collettive
o di gruppo, fra le quali si possono segnalare, a solo titolo esemplificativo: le Biennali d’Arte di Malta e di Genova, le notevoli rassegne
a Milano, ad Hong Kong, Torino, Cuneo, a Vancouver, Asti, Saluzzo,
Mondovì, Pisa, a Berlino, Alassio, Garlenda, a Roma ed altrove.
Inoltre, da vario tempo egli partecipa ad iniziative di mail-art
in Italia. Opere di Accigliaro sono in collezioni e sedi pubbliche
a: Acqui Terme (AL), Alba (CN), Asti, Barolo (CN), Bergolo (CN),
Cuneo, Muntelier (Svizzera), Piscina (TO), Quiliano (SV), Roma,
Sinio (CN), Tigliole (AT), Torre Pellice (TO), Valloria di Prelà (IM).
Nel 2010, oltre alle due mostre personali ad Asti e ad Alba,
vanno segnalate: la realizzazione di due dvd sul suo operato (Pentameter. Arte aniconica dagli anni ’60 ad oggi e Walter Accigliaro.
Dialoghi e testimonianze sul “fare arte”), il dono di una sua opera
all’Ambasciata d’Indonesia a Roma, la partecipazione al progetto
“EcoArte” ad Asti, la pubblicazione dei suoi Scritti riflessivi sul “fare
arte”. Nello stesso anno sono anche da rilevare le presenze di
sue opere nelle mostre collettive: “Pentameter. Arte aniconica nella
provincia cuneese” (Cuneo), “Paesaggio e oltre” (Demonte), “ Se
questo è l’uomo… Artisti a confronto sul tema della guerra“ (Borgo S.
Dalmazzo), “I volti dell’Africa. Progetto internazionale di Arte Postale
e Digitale” (Quiliano), “De pulchritudine” (Cuneo). La ricerca espressiva di Accigliaro e le sue esposizioni sono documentate sia da vari
cataloghi individuali (editi dal 1985 al 2010), sia da una cospicua
bibliografia di riferimento con scritti in riviste, cataloghi, pubblicazioni d’arte. Numerosi critici, giornalisti e studiosi dai trascorsi anni
’70 ad oggi si sono occupati del suo operato artistico, con vari temi
d’indagine e diversi spunti di lettura analitica.
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esperien z e aniconic h e dagli anni ’ 6 0 ad oggi
Corrado Ambrogio nasce il 3-5-1957 a Mondovì, dove vive
tuttora. Frequenta il Politecnico di Torino, laureandosi in Ingegneria
Meccanica. Esordisce come pittore nel 1974. La Regione Piemonte
nel 1988 gli dedica una personale nel Palazzo della Giunta, nell’ambito della rassegna “Proposte”, selettiva di valori emergenti. “Le sue
opere, caratterizzate inizialmente da una oggettuale ispirazione, acquistano con gli anni una sempre maggiore indipendenza dalla realtà intesa nei suoi aspetti più riconoscibili per instaurare un rapporto
nuovo con il vero, quasi contrassegnato da un carattere mentale più
che sentimentale: sino a manifestarne le suggestioni più vive negli
aspetti forse più segreti ed essenziali” (Angelo Dragone).
L’esigenza di sperimentare nuove regole e nuovi materiali lo
porta nel 1989 ad alternare le attività di pittore e scultore. Ha progettato e realizzato mobili ed elementi di arredo. Ha illustrato libri, tra i
quali ”Desiderio che avanza nelle mappe della materia” di Adonis,
Edizioni San Marco dei Giustiniani, Genova 1997.
“Nei suoi lavori utilizza per lo più materiali di base dall’apparenza sorda, vi stende sopra una gamma cromatica dalle minime
variazioni; usa anche superfici di supporto dal variato spessore, qua
e là con protuberanze, noduli, pieghe, scalfitture appena percettibili.
E ne vengono fuori dei pezzi, come dire, palpitanti; quasi vi pulsasse
dentro una vita segreta …” (Rossana Bossaglia).
La crescente attenzione allo spazio ed all’architettura è testimoniata dalla personale “Nuovi Occhi” nel centro espositivo della
Chiesa di S. Stefano a Mondovì (maggio 2007), curata da Marco
Vallora.
Nel 2008 è invitato da Luciano Caramel alla mostra “Scultura Natura, Oriente Occidente” - Biennale Internazionale di Scultura,
Castello di Aglié.
Nel 2010 ha allestito la personale “Oggetti-Concetti” presentato da Marisa Vescovo presso Art Gallery La Luna di Borgo S. Dalmazzo.
Si sono occupati in modo approfondito delle sue opere, tra
gli altri, a più riprese, Angelo Dragone (“Terrestri sortilegi di Ambrogio”, 1987; “Materiche metafore di Ambrogio”, 1988; “Uno sguardo retrospettivo”; 1998), Rossana Bossaglia (“Corrado Ambrogio”,
1996), Marco Vallora ( “L’amico dei materiali”, 2000; “Una notte,
due scarpe”, 2003; “Sguardi di legno”, 2007).
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pentameter
Cesare BOTTO è nato a Cuneo nel 1939.
I primi anni 50 segnano il suo esordio come autodidatta, frequenta lo studio di Ego Bianchi e nel 1958/59 segue un corso per
arti decorative a Cuneo. In questo periodo conosce Pinot Gallizio.
Nel 1959 vince il 1° premio Augustus-Minerva e tiene la sua
prima personale, a Cuneo nel ’60, presentato da Francesco Franco.
Continua l’approfondimento e l’impegno nello studio con una svolta
importante nel 1961 a Torino, frequentando i corsi di nudo all’Accademia Albertina e la scuola di F. Scroppo. Presenta in questo
decennio significative mostre personali (Bra, Mondovì, Pietra Ligure,
Loano, Savigliano), partecipa a prestigiose rassegne, tra cui nel
1964, a Orta San Giulio con Proverbio, Griffa, Zanibelli e a Cuneo
con Scroppo, Rosso e Politano, nel ’68, presentati da A.Galvano.
Nel 1969 è cofondatore del Gruppo “Antischema” (padrino
Carlo Munari) e ne sottoscrive il Manifesto sull’ anticonformismo
nell’arte.
È invitato alla Quadriennale di Torino dal Museo d’Arte
Moderna di Galati in Romania; alle Mostre Internaz. di Torre Pellice,
al British Art Fair di Londra, alla Promotrice Belle Arti di Torino a cui
aderisce fino al 2001.
Nel 1972 realizza le prime serigrafie e tiene una personale
a Savona.e al Castello di Barolo; 1973 personale ad Alessandria.
Partecipa successivamente ai premi Copparo, S. Vincent, Giaveno,
Rivoli, Città di Varese, Città di Imperia, Mondovì, al C.A.S. di Benevento, a Treviso, Palermo, Foggia, Parma, Roma, Milano, Udine,
Carignano, Asti, Nizza. La storia di Botto si colloca negli anni ’70
nella dimensione di una lucida indagine del reale che gli impedisce
un’atteggiamento passivo e conformista e, di conseguenza, gli vieta
una riproduzione ripetitiva e mistificante del mondo che lo circonda
(A. Rossi person. Galleria Arte-Base TO 1975).
Negli anni ’80 si dedica alla ceramica, alla grafica e alla
scultura e presenta al SACA di Bologna tre serigrafie. 1985 Spazio
Peira Bra; 1986 person. Gall.Briciole d’arte Parma. Nel dicembre
1991 Gruppo Scroppo al Piemonte Artistico-Culturale” di Torino e a
Luserna San Giovanni, (catalogo a cura di M. Contini G. Luzzi e F.
Scroppo). Nel 1992 aderisce al gruppo “Filo Rosso” (Milano 1988)
che organizza la mostra “ROMANIA-ARTE-ITALIA” al Museo dell’auto di Torino, al Romanian Museum di Galati e alla Galleria ARX (To);
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esperien z e aniconic h e dagli anni ’ 6 0 ad oggi
II Mostra Naz. Trivero. Riceve il 1° premio naz. Cesare Pavese.
1993: Arte-fiori Sanremo; l’ Expo Artisti a Pordenone; Incontro
scultori Italo Francesi Tenda; “Ai confini dell’Impero” (realizzata da
R. Baravalle e F. Poli con la Gall.Il Prisma Cuneo; Personale a Momdovì present. Gio Ferri.
1994:”L’Arte e il Mondo Animale” Sala delle Colonne di
Cuneo; Promotrice B.A Torino; “Solstizio d’Estate” Circolo Cultur.’La
Saletta’ Firenze; Ex Teatro Lido Spazio A­Firenze premio Saccarel
(scultura Italia-Francia) Ventimiglia Forte dell’Annunziata; “Artisti
Oggi” Centro Iniziative Culturali Voghera.
1995: Expo Promotr. B.A. Torino; Mostra itinerante ‘L’Arte per
l’Arte” Specchio dei tempi, Museo Civico Cuneo; Premio di Scultura
Saccarello present. di A.Mistrangelo;1996: Mostra “Antischema”
Cuneo-; 5°Prix Saccarel (Scultura) Tenda; Premio “Cesare Pavese”96; Sala d’Arte “A. Bertoni” Saluzzo; Promotrice B.A. Torino.
1998: Mostra personale Galleria Tronci Cuneo, presentazione
di Ida Isoardi; Illustra le copertine della” Storia della Civiltà” di Will
Durant per le Edizioni ARABA FENICE.
1999 Rassegna Internaz. Lomazzo (Como); Civiche collezioni
d’Arte Museo di Cuneo (catalogo con scheda di E.Perotto); Identità
Contemporanee 1950-70, Cuneo San Francesco, (presentaz. di
Marco Rosci); Prom.Belle Arti Torino; personale Gall.
La Fornace Mestre VE, presentaz. G. Biggi.
2000: Pittori Italiani “Foire de Valence” Francia; Personale“ai
Pirati”Venezia present. G.Gasparotti; Meeting scultura Triora-Imperia; PRIX Saccarello (scultura) BREIL Francia; Novembre d’autore Arte
in Santa Chiara Cuneo.
2001:NUOVI ORIZZONTI scultura in Ardesia, Taggia-IM.;
Rassegna per Ceriana Alba; Premio M. Olivero Saluzzo; “Arte Ceramica” Palazzo di Città Mondovì; “(F)atti d’arte” Palazzo al Valentino
Torino; Espoarte Museo Civico Arte Contemporanea Albissola M.
2002“Maestri Piemontesi” Cuneo; “Arte Contemporanea” Palazzo
del Governo-Cuneo.
2004:“GHIACCIAIA” installazioni underground Facoltà di
Agraria Cuneo; “9° Rassegna Internazionale” Manta; “Controlucetuttotondo” sculture S. Chiara CN; “58° Giornata del Progresso
Grafico” pubblica a Torino una litografia, testo di Giorgio S. Brizio;
Paesaggio e Natura” Biblioteca Civica Farigliano.
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pentameter
2005 “The Art Card” rassegna Sharjah Museum Emirati Arabi
Uniti; “Progresso Grafico” Agfa Palace Milano; Personale Galleria
Porta Rose ,Garessio (present. F.Giacosa); Premio Idea Valcerrina
(su invito di Gio Ferri e Ugo Nespolo); MULTISTRATI (Magau) arte
contemporanea Palazzo S. Giovanni Cuneo.
2006: Progetto Ellisse per il territorio; Contemporart Palazzo
Bertello–B.S. Dalmazzo; Personale a Fossano S. Giovanni; Operazione AURUM atélier Baroco Studio Eclecticà Torino; La rivista
Cuneo Granda un articolo su C. Botto a firma F. Barbero; Pubblica il
quaderno “la Grafica sconosciuta”.
2007: Italian Cultural Festival, (personale) Istanbul Turchia;
I labirinti dell’arte (ceramica) S.O.M.S. Mondovì; Aurum Atelier
Baroco Fondazione Delfino Cuneo; Morale della Favola Fondazione
Delfino CN; Personale Fondazione Peano CN present. E.Perotto.
2008 Buen Retiro Lugano pagine ticinesi.;-Nel colore della
fiaba S. Giovanni, Cuneo; PENTAMETER antica casa Servetti, Piozzo a cura di A. Abrate; Tra cielo e terra Art Gallery La luna, Borgo
S.D;”My World”; Sidac Studio Leiden Olanda; Segni Galleria D.
Torino; Unicredit Private Bank. CN; Colori e terre Antico palazzo
Com. Saluzzo 2009 Musica in.forme Paesana CN; Cantico delle
creature Chiostro S. Bernardino Saluzzo; Subterranea Centro Cult S.
Giuseppe, Alba; Collettiva Art Gallery La luna, Borgo S. D; Person.
Castello Rocca dè Baldi present. Gio Ferri, W.Accigliaro, F.Barbero.
2010:Se questo è l’uomo Borgocontemporanea Art Gallery Borgo
S.D; Aniconicart Pentameter Fondazione Delfino Cuneo, Mostra e
presentazione DVD; De Pulchritudine Palazzo Samone Cuneo (a cura
di A.Abrate E. Perotto).
2011: Macchine del tempo Art Gallery la Luna e Fondazione
Delfino Cuneo presentazione di R. Cavallo e M. Ottone; Pentameter
palazzo Salmatoris Cherasco a cura di Cinzia Tesio.
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esperien z e aniconic h e dagli anni ’ 6 0 ad oggi
Mario Mondino è nato a Morozzo, in provincia di Cuneo,
l’11/01/1949. Ha studiato Scultura all’Accademia Albertina di
Torino e, dal 1973 al 2007 ha insegnato Discipline Plastiche nei
seguenti Licei Artistici: il Primo di Torino, l’Arturo Martini di Savona
e l’Ego Bianchi di Cuneo. Ha partecipato con successo a numerosi
concorsi dal 1966, quando ha meritato la medaglia d’oro del Comune di Cuneo per un bozzetto sulla resistenza.
Nel 1967 ha esposto nella galleria Etruria di Cuneo per la
mostra collettiva New Arte di gruppo e con una personale nella galleria La Lanterna di Savigliano.
Nel 1968 ha reiterato la sua partecipazione alla rassegna di
New Arte di gruppo presso la galleria Etruria di Cuneo ed ha allestito una personale alla galleria La Lanterna di Savigliano, in cui ha
esposto studi di moduli spaziali e composizioni geometrizzanti dalle
originali risultanze formali.
Nel 1969 ha esposto in una collettiva di pittura a Benevagienna e ha partecipato alla terza rassegna d’arte alla Camera
Confederale del Lavoro di Torino.
Nel 1970 ha aderito alla mostra di giovani artisti presso la
Promotrice delle Belle Arti di Torino e alla seconda edizione della
mostra d’arte contemporanea Noi giovani oggi, la Resistenza ieri
al Palazzo della Provincia di Cuneo. A dicembre ha poi presentato,
presso la galleria d’arte 23/c di Torino le sue ricerche sull’impiego
del computer nell’arte.
L’anno successivo ha proposto all’ Accademia Albertina di
Torino il film Arte e Società. Nel 1984 ha eseguito a Pietrasanta il
monumento ai Caduti per il Comune di Morozzo (CN), nel 1998 ha
conseguito il premio speciale Provincia di Cuneo al Concorso di scultura C. Pavese a S.Stefano Belbo. Nel 2000 ha vinto il primo premio
alla 7ème edition du prix Saccarello a Breil sur Roya e ha partecipato a Riflessioni Plastiche, sculture alla Galleria d’arte contemporanea
al Palazzo Ducale di Pavullo (Modena), oltre che a Poems on the
rocks, poesie e segni nel ghiaccio, esposti in natura fino al loro scioglimento, a Bellino in Valle Varaita presso il Rifugio Melezé.
Nel 2001 ha esposto i suoi lavori nella Collettiva di pittura e
scultura curata da Clizia Orlando, La poetica dell’immagine: esperienze del contemporaneo, tenutasi a Volterra nelle Logge di Palazzo
Pretorio.
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pentameter
Nel 2002 ha partecipato alla 7° Rassegna Internazionale
d’Arte, Heinrich Heine, Wolfang Goethe, Eduard Morike, Passato e
Presente: Liebe, Leben und Tod, organizzata da Antidogma Musica,
Goethe-Institut Turin, Spazio Arte Collettiva in S. Maria del Monastero a Manta e nel 2003 alla collettiva di pittura, scultura, fotografia,
La Fortezza Ritrovata, tenutasi a Torino nel Palazzo Lascaris. Nel
2004 ha esposto alla rassegna curata da Angelo Mistrangelo, Scultori a Palazzo Cisterna e alle mostre L’acqua e l’ombra del tempo
al Rifugio Melezè presso Bellino, Ghiacciaia presso la Facoltà di
Agraria di Cuneo, Segni, poesie e note al Castello Faletti di Barolo,
Il segno sulla materia alla Fondazione Peano di Cuneo e La fortezza
ritrovata. The fortress Re-Discovered presso il Forte di Fenestrelle.
Nel 2005 ha partecipato alla performance multimediale coprodotta
dal Goethe Institute di Torino e dallo Spazio Arte di Saluzzo nella
chiesa di S. Maria del Monastero a Manta. Nello stesso anno ha
inoltre aderito alla Via del sale, collettiva di arte contemporanea in
alta langa e alla dodicesima edizione di Arte in piazza – Agorà.
Grandi formati a Bordighera alta.
Nel 2006 ha esposto nella caserma Musso di Saluzzo per 10
anni di Spazio Arte e Antidogma Musica, nella Gipsoteca D. Calandra di Savigliano per la seconda edizione di Rosa sonora. Omaggio
a Pietro Gallinotti, liutaio di Solero, nei giardini del palazzo del
parco di Bordighera per la tredicesima edizione di Arte in piazza
– Agorà. Grandi formati, nei giardini Fresia a Cuneo per Zooart
e a Casa Cavassa a Saluzzo per Memorie scolorite international.
Lo stesso anno ha inoltre illustrato con un acquerello il libricino di
poesia di Claudio Salvagno, omaggio a G. B. Bodoni per l’editore
Pulcinoelefante.
Nel 2007 ha partecipato alla rassegna Arte plurale al palazzo della Promotrice delle Belle Arti di Torino, alla quattordicesima
edizione di Agorà. Grandi formati nel centro storico di Bordighera e
al simposio di scultura a Carloforte, nell’ isola di San Pietro. L’anno
successivo ha aderito alla quarta rassegna internazionale d’arte
contemporanea Segni. Signs ’08 a Torino, e, in provincia di Cuneo,
ha esposto nella collettiva Pentameter a Piozzo e ad Arti vaganti a
Saluzzo.
Nel 2009 ha esposto le sue opere alle seguenti collettive:
L’ultima carovana, allestita presso la Fondazione Amleto Bertoni di
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esperien z e aniconic h e dagli anni ’ 6 0 ad oggi
Saluzzo, Orizzonti nel Castello della Lengueglia Costa Del Carretto,
a Garlenda, in provincia di Savona, La Malissia presso la Fondazione A. Bertoni di Saluzzo, Subterranea per il Centro Culturale San
Giuseppe di Alba e Metamorfosi nel Palazzo Oddo di Albenga.
Nello stesso anno ha inoltre allestito una personale nella Chiesa di
San Lorenzo, a Tigliole, in provincia di Asti, ha vinto la XIII edizione
del Premio di Scultura Cesare Pavese e si è classificato secondo alla
VIII edizione del Premio Nazionale d‘arte Città di Alba. In dicembre
poi ha partecipato a Potons d’unvern Baci d’inverno, un progetto
realizzato da un poeta e cinquantuno artisti per l’AIFO.
Nel 2010 ha realizzato due mostre personali: una a Cavour,
in provincia di Torino, nella Chiesa di S. Croce e l’altra nel Castello
di Rocca de Baldi, in provincia di Cuneo. Ha poi partecipato alle
seguenti collettive: Paesaggio e oltre, nel Salone del Comune di
Demonte, Madre Terra nel Castello della Lengueglia Costa Del Carretto a Garlenda e Madre Terra II nel Palazzo Oddo di Albenga.
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pentameter
SILVIO ROSSO, inizia, giovanissimo, a dipingere con esperienze figurative già incentrate sul colore e sul segno, anticipando
futuri sviluppi di una poetica orientata sia sul verbo informale che
sull’indagine materica.
Dal 1963 al 1966 è allievo di Filippo Scroppo a Torino. In
questo periodo inizia l’amicizia con Albino Galvano.
Il 1965 segna per Rosso una svolta importante con l’abbandono di ogni figuratività tradizionale e l’incontro con le poetiche
dell’informale.
Nel 1971 il pittore apre in Cuneo la galleria “Saletta Arte
Contemporanea” poi divenuta spazio interdisciplinare e laboratorio
serigrafico con il nome di Studioerre nel 1974, al cui interno
opera l’Associazione culturale Scala B, promuovendo pubblicazioni, dibattiti, concerti, incontri con poeti e attori teatrali, scambi con
realtà esterne, mostre d’arte contemporanea. Si dedica, per un breve
periodo anche alla scenografia ed al teatro collaborando con Roberto Mussapi, Giuseppe Conte, Milo De Angelis, Riccardo Cavallo
ed altri. Si tratta di una fase che vedrà la partecipazione alle sue
attività di personaggi quali Andrea Zanzotto, Giancarlo Pontiggia,
Nicola De Maria, Albino Galvano, per non citare che alcuni nomi.
Il punto qualificante della poetica di Silvio Rosso coniuga gestualità
e ideazione in una ricerca alchemica sul colore, messa a fuoco nei
primi anni settanta con le “Teorie Cromatiche” e “Trucioli” e
giunta a compimento con gli studi sulle possibilità metamorfiche della materia, e quindi di una autogenesi della pittura che avviene nel
tempo. Tale dimensione operativa ha informato opere come “Hamlet” (1975, testi di Roberto Mussapi) per giungere attraverso tappe
significative quali le Scacchiere del 1977/1978, monumentali
opere in cui il magma dorato e in “ebollizione” cerca di sovvertire il
geometrico ordine precostituito, riusc alla serie delle “Paludi” del
1979/1981, luogo magico per eccellenza di metamorfosi, in cui è
il tempo a far si che la pellicola di superficie, ma anche il substrato
si mutino in pelle, increspature, piaghe, lacerazioni, luci, bagliori,
riflessi, specchio, vento, attesa. Tali opere vengono accompagnate
dalla realizzazione di audiovisivi e film quali “Scene da una
decomposizione” (1976) e “A volo d’uccello” (1979), oltre
all’azione scenica “Dopo, il racconto” (1978), “Figure per
una fiaba”, illustrazione della fiaba di R.Mussapi “la bella riflessa
nell’acqua” e “La notte” (1980/1981), palude notturna, che insie88
esperien z e aniconic h e dagli anni ’ 6 0 ad oggi
me alla serie “Verso il mare” prelude ad un silenzio espositivo,
interrotto soltanto nel 1991 con la partecipazione alla collettiva “20
pittori della scuola di Filippo Scroppo” (Torino, Piemonte Artistico
e Culturale, e a Luserna S.Giovanni) e nel 1993, in Cuneo, con
l’adesione alla collettiva “Ai confini dell’Impero”, organizzata da R.
Baravalle.
Nel 1997, riprende l’attività artistica ed espositiva, sotto il
segno di tempi e direzioni mutati:
“Oltre la palude, “Prima del Tempo”, “Invasioni”, “Marine”, “Lagune”, “Ghiacci”, “Fogli di Calafell”,
“Lave”, “About Red and Gold” sono le serie pittoriche che sta
portando avanti da quasi quindici anni, in cui è, come sempre, attratto dal fascino delle possibilità metamorfiche della materia e della
Natura, che sono in primo piano nella sua ricerca poetico-pittorica.
Anche qui è l’elemento semiliquido il naturale veicolo di metamorfosi
e, quindi, di attesa della manifestazione dell’evento: l’incresparsi della superficie, come fosse mossa dal vento, il suo raggrumarsi, il suo
invecchiare, l’ineludibilità del tempo. La materia cromatica scorre,
cerca un passaggio tra barriere e grumi dorati per divenire, come
l’acqua della Palude e della Laguna, colore, pittura, fiume, mare.
Silvio Rosso, ha esposto a partire dal 1958 in numerose
personali e collettive in Italia e all’estero. Da citare, nel 1969, la
personale a Parigi nel Centro culturale Cigaps; nel 1979, le proiezioni di “A volo di uccello” e “Scene da una decomposizione” e la
rappresentazione di “Dopo, il racconto” al Palazzo dei Diamanti di
Ferrara (Sala Polivalente); nel 2001, “Policromo”, mostra antologica nel Castello di Barolo e la partecipazione, nel 2005, all’evento
“Chronos, il tempo nell’arte dall’epoca barocca all’età contemporanea”, tenutosi al Filatoio Rosso di Caraglio e, nel 2006, sempre nel
Filatoio Rosso di Caraglio e nella Galleria Art Dama di Calafell (Spagna), la personale “Fogli di Calafell” con presentazione dell’omonimo libro d’artista. Nel novembre 2009 la personale, nell’ambito
del progetto europeo SMIR, nello spazio culturale “Les Capucins” di
Embrun (Francia) e, in ultimo, nel febbraio 2010, la personale nel
Municipio di Cuneo e all’Art Gallery La Luna di Borgo S. Dalmazzo.
Da qualche anno fa gruppo nel PENTAMETER con W.Accigliaro,
C.Ambrogio, C.Botto e M.Mondino.
Numerose le testimonianze di critici e poeti sulla sua ricerca
pittorica.
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pentameter
esperien z e aniconic h e dagli anni ’ 6 0 ad oggi
ACCIGLIARO, AMBROGIO, BOTTO, MONDINO, ROSSO
Esperienze aniconiche dagli anni ’60 ad oggi
Uno sguardo attento nella provincia cuneese, lungo i decenni
tra gli anni ’60 e la fine del secolo XX, ci manifesta un fenomeno
d’arte che va considerato secondo una giusta visuale critica. Forse
non si può parlare di gruppo coordinato, né di una combinazione
programmata di esperienze espressive. Però va colto il dato comune
per avvicinare una serie non ampia di artisti che coerentemente svolgono le proprie ricerche in un ambito riconducibile ai limiti dell’astrazione lirica ed alla dimensione significante del segno, della materia
cromatica, del volume emblematico.
Effettivamente alcuni “parametri” distinguono queste individualità da altri artefici contemporanei, altrettanto rilevanti nel territorio provinciale: innanzitutto una certa vicinanza cronologica tra
loro (nascono tutti tra il 1939 ed il 1957), il costante svolgimento
delle loro ricerche nella non figurazione (avviate rispettivamente tra
il 1963 ed il 1974), la loro origine e permanenza abituale in questa
provincia, il parallelo concorrere a vitalizzare e concettualizzare
le esperienze d’arte nelle proprie zone d’attività. Cosicché si può
considerare che una generazione di artisti abbia sviluppato con
coerenza le tematiche dall’informale agli scenari aniconici. Cesare
Botto (Cuneo, 1939), Silvio Rosso (Cuneo, 1940), Mario Mondino (Morozzo, 1949), Walter Accigliaro (Alba, 1950) e Corrado
Ambrogio (Mondovì, 1957) possono costituire il nucleo forte di un
fenomeno che ha attraversato, per oltre un quarantennio e con altri
comprimari, le vicende culturali «ai confini dell’impero» (citando il
titolo di un’esplorativa mostra a Cuneo del 1993).
Gli avvenimenti e le proposizioni concettuali che hanno colto
le risultanze dell’informale europeo nell’Albese (dal 1955 al 1969)
ed a Cuneo (dal 1971 al 1979) non potevano essere smarrite
90
91
pentameter
oppure risultare soltanto quali esperienze importanti però infeconde.
Proprio nulla è avvenuto nella provincia cuneese dopo il “Laboratorio sperimentale per una Bauhaus immaginista” ad Alba, dopo la
sperimentazionme per il Sacro a Rodello, dopo la rivista “I 4 Soli”,
dopo il cuneese “Studioerre” e la rivista “Scala B” collegati con le
scritture e ricerche visuali? Oppure si tratta - per coloro che sono qui
presentati - soltanto di individualità epigoni dei vari Pinot Gallizio,
Piero Simondo, Franco Garelli, Albino Galvano, Adriano Parisot o
Piero Ruggeri? Infine, gli anni ’80 e ’90 in provincia sono trascorsi
invano?
Non vorremmo apparire né velleitari, né rinunciatari. Tuttavia,
neppure si possono limitare le esperienze di cui qui si tratta in una
forma residuale tra gli anni ’60 e ’70 del secolo scorso (periodo da
quale muovono le attive ricerche estetiche dei cinque artisti). Per di
più, dopo il concettualismo la fenomenologia artistica fa riscontrare
nuovi fermenti. Tra questi, negli anni ’80 si registra una forte ripresa
del fare pittura, dell’indagine espressiva nella forma e nella materia
plastica. In tale ambito un settore considerevole viene sviluppato
dalla post-astrazione, dal neo-informale (Magico primario) e da altre
modalità. È quasi una rivincita su ambiti più asettici, sulle “mode”,
come su certe esasperate (forse asfittiche) sperimentazioni, ma
restando ben distaccati dal “compiacimento localistico”. Così queste
cinque individualità artistiche (Pentameter) nella provincia cuneese
ritrovano ulteriori stimoli e motivazioni aggiornate.
Alba, ottobre 2006.
Walter Accigliaro
92
esperien z e aniconic h e dagli anni ’ 6 0 ad oggi
INDICE
PRESENTAZIONE
Licia Viscusi, assessore provinciale alla Cultura
pag. 3
PRESENTAZIONE
Claudio Bogetti, Sindaco Città di Cherasco
pag. 5
PENTAMETER: ACCIGLIARO, AMBROGIO, BOTTO, MONDINO, ROSSO
Cinzia Tesio
pag. 7
PENTAMETER
Francesco Poli
pag. 11
PENTAMETRO
Roberto Baravalle
pag. 17
Cenni critici pag. 23
opere pag. 27
biografie
pag. 79
Esperienze aniconiche dagli anni ’60 ad oggi
Walter Accigliaro
pag. 91
95
Finito di stampare nel mese di aprile 2011