guida didattica - Amapola progetti
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guida didattica - Amapola progetti
gui da a cura di d didattica C!VIVO...MEGLIO © Amapola - Progetti per la sicurezza delle persone e delle comunità via Belfiore 1bis 10125 Torino tel 011 6680527 fax 011 6694835 [email protected] novembre 2007 stampa: Litografia Cirone s.a.s, Torino è autorizzata la riproduzione parziale citando la fonte stampato su carta ecologica Cyclus Offset che ha ottenuto il marchio di qualità Ecologico Europeo C!VIVO...MEGLIO esperienze ludiche sulla sicurezza urbana per conoscere il proprio quartiere e i suoi abitanti, capirlo...cambiarlo? kit didattico per i bambini e le bambine delle classi quarte e quinte della scuola primaria E’ ormai opinione prevalente che l’impegno comune di Enti, Istituzioni, organizzazioni della società civile per migliorare le condizioni di sicurezza e le percezioni d’insicurezza dei cittadini implichi la ricerca di un equilibrio tra diversi bisogni, priorità, abitudini e comportamenti al fine di trasformare la promessa astratta di legalità e tutela delle regole in un più realistico miglioramento delle condizioni di vivibilità di un territorio e in una assunzione di responsabilità condivisa circa la qualità delle relazioni e degli spazi in cui viviamo. In quest’ottica si è sviluppato il progetto C!VIVO, promosso dalla Fondazione CRT, sostenuto dalla Regione Piemonte e realizzato dall’associazione Amapola. Obiettivo del progetto è stato promuovere, sostenere e qualificare le politiche locali di sicurezza nella regione Piemonte, tentando di offrire un contributo allo sviluppo di una nuova generazione di politiche pubbliche per la sicurezza. Coerentemente con lo spirito della riforma legislativa regionale piemontese in materia di sicurezza urbana, si è inteso sperimentare pratiche innovative che accompagnino l’evoluzione delle politiche e degli interventi a livello regionale, offrendo nuovi stimoli al dibattito culturale, politico e legislativo. Il presente kit didattico è il frutto di un’azione del progetto che ha voluto in via sperimentale allargare la consultazione su cosa e chi ci fa sentire insicuri, cosa e chi ci rassicura, quali sono le condizioni ideali di uno spazio urbano per poter essere vissuto serenamente e verso il quale sviluppare un senso di appartenenza tale da sentirlo proprio e meritevole di impegno e protezione. Si è voluto dirigere tale consultazione verso i bambini perché rappresentano la voce meno ascoltata negli ormai diffusi dibattiti sulla sicurezza urbana. Ci si occupa, talvolta, di loro in chiave preventiva, prendendoli in considerazione come gruppo a futuro rischio di devianza; quasi mai viene chiesto loro cosa ne pensino del rispetto delle regole da parte degli adulti oppure se amino la propria città e se vi si sentano liberi di esprimersi. I bambini delle tre scuole piemontesi che hanno lavorato alla progettazione e alla realizzazione di questo kit ci dicono fondamentalmente che è la conoscenza dei territori e di chi li abita a dare sicurezza. E’ una città più lenta, più pulita, più verde, più accogliente, più allegra, più rispettosa delle regole quella che vorrebbero. E certamente una città così diventerebbe un luogo che permette ai bambini e alle bambine di vivere liberamente le dimensioni del gioco e della scoperta, in spazi conosciuti e sicuri che favoriscono la conquista di autonomia e il rafforzamento del legame e della responsabilità verso la propria comunità. Questa sperimentazione ha condotto, dunque, alla realizzazione di questo kit didattico affinché diventi strumento di lavoro e partecipazione attiva per tutte le scuole primarie della regione sul tema della sicurezza e della vivibilità dei luoghi e degli spazi di relazione delle nostre città. Ci auguriamo che abbia così avvio un lavoro con i bambini, gli insegnanti e, indirettamente, le loro famiglie quali ideatori di una città più sicura e vivibile per tutti i cittadini, concentrandosi non solo sul piano dei problemi ma soprattutto su quello delle risposte. Si tratta di un tema sul quale i bambini possono non soltanto dire, ma anche fare molto. Agli adulti e alle istituzioni il compito e il dovere di ascoltare e prendere in considerazione visioni e proposte. Ai bambini e agli insegnanti che hanno partecipato alla realizzazione del kit va il nostro personale ringraziamento. Andrea Comba Presidente Fondazione CRT Mercedes Bresso Presidente della Regione Piemonte Formare cittadini autonomi, consapevoli delle proprie scelte e responsabili delle proprie azioni: è il compito principale del nostro sistema educativo. La scuola può centrare questo obiettivo solo muovendosi in sintonia e sinergia con le famiglie e i diversi soggetti del territorio. Formare i bambini di oggi significa contribuire alla cittadinanza attiva di domani; è da bambini che si fanno le prime esperienze di partecipazione collettiva, che si sviluppa la propria autonomia, che si può facilmente apprendere, in modo ludico ed attraverso l’esperienza diretta, l’importanza del comportamento sicuro e della prevenzione dei rischi nei diversi ambiti della vita quotidiana. I nostri bambini sono abitanti di città, di paesi, di quartieri che dovrebbero ripensare i propri spazi tenendo conto dei loro bisogni e dei loro diritti, che sono spesso gli stessi bisogni e diritti dei cittadini più deboli, delle persone diversamente abili, degli anziani, che spesso non riescono a usufruire di questi spazi perché non costruiti su loro misura. E’ fondamentale che i bambini possano muoversi in sicurezza, vivendo pienamente le aree pubbliche: dal cortile della scuola, al vicino parco giochi, al campo sportivo, alle vie ed alle piazze del loro quartiere. Proprio per far sì che i ragazzi possano muoversi consapevolmente dentro la propria città, l’Ufficio Scolastico Regionale, d’intesa con diverse Istituzioni locali, ha ideato e promosso il progetto “Ti muovi” volto a diffondere la cultura della sicurezza stradale, orientando verso forme di mobilità sostenibile e di prevenzione del rischio. Ridare autonomia ai bambini significa anche rivitalizzare e mettere in sicurezza le città. Il progetto C!VIVO affronta il tema della sicurezza urbana attraverso l’analisi qualitativa degli spazi: la costruzione di una città sicura parte dall’esplorazione dei luoghi più vicini e familiari per poi avventurarsi in quelli più lontani; ma non si ferma solo alle caratteristiche strutturali, pone attenzione anche alle relazioni, alle dinamiche sociali. Ciò porta ad una migliore conoscenza del luogo in viviamo ed al desiderio di renderlo migliore, di partecipare attivamente alla sua trasformazione. Questo kit didattico, nato dal coinvolgimento diretto di tre scuole piemontesi, prevede attività laboratoriali che sono perfettamente in linea con le nuove Indicazioni per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione, le quali richiamano l’importanza dell’esperienza diretta, attraverso i canali di percezione e motricità, per l’acquisizione del senso del sé fisico e la conoscenza dell’ambiente circostante. Esso rappresenta, quindi, un valido strumento per consentire ai bambini di appropriarsi dei propri spazi, di esplorare i contesti a loro noti e meno noti, in cui sentirsi sicuri ed a proprio agio. Francesco de Sanctis Direttore Generale dell’Ufficio Scolastico Regionale per il Piemonte chi ha realizzato questo kit? Questo kit non è stato pensato a tavolino. È stato progettato e costruito attraverso un percorso cui hanno preso parte tante persone. La traccia iniziale è stata elaborata da un gruppo multidisciplinare (un maestro, una regista, una psicologa, una pedagogista e un architetto). A partire da questa traccia, hanno poi lavorato, insieme al gruppo di progettazione, i bambini e le insegnanti di tre classi di diverse realtà urbane (un’area metropolitana, un centro medio e un centro piccolo), così da fotografare ed esplorare gli aspetti della sicurezza urbana caratteristici dei vari contesti. Attraverso un percorso di dieci incontri il materiale è stato testato, modificato, arricchito. Poi rielaborato per trasformarsi nel kit. Il tempo, l’energia e la passione delle persone che ci hanno lavorato hanno portato al risultato ora a vostra disposizione. gli autori sono: Federico, Greta, Michele, Alessandro, Davide, Jackelyn, Gaia, Noemi, Deborah, Sanata, Ilaria, Sara, Gabriele, Hilaria, Filippo, Simone, Marilena, Claudia, Mattia, Daniele, Stefano, Davide e Izaura della classe IV B, insieme alle insegnanti Maria Rosaria Piergiovanni, Elisa De Felice e Rosanna Paramatti e alla dirigente Maria Luisa Mattiuzzo della scuola elementare Margherita di Savoia di Torino, zona Lucento Vallette; Louan, Federico, Aurelia, Xheni, Gabriele, Agata, Bruna, Marco, Andrea, Gianluca, Yousra, Elena, Luca, Luca, Ivan, Filippo, Dhurata, Carlo, Mesit e Vincenzo della classe IV B, insieme alle insegnanti Luisa Aceto, Marisa Rabagliati e Paola Ubertazzi e alla dirigente Concetta Palazzetti della scuola elementare San Paolo di Casale Monferrato; Mattia, Erika, Gabriele, Emanuele, Federica, Marco, Eleonora, Andrea, Andrea, Kleida, Filippo, Giovanni, Anna Maria, Federica, Ingrid, Giuseppe, Antonio, Valentina, Andrea, Maria Elena, Arianna, Giulia, Giusy, Sara, Claudia, Elisabetta della classe V A, insieme alle maestre Renata Giudice e Graziella Tomaino e alla dirigente Alida Colombano della scuola elementare Don Milani di Trecate; Queste tre classi sono state individuate con l’aiuto del MPI, e in particolare di Silvana Di Costanzo. Il gruppo che ha progettato e realizzato il kit è composto da: Sara Caruso (psicologa, associazione Amapola), Marina Lallo (pedagogista), Eleonora Moro (regista e attrice), Marina Pelfini (architetto, associazione Amapola) e Dario Tognocchi (maestro, regista e animatore). In particolare, Dario Tognocchi ha scritto i racconti di A e O e la filastrocca Perché i bimbi san scherzare, musicata e cantata da Eleonora Moro e prodotta da Luciano Contino e Gianluca Senatore. Tutto il resto è frutto di un lavoro a più mani cui hanno contribuito tutti sotto il coordinamento di Sara Caruso e Marina Pelfini. Chiara Mossetti e Michela Bellino hanno realizzato il video. Ha collaborato alla realizzazione l’Istituto Europeo di design, in particolare: Erik Balzaretti e Marco Cassinera, direzione didattica e coordinamento; Annalisa Papagna e Cristina Bellacicco, con la supervisione di Elisa Vallarino, sono le autrici delle illustrazioni; Stefania Bertone ha realizzato la grafica; Davide Fiore e Nicolas Bronstein hanno animato la filastrocca. Grazie a tutti! cosa c’è nel kit? il kit è composto da due libri – la guida didattica rivolta agli insegnanti e il libro di classe per i bambini – e un DVD. Nella guida didattica, dopo una parte introduttiva, trovate 10 capitoli, 10 puntate che seguono la giornata dei due personaggi guida, A e O. Ad ogni capitolo corrisponde un incontro/laboratorio. Ogni capitolo è suddiviso in: un’introduzione al tema dell’incontro e una descrizione degli obiettivi che si vogliono raggiungere; la descrizione delle attività e dei giochi, con i materiali necessari e i tempi previsti; il racconto di A e O (che forse è meglio leggere ai bambini usando il libro di classe, che oltre alle illustrazioni ha anche un carattere più grande!); i box di approfondimento che, scritti da esperti, raccolgono alcune riflessioni e proposte sui temi legati ad ogni specifico incontro (“una riflessione su”); i box con il materiale raccolto durante i laboratori nelle tre classi pilota di Torino, Casale Monferrato e Trecate: tracce proposte alla vostra attenzione perché divertenti oppure utili come spunti sui quali soffermarsi (“dai laboratori pilota”); solo in alcune “puntate”, dei suggerimenti di ulteriori attività che si possono realizzare tra un incontro e l’altro. Il libro di classe ha la stessa struttura, i 10 capitoli della giornata di A e O. Riporta i racconti illustrati e poi alcune pagine destinate a raccogliere il materiale prodotto durante gli incontri, a volte anche con alcune proposte minime di rielaborazione. Se si vuole il libro di classe potrà diventare, alla fine del percorso, una sorta di diario di viaggio. Infine il kit contiene un DVD in cui trovate: il video del making of dei laboratori, che non solo vi permetterà di capire come si è svolto questo percorso sperimentale ma anche di raccogliere spunti per il vostro percorso personale e per avere un’idea di cosa pensano bambini, maestre e famiglie del complesso tema della sicurezza urbana; la filastrocca di A e O “perché i bimbi san scherzare” musicata e animata, che potrete usare quando riterrete opportuno, magari all’inizio del percorso, oppure meglio ancora alla fine, quale canzone celebrativa della strada portata a termine (un file video e audio e un file PDF da stampare); un brano musicale per accompagnare la lettura dei racconti; la traccia dell’intervista dell’incontro 8 (file PDF da stampare). che altro è C!VIVO? Il kit che avete tra le mani è soltanto un pezzetto di un lavoro più ampio e articolato sul tema della sicurezza urbana, un progetto realizzato a livello regionale che per due anni ha coinvolto un gran numero di persone, enti e soggetti locali: C!VIVO, sicurezza in libertà. C!VIVO è un progetto di Fondazione CRT e Regione Piemonte realizzato dall’Associazione Amapola, che parte dall’idea che la sicurezza nelle nostre città vada costruita collettivamente attraverso l’azione congiunta di istituzioni, soggetti locali e cittadini. Il progetto si propone, dunque, di promuovere e diffondere nel territorio regionale una cultura della sicurezza come politica integrata, offrendo occasioni di riflessione e strumenti di azione agli enti locali e ai diversi attori che, a vario titolo e a vari livelli, hanno competenze e responsabilità di gestione del territorio e possono migliorarne le condizioni di sicurezza. C!VIVO comprende una serie di azioni, alcune rivolte a soggetti istituzionali, pubblici e privati, affinché progettino e gestiscano politiche locali che siano coerenti con i bisogni dei territori e di chi vi abita; altre destinate a coinvolgere alcune categorie di cittadini, beneficiari delle azioni politiche per la sicurezza. Questo kit è il prodotto di una delle azioni, di seguito riassunte, in cui è articolato il progetto: A sensibilizzare gli amministratori locali per stimolarne la riflessione sulle politiche e interventi realizzati, sui problemi a cui hanno cercato di dare risposta e sul loro livello di efficacia. Questa azione si è conclusa accompagnando alcune amministrazioni, individuate come casi studio, ad ottimizzare il proprio operato nella progettazione e realizzazione di politiche di sicurezza. B ascoltare i bisogni, leggere le situazioni per promuovere una riflessione critica sulle rispo- ste possibili ai problemi di insicurezza. Con questa azione si sono attivati degli interlocutori un po’ inconsueti: le scuole, attraverso laboratori didattici con i bambini sul tema della sicurezza in tre aree sperimentali della Regione; l’università, cha ha realizzato un laboratorio per l’analisi dei messaggi e delle campagne di comunicazione pubblica e sociale; l’Istituto Europeo di Design, i cui studenti hanno ideato alcune campagne di marketing e comunicazione sociale sul tema della sicurezza. C confrontare i punti di vista attraverso seminari tematici aperti agli attori locali i cui risultati sono poi confluiti in una collana di quaderni tematici a disposizione degli amministratori. D sostenere lo sviluppo di Patti Locali per la Sicurezza. Ci auguriamo che questo kit, insieme agli altri prodotti di C!VIVO, possa rappresentare un contributo al consolidamento di un approccio multidimensionale alla sicurezza urbana e un invito a chiamare in causa anche punti di vista non consueti, ma potenzialmente utili al lavoro dei decisori politici e all’assunzione collettiva di responsabilità intorno alla qualità della vita. In questo caso i bambini, le scuole, le famiglie. Il kit offre una serie di strumenti utili ad interagire con la realtà che li circonda, tracciando un percorso destinato ad accompagnare i cittadini più piccoli e i loro educatori ad una maggiore consapevolezza intorno al tema della qualità degli spazi e dei modi in cui si abitano. Perché la qualità dei luoghi in cui viviamo dipende anche dai piccoli gesti quotidiani. per saperne di più su C!VIVO: [email protected] strad a ma estra e sco rc i a t o ie INDICE parte A pag. 8 perché un laboratorio didattico sulla sicurezza urbana? pag. 10 bambini in città: loro non sanno che si chiama qualità della vita pag. 13 istruzioni per l’uso: come compiere questo percorso e come usare questa guida la metodologia l’incontro tipo parte B pag. 23 ore 22.00: la notte pag. 33 ore 07.00: il risveglio pag. 41 ore 07.45: la colazione pag. 49 ore 08.15: da casa a scuola pag. 57 ore 10.00: l’intervallo pag. 63 ore 14.00: a scuola pag. 69 ore 16.30: il ritorno pag. 77 ore 17.30: la merenda pag. 85 ore 21.00: la sera pag. 93 ore 24.00: il sogno questo percorso è lungo e articolato, si può scegliere di farlo tutto o solo alcune parti. A pag. 14 trovate dei suggerimenti a questo proposito. PARTE A UNO perché un laboratorio didattico sulla sicurezza urbana? “Il controllo spontaneo dello spazio da parte degli abitanti può avvenire solo in una città vitale, vivace, in cui le strade sono usate di giorno e di notte, il cui ambiente non degradato ispira fiducia e senso di appartenenza, una città fatta di quartieri che il cittadino ama, con cui si identifica e che quindi è pronto a difendere” J.Jacobs da Vita e morte delle grandi città americane, 1961 Un laboratorio didattico sulla sicurezza urbana. Intanto perché lavorare sulla sicurezza urbana? Le ragioni forti ci sembrano essenzialmente due: la prima, perché se ne parla sempre di più ed è fonte di preoccupazione diffusa tra i cittadini, la seconda perché è ormai consolidato che condizioni accettabili di sicurezza per la comunità siano frutto di un impegno condiviso tra istituzioni e cittadini, attraverso tutte le loro forme di partecipazione organizzata. E poi: cos’è la sicurezza urbana? La sicurezza urbana, o di un territorio, è quell’insieme di condizioni sociali, ambientali, economiche, abitative e di rispetto della legalità che permettono a tutti di vivere serenamente senza sentirsi minacciati da qualcosa o da qualcuno. Chiediamoci che cos’è un luogo sicuro. Un luogo sicuro è un luogo in cui non ci sentiamo condizionati nelle nostre azioni e nei nostri movimenti. E una città sicura è una città in cui ci si sente liberi di muoversi, sostare, incontrarsi, giocare…certo, a seconda del fatto di essere un giovane ragazzo in motorino, o un’anziana signora che vuole riposarsi su una panchina, o un gruppo di bambini che vogliono giocare in cortile, percepiremo vincoli e possibilità diverse nel modo di vivere i nostri spazi. Esistono però alcuni elementi comuni a tutti nel vivere un territorio, tratti che caratterizzano uno spazio, qualità che concorrono a definire che tipo di lettura ne facciamo e quale sensazione viviamo nell’attraversarlo. Quando camminiamo o ci spostiamo per la città, la sensazione che proviamo di sicurezza e tranquillità, o viceversa di disagio o timore, si lega a quanto ci sono familiari i percorsi, a quanto conosciamo le altre persone che li vivono, a quanto ci sembra che siano rispettate le regole del vivere comune. Dicono i sondaggi che gli abitanti delle città che dichiarano di sentirsi insicuri, in generale si dicono invece sicuri quando si tratta di esprimere un giudizio sul proprio quartiere, anche se a uno sguardo oggettivo tanto sicuro questo non è. Nei luoghi che conosciamo, che ci sono familiari, ci sentiamo più tranquilli. In definitiva la sicurezza urbana si compone di due dimensioni: la prima che si riferisce alla criminalità e al controllo della stessa, e la seconda che include tutto ciò che non è reato, ma che influisce sulla vivibilità dei luoghi, e può essere definito disordine, sociale o ambientale. 8 Per quanto riguarda la dimensione legata alla criminalità, un lavoro proposto nella scuola primaria non poteva che collocarsi in un’ottica di prevenzione. Una interessante teoria criminologica , a partire da studi sul comportamento deviante o delinquente, ci descrive la “de-linquenza” come assenza di legami, con se stesso, con gli altri, con la propria comunità, con la natura e la società in genere. Il percorso del kit si ispira proprio a questo approccio: propone come strategia preventiva un lavoro sulla ri-costruzione dei legami (re-liance), ossia sul senso di appartenenza e di inclusione delle persone nella comunità di riferimento. Ma le bambine e i bambini possono essere interpellati e resi protagonisti non tanto, e non solo, in un’ottica preventiva. In realtà, ormai tutti prendono la parola nel diffuso dibattito sulla sicurezza urbana cui facevamo riferimento all’inizio. Nessuno però si è mai sentito in dovere di chiedere un parere ai cittadini più piccoli su cosa e chi li fa sentire sicuri o insicuri, sul rispetto da parte degli adulti delle regole e se le città organizzate dai grandi li fanno sentire accolti e liberi. Questo laboratorio didattico vuole anche attivare un percorso di riflessione e di partecipazione dei bambini su questi punti. E ci sono tantissime cose di cui parlare: la cura dei luoghi, l’animazione di un quartiere, l’illuminazione, la presenza di esercizi commerciali, la pulizia…. Questa seconda dimensione, la sicurezza in termini di vivibilità dei luoghi, è anche quella che accomuna il bambino e l’adulto. La conoscenza e la familiarità con i luoghi si traducono sia per l’adulto che per il bambino in percezione di sicurezza, in consapevolezza di libertà di azione e di movimento, in senso appartenenza e di responsabilità verso ciò che ci circonda. Insomma i fattori che contribuiscono a sentirsi sicuri o no in un certo territorio dipendono dalla qualità degli spazi e delle relazioni sociali che in essi prendono forma. La conoscenza e la familiarità con i luoghi diventano così lo scopo di questo percorso progettuale, che sceglie come obiettivo la costruzione di relazioni con i luoghi e con la comunità, che lavora sulla qualità degli spazi e delle relazioni sociali per provare a costruire il senso di “casa”, del “sentirsi a casa”. Questo approccio è stato scelto anche perché consente al singolo cittadino –bambino o adulto- un margine d’azione, e perché ci si rivolge ai bambini, e con loro si vuole puntare l’attenzione sul lato positivo della medaglia, su come si può contribuire a costruire una città sicura, in cui si può vivere meglio. Un altro punto che spinge a concentrarsi sulla qualità degli spazi e delle relazioni è la validità di questo approccio in qualsiasi tipo di contesto: dalla grande città al paese, dal quartiere problematico a quello invece tranquillo e, qualsiasi sia il contesto, è sempre migliorabile e c’è sempre qualcosa che può essere fatto. “I bambini, fin da piccoli, sono capaci di interpretare ed esprimere i propri bisogni e di contribuire al cambiamento delle loro città. I loro bisogni coincidono con quelli di gran parte dei cittadini, specie quelli più deboli. Vale quindi la pena dare loro la parola, chiamarli a partecipare, perché forse in loro nome e per il loro benessere è possibile chiedere ai cittadini adulti quei cambiamenti che difficilmente sono disposti ad accettare e a promuovere per altre motivazioni” (La città dei bambini, CNR, 1991). C!VIVO…meglio propone un piccolo percorso di cambiamento, un seme per provare a trasformare, giocando, i luoghi in cui viviamo. Buon divertimento. 1 Katholieke Universiteit Leuven, Projet Reliance, Projet ‘Criminalité et Vision du monde’ , section de Criminologie, faculté de Droit. 9 DUE bambini in città: loro non sanno che si chiama qualità della vita “Bisogna sempre spiegargliele le cose ai grandi. I grandi non capiscono mai niente da soli e i bambini si stancano a spiegargli tutto ogni volta” da Il piccolo principe C!VIVO. C!VIVO bene, C!VIVO meglio. Perché conosco un po’ di più. Perché ho sperimentato un modo diverso per guardare, ascoltare, annusare e assaggiare oggetti, relazioni, emozioni e spazi che, tutti i giorni, incontro. Questa la scommessa di C!VIVO. L’hanno sperimentata tre classi di bambini e bambine che abitano realtà molto diverse ma che, per molti versi, si assomigliano. Perché sono bambini. E loro, i bambini e le bambine, hanno giocato con noi al gioco del C!VIVO. Come solo i bambini e le bambine sanno giocare. Sì, perché comunque i bambini e le bambine fanno e hanno sempre partecipato volentieri alle attività creative del disegno,del teatro, dell’invenzione di storie... Noi, nel gioco del C!VIVO, abbiamo utilizzato queste tecniche per parlare, con leggerezza, del pesante tema della sicurezza urbana. Con loro abbiamo parlato delle azioni del quotidiano, dei rituali, dei luoghi e degli spazi che ogni giorno attraversano per scoprire, insieme, quali paure, desideri, relazioni, vicinanze e lontananze percepiscono. E loro, i cittadini più piccoli, ancora una volta si sono dimostrati cittadini attenti e consapevoli, capaci di parlare con competenza di quella che noi grandi chiamiamo “qualità della vita”. Loro non sanno che si chiama così ma sanno perfettamente cos’è. I bambini e le bambine che abbiamo incontrato ci hanno dimostrato di essere soggetti forti, ricchi e competenti; cittadini a tutti gli effetti, soggetti di diritti oltre che di bisogni, capaci di proporre teorie interessanti e provocatorie, attenti osservatori della realtà che li circonda, possessori di una spontanea e profonda sensibilità ecologica, dotati di un forte senso di responsabilità, originalità e creatività che li rende capaci di trovare risposte a quesiti che per noi adulti sembrano irrisolvibili. Noi grandi lo sappiamo che un mondo a misura di bambini è un mondo migliore per tutti, che il benessere dei più piccoli è la cartina tornasole della qualità della vita e che, pensando al loro futuro si pensa al futuro di tutti. Ma, nonostante ciò, continuiamo a progettare città che rispondono, probabilmente, nella loro organizzazione, alla soddisfazione di standard urbanistici di utilità primaria ma rivolgono scarsa attenzione e rispetto al diritto dell’infanzia allo spazio per il gioco libero e la socialità, limitando così lo sviluppo 10 della loro autonomia. Le nostre città, in realtà, sono sempre più sede di pericoli. Molti bambini posseggono, infatti, una chiara mappa dei luoghi che non devono frequentare, ma difficilmente ne possiedono una altrettanto chiara, dei luoghi che possono frequentare. Ne consegue inevitabilmente il privilegio ad una vita coatta in casa o entro le istituzioni specificatamente destinate a loro con un presupposto inquietante: solo il controllo dei piccoli garantisce la tranquillità. Dei grandi. Ma questa tranquillità ha un costo non trascurabile nello sviluppo delle abilità dei bambini. Sperimentando nuove emozioni prive del riparo protettivo di un contenitore il bambino può acquisire autonomia e affermazione di sé. Queste esperienze appagano la sete di eccezionalità, di tensione al superamento contro l’adattamento, dell’emozionante contro il noioso, dell’avventuroso contro l’abitudinario... La “ vita pubblica “ si è svolta per secoli nelle strade e nelle piazze, viste come luoghi positivi di incontro con gli altri; la casualità degli incontri era data dalla disponibilità di spazi collettivi, senza una destinazione specifica, spazi in cui liberamente si svolgevano delle attività e si intrattenevano delle relazioni. Le chiassose bande di bambini nelle strade e nelle piazze sono molto diminuite rispetto agli scorsi decenni. Non che una volta bambini e ragazzi fossero meno controllati, ma lo stesso controllo era in parte socializzato, apparteneva ai genitori ma anche a tutti gli adulti responsabili che si fossero trovati per strada. Il sistema dei divieti e delle licenze, dei pericoli e delle possibilità, era ampiamente condiviso; i bambini e i ragazzi ne prendevano consapevolezza vivendo attivamente e quotidianamente il loro territorio. Oggi questa realtà è solo un ricordo. Oggi le piazze sono luoghi di congestione. Le vie poi, non si presentano più come piccoli “universi umani” ricchi di comunicativa, storia, voci e sapori, ma sembrano racchiudere in sé unicamente elementi di pericolosità. Queste condizioni strutturali finiscono col limitare enormemente la libertà di movimento e di azione dei bambini e delle bambine. Così, tale libertà si esercita in ambiti ristretti, che al più si estendono fino ai confini del proprio quartiere. Qui sembrano ergersi gigantesche Colonne d’Ercole, oltre le quali vive un ignoto che prende le forme di un diabolico ed intricato labirinto capace di imbrigliare chiunque vi penetri, a meno che non sia accompagnato da una attento e disponibile “genitore taxi”. Nelle situazioni metropolitane, oggi, lo spazio si specializza progressivamente, ogni attività tende a svolgersi in un recinto vietato ai non addetti. La strada e la piazza, unici luoghi per certi aspetti non specializzati, non sono più sede di scambio e di incontro tra persone ma, a loro volta, si sono specializzate divenendo la sede del traffico urbano. Ne risulta che si è nei posti in cui si deve fare qualcosa di preciso, si passa dai posti in cui non si può fare nulla di preciso. Anche attività libere come il gioco, la corsa, il movimento si svolgono in ambienti specializzati e dentro la sfera del controllo. In un’epoca di grande e crescente mobilità questa limitazione esprime pericolosità, paura e sottostima da parte del mondo adulto rispetto a quello infantile. 11 Affrontare il tema della sicurezza degli spazi del quotidiano comporta, oggi, affrontare temi di grande complessità sociale e di cambiamenti che sempre a maggiore velocità ci coinvolgono. Famiglia, scuola, consumi, relazioni sociali ed ogni altra esperienza si dilatano nel tempo di vita dei bambini e delle bambine, esigono ore, minuti, spazi che tendono a disporsi secondo schemi precisi e fortemente strutturati. La giornata, la settimana, l’anno tendono a fissarsi in un’insieme di cose da fare, costituiscono impegni assunti e da rispettare. Oltre all’impegno scolastico che occupa buona parte della giornata esiste oggi un secondo tempo programmato e definito che attraversa i pomeriggi dei bambini e delle bambine. Quella di oggi è la prima generazione di ragazzi i cui tempi di vita sono sottratti massicciamente all’intervento dell’imprevisto e della casualità riducendo la possibilità di fare esperimenti di autonomia capaci di insegnare una preziosa abilità: l’arte di arrangiarsi, di sbrigarsela. Peccato. Perché, come dice Pippi Calzelunghe: “Il giorno in cui mi capiterà di sentire che un bambino si rattrista all’idea di arrangiarsi da solo, senza l’intrusione dei grandi, giuro che imparerò l’intera tavola piragotica all’inverso!” 12 TRE istruzioni per l’uso: come compiere questo percorso e come usare questa guida L A M E T O D O LO G I A il teatro come strumento leggero per percorrere strade complesse Quello che viene proposto in questo kit è un percorso esperienziale di incontro, scambio e conoscenza che coinvolge bambini e insegnanti. Ciò che segue sono indicazioni metodologiche su come utilizzare questo libro: abbiamo raccolto pratiche, commenti, racconti, saperi e suggestioni e ora vi offriamo questo piccolo patrimonio in modo che voi possiate utilizzarlo, farlo vostro, modificarlo, arricchirlo. I laboratori proposti non prevedono percorsi fissi e prestabiliti ma vengono costruiti momento per momento dagli attori che ne fanno parte. I bambini in particolare, con le loro domande, la loro immaginazione, la loro voglia di raccontare hanno una sorta di potente capacità di far mutare il corso delle cose, quelle che noi adulti avevamo così ben pianificato e previsto. “Il programma non si situa fuori dallo spazio dell’educare, lontano da me e dai miei allievi, ma si pone come qualcosa che “noi” dobbiamo “recitare” (Antonacci, 2001). La nostra proposta non è dunque quella di fare del teatro sui temi della vivibilità delle nostre città, ma quella di portare un po’ di teatro nella gestione e nell’animazione di questo percorso. Ci è sembrato opportuno offrire suggestioni e indicazioni per accrescere le proprie competenze comunicative, utilizzando anche, tre le altre, tecniche teatrali, immaginando che adulti e bambini possano provare insieme ad esplorare e costruire storie che si facciano ascoltare e raccontare. Teatro che è gioco, ma è anche trama avvincente che, attraverso la narrazione, può veicolare implicazioni emozionali -prima di tutte la curiosità- e rendere dinamici e attivi i contenuti dell’apprendimento. Educare dunque attraverso tecniche teatrali, per rendere le cose diverse da come sono nella quotidianità, sperimentare sguardi nuovi, offrire la possibilità di un’esperienza che non è possibile altrove. I bambini sono stimolati a riflettere sulla vita di tutti i giorni, sulle persone che incontrano, su aspetti e momenti che provocano inquietudine, divertimento, curiosità: dalle loro riflessioni giungono domande, risposte, provocazioni, altri racconti, nuovi scenari, che l’adulto è chiamato a raccogliere, contenere, restituire. Il testo proposto attraverso la narrazione -la giornata di A e O- diventa così un pretesto per accompagnare i bambini nel mondo della riflessione, per proporre temi, stimolare le domande e guidarli nelle attività. Vi si propone di condurre la vostra classe attraverso questo percorso in qualità di guida/animatore. Senza pensare di dover essere o diventare attori per farlo, ma semplicemente di seguire le attività proposte e i piccoli consigli tecnici che vengono suggeriti per portarle avanti in maniera interessante e divertente. Il percorso è strutturato in dieci incontri, il cui tema narrante è la storia di A e O (i due personaggi guida) e il particolare momento della giornata che stanno vivendo. Si parte dalla notte, per trascorrere 13 con A e O tutto l’arco della giornata e poi arrivare alla sera successiva avendo compiuto un piccolo percorso di crescita. Questo schema, con le attività e gli approfondimenti tematici, è concepito sia per essere eseguito nella sua interezza, sia per essere utilizzato in modo parziale, scegliendo solo alcune delle sollecitazioni proposte. Ogni incontro è costruito attorno alla medesima struttura e prevede attività diverse per una durata di circa un’ora e mezza. E se non c’è tempo di eseguire tutto il percorso dei dieci incontri? Vi suggeriamo di leggere comunque tutta la storia, perché per i bambini è un vero peccato appassionarsi per qualcosa senza sapere come andrà a finire… Per quanto riguarda gli incontri, e le relative attività, potete sceglierne qua e là solo alcuni. Vi proponiamo due percorsi tematici più brevi: da me a te: alla scoperta delle mie reazioni, emozioni, relazioni. INCONTRI n.1, n.2, n.3, n.5 (e se volete sempre incontro n.9 e n.10, in cui si organizza e realizza un piccolo momento di festa e scambio) da dentro a fuori: alla scoperta del territorio attorno a me, e delle persone che lo abitano. INCONTRI n.4, n.5, n.7, n.8 (e se volete sempre incontro n.9 e n.10). L’ INCONTRO TIPO Come si diceva, la struttura di ciascun incontro segue grossomodo lo stesso schema. Per ogni attività è indicata la durata approssimativa: come nelle ricette di cucina, il tempo è soggettivo, e dipende da tanti fattori. Non vi preoccupate se ci mettete di più, o se decidete di saltare delle parti quando il tempo è tiranno. La struttura prevede: A il gioco dei nomi create un cerchio con gli allievi, in modo che ci si possa vedere tutti in faccia. Tutte le attività che prevedono ascolto, scambio di opinioni e racconti si svolgono preferibilmente in cerchio. Il cerchio non è solo un luogo fisico: è una forma di relazione cooperativa e circolare, in cui è facilitato il coinvolgimento di tutti i bambini e l’espressione di voci e pensieri in forma dialogica. Il gioco è semplice: ciascuno dice il proprio nome uno per volta, seguendo l’ordine del cerchio, e vi aggiunge qualcosa, un gesto o una frase. In ogni incontro sono suggerite alcune varianti, riguardanti i temi che si tratteranno durante l’incontro. Lo scopo del gioco è quello di costruire un rituale che segni l’inizio ludico degli incontri, sempre uguale ma anche un po’ diverso, che contribuisca a riscaldare il “clima” e mettere tutti a proprio agio. B la storia di A e O È il momento della narrazione e dell’ascolto della “puntata” del racconto di A e O (i personaggi guida). Ogni puntata descrive un momento particolare della loro giornata, partendo dalla sera e facendo 14 “il giro dell’orologio” fino alla notte successiva. Il racconto coinvolge i bambini in modo immediato, ne cattura la curiosità, e costruisce le premesse per introdurre il tema dell’incontro e le attività che si propongono. Attraverso il racconto presentiamo temi della vita quotidiana, ma non abbiamo la stessa pressante urgenza di risolverli che nel mondo esterno; i personaggi ci assomigliano ma non sono “noi”, e così creiamo uno spazio privilegiato e rituale dove, date alcune regole comuni, possiamo pensare, immaginare, emozionarci, cambiare qualcosa. C giochi, esplorazioni o attività Si tratta di esperienze attraverso le quali i bambini raccolgono materiale, osservano scenari, esprimono punti di vista e raccontano sempre qualcosa di sé. E’ importante sottolineare che questi giochi non hanno vincitore e sconfitto, che tutti possono partecipare e che nulla di ciò che sarà detto o prodotto nel corso degli incontri sarà “giusto” o “sbagliato”: è importante che i bambini possano parlare apertamente, senza paura di essere giudicati. Le attività ed i giochi possono essere: - giochi di “riscaldamento”: sono attività che servono alla costruzione del clima di gruppo, a prendere confidenza con se stessi e con gli altri, finalizzate al “risveglio” del corpo, della voce e dell’espressività, in modo da preparare il terreno alle altre esperienze di gioco e condivisione - giochi teatrali: sono giochi di vera e propria MIMESI, laddove il noto dispositivo “facciamo finta di..” creerà le premesse per costruire rappresentazioni fittizie, nel senso di simulate e costruite da noi, della realtà, improvvisando battute e scenografie che condurranno bambini e insegnanti nei panni dei compagni, di un vicino, di un signore di tanti anni fa, della nonna, del vigile urbano, e magari anche di un semaforo, di una panchina.. - attività tematiche: ogni incontro, prendendo spunto dalla storia di A e O, si snoda attorno ad un tema principale. In alcuni incontri tale tema viene esplorato attraverso un’unica attività che occupa, a parte i rituali saluti di inizio e fine incontro, tutto il tempo a disposizione. D le conclusioni La lettura, il gioco, le attività non sono che occasioni dalle quali partire per far germogliare pensieri, immaginare ipotesi esplicative di ciò che si è visto, esplorato, assaggiato, raccogliere interrogativi, ascoltare esperienze. Per questo riteniamo che alla fine di ogni incontro sia fondamentale ricreare il cerchio e dare ai partecipanti la possibilità di dialogare e “fare il punto” sull’esperienza fatta. Per dare a tutti la possibilità di esprimersi, e di ascoltare, è opportuno costruire un contesto protetto, in cui, attraverso l’osservazione di qualche semplice regola, sia data la giusta importanza alla parola di ognuno, bambino o conduttore. Potete negoziare insieme queste regole, oppure ribadire voi all’inizio degli incontri quelle che usate di solito nelle situazioni di discussione e condivisione. Le due regole importanti da ricordare ancora una volta sono: parlare uno per volta e non commentare, né prendere in giro, quando qualcuno parla o racconta di sé. E se le voci non si placano, e la classe non riesce a restare in ascolto attento? Provate con il gioco del tre: fate un tre con la mano alzata e stabilite che, quando lo fate, tutti devono imitare questo gesto stando in silenzio. Il tre diventerà due, poi uno, poi zero solo quando il silenzio sarà completo. Ci vuole un po’ di tempo e di pazienza, ma se usato con moderazione, funziona! 15 La guida adulta conduce i bambini facendo domande, promuovendo l’ascolto reciproco e dando alcune ipotesi di lettura. L’obiettivo non è quello di trovare necessariamente un punto fermo valido una volta per tutte, ma provare a trovare soluzioni e chiavi di lettura per le questioni emerse durante l’incontro. E il saluto finale È importante cercare un modo speciale di congedarsi, che si ripete ogni volta e che segna il termine del tempo dedicato al nostro tema. Si segna così il confine dell’attività di quel giorno, ma si rimanda alla possibilità di continuare “il viaggio”. I bambini hanno bisogno di riti. Anche se non sono più così piccoli da aver bisogno della favola sempre uguale che li conduca nel mondo della notte, il rito accompagna i momenti importanti della quotidianità, dà sicurezza e protezione quando vengono meno le coordinate abituali, dà conferme alla propria identità e al legame con chi fa parte della loro vita. Così, come ci ricorda la volpe ne “Il piccolo principe”, il laboratorio sarà ancora più speciale se verrà sempre alla stessa ora, nello stesso giorno della settimana, magari in uno spazio dedicato, diverso dall’aula di lezione, uno spazio più ampio e accogliente, o semplicemente nell’aula, che si renderà diversa, spostando banchi e sedie e ricavando uno spazio libero in cui sedersi tutti in cerchio. Quindi, inventate il saluto come preferite: ad esempio, ritornati in cerchio, potete prendervi tutti per mano e declamare una piccola filastrocca. “ciccia ciccia bau bau per questa volta ci diciamo ciao” oppure “guardo avanti e guardo intorno, continuiamo un altro giorno” oppure “stendo le dita, apro le mani, ci salutiamo e vediamo domani”. Alcuni “trucchi” del conduttore. Gli esercizi e le tecniche che stanno alla base delle attività proposte in questo kit - adattate ad hoc per i bambini- derivano dalla scuola per “diventare attore” che molta diffusione ha avuto in Italia a partire dagli anni 60, e sono utilizzate anche nella formazione relativa a professioni come quella dell’animatore e l’educatore professionale. Ecco alcuni consigli di base da usare, se volete, durante gli incontri: - a seconda del momento, potete scegliere se condurre il cerchio “dal di dentro” o “dal di fuori”. Stando all’interno, vi troverete nella stessa posizione dei bambini, e ciò vi consentirà di mettervi in gioco, in modo diretto e giocoso (ad esempio durante il gioco dei nomi e durante il saluto finale). In altri momenti potrete invece portarvi in una posizione più marginale, sia per quanto riguarda la posizione che l’atteggiamento, e lasciar svolgere le attività solo ai bambini; - per tenere viva l’attenzione potete provare a gestire con teatralità la vostra voce e la vostra presenza. Si può variare il tono, il volume e l’andamento ritmico a seconda delle “tinteggiature” emotive dei diversi momenti. Se vi piace questo “gioco” potrebbe essere particolarmente utile nella lettura del racconto. Potete inoltre provare a animare le attività costruendo dei personaggi, delle “maschere”, legate ad alcune particolari attività. Basta un piccolo dettaglio: un accessorio nell’abbigliamento, un accento nel parlare, ed ecco compa- 16 rire davanti ai bambini un personaggio. Ad esempio, mettendo dei guanti speciali per maneggiare il sacco con gli incubi (incontro 1), potrete diventare lo scienziato esperto nelle paure della notte, oppure indossando un grembiule da cucina e parlando con l’ accento francese nel gioco degli assaggi bendati (incontro 3) potrete diventare lo chef delle ricette impossibili. 17 PARTE B LA GIORNATA DI A E O A e O abitano in una casa di questo quartiere, in questa città, con mamma, papà e i loro tre cani Ossobuco, Ragù e Polpetta. Li seguiamo in una delle loro giornate, cominciando dalla notte. il mondo di A e O 22 LA NOTTE ore 22.00 pagina 1 della giornata di A e O il buio , le paure e i brutti sogni... la notte, regno dei sogni, ma anche degli incubi. Cosa succede quando ci si ritrova soli, nel letto, la sera, e le ombre prendono forma, e ogni rumore annuncia ospiti spaventosi? ore 22.00, pagina 1 della giornata di A e O LA NOTTE il buio, le paure e i brutti sogni... qual è l’obiettivo? Questa prima puntata del laboratorio mira a introdurre il tema del percorso e creare il contesto di confidenza e fiducia nel quale sviluppare le varie attività. Vengono presentate la storia e i due personaggi che guideranno la classe e, attraverso la narrazione, si entra nella giornata dei bambini, partendo dalle atmosfere della notte, con i suoi sogni e i suoi “pensieri paurosi”… Le paure, da quelle più fantastiche a quelle più reali, si fanno presenti attraverso i piccoli racconti dei bambini che, guidati dagli adulti, ne faranno gioco e musica, strumenti leggeri per fronteggiare incubi e tremori. quali sono le attività? introduzione 5 minuti il gioco dei nomi 5 minuti il racconto, A e O e il polpo gigante 15 minuti l’altra notte ho sognato 20 minuti il cartellone degli incubi 20 minuti le rime degli incubi 10 minuti concludiamo 15 minuti 5 minuti ci salutiamo uno: introduzione Nel caso aveste deciso di non anticipare nulla, e quindi non aveste ancora presentato alla classe il percorso dei laboratori, potete farlo ora, giusto prima dell’”inizio ufficiale”. Ci si può sedere in cerchio, così si è già pronti per il gioco dei nomi. due: il gioco dei nomi tempo: 5 minuti È la prima volta che si fa questo gioco: lo si può inaugurare facendo più giri del cerchio, il primo dicendo il proprio nome normalmente, il secondo il più velocemente possibile e il terzo il più lentamente possibile. (Aaaaa.....leeees...sssss......ssaaaa......nnnnn.........drooooooooo.....Teeee..... reeeee.......sssss…aaaa.......) …tenete conto che in versione completa può prendere un po’ di tempo! tre: il racconto, A e O e il polpo gigante tempo: 15 minuti cosa serve: una candela, oppure una lanterna, oppure una piccola lampada da comodino. svolgimento: la storia di A e O comincia in piena notte. Se lo spazio in cui siete ve lo permette, provate a creare un’atmosfera “notturna”, oscurando la stanza e mettendo al centro del cerchio la candela (o lanterna o lampada). È importante ricordare ai bambini che la storia verrà raccontata una puntata per volta, in questo modo si prepareranno alla ritualità ed al gusto dell’attesa in vista dell’epi- 24 sodio successivo. Se preferite, per entrare ancora di più nel clima, potete farli sdraiare, far loro chiudere gli occhi e immaginare di essere a letto. Leggere sussurrando un po’ potrebbe adattarsi bene all’atmosfera. Vi racconterò ora le meravigliose avventure di due simpatici fratelli. Il loro nome per ora è segreto e non si può dire. Dunque noi li chiameremo, “segretamente”, A e O. A e O abitano con mamma e papà in una casa, fatta come tutte le case: un WHWWRSHUFKpQRQFLSLRYDGHQWURXQDSRUWDSHUSRWHUFLHQWUDUHEHOOH¿QHstre per lasciare che il sole si affacci di giorno e la luna si affacci di notte. Cucina, bagno e camere: per mangiare, lavarsi, fare i bisognini e dormire. A e O amano la loro casa. A loro piace perché dentro casa si sentono come topini in una tana, come principi in un castello, come piselli dentro un baccello. E’ calata la sera… A e O sono nel letto ma non dormono ancora. Una picFRODOXFHqDFFHVDVXOFRPRGLQR&RQOHFRSHUWHWLUDWHVX¿QRDJOLRFFKL$ e O mandano un ultimo saluto alla luna. “Chissà che freddo avrà lassù tutta sola nel buio” …E a quelle parole sprofondano sotto le coperte. - Anche qui è buio, ma che bel tepore… - Non ti vedo A. - Nemmeno io O. - E’ molto buio…non è che siamo scesi troppo in fondo? - Temo di si. Mi sembra una…una pancia. E’ morbida e calda come una grande pancia… - E’ la pancia del sonno…sento dei rumori dei fruscii che arrivano da sotto, da laggiù…ho paura! Presto risaliamo prima di essere ingoiati per sempre $KODOXFH¿QDOPHQWH A e O come tutti i bambini a volte hanno paura del buio... - Come è bella e rassicurante la piccola luce azzurra sul comodino, vero O? - Si, la stanza sembra un grande mare azzurro e noi qui sdraiati sulla nostra piccola barca… - Sai O, se chiudo gli occhi la barchetta si muove… Infatti O ha afferrato la luce azzurra e la sta sistemando proprio in mezzo ai due cuscini. - Guarda O il mare che si muove intorno a noi… Ci saranno anche i pesci vero O? Io ho paura dei pesci grossi e anche di quelli con la faccia strana. Accidenti, laggiù ne arriva proprio uno… no, non è un pesce è un polpo… vedo la sua ombra nera e minacciosa. Si fa sempre più grande, è un polpo gigante…Ha cinque tentacoli mostruosi e ci prende! La mano di O spegne la piccola luce e la stanza precipita nel buio . Un buio nero. - Siamo sottacqua O ? Forse il polpo ci ha ingoiato? - No siamo nella stiva di una nave… 25 - Un galeone direi… - Credo di sì, prima che il polpo ci ingoiasse, dal galeone ci hanno pescato e gettato come sardine nella stiva… - Credo un galeone pirata… Sotto la porta della stanza di A e O, c’è una fessura. Ora da quella fessura giunge una lama di luce gialla. Si sentono dei passi che si avvicinano. - O, sta arrivando qualcuno… Improvvisamente la porta si spalanca e un fascio di luce abbagliante inonda la stanza. Una sagoma nera avanza facendosi ad ogni passo sempre più grande… - Non ci avrai, terribile pirata! Tra grida e strepiti A e O gli lanciano in faccia violente bordate di cuscini. La sagoma nera, colpita al viso, barcolla un attimo e cade all’indietro. 4XHVWRqVRORODSULPDUDI¿FDEXFDQLHUH 3ULPDFKHDUULYLODPLDUDI¿FDPDGLVFDSSHOORWWLPHWWHYLVRWWROHFRSHUWH e silenzio! - Mamma! - Non voglio più sentire i vostri strilli. E’ ora di dormire. - Scusa mamma, è che questa è l’ora dei sogni… - Bravi, è l’ora dei sogni e allora forza, nel mondo dei sogni, ma ad occhi chiusi. - Mamma, lascia la luce accesa per favore, il buio porta tante paure… - Accenderò questa lucina tenue e colorata e vi canterò una canzone. - E anche una bella storia. (XQD¿ODVWURFFD - Nient’altro? La mamma sussurra piano una antica storia. A tratti, quasi sottovoce, un po’ canta e un po’ racconta. A e O cullati dalla dolce voce, scivolano senza paura nei più bei sogni della notte. Volendo si può prolungare l’atmosfera della notte e rimanere sdraiati (o sdraiarsi se non lo si era) anche per l’attività che segue. quattro: l’altra notte ho sognato tempo: 20 minuti obiettivi: questo gioco serve a raccogliere i primi racconti dei bambini su situazioni di difficoltà e sulle parole usate per descriverle e definirle, iniziando a costruire un vocabolario comune. Permette inoltre ai bambini d’identificarsi con A e O e di familiarizzare con i due 26 personaggi, che nel racconto hanno fatto le stesse cose che vengono ora proposte loro. cosa serve: un foglio ed una penna o una matita per ciascun bambino, una busta “speciale” per custodire gli incubi. Al termine di questo gioco la busta sarà piena di “incubi”, deve quindi essere adatta a tale contenuto. Scegliete una busta nera come la notte, o una busta trasparente che consenta di vedere gli incubi e tenerli sotto controllo, oppure un sacco di juta molto resistente…, va bene qualsiasi cosa, basta sottolinearne il carattere speciale quando la si estrarrà per riempirla. svolgimento: che si sia sdraiati o seduti, provate a riportare di nuovo l’attenzione sull’atmosfera notturna. Chiedete ai bambini di chiudere gli occhi, concentrarsi e immaginare di essere sotto le coperte del loro letto; chiedete loro di prestare attenzione alle sensazioni (caldo, freddo, materasso duro oppure morbido –anche se in questo momento sono sul pavimento…-) e alle emozioni che li accompagnano normalmente nel momento di addormentarsi, siano esse piacevoli o, a volte, un po’ spiacevoli o preoccupanti. Spiegate che farete alcune domande e che, stando in silenzio, chi vorrà parlare dovrà alzare la mano, per non turbare il piacevole sonno altrui. Voi darete la parola, toccando la mano o sussurrando il nome del bambino. Gli altri rimarranno sdraiati ad ascoltare. Se la cosa non funziona perché il clima è agitato, si può tornare a mettersi in cerchio, in piedi o seduti e continuare così. Le domande sono: “Vi è mai capitato di fare un sogno bello?” “Vi è mai capitato di fare un sogno brutto?” Si parte dai sogni belli per entrare gradualmente in un clima confidenziale che consenta poi di raccontare anche i sogni brutti e le proprie paure. Scegliete voi quanto spazio dare all’uno o all’altro tema, a seconda di quanto tranquilli appaiono i bambini. Dopo aver raccolto alcuni racconti, portate la situazione fuori dal clima della notte accendendo le luci, spegnendo la candela/lanterna/lampada e chiedendo ai bambini di alzarsi piano piano, come se fossero davvero appena svegli. Chiedete loro di rimanere ancora in silenzio, per non fare scappare l’atmosfera piacevole del sonno e del sogno, e di trattenere nelle mente i sogni belli e brutti che hanno appena richiamato alla memoria. Divideteli a coppie, distribuite carta e penna, e chiedete loro di raccontare al proprio compagno, nell’orecchio, un proprio sogno brutto, e poi di fare cambio. Ogni ascoltatore dovrà scrivere sul foglietto una o due parole della storia del compagno che lo hanno maggiormente colpito (ad esempio: burrone, mostro verde, indifferenza, squalo…). Una volta che tutti hanno terminato di raccontare e scrivere le parole-incubo, i foglietti vengono piegati e messi nella busta “speciale”. Si può teatralizzare un po’ l’operazione: la busta è ora piena di incubi, che messi tutti insieme costituiscono un contenuto impegnativo! Va quindi sigillata e maneggiata con cautela… cinque: il cartellone degli incubi tempo: 20 minuti obiettivi: l’obiettivo è quello di proseguire nella costruzione di un linguaggio comune per indagare le paure. Vogliamo cercare modi leggeri per nominare ciò che ci rende insicuri. Vogliamo inoltre sperimentare il canale di confronto con gli altri –compagni e insegnanti- e di creatività “collettiva” che possono dare forza e valore di “conforto” a questo stesso linguaggio condiviso. cosa serve: la busta degli incubi, un cartellone, pennarelli grandi colorati, puntine o nastro adesivo per appendere il cartellone alla parete. svolgimento: come prima cosa fissate il cartellone alla parete, poi sedetevi in modo da poter parlare fra voi tenendolo d’occhio. Una persona –bambino o insegnante- si mette a fianco del cartellone pronta a scrivere. Si passa ora a leggere i biglietti con le parole-incubo. Se volete, continuate con la scena precedente: potete fingere che -dato il contenuto- la busta puzzi ogni volta che la aprite, ed allontanare il viso quando prendete i biglietti per poi aprirli piano piano come se fossero davvero puzzolenti. Oppure potete indossare dei guanti speciali (veri o “invisibili”), fatti apposta per poter ma- 27 neggiare gli incubi. Estraete un biglietto alla volta, leggete ad alta voce la parola-incubo (o le parole) e scrivetela sul cartellone, magari in ordine sparso. Quando avrete terminato rimettete tutti i biglietti nella busta e sigillatela di nuovo per bene (così gli incubi non potranno sfuggire…). NB: neutralizziamo gli incubi: siamo rimasti con un sacco pieno di brutti sogni. Se volete, potete inventare insieme ai bambini un’azione “neutralizzante”: ad esempio potete metterli sull’ultimo ripiano dell’armadio di classe e chiuderlo a chiave, oppure fare un buco in cortile e sotterrarli sotto un albero forte e potente che li tenga a bada... sei: le rime degli incubi tempo: 10 minuti obiettivi: l’attività proposta porta verso la chiusura dell’incontro in modo positivo, lasciando spazio alle proposte per esorcizzare le paure. cosa serve: il cartellone degli incubi, se si vuole foglio e penna per scrivere (basta anche un foglio solo e qualcuno scrive per tutti). svolgimento: è ora necessario trovare un antidoto, cioè alcune parole di salvataggio, che facciano passare un po’ la paura, magari perché sono divertenti e ci fanno sorridere di ciò che prima ci ha intimorito. Seduti davanti al cartellone degli incubi, chiedete ai bambini di osservare le parole-incubo e provare a pensare a quali potrebbero essere le parole-antidoto, possibilmente in rima. Magari inventate voi stessi una prima parola di salvataggio. Ad esempio la parola “burrone” può essere neutralizzata dalla parola “panettone”, “palude” da “Gertrude”, “fantasma” da “asma”… A questo punto si può provare a comporre una rima intera: “cado nel burrone ma atterro su un panettone!” oppure “arriva il mostro della palude... ah no, è solo la zia Gertrude” oppure ancora “calmati fantasma: ti stai facendo venire l’asma” Chi vuole può proporre una rima. Se volete trascrivetele (soprattutto se pensate di comporre poi l’intera filastrocca –vedi attività “la filastrocca degli incubi”). sette: concludiamo tempo: 15 minuti In questo primo incontro abbiamo fatto un’immersione nel mondo della notte, dei sogni e delle paure. Proviamo ora a ripensarci e a capire insieme perché. Ecco alcune domande per avviare la discussione: “secondo voi perché abbiamo parlato di incubi?”, “cosa avete provato nel raccontarli al vostro compagno/a?”, “a cosa serve secondo voi raccontare un brutto sogno o una paura?” Raccogliete e discutete insieme le opinioni dei bambini (date un’occhiata al box sogni e incubi: paure del giorno e della notte). otto: ci salutiamo tempo: 5 minuti Siamo arrivati alla chiusura del primo incontro: se non l’avete già fatto prima, è il momento di inventare il saluto rituale. Ovviamente non è obbligatorio, ma può essere un modo simpatico per segnare la fine dell’attività e passare ad altro. Se volete mettevi in cerchio e prendetevi per mano, e pronunciate tutti insieme la filastrocca di chiusura, ad esempio: “guardo avanti e guardo intorno, continuiamo un altro giorno!” 28 roc.. filast . a O n u R e LT coli struir R E A l ’ a l t ro in pic A uò co F p o i i I l s e o i s in ne t ro O D i –da bamb termi E M P tra un incon mbin T e. Al e dai a t n a b o È e i i r ’ z c si ppure rime S E C a di attività ompo dalle me, o ica c e e t i n r i s s u t ’ n o r i n u i pa p ro p . . e tutt bi : a tto in iver ilota e tu verla incu a scr ricuc ascri assi p r egli l i e t r s c d i a u e e v a r c o in cc elle t uò pr alla f sta in astro bini d appo . Si p rofa e m a t o i a la fil i s r z b p a a i o p e un pr uno s che d ra e ivere stroc ovate o scr ca ve a r l t n i f o e s e s l s s te i- po di cla trova grupp Libro itolo l p u a s c ca, esto stroc di qu la fila e t e riv Se sc sogni e incubi: paure del giorno e della notte Tutti quanti ogni tanto hanno paura. E’ un’emozione di difesa che si prova fin da piccoli, come reazione sia ad eventi concreti che ad elaborazioni fantastiche del nostro mondo interiore. Quando si è bambini la paura spesso è legata ad elementi irrazionali: il buio, la strega, i fantasmi. Man mano che si cresce diventa più complessa, e può essere connessa anche ad aspetti della vita relazionale e sociale. La paura è un’emozione che accompagna qualunque bambino nel suo percorso di crescita e di scoperta del mondo e di sé. I bambini costruiscono con il passare del tempo strategie e competenze per poter fronteggiare i loro timori, contenerli e superarli: imparano che fantasmi e mostri non sono reali, che il temporale è un evento naturale, UN A RI FL ES SI ON E SU che i genitori vanno a lavorare ma poi ritornano, che sanno far fronte alle difficoltà legate al mondo della scuola, e così via.. Imparano anche che la paura è un’emozione importante perché segnala un pericolo e ci consiglia di metterci al riparo, di fare attenzione: così anche se so che il temporale non è un pericolo assoluto, starò attento a non stare bagnato sotto un albero, se sono in casa da solo non aprirò la porta a chiunque suoni il campanello, se sono in un luogo buio cercherò una fonte di luce. Eventi esterni poi, come un momento di crisi familiare, la nascita di un fratellino, il trasferimento in una nuova scuola, possono far emergere nuove paure o riproporre paure che sembravano superate. Nel percorso di crescita dei bambini è fondamentale il ruolo degli adulti, genitori e educatori: sostenere, ascoltare e accogliere le paure dei bambini è indispensabile perché loro possano riconoscerle, elaborarle, superarle. Non possiamo chiedere loro di eliminare la paura, neanche noi adulti ci riusciamo! Le paure dei bambini non vanno derise o sminuite, quale che sia la loro origine e manifestazione: per poterne parlare, e trovare delle strategie per farvi fronte, devono poter trovare un adulto in grado di fornire prima di tutto ascolto, senza sentirsi giudicati, e quindi anche rassicurazione. La paura infine è anche un po’ contagiosa: facciamo attenzione alle nostre reazioni per evitare di influenzarli con i nostri timori e le nostre affermazioni. Se è dunque naturale voler tutelare i bambini, ciò non vuol dire sopprimerne le spinte esplorative e l’essenziale caratteristica di libertà e sperimentazione. 29 le filastrocche dei bambini di Casale, Torino e Trecate i bambini delle tre classi pilota hanno sperimentato la composizione delle rime degli incubi, ecco le loro filastrocche: D A I L A B O R AT O R I P I LO T A Gli incubi ci fan paura, ma finalmente abbiam trovato la cura!! Nella notte mi addormento ma la mente è sempre in movimento. Nel buio penso a cose brutte e spaventose che di giorno mi sembrano ancor più paurose. Uomini senza testa, streghe, vomito puzzolente e ghigliottina mi sveglio urlando sudato e la mamma mi propina un’aspirina! Mi giro e mi rigiro nel mio lettino vedo ombre, facce e un… mostro birichino Mi nascondo sotto il piumone perché sono un gran fifone! Ma una sera mi faccio coraggio e decido di diventare più saggio! Mi armo di forza e tatuaggio ed ecco incomincio il mio viaggio… Subito incontro un’anima che mi prende ma io gli strappo un dente Ad una macchina incendiata per rinfrescarsi gli offro una limonata Ops! Son caduto in un burrone per fortuna atterro su un enorme panettone Ma non basta, ora precipito da un palazzo per salvarmi mi mangio un paninazzo, mi spingono dal diciassettesimo piano il tutto è ammortizzato da un divano! Il lupo mannaro non mi fa più paura perché è una grande seccatura Allora gli do un bel pugno così almeno non rugno! Aiuto, vedo uno squalo che mi vuole acchiappare contro uno scoglio lo faccio schiantare sul muso gli cresce un bernoccolo per curarsi mangia un broccolo! L’uccello vampiro dorme come un ghiro Ma quando si è svegliato un calcio gli ho tirato così si è riaddormentato. Incontro anche un fantasma affetto da asma Ogni volta che appariva quasi sempre starnutiva! Sento un sibilo: arriva un’ascia insanguinata mmmm….forse è marmellata! Affrontare la paura è la cosa più dura! Ma è stata una grande avventura ed anche se sono un po’ mingherlino mi considero un …. SUPER-BAMBINO!!! Classe V A, scuola Don Milani, Trecate 30 Filastrocca degli incubi svaniti A volte mentre dormo fan capolino strani sogni nel mio testolino: mostri, zombi, coccodrilli... con denti aguzzi come spilli... Scarafaggi giganti, coltelli, leoni sbrana bambini... mamma mia batto i dentini!! Le maestre che mangiano le mani... chissà se mi viene da scappare al vederle domani! Un serpente, una strega e uno spaccatutto... attenzione, ora mi butto! E ancora un lupo che mangia i bambini come stuzzichini!! Mamma mia che spavento, voglio svegliarmi e dimenticare questo tormento... ecco, apro gli occhi e vedo la mamma che mi sorride, mi bacia e mi dice: “buon giorno”... e adesso brutto sogno levati di torno!! Classe IV B, scuola San Paolo, Casale Monferrato Filastrocca incubale Nella palude puzzolente c’è un orco sorridente. C’è un falco che sorvola e un mostro che fa una festicciola. “Non ho voglia di spaventare” Disse la palude, smettendo di parlare . Se ci sono coccodrilli li buttiamo giù come birilli: chi ha paura dei coccodrilli, se loro han paura dei grilli! Quel falco che volava in aria aveva l’aviaria; era un falco cattivone, ed è caduto nel burrone. Arriva il drago sputafuoco: più che spaventoso sei ridicolo… Vai a nasconderti in un vicolo! Il drago, con solo un dente, è sempre sorridente e non spaventa per niente . Lo squalo è andato a sbattere contro un palo così ha un dente piuttosto cadente. Per magia lo squalo diventa umano e gli si infiamma il deretano… È stata la strega: strega stregaccia, ai bambini non dar la caccia! E la strega, ottusa, si è nascosta in una cambusa. Ma che puzza di vulcano, meglio starci lontano: 31 vulcano fatto a imbuto spegniti in un minuto! Ne esce un diavolo con la chitarra che va a sbattere contro una sbarra: diavoletto chitarrista, sei proprio un musicista! Ecco la mummia fasciata dalle bende, ma di fronte a Dracula si arrende: è tutta imbalsamata e nella bara va buttata. Calmati fantasma: ti stai facendo venire l’asma! Se mi fai tanti “buu” io ti faccio un bel “cucù”! E il fantasma imbianchino fa una pausa con un panino… Ma l’alien che vien da Marte è un po’ buffo e sta in disparte: oh alieno verdastro, vieni che ti incastro. Ma tu ti rifugi su un astro, ti fai paura da solo e diventi piccolo come un fagiolo. Se l’alieno è dispettoso non è più tanto spaventoso! Ringhiano i lupi: eh lupi lupetti siete proprio dei cagnetti!!! Gli scarafaggi sul cuscino anno il solletico al mattino Basta prendere un frustino e risolvi il problemino! E se c’è un allarme nella scuola usciamo senza dire una parola. E se prendo insufficiente? Non ci posso fare niente: lo trasformerò in eccellente ! È molto brutta la guerra: deve sparire dalla terra! E le mani insanguinate sarà meglio che siano lavate… Che buona la prigione: è fatta di torrone! Quindi l’impiccato è stato solo sfortunato… perché se lotti contro la morte vinci la sorte! Classe IV B, scuola Margherita di Savoia, Torino 32 IL RISVEGLIO ore 7.00 pagina 2 della giornata di A e O arriva la luce, mi sveglio, chi sono? al mattino le paure se ne vanno e una nuova giornata prende vita. Incontriamo gli altri in un’atmosfera diversa: luce, parole, sguardi…cosa ci porta questo incontro con gli altri e con la nostra giornata? ore 7.00, pagina 2 della giornata di A e O IL RISVEGLIO arriva la luce, mi sveglio, chi sono? qual è l’obiettivo? La seconda puntata del percorso si propone di esplorare la dimensione della relazione con l’Altro, sia esso il compagno di scuola, il familiare, il passante. In particolare verranno esplorate sia le esperienze positive di incontro con le altre persone sia quelle un po’ più “difficili”, e le emozioni ad esse legate, provando a rintracciare strategie per leggerle e gestirle. Il vocabolario comune si amplia pertanto passando dalla dimensione soggettiva del primo incontro alla dimensione della relazione: quali sensazioni, piacevoli, rassicuranti, di rabbia o paura, legate al contatto con l’Altro, abbiamo sperimentato? quali sono le attività? il gioco dei nomi 5 minuti il racconto, A e O nel bozzolo del mattino 15 minuti apro un occhio, stiro il ginocchio 10 minuti le azioni del mattino 15 minuti il gioco della fiducia 10 minuti concludiamo 15 minuti ci salutiamo 15 minuti uno: il gioco dei nomi tempo: 5 minuti Formate un cerchio con i bambini. In questa “puntata” le attività mirano a metterci in contatto con gli altri e a farci scoprire qualcosa di nuovo dei compagni di classe. Si può quindi usare il gioco dei nomi per rivelare piccole informazioni su noi stessi: la data di nascita o il numero di piede, la prima cosa che vediamo aprendo gli occhi al mattino, la nostra stanza preferita della casa …sceglietene una fra queste o inventatene una migliore. due: il racconto, A e O nel bozzolo del mattino tempo: 15 minuti Ricreate la situazione della volta precedente, il silenzio e l’attenzione per il racconto. Tutti seduti, comincia la seconda puntata del racconto di A e O: Vi ricordate dove abbiamo lasciato A e O? Erano sul punto di addormentarsi. Nella loro stanzetta, sotto le coperte, coccolati dalla voce della mamma che raccontava loro una storia. Sul comodino avevano una piccola luce colorata… E ora? 2UDqPDWWLQD¿QDOPHQWHPD$H2VRQRDQFRUDQHOOHWWREHQLQIDJRWWDWL sotto le coperte. Strizzano gli occhi per non veder la prima tenue luce del giorno che comincia, anche nella stanza, a prendere il posto del buio della notte. Hanno desiderio di un altro pizzico di sonno prima di alzarsi. 34 Eh si, non vogliono lasciarsi scappare l’ultimo sogno che è lì, lì sul punto GL¿QLUH«(SHUQRQIDUVHORVIXJJLUHVLULJLUDQRQHOOHWWRVL DOOXQJDQRVL accorciano, si raggomitolano…. Ma il sole, che non ha certo tempo da perdere con i sogni dei bambini, visto il grande giro che ha da compiere per tutto il giorno, si alza senza indugio sopra le antenne dei palazzi e con la sua calda luce invade la strada, i cortili e anche il campetto e sembra che dica ad ognuno e ad ogni cosa: “su alzatevi è tardi, guardate me come sono già pimpante!”. Infatti al sole non garbano i pigri e i dormiglioni. E quando vede una persiana che si attarda e non si apre al suo comparire, va su tutte le furie. Allora VLIDVRWWLOHVRWWLOHHFRQXQUDJJLRGHLSLOXPLQRVLVLLQ¿ODLQXQRVSLUDJOLR un buchino, una fessura di quella persiana e… bum, entra nella stanza. 3RLIUXJDGDRJQLSDUWH¿QFKpQRQWURYDOHSDOSHEUHGHLGRUPLJOLRQL«( TXDQGROHKDWURYDWHOHSL]]LFDHOHVWX]]LFD¿QFKpQRQVLVSDODQFDQR 'HY¶HVVHUHFKHLOVROHVLqDFFRUWRFKHOD¿QHVWUDGL$H2qDQFRUDFKLXVD e infatti un piccolo suo raggio, bianco e sottile come un ditino birichino, si qJLjLQ¿ODWRSURSULRLQXQDSLFFRODIHVVXUDKDDWWUDYHUVDWRWXWWDODVWDQ]D dei bimbi e ora sta picchiettando sulla punta del naso di A : “Svegliati piccolina…sono io, il Signore della luce…” A strizza gli occhi, ma non riesce ancora ad aprirli. “Deve essere mattino presto” pensa… E mentre pensa, si stira da cima a fondo, buttando i piedini fuori dal letto e accompagnando il gesto con un grande e rumoroso sbadiglio. )XRULGHOOD¿QHVWUDLQWDQWRVLVHQWHTXDOFKHFDQWRGLXFFHOOLQRTXDOFKH voce che si ferma un attimo e subito si allontana, qualche passo frettoloso. La giornata si sta mettendo in movimento. $¿QDOPHQWHDSUHJOLRFFKLHVELUFLDIXRULGDOFDOGXFFLRGHOOHFRSHUWH« ³0D FRV¶q"""´ QHO OHWWR DO VXR ¿DQFR DO SRVWR GHO IUDWHOOR F¶q XQR VWUDnissimo bozzolo. Un bozzolo gigante e bianco, illuminato da una spada di luce. Ora si muove minaccioso, si allunga e si accorcia, si arrotola, si torce…Deve essere un bruco gigante e mostruoso che si è pappato suo fratello e ora, bello sazio, si sta trasformando in gigantesca farfalla… A è paralizzata dalla paura e si copre il volto con le coperte. Aspetta un attimo e sbircia di nuovo: adesso vede meglio. Non è un bruco, è un essere avvolto da un lenzuolo…non si capisce dove abbia la testa e dove i piedi…il suo corpo si muove molle e sinuoso. Non succede spesso ma a volte capita… lo ha sentito raccontare anche dagli adulti, e gli adulti non sono fantasiosi o bugiardi come i bambini… quindi non raccontano frottole… Succede che uno si sveglia e, tranquillo, crede che il mostro sia solo nel VRJQR 3RL DOOHJUR VL JXDUGD LQWRUQR H«LO PRVWUR q Ou DO VXR ¿DQFR QHO letto! No, no, non facciamoci prendere dal panico, questo non è un mostro, i mostri amano farsi veder proprio perché sono brutti, non usano lenzuola bianche per nascondere il viso e il corpo… Allora sarà?… Si, è proprio così, è una mummia… ”Una mummia nel mio letto! Io ho paura delle mummie” e A si rituffa sotto le coperte. 35 “Forse non è una mummia, forse è un fantasma! Ma ho paura lo stesso”. Con un sonoro sbadiglio, stirandosi goffamente e scalciando con i pieGL2PHWWH¿QDOPHQWHXQRFFKLRHXQFLXIIRVSHWWLQDWRGLFDSHOOLIXRULGDO OHQ]XRORFKHJOLDYYROJHSHU¿QRODQXFDHIDUIXJOLDQGRLOQRPHFKLDPDOD sorella… ,GXHVLVELUFLDQRXQSR¶H¿QDOPHQWHDOO¶XQLVRQRVFRSSLDQRLQXQDJUDQGH risata. Poi con un balzo tutti e due scendono dal letto. Adesso anche A è avvolta QHO VXR OHQ]XROR H FRQ SDVVR HOHJDQWH VL DYYLFLQD DOOD ¿QHVWUD H DSUH OH persiane. La calda e impaziente luce del sole invade la stanza e trova i due bambini in piedi in bella posa davanti allo specchio: così avvolti nei lenzuoli sembrano due graziose statue, di quelle che si incontrano ai crocicchi dei sentieri, nei giardini delle ville o nei parchi pubblici. Giocano nella luce del sole ad assumere le pose più leggiadre. Sono così luminosi che sembrano addirittura due preziose statue romane. A e O quindi, sempre con eleganza, si salutano facendo persino un inchino. tre: apro un occhio, stiro il ginocchio tempo: 10 minuti obiettivi: lo scopo del gioco è di attivare e sensibilizzare il corpo, aprirlo a maggiori capacità percettive di se stessi e dello spazio circostante, quindi alle emozioni e sensazioni. svolgimento: i bambini sono in cerchio, in piedi. Fate loro immaginare di essersi appena svegliati e fateli stiracchiare. Invitateli ad allungare bene le braccia, cominciando dalle spalle fino alla punta delle dita, e poi le gambe. Possono ”stiracchiare” anche la voce, facendo prima dei piccoli versi, poi sperimentando alcune parole. Invitate ciascuno a massaggiarsi il viso come se stesse facendo la pasta, fatelo anche voi con loro, fate un po’ di smorfie e sciogliete i muscoli del viso, sarà piacevole e divertente. A questo punto chiedete loro di immaginare di avere della tempera sull’alluce del piede destro e di disegnare cerchi nell’aria come se fosse un foglio su cui disegnano, sollevando un poco la gamba destra; chiedete che facciano prima cerchi piccoli (di modo che l’esercizio lavori sulle caviglie) e poi più grandi (per far lavorare tutta la gamba). L’esercizio si espande progressivamente a tutto il corpo per metterlo in movimento, chiedete quindi di immaginare la tempera e di tracciare i cerchi nell’aria con tutte le parti del corpo, risalendo dal basso verso l’alto: ginocchia, bacino, torace, spalle, gomiti, mani, punta del naso e testa. Se durante questo esercizio ci si sente o si trovano gli altri buffi e si ride, tanto meglio, in questo modo si costruisce un clima disteso e aperto per le attività che seguono. quattro: le azioni del mattino tempo: 15 minuti obiettivi: utilizzare il linguaggio del corpo e quello della parola per creare un clima di confidenza e consentire a ciascuno di conoscere aspetti nuovi dei compagni. svolgimento: dividete i bambini a coppie. Fate loro prendere spazio in modo che ogni coppia ab- 36 bia la possibilità di muoversi con agio. Stando in piedi, uno di fronte all’altro, immaginiamo di essere a casa, intenti a prepararci per la giornata. Voi darete indicazione delle azioni da compiere, che ogni bambino mimerà “sul” proprio compagno (ad esempio gli laverà i denti). Quando direte “cambio” si daranno il cambio, e allo stop di fermeranno per ascoltare la nuova indicazione. Le azioni mattutine da mimare possono essere: aprire l’acqua del rubinetto e lavare il viso del compagno (dopo qualche tempo date lo stop e fate invertire i ruoli della coppia: chi ha lavato viene lavato) asciugare il viso del compagno lavare i denti lavare le ascelle lavare i piedi mettere i calzini mettere il gel/fare le trecce allacciare i bottoni …… Tra un’azione e l’altra potete anche infilare delle domande, che voi direte ad alta voce ma la cui risposta rimarrà all’interno della coppia: ogni bambino la sussurrerà all’orecchio del compagno. Le domande possono essere: a che ora ti svegli? ti piace lavarti i denti? quale delle cose che fai al mattino ti piace di più? quale di meno? quali sono i vestiti che ti piace di più mettere? ………… Dopo aver giocato per una decina di minuti, annunciate che si chiude questo gioco con un’ultima domanda speciale e segreta. Invece di dire la domanda ad alta voce, girate di coppia in coppia sussurrandola nell’orecchio di uno dei due bambini, che la rivolgerà all’altro (e viceversa). Non è importante quale sia la domanda, ma il clima di “segretezza” e la condivisione di un’informazione. Potete sussurrare domande diverse oppure la stessa per tutti, il clima si creerà comunque. La domanda segreta può essere “in che posizione dormi?”, oppure “sei mai caduto dal letto?”, oppure ancora una cosa buffa del tipo “ti puzzano i piedi?”. Le risposte sono segretissime e non devono assolutamente trapelare… cinque: il gioco della fiducia tempo: 10 minuti obiettivi: provare il significato del “fidarsi di qualcuno”... quali sono le emozioni che sentiamo dentro di noi... come superare la diffidenza? Come si costruisce la fiducia? Con questo gioco si continua a esplorare la dimensione della relazione con l’altro, provando a lasciarsi andare (metaforicamente e di fatto!) e ad affidarsi al compagno. Chi prende ha la responsabilità di far sentire l’altro “in buone mani”, mentre chi è preso sperimenta la propria capacità di fidarsi e di trovare negli altri dei punti di riferimento nelle situazioni che da solo trova difficile affrontare. 37 svolgimento: tenendo le stesse coppie del gioco precedente, spiegate ai ragazzi che si andrà a fare un esercizio un po’ più difficile. Il gioco consiste nel lasciarsi cadere in avanti tra le braccia del compagno. Ci si mette uno di fronte all’altro e si decide chi si butterà per primo. Chi cade si sbilancia in avanti, lasciando che sia l’altro ad afferrarlo. Non è una questione di peso né di forza ma di concentrazione ed equilibrio (se l’esercizio è fatto nel modo corretto un bambino minuto può riuscire a prendere un bambino più robusto senza sforzo). Le raccomandazioni da fare sono: - chi si sbilancia deve tenere i piedi uniti e stare a circa 50 cm dal compagno, almeno per le prime volte; man mano che si sente più sicuro può aumentare la distanza; - chi riceve invece si deve mettere con un piede in avanti e spostare il peso in avanti, con le braccia e lo sguardo diretti verso il compagno che arriva; - è importantissimo guardarsi negli occhi per darsi il segnale di partenza e per capirsi; mai lasciarsi andare senza essersi assicurati che chi ci deve prendere non sia distratto; - chi si “butta” deve provare a lasciarsi andare poco per volta, quando se la sente; - i ruoli (chi cade e chi prende) vanno variati spesso in modo da sperimentare entrambe le cose. Quando vedete che l’esercizio comincia a funzionare e i bambini si lasciano cadere con facilità, potete proporre alcune varianti, ad esempio buttarsi di spalle invece che frontalmente, oppure tenendo gli occhi chiusi. Di solito i giochi di fiducia riscuotono un buon successo. Proponiamo quindi un altro grande classico, da fare dopo il gioco precedente o magari in un altro momento. I bambini sono sempre a coppie, uno ad occhi chiusi che si lascia condurre e l’altro che conduce. Si tratta di muoversi nello spazio insieme, il bambino con gli occhi aperti guida e il compagno si lascia guidare senza mai aprire gli occhi. Si può semplicemente muoversi nello spazio oppure avere un obiettivo da raggiungere (ad esempio trovare un oggetto, oppure arrivare alla porta e aprirla…). L’esercizio è progressivo, ad ogni fase corrisponde una maggiore abilità da raggiungere per guidare il compagno da parte del bambino che conduce e una maggiore capacità di affidarsi da parte del bambino guidato. Il primo giro si può fare tenendosi per mano. Il secondo senza mano ma guidando il compagno attraverso piccoli colpi sulle spalle. Il terzo senza toccarsi del tutto, dando indicazioni solo con la voce. Può muoversi una sola coppia per volta, oppure tutte le coppie contemporaneamente (che aumenta il numero di ostacoli da evitare!!!). sei: concludiamo tempo: 15 minuti Sedete di nuovo in cerchio e riportate il clima alla calma. Provate a chiedere ai bambini come si sentono, e a lasciare spazio per delle considerazioni spontanee se ce ne sono. Poi provate a chiedere se immaginano quali siano le motivazioni delle attività di quel giorno. Si può partire dall’ultimo gioco, con alcune domande di questo tipo: “ti è piaciuto di più buttarti o prendere?” “trovavi più facile buttarsi ad occhi aperti o chiusi?” “come sono cambiate le tue sensazioni (paura?/divertimento?) dalla prima all’ultima volta in cui hai fatto il gioco?” Raccogliete alcune risposte e portateli a riflettere sulla fiducia e sulla condivisione e su come questi due elementi possano cambiare il loro comportamento e le loro sensazioni. sette: ci salutiamo tempo: 5 minuti chiudete l’incontro con la frase di rito: “guardo avanti e guardo intorno, continuiamo un altro giorno!” 38 o ssiam O. . . o, po t R n T e L ndi om R E A l ’ a l t ro o qui sto m A m e a F i u s q I s a D ro e …po tarne fino M P O a un incont e loro inven letto E c a a o T i e p m r a , a tr ia ’È ieme i prov i, cos e abb S E C a di attività tti ins o fatt ti ch fine d u n n n t i o o a t s c e r s c e o ”. a ente, iciali o anc dai r p ro p o , com f m ppi, r tire O “uf AeO breve a gru A pa iAe verli nano o i i d ? r , g c i O a l a i s e m so pp A e e da o di d la co me im sono vorar glion na so a ni co o l i u v b o chi o e n m s o em i ba Poss arli e e avr ere a n O). isegn lla fin o d a c chied i e d e h ro ìc con A ere lo , cos llone scano chied i e t n r i f a c i (che su un i nom ando n g e ri dis maga noi e gli altri: vicinanza, confidenza e fiducia nelle relazioni Strettamente legata al tema delle paure è la questione della fiducia. Un bambino appena nato sperimenta la fiducia attraverso la vicinanza e il contatto con la mamma: questo costituisce la prima esperienza che fa di sé insieme a un Altro e costituisce la base su cui costruirà le sue relazioni future. Le paure arriveranno solo in un secondo tempo, dapprima quella di separarsi da chi si prende cura di lui, e in seguito la paura dell’estraneo. Ma se è vero che all’inizio il bambino ha bisogno più di ogni altra cosa dell’amore dei suoi genitori per essere felice, man mano che cresce, e con lui crescono curiosità, capacità e bisogni, diventa fondamentale avere altri bambini con cui passare del tempo, giocare, mettersi alla prova. Per imparare a vivere con gli altri, a rispettarli e farmi rispettare, a gestire i miei litigi, ad interiorizzare le norme che regolano la vita sociale, a sperimentare relazioni affettivamente coinvolgenti devo poterne fare UN A R I FL ES O SI N E SU esperienza, e se sono un bambino, questo significa soprattutto poter giocare con altri bambini, liberamente. Questo costituisce un’esperienza cardine nell’evoluzione di una persona, non solo perché contribuisce a far crescere pensieri e strategie di comunicazione, ma anche perché insegna a muoversi in un gruppo, ad affrontare le proprie insicurezze, a fare esperienze di amicizia e solidarietà. Una bambina di una scuola materna di Reggio Emilia dice: “Per essere felici bisogna essere in due o in tre” (da Francesco Tonucci, “Se i bambini dicono: adesso basta”, 2002, Gius. Laterza & figli), e così ci dice tanto di quello che abbiamo bisogno di capire su ciò che un bambino desidera per crescere. E allora noi adulti cosa possiamo fare? Essere figure di riferimento: i bambini hanno bisogno del nostro affetto e del nostro esempio, solo così possono esplorare il mondo e chi vi abita con la sicurezza di poter tornare a casa tornare quando si sbucciano un ginocchio, quando non sanno che strada percorrere, quando un litigio li ferisce. 39 AeO i bambini delle tre classi pilota hanno disegnato A e O e scelto per loro dei D A I L A B O R AT O R I P I LO T A nomi: 40 Profondo LA COLAZIONE ore 7.45 pagina 3 della giornata di A e O un assaggio di “mondi“ sconosciuti: sensi, sensazioni, esplorazioni è arrivato il momento della colazione. Cosa troveranno stamattina A e O nella tazza? Spesso sono proprio le cose che non conosciamo a fare paura. Come facciamo per avvicinarle? E se poi ci piacessero? ore 7.45, pagina 3 della giornata di A e O LA COLAZIONE un assaggio di “mondi“ sconosciuti: sensi, sensazioni, esplorazioni qual è l’obiettivo? Il tema della terza puntata del percorso è l’esplorazione delle emozioni e sensazioni che accompagnano la vita quotidiana. Noi reagiamo ai diversi scenari che incontriamo mettendo in campo stati d’animo diversi, che è importante conoscere, e nominare, affinché non siano elementi che ingabbiano, o bloccano, ma “pezzi” di sé di cui si ha consapevolezza. E conoscere le proprie reazioni ed emozioni è strumento fondamentale per decifrare quelle degli altri, e costruire in tal modo le premesse per relazioni basate su vicinanza e fiducia. quali sono le attività? il gioco dei nomi 5 minuti il racconto, una strana colazione 15 minuti cosa c’è nella mia tazza? 25 minuti cosa c’è qui dentro? 15 minuti concludiamo 15 minuti 5 minuti ci salutiamo uno: il gioco dei nomi tempo: 5 minuti Formiamo il cerchio. Questa volta, visto che siamo al momento della colazione, possiamo dire il nome e il nostro cibo preferito. due: il racconto, una strana colazione tempo: 15 minuti Siamo arrivati alla terza puntata del racconto di A e O. Quando nel racconto si parla di profumi o odori, o di sensazioni, possiamo fermarci un attimo e provare a “sentirli”. E ora cerchio, silenzio, si comincia: Dopo la notte con i suoi misteri e la mattina con le sue scoperte, A e O sono pronti per affrontare il nuovo giorno. Si sono tolti le lenzuola di dosso e dopo essere stati in bagno, senza litigare per chi fa prima e chi fa dopo, aprono pian piano la porta della camera e lasciano entrare, leggero come uno spiritello, il profumo della colazione che sale dalla cucina. E’ un rito che si ripete da anni, sempre nello stesso modo, sin da quando erano piccoli piccoli. Quando possono, mamma e papà inventano qualcosa di buono e di diverso per la colazione e i due fratelli, solo attraverso il profumo che sfugge su per le scale, devono indovinare di che si tratta. Inventano cibi nuovi, con miscugli bizzarri, e lo fanno perché quella giornata riservi sorprese e non 42 sia uguale alle altre. $ H 2 LQWDQWR LQ¿ODWR LO QDVR LQ TXHOOD SLFFROD IHVVXUD WUD OD SRUWD H OR stipite, uno appoggiato alla schiena dell’altra, lasciano che lo spiritello proIXPDWRQRQDEELDDOWUHVWUDGHVHQRQTXHOODGLLQ¿ODUVLQHOOHORURERFFKHH nelle loro narici spalancate e…già si pregustano il sapore di qualche novità. Ad occhi chiusi lasciano che quell’arietta delicata e stuzzicante, invada il loro affamatissimo corpo e scenda giù…poi risalga su… poi con un bel girotondo si diffonda nei polmoni e nella pancia. “E’ un gioco solleticante, poi con gli occhi chiusi lo è ancora di più, io sento un’emozione che mi fa frullare le mani e le gambe…” “A me la pelle d’oca mi corre sulla schiena…” “Ma…ma, un momento. Io non sento più nulla O. Non è che te lo sei annusato tutto tu?”. “Anch’io stavo pensando la stessa cosa…che schifo, O…hai fatto una puzzetta?” “Ma che dici, non è una puzzetta…per fare una puzzetta così bisogna aver mangiato un barile di petrolio” “Snif, snif, oppure tanti copertoni di automobile” … ”Snif, snif, direi un tappeto oppure l’intero bidone del riciclo. Mi vien da vomitare, ma che avranno cucinato mamma e papà?” “Forse hanno dimenticato qualcosa sul fuoco. Scendiamo a vedere…” “Si ma col naso tappato, cof, cof…” I due fratelli scendono le scale, piano piano con fare circospetto. La casa sembra deserta e nemmeno dalla cucina arrivano i soliti amichevoli suoni del mattino: tintinni di piattini e forchette, sbatacchiare di tazze, mescolio di bevande…solo un enorme, incombente silenzio… “ Ho paura A…” “Anch’io O, c’è troppo silenzio…Ad ogni passo sento come se una biscia gelata mi passeggiasse sulla schiena…” “Stiamo attenti, magari è accaduto qualcosa di terribile in casa nostra mentre dormivamo…” “ Sì, magari un mostro, oppure un orco, si è mangiato la mamma e adesso aspetta noi. Ci ha preparato una colazione velenosa…” “Hai ragione. Non si assaggia nulla, prima si annusa bene, poi si puccia un dito e forse poi si assaggia un briciolino…e ci si guarda intorno” Discendono ancora per qualche gradino e allentano la presa che tappava il naso, riprovando ad annusare. “ Snif, snif, l’odore si è addolcito…anzi è proprio cambiato. E’ buono ora e non sa più di barattoli di plastica mista a copertoni, addirittura è…è un non so che di…di buono”. A intanto si è voltata e ha visto, dimenticato su un gradino della scala, un HQRUPHÀDFRQHGLGHWHUJHQWHULPDVWRDSHUWRFRQXQRVWUDFFLRLQWULVRDIDU da tappo. “Ecco da dove veniva l’odore, non era la colazione….era il detergente per la casa…” 2UDVXSHUDWRLOÀDFRQH$H2VHQWRQR¿QDOPHQWHFKHLOSURIXPRTXHOOR vero che sa di colazione, si è fatto decisamente, dolce, salato, invitante. A 43 e O lo seguono come un cagnolino seguirebbe il profumo di un salamino alla brace. Di corsa giù per le scale… La cucina è vuota. Certo la mamma e il babbo sono in giardino e hanno apparecchiato fuori per una bella colazione al sole. “Ecco perché c’era silenzio O” I due fratelli salutano allegri i genitori e si siedono a tavola. Il sole nel cielo rende tutto bello e luminoso. “Oggi i nostri genitori hanno preparato uova sdraiate su pane caldo e fragole affogate nel cioccolato. Sembrano pagnotte sorridenti che ti salutano FRQJOLRFFKL(OHIUDJROHVHPEUDQRWDQWLGLJQLWRVLDO¿HULDIULFDQL´ “Già a guardarlo questo cibo pare proprio che ti dica “mangiami” . Quello che cucinano mamma e papà è sempre genuino, originale nel gusto HQHOODIRUPD$SSDVVLRQDQWHQHOVDSRUH'LORURFLSRVVLDPR¿GDUH Sono imbattibili”. Buon appetito. tre: cosa c’è nella mia tazza? tempo: 25 minuti obiettivi: lo scopo del gioco è di far sperimentare ai ragazzi “l’esplorazione” di qualcosa di misterioso avendo a disposizione solo alcuni dei cinque sensi. Annusare o assaggiare, bendati e senza toccare, permette di sperimentare quali diverse reazioni possiamo avere di fronte a un “mondo sconosciuto” (anche se micro). cosa serve: procuratevi diverse cose da mangiare (pezzi di frutta, biscotti…), magari anche un po’ strane, dal gusto non immediatamente riconoscibile (nei negozi etnici si trovano tante cose interessanti). Tenetele su un tavolo in una scatola o in un sacchetto in modo che non siano visibili ai bambini. Servono inoltre alcune tazze e cucchiaini. Se volete procuratevi anche un grembiule da cucina. svolgimento: scegliete due ragazzi e fateli avvicinare al tavolo. Uno dei due sarà l’assaggiatore, mentre l’altro il “cuoco” che porgerà il cibo misterioso. L’assaggiatore deve chiudere gli occhi (si può anche usare una benda ma è più interessante, oltre che divertente, poter vedere le reazioni sul viso dell’assaggiatore), inoltre può indossare il grembiule per non macchiarsi. Date al cuoco una tazza con dentro uno dei pezzetti di cibo, sempre senza che i bambini possano vedere cos’è, e un cucchiaino. Il cuoco imbocca l’assaggiatore, magari lasciando che prima annusi il cibo misterioso. Volendo si possono fotografare i visi degli assaggiatori, si otterrà un simpatico campionario di espressioni di gradimento, sconcerto, disgusto… Dopo la prima coppia, chiamatene una seconda, una terza…fino a esaurimento dei cibi, o dei bambini. Se volete, con un po’ più di preparazione, si può assaggiare un ulteriore cibo sconosciuto, questa volta ad occhi aperti. Si tratta di preparare un cibo non riconoscibile e all’apparenza un po’ disgustoso (ad esempio potete mescolare del budino con dei cereali). Presentatelo con un nome disgustoso e aspettate di vedere se qualcuno chiede di assaggiarlo (c’è sempre qualche amante della sfida). 44 quattro: cosa c’è qui dentro? tempo: 15 minuti obiettivi: l’obiettivo è lo stesso del gioco precedente, questa volta si usa solo il tatto. cosa serve: preparate in precedenza uno o due scatoloni con un buco in un lato, grande tanto per poterci inserire la mano. Mettete all’interno oggetti interessanti al tatto, magari non immediatamente riconoscibili (ad esempio delle pigne, tessuti o carte strane, soprammobili…). svolgimento: un volontario dovrà infilare la mano e capire cosa c’è nella scatola. Potete far provare più volontari uno dietro l’altro e far loro dire solo alla fine quali sono gli oggetti misteriosi, e verificare se coincidono. Il pubblico rimane in silenzio e osserva le reazioni, sul viso e nei gesti, dei volontari. Potete mettere all’interno del cibo, ad esempio caramelle gommose, e chiedere loro se hanno il coraggio di assaggiare ciò che stanno toccando, portandolo alla bocca con gli occhi chiusi. Anche questa volta si possono fare le foto. cinque: concludiamo tempo: 15 minuti Sedete di nuovo in cerchio e riportate il clima alla calma. Provate a chiedere ai bambini come si sentono, e a lasciare spazio alle considerazioni spontanee che emergono. Poi provate a chiedere se immaginano quale siano le motivazioni delle attività di quel giorno. È probabile che emerga il tema della fiducia, si è assaggiato/toccato perché ci si fidava del proprio compagno. Provate poi a stimolare riflessioni sui “mondi sconosciuti”. Quando è capitato loro di trovarsi di fronte a un mondo sconosciuto? Possono essere situazioni grandi o piccine: un cibo mai visto prima o l’aver perduto la strada. E come si reagisce di fronte a qualcosa che non si conosce? Cosa hanno provato prima di affrontare la situazione? Prima di assaggiare o prima di toccare, prima di…? Analizzate le emozioni: disagio, timore, curiosità, e le sensazioni fisiche ad esse legate: gambe molli, brividi…a cosa servono le une e le altre? sei: ci salutiamo tempo: 5 minuti Chiudete l’incontro con la frase di rito: “guardo avanti e guardo intorno, continuiamo un altro giorno!” 45 UN A RI FL S ES IO NE SU sensazioni ed emozioni: cosa sono, a cosa servono, come accompagnarle Sarebbe meglio non lavorare tanto con gli insegnamenti! Impegniamoci piuttosto a creare un ambiente in cui il bambino possa sperimentare che esistono anche i conflitti. Le incomprensioni. Le crisi. I sogni. Tutto ciò fa parte della vita. Per lo meno tutti faranno del loro meglio Perché tutto vada a posto. Henning Koheler Non è cosa semplice dare un nome alle nostre emozioni soprattutto quando queste lasciano emergere le “parti” meno belle di noi, quelle più faticose, quelle che ci piacciono di meno. A volte le emozioni sono dirompenti, ci travolgono, ci trascinano. E’ importante imparare a padroneggiarle per uscire dal caos e trasformarle in risorsa. E’ un percorso complesso e pieno di ostacoli. Su questo percorso i bambini vogliono e devono essere accompagnati e favoriti. Il primo passo per padroneggiarle è conoscerle, dare loro un nome. Non sempre però è possibile fare questo da soli. Può aiutarci e agevolarci la possibilità di esprimere cosa proviamo a qualcuno che non cerchi di giudicarci, di interpretarci o di fornirci delle soluzioni preconfezionate ma che sia disposto ad “ascoltare” e a “contenere” ciò che portiamo. Riuscire a monitorare i sentimenti che si provano è basilare per una comprensione del sé, per non farsi travolgere dalle emozioni e per trovare dei metodi per gestirle. Arrivati a questo punto le emozioni, riconosciute e nominate, non sono più degli elementi sconosciuti e disturbanti, ma delle risorse utili ad un miglioramento sia nella vita individuale che in quella collettiva. L’intelligenza emotiva è la capacità che ci aiuta a portare armonia tra il “cuore” e la “mente”. Ma quali competenze dobbiamo sviluppare per accogliere le nostre emozio- 46 ni in modo costruttivo? 1 La capacità di riconoscere, rispettare e mettere in parola il mondo soggettivo delle emozioni; la capacità di controllare gli impulsi emotivi senza reprimerli, senza entrare in conflitto con essi e senza farsene travolgere; la capacità di sviluppare efficienza mentale e comprensione della realtà e di motivarsi in modo globale, con il pensiero e i sentimenti, al raggiungimento di obiettivi e finalità; la capacità di percepire e comprendere le emozioni altrui, riuscendo ad essere sensibili e empatici; la capacità di interagire positivamente con le persone. Noi - in qualità di genitori, insegnanti, educatori – possiamo imparare molto anche su noi stessi portando consapevolezza ai pensieri e ai sentimenti che emergono quando un bambino condivide con noi le sue difficoltà. Se siamo in grado di osservare il disagio generato in noi da certi sentimenti e se riusciamo a capire cosa può lenire, diminuire, o allontanare particolari preoccupazioni e paure, allora possiamo accogliere le difficoltà dei bambini offrendo loro maggiore sostegno ed empatia. Questo tipo di sensibilità ci permette di sapere sempre come comportarci: quando è il caso di avvicinarci e quando è meglio allontanarci, quando parlare e quando invece tacere, quando essere presenti con discrezione e quando invece è necessario affrontare un argomento anche se doloroso, quando si può andare dritti al problema e quando è meglio utilizzare metafore (fiabe, giochi…). I bambini che crescono tra persone empatiche – adulti e coetanei – percepiscono un’ampia accettazione dei loro comportamenti e dei loro sentimenti. Sono liberi di esprimere tutta la gamma delle loro emozioni: la rabbia, la tristezza, la gioia, l’allegria, la paura…. Nessuno può insegnarci come diventare empatici. Solo la nostra sensibilità, la nostra esperienza e la capacità di osservare,ascoltare e accogliere. 1 D.Goleman, L’intelligenza emotiva, Rizzoli 1996 47 “Io mangio di tutto. Sono abituato. Ho preso questa abitudine la prima volta che ho assaggiato il mare. Sono andato sotto e ho bevuto. Da allora assaggio tutto”. D A I L A B O R AT O R I P I LO T A Andrea, V A, Trecate 48 DA CASA A SCUOLA ore 8.15 pagina 4 della giornata di A e O si va a scuola: percorsi, scorciatoie, sorprese! come tutte le mattine, si va a scuola. Ma, se mi fermo a guardare, cosa vedo per la strada? E se vado un po’ più lentamente del solito? Occhi puntati sulla strada, su com’è arredata, su chi vi abita. ore 8.15, pagina 4 della giornata di A e O DA CASA A SCUOLA si va a scuola: percorsi, scorciatoie, sorprese! qual è l’obiettivo? La quarta puntata del laboratorio ci guida alla scoperta dello strada, e dei diversi elementi del paesaggio urbano che catturano l’attenzione dei bambini. La strada è un ambiente complesso, non solo un canale di passaggio veloce: i bambini vi procedono lentamente (quando possono), e ne percepiscono i diversi aspetti a partire dai loro sensi, dalle loro esigenze e bisogni. In particolare si prova a “dar vita” alla strada, a partire dal tragitto che ogni bambino compie la mattina da casa a scuola: una strada dunque conosciuta ma che, a seconda di come ci si sposta e di quali obiettivi si hanno, può assumere connotazioni positive e negative. Elemento conclusivo dell’incontro è l’individuazione di un luogo ideale per riflettere insieme ai bambini su quali caratteristiche debba avere per loro uno spazio che sia “casa”. quali sono le attività? il gioco dei nomi 5 minuti il racconto, i coccodrilli in città 15 minuti cosa vedo per la strada? 25 minuti il gioco della strada 20 minuti concludiamo 10 minuti 5 minuti ci salutiamo uno: il gioco dei nomi tempo: 5 minuti Ognuno dice il proprio nome e il luogo dove vorrebbe essere, reale o fantastico. due: il racconto, i coccodrilli in città tempo: 15 minuti ”Caspitina“ dice O alzandosi di colpo dal tavolo della colazione e facendo traballare ogni cosa, “Sono le sette e trenta, se non ci sbrighiamo faremo tardi a scuola!” 8QDFRUVDLQEDJQRSRLXQDYHORFHPDHI¿FDFHODYDWDGLGHQWLHYLDYHUVR la porta di uscita… “Alt” dice con un cenno della mano destra lo zio Martino che è apparso all’improvviso sull’uscio di casa. La mano sinistra, invece, la appoggia sullo VWLSLWHFRPHDGLUHGLTXLQRQVLSDVVD$OVXR¿DQFRF¶qDQFKH]LD%LDQFD ci sorride con amore e con i suoi occhioni luminosi, molto ma molto spalancati, sembra prometterci una scoppiettante sorpresa. A - Siamo in ritardo zio, l’autobus passa tra sette minuti davanti alla panet- 50 teria… Mamma, se sei pronta, ci accompagni per favore? Zio Martino – Oh niente autobus oggi ragazzi, la zia ed io abbiamo una bella sorpresa per voi…Dillo tu Bianca. =LD%LDQFD±8QDXWRQXRYD¿DPPDQWHFROWHWWXFFLRDSULELOH)DUHPRXQ viaggetto in città che sarà quasi come andare in vacanza. A e O cercano lo sguardo di mamma e papà che nel frattempo hanno continuato imperterriti la loro colazione come se già sapessero tutto. O - Possiamo andare con gli zii? Babbo e mamma sorridono e fanno cenno di sì con il capo. Un attimo dopo i quattro sono già in automobile davanti a casa, mentre il portellone automatico del garage della casa degli zii, che è proprio adiacente a quella di A e O, si chiude: prima con solenne lentezza, poi con un ERWWR¿QDOH Lo zio Martino lancia un’occhiata nello specchietto, poi pieno di orgoglio gira la chiave d’avviamento e la macchina si mette in moto con un suono leggero del motore che sembra musica. Un dito sull’interruttore blu luminoso e il tettuccio dell’auto si apre con grande magia e scivola dentro il baule posteriore. “Si parte” dice lo zio emozionato più di tutti. Innesta la marcia e…la macchina si avvia ma il suo incedere è subito disastroso: borbotta, saltella, trema, come se avesse perso le ruote… “Accidenti abbiamo bucato!” Non c’è problema con zio Martino: non si arrende mai, tutti lo sanno in famiglia. Scende dall’auto, tranquillizza con un gesto della mano i bambini e anche zia Bianca, poi raggiunge la porta del garage per prendere l’occorrente. “Accidenti, la chiave si è spezzata nella serratura della porta del garage!”. Non c’è problema con zio Martino, prende un cacciavite e cerca di togliere la chiave. “Accidenti si è tolto il manico al cacciavite” …non c’è problema con zio Martino, si fa prestare la colla dal babbo e… “Accidenti, il barattolo della colla si è versato sulla strada”… non c’è problema, prenderà la segatura… Intanto il tempo passa e lo zio, dopo aver versato la segatura, essere rimasto appiccicato alla colla con le scarpe, e aver detto almeno 50 “non c’è SUREOHPD´¿QDOPHQWHVLDUUHQGH Andremo a piedi con zia Bianca… A – Lo sai zia che è la prima volta che andiamo a piedi? Zia Bianca - Allora sarà una emozionante avventura…perché la città, se la guardate bene è una specie di giungla… O – Di giungla? Zia Bianca – Guardate, quella sembra una strada a quattro corsie, ma QRQqFRVu«qXQJLJDQWHVFR¿XPH«SRSRODWRDTXHVW¶RUDGDFRFFRGULOOLH ippopotami. Alcuni scendono con la corrente altri la risalgono. A – Ma come faremo ad attraversare? Io ho paura dei coccodrilli… Zia Bianca - Ci sono animali amici che ci aiuteranno…presto, camminiamo sulla schiena delle zebre… 51 La zia di A e O ha un potere magico: le parole, quando le escono dalla bocca, diventano subito storie e le storie diventano avventura. $H2LQVLHPHDOOD]LDDWWUDYHUVDQRDOORUDLOJUDQGH¿XPHDTXDWWURFRUVLH Al centro delle zebre, su un tronco galleggiante, un domatore vigile fa strani gesti con le mani per domare le belve. ,WUHJLXQJRQR¿QDOPHQWHVXOO¶DOWUDVSRQGDHVLLQWUXIRODQRQHOSDUFRIRUHsta. Da lì sbucano all’imbocco di una valle piazza. In alto, un grande rapace semaforo, appeso alle liane strizza l’occhio rosso come a dire: “fermatevi, attenti all’elefante”. Infatti un grande elefante giallo, colmo di viaggiatori e guidato da un nervosissimo conducente autista, sfreccia davanti a loro, seguito da una masnada di piccole e grandi belve. Il rapace ora strizza l’occhio verde e i tre possono attraversare la valle. Insieme a loro si incolonnano numerosi altri uomini e donne della tribù dei pedoni. Tutti procedono guardinghi perché temono le belve che sbucano da ogni parte. Il rapace improvvisamente strizza di nuovo l’occhio rosso, dopo un breve segno con l’occhio giallo... ed è un fuggi fuggi generale! Da sotto una grotta cavalcavia sbucano mandrie di bisonti automobili e si lanciano verso la prateria. Tutta la tribù dei pedoni si mette in salvo sull’isola pedonale. Un attimo per respirare e si riprende il cammino. I tre ora percorrono un sentiero marciapiede sotto enormi baobab palazzi. “Bisogna stare attenti” dice zia Bianca, “perché nella pancia dei baobab vi sono caverne garage, dove affamate belve vengono rinchiuse per notti e notti e quando escono…”, infatti lì davanti c’è un distributore di benzina cibo e le belve fanno la coda per nutrirsi. &DPPLQDFDPPLQDFRPHVLGLFHQHOOH¿DEHLWUHDWWUDYHUVDQRODJLXQJOD HDUULYDQR¿QDOPHQWHDVFXROD Sono un poco in ritardo, ma l’avventura è stata emozionante. Grazie Zia Bianca. tre: cosa vedo per la strada? tempo: 25 minuti obiettivi: scopo del gioco è quello di portare in evidenza i diversi “attori” della strada (persone, mezzi…), riflettere su come li percepiamo e su quale differente valenza possano avere a seconda delle circostanze e a seconda di come interagiscono con noi. cosa serve: cartelloni e pennarelli colorati, puntine o scotch per appendere i cartelloni alle pareti. svolgimento: si lasciano i bambini in cerchio e si chiede loro -facendo un parallelo con il racconto di A e O- di raccontare come vengono a scuola: a piedi, in bicicletta, in auto e con i mezzi pubblici. Su uno dei cartelloni, che avrete appeso alla parete, scrivete tutti i mezzi di trasporto utilizzati (e se volete, per vedere qual è la modalità più diffusa, potete segnare anche il numero dei bambini per 52 ciascuna categoria). Dividete quindi i bambini in gruppi, a seconda del mezzo con cui si spostano per venire a scuola e date loro un cartellone e un pennarello. Stabilite un capogruppo. I bambini in gruppo devono provare a fare un elenco, di cui il capogruppo terrà traccia scritta sul cartellone, di tutti gli elementi (cose, persone, rumori, odori,…) che notano nel tragitto da casa a scuola. Terminato il tempo a disposizione (10 minuti circa) appendete tutti i cartelli e discutete insieme ai ragazzi di quali valenze, positive e negative, attribuiscono agli elementi evidenziati e, se volete, cercate di segnare in qualche modo, ad esempio con colori diversi, la situazione in cui valutano positivamente quell’elemento e quella in cui lo valutano negativamente. Per esempio: se hanno scritto “automobilisti”, questo elemento può avere una valenza positiva (ad esempio l’automobilista rispettoso che va piano e si ferma alle strisce pedonali) oppure negativa (l’automobilista nervoso che ignora i pedoni). Ovviamente non tutto deve per forza avere entrambe le valenze. quattro: il gioco della strada tempo: 20 minuti obiettivi: aumentare la consapevolezza da parte dei bambini delle possibili valenze –positive/negative- degli elementi individuati, provando a impersonarli e a metterli in scena. cosa serve: se volete, potete preparare in anticipo gli accessori che possono caratterizzare i personaggi del gioco, per esempio un giornale per il pedone, una paletta per il vigile, un berretto per gli autisti e ciò che vi viene in mente per “animare” il paesaggio urbano. svolgimento: in questo gioco i bambini ricreano l’ambiente della strada e si mettono nei panni dei diversi elementi/personaggi, provando a interpretarli positivamente e negativamente. Potete inventare una vostra versione del gioco, oppure provare a seguire queste indicazioni. Stabilite un immaginario percorso nello spazio a vostra disposizione, con una partenza ed un arrivo. Dividete la classe in alcuni gruppi e posizionate ciascun gruppo lungo il percorso. Il primo gruppo rappresenta i semafori, disposti lungo il percorso. Il secondo gruppo invece gli automobilisti; il terzo gruppo i negozianti o i passanti. L’ultimo gruppo interpreta i pedoni (aggiungete anche altri ruoli se volete).Il gioco consiste nel viaggio dei pedoni dalla partenza all’arrivo, incontrando lungo il percorso gli altri elementi della strada. I pedoni compiono il percorso uno alla volta, o in piccoli gruppi. Ogni bambino/elemento può essere “buono” o “cattivo”: i bambini/macchina possono andare piano o veloce, i bambini/negoziante possono essere cordiali o burberi…il tutto in funzione delle caratteristiche che i bambini hanno messo in luce nel gioco precedente. Per non fare troppa confusione, l’insegnante può ogni volta dare il via al pedone, e dire se a quel giro gli attori saranno “buoni” o “cattivi”. Il gioco termina quando tutti i pedoni hanno compiuto il percorso. 53 cinque: la casa di A e O tempo: 10 minuti obiettivi: sondare, in maniera indiretta, quali spazi urbani vengono considerati interessanti dai bambini, attraverso l’individuazione di un luogo “ideale”: la casa dei due personaggi guida. cosa serve: può essere utile una pianta della città o del quartiere. svolgimento: riportate la concentrazione ed il silenzio facendo tornare i ragazzi in cerchio. Chiedete loro dove potrebbe essere la casa di A e O se abitassero nel loro quartiere: in quale strada, piazza, giardino? Provate a capire insieme quali criteri guidano le loro scelte: luoghi che considerano belli (e perché), luoghi che considerano comodi? Tenete presente che il luogo scelto sarà la meta dell’uscita la volta successiva: si farà insieme la strada che A e O fanno per andare a scuola; quindi meglio scegliere un posto facilmente raggiungibile… sei: concludiamo tempo: 10 minuti Per concludere, può essere interessante tornare al gioco della strada e rifletterci un po’ su. Potete chiedere ai ragazzi di confrontare i diversi punti di vista: cosa hanno pensato/provato i negozianti? E gli automobilisti? Poi potete chiedere ai pedoni come si sono sentiti nel compiere il percorso attraverso la strada “buona” o quella “cattiva”. Magari si può riflettere insieme sul perché gli elementi sono “buoni” o “cattivi”. Perché gli automobilisti sono a volte tranquilli e a volte nervosi? sette: ci salutiamo tempo: 5 minuti UN le strade dei bambini A ”guardo avanti e guardo intorno, continuiamo un altro giorno!” Cos’è la strada per un bambino? Strade, piazze, spazi pubblici, che per gli adulti sono principalmente percorsi, canali di trasferimento, per i bambini sono LUOGHI. Luoghi con le proprie caratteristiche e la propria atmosfera. Luoghi da esplorare e con cui, e in cui, interagire. Se un bambino cammina per strada da solo, o con un adulto che si adegua ai suoi tempi, si apre la dimensione della scoperta: il tempo di trasferimento si allunga per comprendere nel suo arco di svolgimento attività di diversa natura (gioco, osservazione, conversazione...); il raggiungimento della meta rimane una conseguenza di minor rilievo. Case, alberi, negozi, panchine, fontane…concorrono a creare un paesaggio urbano di cui il bambino legge le potenzialità: spazi per correre, spazi per giocare, spazi misteriosi da esplorare, spazi scorciatoia… E ogni spazio offre doni e possibilità: il grande cortile lastricato in porfido di un edificio pubblico è perfetto per le gare di bici, il giardino con gli ippocastani permette esperimenti di biologia sulle panchine/bancone di laborato- 54 rio, l’angolo nascosto dell’orto botanico richiede l’apertura di nuovi sentieri da esploratori di giungle. Gli spazi della città accessibili ai bambini sono però diminuiti drasticamente: sempre più gli spazi ingombri d’altro –auto posteggiate, negozi, traffico…-, sempre meno gli spazi dove i bambini possono stare anche da soli. Il diritto di accedere in modo aperto e sicuro agli spazi pubblici - una sorta di vero e proprio diritto alla strada e alla città - è esplicitamente garantito dalle carte dei diritti dei bambini diffuse negli ultimi anni da molti organismi internazionali. Nel documento elaborato da Unicef e Unchs/Habitat nel 1996, nei seminari di New York e di Istanbul, il diritto di accesso e di libera circolazione nei luoghi pubblici è posto come uno dei diritti fondamentali dei bambini, il cui compimento deve essere raggiunto attraverso procedure di coinvolgimento diretto dei bambini nella progettazione della città e dell’ambiente. SU E allora le città provano ad attrezzarsi, e a portare avanti percorsi per ridare spazio ai bambini: la progettazione partecipata di giardini e aree gioco, ma IO N E non solo; anche altri progetti, pensati per raggiungere obiettivi di altro tipo, SS possono avere ricadute sull’uso della città. Ad esempio l’adozione dei mo- LE numenti, o i progetti di mobilità in autonomia. Progetti grossi che partono IF dalle amministrazioni, ma anche progetti micro svolti nella singola classe. R Progetti di esplorazione dei territori che attraverso la conoscenza di quello spazio provano a ricostruire legami, e attraverso i legami provano a ritrasformare quello spazio in LUOGO. Per i bambini, ma anche e soprattutto -passando attraverso gli occhi dei bambini-, per gli adulti (che sono quelli che hanno un po’ dimenticato). I bambini vanno a scuola a piedi, in autobus, soprattutto in macchina. D A I L A B O R AT O R I P I LO T A Dai finestrini guardano la città e notano tante cose: la città veloce, fatta di macchine e traffico, ma anche un’altra città, fatta di dettagli che a un occhio meno attento potrebbero sfuggire. Nelle righe che seguono trovate le cose che hanno detto di notare i bambini delle tre classi pilota. È un elenco che a tratti preoccupa ma che riserva anche qualche piccola sorpresa… Andando a scuola noto: i semafori, le macchine, gli automobilisti distratti, gli automobilisti nervosi, un ragazzo che gioca a palla, gli autisti dei pullman prepotenti, i motociclisti, gli studenti, i passanti, la forma degli alberi, i nidi sugli alberi, le gru, 55 le rotonde, il distributore, le panchine, le piazzette, le indicazioni stradali, i pezzi della macchina (scassata) del mio vicino, una macchina che ha lasciato passare una signora quando lei ha fatto cenno che voleva attraversare, i pedoni che attraversano sulle strisce, il traffico, la persone che ricambiano il saluto, le persone che non ricambiano il saluto, il panettiere, il benzinaio, il mio cancello, i marciapiedi, la puzza di smog, il profumo della panetteria, il vento. 56 L’ I N T E R V A L L O ore 10.00 pagina 5 della giornata di A e O cortili, piazze, marciapiedi: gli spazi per giocare in città una partita a pallone, andare in bicicletta, fare una caccia al tesoro…c’è più gusto a giocare in libertà negli spazi della nostra città. Ma dove? Conosciamo qualche luogo pronto ad accogliere i nostri giochi? ore 10.00, pagina 5 della giornata di A e O L’ I N T E R V A L L O cortili, piazze, marciapiedi: gli spazi per giocare in città qual è l’obiettivo? Il tema del quinto incontro è l’esplorazione del territorio, inteso non tanto come luogo di passaggio, ma come spazio pieno, di persone, di possibilità, di cose da scoprire. L’accento è posto sulla dimensione ludica e collettiva del tempo trascorso dai bambini “fuori”, perché è anche attraverso il gioco che si struttura l’esperienza, e che si possono provare a ridefinire spazi urbani solitamente solo attraversati. Trovare casa per A e O diventa così parte dell’avventura, in un percorso dove l’ideale (la casa che vorrei) incontra il reale (lo spazio che ho a disposizione) e, a vicenda, si influenzano un po’. quali sono le attività? il gioco dei nomi 5 minuti il racconto, A e O e il sapore del gioco 15 minuti il tragitto di A e O 40 minuti dove giocano A e O? 15 minuti concludiamo 10 minuti 5 minuti ci salutiamo uno: il gioco dei nomi tempo: 5 minuti Questa volta si può dire il proprio nome e il proprio gioco preferito. due: il racconto, A e O e il sapore del gioco tempo: 15 minuti SRQROHOH]LRQHGLJHRPHWULD$Q]LSHUODYHULWjqTXDVLOD¿QHGHOOD lezione di geometria… Il gesso scricchiola sulla lavagna mentre barcolla di qua è di la come perduto nell’immenso nero. E’ la mano di Adel che lo LPSXJQD ¿DFFDPHQWH PD FRVu WDQWR ¿DFFDPHQWH FKH VHPEUD TXDVL FKH sia il gesso a guidare la mano anziché il contrario. La maestra si alza e con fare severo appoggia tutte e due le mani sulla cattedra. Apre il registro, fa un sospiro e lancia uno sguardo al di sopra degli occhiali che in un attimo fa il giro dei banchi e della classe e si pianta secco sotto la lavagna, sulla faccia di Adel. Adel alza la mano quasi nell’ingenuo tentativo di parare il colpo: è bianca di polvere, trema e impugna mollemente, proprio sulla punta delle dita, il mozzicone di gesso. Sembra quasi la bandiera bianca che il prigioniero sventola con timore davanti al nemico per chiedere pietà e infatti chiede pietà: - ...Ma oggi non si fa l’intervallo? Tutta la classe esplode in una fragorosa risata che subito si spegne nelle ERFFKHGLWXWWL/DPDHVWUDqULPDVWDFRPHSLHWUL¿FDWDQRQVHO¶DVSHWWDYD una domanda del genere…semplice e in fondo davvero sincera. All’improvviso, così come sono capaci di fare solo gli attori bravi e anche le 58 maestre, ritira il suo sguardo, fa un mezzo giro di trottola e si lascia scivoODUHWUDLEUDFFLROLGHOODVHGLD2UDFL¿VVDPDLOVXRYROWRQRQqSLVFXURH pieno di ombre. Di colpo è diventato morbido e luminoso. Le scappa pure un sorriso…sarà un sorriso sincero? $H2VHPLVHSROWLGLHWUROHVSDOOHGHLFRPSDJQLGDYDQWLWLUDQR¿QDOPHQWH un respiro di sollievo. Bene, allora: INTERVALLO – dice la maestra. I ragazzi si alzano tutti in piedi ed esplode, sonoro in classe, un grido di gioia. “Niente merende per ora…” – aggiunge la maestra – “I vostri cervelli hanno bisogno immediatamente di aria fresca, il vostro spirito di emozioni, la vostra pancia di…vedremo”. La maestra prende uno scatolone che teneva sotto la cattedra, quasi nascosto e lo appoggia sul primo banco, quello di Marta. Con un gesto deciso della mano pesca là dentro una manciata di stoffe piccole e lunghe, tutte nere. Maestra - Adel avvicinati e anche tu Francesco e pure tu Mabruka. I tre compagni si avvicinano timidamente e con un poco di timore, nessuno riesce lontanamente ad immaginare cosa abbia in mente la maestra. Lei allora con molta amorevolezza afferra la mano di Mabruka e girandola di spalle le pone la stoffa nera sugli occhi a mo’ di benda. M - Non ti preoccupare è un gioco, si chiama MOSCACIECA. Per una lunga manciata di minuti la maestra benda tutti i bambini della classe, naturalmente anche A e O, che tra tutti sono forse gli unici a presagire già una emozionante avventura. La maestra ora chiede un grande silenzio. E nel silenzio vuole che ognuno VLFRQFHQWUL6LGRYUjFDPPLQDUHLQ¿ODLQGLDQDVHQWHQGRODSUHVHQ]DGHL FRPSDJQLVRORFRQXQOHJJHURV¿RUDUVLGLPDQR&LDVFXQRGRYUjDVFROWDUH intorno a sé e immaginare... Il corteo di bambini bendati si mette così in cammino. La maestra sta daYDQWL2UHVWHDOWRHUREXVWRFKLXGHOD¿OD Con passo regolare e pacato il gruppo esce dalla classe, poi dall’atrio e quindi dal cortile. Nel silenzio rotto solo da qualche bisbiglio e risolino G¶HPR]LRQHLOJUDQGHVHUSHQWHVLLQ¿ODVXOPDUFLDSLHGHGHOODVWUDGDHSRL sparisce là in fondo all’incrocio della via. A – Dove sei fratellino? O – Qui dietro di te, credo… A – Ho contato i passi, tra dieci siamo in mensa…sento anche il profumo, oggi risotto con lo zafferano… O – No, non ti sei accorta? Siamo usciti dalla scuola … A – Dici davvero? O – Certo io dico che siamo già oltre la fermata dell’autobus davanti ai palazzi gialli… A – E il profumo di risotto? O – Non è risotto, è l’aroma dei panini caldi che la rosticceria dell’angolo mette in vetrina… Aveva ragione O, il trenino dei bambini era già lontano dalla scuola e si dirigeva allegramente e inconsapevolmente, verso il cuore del quartiere. 59 Passarono davanti alla piscina scoperta e la riconobbero dal suono dell’acqua delle cascatelle e dall’odore del cloro appena messo. Passarono dal panettiere e lo riconobbero dal profumo di pane. La maestra decise XQD VRVWD H WXWWL DVVDJJLDURQR LO SDQH DQFRUD FDOGR 3RL SURVHJXLURQR ¿duciosi attraversando un forte profumo di fragole e mele. Erano le prime bancarelle del mercato che venivano loro incontro. Un lontano odore di TXHUFLDH]HQ]HURGLI¿FLOHGDGHFLIUDUHDOO¶LQL]LROLLQIRUPzFKHSDVVDYDQR davanti alla biblioteca. Giunsero così al campo di calcetto dopo aver incontrato una quantità indescrivibile di odori e rumori: a volte gradevoli, a volte VJUDGHYROL/DPDHVWUDWROVHOHEHQGHQHUHH¿QDOPHQWHLOVROHDEEDJOLzGL limpida luce gli occhi di tutti. Che bella giornata, si senti gridare. Era come se l’avessero appena scoperta...il quartiere ora appariva tutto ai loro occhi: era colorato e vivo e anche lui era come se l’avessero appena scoperto. La maestra organizzò ciò che aveva meditato: giocare ai triangoli, ai quaGUDWLHDLFHUFKLFRQLFRUSLIDUHSHULPHWULFRQODFRUVDGLDJRQDOLFRQLVDOWL e geometria con le capriole. Anche se sembrava un gioco, quella si che era scuola! tre: il tragitto di A e O tempo: 40 minuti obiettivi: esplorare lo spazio esterno, la strada. Questa uscita proverà inoltre a capitalizzare l’esperienza accumulata fino a questo momento: si esplorerà utilizzando tutti i sensi e non solo la vista, e si proverà ad osservare come si “comportano” gli altri, persone e cose. cosa serve: per questo incontro servono quindi le “maschere sensoriali”. Si possono fare con dei cartoncini di tre colori diversi, di dimensione A5 (metà A4), uno per ogni bambino. Ad ogni colore attribuite un “organo di senso” (occhi, naso, orecchio). I cartoncini saranno una sorta di maschera, con un foro a forma dell’organo di senso relativo; nel cartoncino-vista avrete praticato due fori per gli occhi (o anche un foro solo se preferite), in quello per l’udito un foro a forma di orecchio, in quello dell’olfatto invece un foro a forma di naso. svolgimento: spiegate ai ragazzi che state per uscire in esplorazione. Andrete nel luogo dove A e O potrebbero vivere (scelto nell’incontro precedente) e cercherete la loro casa. Distribuite a ciascuno un cartoncino/maschera sensoriale; ognuno potrà rilevare quello che vuole, prestando però particolare attenzione al senso corrispondente alla propria maschera. I bambini possono portare un foglio ed una penna per annotare ciò che rileveranno, sotto forma di appunti che poi riordineranno in classe. Durante il tragitto potete fermavi qua e là per offrire pause in cui i ragazzi possano prendere appunti e osservare con più cura. Arrivati nelle vicinanze del luogo prescelto provate a osservare gli edifici e a individuare quella che potrebbe essere la casa di A e O (quella piccola arancione vivace? Quella con quel giardino un po’ misterioso? ). quattro: dove giocano A e O? tempo: 15 minuti obiettivi: modificare per un momento la funzione di uno spazio urbano, giocando in un luogo nor- 60 malmente non riservato al gioco. Riflettere su quali sono le condizione necessarie a fare di un luogo uno spazio gioco. svolgimento: chiedete ora ai bambini di guardarsi intorno e di immaginare dove possano giocare A e O nei dintorni di casa loro. A seconda di dove siete, ci potranno essere spazi più propri (un parco giochi, una piazza…) o meno propri (un marciapiede largo, un parcheggio…). Se lo ritenete, invitateli a osservare spazi diversi, per evocare giochi e possibilità differenti. Proponete a questo punto, come premio per l’esplorazione avvenuta con successo, un gioco di gruppo. Scegliete insieme qualsiasi gioco: nascondino, bandiera, sparviero, il gioco della strada fatto in classe la volta precedente…se volete, vi suggeriamo una variazione di bandiera, che potete anche spacciare come uno dei giochi preferiti di A e O. Il gioco si chiama “SPARAGNAUS”. Come per “bandiera”, dividete i bambini in due gruppi. Assegnate un numero a ciascuna coppia che si fronteggia. Oltre alle chiamate regolari potete variare chiamando anche più numeri insieme, e/o chiedendo camminate strane (es.: vengano camminando all’indietro i numeri....3,5,7, oppure i numeri 1 e 4 ballando insieme il valzer…). Infine, quando direte “SPARAGNAUS”, i bambini di tutte e due le squadre dovranno fare qualcosa tutti insieme, ad esempio salutare i passanti o intonare una canzone. suggerimento: se volete potete proporre di salutare i passanti lungo il percorso per tornare a scuola; questa attività rischia di trasformarli in un’allegra brigata di scalmanati, ma può essere divertente e offrire spunti di riflessione successivamente. cinque: concludiamo tempo: 10 minuti svolgimento: rientrati a scuola, riportate la calma riproponendo il cerchio. Potete provare a tornare sull’uscita e a riflettere su due temi: come e perché hanno scelto la casa di A e O (quali sono le caratteristiche dell’edificio, quali quelle dello spazio intorno, ecc.); quali sono gli spazi all’aperto in cui si può giocare, quelli espressamente designati al gioco e quelli “conquistati” –se ce ne sono- o “conquistabili”. Quali caratteristiche deve avere uno spazio per poterci giocare? Quali giochi si possono fare a seconda di come è fatto? Quali giochi si possono fare ai giardini e quali in cortile? Quali in piazza e quali su un marciapiede? sei: ci salutiamo tempo: 5 minuti ”guardo avanti e guardo intorno, continuiamo un altro giorno!” l’importanza del gioco Troppo facilmente il giocare viene scambiato con il puro e semplice essere UNA R ES IFL S E ION SU occupato. Si è contenti quando i bambini fanno qualcosa e ci si chiede troppo poco sulle forze del bambino che vengono di volta in volta suscitate e chiamate ad agire. Montaigne scrisse: “Il gioco dovrebbe essere considerato l’attività più seria dell’infanzia”. Sempre, quando incontriamo dei bambini in attività, da soli o in piccoli gruppi, possiamo vedere – se giocano veramente 61 – che rappresentano scene di vita quotidiana. La persona adulta ha per loro una grande importanza. All’adulto essi alzano gli occhi con ammirazione. In sua presenza sperimentano come lui imposta la sua vita in casa, sulla strada, nei negozi, nel rapporto con le altre persone; come si occupa della famiglia, della casa, come svolge i lavori di riparazione in casa. Tutte queste esperienze danno degli impulsi per diventare attivi nelle loro attività ludiche. Il gioco del bambino non è mai un’attività fatta a cuor leggero, ma un agire pervaso da una profonda serietà. Il bambino accoglie in sé tutti gli avvenimenti e le esperienze provenienti dall’ambiente dell’adulto che è attivo intorno a lui, le afferra con la sua volontà, le interiorizza nuovamente agendo imitativamente e dà forma con ciò ad un gioco senza uno scopo preciso. Il fatto che il bambino impari attraverso l’imitazione porta con sé la conseguenza che l’adulto dovrebbe comportarsi, alla presenza di un bambino, in modo degno di essere imitato. Attraverso il gioco il bambino fa esperienze cruciali instaurando un rapporto libero e creativo con il mondo. Il gioco è il linguaggio con cui il bambino esprime se stesso e, se siamo pronti a capirlo, anche un mezzo con cui ci comunica la sua visione del mondo. Ci descrive come vede e interpreta il mondo, le relazioni tra le persone, i sentimenti. Ci descrive il mondo che vorrebbe, i suoi interessi, le fatiche e le difficoltà del momento. Il gioco diventa un prezioso strumento per esprimere cose che non riuscirebbe a tradurre in parole. E’ attraverso il gioco che il bambino comincia a comprendere come funzionano le cose: che cosa si può o non si può fare con determinati oggetti e grosso modo perché. Inoltre, giocando con altri bambini, si rende conto dell’esistenza delle leggi del caso e della probabilità, e delle regole di comportamento che vanno rispettate. Se riflettiamo sul profondo significato e sulle immense potenzialità del gioco ci accorgiamo che giocare è la modalità del bambino di fare esperienza del mondo, di conoscerlo, di scoprirne regole e principi divertendosi: è prepararsi alla vita, formando i suoi organi di senso. Per i bambini di Lucento-Vallette A e O abitano vicino allo slargo all’incrocio tra via Pianezza e via Foglizzo, dove c’è un parco giochi, la chiesa SS. Bernardo e Brigida e che confina con il parco del Castello di Lucento. A e O abitano in una villetta lì vicino, con il giardino con una palma e una serra un po’ misteriosa in cui probabilmente c’è il loro laboratorio in cui fanno esperimenti strani. Per i bambini di Trecate A e O abitano a villa Cicogna, in via Clerici 1, dove c’è la biblioteca. La loro casa è antica e piena di stanze. Quando fa bello giocano nel parco e quando fa brutto hanno tutti i libri della bibioteca a disposizione… A Casale Monferrato A e O abitano in piazza Cesare Battisti. La loro casa è un bell’appartamento sopra il supermercato, così ogni volta che vogliono fare merenda hanno tutto a portata di mano. 62 D A I L A B O R AT O R I P I LO T A la casa di A e O A SCUOLA ore 14.00 pagina 6 della giornata di A e O dall’aula al cortile: cosa ci raccontano gli spazi quotidiani? a scuola: si impara la matematica, si studiano i paesi del mondo, ma anche si gioca nell’intervallo, si fa amicizia con bambini nuovi, si litiga nei corridoi, si corre in palestra, ci si guarda l’un l’altro dai diversi angoli del cortile... ore 14.00, pagina 6 della giornata di A e O A SCUOLA dall’aula al cortile: cosa ci raccontano gli spazi quotidiani? qual è l’obiettivo? Il lavoro di mappatura svolto sullo spazio pubblico viene riproposto su un ambiente collettivo quale quello della scuola, nel quale i bambini sperimentano ogni giorno momenti di confronto/incontro/ scontro con gli spazi e con le persone. La scuola non è solo luogo di apprendimento, ma anche di gioco e di relazione: proviamo a osservarla e ridisegnarla a partire dai bisogni e dalle esperienze dei bambini, dalle emozioni che provano, dalle persone che incontrano, per costruire mappe che orientino a muoversi e dare significato al tempo trascorso, e allo spazio percorso, a scuola ogni giorno. quali sono le attività? il gioco dei nomi 5 il racconto, A e O e l’architetto sognatore minuti 15 alla ricerca dello spazio perduto 30 minuti le mappe 20 minuti concludiamo 10 minuti 5 minuti ci salutiamo minuti uno: il gioco dei nomi tempo: 5 minuti Questa volta si può dire il proprio nome e come ci si vorrebbe chiamare, se non si avesse il proprio nome. due:il racconto, A e O e l’architetto sognatore tempo: 15 minuti “Sono le 14. Come faccio a saperlo se non ho l’orologio? Semplice, lo so perché è appena suonata la campanella della scuola, con il suo lungo e stonato squillo metallico. E anche oggi, come ogni giorno quando non piove, al suono della campanella, si è riversata in cortile una massa chiassosa di bambini…una specie di inarrestabile mandria di vitellini alla ricerca di un pascolo più verde. Ne sa qualcosa il bidello Costantino, che insieme alla maestra Tilde, ogni giorno cerca di rallentare con le mani e con il corpo il passaggio sfrenato della mandria, davanti all’androne della scuola. Puntualmente, ne restano tutti e due travolti e senza volerlo si ritrovano carponi, storditi e semi spogliati sull’ultimo gradino della scala d’ingresso. E dei bambini, neanche l’ombra: tutti già in cortile. Così è la nostra scuola, ma penso che siano così tutte le scuole del mondo…e anche le campanelle e i bambini del mondo…ogni volta che ne suona una, noi bambini, speriamo sempre che sia quella dell’intervallo. Oggi comunque la giornata è davvero bella: l’aria è tiepida, le ombre sono fresche e profumano di primavera. Il sole, nel cielo, è solo soletto e non si vede nemmeno lo scarabocchio di 64 una nuvola. A proposito di scarabocchio, ora devo andare anch’io a giocaUHDOWULPHQWLO¶LQWHUYDOOR¿QLVFH´ Ogni tanto ad A piace scrivere un breve appunto sul suo diario. Un’osserYD]LRQHRXQDULÀHVVLRQHVXTXDOFRVDFKHKDYLVWRRFKHKDIDWWRSXUFKp si tratti di qualcosa di curioso o bello e che l’abbia colpita. A depone il suo diario sotto il banco e di corsa raggiunge il drappello dei ragazzi di quarta e quinta che già si è riunito, con fare da combriccola segreta, sotto il grande ippocastano che sorge come unico, secolare monumento alla natura, nel centro del cortile della scuola. Intanto, intorno a loro e al grande albero, nella calda luce del pomeriggio, tutti gli altri bambini della scuola corrono e saltano in ogni direzione. Sembrano rondinotti impazziti nell’abbondanza di insetti. E’ la gioia per la libertà e per il gioco e anche la paura che l’intervallo sia troppo breve per quell’incommensurabile divertimento. Sotto l’ippocastano, invece, regnano il silenzio e la noia. Anche un poco di invidia per i piccolini che si divertono proprio con niente. Infatti loro, i grandi, non si divertono più con nulla. Sono pieni di amarezza perché il tempo passa, la giornata è troppo bella, ma non sanno a cosa giocare. Eh si, i grandi di quarta e quinta, nella loro lunga esistenza, hanno già giocato a tutti i giochi: quelli vecchi vengono a noia e quelli nuovi non si riesce a praticarli, perché non mettono d’accordo nessuno. Una massa di teste dure quelli di quarta e di quinta! L’unica è A, che ha qualche volta una buona idea e riesce miracolosamente a convincere tutti, anche il “Castagna”. Non è il suo vero nome perché lui in verità si chiama Andrea, ma siccome ha una faccia da castagna e i capelli da riccio di castagna, ecco spiegato il semplice perché. Il silenzio si fa pesante sotto il grande albero e Castagna sta per esplodere con il suo: “…e allora io vado a giocare al pallone, da solo, contro il muro…” quando gli occhi di A si illuminano improvvisamente: “Mi è venuta una idea! Io so perché non riusciamo più a giocare: per giocare ci vorrebbe un giardino, perché solo un giardino ti fa venire voglia di avventura, e questo non è un giardino. Però possiamo immaginare che lo sia e allora potremo giocare, almeno con la fantasia…“ Tutti fanno sì con la testa ma è chiaro dai loro sguardi che non hanno capito niente. A – Guardatevi intorno, il cortile della scuola non è per nulla un giardino e chissà perché lo chiamano così. Il grande e vecchio ippocastano sorge al centro di un fazzoletto di prato consumato, tra il posteggio delle auto del personale della scuola e il muro di cinta. Il resto è un cortile d’asfalto, come sono rettangoli d’asfalto gli altri spazi che circondano la scuola davanti alla mensa, di fronte alla recinzione, all’entrata principale… Allora giocheremo al gioco dell’Architetto sognatore. Ci divideremo in gruppi di quattro o cinque, con matita e carta e ispezioneremo ogni angolo della scuola. Faremo una grande mappa del “Giardino” e battezzeremo tutto, con un nuovo nome avventuroso. Un nome bello che ci permetta di immaginare quel luogo come un posto fantastico dove praticare qualsiasi gioco, inventato o che esiste davvero… Tutti sorridono ora e dicono di si con la testa. Castagna si alza in piedi e 65 rompe ogni indugio: “Giochiamo allora! Io sono l’architetto sognatore! “ “Lo siamo tutti” aggiunge A, “ascoltatemi...” Sono trascorsi pochi istanti e già i gruppi si sono sparpagliati come piccole operose formiche, armate di carta e penna.Il grande ippocastano ora si chiama “Il verde rifugio”: è una capanna al centro di una foresta dove ci si nasconde per sfuggire ai misteriosi predatori di bambini. Il muro di cinta ora è la “Fortezza di Ubaldo ” e separa il mondo dei fanciulli dalla villa del mago Ubaldo, luogo tetro e pieno di sortilegi e terribili magie. Il posteggio è “La IRUHVWDSLHWUL¿FDWD´VLJLRFDDQDVFRQGLQRFKHqXQDPHUDYLJOLD,UHWWDQJROL d’asfalto sono le “Isole di ghiaccio” del Mar Baltico…lì si imparano coraggio e spirito d’avventura, velocità ed equilibrio. Non c’è che l’imbarazzo della scelta ora…Buon divertimento. tre: alla ricerca dello spazio perduto tempo: 30 minuti obiettivi: quando ogni giorno percorriamo un luogo, o vi abitiamo, ci dimentichiamo di guardarlo davvero, di osservarne le caratteristiche e le potenzialità. Questo gioco vuole offrire ai bambini l’opportunità di considerare l’edificio scolastico, in cui si muovono ogni giorno, come uno spazio vivo e pieno. cosa serve: fogli e penne svolgimento: per questo gioco è necessario pensare prima una serie di “categorie” secondo le quali classificare gli spazi della scuola. Ad esempio: spazi misteriosi spazi allegri spazi solo per i bambini spazi solo per gli adulti spazi divertenti (per giocare) spazi noiosi …. I bambini dovranno esplorare la scuola, divisi a coppie, cercando di individuare gli spazi che appartengono alla categoria che è stata loro assegnata. Sarebbe bello che i bambini girassero per l’edificio non accompagnati, ma se questo non è possibile l’esplorazione può diventare virtuale e svolgersi in classe. Le categorie possono essere quante si vuole, ma, per non complicare troppo, meglio che siano da 4 a 6. Di conseguenza a più coppie si può assegnare una stessa categoria. Ogni coppia può annotare su un foglio gli spazi che esplora, se lo ritenete necessario date un numero massimo di luoghi a cui limitarsi. Terminato, si torna in classe. quattro: le mappe tempo: 20 minuti obiettivi: favorire il lavoro cooperativo, sperimentando l’uso di uno stru- 66 mento diverso, la mappa, che aiuta a semplificare la conoscenza di un luogo, e renderla comunicabile agli altri. cosa serve: fogli, magari grandi, matite e colori. svolgimento: le coppie si accorpano a gruppi, uno per ogni categoria. Ogni gruppo disegna una mappa dei luoghi esplorati, riunendo tutti quelli che ogni coppia ha individuato. Ad esempio, la mappa dei luoghi misteriosi, dei luoghi solo per i bambini, e così via…Terminato il lavoro un portavoce per ogni gruppo presenta la mappa agli altri. cinque: concludiamo tempo: 10 minuti svolgimento: seduti tutti insieme, si può provare a riflettere su come è avvenuta l’esplorazione e a motivare la scelta degli spazi: perché abbiamo scelto quello spazio come misterioso (o allegro, o noioso…)? Come ci sentiamo quando siamo lì dentro? La sensazione cambia se ci stiamo da soli o con qualcun altro? E quali possono essere le caratteristiche che ci portano a sentirci così? Che dimensioni ha? Com’è la luce al suo interno? Quali sono i colori dominanti? Cosa c’è dentro, mobili, oggetti? … sei: ci salutiamo tempo: 5 minuti ”guardo avanti e guardo intorno, continuiamo un altro giorno!” , e volet O. . . o, se t R a T r a L poi ep R E A l ’ a l t ro no pr otrete A n p a F e h h I i c D ro e grupp oghi, M P O a un incont che i dei lu E i e T n p u p c r È a t ’ al se m solo S E C a di attività diver ando e n l l o t a i s z d le e p ro p o ari se par tir : a mag tiva, sima n s . i u l s a s lasse ria tot o di c ppa unica r a b a i l n m u el La rne sta n egna appo e dis o t i z e t a o p p ello s lare n incol la scuola: spazi e tempi di apprendimento e socialità I nostri bambini e le nostre bambine trascorrono negli ambienti scolastici un tempo che varia dalle 5 alle 8 ore al giorno. Le scuole diventano, per circa 10 mesi l’anno, una specie di “seconda casa”. Studi recenti hanno dimostrato come la qualità degli spazi che accolgono U NA R L IF S ES I E ON SU le attività didattiche abbia ripercussioni non solo sul rendimento scolastico ma anche sul sistema di relazioni che quotidianamente viene attivato nelle classi e nei corridoi di una scuola. Tutti i bambini e le bambine hanno bisogno di “fare tana”, di abitare spazi familiari, raccolti, accoglienti e ospitali; hanno bisogno di “casa”, di materiali caldi, naturali, piacevoli alla vista e al tatto; hanno bisogno di immergersi nel “bello” e nel “buono”. Hanno bisogno di ritmo e di ritualità, di tempi dilatati capaci di accogliere le 67 loro individualità e i loro talenti. Hanno bisogno di spazi aperti dove “toccare con mano” la natura e osservare i mutamenti delle stagioni, dove correre e arrampicarsi, spazi dove sperimentare giochi in libertà e, allo stesso tempo, sentirsi protetti. E hanno anche bisogno di crescere accompagnati da persone attente, competenti, gentili, capaci di osservare, decodificare i loro bisogni e rispondere in modo puntuale e adeguato. E’ importante riuscire ad offrire un ambiente protetto in cui si avverte calore nei rapporti sociali, in cui vige un pensiero amichevole e l’interesse reciproco. Tutto ciò ha la stessa importanza dei colori delle pareti, delle luci scelte per illuminare i locali, dei materiali scelti per il gioco e per la didattica, della cura che ognuno dedica agli spazi abitati ogni giorno…ancora una volta, le relazioni con i luoghi e le relazioni con le persone sono ciò che determina la possibilità di sentirsi accolti e “a casa”. Quando gli spazi non ci permettono di vivere bene possiamo provare a cambiarli, e non è sempre necessario ritinteggiare o cambiare i mobili, a volte può bastare anche modificare la disposizione dei banchi o, in un pomeriggio un po’ buio, fare lezione alla luce calda di un’abatjour invece che delle lampade al neon. E magari dare un nome agli spazi dopo averli “trasformati” come nel racconto di A e O. Accorgimenti che con piccolo sforzo possono adattare i luoghi in cui viviamo alle diverse esigenze. Perché la progettazione e la cura quotidiana degli spazi scolastici devono tenere conto delle differenti funzioni che la scuola assolve. La scuola è il luogo dell’apprendimento, della costruzione della conoscenza e dei saperi ma è anche tante altre cose. E’ il luogo dove si sperimentano dinamiche sociali, dove transitano emozioni, sentimenti, stati d’animo, dove nascono relazioni e socialità tra le in ogni scuola c’è un angolo misterioso L’atmosfera è cupa. A volte è buio e di sicuro non c’è mai nessuno. Le scale secondarie, ad esempio, sono polverose, inquietanti, hanno l’aria di un posto vecchio, i muri sono scrostati e fanno proprio un po’ paura. Poi c’è la sala dell’ascensore. Non ha finestre e ci sono un sacco di oggetti abbandonati. E poi c’è quella porta sempre chiusa, che non si sa dove porti e nessuno ha il coraggio di aprire… i bambini della IV B 68 D A I L A B O R AT O R I P I LO T A persone, dove ci si “allena” alla vita. IL RITORNO ore 16.30 pagina 7 della giornata di A e O e se ci pensassero i bambini? e ora comincia l’avventura... come dovrebbe essere una città giusta per i bambini, per potersi muovere e giocare in libertà? ore 16.30, pagina 7 della giornata di A e O IL RITORNO e se ci pensassero i bambini? qual è l’obiettivo? Giunti alla settima puntata della giornata di A e O, proviamo ad ascoltare che effetto fa la città ai bambini, dando loro la parola per raccontare quali possibilità di “vagabondare” in libertà hanno, o hanno provato, anche solo una volta. E, nelle storie che raccontano, raccogliere echi delle nostre paure di adulti, desideri di avventura, strategie per sentirsi più forti e indipendenti. E se la città, pensata e costruita dagli adulti, non lascia ai bambini spazi per perdersi un po’, diamo loro la matita del progettista e lasciamo che inventino strade per rendere questa città un posto “come piace ai bambini”. quali sono le attività? il gioco dei nomi 5 minuti il racconto, Patufé si è perduta 15 minuti racconta la tua avventura 15 minuti riprogettiamo la città? 30 minuti concludiamo 10 minuti 5 minuti ci salutiamo uno: il gioco dei nomi tempo: 5 minuti questa volta si può dire il proprio nome e cosa si vorrebbe fare da grandi. due: il racconto, Patufé si è perduta tempo: 15 minuti SRQR OH LQ SXQWR H OD VFXROD ¿QLVFH DOPHQR SHU RJJL (¶ VWDWD XQD giornata intensa e piena di occasioni per non annoiarsi, ma anche per imparare. $ H 2 FRPH WXWWL L EDPELQL GHOOH YDULH FODVVL VL VRQR PHVVL LQ ¿OD H WUDscinando piedi e cartelle si avviano verso l’uscita. Fuori, una schiera di sorridenti genitori è pronta ad accoglierli. Qualche saluto ad alta voce, qualche promessa di ritrovarsi in biblioteca o al campetto dopo la merenda, portiere che sbattono, gipponi che sfrecciano, pedoni che sbuffano. La baraonda dura per fortuna un breve attimo e in men che non si dica la folla si dissolve come per magia. Ciascuno va veloce per la sua strada e davanti al cancello non rimane più nessuno… Anzi, TXDVL QHVVXQR 8Q FDJQROLQR VWD VHGXWR H JXDUGD ¿VVR YHUVR OD VFXROD come se aspettasse un padroncino. Ma i ragazzi sono usciti tutti ed è rimasta solo la bidella Grazia che poi ha tre gatti e non può certo avere anche un cagnolino…forse sarà solo curioso. Non si muove, sembra proprio che aspetti qualcuno. E’ tutto scuro, con una macchia bianca che splende sulla 70 SDQFLDKDSHOROXQJRTXDVLQHURPDODSXQWDqGLFRORUDUJHQWROXFFLFDQWH La sua coda è davvero vivace: spazzola la strada senza sosta. A e O che si erano persi ad osservare il cagnolino, ora si guardano sconsolati: “E la mamma dove sarà ?” Forse il bus è in ritardo o la mamma ha avuto un contrattempo. Non resta che aspettarla. Tanto lei sa che i suoi bambini conoscono bene le regole della sicurezza: “ Non si esce da soli dal cortile della scuola per nessun motivo”. “…per nessun motivo? “ dice O. “ E se venisse il terremoto? E se la scuola prendesse fuoco? E se dovessimo metterci in salvo da chissà quale pericolo?”. A – Non farti prendere dall’ansia O, aspettiamo un attimo e tutto si risolverà. Però rimaniamo nel cortile della scuola come ci hanno insegnato. O – Va bene, aspettiamo. Il tempo passa, ma la mamma non si vede ancora, mentre il cagnolino è sempre lì seduto. Fissa A e O con occhi che sembrano chiedere qualcosa e la coda intanto spazzola la strada, con il ritmo di un tergicristallo,. O – Beh, non sarà certo violare le regole se intanto carezziamo il cagnolino, no? I due fratellini si muovono di un passo e, come se con quel gesto avessero schiacciato l’interruttore giusto, il cagnolino parte come una freccia verso di loro: sgambetta storto, si gira su se stesso, si proietta in un salto acrobatico e sferra una bella leccata sul naso di O. Poi subito si accuccia ai piedi dei due bimbi guardandoli negli occhi dal basso verso l’alto come implorando protezione. Ha una targhetta di metallo dorato al collo su cui c’è scritto in caratteri leggeri: Patufé.. O – Si chiama Patufé… E a sentir pronunciare il suo nome il cagnolino si riaccende come prima: stesso salto, stessa leccata, ma questa volta sul naso di A. Poi si accuccia sui piedi della bimba e guardando lontano, con i suoi tristi occhioni, piange sommessamente. A – Ci scommetto che si è perduto. Dobbiamo aiutarlo ci sta chiedendo aiuto. O – Ma non avevi detto… LE REGOLE ? Da soli non si esce da scuola! A – Ma noi non siamo soli… O – E’ vero!!! E’ trascorso qualche minuto e ora un foglio di quaderno, a righe, appeso al cancello avverte: “MAMMA ASPETTACI QUI. UNA QUESTIONE DI VITA O DI MORTE CI TERRA’ OCCUPATI PER ALMENO DIECI MINUTI” $ H 2 LQWDQWR VRQR JLj GDYDQWL DOO¶HGLFROD FRQ OD FLQJKLD GHOOD FDUWHOOD KDQQRLPSURYYLVDWRXQJXLQ]DJOLR3DWXIp 3DWXIpFDPPLQD FDPPLQDFRQRUJRJOLRDO¿DQFR FDPPLQD FRQ RUJRJOLR DO ¿DQFR GHLVXRLQXRYLDPLFKHWWL«VLYHGHGDOVXRSDVVRFKHULSRQHPROWD¿GXFLD in loro. O - Come faremo a ritrovare la casa di Patufé? ? I cani non parlano e quindi non ci può aiutare… A – Non dimenticarti che proprio oggi siamo usciti con la maestra e abbiamo conosciuto un sacco di gente, chiederemo a tutte le persone che 71 incontreremo. 'DOO¶HGLFROD DOOD SDQHWWHULD ¿QR DOOD ELEOLRWHFD SRL LQ OXQJR H LQ ODUJR LQ WXWWHOHVWUDGLQHFKHGDGHVWUDHGDVLQLVWUDFRQÀXLVFRQRQHOODSLD]]DGHO mercato: nulla e soprattutto nessuno che conosca Patufé.. A e O si siedono sconsolati su una panchina davanti alla fermata del 73. Giunge l’autobus HFRQVRI¿HV¿DWLVSDODQFDOHSRUWHSURSULRGLQQDQ]LDORUR3DWXIp Patufé,, FRPH come attratta da un irrefrenabile istinto salta sul mezzo con un balzo. I due bambini, rischiando di rimanere intrappolati nelle porte che si stanno già chiudendo la seguono con un tuffo. “Patufé, Patufé,, sei a spasso con i tuoi parenti oggi?”, dice l’autista lanciando uno sguardo nel grande specchio retrovisore. E Patufé ricambia la frase amiFKHYROHFRQXQDOHFFDWLQDGLQDVRFKHDUULYD¿QRDIDUJOLVROOHYDUHLOFDSpello che porta in testa. O - Scusi, ma lei conosce questo cane? Autista – Certo, è la cagnolina della signora Tatiana, credevo foste suoi parenti. A – No, è che l’abbiamo trovata davanti a scuola e abbiamo pensato si fosse perduta… Autista – Oh, ecco: questa è la loro fermata, scendono sempre qui. La signora Tatiana è la custode della scuola materna…Un grazie veloce e i GXHEDPELQL¿ODQRJLGDOEXVWUDVFLQDWLYHUVRFDVDGD3DWXIp Patufé.. /D La signora VLJQRUD 7DWLDQDqDOOD¿QHVWUDHGXHJURVVHODFULPRQHVROFDQRLOVXRYLVRTXDQGR da lontano riconosce il suo cagnolino che fa ritorno a casa… Una bella avventura, solo che quando A e O arrivano di nuovo davanti alla scuola il foglio di quaderno a righe che avevano appeso al cancello è nelle mani di un poliziotto, mentre il suo collega cerca di consolare la mamma che piange disperata… Una sgridata, ma anche una nota di merito e soprattutto un onorevolissimo ritorno a casa sull’auto della polizia, con il lampeggiante in funzione. tre: racconta la tua avventura tempo: 15 minuti obiettivi: dare ai bambini la possibilità di raccontare le proprie piccole o grandi esperienze di autonomia, e riflettere su quello che li fa sentire sicuri quando sono da soli, cosa temono, e quali raccomandazioni vengono loro fatte. cosa serve: se si vuole un cartellone, o la lavagna per annotare le cose che vengono dette. svolgimento: oggi si discute di “autonomia”: si può iniziare chiedendo ai bambini dove vanno e cosa fanno da soli, oppure in gruppo, ma senza la presenza di adulti. Poi provate a chiedere a che cosa stanno attenti, quali sono gli “elementi” che tengono sotto controllo e quali invece quelli che li fanno sentire sicuri. Se volete, segnate le esperienze sul cartellone o sulla lavagna, così che emergano i tratti comuni. 72 quattro: riprogettiamo la città tempo: 30 minuti obiettivi: elaborare dei progetto collettivi che, a partire dagli elementi della città evidenziati negli incontri precedenti, immaginino strategie e soluzioni che rendano l’ambiente più adatto alle loro esigenze e più vicino al loro ideale di città. cosa serve: quattro fogli grandi o cartelloni, dei pennarelli per scrivere. svolgimento: riprendete tutti i materiali prodotti negli incontri precedenti relativi all’analisi dei luoghi ed alle impressioni che situazioni e persone hanno suscitato nei ragazzi. Per non ampliare troppo l’ambito di riflessione forse è meglio limitarsi all’ambiente esterno, il quartiere, e lasciar stare invece l’analisi della scuola (che volendo si può utilizzare in un altro momento) recuperando i cartelloni preparati durante l’incontro 4 e gli appunti relativi all’uscita dell’incontro 5. Rivedete insieme gli elementi negativi emersi, anche solo rileggendoli. È arrivato il momento di provare a pensare a qualche soluzione per migliorare la città, cercando di prendere in considerazione sia le proposte più ambiziose che i piccoli stratagemmi che si potrebbero adottare nel quotidiano. Per guidare la progettazione, se volete, si può lavorare in gruppi, assegnando ad ogni gruppo un punto di vista diverso attraverso un personaggio di riferimento. Proponiamo quattro gruppi e quattro personaggi: il sindaco, l’inventore, la maga e i bambini –A e O-, ma se volete sceglietene altri o aggiungetene. Ogni personaggio ha un ruolo peculiare e osserva la città con il proprio sguardo; i bambini dovranno provare ad immedesimarsi a proporre soluzioni da quello specifico punto di vista. Date a ciascun gruppo un cartellone e 15 minuti circa di tempo per scrivere le proposte. L’unica regola da tenere presente è che non sono ammesse soluzioni aggressive o punitive (ad esempio, non si possono togliere le gomme alle auto per non farle circolare o mettere in prigione i passanti maleducati). Terminato il lavoro, ogni gruppo presenta agli altri le proprie proposte, magari attraverso un portavoce. Se volete, potete chiedere loro di teatralizzare un po’ questa presentazione. Può essere sufficiente dire loro di scegliere un modo consono di presentarsi al pubblico, e troveranno un modo originale di portare la loro proposta; se volete aiutarli, ricordate loro le caratteristiche del personaggio che interpretano. cinque: concludiamo tempo: 10 minuti svolgimento: questa volta sarebbe importante interrogarsi sul senso e sulla sostenibilità delle proposte fatte. Ogni gruppo avrà proposto soluzioni diverse, alcune più realistiche e altre meno realizzabili. Da quale partirebbero se potessero iniziare a lavorarci davvero? Come farebbero a metterle in pratica? sei: ci salutiamo tempo: 5 minuti ”guardo avanti e guardo intorno, continuiamo un altro giorno!” 73 UN A RI FL S ES IO NE SU autonomia: tempo per fare cosa? Chiedendo a genitori e figli di valutare il livello di autonomia in città i risultati non corrispondono: i bambini dichiarano una autonomia maggiore rispetto a quella riconosciuta loro dai genitori (dalla ricerca del CNR “l’autonomia di movimento dei bambini italiani”, 2002). Non potendo valutare l’autonomia reale i ricercatori del CNR ipotizzano che i bambini tendano a sovrastimare e i genitori a sottostimare. E che i bambini sovrastimino per un desiderio di maggiore libertà, mentre i genitori sottostimino in conformità al proprio ruolo di responsabilità e protezione. In altri casi la disparità di punti di vista è oggettiva e non una questione di valutazione: ad esempio un bambino e un adulto possono impiegare tempi molto diversi a compiere uno stesso percorso. Il ricercatore americano R.C. Moore ha seguito una bambina lungo la strada da scuola a casa. Il percorso, cronometrato, è di circa 20 minuti. Kayla ne impiega 45. Leggere cosa fa lungo il percorso da l’idea di cosa significa la strada per un bambino molto meglio di qualsiasi riflessione. Ecco il “viaggio” di Kayla: Kayla e il suo amico Simon attraversano Claremont Avenue aiutati dal vigile urbano raccoglie dello sporco e dice: “la gente butta un sacco di immondizie nelle strade” si ferma davanti a una pozzanghera e trova una farfalla mezzo annegata, scivola sull’acqua raccoltasi sotto il gradino del marciapiede nella pioggia del giorno precedente raccoglie qualche foglia d’albero si ferma davanti alla casa di Dennis e butta nel bidone lo sporco raccolto in precedenza vede una bandiera degli Stati Uniti sulla strada e domanda a un passante perché si trovi lì attraversa Piedmont Avenue senza guardarsi attorno nota che il rivolo d’acqua lungo la strada diventa sempre più piccolo sale su un camion posteggiato 74 ambedue i bambini raccolgono una foglia dall’acqua, scrivono i loro nomi su di essa con il fango, si lavano le mani nell’acqua e giocano camminando attraverso il fango trovano l’auto dei genitori di Simon parcheggiata dal benzinaio per il lavaggio, su quell’auto Kayla aveva scritto “lavami” quel giorno stesso andando a scuola. Kayla beve un sorso d’acqua alla fontana attraversano College Avenue (una strada di scorrimento veloce a quattro corsie) facendo molta attenzione e continuano quindi lungo Webster Street prendono una “scorciatoia” che comporta il seguente tragitto: entrare nella corte interna di un condominio d’angolo, salire le scale, scivolare lungo una siepe di bambù, riemergere infine in Webster Street (“difficilmente si può definire una scorciatoia!”, commenta il ricercatore) i bambini vengono fermati da un auto con adesivi della campagna elettorale di McGovern; parlano delle mock election che avevano avuto in classe e quindi tracciano delle scritte sull’auto bagnata camminano tra due case ed entrano in un piccola area-gioco di un asilo, giocano sulle altalene Kayla arriva a casa. Il percorso casa-scuola di Kayla è tratto da R.C. Moore, “Streets as Playgrounds”, in A. Vernez Moudon, Public Streets for Public Use, ed., Van Nostrand Reinhold Co., New York, 1987. Si veda anche “Abitare il tempo, una guida alle politiche sui tempi”, di Mauro Giusti e Giancarlo Paba, 1999. come potremmo migliorare la città: D A I L A B O R AT O R I P I LO T A gruppo inventore per far stare tranquilli gli automobilisti: una macchina “tranquillante”, con i sedili che vibrano per rilassare e un aroma diffuso. Per far stare tranquilli i pedoni: le strisce pedonali che cambiano colore. Per tenere pulite le strade: un liquido da dare a tutti i cani per far sì che la loro cacca venga assorbita dal terreno e si trasformi nello stesso materiale: cemento, asfalto, terra... E ancora: cestini meccanizzati per eliminare la spazzatura, lampadine che illuminano con il fuoco al posto dell’elettricità, macchine volanti che non inquinano e bici con la radio per ascoltare la musica. E poi, inventare oggetti che si trasformano in case per i poveri e costruire parchi per i bambini piccolissimi ma che possono usare anche i bambini più grandi. gruppo maga potremmo fermare il tempo. Potremmo migliorare le menti dell’uomo (così che le persone rispettino le regole, che si salutino quando si incontrano...). Potremmo preparare la pozione per far divertire, la pozione per essere ricchi, 75 la pozione per non avere occhiali e apparecchi. Potremmo fare una magia per far salutare tutte le persone. gruppo sindaco potremmo: aggiustare le strade, mettere poliziotti dappertutto, imprigionare chi supera il limite di velocità, mettere più telecamere, piantare molte piante, cercare di diminuire gli incroci (con sotto e sovrappassi), cercare di fare meno cose che inquinano, fare una fabbrica per città (una sola molto grande, per poter eliminare tutte le altre), mettere più rotonde e meno semafori, avere più centri abitati (più case, soprattutto per gli immigrati che arrivano e hanno bisogno di una casa), avere più statue, più case di risposo, più ospedali, più chiese, più scuole, più parchi, più supermercati e negozi, più lavoro, più centri caritas, mense più gustose, teatri e cinema, meno smog e più piscine. gruppo A e O proponiamo: un robot succhiacacche (che A e O sanno costruire); una rivoluzione bambinistica (tutti i bambini si riuniscono in una manifestazione contro l’inquinamento e i problemi della città); usare le macchine a energia solare; tingere le case di colori allegri; far rispettare i prati e i parchi; aiutare gli anziani; buttare i rifiuti nei cestini; intrattenere i bambini; far comparire spesso l’arcobaleno; dar da mangiare ai randagi; protestare contro i ragazzi che rovinano tutto; inventare macchine che non superano i limiti di velocità; far comparire una piazza fatta di dolci; far costruire una torre di controllo per prestare soccorso immediato a tutti; inventare nuvole di zucchero filato per bambini adulti e anziani che non causano carie o mal di pancia. 76 LA MERENDA ore 17.30 pagina 8 della giornata di A e O incontriamo gli abitanti del quartiere alla scoperta del vicino nascosto, che gusto c’è in una merenda senza nuovi amici? ore 17.30, pagina 8 della giornata di A e O LA MERENDA incontriamo gli abitanti del quartiere qual è l’obiettivo? “Non parlare con gli sconosciuti!!” è la saggia esortazione che rivolgiamo ai bambini ogni qualvolta concediamo loro un po’ di libertà. In questa puntata l’obiettivo è quello di offrire ai bambini la possibilità di uscire dalla scuola e incontrare le persone, sconosciute, sul territorio, provando a interagire con loro e conoscerle un po’: il passante, il vigile urbano, il giornalaio, il vicino di casa. Perché il fattore umano della città, che così spesso nel nostro immaginario è legato alla minaccia e alla paura, è altrettanto intimamente connesso alla sensazione di trovarsi in un luogo sicuro: ci si sente “a casa” dove si percepisce la presenza di una rete informale di controllo e di cura da parte delle persone che vivono in un territorio. quali sono le attività? il gioco dei nomi 5 minuti il racconto, XQDPHUHQGDGDOHFFDUVLLEDI¿ 15 minuti alla scoperta degli abitanti del quartiere 45/60 minuti concludiamo 10 minuti 5 minuti ci salutiamo uno: il gioco dei nomi tempo: 5 minuti questa volta si può dire il proprio nome e una cosa che si sa cucinare. due: il racconto, una merenda da leccarsi i baffi tempo: 15 minuti Il pomeriggio ormai è stanco e si prepara a lasciare il posto alla sera che sta per arrivare. Ma la luce del sole illumina ancora un attimo le strade prima del tramonto. Molta gente ha terminato il lavoro ed ora comincia a ripopolare il quartiere. A e O la chiamano “l’ora delle tante voci”. Si, perché ogni giorno, soprattutto nelle belle giornate, a quest’ora è come se la città si risvegliasse per la seconda volta, proprio prima della sera. La gente sbuca da ogni portone e da ogni via e si mette a passeggiare. Le voci di grandi e bambini salgono allegre e sonore e superano persino LOUXPRUHGHOWUDI¿FR(¶O¶RUDSHUJXDUGDUHLQHJR]LIDUHFRPSHUHFHUFDUH l’ultimo ingrediente per preparare una buona cena, passeggiare e incontrare amici. Come è bella la città a quest’ora prima che scenda il buio. $ H 2 VL DIIDFFLDQR DOOD ¿QHVWUD H VHQWRQR XQD JUDQ YRJOLD GL XVFLUH GL scendere in strada. Ci vorrebbe un’idea…A e O si guardano illuminati: ecco l’idea! Si mettono d’accordo in gran segreto. A – Mamma, oggi a scuola abbiamo fatto esperienze bellissime…siamo 78 andati a scoprire i luoghi del quartiere vicino alla scuola… Mamma – State diventando grandi, ed è giusto che sappiate muovervi per le strade anche da soli. La maestra lo sa ed è per questo che vi aiuta a conquistare sicurezza. O – Sai mamma, oggi abbiamo sentito qualcosa di meraviglioso… Mamma – In che senso? A – Abbiamo sentito, vicino al mercato, un profumo irresistibile di tortelle... O – Frittelle! Mamma - Frittelle? A – Sì mamma, sia io sia mio fratello volevamo chiederti se ci insegni a preparare le frittelle. Frittelle di mele! Mamma – Ma è quasi l’ora di cena… O – Ma noi non abbiamo ancora fatto merenda. Come si fa ad arrivare alla cena senza essere prima passati dalla merenda…lo stomaco si ribella all’idea. Mamma – Io avrei dello yogurt per voi e del budino… A – Sì, ma sai come è buono il budino con le frittelle di mele? Mamma – Non è per deludervi, ma non abbiamo in casa nulla per fare le frittelle di mele. O – Se è solo per questo, ci pensiamo noi! Mamma – Ma come fate, bisogna girare il quartiere e comprare ciò che manca... A - Hai detto tu che stiamo diventando grandi, no? Andremo dal fruttivendolo e poi al supermercato all’angolo…stai tranquilla, non ci perderemo. *XDUGDGDOOD¿QHVWUDLOTXDUWLHUHqSLHQRGLJHQWH Mamma – Va bene, va bene… state diventando grandi… La mamma sembra convinta. Consegna allora ai bambini un portafogli con LVROGLFKHLIUDWHOOLLQ¿ODQRLQWDVFDHXQDSLFFRODPDFRPRGDERUVD3ULPD di salutarli raccomanda loro di passare dalla signora Paola, la panettiera. La signora Paola è una donna ancora giovane anche se fa la panettiera da molti anni. In verità la signora Paola sa fare tutto: dipinge, scrive poesie, sa aggiustare la sua macchina quando è in panne, sa cucire vestiti per bambole e bambini, sa fare costumi di carnevale e maschere anche coi VDFFKHWWLGHOSDQH+DWLUDWRJUDQGLLVXRLGXH¿JOLFKHRUDVRQRTXDVLXQ uomo e una donna. La signora Paola è la donna più speciale del quartiere: quando arrivano le feste, prepara la vetrina della panetteria con casette di marzapane e strade di biscotto. I tetti sono di pane e il lago è fatto di pizza. 6HPEUDGLHQWUDUHQHOPRQGRGHOOH¿DEH(DQFKHLJUDQGLFKHSDVVDQROu si incantano davanti a tanta bellezza. Col naso appiccicato alla vetrina si dimenticano quasi dei fatti loro e si perdono nelle stradine di quel paese un po’ dolce e un po’ salato, piene di cosucce da sogno. A e O sono felici di andare dalla signora Paola. Scendono le scale e in un attimo sono nel negozio… Signora Paola – Oh, le frittelle di mele… vi devo dire la verità, non le ho mai fatte, ma non mi spaventa la questione. Le inventeremo insieme. La signora Paola conduce A e O nel retro della panetteria e intorno ad un gran tavolo di legno consumato, avvolti dal profumo di farina, i tre inventano la 79 ricetta delle frittelle di mele: farina, burro, zucchero, ovviamente mele. Quando A e O escono dal negozio sono felici e con la fantasia già assaporano le loro frittelle. Sono felici di essere per strada, si sentono grandi e liberi. La gente è tutta come loro: allegra, curiosa, felice di essere libera per la strada. Il vigile di quartiere li saluta e li fa attraversare. Una signora li accarezza con un buffetto sulla testa. Un’altra chiede loro dov’è la fermata del 5. Prima il supermercato, poi il fruttivendolo…i prodotti da comprare, i soldi da contare, i pacchetti da ordinare, la borsa da portare, la strada da trovare…Questa è vita! (SHU¿QLUHLQEHOOH]]DOHIULWWHOOHGDPDQJLDUH1DWXUDOPHQWHFRQPDPPD e papà. tre: alla scoperta degli abitanti del quartiere tempo: 45/60 minuti obiettivi: entrare in contatto con le persone che si incontrano nel proprio quartiere, dando loro un nome e conoscendo un po’ la loro storia. Superare ritrosia e timore, per trovare, in picccoli gruppi, “la chiave giusta” per avvicinarsi un po’ di più alle persone che vivono, lavorano, o transitano sul nostro territorio. cosa serve: una traccia dell’intervista per ogni bambino, (se volete potete utilizzare la traccia riportata a pag. 84, oppure prepararne una ad hoc), una penna per scrivere le risposte degli intervistati. svolgimento: vi proponiamo di formare gruppi da tre, ogni gruppo farà almeno tre interviste, così che ogni bambino ne possa condurre una. Se si divertono e se c’è tempo possono poi farne altre. Serve un luogo con un passaggio sufficiente di persone, può essere lo stesso della casa di A e O o qualsiasi altro che riteniate indicato. Ogni gruppo dovrebbe avvicinare le persone da intervistare, passanti, negozianti…, autonomamente, senza il vostro aiuto. Se all’inizio dovessero essere timidi, o incontrare passanti poco disponibili, incoraggiateli a continuare senza perdersi d’animo. Se volete potete suggerire di organizzare il lavoro all’interno del gruppo in questo modo: una persona farà le domande, una scriverà le risposte, e la terza osserverà attentamente l’intervistato per poi farne un ritratto –con un disegno o parole-, una volta tornati in classe. quattro: concludiamo tempo: 10 minuti svolgimento: sull’esperienza fatta in questo incontro sicuramente non mancheranno elementi di cui discutere insieme. Come sono andate le interviste? Come hanno reagito le persone? E i bambini quali difficoltà hanno incontrato? Quali reazioni hanno avuto di fronte ai diversi atteggiamenti delle persone? Qual è stata la persona che li ha incuriositi di più e perché? cinque: ci salutiamo tempo: 5 minuti ”guardo avanti e guardo intorno, continuiamo un altro giorno!” 80 ini di R O. . . bamb T i L a A e ’ r E ropor un po I F A R n t ro e l ’ a l t ro tete p re età D o e p v a O o r i e p MP inco zii- p esem ini o ’ È T E tività tra un g o. Ad C t u n c e E he S intercim di at a anc Dalle a a pia t m . s , ” o i r o e n r o p p ro ande , non nsieto lav i ri s sp enito i que ettere no “e fila d no m lia –g osso e o g p l i s … i s e m r s fa ra te i po santi della per ti casa. teres mbin tervis o o i a n n t i / i n d b n u i ù e e o i c L p om cin posta ual ppi are le he vi un m i si s a gru tare q u c c l e s d r o i a i e a d v v u r i v n m d o a eq inte di co nte tr Lavor nti, in loro, ressa eque unti. o uno r e e fra i f p t s p s n r ù i i i e m d v p e to e di ad es i mol sacco sse. ono l be po ifico, la cla re un ni… uali s l c b r o q e e e a i r r d z p t e a a r s S o to ca mand tema sson al res verifi si po racco di un enta vute, s e i l e e s l r r c e i p a viste r d la up o ste n altr e occ ruppo rispo anch chi, u gni g o ò i o me le u g , p e i o on de orazi grupp altro ielab r Ogni à, un t i t i d c tà n attivi tava i spos uesta q i d mine Al ter prendersi cura di: la sicurezza come responsabilità condivisa A volte quando, parlando con i cittadini di un quartiere, si affronta il tema della sicurezza urbana, si percepisce una sensazione comune riassumibile in “ormai è troppo tardi”, “ormai si è già andati oltre”. Nelle discussioni più brillanti emerge la possibilità di una riduzione del danno con alcuni accorgimenti. Meglio se gli accorgimenti li prendono altri deputati a garantire la sicurezza dei cittadini:le Istituzioni, le Forze dell’Ordine…. Sembra che il territorio che tutti i giorni abitiamo, attraversiamo, ascoltiamo, osserviamo non ci appartenga e sia esclusivamente un terreno ostile, pieno di pericoli dai quali difenderci ma verso i quali noi, in qualità di cittadini, non possiamo fare nulla. I genitori sono sempre più preoccupati per i rischi che potrebbero incontrare i loro figli nelle differenti situazioni esterne alla famiglia. Ma difficilmente se ne occupano scegliendo di assumere un ruolo attivo nella ricerca di strategie che potrebbero migliorare la sicurezza di un territorio e aumentare la possibilità di sviluppare dinamiche di solidarietà sociale tra le persone che vivono lo stesso spazio. IF A R N U L S ES IO SU NE Quali possono essere queste strategie? E’ chiaro a tutti che i grandi hanno la responsabilità della sicurezza dei più piccoli e hanno il dovere di proteggerli. Non solo e non esclusivamente dei “propri” piccoli, ma di tutti i piccoli che abitano un territorio. Condividere tale responsabilità tra adulti responsabili è un primo passo. Tessere reti informali, con l’obiettivo di “vigilare” sulla sicurezza, tra le persone che abitano la strada – adulti, giovani, genitori, vigili, negozianti, anziani - restituisce a tutti una maggiore tranquillità perchè sentiamo che il sistema di protezione è attivato da una collettività che sa sempre chi sta 81 attraversando, giocando o passeggiando e, con il suo sguardo attento, lo protegge. Sembra una riflessione semplice e banale ma oggi appare come una pratica un po’ in disuso. Travolti dalla fretta spesso ci ritroviamo a correre da una parte all’altra della città senza nemmeno guardarci intorno, approfittando di quella breve passeggiata per fare una telefonata, ascoltare la musica con le cuffiette o, semplicemente, per pensare ai fatti nostri. Un altro fattore importante è la conoscenza. Tutti noi abbiamo paura di ciò e di chi non conosciamo. Non mi fido perché non conosco. Eppure molti di noi non conoscono nemmeno il vicino di casa che abita sullo stesso pianerottolo da molti anni. E ovviamente non ci fidiamo di quel vicino di casa. Lo stesso succede rispetto ai negozianti che lavorano nei pressi delle nostre abitazioni perché facilmente facciamo la spesa vicino ai nostri posti di lavoro o al grande supermercato. Conoscere le persone che vivono tutti i giorni nel nostro quartiere, entrano ed escono dagli stessi condomini, dagli stessi negozi, dalle stesse scuole, dalle stesse palestre, dalle stesse chiese ci permette di avere dei riferimenti conosciuti dei quali possiamo scegliere di fidarci o non fidarci. Infine, un ultimo piccolo suggerimento di riflessione: il gruppo. Una volta i bambini e le bambine si muovevano in gruppo. Piccole bande composte da più grandi e più piccoli. I più grandi avevano la responsabilità dei più piccoli. Erano una forza perché erano un gruppo. Oggi è raro incontrare le bande perchè i bambini, spesso figli unici, non sono più abituati a vivere il gruppo. E siccome ci vuole molto coraggio ad andare da soli a spasso nelle nostre città si sceglie di stare chiusi in casa. Peccato. “Stefano era molto sorridente e anche generoso, con il viso un po’ tondo. Sorridendo la faccia gli diventa tutta rosa.” D A I L A B O R AT O R I P I LO T A Sanata 82 83 il PDF dell’intervista pronto da stampare è nel DVD intervistatori: data: 1 come ti chiami? 2 dove abiti? 3 come ti sposti di solito in città? 4 dove abitavi da piccolo? 5 come andavi a scuola (a piedi, in bici…) ? 6 cosa ti raccomandavano i tuoi genitori quando uscivi da solo? 7 e a me che raccomandazione faresti? 8 dove giocavi? 9 che giochi facevi? 10 se potessi farmi provare una cosa che c’era quando eri piccolo tu quale sceglieresti? LA SERA ore 21.00 pagina 9 della giornata di A e O per un progetto importante servono gli altri torna la sera, e la nostra giornata diventa una storia: da scrivere, da raccontare, da recitare, da cantare... magari anche da assaggiare, tutti insieme!!! ore 21.00, pagina 9 della giornata di A e O LA SERA per un progetto importante servono gli altri qual è l’obiettivo? Questo incontro propone una riflessione conclusiva sulle uscite delle giornate precedenti: quali strumenti si sono aggiunti o affinati nella nostra cassetta degli attrezzi? Come si possono condividere le scoperte fatte con i nostri “vicini di casa”? Un’idea può essere quella di organizzare un piccolo momento di festa in uno spazio pubblico vicino, che potrebbe essere pensato per raggiungere due obiettivi: - da un lato comunicare agli altri il frutto di questo percorso compiuto sulla città. Nel corso degli incontri sono state scoperte e discusse tante cose, si tratta ora di dare loro una forma condivisibile e in questo modo provare a sensibilizzare gli altri bambini della scuola, le famiglie, gli abitanti del quartiere… - sperimentare e far sperimentare direttamente un piccolo momento di trasformazione della città. Scegliendo di fare una festa in uno spazio pubblico (la strada di fronte alla scuola, la piazza più vicina, i giardini…) lo si trasforma, anche se solo per alcune ore, in un luogo diverso, magari più vivibile, sicuramente più interessante. E allora via, si organizza. quali sono le attività? il gioco dei nomi 5 minuti il racconto, A e O e il teatrino con la calza 15 minuti vorremmo che... 15 minuti prepariamo la festa 30 minuti concludiamo 10 minuti 5 minutii minut ci salutiamo uno: il gioco dei nomi tempo: 5 minuti Questa volta si può dire il proprio nome e un personaggio, anche fantastico, che si inviterebbe alla propria festa. due: il racconto, A e O e il teatrino con la calza tempo: 15 minuti QXDQGR¿QLVFHLOJLRUQRHLOVROHYDDGRUPLUHVXWXWWRLOTXDUWLHUHVFHQGH la sera. Si accendono le luci giallognole delle strade, le auto si fanno più rare e i pedoni si rintanano frettolosi nei portoni. Solo i palazzi sembrano ULVYHJOLDUVL¿QDOPHQWHDELWDWLHSXOVDQWLGLYLWDVLPRVWUDQRDOODFLWWjFRQ tutti i loro mille occhi luminosi. ³4XDQWH ¿QHVWUH VL VRQR DFFHVH«´ RVVHUYD 2 GD GLHWUR L YHWUL ³PL SLDFH 86 LPPDJLQDUHFKHGHQWURRJQL¿QHVWUDLOOXPLQDWDDQFKHGHQWURTXHOOHODJJL le più lontane, ci siano uomini, donne e bambini che stanno facendo qualcosa. Li vedo indaffarati in non so che cosa…infagottati nelle loro piccole e calde case”. A – Che vuol dire infagottati? O – Infagottati! Come messi dentro un fagotto caldo che li protegge… A – Bello infagottati! E stringendosi a O si infagotta anche lei. O – Sai cosa penso a volte A? Se non avessero inventato la tivù questo sarebbe stato lo spettacolo della sera: immaginare la vita nelle altre case. C’è da non annoiarsi mai. E’ la voce della mamma ora che si sente dalla cucina. Chiama i due fratellini alle loro responsabilità: sparecchiare, preparare la cartella, aiutare il babbo a piegare i vestiti appena stirati per deporli poi nei cassetti. Impilare almeno le calze, che tanto, anche se non sono piegate bene, nessuno se ne accorge. A e O sbuffano un po’, ma poi si convincono che non c’è scampo: le responsabilità pesano, ma sono necessarie. Le calze di papà sono tutte lisce e scure, tranne quelle grigie pelose che mette solo in casa. A – Ehi O, a guardarla bene questa calza sembra la faccia di Patufé…e LVWLQWLYDPHQWHLGXHFRUURQRDOOD¿QHVWUDGLHWURLOYHWUR/DJJLLOTXDUWLHUH VLSHUGHQHOOD¿WWDVHOYDGLSDOD]]LGDJOLRFFKLOXPLQRVL« &KLVVjLQTXDOHGLTXHOOH¿QHVWUHOOHDELWHUj3DWXIp«PDJDULLQTXHVWRSUHciso istante starà scorazzando per casa, o forse sarà già appallottolata in una cuccia di stoffe di lana, vicino ai piedi della sua amorevole padrona. Che nostalgia…e insieme che pizzico di gioia mista a tenerezza sentono ora in fondo al cuore i due bambini, ripensando al musino di Patufé. E’ la voce della mamma che li chiama, un poco di televisione e poi a dormire… 0D$H2QRQULVSRQGRQRVLVRQRJLjFKLXVLLQFDPHUDHVWDQQRWUDI¿FDQGR con scope, sedie e stoffe. Si sentono strascichi e colpi…e anche qualche voce strana. Ma che cosa staranno facendo chiusi là dentro? Basta poco per scoprirlo: la porta della stanza dei ragazzi si spalanca con un botto, mostrando una specie di capanna di stoffe colorate e trapunte patchwork, che somiglia vagamente ad un teatrino dei burattini. Ha l’aria di stare in piedi per miracolo, ma promette qualcosa di divertente e misterioso. Davanti al teatrino di stoffa i due ragazzi hanno preparato anche la platea: almeno quindici posti a sedere, con sedie di diverse altezze, uno sgabello di legno, una seggiolina di paglia che dall’altezza sembra quella degli gnomi. Un cartello scritto a mano e appeso davanti al boccascena dice così: “Oggi, alle ore 21 in punto, grande spettacolo di burattini dal titolo. Patufé perduta e ritrovata per amore. Quasi tragedia in un atto ”. A e O ora sono frenetici per l’emozione, vanno avanti e indietro dalla stan]DHVLLQ¿ODQRPLOOHYROWHVRWWROHVWRIIHGHOWHDWULQRHSRLQHHVFRQRIXRUL Devono preparare ancora molte cose segrete. Mamma e papà, pressati 87 dai ragazzi, si affrettano a concludere ogni faccenda serale, compreso lo spegnimento della tivù. Mamma e papà sono frastornati: A telefona a qualcuno, mentre O va avanti e indietro dalla porta di casa… Una sarabanda che fa girar la testa. Sarà meglio accomodarsi in platea e aspettare. O – No papà quello è il posto per i nostri amici, tu mettiti lì che sei alto. Papà – Lì? Ma non ci sto nemmeno se mi tagli a metà… O - Papà!!!… Fai uno sforzo! %DEERIDXQRVIRU]RHFRQXQDPRVVDGDFRQWRUVLRQLVWDVLLQ¿ODGLVELHFR nella seggiolina degli gnomi. Poi fa per rialzarsi ma la sedia si solleva con lui: ormai è incastrata saldamente al suo sedere. Sembra di vedere un lumacone con appiccicato dietro un piccolo guscio di paglia. Il campanello squilla impazzito e la casa è un andirivieni di bambini e genitori. Come se tutto il quartiere si fosse improvvisamente trasferito in casa di A e O. Un colpetto di tosse di A fa ammutolire la platea, annunciando che lo spettacolo sta per cominciare. Si abbassano un poco le luci mentre piano piano tacciono le voci di grandi e bambini. L’emozione ora regna sovrana nella muta stanza. Il sipario si apre ed ecco spuntare da un lato delle quinte un musino grigio argentato, si lamenta e pigola, sembra proprio un cagnoOLQR(FKHVLPSDWLFRFDJQROLQR«6RORLOEDEERIDXQDVPRU¿DGLVWXSRUHH sottovoce dice alla mamma “Le mie calze anti-scivolo…” Shh, silenzio” si VHQWHGDOODSULPD¿OD« Lo spettacolo fu un vero successo. Esausti ma felici A e O si ritrovano nel letto, pronti per una grande dormita. O - “E’ stato bellissimo A, hai sentito che applausi. Si sono davvero divertiti tutti. Che ne dici se domani rappresentiamo lo spettacolo anche a scuola” A - Non voglio pensarci adesso mi sto addormentando…E sai chi c’è con me? Un cagnolino argentato di nome Patufé” Nel libro di classe trovate la filastrocca di A e O. tre: vorremmo che… tempo: 15 minuti obiettivi: progettare insieme un piccolo “piano di comunicazione” rivolto a coloro che, bambini o adulti, si vogliono coinvolgere e sensibilizzare, al fine di trovare il mezzo più adatto per far conoscere il percorso e le riflessione fatte. cosa serve: un cartellone o la lavagna per prendere appunti. svolgimento: si può partire provando a riprendere tutti i temi toccati durante gli incontri, provando a mettere a fuoco insieme quali si vogliono condividere con gli altri. Nell’incontro 7 abbiamo pensato ad un po’ di proposte per “migliorare la città”, nell’incontro 8 abbiamo parlato un po’ delle relazioni fra le persone e di come siano una parte 88 importante della vita in città. A partire dai temi che si ritengono più interessanti si decide insieme il messaggio da trasmettere durante la festa, ad esempio quali piccole strategie adottare per vivere meglio in città. Man mano che i bambini suggeriscono elementi, potete prendete appunti. A questo punto bisogna scegliere quali strumenti utilizzare per trasmettere nel modo più efficace il messaggio individuato. Ad esempio, ammettiamo di aver scelto un messaggio del tipo “usiamo di più la città, gli spazi pubblici, per giocare, incontrarci…”. Si può comunicare in molti modi diversi (al di là del fatto che la festa è gia comunicazione “occulta”). Si possono fare dei cartelloni, delle piccole rappresentazioni teatrali, un volantino divertente da distribuire…potete vedere nel box al fondo di pag. 91 per avere altri spunti. quattro: prepariamo la festa tempo: 30 minuti obiettivi: organizzare questo momento festoso, ma anche decidere insieme come realizzarlo per coinvolgere efficacemente le persone con cui si vogliono condividere le scoperte fatte. cosa serve: sempre cartellone e/o lavagna. svolgimento: questa festa può essere davvero qualsiasi cosa, non è necessario che sia grandiosa, i punti importanti dovrebbero essere quelli di farla in uno spazio pubblico e invitare tutte le persone che si desiderano. Se non fosse troppo complicato, si potrebbe decidere di chiudere la strada davanti alla scuola al traffico per qualche ora e organizzare tornei di giochi da strada, si possono metter dei banchetti di promozione…è importante scegliere qualcosa che non comporti troppa fatica né spesa (se si vuole fare merenda ad esempio si può chiedere alle famiglie di portare qualcosa). In questa attività di organizzazione quindi è necessario lasciar liberi i bambini di pensare alla festa che vorrebbero, riportandoli alla fattibilità dell’iniziativa se necessario. Bisogna quindi decidere: - chi si invita e come (passaparola, biglietto d’invito…) - quali attività si fanno (giochi, balli, musica, presentazioni…) - si mangia? E se sì, cosa? … cinque: concludiamo tempo: 10 minuti svolgimento: questo incontro è stato tutto centrato sulla discussione, quindi non è necessario tirare delle conclusioni vere e proprie. Magari si può ricapitolare ciò che si è detto all’inizio, il messaggio che si è deciso di trasmettere con questa festa… sei: ci salutiamo tempo: 5 minuti Per una volta si può cambiare e inventare una nuova filastrocca, magari facendoci tutti i complimenti per essere arrivati quasi alla fine e per aver organizzato una bella festa. ciccia ciccia fiera tresca, preparata e’ gia’ la festa!!! 89 ... LT R O o A E R tr ò ni pu D I F A o n t ro e l ’ a l ambi O b P i c n n M e i co sione orso tra un ’È TE rifles l perc i a d S E C a di attività e t o en no di ent st i han mom llelam n a i r n b a u P p ro p o in to e. bam UN A lie gli por he i famig fami e l’ap lità c e h i e l l c b i e o s n r s oo co lge iam elle p e, e s ntro Riten oinvo h d o c . c c a e n e c n t a a i i n è l’ zz ud ressa icure rché ra e l onni) e inte te pe ella s a libe nti, n n d r a a i e t n i r g n m o esser a p se sui te camri, in o in m lto im onto enito moto bblic a mo i g u n ( s i p confr i o r o e r rs oni azi ato mette perco lo sp ccasi educ e o o e t a i r r s e n t e i e n v i i u v to mb bamb i in q nfron ei ba adult il co e alle sta d i o i v s n r i i e degli d b a ttrav i bam tare l punto a. tto, a orien urezz uire a t are il i c i r i t d g s prattu s e e e t e in à unti er r l fin liber t ni sp ro, p i può lie, a u n s c g i i i c l e e m a m r h a c e e ve n le f anch da vi oporr iere. enti, di pr tro co ianità n e d o i c t e quar t r biam n o i o o ’ u o i l u r q c r p i d a deo, pro a pe he e tanno , o vi a nel racci s t t o i t i v ludic a o c f n a he avell tto ou lità d emi c r poi niam ete fa t a e o v u i p p a q o , o r e ) a s P !! (s el e ver iglie! uenti getto liorar ssion e fam e seg l pro l l r mig l l e e a a d p d discu e e i r rativ vede punto tazion e ope fateli resen arre s r i p t n i e anch ò b v u p bre con bam e che i c’è a una i dei n h t c u a m r i r m E o P co i? elab ione on ch degli ifless o? C r n a a avete c n io in u ove g rarsi no: d a c ventu o i ndo g nde: ? li qua g doma i f zione i e situa i mi a a t s ? o e o s qu can Pen e ivi di o gio ssion posit uand i t q t i rifle e o r d p i s lo t a n i ? gl rla spu ni da sono semi gliora lcuni ? i i i l a e v a i m a t u m r d a Q e co to i neg fare p ntual icchi a e là quell osso re arr o, qu d eve r p e e t s n e , i s Quali h o r e c ie ò sa c pens rà l’in io pu ualco guide i altri camb i d s C’è q h o e c l r e per da ffia anna nte o fronto sibile a n , s ’ n o o o g c p p e l I n i io ll’ins no, c semp rare u sti da matu uarda lior e g r g i a i f propo c m , ni ri: asa ere il ambi e fuo re a c o ess o. I b ritirar m n a por ta o a i n d b r ob gio con andi. noi d ei gr e un ci cir t : d i n t e l e e h r u c m e i a gli ad n dov bimb li, m lo de li è u tri fig tutti i o s c r o c e Il ruo i n p p i li e lo de e dei tri fig . on so ano. tezion t n i o i nos r , a noi m p a i z ucia rez i: la orno u t o, ci n c i n n i i b a s t di fid l o m o i n r a a n o b t l i o i i asco ns lla del relaz za de he tra ili de le vie quali curez ine c r nsab a b e o p p o m La si s , a b to iam i re parco ques i e le pens o noi io, al mbin nza: erché n a a i p Siam b n i m i à c t i o i ri di rie utt e v ond e libe olida e di t s tro c nato i i r s i c u o i d c v n i anch s l ti i di ’ più ire re lla ne lazion ostru un po to ne c i a d p Le re e n t p i n qu vilu por ta a” e mo s E’ im a cas . “ abbia e r ù i e i ar t re p o qu senti nostr farci a e c ibuis contr erci. muov 90 spazi urbani e sicurezza Qual è il legame tra la forma della città e il modo in cui ci si vive? Qual è la responsabilità dei muri, degli edifici, delle strade, di chi li ha pensati, di chi li ha costruiti, di chi li vive? Proviamo a partire da un esempio: in una città qualunque c’è uno spiazzo di fronte a una chiesa, asfaltato, senza nulla, privo di qualità; è uno spazio deserto. L’amministrazione di quella città decide di riqualificare questo spazio: vengono costruiti muretti per sedersi, piantati degli alberi, posizionate panchine e una pavimentazione a ciottoli. I ragazzi del quartiere adesso si trovano lì il pomeriggio e la sera. Un altro esempio? C’è, in un’altra città, una piazzetta con degli alberi. La sera è piuttosto buia e passa poca gente, capita che diventi un ritrovo di persone che bevono e lasciano bottiglie e cartacce. Alcune signore che abitano sulla piazza decidono di fare qualcosa: fondano un’associazione e cominciano ad organizzare attività: mostre, musica. Da allora ogni venerdì sera in piazzetta si può prendere l’aperitivo, chiacchierare con gli altri abitanti, organizzare SU nuovi progetti. ON E Non esiste una ricetta fissa per avere uno spazio che funzioni, uno spazio SI accogliente, animato, sicuro. Di certo entrano in gioco tanti fattori: lo spazio ES fisico (gli edifici, l’illuminazione, l’arredo urbano…), i servizi presenti (i FL negozi, i trasporti…), la comunità che lì abita o transita. RI Però, su ognuno di questi fattori si può provare ad agire per cercare di progettare uno nuovo spazio che nasca sotto buoni auspici, oppure per migliorare uno spazio esistente. E noi cosa possiamo fare? Certo, molti interventi spettano agli attori istituzionali, ma, come dimostra il secondo esempio, si può anche inventare e fare qualcosa da sé. Tutto il percorso proposto da questo kit vuole essere un piccolo esempio di qualcosa che si può fare da sé, adulti e bambini, per lasciare un segno, pur impercettibile, nel territorio in cui si vive. E se poi i segni impercettibili si D A I L A B O R AT O R I P I LO T A moltiplicano, chissà… tre città, tre feste I bambini di Torino hanno organizzato una festa un lunedì pomeriggio, sul marciapiede lungo la cancellata della scuola. Si sono divisi in quattro gruppi e ogni gruppo ha scelto un tema su cui sensibilizzare le persone, preparato un cartellone con una filastrocca e una scenetta “educativa”. Genitori e passanti venivano agganciati, assistevano alle scenette e ricevevano un volantino colorato con le quattro filastrocche. 91 I bambini di Trecate hanno voluto fare la loro festa un sabato, nella piazza del municipio. C’era un gazebo con il buffet della merenda preparata dalle mamme e la musica per ballare. Passanti e genitori hanno ricevuto uno scoobydoo colorato fatto a mano, insieme a un bigliettino con scritta una filastrocca-consiglio su come vivere meglio in città. I bambini di Casale Monferrato hanno detto che volevano regalare ai loro genitori una giornata di felicità. Hanno organizzato la festa nella strada di fianco alla scuola, chiusa per l’occasione. Hanno invitato tutti i bambini della scuola e i loro genitori. A ognuno hanno regalato il seme di una pianta (limoni, mele, uva…) da interrare e coltivare. Si è giocato a bandiera –una bandiera con 70 bambini e qualche mamma e papà-, a “al centro tutti quelli che…”, a mondo e campana. Si è fatta merenda con una torta alla nutella gigante fatta da un papà pasticciere e altre cose buone. 92 IL SOGNO ore 24.00 pagina 10 della giornata di A e O l’orologio ha fatto il giro, torna la notte, e nei sogni si svela una magica città... ma è un sogno davvero? Come potrebbe essere la città in cui ci sentiamo a casa, in cui la piazza è il nostro soggiorno, il bar sottocasa la cucina e il parchetto pubblico il nostro giardino? ore 24.00, pagina 10 della giornata di A e O IL SOGNO l’orologio ha fatto il giro, torna la notte, e nei sogni si svela una magica città... qual è l’obiettivo? Questo è l’incontro finale. Non è prevista nessuna attività particolare, se non la lettura dell’ultimo episodio della storia di A e O, e poi la realizzazione della vostra festa! Si tratta di un momento bello e importante, organizzato con le vostre forze e che si propone di innescare qualche piccolo cambiamento nel modo di vivere la città e i rapporti con gli altri. Dopo la festa potete riunire i bambini e discutere un po’ su come è andata, sulle emozioni provate nel vedere realizzata una propria iniziativa, e magari anche immaginare la possibilità che ve ne siano altre, in altri luoghi, o con altre modalità. Se oggi avete animato il cortile della scuola lasciandolo aperto per chiunque volesse entrare e giocare e far festa, si potrebbe provare un’altra volta a coinvolgere i genitori in un’iniziativa per una passeggiata in bici in quel parco in cui non va mai nessuno...largo all’immaginazione e ai desideri!! Perché tutto questo lungo viaggio in compagnia di A e O non finisce oggi, ma speriamo diventi un piccolo patrimonio di esperienza e conoscenza che accompagni bambine e bambini, famiglie, e insegnanti, a muoversi più liberamente, e appassionatamente, nel proprio quartiere e tra i suoi abitanti, e a prendersene un po’ cura, facendo “ come se fossero a casa propria”... l’ultimo racconto: pizzicami, perché non so se sto sognando… tempo: 15 minuti Ricreata la situazione del racconto, spiegate che questa sarà l’ultima volta in cui leggerete un racconto di A e O, ma che la possibilità di immaginarne il seguito potrebbe essere ancora più divertente per tutti. Tutte le storie da raccontare, anche le più belle, hanno una fine e che è proprio questa fine che ci permette di immaginare i nostri beniamini alle prese con nuove avventure. Quando scende la notte e entra nelle case stendendo il suo mantello di silenzio e tranquillità, trova tutti i bambini con le testoline sprofondate nei cuscini. Una tenue luce illumina i loro visi beati. Gli occhi sembrano chiusi ma non è così. Sono aperti, dietro le palpebre, e stanno guardando cose incredibili. Luoghi meravigliosi e fantastici. Pianure verdeggianti, ricche di acque e foreste, e città incredibili, che solo di notte, nel proprio letto, si possono incontrare. La bocca poi è sorniona: sorride chissà di che, seppur sembri chiusa. E’ la magia del sogno. Un pezzo della vita di tutti noi che solo i bambini sanno apprezzare davvero. Perché i bambini ci credono ai sogni e i grandi purtroppo no. La notte è entrata anche nella stanza di A e O e anche loro riposano uno GL ¿DQFR DOO¶DOWUD ,QWDQWR LO ORUR WHDWULQR RUPDL VJKLPEHVFLR OL JXDUGD H anche la calza Patufé li guarda…stesa sul boccascena con il viso ancora sveglio e curioso, seppure immobile. Sembrano due docili e amichevoli guardiani che vegliano sul sonno dei bambini. Ma A e O sono ormai lontani, là dove il sogno li sta portando per mano. 94 A - “Chi l’avrebbe detto che dietro la scuola c’era la piscina con il palazzo del ghiaccio. Ma ci abita la maestra! E’ tutta sua e quanti camerieri…non ci ha mai detto nulla perché evidentemente non vuole essere disturbata…ecco perché ci dice sempre di non salire sul muretto, ecco perché ha piantato questa gigantesca foresta, per non farci vedere al di là… Fortunata lei, guardala che fa il bagno!!! Ma è matta, fa il bagno nei cubetti di ghiaccio…speriamo che non mi scorga qui arrampicata sul muro di cinta…poi è così alto…oh!” E invece il fratellino O, dov’è? O - “Il circo è tutto da montare e la gente sta già arrivando. Accidenti! Come pesano questi pali e il telone è immenso, non riuscirò mai a dispiegarlo da solo…ma dove sono almeno i clown, loro potrebbero intrattenere il pubblico...eccoli, stanno facendo un girotondo là in piazza per i bambini della scuola e intanto io sono qui da solo. Ci sono anche gli animali con loro e Patufé è un elefante col cappello, ecco perché si è perduta, con quella enorme mole non ci stava sul bus e neanche in casa”. Intanto, l’orologio sul comodino gira senza fretta, vuole lasciare ai sogni il tempo di divertirsi con i bambini. Si, perché i sogni sono un poco birichini e si divertono a rendere strambe le cose nelle menti dei bambini. E quando sono stanchi di una testa, escoQRGDOuHVLLQ¿ODQRLQXQ¶DOWUD(LOJLRFRULSUHQGH«HFRPHVHODULGRQR se poco poco i bambini si spaventano, si emozionano, piangono o ridono dimostrando di credere al sogno. Ora infatti i due sogni dispettosi si scambiano le teste. “Patufé non tuffarti in piscina sei troppo grande, sei grande come un elefante. E poi c’è il ghiaccio non l’acqua!!! Oh no, la maestra si è messa le pantofole di pelo di mio papà, gliele avrà rubate e lui se la prenderà con me…incredibile non è una piscina è un circo!” ³/DPDHVWUDFLSRUWDSHUPDQRPDQRQFLGLFHGRYH«PDLRGRYHYR¿QLUH di montare il circo, gli spettatori si arrabbieranno…Oh, ma che bel posto signora maestra. Nel cortile della scuola hanno fatto un villaggio di pala¿WWHHVRWWRF¶qO¶DFTXDYHUDHFLVRQRSXUHLSHVFL(JOLVFLYROLSHUHQWUDUH nell’acqua…” Piano piano però anche i sogni si sciolgono come la terra nell’acqua. Così le immagini si dileguano nelle prime luci del giorno. L’orologio ora gira troppo in fretta per stargli dietro e A e O si trovano in strada con le cartelle in spalla, di corsa per non tardare e la notte e i sogni sembrano ormai immagini di un’altra epoca. “Ma che è successo? Ieri non c’era” dice A. All’angolo della strada, dove doveva esserci una piattaforma d’asfalto per i posteggi delle auto dei condomini, hanno messo alberi e panchine di legno e c’è anche una fontana…e una pista da skate gigante! O - Guarda A hanno abbattuto il muraglione delle Poste e dietro si vede una nuova costruzione di vetro e ferro che sembra fatta di aria… A - No, non di aria di acqua, è una piscina vera! Ti prego O, pizzicami, per favore, perché non so se sto sognando. 95 C!VIVOCONTINUA... C! VIVO potrebbe finire qui. Esattamente qui. In questo rigo. Basterebbe aggiungere qualche riferimento bibliografico. Un po’ di saluti e molti ringraziamenti. Ma a noi piace pensare che C! VIVO continui. Nelle scuole, nelle classi, nelle case. Continua perché è un gioco. E quindi viene voglia di farlo e di rifarlo. Ma continua anche quando lo mettiamo a dormire nella sua scatolina. Perché giocando con C! VIVO ogni giocatore, grande o piccolo, sperimenta le differenti possibilità che può agire per migliorare gli spazi che abita o attraversa e le relazioni che intreccia. Ogni giorno. Le sperimenta per gioco ma poi, magari, ci prende gusto, esce dalla simulazione e le attua. Veramente. E qualcosa cambia. Piano,piano. Perché il cambiamento è possibile. Ce lo insegnano i bambini e le bambine che vivono in un mondo ricco di soluzioni fantasiose, spontaneità e saggezza. Vagano per il mondo con il naso all’insù e ogni giorno scoprono con grande entusiasmo cose grandi e piccine. E, se lasciati liberi, seguono il loro impulso a esplorare il mondo con i sensi spalancati, strilli d’impazienza e gran godimento. Loro includono sempre la possibilità del cambiamento. Davvero. Sono molto più bravi di noi. Basterebbe ascoltarli per scoprire che quella che a noi sembra l’unica soluzione possibile è solo una delle tante (e non sempre è la migliore). Perché i bambini hanno molte idee quando si affrontano temi che li riguardano direttamente. Idee spesso meravigliosamente semplici, affidate al buon senso. Idee sempre originali. Perché i bambini quando poniamo loro delle domande ci pensano. Per davvero. Non sono come noi che peschiamo la prima vecchia idea precostituita che ci viene in mente. Sembra quasi un paradosso che siamo noi adulti a crescere i bambini, perché di sicuro siamo noi che possiamo imparare tanto da loro. Buon senso, innocenza, curiosità, apertura, voglia di dialogare, di scoprire, di imparare…sono tutti ingredienti indispensabili per vivere meglio spazi e relazioni. Basterebbe fermarsi. Per un attimo. Osservarli con attenzione e fare anche noi quello che fanno i bambini. Spalancare i nostri sensi. Vagare per il mondo con il naso all’insù. Attraversare i luoghi con curiosità, coraggio, voglia di conoscere lasciando spazio all’improvvisazione, alla creatività, alla voglia di inventarci qualcosa da fare o da non fare. Osservare con attenzione tutto quello che ci circonda. Tutto. Il bello e il brutto. Il facile e il difficile. L’ordine e il disordine. Per poi pensare a cosa può fare, ognuno di noi, per trasformare anche il brutto in bello, il difficile in facile, il disordine in ordine. Per poi capire cosa ci piace e cosa non ci piace; cosa ci fa paura e cosa ci dà tranquillità. Per assumere con coscienza un atteggiamento attivo di partecipazione; per recuperare, insieme, una pratica molto preziosa del passato: il fare comunità. Superare la dimensione privata per investire energia nella dimensione collettiva, nella cura del territorio, delle relazioni, dei rapporti affettivi, di fiducia, riconoscendo la ricchezza della vita sociale, politica e culturale. Quanto più ci rendiamo disponibili all’incontro, al rinnovamento, tanto più le nostre idee precostituite lasceranno spazio alla ricerca di soluzioni creative. E allora il cambiamento diventa possibile. Soprattutto se siamo capaci di rinunciare a piccoli privilegi individuali per ottenere grandi privilegi collettivi e restituire alla vita comunitaria più ricchezza e più senso. Magari vorrà dire rinunciare al nostro posto auto nel cortile per restituire quello spazio ai bambini che abitano il nostro condominio e non sanno più dove andare a giocare. Ma, in fondo, è solo un posto auto. Magari dovremo sopportare il rumore che fanno i bambini giocando sotto le nostre finestre. Ma in cambio avremo la tranquillità di vederli giocare in libertà in un posto sicuro. Basterebbe abbandonare lo sguardo estraneo che spesso volgiamo verso quello che accade accanto a noi per sostituirlo con uno sguardo amorevole. Basterebbe cambiare punto di vista e, rinunciando al meccanismo della delega, iniziare a credere nella forza della partecipazione attiva e della contrattazione che utilizza il lavoro di tutti fatto con intelligenza, l’arte, la festa, le tradizioni, il piacere dell’incontro imprevisto. I bambini, in questo, sono maestri. Perché non sono nati per diventare adulti come tutti gli altri, ma per svolgere un lavoro particolare. “ I grandi hanno su ogni cosa idee precostituite che gli servono per parlare senza riflettere: ora le idee già precostituite sono generalmente idee malfatte. Sono state costruite così da tanto tempo e non si sa più per chi, sono molto usate e poiché ce ne sono tante a proposito di qualunque cosa, sono anche molto pratiche perché si possono cambiare quando si vuole. Se siamo nati per diventare adulti come tutti gli altri, le idee precostituite si dispongono facilmente nella nostra testa, a mano a mano che si cresce. Ma se noi siamo nati per svolgere un lavoro particolare, che richiede di osservare bene il mondo che ci circonda, le cose non sono più così facili. Le idee precostituite si rifiutano infatti di rimanere nella nostra testa: escono dall’orecchio sinistro subito dopo essere entrate da quello destro, poi cadono per terra e si rompono.” da Il bambino dai pollici verdi di Maurice Druon e così C!VIVO continua... Per salutarci vi regaliamo una filastrocca. Nel CD la trovate musicata, animata e pronta da stampare se volete imparare a cantarla. Perché i bimbi san scherzare… I bambini son piccini i bambini son speciali Sanno mettere al pensiero colorate grandi ali E se fanno galleggiare una noce in un lavello Già la vedono nel mare diventare un bel vascello Se nel libro della scuola ci si perdon col pensiero Il bidello è un re cattivo e la maestra l’uomo nero Se in cortile fan la pigna con i sassolin di ghiaia Già la vedon diventare alta come l’Himalaya Perché i bimbi san scherzare con il falso e con il vero San capire che per gioco si può credere a un mistero Perché i bimbi san giocare con il buio e la paura Sanno credere che un mago passi in una serratura I bambini sono bambini e credon vere le parole San volar con il pensiero sulla luna e anche sul sole Se la sera quando è buio passa un tipo troppo snello Già lo vedono un fantasma tutto avvolto in un mantello Se per caso i suoi capelli sono dritti come spago Già si sentono di fronte a un terribil grande drago E se invece è un po’ robusto ed in man porta un ombrello Già s’immaginan babau pronto a darle col randello Perché i bimbi san scherzare con il falso e con il vero San capire che per gioco si può credere a un mistero Perché i bimbi san giocare con il buio e la paura Sanno credere che un mago passi in una serratura I bambini son piccini e di pazienza ne hanno poca Ma van matti per gli scherzi che san dar la pelle d’oca Con le mani fanno ombre tutte nere come inchiostro Che sul muro sembran vivi il gigante l’orco e il mostro Poi fan versi con la bocca o torcendo il naso e il mento Per provar che in fondo è bello sussultar per lo spavento Per veder se la paura ha il coraggio di scappare E il coraggio la paura dalla vita sa scacciare Perché i bimbi san scherzare con il falso e con il vero San capire che per gioco si può credere a un mistero Perché i bimbi san giocare con il buio e la paura Sanno credere che un mago passi in una serratura Perché i bimbi san che il bianco per magia diventa nero Se lo vuol la fantasia e se lo vuole il tuo pensiero Perché i bimbi san che i mostri non esistono in natura Ma ti dan la tremarella che fa rider di paura. ciao dalla classe IV B della scuola elementare San Paolo di Casale Monferrato ciao dalla classe IV B della scuola elementare Margherita di Savoia di Torino ciao dalla classe V A della scuola elementare Don Milani di Trecate “C!VIVO..meglio. Esperienze ludiche sulla sicurezza urbana” è un kit didattico che intende acompagnare allievi ed insegnati del secondo ciclo della scuola primaria alla scoperta del proprio territorio e delle persone che lo abitano, per costruire insieme quel senso di appartenenza e familiarità che permetta di sentirsi “a casa” negli spazi attorno a noi. E’ stato pensato e realizzato insieme a tre classi di tre città della Regione Piemonte, che hanno giocato con noi al gioco del “C!VIVO…meglio.” Si tratta di un percorso articolato in dieci incontri, che, attraverso strumenti ludici e teatrali, conduce dalla conoscenza di sé verso la scoperta degli altri (compagni di scuola, vicini di casa, negozianti del quartiere..), fino all’esplorazione vera e propria degli spazi ( il quartiere, la piazza, il cortile della scuola, il parco) per attivare microcambiamenti e promuovere un uso più consapevole degli spazi in cui si abita. Per provare a costruire una città più vivibile e sicura. Il kit contiene: una guida didattica per gli insegnanti:la descrizione delle attività da proporre; la storia di A e O che costituisce il filo conduttore del percorso; strumenti di riflessione un libro di classe per i bambini: spazi per scrivere, disegnare, appiccicare; la storia di A e O; strumenti di riflessione un DVD con una filastrocca musicale e un video che illustra il percorso. con il patrocinio di