guida didattica - Amapola progetti

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guida didattica - Amapola progetti
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a cura di
d
didattica
C!VIVO...MEGLIO
© Amapola - Progetti per la sicurezza delle persone e delle comunità
via Belfiore 1bis
10125 Torino
tel
011 6680527
fax 011 6694835
[email protected]
novembre 2007
stampa: Litografia Cirone s.a.s, Torino
è autorizzata la riproduzione parziale citando la fonte
stampato su carta ecologica Cyclus Offset
che ha ottenuto il marchio di qualità Ecologico Europeo
C!VIVO...MEGLIO
esperienze ludiche sulla sicurezza urbana
per conoscere il proprio quartiere e i suoi
abitanti, capirlo...cambiarlo?
kit didattico per i bambini e le bambine delle classi quarte e
quinte della scuola primaria
E’ ormai opinione prevalente che l’impegno comune di Enti, Istituzioni, organizzazioni della società
civile per migliorare le condizioni di sicurezza e le percezioni d’insicurezza dei cittadini implichi la
ricerca di un equilibrio tra diversi bisogni, priorità, abitudini e comportamenti al fine di trasformare la
promessa astratta di legalità e tutela delle regole in un più realistico miglioramento delle condizioni di
vivibilità di un territorio e in una assunzione di responsabilità condivisa circa la qualità delle relazioni
e degli spazi in cui viviamo.
In quest’ottica si è sviluppato il progetto C!VIVO, promosso dalla Fondazione CRT, sostenuto dalla
Regione Piemonte e realizzato dall’associazione Amapola.
Obiettivo del progetto è stato promuovere, sostenere e qualificare le politiche locali di sicurezza nella
regione Piemonte, tentando di offrire un contributo allo sviluppo di una nuova generazione di politiche
pubbliche per la sicurezza.
Coerentemente con lo spirito della riforma legislativa regionale piemontese in materia di sicurezza
urbana, si è inteso sperimentare pratiche innovative che accompagnino l’evoluzione delle politiche e
degli interventi a livello regionale, offrendo nuovi stimoli al dibattito culturale, politico e legislativo.
Il presente kit didattico è il frutto di un’azione del progetto che ha voluto in via sperimentale allargare
la consultazione su cosa e chi ci fa sentire insicuri, cosa e chi ci rassicura, quali sono le condizioni
ideali di uno spazio urbano per poter essere vissuto serenamente e verso il quale sviluppare un senso
di appartenenza tale da sentirlo proprio e meritevole di impegno e protezione.
Si è voluto dirigere tale consultazione verso i bambini perché rappresentano la voce meno ascoltata
negli ormai diffusi dibattiti sulla sicurezza urbana. Ci si occupa, talvolta, di loro in chiave preventiva,
prendendoli in considerazione come gruppo a futuro rischio di devianza; quasi mai viene chiesto loro
cosa ne pensino del rispetto delle regole da parte degli adulti oppure se amino la propria città e se vi
si sentano liberi di esprimersi.
I bambini delle tre scuole piemontesi che hanno lavorato alla progettazione e alla realizzazione di
questo kit ci dicono fondamentalmente che è la conoscenza dei territori e di chi li abita a dare sicurezza. E’ una città più lenta, più pulita, più verde, più accogliente, più allegra, più rispettosa delle regole
quella che vorrebbero. E certamente una città così diventerebbe un luogo che permette ai bambini
e alle bambine di vivere liberamente le dimensioni del gioco e della scoperta, in spazi conosciuti e
sicuri che favoriscono la conquista di autonomia e il rafforzamento del legame e della responsabilità
verso la propria comunità.
Questa sperimentazione ha condotto, dunque, alla realizzazione di questo kit didattico affinché diventi
strumento di lavoro e partecipazione attiva per tutte le scuole primarie della regione sul tema della
sicurezza e della vivibilità dei luoghi e degli spazi di relazione delle nostre città.
Ci auguriamo che abbia così avvio un lavoro con i bambini, gli insegnanti e, indirettamente, le loro
famiglie quali ideatori di una città più sicura e vivibile per tutti i cittadini, concentrandosi non solo sul
piano dei problemi ma soprattutto su quello delle risposte.
Si tratta di un tema sul quale i bambini possono non soltanto dire, ma anche fare molto. Agli adulti e
alle istituzioni il compito e il dovere di ascoltare e prendere in considerazione visioni e proposte.
Ai bambini e agli insegnanti che hanno partecipato alla realizzazione del kit va il nostro personale
ringraziamento.
Andrea Comba
Presidente Fondazione CRT
Mercedes Bresso
Presidente della Regione Piemonte
Formare cittadini autonomi, consapevoli delle proprie scelte e responsabili delle proprie azioni: è il
compito principale del nostro sistema educativo.
La scuola può centrare questo obiettivo solo muovendosi in sintonia e sinergia con le famiglie e i
diversi soggetti del territorio.
Formare i bambini di oggi significa contribuire alla cittadinanza attiva di domani; è da bambini che
si fanno le prime esperienze di partecipazione collettiva, che si sviluppa la propria autonomia, che si
può facilmente apprendere, in modo ludico ed attraverso l’esperienza diretta, l’importanza del comportamento sicuro e della prevenzione dei rischi nei diversi ambiti della vita quotidiana.
I nostri bambini sono abitanti di città, di paesi, di quartieri che dovrebbero ripensare i propri spazi
tenendo conto dei loro bisogni e dei loro diritti, che sono spesso gli stessi bisogni e diritti dei cittadini
più deboli, delle persone diversamente abili, degli anziani, che spesso non riescono a usufruire di
questi spazi perché non costruiti su loro misura.
E’ fondamentale che i bambini possano muoversi in sicurezza, vivendo pienamente le aree pubbliche: dal cortile della scuola, al vicino parco giochi, al campo sportivo, alle vie ed alle piazze del loro
quartiere.
Proprio per far sì che i ragazzi possano muoversi consapevolmente dentro la propria città, l’Ufficio
Scolastico Regionale, d’intesa con diverse Istituzioni locali, ha ideato e promosso il progetto “Ti muovi” volto a diffondere la cultura della sicurezza stradale, orientando verso forme di mobilità sostenibile
e di prevenzione del rischio.
Ridare autonomia ai bambini significa anche rivitalizzare e mettere in sicurezza le città.
Il progetto C!VIVO affronta il tema della sicurezza urbana attraverso l’analisi qualitativa degli spazi: la
costruzione di una città sicura parte dall’esplorazione dei luoghi più vicini e familiari per poi avventurarsi in quelli più lontani; ma non si ferma solo alle caratteristiche strutturali, pone attenzione anche
alle relazioni, alle dinamiche sociali. Ciò porta ad una migliore conoscenza del luogo in viviamo ed al
desiderio di renderlo migliore, di partecipare attivamente alla sua trasformazione.
Questo kit didattico, nato dal coinvolgimento diretto di tre scuole piemontesi, prevede attività laboratoriali che sono perfettamente in linea con le nuove Indicazioni per il curricolo della scuola
dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione, le quali richiamano l’importanza dell’esperienza diretta,
attraverso i canali di percezione e motricità, per l’acquisizione del senso del sé fisico e la conoscenza
dell’ambiente circostante.
Esso rappresenta, quindi, un valido strumento per consentire ai bambini di appropriarsi dei propri
spazi, di esplorare i contesti a loro noti e meno noti, in cui sentirsi sicuri ed a proprio agio.
Francesco de Sanctis
Direttore Generale dell’Ufficio Scolastico Regionale per il Piemonte
chi ha realizzato questo kit?
Questo kit non è stato pensato a tavolino. È stato progettato e costruito attraverso un percorso cui
hanno preso parte tante persone. La traccia iniziale è stata elaborata da un gruppo multidisciplinare
(un maestro, una regista, una psicologa, una pedagogista e un architetto). A partire da questa traccia,
hanno poi lavorato, insieme al gruppo di progettazione, i bambini e le insegnanti di tre classi di diverse realtà urbane (un’area metropolitana, un centro medio e un centro piccolo), così da fotografare
ed esplorare gli aspetti della sicurezza urbana caratteristici dei vari contesti. Attraverso un percorso
di dieci incontri il materiale è stato testato, modificato, arricchito. Poi rielaborato per trasformarsi nel
kit.
Il tempo, l’energia e la passione delle persone che ci hanno lavorato hanno portato al risultato ora a
vostra disposizione.
gli autori sono:
Federico, Greta, Michele, Alessandro, Davide, Jackelyn, Gaia, Noemi, Deborah, Sanata, Ilaria, Sara,
Gabriele, Hilaria, Filippo, Simone, Marilena, Claudia, Mattia, Daniele, Stefano, Davide e Izaura della
classe IV B, insieme alle insegnanti Maria Rosaria Piergiovanni, Elisa De Felice e Rosanna Paramatti
e alla dirigente Maria Luisa Mattiuzzo della scuola elementare Margherita di Savoia di Torino,
zona Lucento Vallette;
Louan, Federico, Aurelia, Xheni, Gabriele, Agata, Bruna, Marco, Andrea, Gianluca, Yousra, Elena, Luca,
Luca, Ivan, Filippo, Dhurata, Carlo, Mesit e Vincenzo della classe IV B, insieme alle insegnanti Luisa
Aceto, Marisa Rabagliati e Paola Ubertazzi e alla dirigente Concetta Palazzetti della scuola elementare San Paolo di Casale Monferrato;
Mattia, Erika, Gabriele, Emanuele, Federica, Marco, Eleonora, Andrea, Andrea, Kleida, Filippo, Giovanni, Anna Maria, Federica, Ingrid, Giuseppe, Antonio, Valentina, Andrea, Maria Elena, Arianna, Giulia, Giusy, Sara, Claudia, Elisabetta della classe V A, insieme alle maestre Renata Giudice e Graziella
Tomaino e alla dirigente Alida Colombano della scuola elementare Don Milani di Trecate;
Queste tre classi sono state individuate con l’aiuto del MPI, e in particolare di Silvana Di Costanzo.
Il gruppo che ha progettato e realizzato il kit è composto da: Sara Caruso (psicologa, associazione
Amapola), Marina Lallo (pedagogista), Eleonora Moro (regista e attrice), Marina Pelfini (architetto,
associazione Amapola) e Dario Tognocchi (maestro, regista e animatore). In particolare, Dario Tognocchi ha scritto i racconti di A e O e la filastrocca Perché i bimbi san scherzare, musicata e cantata
da Eleonora Moro e prodotta da Luciano Contino e Gianluca Senatore. Tutto il resto è frutto di un lavoro
a più mani cui hanno contribuito tutti sotto il coordinamento di Sara Caruso e Marina Pelfini.
Chiara Mossetti e Michela Bellino hanno realizzato il video.
Ha collaborato alla realizzazione l’Istituto Europeo di design, in particolare:
Erik Balzaretti e Marco Cassinera, direzione didattica e coordinamento;
Annalisa Papagna e Cristina Bellacicco, con la supervisione di Elisa Vallarino, sono le autrici delle
illustrazioni;
Stefania Bertone ha realizzato la grafica;
Davide Fiore e Nicolas Bronstein hanno animato la filastrocca.
Grazie a tutti!
cosa c’è nel kit?
il kit è composto da due libri – la guida didattica rivolta agli insegnanti e il libro di classe per i bambini – e un DVD.
Nella guida didattica, dopo una parte introduttiva, trovate 10 capitoli, 10 puntate che seguono la
giornata dei due personaggi guida, A e O. Ad ogni capitolo corrisponde un incontro/laboratorio.
Ogni capitolo è suddiviso in:
un’introduzione al tema dell’incontro e una descrizione degli obiettivi che si vogliono raggiungere;
la descrizione delle attività e dei giochi, con i materiali necessari e i tempi previsti; il racconto
di A e O (che forse è meglio leggere ai bambini usando il libro di classe, che oltre alle illustrazioni
ha anche un carattere più grande!);
i box di approfondimento che, scritti da esperti, raccolgono alcune riflessioni e proposte sui temi
legati ad ogni specifico incontro (“una riflessione su”);
i box con il materiale raccolto durante i laboratori nelle tre classi pilota di Torino, Casale Monferrato
e Trecate: tracce proposte alla vostra attenzione perché divertenti oppure utili come spunti sui quali
soffermarsi (“dai laboratori pilota”);
solo in alcune “puntate”, dei suggerimenti di ulteriori attività che si possono realizzare tra un incontro
e l’altro.
Il libro di classe ha la stessa struttura, i 10 capitoli della giornata di A e O. Riporta i racconti illustrati
e poi alcune pagine destinate a raccogliere il materiale prodotto durante gli incontri, a volte anche con
alcune proposte minime di rielaborazione. Se si vuole il libro di classe potrà diventare, alla fine del
percorso, una sorta di diario di viaggio.
Infine il kit contiene un DVD in cui trovate:
il video del making of dei laboratori, che non solo vi permetterà di capire come si è svolto questo
percorso sperimentale ma anche di raccogliere spunti per il vostro percorso personale e per avere
un’idea di cosa pensano bambini, maestre e famiglie del complesso tema della sicurezza urbana;
la filastrocca di A e O “perché i bimbi san scherzare” musicata e animata, che potrete usare quando riterrete opportuno, magari all’inizio del percorso, oppure meglio ancora alla fine, quale canzone
celebrativa della strada portata a termine (un file video e audio e un file PDF da stampare);
un brano musicale per accompagnare la lettura dei racconti;
la traccia dell’intervista dell’incontro 8 (file PDF da stampare).
che altro è C!VIVO?
Il kit che avete tra le mani è soltanto un pezzetto di un lavoro più ampio e articolato sul tema della sicurezza urbana, un progetto realizzato a livello regionale che per due anni ha coinvolto un gran numero
di persone, enti e soggetti locali: C!VIVO, sicurezza in libertà.
C!VIVO è un progetto di Fondazione CRT e Regione Piemonte realizzato dall’Associazione Amapola,
che parte dall’idea che la sicurezza nelle nostre città vada costruita collettivamente attraverso l’azione
congiunta di istituzioni, soggetti locali e cittadini. Il progetto si propone, dunque, di promuovere e
diffondere nel territorio regionale una cultura della sicurezza come politica integrata, offrendo
occasioni di riflessione e strumenti di azione agli enti locali e ai diversi attori che, a vario titolo e
a vari livelli, hanno competenze e responsabilità di gestione del territorio e possono migliorarne le
condizioni di sicurezza.
C!VIVO comprende una serie di azioni, alcune rivolte a soggetti istituzionali, pubblici e privati, affinché progettino e gestiscano politiche locali che siano coerenti con i bisogni dei territori e di chi vi
abita; altre destinate a coinvolgere alcune categorie di cittadini, beneficiari delle azioni politiche per
la sicurezza.
Questo kit è il prodotto di una delle azioni, di seguito riassunte, in cui è articolato il progetto:
A sensibilizzare gli amministratori locali per stimolarne la riflessione sulle politiche e interventi
realizzati, sui problemi a cui hanno cercato di dare risposta e sul loro livello di efficacia. Questa azione
si è conclusa accompagnando alcune amministrazioni, individuate come casi studio, ad ottimizzare il
proprio operato nella progettazione e realizzazione di politiche di sicurezza.
B
ascoltare i bisogni, leggere le situazioni per promuovere una riflessione critica sulle rispo-
ste possibili ai problemi di insicurezza. Con questa azione si sono attivati degli interlocutori un po’
inconsueti:
le scuole, attraverso laboratori didattici con i bambini sul tema della sicurezza in tre aree sperimentali
della Regione;
l’università, cha ha realizzato un laboratorio per l’analisi dei messaggi e delle campagne di comunicazione pubblica e sociale;
l’Istituto Europeo di Design, i cui studenti hanno ideato alcune campagne di marketing e comunicazione sociale sul tema della sicurezza.
C
confrontare i punti di vista attraverso seminari tematici aperti agli attori locali i cui risultati
sono poi confluiti in una collana di quaderni tematici a disposizione degli amministratori.
D
sostenere lo sviluppo di Patti Locali per la Sicurezza.
Ci auguriamo che questo kit, insieme agli altri prodotti di C!VIVO, possa rappresentare un contributo
al consolidamento di un approccio multidimensionale alla sicurezza urbana e un invito a chiamare
in causa anche punti di vista non consueti, ma potenzialmente utili al lavoro dei decisori politici e
all’assunzione collettiva di responsabilità intorno alla qualità della vita. In questo caso i bambini, le
scuole, le famiglie. Il kit offre una serie di strumenti utili ad interagire con la realtà che li circonda,
tracciando un percorso destinato ad accompagnare i cittadini più piccoli e i loro educatori ad una
maggiore consapevolezza intorno al tema della qualità degli spazi e dei modi in cui si abitano. Perché
la qualità dei luoghi in cui viviamo dipende anche dai piccoli gesti quotidiani.
per saperne di più su C!VIVO: [email protected]
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estra
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ie
INDICE
parte A
pag. 8
perché un laboratorio didattico sulla sicurezza urbana?
pag. 10
bambini in città: loro non sanno che si chiama qualità della vita
pag. 13
istruzioni per l’uso: come compiere questo percorso e come usare questa guida
la metodologia
l’incontro tipo
parte B
pag. 23
ore 22.00: la notte
pag. 33
ore 07.00: il risveglio
pag. 41
ore 07.45: la colazione
pag. 49
ore 08.15: da casa a scuola
pag. 57
ore 10.00: l’intervallo
pag. 63
ore 14.00: a scuola
pag. 69
ore 16.30: il ritorno
pag. 77
ore 17.30: la merenda
pag. 85
ore 21.00: la sera
pag. 93
ore 24.00: il sogno
questo percorso è lungo e articolato, si può scegliere di farlo tutto o solo alcune parti.
A pag. 14 trovate dei suggerimenti a questo proposito.
PARTE A
UNO
perché un laboratorio didattico sulla sicurezza urbana?
“Il controllo spontaneo dello spazio da parte degli abitanti può avvenire solo in una città vitale,
vivace, in cui le strade sono usate di giorno e di notte, il cui ambiente non degradato ispira fiducia
e senso di appartenenza, una città fatta di quartieri che il cittadino ama, con cui si identifica e che
quindi è pronto a difendere”
J.Jacobs da Vita e morte delle grandi città americane, 1961
Un laboratorio didattico sulla sicurezza urbana.
Intanto perché lavorare sulla sicurezza urbana?
Le ragioni forti ci sembrano essenzialmente due: la prima, perché se ne parla sempre di più ed è
fonte di preoccupazione diffusa tra i cittadini, la seconda perché è ormai consolidato che condizioni
accettabili di sicurezza per la comunità siano frutto di un impegno condiviso tra istituzioni e cittadini,
attraverso tutte le loro forme di partecipazione organizzata.
E poi: cos’è la sicurezza urbana?
La sicurezza urbana, o di un territorio, è quell’insieme di condizioni sociali, ambientali, economiche,
abitative e di rispetto della legalità che permettono a tutti di vivere serenamente senza sentirsi minacciati da qualcosa o da qualcuno.
Chiediamoci che cos’è un luogo sicuro. Un luogo sicuro è un luogo in cui non ci sentiamo condizionati nelle nostre azioni e nei nostri movimenti.
E una città sicura è una città in cui ci si sente liberi di muoversi, sostare, incontrarsi, giocare…certo,
a seconda del fatto di essere un giovane ragazzo in motorino, o un’anziana signora che vuole riposarsi
su una panchina, o un gruppo di bambini che vogliono giocare in cortile, percepiremo vincoli e possibilità diverse nel modo di vivere i nostri spazi.
Esistono però alcuni elementi comuni a tutti nel vivere un territorio, tratti che caratterizzano uno
spazio, qualità che concorrono a definire che tipo di lettura ne facciamo e quale sensazione viviamo
nell’attraversarlo. Quando camminiamo o ci spostiamo per la città, la sensazione che proviamo di
sicurezza e tranquillità, o viceversa di disagio o timore, si lega a quanto ci sono familiari i percorsi, a
quanto conosciamo le altre persone che li vivono, a quanto ci sembra che siano rispettate le regole
del vivere comune.
Dicono i sondaggi che gli abitanti delle città che dichiarano di sentirsi insicuri, in generale si dicono
invece sicuri quando si tratta di esprimere un giudizio sul proprio quartiere, anche se a uno sguardo
oggettivo tanto sicuro questo non è. Nei luoghi che conosciamo, che ci sono familiari, ci sentiamo
più tranquilli.
In definitiva la sicurezza urbana si compone di due dimensioni: la prima che si riferisce alla criminalità e al controllo della stessa, e la seconda che include tutto ciò che non è reato, ma che influisce
sulla vivibilità dei luoghi, e può essere definito disordine, sociale o ambientale.
8
Per quanto riguarda la dimensione legata alla criminalità, un lavoro proposto nella scuola primaria
non poteva che collocarsi in un’ottica di prevenzione. Una interessante teoria criminologica , a partire
da studi sul comportamento deviante o delinquente, ci descrive la “de-linquenza” come assenza di
legami, con se stesso, con gli altri, con la propria comunità, con la natura e la società in genere. Il
percorso del kit si ispira proprio a questo approccio: propone come strategia preventiva un lavoro sulla ri-costruzione dei legami (re-liance), ossia sul senso di appartenenza e di inclusione delle persone
nella comunità di riferimento.
Ma le bambine e i bambini possono essere interpellati e resi protagonisti non tanto, e non solo, in
un’ottica preventiva. In realtà, ormai tutti prendono la parola nel diffuso dibattito sulla sicurezza urbana
cui facevamo riferimento all’inizio. Nessuno però si è mai sentito in dovere di chiedere un parere ai
cittadini più piccoli su cosa e chi li fa sentire sicuri o insicuri, sul rispetto da parte degli adulti delle
regole e se le città organizzate dai grandi li fanno sentire accolti e liberi.
Questo laboratorio didattico vuole anche attivare un percorso di riflessione e di partecipazione dei
bambini su questi punti.
E ci sono tantissime cose di cui parlare: la cura dei luoghi, l’animazione di un quartiere, l’illuminazione, la presenza di esercizi commerciali, la pulizia….
Questa seconda dimensione, la sicurezza in termini di vivibilità dei luoghi, è anche quella che accomuna il bambino e l’adulto. La conoscenza e la familiarità con i luoghi si traducono sia per l’adulto
che per il bambino in percezione di sicurezza, in consapevolezza di libertà di azione e di movimento,
in senso appartenenza e di responsabilità verso ciò che ci circonda.
Insomma i fattori che contribuiscono a sentirsi sicuri o no in un certo territorio dipendono dalla
qualità degli spazi e delle relazioni sociali che in essi prendono forma.
La conoscenza e la familiarità con i luoghi diventano così lo scopo di questo percorso progettuale, che
sceglie come obiettivo la costruzione di relazioni con i luoghi e con la comunità, che lavora sulla qualità
degli spazi e delle relazioni sociali per provare a costruire il senso di “casa”, del “sentirsi a casa”.
Questo approccio è stato scelto anche perché consente al singolo cittadino –bambino o adulto- un
margine d’azione, e perché ci si rivolge ai bambini, e con loro si vuole puntare l’attenzione sul lato
positivo della medaglia, su come si può contribuire a costruire una città sicura, in cui si può vivere
meglio.
Un altro punto che spinge a concentrarsi sulla qualità degli spazi e delle relazioni è la validità di
questo approccio in qualsiasi tipo di contesto: dalla grande città al paese, dal quartiere problematico
a quello invece tranquillo e, qualsiasi sia il contesto, è sempre migliorabile e c’è sempre qualcosa
che può essere fatto.
“I bambini, fin da piccoli, sono capaci di interpretare ed esprimere i propri bisogni e di contribuire al
cambiamento delle loro città. I loro bisogni coincidono con quelli di gran parte dei cittadini, specie
quelli più deboli. Vale quindi la pena dare loro la parola, chiamarli a partecipare, perché forse in loro
nome e per il loro benessere è possibile chiedere ai cittadini adulti quei cambiamenti che difficilmente sono disposti ad accettare e a promuovere per altre motivazioni” (La città dei bambini, CNR, 1991).
C!VIVO…meglio propone un piccolo percorso di cambiamento, un seme per provare a trasformare,
giocando, i luoghi in cui viviamo.
Buon divertimento.
1 Katholieke Universiteit Leuven, Projet Reliance, Projet ‘Criminalité et Vision du monde’ , section de Criminologie, faculté de Droit.
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DUE
bambini in città: loro non sanno che si chiama qualità della vita
“Bisogna sempre spiegargliele le cose ai grandi. I grandi non capiscono mai niente da soli e i
bambini si stancano a spiegargli tutto ogni volta”
da Il piccolo principe
C!VIVO.
C!VIVO bene, C!VIVO meglio.
Perché conosco un po’ di più.
Perché ho sperimentato un modo diverso per guardare, ascoltare, annusare e assaggiare oggetti,
relazioni, emozioni e spazi che, tutti i giorni, incontro.
Questa la scommessa di C!VIVO.
L’hanno sperimentata tre classi di bambini e bambine che abitano realtà molto diverse ma che, per
molti versi, si assomigliano. Perché sono bambini.
E loro, i bambini e le bambine, hanno giocato con noi al gioco del C!VIVO.
Come solo i bambini e le bambine sanno giocare.
Sì, perché comunque i bambini e le bambine fanno e hanno sempre partecipato volentieri alle attività
creative del disegno,del teatro, dell’invenzione di storie...
Noi, nel gioco del C!VIVO, abbiamo utilizzato queste tecniche per parlare, con leggerezza, del pesante
tema della sicurezza urbana.
Con loro abbiamo parlato delle azioni del quotidiano, dei rituali, dei luoghi e degli spazi che ogni
giorno attraversano per scoprire, insieme, quali paure, desideri, relazioni, vicinanze e lontananze
percepiscono.
E loro, i cittadini più piccoli, ancora una volta si sono dimostrati cittadini attenti e consapevoli, capaci
di parlare con competenza di quella che noi grandi chiamiamo “qualità della vita”.
Loro non sanno che si chiama così ma sanno perfettamente cos’è.
I bambini e le bambine che abbiamo incontrato ci hanno dimostrato di essere soggetti forti, ricchi e
competenti; cittadini a tutti gli effetti, soggetti di diritti oltre che di bisogni, capaci di proporre teorie
interessanti e provocatorie, attenti osservatori della realtà che li circonda, possessori di una spontanea e profonda sensibilità ecologica, dotati di un forte senso di responsabilità, originalità e creatività
che li rende capaci di trovare risposte a quesiti che per noi adulti sembrano irrisolvibili.
Noi grandi lo sappiamo che un mondo a misura di bambini è un mondo migliore per tutti, che il benessere dei più piccoli è la cartina tornasole della qualità della vita e che, pensando al loro futuro si
pensa al futuro di tutti.
Ma, nonostante ciò, continuiamo a progettare città che rispondono, probabilmente, nella loro organizzazione, alla soddisfazione di standard urbanistici di utilità primaria ma rivolgono scarsa attenzione e
rispetto al diritto dell’infanzia allo spazio per il gioco libero e la socialità, limitando così lo sviluppo
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della loro autonomia.
Le nostre città, in realtà, sono sempre più sede di pericoli.
Molti bambini posseggono, infatti, una chiara mappa dei luoghi che non devono frequentare, ma
difficilmente ne possiedono una altrettanto chiara, dei luoghi che possono frequentare.
Ne consegue inevitabilmente il privilegio ad una vita coatta in casa o entro le istituzioni specificatamente destinate a loro con un presupposto inquietante: solo il controllo dei piccoli garantisce la
tranquillità. Dei grandi.
Ma questa tranquillità ha un costo non trascurabile nello sviluppo delle abilità dei bambini.
Sperimentando nuove emozioni prive del riparo protettivo di un contenitore il bambino può acquisire
autonomia e affermazione di sé.
Queste esperienze appagano la sete di eccezionalità, di tensione al superamento contro l’adattamento, dell’emozionante contro il noioso, dell’avventuroso contro l’abitudinario...
La “ vita pubblica “ si è svolta per secoli nelle strade e nelle piazze, viste come luoghi positivi di
incontro con gli altri; la casualità degli incontri era data dalla disponibilità di spazi collettivi, senza
una destinazione specifica, spazi in cui liberamente si svolgevano delle attività e si intrattenevano
delle relazioni.
Le chiassose bande di bambini nelle strade e nelle piazze sono molto diminuite rispetto agli scorsi
decenni.
Non che una volta bambini e ragazzi fossero meno controllati, ma lo stesso controllo era in parte
socializzato, apparteneva ai genitori ma anche a tutti gli adulti responsabili che si fossero trovati per
strada.
Il sistema dei divieti e delle licenze, dei pericoli e delle possibilità, era ampiamente condiviso; i
bambini e i ragazzi ne prendevano consapevolezza vivendo attivamente e quotidianamente il loro
territorio.
Oggi questa realtà è solo un ricordo.
Oggi le piazze sono luoghi di congestione. Le vie poi, non si presentano più come piccoli “universi
umani” ricchi di comunicativa, storia, voci e sapori, ma sembrano racchiudere in sé unicamente
elementi di pericolosità.
Queste condizioni strutturali finiscono col limitare enormemente la libertà di movimento e di azione
dei bambini e delle bambine.
Così, tale libertà si esercita in ambiti ristretti, che al più si estendono fino ai confini del proprio quartiere.
Qui sembrano ergersi gigantesche Colonne d’Ercole, oltre le quali vive un ignoto che prende le forme
di un diabolico ed intricato labirinto capace di imbrigliare chiunque vi penetri, a meno che non sia
accompagnato da una attento e disponibile “genitore taxi”.
Nelle situazioni metropolitane, oggi, lo spazio si specializza progressivamente, ogni attività tende a
svolgersi in un recinto vietato ai non addetti.
La strada e la piazza, unici luoghi per certi aspetti non specializzati, non sono più sede di scambio e
di incontro tra persone ma, a loro volta, si sono specializzate divenendo la sede del traffico urbano.
Ne risulta che si è nei posti in cui si deve fare qualcosa di preciso, si passa dai posti in cui non si
può fare nulla di preciso.
Anche attività libere come il gioco, la corsa, il movimento si svolgono in ambienti specializzati e
dentro la sfera del controllo.
In un’epoca di grande e crescente mobilità questa limitazione esprime pericolosità, paura e sottostima da parte del mondo adulto rispetto a quello infantile.
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Affrontare il tema della sicurezza degli spazi del quotidiano comporta, oggi, affrontare temi di grande
complessità sociale e di cambiamenti che sempre a maggiore velocità ci coinvolgono.
Famiglia, scuola, consumi, relazioni sociali ed ogni altra esperienza si dilatano nel tempo di vita dei
bambini e delle bambine, esigono ore, minuti, spazi che tendono a disporsi secondo schemi precisi
e fortemente strutturati.
La giornata, la settimana, l’anno tendono a fissarsi in un’insieme di cose da fare, costituiscono impegni assunti e da rispettare. Oltre all’impegno scolastico che occupa buona parte della giornata
esiste oggi un secondo tempo programmato e definito che attraversa i pomeriggi dei bambini e delle
bambine.
Quella di oggi è la prima generazione di ragazzi i cui tempi di vita sono sottratti massicciamente all’intervento dell’imprevisto e della casualità riducendo la possibilità di fare esperimenti di autonomia
capaci di insegnare una preziosa abilità: l’arte di arrangiarsi, di sbrigarsela.
Peccato. Perché, come dice Pippi Calzelunghe:
“Il giorno in cui mi capiterà di sentire che un bambino si rattrista all’idea di arrangiarsi da solo, senza
l’intrusione dei grandi, giuro che imparerò l’intera tavola piragotica all’inverso!”
12
TRE
istruzioni per l’uso: come compiere questo percorso e come usare questa guida
L A M E T O D O LO G I A
il teatro come strumento leggero per percorrere strade complesse
Quello che viene proposto in questo kit è un percorso esperienziale di incontro, scambio e conoscenza che coinvolge bambini e insegnanti. Ciò che segue sono indicazioni metodologiche su come
utilizzare questo libro: abbiamo raccolto pratiche, commenti, racconti, saperi e suggestioni e ora vi
offriamo questo piccolo patrimonio in modo che voi possiate utilizzarlo, farlo vostro, modificarlo,
arricchirlo.
I laboratori proposti non prevedono percorsi fissi e prestabiliti ma vengono costruiti momento per
momento dagli attori che ne fanno parte. I bambini in particolare, con le loro domande, la loro immaginazione, la loro voglia di raccontare hanno una sorta di potente capacità di far mutare il corso delle
cose, quelle che noi adulti avevamo così ben pianificato e previsto.
“Il programma non si situa fuori dallo spazio dell’educare, lontano da me e dai miei allievi, ma si pone
come qualcosa che “noi” dobbiamo “recitare” (Antonacci, 2001). La nostra proposta non è dunque
quella di fare del teatro sui temi della vivibilità delle nostre città, ma quella di portare un po’ di teatro
nella gestione e nell’animazione di questo percorso. Ci è sembrato opportuno offrire suggestioni e indicazioni per accrescere le proprie competenze comunicative, utilizzando anche, tre le altre, tecniche
teatrali, immaginando che adulti e bambini possano provare insieme ad esplorare e costruire storie
che si facciano ascoltare e raccontare.
Teatro che è gioco, ma è anche trama avvincente che, attraverso la narrazione, può veicolare implicazioni emozionali -prima di tutte la curiosità- e rendere dinamici e attivi i contenuti dell’apprendimento. Educare dunque attraverso tecniche teatrali, per rendere le cose diverse da come sono nella
quotidianità, sperimentare sguardi nuovi, offrire la possibilità di un’esperienza che non è possibile
altrove.
I bambini sono stimolati a riflettere sulla vita di tutti i giorni, sulle persone che incontrano, su aspetti
e momenti che provocano inquietudine, divertimento, curiosità: dalle loro riflessioni giungono domande, risposte, provocazioni, altri racconti, nuovi scenari, che l’adulto è chiamato a raccogliere,
contenere, restituire. Il testo proposto attraverso la narrazione -la giornata di A e O- diventa così un
pretesto per accompagnare i bambini nel mondo della riflessione, per proporre temi, stimolare le
domande e guidarli nelle attività.
Vi si propone di condurre la vostra classe attraverso questo percorso in qualità di guida/animatore.
Senza pensare di dover essere o diventare attori per farlo, ma semplicemente di seguire le attività
proposte e i piccoli consigli tecnici che vengono suggeriti per portarle avanti in maniera interessante
e divertente.
Il percorso è strutturato in dieci incontri, il cui tema narrante è la storia di A e O (i due personaggi
guida) e il particolare momento della giornata che stanno vivendo. Si parte dalla notte, per trascorrere
13
con A e O tutto l’arco della giornata e poi arrivare alla sera successiva avendo compiuto un piccolo
percorso di crescita.
Questo schema, con le attività e gli approfondimenti tematici, è concepito sia per essere eseguito nella sua interezza, sia per essere utilizzato in modo parziale, scegliendo
solo alcune delle sollecitazioni proposte. Ogni incontro è costruito attorno alla medesima
struttura e prevede attività diverse per una durata di circa un’ora e mezza.
E se non c’è tempo di eseguire tutto il percorso dei dieci incontri? Vi suggeriamo di leggere comunque tutta la storia, perché per i bambini è un vero peccato appassionarsi per qualcosa senza
sapere come andrà a finire…
Per quanto riguarda gli incontri, e le relative attività, potete sceglierne qua e là solo alcuni. Vi
proponiamo due percorsi tematici più brevi:
da me a te: alla scoperta delle mie reazioni, emozioni, relazioni. INCONTRI n.1, n.2, n.3, n.5 (e
se volete sempre incontro n.9 e n.10, in cui si organizza e realizza un piccolo momento di festa e
scambio)
da dentro a fuori: alla scoperta del territorio attorno a me, e delle persone che lo abitano. INCONTRI n.4, n.5, n.7, n.8 (e se volete sempre incontro n.9 e n.10).
L’ INCONTRO TIPO
Come si diceva, la struttura di ciascun incontro segue grossomodo lo stesso schema.
Per ogni attività è indicata la durata approssimativa: come nelle ricette di cucina, il tempo è soggettivo, e dipende da tanti fattori. Non vi preoccupate se ci mettete di più, o se decidete di saltare delle
parti quando il tempo è tiranno.
La struttura prevede:
A
il gioco dei nomi
create un cerchio con gli allievi, in modo che ci si possa vedere tutti in faccia.
Tutte le attività che prevedono ascolto, scambio di opinioni
e racconti si svolgono preferibilmente in cerchio.
Il cerchio non è solo un luogo fisico: è una forma di relazione cooperativa e circolare, in cui è facilitato il coinvolgimento
di tutti i bambini e l’espressione di voci e pensieri in forma dialogica.
Il gioco è semplice: ciascuno dice il proprio nome uno per volta, seguendo l’ordine del cerchio, e
vi aggiunge qualcosa, un gesto o una frase. In ogni incontro
sono suggerite alcune varianti, riguardanti i temi che si tratteranno durante l’incontro.
Lo scopo del gioco è quello di costruire un rituale che segni
l’inizio ludico degli incontri, sempre uguale ma anche un po’
diverso, che contribuisca a riscaldare il “clima” e mettere
tutti a proprio agio.
B
la storia di A e O
È il momento della narrazione e dell’ascolto della “puntata” del racconto di A e O (i personaggi guida). Ogni puntata descrive un momento particolare della loro giornata, partendo dalla sera e facendo
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“il giro dell’orologio” fino alla notte successiva.
Il racconto coinvolge i bambini in modo immediato, ne cattura la curiosità, e costruisce le premesse
per introdurre il tema dell’incontro e le attività che si propongono. Attraverso il racconto presentiamo
temi della vita quotidiana, ma non abbiamo la stessa pressante urgenza di risolverli che nel mondo
esterno; i personaggi ci assomigliano ma non sono “noi”, e così creiamo uno spazio privilegiato
e rituale dove, date alcune regole comuni, possiamo pensare, immaginare, emozionarci, cambiare
qualcosa.
C
giochi, esplorazioni o attività
Si tratta di esperienze attraverso le quali i bambini raccolgono materiale, osservano scenari, esprimono punti di vista e raccontano sempre qualcosa di sé.
E’ importante sottolineare che questi giochi non hanno vincitore e sconfitto, che tutti possono partecipare e che nulla di ciò che sarà detto o prodotto nel corso degli incontri sarà “giusto” o “sbagliato”: è importante che i bambini possano parlare apertamente, senza paura di essere giudicati.
Le attività ed i giochi possono essere:
- giochi di “riscaldamento”:
sono attività che servono alla costruzione del clima di gruppo, a prendere confidenza con se stessi e
con gli altri, finalizzate al “risveglio” del corpo, della voce e dell’espressività, in modo da preparare il
terreno alle altre esperienze di gioco e condivisione
- giochi teatrali:
sono giochi di vera e propria MIMESI, laddove il noto dispositivo “facciamo finta di..” creerà le premesse per costruire rappresentazioni fittizie, nel senso di simulate e costruite da noi, della realtà,
improvvisando battute e scenografie che condurranno bambini e insegnanti nei panni dei compagni,
di un vicino, di un signore di tanti anni fa, della nonna, del vigile urbano, e magari anche di un semaforo, di una panchina..
- attività tematiche:
ogni incontro, prendendo spunto dalla storia di A e O, si snoda attorno ad un tema principale. In alcuni incontri tale tema viene esplorato attraverso un’unica attività che occupa, a parte i rituali saluti di
inizio e fine incontro, tutto il tempo a disposizione.
D
le conclusioni
La lettura, il gioco, le attività non sono che occasioni dalle quali partire per far germogliare pensieri,
immaginare ipotesi esplicative di ciò che si è visto, esplorato, assaggiato, raccogliere interrogativi,
ascoltare esperienze. Per questo riteniamo che alla fine di ogni incontro sia fondamentale ricreare il
cerchio e dare ai partecipanti la possibilità di dialogare e “fare il punto” sull’esperienza fatta.
Per dare a tutti la possibilità di esprimersi, e di ascoltare, è opportuno costruire un contesto protetto, in cui, attraverso l’osservazione di qualche semplice regola, sia data la giusta importanza alla
parola di ognuno, bambino o conduttore. Potete negoziare insieme queste regole, oppure ribadire
voi all’inizio degli incontri quelle che usate di solito nelle situazioni di discussione e condivisione.
Le due regole importanti da ricordare ancora una volta sono: parlare uno per volta e non commentare, né prendere in giro, quando qualcuno parla o racconta di sé.
E se le voci non si placano, e la classe non riesce a restare in ascolto attento? Provate con il gioco
del tre: fate un tre con la mano alzata e stabilite che, quando lo fate, tutti devono imitare questo
gesto stando in silenzio. Il tre diventerà due, poi uno, poi zero solo quando il silenzio sarà completo. Ci vuole un po’ di tempo e di pazienza, ma se usato con moderazione, funziona!
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La guida adulta conduce i bambini facendo domande, promuovendo l’ascolto reciproco e dando
alcune ipotesi di lettura. L’obiettivo non è quello di trovare necessariamente un punto fermo valido
una volta per tutte, ma provare a trovare soluzioni e chiavi di lettura per le questioni emerse durante
l’incontro.
E
il saluto finale
È importante cercare un modo speciale di congedarsi, che si ripete ogni volta e che segna il termine
del tempo dedicato al nostro tema. Si segna così il confine dell’attività di quel giorno, ma si rimanda
alla possibilità di continuare “il viaggio”.
I bambini hanno bisogno di riti. Anche se non sono più così piccoli da aver bisogno della favola
sempre uguale che li conduca nel mondo della notte, il rito accompagna i momenti importanti
della quotidianità, dà sicurezza e protezione quando vengono meno le coordinate abituali, dà conferme alla propria identità e al legame con chi fa parte della loro vita.
Così, come ci ricorda la volpe ne “Il piccolo principe”, il laboratorio sarà ancora più speciale se
verrà sempre alla stessa ora, nello stesso giorno della settimana, magari in uno spazio dedicato,
diverso dall’aula di lezione, uno spazio più ampio e accogliente, o semplicemente nell’aula, che
si renderà diversa, spostando banchi e sedie e ricavando uno spazio libero in cui sedersi tutti in
cerchio.
Quindi, inventate il saluto come preferite: ad esempio, ritornati in cerchio, potete prendervi tutti per
mano e declamare una piccola filastrocca.
“ciccia ciccia bau bau per questa volta ci diciamo ciao”
oppure “guardo avanti e guardo intorno, continuiamo un altro giorno”
oppure “stendo le dita, apro le mani, ci salutiamo e vediamo domani”.
Alcuni “trucchi” del conduttore.
Gli esercizi e le tecniche che stanno alla base delle attività proposte in questo kit - adattate ad hoc per i bambini- derivano dalla scuola per “diventare
attore” che molta diffusione ha avuto in Italia a partire dagli anni 60, e sono
utilizzate anche nella formazione relativa a professioni come quella dell’animatore e l’educatore professionale.
Ecco alcuni consigli di base da usare, se volete, durante gli incontri:
- a seconda del momento, potete scegliere se condurre il cerchio “dal di
dentro” o “dal di fuori”. Stando all’interno, vi troverete nella stessa posizione dei bambini, e ciò vi consentirà di mettervi in gioco, in modo diretto e
giocoso (ad esempio durante il gioco dei nomi e durante il saluto finale).
In altri momenti potrete invece portarvi in una posizione più marginale, sia
per quanto riguarda la posizione che l’atteggiamento, e lasciar svolgere le
attività solo ai bambini;
- per tenere viva l’attenzione potete provare a gestire con teatralità la vostra
voce e la vostra presenza. Si può variare il tono, il volume e l’andamento
ritmico a seconda delle “tinteggiature” emotive dei diversi momenti. Se vi
piace questo “gioco” potrebbe essere particolarmente utile nella lettura del
racconto.
Potete inoltre provare a animare le attività costruendo dei personaggi, delle
“maschere”, legate ad alcune particolari attività. Basta un piccolo dettaglio:
un accessorio nell’abbigliamento, un accento nel parlare, ed ecco compa-
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rire davanti ai bambini un personaggio. Ad esempio, mettendo dei guanti
speciali per maneggiare il sacco con gli incubi (incontro 1), potrete diventare lo scienziato esperto nelle paure della notte, oppure indossando un grembiule da cucina e parlando con l’ accento francese nel gioco degli assaggi
bendati (incontro 3) potrete diventare lo chef delle ricette impossibili.
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PARTE B
LA GIORNATA
DI A E O
A e O abitano in una casa di questo quartiere, in questa città, con mamma, papà e i loro tre cani Ossobuco, Ragù e Polpetta. Li seguiamo in una delle loro giornate, cominciando dalla notte.
il mondo di A e O
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LA NOTTE
ore 22.00
pagina 1
della giornata di A e O
il buio , le paure e i brutti sogni...
la notte, regno dei sogni, ma anche degli incubi.
Cosa succede quando ci si ritrova soli, nel letto, la sera,
e le ombre prendono forma, e ogni rumore annuncia
ospiti spaventosi?
ore 22.00, pagina 1 della giornata di A e O
LA NOTTE
il buio, le paure e i brutti sogni...
qual è l’obiettivo?
Questa prima puntata del laboratorio mira a introdurre il tema del percorso e creare il contesto di confidenza e fiducia nel quale sviluppare le varie attività. Vengono presentate la storia e i due personaggi
che guideranno la classe e, attraverso la narrazione, si entra nella giornata dei bambini, partendo dalle
atmosfere della notte, con i suoi sogni e i suoi “pensieri paurosi”…
Le paure, da quelle più fantastiche a quelle più reali, si fanno presenti attraverso i piccoli racconti dei
bambini che, guidati dagli adulti, ne faranno gioco e musica, strumenti leggeri per fronteggiare incubi
e tremori.
quali sono le attività?
introduzione
5
minuti
il gioco dei nomi
5
minuti
il racconto, A e O e il polpo gigante
15
minuti
l’altra notte ho sognato
20
minuti
il cartellone degli incubi
20
minuti
le rime degli incubi
10
minuti
concludiamo
15
minuti
5
minuti
ci salutiamo
uno: introduzione
Nel caso aveste deciso di non anticipare nulla, e quindi non aveste ancora presentato alla classe il
percorso dei laboratori, potete farlo ora, giusto prima dell’”inizio ufficiale”. Ci si può sedere in cerchio, così si è già pronti per il gioco dei nomi.
due: il gioco dei nomi
tempo: 5 minuti
È la prima volta che si fa questo gioco: lo si può inaugurare facendo più giri del cerchio, il primo dicendo il proprio nome normalmente, il secondo il più velocemente possibile e il terzo il più
lentamente possibile. (Aaaaa.....leeees...sssss......ssaaaa......nnnnn.........drooooooooo.....Teeee.....
reeeee.......sssss…aaaa.......)
…tenete conto che in versione completa può prendere un po’ di tempo!
tre: il racconto, A e O e il polpo gigante
tempo: 15 minuti
cosa serve: una candela, oppure una lanterna, oppure una piccola lampada da comodino.
svolgimento: la storia di A e O comincia in piena notte. Se lo spazio in cui siete ve lo permette,
provate a creare un’atmosfera “notturna”, oscurando la stanza e mettendo al centro del cerchio la
candela (o lanterna o lampada). È importante ricordare ai bambini che la storia verrà raccontata una
puntata per volta, in questo modo si prepareranno alla ritualità ed al gusto dell’attesa in vista dell’epi-
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sodio successivo.
Se preferite, per entrare ancora di più nel clima, potete farli sdraiare, far loro chiudere gli occhi e
immaginare di essere a letto.
Leggere sussurrando un po’ potrebbe adattarsi bene all’atmosfera.
Vi racconterò ora le meravigliose avventure di due simpatici fratelli.
Il loro nome per ora è segreto e non si può dire. Dunque noi li chiameremo,
“segretamente”, A e O.
A e O abitano con mamma e papà in una casa, fatta come tutte le case: un
WHWWRSHUFKpQRQFLSLRYDGHQWURXQDSRUWDSHUSRWHUFLHQWUDUHEHOOH¿QHstre per lasciare che il sole si affacci di giorno e la luna si affacci di notte.
Cucina, bagno e camere: per mangiare, lavarsi, fare i bisognini e dormire.
A e O amano la loro casa. A loro piace perché dentro casa si sentono
come topini in una tana, come principi in un castello, come piselli dentro
un baccello.
E’ calata la sera… A e O sono nel letto ma non dormono ancora. Una picFRODOXFHqDFFHVDVXOFRPRGLQR&RQOHFRSHUWHWLUDWHVX¿QRDJOLRFFKL$
e O mandano un ultimo saluto alla luna.
“Chissà che freddo avrà lassù tutta sola nel buio” …E a quelle parole sprofondano sotto le coperte.
- Anche qui è buio, ma che bel tepore…
- Non ti vedo A.
- Nemmeno io O.
- E’ molto buio…non è che siamo scesi troppo in fondo?
- Temo di si. Mi sembra una…una pancia. E’ morbida e calda come una
grande pancia…
- E’ la pancia del sonno…sento dei rumori dei fruscii che arrivano da sotto,
da laggiù…ho paura! Presto risaliamo prima di essere ingoiati per sempre
$KODOXFH¿QDOPHQWH
A e O come tutti i bambini a volte hanno paura del buio...
- Come è bella e rassicurante la piccola luce azzurra sul comodino, vero
O?
- Si, la stanza sembra un grande mare azzurro e noi qui sdraiati sulla nostra piccola barca…
- Sai O, se chiudo gli occhi la barchetta si muove…
Infatti O ha afferrato la luce azzurra e la sta sistemando proprio in mezzo
ai due cuscini.
- Guarda O il mare che si muove intorno a noi… Ci saranno anche i pesci
vero O? Io ho paura dei pesci grossi e anche di quelli con la faccia strana.
Accidenti, laggiù ne arriva proprio uno… no, non è un pesce è un polpo…
vedo la sua ombra nera e minacciosa. Si fa sempre più grande, è un polpo
gigante…Ha cinque tentacoli mostruosi e ci prende!
La mano di O spegne la piccola luce e la stanza precipita nel buio . Un buio
nero.
- Siamo sottacqua O ? Forse il polpo ci ha ingoiato?
- No siamo nella stiva di una nave…
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- Un galeone direi…
- Credo di sì, prima che il polpo ci ingoiasse, dal galeone ci hanno pescato
e gettato come sardine nella stiva…
- Credo un galeone pirata…
Sotto la porta della stanza di A e O, c’è una fessura. Ora da quella fessura
giunge una lama di luce gialla. Si sentono dei passi che si avvicinano.
- O, sta arrivando qualcuno…
Improvvisamente la porta si spalanca e un fascio di luce abbagliante inonda la stanza. Una sagoma nera avanza facendosi ad ogni passo sempre
più grande…
- Non ci avrai, terribile pirata!
Tra grida e strepiti A e O gli lanciano in faccia violente bordate di cuscini.
La sagoma nera, colpita al viso, barcolla un attimo e cade all’indietro.
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3ULPDFKHDUULYLODPLDUDI¿FDPDGLVFDSSHOORWWLPHWWHYLVRWWROHFRSHUWH
e silenzio!
- Mamma!
- Non voglio più sentire i vostri strilli. E’ ora di dormire.
- Scusa mamma, è che questa è l’ora dei sogni…
- Bravi, è l’ora dei sogni e allora forza, nel mondo dei sogni, ma ad occhi
chiusi.
- Mamma, lascia la luce accesa per favore, il buio porta tante paure…
- Accenderò questa lucina tenue e colorata e vi canterò una canzone.
- E anche una bella storia.
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- Nient’altro?
La mamma sussurra piano una antica storia. A tratti, quasi sottovoce, un
po’ canta e un po’ racconta. A e O cullati dalla dolce voce, scivolano senza
paura nei più bei sogni della notte.
Volendo si può prolungare l’atmosfera della notte e rimanere sdraiati (o sdraiarsi se non lo si era)
anche per l’attività che segue.
quattro: l’altra notte ho sognato
tempo: 20 minuti
obiettivi: questo gioco serve a raccogliere i primi racconti dei bambini su situazioni di difficoltà e sulle parole usate
per descriverle e definirle, iniziando a
costruire un vocabolario comune.
Permette inoltre ai bambini d’identificarsi con A e O e di familiarizzare con i due
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personaggi, che nel racconto hanno fatto le stesse cose che vengono ora proposte loro.
cosa serve: un foglio ed una penna o una matita per ciascun bambino, una busta “speciale” per
custodire gli incubi. Al termine di questo gioco la busta sarà piena di “incubi”, deve quindi essere
adatta a tale contenuto. Scegliete una busta nera come la notte, o una busta trasparente che consenta
di vedere gli incubi e tenerli sotto controllo, oppure un sacco di juta molto resistente…, va bene
qualsiasi cosa, basta sottolinearne il carattere speciale quando la si estrarrà per riempirla.
svolgimento: che si sia sdraiati o seduti, provate a riportare di nuovo l’attenzione sull’atmosfera
notturna. Chiedete ai bambini di chiudere gli occhi, concentrarsi e immaginare di essere sotto le
coperte del loro letto; chiedete loro di prestare attenzione alle sensazioni (caldo, freddo, materasso
duro oppure morbido –anche se in questo momento sono sul pavimento…-) e alle emozioni che li
accompagnano normalmente nel momento di addormentarsi, siano esse piacevoli o, a volte, un po’
spiacevoli o preoccupanti. Spiegate che farete alcune domande e che, stando in silenzio, chi vorrà
parlare dovrà alzare la mano, per non turbare il piacevole sonno altrui. Voi darete la parola, toccando
la mano o sussurrando il nome del bambino. Gli altri rimarranno sdraiati ad ascoltare. Se la cosa non
funziona perché il clima è agitato, si può tornare a mettersi in cerchio, in piedi o seduti e continuare
così. Le domande sono:
“Vi è mai capitato di fare un sogno bello?”
“Vi è mai capitato di fare un sogno brutto?”
Si parte dai sogni belli per entrare gradualmente in un clima confidenziale che consenta poi di raccontare anche i sogni brutti e le proprie paure. Scegliete voi quanto spazio dare all’uno o all’altro
tema, a seconda di quanto tranquilli appaiono i bambini. Dopo aver raccolto alcuni racconti, portate
la situazione fuori dal clima della notte accendendo le luci, spegnendo la candela/lanterna/lampada e
chiedendo ai bambini di alzarsi piano piano, come se fossero davvero appena svegli.
Chiedete loro di rimanere ancora in silenzio, per non fare scappare l’atmosfera piacevole del sonno e
del sogno, e di trattenere nelle mente i sogni belli e brutti che hanno appena richiamato alla memoria.
Divideteli a coppie, distribuite carta e penna, e chiedete loro di raccontare al proprio compagno, nell’orecchio, un proprio sogno brutto, e poi di fare cambio. Ogni ascoltatore dovrà scrivere sul foglietto
una o due parole della storia del compagno che lo hanno maggiormente colpito (ad esempio: burrone, mostro verde, indifferenza, squalo…). Una volta che tutti hanno terminato di raccontare e scrivere
le parole-incubo, i foglietti vengono piegati e messi nella busta “speciale”. Si può teatralizzare un
po’ l’operazione: la busta è ora piena di incubi, che messi tutti insieme costituiscono un contenuto
impegnativo! Va quindi sigillata e maneggiata con cautela…
cinque: il cartellone degli incubi
tempo: 20 minuti
obiettivi: l’obiettivo è quello di proseguire nella costruzione di un linguaggio comune per indagare
le paure. Vogliamo cercare modi leggeri per nominare ciò che ci rende insicuri. Vogliamo inoltre sperimentare il canale di confronto con gli altri –compagni e insegnanti- e di creatività “collettiva” che
possono dare forza e valore di “conforto” a questo stesso linguaggio condiviso.
cosa serve: la busta degli incubi, un cartellone, pennarelli grandi colorati, puntine o nastro adesivo
per appendere il cartellone alla parete.
svolgimento: come prima cosa fissate il cartellone alla parete, poi sedetevi in modo da poter parlare
fra voi tenendolo d’occhio. Una persona –bambino o insegnante- si mette a fianco del cartellone
pronta a scrivere. Si passa ora a leggere i biglietti con le parole-incubo. Se volete, continuate con
la scena precedente: potete fingere che -dato il contenuto- la busta puzzi ogni volta che la aprite,
ed allontanare il viso quando prendete i biglietti per poi aprirli piano piano come se fossero davvero
puzzolenti. Oppure potete indossare dei guanti speciali (veri o “invisibili”), fatti apposta per poter ma-
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neggiare gli incubi. Estraete un biglietto alla volta, leggete ad alta voce la parola-incubo (o le parole)
e scrivetela sul cartellone, magari in ordine sparso. Quando avrete terminato rimettete tutti i biglietti
nella busta e sigillatela di nuovo per bene (così gli incubi non potranno sfuggire…).
NB: neutralizziamo gli incubi: siamo rimasti con un sacco pieno di brutti sogni. Se volete, potete inventare insieme ai bambini un’azione “neutralizzante”: ad esempio potete metterli sull’ultimo
ripiano dell’armadio di classe e chiuderlo a chiave, oppure fare un buco in cortile e sotterrarli sotto
un albero forte e potente che li tenga a bada...
sei: le rime degli incubi
tempo: 10 minuti
obiettivi: l’attività proposta porta verso la chiusura dell’incontro in modo positivo, lasciando spazio
alle proposte per esorcizzare le paure.
cosa serve: il cartellone degli incubi, se si vuole foglio e penna per scrivere (basta anche un foglio
solo e qualcuno scrive per tutti).
svolgimento: è ora necessario trovare un antidoto, cioè alcune parole di salvataggio, che facciano
passare un po’ la paura, magari perché sono divertenti e ci fanno sorridere di ciò che prima ci ha
intimorito. Seduti davanti al cartellone degli incubi, chiedete ai bambini di osservare le parole-incubo
e provare a pensare a quali potrebbero essere le parole-antidoto, possibilmente in rima.
Magari inventate voi stessi una prima parola di salvataggio. Ad esempio la parola “burrone” può essere neutralizzata dalla parola “panettone”, “palude” da “Gertrude”, “fantasma” da “asma”…
A questo punto si può provare a comporre una rima intera:
“cado nel burrone ma atterro su un panettone!”
oppure
“arriva il mostro della palude... ah no, è solo la zia Gertrude”
oppure ancora
“calmati fantasma: ti stai facendo venire l’asma”
Chi vuole può proporre una rima. Se volete trascrivetele (soprattutto se pensate di comporre poi l’intera filastrocca –vedi attività “la filastrocca degli incubi”).
sette: concludiamo
tempo: 15 minuti
In questo primo incontro abbiamo fatto un’immersione nel mondo della notte, dei sogni e delle paure.
Proviamo ora a ripensarci e a capire insieme perché. Ecco alcune domande per avviare la discussione:
“secondo voi perché abbiamo parlato di incubi?”,
“cosa avete provato nel raccontarli al vostro compagno/a?”,
“a cosa serve secondo voi raccontare un brutto sogno o una paura?”
Raccogliete e discutete insieme le opinioni dei bambini (date un’occhiata al box sogni e incubi: paure
del giorno e della notte).
otto: ci salutiamo
tempo: 5 minuti
Siamo arrivati alla chiusura del primo incontro: se non l’avete già fatto prima, è il momento di inventare il saluto rituale. Ovviamente non è obbligatorio, ma può essere un modo simpatico per segnare la
fine dell’attività e passare ad altro. Se volete mettevi in cerchio e prendetevi per mano, e pronunciate
tutti insieme la filastrocca di chiusura, ad esempio: “guardo avanti e guardo intorno, continuiamo un
altro giorno!”
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sogni e incubi: paure del giorno e della notte
Tutti quanti ogni tanto hanno paura. E’ un’emozione di difesa che si prova
fin da piccoli, come reazione sia ad eventi concreti che ad elaborazioni fantastiche del nostro mondo interiore. Quando si è bambini la paura spesso è
legata ad elementi irrazionali: il buio, la strega, i fantasmi. Man mano che
si cresce diventa più complessa, e può essere connessa anche ad aspetti
della vita relazionale e sociale. La paura è un’emozione che accompagna
qualunque bambino nel suo percorso di crescita e di scoperta del mondo e
di sé. I bambini costruiscono con il passare del tempo strategie e competenze per poter fronteggiare i loro timori, contenerli e superarli: imparano
che fantasmi e mostri non sono reali, che il temporale è un evento naturale,
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che i genitori vanno a lavorare ma poi ritornano, che sanno far fronte alle
difficoltà legate al mondo della scuola, e così via.. Imparano anche che la
paura è un’emozione importante perché segnala un pericolo e ci consiglia di
metterci al riparo, di fare attenzione: così anche se so che il temporale non
è un pericolo assoluto, starò attento a non stare bagnato sotto un albero, se
sono in casa da solo non aprirò la porta a chiunque suoni il campanello, se
sono in un luogo buio cercherò una fonte di luce.
Eventi esterni poi, come un momento di crisi familiare, la nascita di un
fratellino, il trasferimento in una nuova scuola, possono far emergere nuove
paure o riproporre paure che sembravano superate.
Nel percorso di crescita dei bambini è fondamentale il ruolo degli adulti,
genitori e educatori: sostenere, ascoltare e accogliere le paure dei bambini è
indispensabile perché loro possano riconoscerle, elaborarle, superarle. Non
possiamo chiedere loro di eliminare la paura, neanche noi adulti ci riusciamo! Le paure dei bambini non vanno derise o sminuite, quale che sia la loro
origine e manifestazione: per poterne parlare, e trovare delle strategie per
farvi fronte, devono poter trovare un adulto in grado di fornire prima di tutto
ascolto, senza sentirsi giudicati, e quindi anche rassicurazione. La paura
infine è anche un po’ contagiosa: facciamo attenzione alle nostre reazioni
per evitare di influenzarli con i nostri timori e le nostre affermazioni. Se è
dunque naturale voler tutelare i bambini, ciò non vuol dire sopprimerne le
spinte esplorative e l’essenziale caratteristica di libertà e sperimentazione.
29
le filastrocche dei bambini di Casale, Torino e Trecate
i bambini delle tre classi pilota hanno sperimentato la composizione delle
rime degli incubi, ecco le loro filastrocche:
D A I L A B O R AT O R I P I LO T A
Gli incubi ci fan paura, ma finalmente abbiam trovato la cura!!
Nella notte mi addormento
ma la mente è sempre in movimento.
Nel buio penso a cose brutte e spaventose
che di giorno mi sembrano ancor più paurose.
Uomini senza testa, streghe, vomito puzzolente e ghigliottina
mi sveglio urlando sudato e la mamma mi propina un’aspirina!
Mi giro e mi rigiro nel mio lettino
vedo ombre, facce e un… mostro birichino
Mi nascondo sotto il piumone
perché sono un gran fifone!
Ma una sera mi faccio coraggio
e decido di diventare più saggio!
Mi armo di forza e tatuaggio
ed ecco incomincio il mio viaggio…
Subito incontro un’anima che mi prende
ma io gli strappo un dente
Ad una macchina incendiata
per rinfrescarsi gli offro una limonata
Ops! Son caduto in un burrone
per fortuna atterro su un enorme panettone
Ma non basta, ora precipito da un palazzo
per salvarmi mi mangio un paninazzo,
mi spingono dal diciassettesimo piano
il tutto è ammortizzato da un divano!
Il lupo mannaro non mi fa più paura
perché è una grande seccatura
Allora gli do un bel pugno
così almeno non rugno!
Aiuto, vedo uno squalo che mi vuole acchiappare
contro uno scoglio lo faccio schiantare
sul muso gli cresce un bernoccolo
per curarsi mangia un broccolo!
L’uccello vampiro
dorme come un ghiro
Ma quando si è svegliato
un calcio gli ho tirato
così si è riaddormentato.
Incontro anche un fantasma
affetto da asma
Ogni volta che appariva
quasi sempre starnutiva!
Sento un sibilo: arriva un’ascia insanguinata
mmmm….forse è marmellata!
Affrontare la paura
è la cosa più dura!
Ma è stata una grande avventura
ed anche se sono un po’ mingherlino
mi considero un …. SUPER-BAMBINO!!!
Classe V A, scuola Don Milani, Trecate
30
Filastrocca degli incubi svaniti
A volte mentre dormo fan capolino
strani sogni nel mio testolino:
mostri, zombi, coccodrilli...
con denti aguzzi come spilli...
Scarafaggi giganti, coltelli, leoni sbrana bambini...
mamma mia batto i dentini!!
Le maestre che mangiano le mani...
chissà se mi viene da scappare al vederle domani!
Un serpente, una strega e uno spaccatutto... attenzione,
ora mi butto!
E ancora un lupo che mangia i bambini
come stuzzichini!!
Mamma mia che spavento,
voglio svegliarmi e dimenticare questo tormento...
ecco, apro gli occhi e vedo la mamma
che mi sorride,
mi bacia e
mi dice: “buon giorno”...
e adesso brutto sogno
levati di torno!!
Classe IV B, scuola San Paolo, Casale Monferrato
Filastrocca incubale
Nella palude puzzolente
c’è un orco sorridente.
C’è un falco che sorvola
e un mostro che fa una festicciola.
“Non ho voglia di spaventare”
Disse la palude, smettendo di parlare .
Se ci sono coccodrilli
li buttiamo giù come birilli:
chi ha paura dei coccodrilli,
se loro han paura dei grilli!
Quel falco che volava in aria
aveva l’aviaria;
era un falco cattivone,
ed è caduto nel burrone.
Arriva il drago sputafuoco:
più che spaventoso sei ridicolo…
Vai a nasconderti in un vicolo!
Il drago, con solo un dente,
è sempre sorridente
e non spaventa per niente .
Lo squalo è andato a sbattere contro un palo
così ha un dente piuttosto cadente.
Per magia lo squalo diventa umano
e gli si infiamma il deretano…
È stata la strega: strega stregaccia,
ai bambini non dar la caccia!
E la strega, ottusa,
si è nascosta in una cambusa.
Ma che puzza di vulcano,
meglio starci lontano:
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vulcano fatto a imbuto
spegniti in un minuto!
Ne esce un diavolo con la chitarra
che va a sbattere contro una sbarra:
diavoletto chitarrista,
sei proprio un musicista!
Ecco la mummia fasciata dalle bende,
ma di fronte a Dracula si arrende:
è tutta imbalsamata e nella bara va buttata.
Calmati fantasma:
ti stai facendo venire l’asma!
Se mi fai tanti “buu”
io ti faccio un bel “cucù”!
E il fantasma imbianchino
fa una pausa con un panino…
Ma l’alien che vien da Marte
è un po’ buffo e sta in disparte:
oh alieno verdastro,
vieni che ti incastro.
Ma tu ti rifugi su un astro,
ti fai paura da solo
e diventi piccolo come un fagiolo.
Se l’alieno è dispettoso
non è più tanto spaventoso!
Ringhiano i lupi: eh lupi lupetti
siete proprio dei cagnetti!!!
Gli scarafaggi sul cuscino
anno il solletico al mattino
Basta prendere un frustino
e risolvi il problemino!
E se c’è un allarme nella scuola
usciamo senza dire una parola.
E se prendo insufficiente?
Non ci posso fare niente:
lo trasformerò in eccellente !
È molto brutta la guerra:
deve sparire dalla terra!
E le mani insanguinate
sarà meglio che siano lavate…
Che buona la prigione:
è fatta di torrone!
Quindi l’impiccato
è stato solo sfortunato…
perché se lotti contro la morte
vinci la sorte!
Classe IV B, scuola Margherita di Savoia, Torino
32
IL RISVEGLIO
ore 7.00
pagina 2
della giornata di A e O
arriva la luce, mi sveglio, chi sono?
al mattino le paure se ne vanno e una nuova giornata
prende vita. Incontriamo gli altri in un’atmosfera diversa:
luce, parole, sguardi…cosa ci porta questo incontro con
gli altri e con la nostra giornata?
ore 7.00, pagina 2 della giornata di A e O
IL RISVEGLIO
arriva la luce, mi sveglio, chi sono?
qual è l’obiettivo?
La seconda puntata del percorso si propone di esplorare la dimensione della relazione con l’Altro, sia
esso il compagno di scuola, il familiare, il passante.
In particolare verranno esplorate sia le esperienze positive di incontro con le altre persone sia quelle
un po’ più “difficili”, e le emozioni ad esse legate, provando a rintracciare strategie per leggerle e
gestirle. Il vocabolario comune si amplia pertanto passando dalla dimensione soggettiva del primo
incontro alla dimensione della relazione: quali sensazioni, piacevoli, rassicuranti, di rabbia o paura,
legate al contatto con l’Altro, abbiamo sperimentato?
quali sono le attività?
il gioco dei nomi
5
minuti
il racconto, A e O nel bozzolo del mattino
15
minuti
apro un occhio, stiro il ginocchio
10
minuti
le azioni del mattino
15
minuti
il gioco della fiducia
10
minuti
concludiamo
15
minuti
ci salutiamo
15
minuti
uno: il gioco dei nomi
tempo: 5 minuti
Formate un cerchio con i bambini. In questa “puntata” le attività mirano a metterci in contatto con gli
altri e a farci scoprire qualcosa di nuovo dei compagni di classe. Si può quindi usare il gioco dei nomi
per rivelare piccole informazioni su noi stessi: la data di nascita o il numero di piede, la prima cosa
che vediamo aprendo gli occhi al mattino, la nostra stanza preferita della casa …sceglietene una fra
queste o inventatene una migliore.
due: il racconto, A e O nel bozzolo del mattino
tempo: 15 minuti
Ricreate la situazione della volta precedente, il silenzio e l’attenzione per il racconto. Tutti seduti,
comincia la seconda puntata del racconto di A e O:
Vi ricordate dove abbiamo lasciato A e O?
Erano sul punto di addormentarsi. Nella loro stanzetta, sotto le coperte,
coccolati dalla voce della mamma che raccontava loro una storia.
Sul comodino avevano una piccola luce colorata…
E ora?
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sotto le coperte. Strizzano gli occhi per non veder la prima tenue luce
del giorno che comincia, anche nella stanza, a prendere il posto del buio
della notte. Hanno desiderio di un altro pizzico di sonno prima di alzarsi.
34
Eh si, non vogliono lasciarsi scappare l’ultimo sogno che è lì, lì sul punto
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accorciano, si raggomitolano….
Ma il sole, che non ha certo tempo da perdere con i sogni dei bambini,
visto il grande giro che ha da compiere per tutto il giorno, si alza senza indugio sopra le antenne dei palazzi e con la sua calda luce invade la strada,
i cortili e anche il campetto e sembra che dica ad ognuno e ad ogni cosa:
“su alzatevi è tardi, guardate me come sono già pimpante!”.
Infatti al sole non garbano i pigri e i dormiglioni. E quando vede una persiana che si attarda e non si apre al suo comparire, va su tutte le furie. Allora
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un buchino, una fessura di quella persiana e… bum, entra nella stanza.
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e infatti un piccolo suo raggio, bianco e sottile come un ditino birichino, si
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dei bimbi e ora sta picchiettando sulla punta del naso di A : “Svegliati piccolina…sono io, il Signore della luce…”
A strizza gli occhi, ma non riesce ancora ad aprirli.
“Deve essere mattino presto” pensa… E mentre pensa, si stira da cima a
fondo, buttando i piedini fuori dal letto e accompagnando il gesto con un
grande e rumoroso sbadiglio.
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voce che si ferma un attimo e subito si allontana, qualche passo frettoloso.
La giornata si sta mettendo in movimento.
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³0D FRV¶q"""´ QHO OHWWR DO VXR ¿DQFR DO SRVWR GHO IUDWHOOR F¶q XQR VWUDnissimo bozzolo. Un bozzolo gigante e bianco, illuminato da una spada
di luce. Ora si muove minaccioso, si allunga e si accorcia, si arrotola, si
torce…Deve essere un bruco gigante e mostruoso che si è pappato suo
fratello e ora, bello sazio, si sta trasformando in gigantesca farfalla…
A è paralizzata dalla paura e si copre il volto con le coperte.
Aspetta un attimo e sbircia di nuovo: adesso vede meglio.
Non è un bruco, è un essere avvolto da un lenzuolo…non si capisce dove
abbia la testa e dove i piedi…il suo corpo si muove molle e sinuoso.
Non succede spesso ma a volte capita… lo ha sentito raccontare anche
dagli adulti, e gli adulti non sono fantasiosi o bugiardi come i bambini…
quindi non raccontano frottole…
Succede che uno si sveglia e, tranquillo, crede che il mostro sia solo nel
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letto!
No, no, non facciamoci prendere dal panico, questo non è un mostro, i
mostri amano farsi veder proprio perché sono brutti, non usano lenzuola
bianche per nascondere il viso e il corpo…
Allora sarà?… Si, è proprio così, è una mummia…
”Una mummia nel mio letto! Io ho paura delle mummie” e A si rituffa sotto
le coperte.
35
“Forse non è una mummia, forse è un fantasma! Ma ho paura lo stesso”.
Con un sonoro sbadiglio, stirandosi goffamente e scalciando con i pieGL2PHWWH¿QDOPHQWHXQRFFKLRHXQFLXIIRVSHWWLQDWRGLFDSHOOLIXRULGDO
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sorella…
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risata.
Poi con un balzo tutti e due scendono dal letto. Adesso anche A è avvolta
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persiane.
La calda e impaziente luce del sole invade la stanza e trova i due bambini in piedi in bella posa davanti allo specchio: così avvolti nei lenzuoli
sembrano due graziose statue, di quelle che si incontrano ai crocicchi dei
sentieri, nei giardini delle ville o nei parchi pubblici.
Giocano nella luce del sole ad assumere le pose più leggiadre. Sono così
luminosi che sembrano addirittura due preziose statue romane.
A e O quindi, sempre con eleganza, si salutano facendo persino un inchino.
tre: apro un occhio, stiro il ginocchio
tempo: 10 minuti
obiettivi: lo scopo del gioco è di attivare e sensibilizzare il corpo,
aprirlo a maggiori capacità percettive di se stessi e dello spazio circostante, quindi alle emozioni e sensazioni.
svolgimento: i bambini sono in cerchio, in piedi. Fate loro immaginare di essersi appena svegliati
e fateli stiracchiare. Invitateli ad allungare bene le braccia, cominciando dalle spalle fino alla punta
delle dita, e poi le gambe. Possono ”stiracchiare” anche la voce, facendo prima dei piccoli versi,
poi sperimentando alcune parole. Invitate ciascuno a massaggiarsi il viso come se stesse facendo la
pasta, fatelo anche voi con loro, fate un po’ di smorfie e sciogliete i muscoli del viso, sarà piacevole
e divertente. A questo punto chiedete loro di immaginare di avere della tempera sull’alluce del piede
destro e di disegnare cerchi nell’aria come se fosse un foglio su cui disegnano, sollevando un poco
la gamba destra; chiedete che facciano prima cerchi piccoli (di modo che l’esercizio lavori sulle
caviglie) e poi più grandi (per far lavorare tutta la gamba).
L’esercizio si espande progressivamente a tutto il corpo per metterlo in movimento, chiedete quindi di
immaginare la tempera e di tracciare i cerchi nell’aria con tutte le parti del corpo, risalendo dal basso
verso l’alto: ginocchia, bacino, torace, spalle, gomiti, mani, punta del naso e testa. Se durante questo
esercizio ci si sente o si trovano gli altri buffi e si ride, tanto meglio, in questo modo si costruisce un
clima disteso e aperto per le attività che seguono.
quattro: le azioni del mattino
tempo: 15 minuti
obiettivi: utilizzare il linguaggio del corpo e quello della parola per creare un clima di confidenza e
consentire a ciascuno di conoscere aspetti nuovi dei compagni.
svolgimento: dividete i bambini a coppie. Fate loro prendere spazio in modo che ogni coppia ab-
36
bia la possibilità di muoversi con
agio. Stando in piedi, uno di fronte all’altro, immaginiamo di essere a casa, intenti a prepararci per
la giornata. Voi darete indicazione delle azioni da compiere, che
ogni bambino mimerà “sul” proprio compagno (ad esempio gli
laverà i denti). Quando direte “cambio” si daranno il cambio, e allo stop di fermeranno per ascoltare
la nuova indicazione.
Le azioni mattutine da mimare possono essere:
aprire l’acqua del rubinetto e lavare il viso del compagno (dopo qualche tempo date lo stop e fate
invertire i ruoli della coppia: chi ha lavato viene lavato)
asciugare il viso del compagno
lavare i denti
lavare le ascelle
lavare i piedi
mettere i calzini
mettere il gel/fare le trecce
allacciare i bottoni
……
Tra un’azione e l’altra potete anche infilare delle domande, che voi direte ad alta voce ma la cui risposta rimarrà all’interno della coppia: ogni bambino la sussurrerà all’orecchio del compagno.
Le domande possono essere:
a che ora ti svegli?
ti piace lavarti i denti?
quale delle cose che fai al mattino ti piace di più?
quale di meno?
quali sono i vestiti che ti piace di più mettere?
…………
Dopo aver giocato per una decina di minuti, annunciate che si chiude questo gioco con un’ultima
domanda speciale e segreta. Invece di dire la domanda ad alta voce, girate di coppia in coppia sussurrandola nell’orecchio di uno dei due bambini, che la rivolgerà all’altro (e viceversa).
Non è importante quale sia la domanda, ma il clima di “segretezza” e la condivisione di un’informazione. Potete sussurrare domande diverse oppure la stessa per tutti, il clima si creerà comunque. La
domanda segreta può essere “in che posizione dormi?”, oppure “sei mai caduto dal letto?”, oppure
ancora una cosa buffa del tipo “ti puzzano i piedi?”. Le risposte sono segretissime e non devono
assolutamente trapelare…
cinque: il gioco della fiducia
tempo: 10 minuti
obiettivi: provare il significato del “fidarsi di qualcuno”... quali sono le emozioni che sentiamo dentro di noi... come superare la diffidenza? Come si costruisce la fiducia? Con questo gioco si continua
a esplorare la dimensione della relazione con l’altro, provando a lasciarsi andare (metaforicamente
e di fatto!) e ad affidarsi al compagno. Chi prende ha la responsabilità di far sentire l’altro “in buone
mani”, mentre chi è preso sperimenta la propria capacità di fidarsi e di trovare negli altri dei punti di
riferimento nelle situazioni che da solo trova difficile affrontare.
37
svolgimento: tenendo le stesse coppie del gioco precedente, spiegate ai ragazzi che si andrà a
fare un esercizio un po’ più difficile. Il gioco consiste nel lasciarsi cadere in avanti tra le braccia del
compagno. Ci si mette uno di fronte all’altro e si decide chi si butterà per primo. Chi cade si sbilancia
in avanti, lasciando che sia l’altro ad afferrarlo. Non è una questione di peso né di forza ma di concentrazione ed equilibrio (se l’esercizio è fatto nel modo corretto un bambino minuto può riuscire a
prendere un bambino più robusto senza sforzo).
Le raccomandazioni da fare sono:
- chi si sbilancia deve tenere i piedi uniti e stare a circa 50 cm dal compagno, almeno per le prime
volte; man mano che si sente più sicuro può aumentare la distanza;
- chi riceve invece si deve mettere con un piede in avanti e spostare il peso in avanti, con le braccia
e lo sguardo diretti verso il compagno che arriva;
- è importantissimo guardarsi negli occhi per darsi il segnale di partenza e per capirsi; mai lasciarsi
andare senza essersi assicurati che chi ci deve prendere non sia distratto;
- chi si “butta” deve provare a lasciarsi andare poco per volta, quando se la sente;
- i ruoli (chi cade e chi prende) vanno variati spesso in modo da sperimentare entrambe le cose.
Quando vedete che l’esercizio comincia a funzionare e i bambini si lasciano cadere con facilità, potete
proporre alcune varianti, ad esempio buttarsi di spalle invece che frontalmente, oppure tenendo gli
occhi chiusi. Di solito i giochi di fiducia riscuotono un buon successo. Proponiamo quindi un altro
grande classico, da fare dopo il gioco precedente o magari in un altro momento.
I bambini sono sempre a coppie, uno ad occhi chiusi che si lascia condurre e l’altro che conduce.
Si tratta di muoversi nello spazio insieme, il bambino con gli occhi aperti guida e il compagno si
lascia guidare senza mai aprire gli occhi. Si può semplicemente muoversi nello spazio oppure avere
un obiettivo da raggiungere (ad esempio trovare un oggetto, oppure arrivare alla porta e aprirla…).
L’esercizio è progressivo, ad ogni fase corrisponde una maggiore abilità da raggiungere per guidare
il compagno da parte del bambino che conduce e una maggiore capacità di affidarsi da parte del
bambino guidato. Il primo giro si può fare tenendosi per mano. Il secondo senza mano ma guidando il
compagno attraverso piccoli colpi sulle spalle. Il terzo senza toccarsi del tutto, dando indicazioni solo
con la voce. Può muoversi una sola coppia per volta, oppure tutte le coppie contemporaneamente
(che aumenta il numero di ostacoli da evitare!!!).
sei: concludiamo
tempo: 15 minuti
Sedete di nuovo in cerchio e riportate il clima alla calma.
Provate a chiedere ai bambini come si sentono, e a lasciare spazio per delle considerazioni spontanee
se ce ne sono. Poi provate a chiedere se immaginano quali siano le motivazioni delle attività di quel
giorno.
Si può partire dall’ultimo gioco, con alcune domande di questo tipo:
“ti è piaciuto di più buttarti o prendere?”
“trovavi più facile buttarsi ad occhi aperti o chiusi?”
“come sono cambiate le tue sensazioni (paura?/divertimento?) dalla prima all’ultima volta in cui hai
fatto il gioco?”
Raccogliete alcune risposte e portateli a riflettere sulla fiducia e sulla condivisione e su come questi
due elementi possano cambiare il loro comportamento e le loro sensazioni.
sette: ci salutiamo
tempo: 5 minuti
chiudete l’incontro con la frase di rito: “guardo avanti e guardo intorno, continuiamo un altro giorno!”
38
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noi e gli altri: vicinanza, confidenza e fiducia nelle relazioni
Strettamente legata al tema delle paure è la questione della fiducia. Un
bambino appena nato sperimenta la fiducia attraverso la vicinanza e il
contatto con la mamma: questo costituisce la prima esperienza che fa
di sé insieme a un Altro e costituisce la base su cui costruirà le sue relazioni future. Le paure arriveranno solo in un secondo tempo, dapprima
quella di separarsi da chi si prende cura di lui, e in seguito la paura
dell’estraneo.
Ma se è vero che all’inizio il bambino ha bisogno più di ogni altra cosa
dell’amore dei suoi genitori per essere felice, man mano che cresce,
e con lui crescono curiosità, capacità e bisogni, diventa fondamentale
avere altri bambini con cui passare del tempo, giocare, mettersi alla
prova.
Per imparare a vivere con gli altri, a rispettarli e farmi rispettare, a gestire i miei litigi, ad interiorizzare le norme che regolano la vita sociale,
a sperimentare relazioni affettivamente coinvolgenti devo poterne fare
UN
A
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FL
ES
O
SI
N
E
SU
esperienza, e se sono un bambino, questo significa soprattutto poter
giocare con altri bambini, liberamente.
Questo costituisce un’esperienza cardine nell’evoluzione di una persona, non solo perché contribuisce a far crescere pensieri e strategie di
comunicazione, ma anche perché insegna a muoversi in un gruppo, ad
affrontare le proprie insicurezze, a fare esperienze di amicizia e solidarietà. Una bambina di una scuola materna di Reggio Emilia dice: “Per
essere felici bisogna essere in due o in tre” (da Francesco Tonucci, “Se
i bambini dicono: adesso basta”, 2002, Gius. Laterza & figli), e così ci
dice tanto di quello che abbiamo bisogno di capire su ciò che un bambino desidera per crescere.
E allora noi adulti cosa possiamo fare? Essere figure di riferimento: i
bambini hanno bisogno del nostro affetto e del nostro esempio, solo
così possono esplorare il mondo e chi vi abita con la sicurezza di poter
tornare a casa tornare quando si sbucciano un ginocchio, quando non
sanno che strada percorrere, quando un litigio li ferisce.
39
AeO
i bambini delle tre classi pilota hanno disegnato A e O e scelto per loro dei
D A I L A B O R AT O R I P I LO T A
nomi:
40
Profondo
LA COLAZIONE
ore 7.45
pagina 3
della giornata di A e O
un assaggio di “mondi“ sconosciuti:
sensi, sensazioni, esplorazioni
è arrivato il momento della colazione. Cosa troveranno
stamattina A e O nella tazza? Spesso sono proprio le cose
che non conosciamo a fare paura. Come facciamo per
avvicinarle? E se poi ci piacessero?
ore 7.45, pagina 3 della giornata di A e O
LA COLAZIONE
un assaggio di “mondi“ sconosciuti: sensi, sensazioni, esplorazioni
qual è l’obiettivo?
Il tema della terza puntata del percorso è l’esplorazione delle emozioni e sensazioni che accompagnano la vita quotidiana. Noi reagiamo ai diversi scenari che incontriamo mettendo in campo stati d’animo diversi, che è importante conoscere, e nominare, affinché non siano elementi che ingabbiano, o
bloccano, ma “pezzi” di sé di cui si ha consapevolezza. E conoscere le proprie reazioni ed emozioni
è strumento fondamentale per decifrare quelle degli altri, e costruire in tal modo le premesse per
relazioni basate su vicinanza e fiducia.
quali sono le attività?
il gioco dei nomi
5
minuti
il racconto, una strana colazione
15
minuti
cosa c’è nella mia tazza?
25
minuti
cosa c’è qui dentro?
15
minuti
concludiamo
15
minuti
5
minuti
ci salutiamo
uno: il gioco dei nomi
tempo: 5 minuti
Formiamo il cerchio. Questa volta, visto che siamo al momento della colazione, possiamo dire il
nome e il nostro cibo preferito.
due: il racconto, una strana colazione
tempo: 15 minuti
Siamo arrivati alla terza puntata del racconto di A e O. Quando nel racconto si parla di profumi o
odori, o di sensazioni, possiamo fermarci un attimo e provare a “sentirli”. E ora cerchio, silenzio, si
comincia:
Dopo la notte con i suoi misteri e la mattina con le sue scoperte, A e O
sono pronti per affrontare il nuovo giorno.
Si sono tolti le lenzuola di dosso e dopo essere stati in bagno, senza litigare per chi fa prima e chi fa dopo, aprono pian piano la porta della camera
e lasciano entrare, leggero come uno spiritello, il profumo della colazione
che sale dalla cucina.
E’ un rito che si ripete da anni, sempre nello stesso modo, sin da quando
erano piccoli piccoli.
Quando possono, mamma e papà inventano qualcosa di buono e di diverso per la colazione e i due fratelli, solo attraverso il profumo che sfugge su
per le scale, devono indovinare di che si tratta. Inventano cibi nuovi, con
miscugli bizzarri, e lo fanno perché quella giornata riservi sorprese e non
42
sia uguale alle altre.
$ H 2 LQWDQWR LQ¿ODWR LO QDVR LQ TXHOOD SLFFROD IHVVXUD WUD OD SRUWD H OR
stipite, uno appoggiato alla schiena dell’altra, lasciano che lo spiritello proIXPDWRQRQDEELDDOWUHVWUDGHVHQRQTXHOODGLLQ¿ODUVLQHOOHORURERFFKHH
nelle loro narici spalancate e…già si pregustano il sapore di qualche novità. Ad occhi chiusi lasciano che quell’arietta delicata e stuzzicante, invada
il loro affamatissimo corpo e scenda giù…poi risalga su… poi con un bel
girotondo si diffonda nei polmoni e nella pancia.
“E’ un gioco solleticante, poi con gli occhi chiusi lo è ancora di più, io sento
un’emozione che mi fa frullare le mani e le gambe…”
“A me la pelle d’oca mi corre sulla schiena…”
“Ma…ma, un momento. Io non sento più nulla O. Non è che te lo sei annusato tutto tu?”.
“Anch’io stavo pensando la stessa cosa…che schifo, O…hai fatto una
puzzetta?”
“Ma che dici, non è una puzzetta…per fare una puzzetta così bisogna aver
mangiato un barile di petrolio”
“Snif, snif, oppure tanti copertoni di automobile” … ”Snif, snif, direi un tappeto oppure l’intero bidone del riciclo. Mi vien da vomitare, ma che avranno cucinato mamma e papà?”
“Forse hanno dimenticato qualcosa sul fuoco. Scendiamo a vedere…”
“Si ma col naso tappato, cof, cof…”
I due fratelli scendono le scale, piano piano con fare circospetto. La casa
sembra deserta e nemmeno dalla cucina arrivano i soliti amichevoli suoni
del mattino: tintinni di piattini e forchette, sbatacchiare di tazze, mescolio
di bevande…solo un enorme, incombente silenzio…
“ Ho paura A…”
“Anch’io O, c’è troppo silenzio…Ad ogni passo sento come se una biscia
gelata mi passeggiasse sulla schiena…”
“Stiamo attenti, magari è accaduto qualcosa di terribile in casa nostra
mentre dormivamo…”
“ Sì, magari un mostro, oppure un orco, si è mangiato la mamma e adesso
aspetta noi. Ci ha preparato una colazione velenosa…”
“Hai ragione. Non si assaggia nulla, prima si annusa bene, poi si puccia un
dito e forse poi si assaggia un briciolino…e ci si guarda intorno”
Discendono ancora per qualche gradino e allentano la presa che tappava
il naso, riprovando ad annusare.
“ Snif, snif, l’odore si è addolcito…anzi è proprio cambiato. E’ buono ora e
non sa più di barattoli di plastica mista a copertoni, addirittura è…è un non
so che di…di buono”.
A intanto si è voltata e ha visto, dimenticato su un gradino della scala, un
HQRUPHÀDFRQHGLGHWHUJHQWHULPDVWRDSHUWRFRQXQRVWUDFFLRLQWULVRDIDU
da tappo.
“Ecco da dove veniva l’odore, non era la colazione….era il detergente per
la casa…”
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vero che sa di colazione, si è fatto decisamente, dolce, salato, invitante. A
43
e O lo seguono come un cagnolino seguirebbe il profumo di un salamino
alla brace. Di corsa giù per le scale… La cucina è vuota. Certo la mamma
e il babbo sono in giardino e hanno apparecchiato fuori per una bella colazione al sole.
“Ecco perché c’era silenzio O”
I due fratelli salutano allegri i genitori e si siedono a tavola. Il sole nel cielo
rende tutto bello e luminoso.
“Oggi i nostri genitori hanno preparato uova sdraiate su pane caldo e fragole affogate nel cioccolato. Sembrano pagnotte sorridenti che ti salutano
FRQJOLRFFKL(OHIUDJROHVHPEUDQRWDQWLGLJQLWRVLDO¿HULDIULFDQL´
“Già a guardarlo questo cibo pare proprio che ti dica “mangiami” .
Quello che cucinano mamma e papà è sempre genuino, originale nel gusto
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Sono imbattibili”.
Buon appetito.
tre: cosa c’è nella mia tazza?
tempo: 25 minuti
obiettivi: lo scopo del gioco è di far sperimentare ai ragazzi “l’esplorazione” di qualcosa di misterioso avendo a disposizione solo alcuni dei cinque sensi. Annusare o assaggiare, bendati e senza
toccare, permette di sperimentare quali diverse reazioni possiamo avere di fronte a un “mondo sconosciuto” (anche se micro).
cosa serve: procuratevi diverse cose da mangiare (pezzi di frutta, biscotti…), magari anche un po’
strane, dal gusto non immediatamente riconoscibile (nei negozi etnici si trovano tante cose interessanti). Tenetele su un tavolo in una scatola o in un sacchetto in modo che non siano visibili ai bambini. Servono inoltre alcune tazze e cucchiaini. Se volete procuratevi anche un grembiule da cucina.
svolgimento: scegliete due ragazzi e fateli avvicinare al tavolo. Uno dei due sarà l’assaggiatore,
mentre l’altro il “cuoco” che porgerà il cibo misterioso. L’assaggiatore deve chiudere gli occhi (si può
anche usare una benda ma è più interessante, oltre che divertente, poter vedere le reazioni sul viso
dell’assaggiatore), inoltre può indossare il grembiule per non macchiarsi. Date al cuoco una tazza con
dentro uno dei pezzetti di cibo, sempre senza che i bambini possano vedere cos’è, e un cucchiaino.
Il cuoco imbocca l’assaggiatore, magari lasciando che prima annusi il cibo misterioso. Volendo si
possono fotografare i visi degli assaggiatori, si otterrà un simpatico campionario di espressioni di
gradimento, sconcerto, disgusto…
Dopo la prima coppia, chiamatene una seconda, una terza…fino a esaurimento dei cibi, o dei bambini. Se volete, con un po’ più di preparazione, si può assaggiare un ulteriore cibo sconosciuto, questa
volta ad occhi aperti. Si tratta di preparare un cibo non riconoscibile e all’apparenza un po’ disgustoso
(ad esempio potete mescolare del budino con dei cereali). Presentatelo con un nome disgustoso e
aspettate di vedere se qualcuno chiede di assaggiarlo (c’è sempre qualche amante della sfida).
44
quattro: cosa c’è qui dentro?
tempo: 15 minuti
obiettivi: l’obiettivo è lo stesso del gioco precedente, questa volta si usa solo il tatto.
cosa serve: preparate in precedenza uno o due scatoloni con un buco in un lato, grande tanto per
poterci inserire la mano. Mettete all’interno oggetti interessanti al tatto, magari non immediatamente
riconoscibili (ad esempio delle pigne, tessuti o carte strane, soprammobili…).
svolgimento: un volontario dovrà infilare la mano e capire cosa c’è nella scatola. Potete far provare
più volontari uno dietro l’altro e far loro dire solo alla fine quali sono gli oggetti misteriosi, e verificare
se coincidono.
Il pubblico rimane in silenzio e osserva le
reazioni, sul viso e nei gesti, dei volontari. Potete mettere all’interno del cibo, ad
esempio caramelle gommose, e chiedere
loro se hanno il coraggio di assaggiare ciò
che stanno toccando, portandolo alla bocca con gli occhi chiusi.
Anche questa volta si possono fare le
foto.
cinque: concludiamo
tempo: 15 minuti
Sedete di nuovo in cerchio e riportate il clima alla calma.
Provate a chiedere ai bambini come si sentono, e a lasciare spazio alle considerazioni spontanee
che emergono. Poi provate a chiedere se immaginano quale siano le motivazioni delle attività di quel
giorno. È probabile che emerga il tema della fiducia, si è assaggiato/toccato perché ci si fidava del
proprio compagno.
Provate poi a stimolare riflessioni sui “mondi sconosciuti”. Quando è capitato loro di trovarsi di fronte
a un mondo sconosciuto? Possono essere situazioni grandi o piccine: un cibo mai visto prima o l’aver
perduto la strada. E come si reagisce di fronte a qualcosa che non si conosce? Cosa hanno provato
prima di affrontare la situazione? Prima di assaggiare o prima di toccare, prima di…? Analizzate le
emozioni: disagio, timore, curiosità, e le sensazioni fisiche ad esse legate: gambe molli, brividi…a
cosa servono le une e le altre?
sei: ci salutiamo
tempo: 5 minuti
Chiudete l’incontro con la frase di rito: “guardo avanti e guardo intorno, continuiamo un altro giorno!”
45
UN
A
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FL
S
ES
IO
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SU
sensazioni ed emozioni:
cosa sono, a cosa servono, come accompagnarle
Sarebbe meglio non lavorare tanto con gli insegnamenti!
Impegniamoci piuttosto a creare un ambiente
in cui il bambino possa sperimentare che esistono anche i conflitti.
Le incomprensioni. Le crisi. I sogni.
Tutto ciò fa parte della vita.
Per lo meno tutti faranno del loro meglio
Perché tutto vada a posto.
Henning Koheler
Non è cosa semplice dare un nome alle nostre emozioni soprattutto quando
queste lasciano emergere le “parti” meno belle di noi, quelle più faticose,
quelle che ci piacciono di meno. A volte le emozioni sono dirompenti, ci
travolgono, ci trascinano. E’ importante imparare a padroneggiarle per uscire dal caos e trasformarle in risorsa. E’ un percorso complesso e pieno di
ostacoli. Su questo percorso i bambini vogliono e devono essere accompagnati e favoriti. Il primo passo per padroneggiarle è conoscerle, dare loro un
nome. Non sempre però è possibile fare questo da soli. Può aiutarci e agevolarci la possibilità di esprimere cosa proviamo a qualcuno che non cerchi
di giudicarci, di interpretarci o di fornirci delle soluzioni preconfezionate ma
che sia disposto ad “ascoltare” e a “contenere” ciò che portiamo. Riuscire
a monitorare i sentimenti che si provano è basilare per una comprensione
del sé, per non farsi travolgere dalle emozioni e per trovare dei metodi per
gestirle.
Arrivati a questo punto le emozioni, riconosciute e nominate, non sono più
degli elementi sconosciuti e disturbanti, ma delle risorse utili ad un miglioramento sia nella vita individuale che in quella collettiva. L’intelligenza emotiva è la capacità che ci aiuta a portare armonia tra il “cuore” e la “mente”.
Ma quali competenze dobbiamo sviluppare per accogliere le nostre emozio-
46
ni in modo costruttivo?
1
La capacità di riconoscere, rispettare e mettere in parola il mondo soggettivo delle emozioni;
la capacità di controllare gli impulsi emotivi senza reprimerli, senza entrare
in conflitto con essi e senza farsene travolgere;
la capacità di sviluppare efficienza mentale e comprensione della realtà e di
motivarsi in modo globale, con il pensiero e i sentimenti, al raggiungimento
di obiettivi e finalità;
la capacità di percepire e comprendere le emozioni altrui, riuscendo ad essere sensibili e empatici;
la capacità di interagire positivamente con le persone.
Noi - in qualità di genitori, insegnanti, educatori – possiamo imparare molto
anche su noi stessi portando consapevolezza ai pensieri e ai sentimenti
che emergono quando un bambino condivide con noi le sue difficoltà. Se
siamo in grado di osservare il disagio generato in noi da certi sentimenti e
se riusciamo a capire cosa può lenire, diminuire, o allontanare particolari
preoccupazioni e paure, allora possiamo accogliere le difficoltà dei bambini
offrendo loro maggiore sostegno ed empatia.
Questo tipo di sensibilità ci permette di sapere sempre come comportarci: quando è il caso di avvicinarci e quando è meglio allontanarci, quando
parlare e quando invece tacere, quando essere presenti con discrezione e
quando invece è necessario affrontare un argomento anche se doloroso,
quando si può andare dritti al problema e quando è meglio utilizzare metafore (fiabe, giochi…).
I bambini che crescono tra persone empatiche – adulti e coetanei – percepiscono un’ampia accettazione dei loro comportamenti e dei loro sentimenti.
Sono liberi di esprimere tutta la gamma delle loro emozioni: la rabbia, la
tristezza, la gioia, l’allegria, la paura….
Nessuno può insegnarci come diventare empatici. Solo la nostra sensibilità,
la nostra esperienza e la capacità di osservare,ascoltare e accogliere.
1
D.Goleman, L’intelligenza emotiva, Rizzoli 1996
47
“Io mangio di tutto. Sono abituato. Ho preso questa abitudine la prima volta
che ho assaggiato il mare. Sono andato sotto e ho bevuto.
Da allora assaggio tutto”.
D A I L A B O R AT O R I P I LO T A
Andrea, V A, Trecate
48
DA CASA
A SCUOLA
ore 8.15
pagina 4
della giornata di A e O
si va a scuola: percorsi, scorciatoie, sorprese!
come tutte le mattine, si va a scuola.
Ma, se mi fermo a guardare, cosa vedo per la strada? E se
vado un po’ più lentamente del solito? Occhi puntati sulla
strada, su com’è arredata, su chi vi abita.
ore 8.15, pagina 4 della giornata di A e O
DA CASA A SCUOLA
si va a scuola: percorsi, scorciatoie, sorprese!
qual è l’obiettivo?
La quarta puntata del laboratorio ci guida alla scoperta dello strada, e dei diversi elementi del paesaggio urbano che catturano l’attenzione dei bambini. La strada è un ambiente complesso, non solo un
canale di passaggio veloce: i bambini vi procedono lentamente (quando possono), e ne percepiscono
i diversi aspetti a partire dai loro sensi, dalle loro esigenze e bisogni.
In particolare si prova a “dar vita” alla strada, a partire dal tragitto che ogni bambino compie la mattina
da casa a scuola: una strada dunque conosciuta ma che, a seconda di come ci si sposta e di quali
obiettivi si hanno, può assumere connotazioni positive e negative.
Elemento conclusivo dell’incontro è l’individuazione di un luogo ideale per riflettere insieme ai bambini su quali caratteristiche debba avere per loro uno spazio che sia “casa”.
quali sono le attività?
il gioco dei nomi
5
minuti
il racconto, i coccodrilli in città
15
minuti
cosa vedo per la strada?
25
minuti
il gioco della strada
20
minuti
concludiamo
10
minuti
5
minuti
ci salutiamo
uno: il gioco dei nomi
tempo: 5 minuti
Ognuno dice il proprio nome e il luogo dove vorrebbe essere, reale o fantastico.
due: il racconto, i coccodrilli in città
tempo: 15 minuti
”Caspitina“ dice O alzandosi di colpo dal tavolo della colazione e facendo
traballare ogni cosa, “Sono le sette e trenta, se non ci sbrighiamo faremo
tardi a scuola!”
8QDFRUVDLQEDJQRSRLXQDYHORFHPDHI¿FDFHODYDWDGLGHQWLHYLDYHUVR
la porta di uscita…
“Alt” dice con un cenno della mano destra lo zio Martino che è apparso
all’improvviso sull’uscio di casa. La mano sinistra, invece, la appoggia sullo
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ci sorride con amore e con i suoi occhioni luminosi, molto ma molto spalancati, sembra prometterci una scoppiettante sorpresa.
A - Siamo in ritardo zio, l’autobus passa tra sette minuti davanti alla panet-
50
teria… Mamma, se sei pronta, ci accompagni per favore?
Zio Martino – Oh niente autobus oggi ragazzi, la zia ed io abbiamo una
bella sorpresa per voi…Dillo tu Bianca.
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viaggetto in città che sarà quasi come andare in vacanza.
A e O cercano lo sguardo di mamma e papà che nel frattempo hanno continuato imperterriti la loro colazione come se già sapessero tutto.
O - Possiamo andare con gli zii?
Babbo e mamma sorridono e fanno cenno di sì con il capo.
Un attimo dopo i quattro sono già in automobile davanti a casa, mentre il
portellone automatico del garage della casa degli zii, che è proprio adiacente a quella di A e O, si chiude: prima con solenne lentezza, poi con un
ERWWR¿QDOH
Lo zio Martino lancia un’occhiata nello specchietto, poi pieno di orgoglio
gira la chiave d’avviamento e la macchina si mette in moto con un suono
leggero del motore che sembra musica.
Un dito sull’interruttore blu luminoso e il tettuccio dell’auto si apre con
grande magia e scivola dentro il baule posteriore.
“Si parte” dice lo zio emozionato più di tutti. Innesta la marcia e…la macchina si avvia ma il suo incedere è subito disastroso: borbotta, saltella,
trema, come se avesse perso le ruote…
“Accidenti abbiamo bucato!”
Non c’è problema con zio Martino: non si arrende mai, tutti lo sanno in
famiglia. Scende dall’auto, tranquillizza con un gesto della mano i bambini
e anche zia Bianca, poi raggiunge la porta del garage per prendere l’occorrente.
“Accidenti, la chiave si è spezzata nella serratura della porta del garage!”.
Non c’è problema con zio Martino, prende un cacciavite e cerca di togliere
la chiave.
“Accidenti si è tolto il manico al cacciavite” …non c’è problema con zio
Martino, si fa prestare la colla dal babbo e…
“Accidenti, il barattolo della colla si è versato sulla strada”… non c’è problema, prenderà la segatura…
Intanto il tempo passa e lo zio, dopo aver versato la segatura, essere rimasto appiccicato alla colla con le scarpe, e aver detto almeno 50 “non c’è
SUREOHPD´¿QDOPHQWHVLDUUHQGH
Andremo a piedi con zia Bianca…
A – Lo sai zia che è la prima volta che andiamo a piedi?
Zia Bianca - Allora sarà una emozionante avventura…perché la città, se la
guardate bene è una specie di giungla…
O – Di giungla?
Zia Bianca – Guardate, quella sembra una strada a quattro corsie, ma
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ippopotami. Alcuni scendono con la corrente altri la risalgono.
A – Ma come faremo ad attraversare? Io ho paura dei coccodrilli…
Zia Bianca - Ci sono animali amici che ci aiuteranno…presto, camminiamo
sulla schiena delle zebre…
51
La zia di A e O ha un potere magico: le parole, quando le escono dalla
bocca, diventano subito storie e le storie diventano avventura.
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Al centro delle zebre, su un tronco galleggiante, un domatore vigile fa strani gesti con le mani per domare le belve.
,WUHJLXQJRQR¿QDOPHQWHVXOO¶DOWUDVSRQGDHVLLQWUXIRODQRQHOSDUFRIRUHsta. Da lì sbucano all’imbocco di una valle piazza. In alto, un grande rapace
semaforo, appeso alle liane strizza l’occhio rosso come a dire: “fermatevi,
attenti all’elefante”.
Infatti un grande elefante giallo, colmo di viaggiatori e guidato da un nervosissimo conducente autista, sfreccia davanti a loro, seguito da una masnada di piccole e grandi belve. Il rapace ora strizza l’occhio verde e i tre
possono attraversare la valle. Insieme a loro si incolonnano numerosi altri
uomini e donne della tribù dei pedoni.
Tutti procedono guardinghi perché temono le belve che sbucano da ogni
parte. Il rapace improvvisamente strizza di nuovo l’occhio rosso, dopo un
breve segno con l’occhio giallo... ed è un fuggi fuggi generale!
Da sotto una grotta cavalcavia sbucano mandrie di bisonti automobili e si
lanciano verso la prateria. Tutta la tribù dei pedoni si mette in salvo sull’isola pedonale. Un attimo per respirare e si riprende il cammino.
I tre ora percorrono un sentiero marciapiede sotto enormi baobab palazzi.
“Bisogna stare attenti” dice zia Bianca, “perché nella pancia dei baobab
vi sono caverne garage, dove affamate belve vengono rinchiuse per notti
e notti e quando escono…”, infatti lì davanti c’è un distributore di benzina
cibo e le belve fanno la coda per nutrirsi.
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HDUULYDQR¿QDOPHQWHDVFXROD
Sono un poco in ritardo, ma l’avventura è stata emozionante.
Grazie Zia Bianca.
tre: cosa vedo per la strada?
tempo: 25 minuti
obiettivi: scopo del gioco è quello di portare in evidenza i diversi “attori” della strada (persone,
mezzi…), riflettere su come li percepiamo e su quale differente valenza possano avere a seconda
delle circostanze e a seconda di come interagiscono con noi.
cosa serve: cartelloni e pennarelli colorati, puntine o scotch per appendere i cartelloni alle pareti.
svolgimento: si lasciano i bambini in cerchio e si chiede loro -facendo un parallelo con il racconto
di A e O- di raccontare come vengono a scuola: a piedi, in bicicletta, in auto e con i mezzi pubblici.
Su uno dei cartelloni, che avrete appeso alla parete, scrivete tutti i mezzi di trasporto utilizzati (e se
volete, per vedere qual è la modalità più diffusa, potete segnare anche il numero dei bambini per
52
ciascuna categoria).
Dividete quindi i bambini in gruppi, a seconda del mezzo con cui si spostano per venire a scuola e
date loro un cartellone e un pennarello.
Stabilite un capogruppo.
I bambini in gruppo devono provare a fare un elenco, di cui il capogruppo terrà traccia scritta sul
cartellone, di tutti gli elementi (cose, persone, rumori, odori,…) che notano nel tragitto da casa a
scuola.
Terminato il tempo a disposizione (10 minuti circa) appendete tutti i cartelli e discutete
insieme ai ragazzi di quali valenze, positive e
negative, attribuiscono agli elementi evidenziati e, se volete, cercate di segnare in qualche modo, ad esempio con colori diversi, la
situazione in cui valutano positivamente quell’elemento e quella in cui lo valutano negativamente.
Per esempio: se hanno scritto “automobilisti”,
questo elemento può avere una valenza positiva (ad esempio l’automobilista rispettoso che va piano e si ferma alle strisce pedonali) oppure
negativa (l’automobilista nervoso che ignora i pedoni).
Ovviamente non tutto deve per forza avere entrambe le valenze.
quattro: il gioco della strada
tempo: 20 minuti
obiettivi: aumentare la consapevolezza da parte dei bambini delle possibili valenze –positive/negative- degli elementi individuati, provando a impersonarli e a metterli in scena.
cosa serve: se volete, potete preparare in anticipo gli accessori che possono caratterizzare i personaggi del gioco, per esempio un giornale per il pedone, una paletta per il vigile, un berretto per gli
autisti e ciò che vi viene in mente per “animare” il paesaggio urbano.
svolgimento: in questo gioco i bambini ricreano l’ambiente della strada e si mettono nei panni dei
diversi elementi/personaggi, provando a interpretarli positivamente e negativamente.
Potete inventare una vostra versione del gioco, oppure provare a seguire queste indicazioni.
Stabilite un immaginario percorso nello spazio a vostra disposizione, con una partenza ed un arrivo.
Dividete la classe in alcuni gruppi e posizionate ciascun gruppo lungo il percorso. Il primo gruppo
rappresenta i semafori, disposti lungo il percorso. Il secondo gruppo invece gli automobilisti; il terzo
gruppo i negozianti o i passanti.
L’ultimo gruppo interpreta i pedoni (aggiungete anche altri ruoli se volete).Il gioco consiste nel viaggio dei pedoni dalla partenza all’arrivo, incontrando lungo il percorso gli altri elementi della strada. I
pedoni compiono il percorso uno alla volta, o in piccoli gruppi.
Ogni bambino/elemento può essere “buono” o “cattivo”:
i bambini/macchina possono andare piano o veloce, i bambini/negoziante possono essere cordiali
o burberi…il tutto in funzione delle caratteristiche che i bambini hanno messo in luce nel gioco
precedente.
Per non fare troppa confusione, l’insegnante può ogni volta dare il via al pedone, e dire se a quel
giro gli attori saranno “buoni” o “cattivi”. Il gioco termina quando tutti i pedoni hanno compiuto il
percorso.
53
cinque: la casa di A e O
tempo: 10 minuti
obiettivi: sondare, in maniera indiretta, quali spazi urbani vengono considerati interessanti dai bambini, attraverso l’individuazione di un luogo “ideale”: la casa dei due personaggi guida.
cosa serve: può essere utile una pianta della città o del quartiere.
svolgimento: riportate la concentrazione ed il silenzio facendo tornare i ragazzi in cerchio.
Chiedete loro dove potrebbe essere la casa di A e O se abitassero nel loro quartiere: in quale strada,
piazza, giardino?
Provate a capire insieme quali criteri guidano le loro scelte: luoghi che considerano belli (e perché),
luoghi che considerano comodi?
Tenete presente che il luogo scelto sarà la meta dell’uscita la volta successiva: si farà insieme la strada
che A e O fanno per andare a scuola; quindi meglio scegliere un posto facilmente raggiungibile…
sei: concludiamo
tempo: 10 minuti
Per concludere, può essere interessante tornare al gioco della strada e rifletterci un po’ su. Potete
chiedere ai ragazzi di confrontare i diversi punti di vista: cosa hanno pensato/provato i negozianti? E
gli automobilisti?
Poi potete chiedere ai pedoni come si sono sentiti nel compiere il percorso attraverso la strada
“buona” o quella “cattiva”. Magari si può riflettere insieme sul perché gli elementi sono “buoni” o
“cattivi”. Perché gli automobilisti sono a volte tranquilli e a volte nervosi?
sette: ci salutiamo
tempo: 5 minuti
UN
le strade dei bambini
A
”guardo avanti e guardo intorno, continuiamo un altro giorno!”
Cos’è la strada per un bambino?
Strade, piazze, spazi pubblici, che per gli adulti sono principalmente percorsi, canali di trasferimento, per i bambini sono LUOGHI.
Luoghi con le proprie caratteristiche e la propria atmosfera. Luoghi da esplorare e con cui, e in cui, interagire.
Se un bambino cammina per strada da solo, o con un adulto che si adegua
ai suoi tempi, si apre la dimensione della scoperta: il tempo di trasferimento
si allunga per comprendere nel suo arco di svolgimento attività di diversa
natura (gioco, osservazione, conversazione...); il raggiungimento della meta
rimane una conseguenza di minor rilievo.
Case, alberi, negozi, panchine, fontane…concorrono a creare un paesaggio
urbano di cui il bambino legge le potenzialità: spazi per correre, spazi per
giocare, spazi misteriosi da esplorare, spazi scorciatoia…
E ogni spazio offre doni e possibilità: il grande cortile lastricato in porfido di
un edificio pubblico è perfetto per le gare di bici, il giardino con gli ippocastani permette esperimenti di biologia sulle panchine/bancone di laborato-
54
rio, l’angolo nascosto dell’orto botanico richiede l’apertura di nuovi sentieri
da esploratori di giungle.
Gli spazi della città accessibili ai bambini sono però diminuiti drasticamente: sempre più gli spazi ingombri d’altro –auto posteggiate, negozi, traffico…-, sempre meno gli spazi dove i bambini possono stare anche da soli.
Il diritto di accedere in modo aperto e sicuro agli spazi pubblici - una sorta
di vero e proprio diritto alla strada e alla città - è esplicitamente garantito
dalle carte dei diritti dei bambini diffuse negli ultimi anni da molti organismi
internazionali.
Nel documento elaborato da Unicef e Unchs/Habitat nel 1996, nei seminari
di New York e di Istanbul, il diritto di accesso e di libera circolazione nei
luoghi pubblici è posto come uno dei diritti fondamentali dei bambini, il cui
compimento deve essere raggiunto attraverso procedure di coinvolgimento
diretto dei bambini nella progettazione della città e dell’ambiente.
SU
E allora le città provano ad attrezzarsi, e a portare avanti percorsi per ridare
spazio ai bambini: la progettazione partecipata di giardini e aree gioco, ma
IO
N
E
non solo; anche altri progetti, pensati per raggiungere obiettivi di altro tipo,
SS
possono avere ricadute sull’uso della città. Ad esempio l’adozione dei mo-
LE
numenti, o i progetti di mobilità in autonomia. Progetti grossi che partono
IF
dalle amministrazioni, ma anche progetti micro svolti nella singola classe.
R
Progetti di esplorazione dei territori che attraverso la conoscenza di quello
spazio provano a ricostruire legami, e attraverso i legami provano a ritrasformare quello spazio in LUOGO.
Per i bambini, ma anche e soprattutto -passando attraverso gli occhi dei
bambini-, per gli adulti (che sono quelli che hanno un po’ dimenticato).
I bambini vanno a scuola a piedi, in autobus, soprattutto in macchina.
D A I L A B O R AT O R I P I LO T A
Dai finestrini guardano la città e notano tante cose: la città veloce, fatta di
macchine e traffico, ma anche un’altra città, fatta di dettagli che a un occhio
meno attento potrebbero sfuggire.
Nelle righe che seguono trovate le cose che hanno detto di notare i bambini
delle tre classi pilota.
È un elenco che a tratti preoccupa ma che riserva anche qualche piccola
sorpresa…
Andando a scuola noto:
i semafori, le macchine, gli automobilisti distratti, gli automobilisti nervosi,
un ragazzo che gioca a palla, gli autisti dei pullman prepotenti, i motociclisti, gli studenti, i passanti, la forma degli alberi, i nidi sugli alberi, le gru,
55
le rotonde, il distributore, le panchine, le piazzette, le indicazioni stradali, i
pezzi della macchina (scassata) del mio vicino, una macchina che ha lasciato passare una signora quando lei ha fatto cenno che voleva attraversare,
i pedoni che attraversano sulle strisce, il traffico, la persone che ricambiano
il saluto, le persone che non ricambiano il saluto, il panettiere, il benzinaio,
il mio cancello, i marciapiedi, la puzza di smog, il profumo della panetteria,
il vento.
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L’ I N T E R V A L L O
ore 10.00
pagina 5
della giornata di A e O
cortili, piazze, marciapiedi:
gli spazi per giocare in città
una partita a pallone, andare in bicicletta, fare una caccia
al tesoro…c’è più gusto a giocare in libertà negli spazi
della nostra città. Ma dove? Conosciamo qualche luogo
pronto ad accogliere i nostri giochi?
ore 10.00, pagina 5 della giornata di A e O
L’ I N T E R V A L L O
cortili, piazze, marciapiedi: gli spazi per giocare in città
qual è l’obiettivo?
Il tema del quinto incontro è l’esplorazione del territorio, inteso non tanto come luogo di passaggio,
ma come spazio pieno, di persone, di possibilità, di cose da scoprire. L’accento è posto sulla dimensione ludica e collettiva del tempo trascorso dai bambini “fuori”, perché è anche attraverso il gioco
che si struttura l’esperienza, e che si possono provare a ridefinire spazi urbani solitamente solo attraversati. Trovare casa per A e O diventa così parte dell’avventura, in un percorso dove l’ideale (la casa
che vorrei) incontra il reale (lo spazio che ho a disposizione) e, a vicenda, si influenzano un po’.
quali sono le attività?
il gioco dei nomi
5
minuti
il racconto, A e O e il sapore del gioco
15
minuti
il tragitto di A e O
40
minuti
dove giocano A e O?
15
minuti
concludiamo
10
minuti
5
minuti
ci salutiamo
uno: il gioco dei nomi
tempo: 5 minuti
Questa volta si può dire il proprio nome e il proprio gioco preferito.
due: il racconto, A e O e il sapore del gioco
tempo: 15 minuti
SRQROHOH]LRQHGLJHRPHWULD$Q]LSHUODYHULWjqTXDVLOD¿QHGHOOD
lezione di geometria… Il gesso scricchiola sulla lavagna mentre barcolla
di qua è di la come perduto nell’immenso nero. E’ la mano di Adel che lo
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sia il gesso a guidare la mano anziché il contrario. La maestra si alza e con
fare severo appoggia tutte e due le mani sulla cattedra. Apre il registro, fa
un sospiro e lancia uno sguardo al di sopra degli occhiali che in un attimo
fa il giro dei banchi e della classe e si pianta secco sotto la lavagna, sulla
faccia di Adel. Adel alza la mano quasi nell’ingenuo tentativo di parare
il colpo: è bianca di polvere, trema e impugna mollemente, proprio sulla
punta delle dita, il mozzicone di gesso. Sembra quasi la bandiera bianca
che il prigioniero sventola con timore davanti al nemico per chiedere pietà
e infatti chiede pietà: - ...Ma oggi non si fa l’intervallo?
Tutta la classe esplode in una fragorosa risata che subito si spegne nelle
ERFFKHGLWXWWL/DPDHVWUDqULPDVWDFRPHSLHWUL¿FDWDQRQVHO¶DVSHWWDYD
una domanda del genere…semplice e in fondo davvero sincera. All’improvviso, così come sono capaci di fare solo gli attori bravi e anche le
58
maestre, ritira il suo sguardo, fa un mezzo giro di trottola e si lascia scivoODUHWUDLEUDFFLROLGHOODVHGLD2UDFL¿VVDPDLOVXRYROWRQRQqSLVFXURH
pieno di ombre. Di colpo è diventato morbido e luminoso. Le scappa pure
un sorriso…sarà un sorriso sincero?
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un respiro di sollievo.
Bene, allora: INTERVALLO – dice la maestra.
I ragazzi si alzano tutti in piedi ed esplode, sonoro in classe, un grido di
gioia.
“Niente merende per ora…” – aggiunge la maestra – “I vostri cervelli hanno bisogno immediatamente di aria fresca, il vostro spirito di emozioni, la
vostra pancia di…vedremo”.
La maestra prende uno scatolone che teneva sotto la cattedra, quasi nascosto e lo appoggia sul primo banco, quello di Marta.
Con un gesto deciso della mano pesca là dentro una manciata di stoffe
piccole e lunghe, tutte nere.
Maestra - Adel avvicinati e anche tu Francesco e pure tu Mabruka.
I tre compagni si avvicinano timidamente e con un poco di timore, nessuno
riesce lontanamente ad immaginare cosa abbia in mente la maestra. Lei
allora con molta amorevolezza afferra la mano di Mabruka e girandola di
spalle le pone la stoffa nera sugli occhi a mo’ di benda.
M - Non ti preoccupare è un gioco, si chiama MOSCACIECA.
Per una lunga manciata di minuti la maestra benda tutti i bambini della
classe, naturalmente anche A e O, che tra tutti sono forse gli unici a presagire già una emozionante avventura.
La maestra ora chiede un grande silenzio. E nel silenzio vuole che ognuno
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FRPSDJQLVRORFRQXQOHJJHURV¿RUDUVLGLPDQR&LDVFXQRGRYUjDVFROWDUH
intorno a sé e immaginare...
Il corteo di bambini bendati si mette così in cammino. La maestra sta daYDQWL2UHVWHDOWRHUREXVWRFKLXGHOD¿OD
Con passo regolare e pacato il gruppo esce dalla classe, poi dall’atrio
e quindi dal cortile. Nel silenzio rotto solo da qualche bisbiglio e risolino
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sparisce là in fondo all’incrocio della via.
A – Dove sei fratellino?
O – Qui dietro di te, credo…
A – Ho contato i passi, tra dieci siamo in mensa…sento anche il profumo,
oggi risotto con lo zafferano…
O – No, non ti sei accorta? Siamo usciti dalla scuola …
A – Dici davvero?
O – Certo io dico che siamo già oltre la fermata dell’autobus davanti ai
palazzi gialli…
A – E il profumo di risotto?
O – Non è risotto, è l’aroma dei panini caldi che la rosticceria dell’angolo
mette in vetrina…
Aveva ragione O, il trenino dei bambini era già lontano dalla scuola e si
dirigeva allegramente e inconsapevolmente, verso il cuore del quartiere.
59
Passarono davanti alla piscina scoperta e la riconobbero dal suono dell’acqua delle cascatelle e dall’odore del cloro appena messo. Passarono
dal panettiere e lo riconobbero dal profumo di pane. La maestra decise
XQD VRVWD H WXWWL DVVDJJLDURQR LO SDQH DQFRUD FDOGR 3RL SURVHJXLURQR ¿duciosi attraversando un forte profumo di fragole e mele. Erano le prime
bancarelle del mercato che venivano loro incontro. Un lontano odore di
TXHUFLDH]HQ]HURGLI¿FLOHGDGHFLIUDUHDOO¶LQL]LROLLQIRUPzFKHSDVVDYDQR
davanti alla biblioteca. Giunsero così al campo di calcetto dopo aver incontrato una quantità indescrivibile di odori e rumori: a volte gradevoli, a volte
VJUDGHYROL/DPDHVWUDWROVHOHEHQGHQHUHH¿QDOPHQWHLOVROHDEEDJOLzGL
limpida luce gli occhi di tutti. Che bella giornata, si senti gridare. Era come
se l’avessero appena scoperta...il quartiere ora appariva tutto ai loro occhi:
era colorato e vivo e anche lui era come se l’avessero appena scoperto.
La maestra organizzò ciò che aveva meditato: giocare ai triangoli, ai quaGUDWLHDLFHUFKLFRQLFRUSLIDUHSHULPHWULFRQODFRUVDGLDJRQDOLFRQLVDOWL
e geometria con le capriole. Anche se sembrava un gioco, quella si che
era scuola!
tre: il tragitto di A e O
tempo: 40 minuti
obiettivi: esplorare lo spazio esterno, la strada. Questa
uscita proverà inoltre a capitalizzare l’esperienza accumulata fino a questo momento: si esplorerà utilizzando tutti i
sensi e non solo la vista, e si proverà ad osservare come si “comportano” gli altri, persone e cose.
cosa serve: per questo incontro servono quindi le “maschere sensoriali”. Si possono fare con dei
cartoncini di tre colori diversi, di dimensione A5 (metà A4), uno per ogni bambino. Ad ogni colore
attribuite un “organo di senso” (occhi, naso, orecchio).
I cartoncini saranno una sorta di maschera, con un foro a forma dell’organo di senso relativo; nel
cartoncino-vista avrete praticato due fori per gli occhi (o anche un foro solo se preferite), in quello per
l’udito un foro a forma di orecchio, in quello dell’olfatto invece un foro a forma di naso.
svolgimento: spiegate ai ragazzi che state per uscire in esplorazione. Andrete nel luogo dove A e O
potrebbero vivere (scelto nell’incontro precedente) e cercherete la loro casa. Distribuite a ciascuno un
cartoncino/maschera sensoriale; ognuno potrà rilevare quello che vuole, prestando però particolare
attenzione al senso corrispondente alla propria maschera. I bambini possono portare un foglio ed
una penna per annotare ciò che rileveranno, sotto forma di appunti che poi riordineranno in classe.
Durante il tragitto potete fermavi qua e là per offrire pause in cui i ragazzi possano prendere appunti e
osservare con più cura. Arrivati nelle vicinanze del luogo prescelto provate a osservare gli edifici e a
individuare quella che potrebbe essere la casa di A e O (quella piccola arancione vivace? Quella con
quel giardino un po’ misterioso? ).
quattro: dove giocano A e O?
tempo: 15 minuti
obiettivi: modificare per un momento la funzione di uno spazio urbano, giocando in un luogo nor-
60
malmente non riservato al gioco.
Riflettere su quali sono le condizione necessarie a fare di un luogo uno spazio gioco.
svolgimento: chiedete ora ai
bambini di guardarsi intorno e di
immaginare dove possano giocare A e O nei dintorni di casa loro. A seconda di dove siete, ci potranno essere spazi più propri (un
parco giochi, una piazza…) o meno propri (un marciapiede largo, un parcheggio…). Se lo ritenete,
invitateli a osservare spazi diversi, per evocare giochi e possibilità differenti. Proponete a questo punto, come premio per l’esplorazione avvenuta con successo, un gioco di gruppo. Scegliete insieme
qualsiasi gioco: nascondino, bandiera, sparviero, il gioco della strada fatto in classe la volta precedente…se volete, vi suggeriamo una variazione di bandiera, che potete anche spacciare come uno dei
giochi preferiti di A e O. Il gioco si chiama “SPARAGNAUS”. Come per “bandiera”, dividete i bambini
in due gruppi. Assegnate un numero a ciascuna coppia che si fronteggia. Oltre alle chiamate regolari
potete variare chiamando anche più numeri insieme, e/o chiedendo camminate strane (es.: vengano
camminando all’indietro i numeri....3,5,7, oppure i numeri 1 e 4 ballando insieme il valzer…).
Infine, quando direte “SPARAGNAUS”, i bambini di tutte e due le squadre dovranno fare qualcosa tutti
insieme, ad esempio salutare i passanti o intonare una canzone.
suggerimento: se volete potete proporre di salutare i passanti lungo il percorso per tornare a scuola;
questa attività rischia di trasformarli in un’allegra brigata di scalmanati, ma può essere divertente e
offrire spunti di riflessione successivamente.
cinque: concludiamo
tempo: 10 minuti
svolgimento: rientrati a scuola, riportate la calma riproponendo il cerchio. Potete provare a tornare
sull’uscita e a riflettere su due temi: come e perché hanno scelto la casa di A e O (quali sono le
caratteristiche dell’edificio, quali quelle dello spazio intorno, ecc.); quali sono gli spazi all’aperto in
cui si può giocare, quelli espressamente designati al gioco e quelli “conquistati” –se ce ne sono- o
“conquistabili”. Quali caratteristiche deve avere uno spazio per poterci giocare? Quali giochi si possono fare a seconda di come è fatto? Quali giochi si possono fare ai giardini e quali in cortile? Quali
in piazza e quali su un marciapiede?
sei: ci salutiamo
tempo: 5 minuti
”guardo avanti e guardo intorno, continuiamo un altro giorno!”
l’importanza del gioco
Troppo facilmente il giocare viene scambiato con il puro e semplice essere
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occupato. Si è contenti quando i bambini fanno qualcosa e ci si chiede
troppo poco sulle forze del bambino che vengono di volta in volta suscitate e
chiamate ad agire. Montaigne scrisse: “Il gioco dovrebbe essere considerato
l’attività più seria dell’infanzia”. Sempre, quando incontriamo dei bambini in
attività, da soli o in piccoli gruppi, possiamo vedere – se giocano veramente
61
– che rappresentano scene di vita quotidiana. La persona adulta ha per loro
una grande importanza. All’adulto essi alzano gli occhi con ammirazione.
In sua presenza sperimentano come lui imposta la sua vita in casa, sulla
strada, nei negozi, nel rapporto con le altre persone; come si occupa della
famiglia, della casa, come svolge i lavori di riparazione in casa. Tutte queste
esperienze danno degli impulsi per diventare attivi nelle loro attività ludiche.
Il gioco del bambino non è mai un’attività fatta a cuor leggero, ma un agire
pervaso da una profonda serietà. Il bambino accoglie in sé tutti gli avvenimenti e le esperienze provenienti dall’ambiente dell’adulto che è attivo intorno a lui, le afferra con la sua volontà, le interiorizza nuovamente agendo
imitativamente e dà forma con ciò ad un gioco senza uno scopo preciso. Il
fatto che il bambino impari attraverso l’imitazione porta con sé la conseguenza che l’adulto dovrebbe comportarsi, alla presenza di un bambino, in
modo degno di essere imitato. Attraverso il gioco il bambino fa esperienze
cruciali instaurando un rapporto libero e creativo con il mondo.
Il gioco è il linguaggio con cui il bambino esprime se stesso e, se siamo
pronti a capirlo, anche un mezzo con cui ci comunica la sua visione del
mondo. Ci descrive come vede e interpreta il mondo, le relazioni tra le persone, i sentimenti. Ci descrive il mondo che vorrebbe, i suoi interessi, le
fatiche e le difficoltà del momento. Il gioco diventa un prezioso strumento
per esprimere cose che non riuscirebbe a tradurre in parole. E’ attraverso il
gioco che il bambino comincia a comprendere come funzionano le cose:
che cosa si può o non si può fare con determinati oggetti e grosso modo
perché. Inoltre, giocando con altri bambini, si rende conto dell’esistenza
delle leggi del caso e della probabilità, e delle regole di comportamento
che vanno rispettate. Se riflettiamo sul profondo significato e sulle immense
potenzialità del gioco ci accorgiamo che giocare è la modalità del bambino
di fare esperienza del mondo, di conoscerlo, di scoprirne regole e principi
divertendosi: è prepararsi alla vita, formando i suoi organi di senso.
Per i bambini di Lucento-Vallette A e O abitano vicino allo slargo all’incrocio tra via Pianezza e via
Foglizzo, dove c’è un parco giochi, la chiesa SS. Bernardo e Brigida e che confina con il parco
del Castello di Lucento. A e O abitano in una villetta lì vicino, con il giardino con una palma e
una serra un po’ misteriosa in cui probabilmente c’è il loro laboratorio in cui fanno esperimenti
strani.
Per i bambini di Trecate A e O abitano a villa Cicogna, in via Clerici 1, dove c’è la biblioteca. La
loro casa è antica e piena di stanze. Quando fa bello giocano nel parco e quando fa brutto hanno
tutti i libri della bibioteca a disposizione…
A Casale Monferrato A e O abitano in piazza Cesare Battisti. La loro casa è un bell’appartamento
sopra il supermercato, così ogni volta che vogliono fare merenda hanno tutto a portata di mano.
62
D A I L A B O R AT O R I P I LO T A
la casa di A e O
A SCUOLA
ore 14.00
pagina 6
della giornata di A e O
dall’aula al cortile: cosa ci raccontano gli
spazi quotidiani?
a scuola: si impara la matematica, si studiano i paesi
del mondo, ma anche si gioca nell’intervallo, si fa amicizia con bambini nuovi, si litiga nei corridoi, si corre in
palestra, ci si guarda l’un l’altro dai diversi angoli del
cortile...
ore 14.00, pagina 6 della giornata di A e O
A SCUOLA
dall’aula al cortile: cosa ci raccontano gli spazi quotidiani?
qual è l’obiettivo?
Il lavoro di mappatura svolto sullo spazio pubblico viene riproposto su un ambiente collettivo quale
quello della scuola, nel quale i bambini sperimentano ogni giorno momenti di confronto/incontro/
scontro con gli spazi e con le persone. La scuola non è solo luogo di apprendimento, ma anche di
gioco e di relazione: proviamo a osservarla e ridisegnarla a partire dai bisogni e dalle esperienze dei
bambini, dalle emozioni che provano, dalle persone che incontrano, per costruire mappe che orientino a muoversi e dare significato al tempo trascorso, e allo spazio percorso, a scuola ogni giorno.
quali sono le attività?
il gioco dei nomi
5
il racconto, A e O e l’architetto sognatore
minuti
15
alla ricerca dello spazio perduto
30
minuti
le mappe
20
minuti
concludiamo
10
minuti
5
minuti
ci salutiamo
minuti
uno: il gioco dei nomi
tempo: 5 minuti
Questa volta si può dire il proprio nome e come ci si vorrebbe chiamare, se non si avesse il proprio
nome.
due:il racconto, A e O e l’architetto sognatore
tempo: 15 minuti
“Sono le 14. Come faccio a saperlo se non ho l’orologio? Semplice, lo so
perché è appena suonata la campanella della scuola, con il suo lungo e
stonato squillo metallico. E anche oggi, come ogni giorno quando non piove, al suono della campanella, si è riversata in cortile una massa chiassosa
di bambini…una specie di inarrestabile mandria di vitellini alla ricerca di un
pascolo più verde. Ne sa qualcosa il bidello Costantino, che insieme alla
maestra Tilde, ogni giorno cerca di rallentare con le mani e con il corpo il
passaggio sfrenato della mandria, davanti all’androne della scuola. Puntualmente, ne restano tutti e due travolti e senza volerlo si ritrovano carponi, storditi e semi spogliati sull’ultimo gradino della scala d’ingresso. E dei
bambini, neanche l’ombra: tutti già in cortile. Così è la nostra scuola, ma
penso che siano così tutte le scuole del mondo…e anche le campanelle e
i bambini del mondo…ogni volta che ne suona una, noi bambini, speriamo
sempre che sia quella dell’intervallo. Oggi comunque la giornata è davvero
bella: l’aria è tiepida, le ombre sono fresche e profumano di primavera. Il
sole, nel cielo, è solo soletto e non si vede nemmeno lo scarabocchio di
64
una nuvola. A proposito di scarabocchio, ora devo andare anch’io a giocaUHDOWULPHQWLO¶LQWHUYDOOR¿QLVFH´
Ogni tanto ad A piace scrivere un breve appunto sul suo diario. Un’osserYD]LRQHRXQDULÀHVVLRQHVXTXDOFRVDFKHKDYLVWRRFKHKDIDWWRSXUFKp
si tratti di qualcosa di curioso o bello e che l’abbia colpita.
A depone il suo diario sotto il banco e di corsa raggiunge il drappello dei
ragazzi di quarta e quinta che già si è riunito, con fare da combriccola
segreta, sotto il grande ippocastano che sorge come unico, secolare monumento alla natura, nel centro del cortile della scuola.
Intanto, intorno a loro e al grande albero, nella calda luce del pomeriggio, tutti gli altri bambini della scuola corrono e saltano in ogni direzione.
Sembrano rondinotti impazziti nell’abbondanza di insetti. E’ la gioia per la
libertà e per il gioco e anche la paura che l’intervallo sia troppo breve per
quell’incommensurabile divertimento.
Sotto l’ippocastano, invece, regnano il silenzio e la noia. Anche un poco di
invidia per i piccolini che si divertono proprio con niente. Infatti loro, i grandi, non si divertono più con nulla. Sono pieni di amarezza perché il tempo
passa, la giornata è troppo bella, ma non sanno a cosa giocare.
Eh si, i grandi di quarta e quinta, nella loro lunga esistenza, hanno già
giocato a tutti i giochi: quelli vecchi vengono a noia e quelli nuovi non si
riesce a praticarli, perché non mettono d’accordo nessuno. Una massa di
teste dure quelli di quarta e di quinta!
L’unica è A, che ha qualche volta una buona idea e riesce miracolosamente a convincere tutti, anche il “Castagna”. Non è il suo vero nome perché
lui in verità si chiama Andrea, ma siccome ha una faccia da castagna e i
capelli da riccio di castagna, ecco spiegato il semplice perché.
Il silenzio si fa pesante sotto il grande albero e Castagna sta per esplodere con il suo: “…e allora io vado a giocare al pallone, da solo, contro il
muro…” quando gli occhi di A si illuminano improvvisamente: “Mi è venuta
una idea! Io so perché non riusciamo più a giocare: per giocare ci vorrebbe un giardino, perché solo un giardino ti fa venire voglia di avventura, e
questo non è un giardino. Però possiamo immaginare che lo sia e allora
potremo giocare, almeno con la fantasia…“
Tutti fanno sì con la testa ma è chiaro dai loro sguardi che non hanno
capito niente.
A – Guardatevi intorno, il cortile della scuola non è per nulla un giardino e
chissà perché lo chiamano così. Il grande e vecchio ippocastano sorge al
centro di un fazzoletto di prato consumato, tra il posteggio delle auto del
personale della scuola e il muro di cinta. Il resto è un cortile d’asfalto, come
sono rettangoli d’asfalto gli altri spazi che circondano la scuola davanti alla
mensa, di fronte alla recinzione, all’entrata principale… Allora giocheremo
al gioco dell’Architetto sognatore. Ci divideremo in gruppi di quattro o cinque, con matita e carta e ispezioneremo ogni angolo della scuola. Faremo una grande mappa del “Giardino” e battezzeremo tutto, con un nuovo
nome avventuroso. Un nome bello che ci permetta di immaginare quel
luogo come un posto fantastico dove praticare qualsiasi gioco, inventato o
che esiste davvero…
Tutti sorridono ora e dicono di si con la testa. Castagna si alza in piedi e
65
rompe ogni indugio: “Giochiamo allora! Io sono l’architetto sognatore! “
“Lo siamo tutti” aggiunge A, “ascoltatemi...”
Sono trascorsi pochi istanti e già i gruppi si sono sparpagliati come piccole
operose formiche, armate di carta e penna.Il grande ippocastano ora si
chiama “Il verde rifugio”: è una capanna al centro di una foresta dove ci si
nasconde per sfuggire ai misteriosi predatori di bambini. Il muro di cinta ora
è la “Fortezza di Ubaldo ” e separa il mondo dei fanciulli dalla villa del mago
Ubaldo, luogo tetro e pieno di sortilegi e terribili magie. Il posteggio è “La
IRUHVWDSLHWUL¿FDWD´VLJLRFDDQDVFRQGLQRFKHqXQDPHUDYLJOLD,UHWWDQJROL
d’asfalto sono le “Isole di ghiaccio” del Mar Baltico…lì si imparano coraggio
e spirito d’avventura, velocità ed equilibrio. Non c’è che l’imbarazzo della
scelta ora…Buon divertimento.
tre: alla ricerca dello spazio perduto
tempo: 30 minuti
obiettivi: quando ogni giorno percorriamo un luogo, o vi abitiamo, ci dimentichiamo di guardarlo
davvero, di osservarne le caratteristiche e le potenzialità. Questo gioco vuole offrire ai bambini l’opportunità di considerare l’edificio scolastico, in cui si muovono ogni giorno, come uno spazio vivo e
pieno.
cosa serve: fogli e penne
svolgimento: per questo gioco è necessario pensare prima una serie di “categorie” secondo le quali
classificare gli spazi della scuola. Ad esempio:
spazi misteriosi
spazi allegri
spazi solo per i bambini
spazi solo per gli adulti
spazi divertenti (per giocare)
spazi noiosi
….
I bambini dovranno esplorare la scuola, divisi a coppie, cercando di individuare gli spazi che appartengono alla categoria che è stata loro assegnata. Sarebbe bello che i bambini girassero per l’edificio
non accompagnati, ma se questo non è possibile l’esplorazione può diventare virtuale e svolgersi
in classe. Le categorie possono essere quante si vuole, ma, per non complicare troppo, meglio che
siano da 4 a 6. Di conseguenza a più coppie si può assegnare una stessa
categoria. Ogni coppia può annotare su un foglio gli spazi che esplora, se
lo ritenete necessario date un numero massimo di luoghi a cui limitarsi.
Terminato, si torna in classe.
quattro: le mappe
tempo: 20 minuti
obiettivi: favorire il lavoro cooperativo, sperimentando l’uso di uno stru-
66
mento diverso, la mappa, che aiuta a semplificare la conoscenza di un luogo, e renderla comunicabile agli altri.
cosa serve: fogli, magari grandi, matite e colori.
svolgimento: le coppie si accorpano a gruppi, uno per ogni categoria. Ogni gruppo disegna una
mappa dei luoghi esplorati, riunendo tutti quelli che ogni coppia ha individuato. Ad esempio, la mappa dei luoghi misteriosi, dei luoghi solo per i bambini, e così via…Terminato il lavoro un portavoce
per ogni gruppo presenta la mappa agli altri.
cinque: concludiamo
tempo: 10 minuti
svolgimento: seduti tutti insieme, si può provare a riflettere su come è avvenuta l’esplorazione e
a motivare la scelta degli spazi: perché abbiamo scelto quello spazio come misterioso (o allegro, o
noioso…)? Come ci sentiamo quando siamo lì dentro? La sensazione cambia se ci stiamo da soli o
con qualcun altro?
E quali possono essere le caratteristiche che ci portano a sentirci così? Che dimensioni ha? Com’è la
luce al suo interno? Quali sono i colori dominanti? Cosa c’è dentro, mobili, oggetti? …
sei: ci salutiamo
tempo: 5 minuti
”guardo avanti e guardo intorno, continuiamo un altro giorno!”
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la scuola: spazi e tempi di apprendimento e socialità
I nostri bambini e le nostre bambine trascorrono negli ambienti scolastici un
tempo che varia dalle 5 alle 8 ore al giorno. Le scuole diventano, per circa
10 mesi l’anno, una specie di “seconda casa”.
Studi recenti hanno dimostrato come la qualità degli spazi che accolgono
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le attività didattiche abbia ripercussioni non solo sul rendimento scolastico
ma anche sul sistema di relazioni che quotidianamente viene attivato nelle
classi e nei corridoi di una scuola.
Tutti i bambini e le bambine hanno bisogno di “fare tana”, di abitare spazi familiari, raccolti, accoglienti e ospitali; hanno bisogno di “casa”, di materiali
caldi, naturali, piacevoli alla vista e al tatto; hanno bisogno di immergersi
nel “bello” e nel “buono”.
Hanno bisogno di ritmo e di ritualità, di tempi dilatati capaci di accogliere le
67
loro individualità e i loro talenti.
Hanno bisogno di spazi aperti dove “toccare con mano” la natura e osservare i mutamenti delle stagioni, dove correre e arrampicarsi, spazi dove
sperimentare giochi in libertà e, allo stesso tempo, sentirsi protetti.
E hanno anche bisogno di crescere accompagnati da persone attente, competenti, gentili, capaci di osservare, decodificare i loro bisogni e rispondere
in modo puntuale e adeguato.
E’ importante riuscire ad offrire un ambiente protetto in cui si avverte calore
nei rapporti sociali, in cui vige un pensiero amichevole e l’interesse reciproco.
Tutto ciò ha la stessa importanza dei colori delle pareti, delle luci scelte per
illuminare i locali, dei materiali scelti per il gioco e per la didattica, della
cura che ognuno dedica agli spazi abitati ogni giorno…ancora una volta, le
relazioni con i luoghi e le relazioni con le persone sono ciò che determina la
possibilità di sentirsi accolti e “a casa”.
Quando gli spazi non ci permettono di vivere bene possiamo provare a cambiarli, e non è sempre necessario ritinteggiare o cambiare i mobili, a volte
può bastare anche modificare la disposizione dei banchi o, in un pomeriggio un po’ buio, fare lezione alla luce calda di un’abatjour invece che delle
lampade al neon. E magari dare un nome agli spazi dopo averli “trasformati”
come nel racconto di A e O. Accorgimenti che con piccolo sforzo possono
adattare i luoghi in cui viviamo alle diverse esigenze. Perché la progettazione e la cura quotidiana degli spazi scolastici devono tenere conto delle
differenti funzioni che la scuola assolve. La scuola è il luogo dell’apprendimento, della costruzione della conoscenza e dei saperi ma è anche tante
altre cose.
E’ il luogo dove si sperimentano dinamiche sociali, dove transitano emozioni, sentimenti, stati d’animo, dove nascono relazioni e socialità tra le
in ogni scuola c’è un angolo misterioso
L’atmosfera è cupa. A volte è buio e di sicuro non c’è mai nessuno.
Le scale secondarie, ad esempio, sono polverose, inquietanti, hanno l’aria
di un posto vecchio, i muri sono scrostati e fanno proprio un po’ paura. Poi
c’è la sala dell’ascensore. Non ha finestre e ci sono un sacco di oggetti
abbandonati.
E poi c’è quella porta sempre chiusa, che non si sa dove porti e nessuno ha
il coraggio di aprire…
i bambini della IV B
68
D A I L A B O R AT O R I P I LO T A
persone, dove ci si “allena” alla vita.
IL RITORNO
ore 16.30
pagina 7
della giornata di A e O
e se ci pensassero i bambini?
e ora comincia l’avventura...
come dovrebbe essere una città giusta per i bambini, per
potersi muovere e giocare in libertà?
ore 16.30, pagina 7 della giornata di A e O
IL RITORNO
e se ci pensassero i bambini?
qual è l’obiettivo?
Giunti alla settima puntata della giornata di A e O, proviamo ad ascoltare che effetto fa la città ai bambini, dando loro la parola per raccontare quali possibilità di “vagabondare” in libertà hanno, o hanno
provato, anche solo una volta. E, nelle storie che raccontano, raccogliere echi delle nostre paure di
adulti, desideri di avventura, strategie per sentirsi più forti e indipendenti. E se la città, pensata e costruita dagli adulti, non lascia ai bambini spazi per perdersi un po’, diamo loro la matita del progettista
e lasciamo che inventino strade per rendere questa città un posto “come piace ai bambini”.
quali sono le attività?
il gioco dei nomi
5
minuti
il racconto, Patufé si è perduta
15
minuti
racconta la tua avventura
15
minuti
riprogettiamo la città?
30
minuti
concludiamo
10
minuti
5
minuti
ci salutiamo
uno: il gioco dei nomi
tempo: 5 minuti
questa volta si può dire il proprio nome e cosa si vorrebbe fare da grandi.
due: il racconto, Patufé si è perduta
tempo: 15 minuti
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giornata intensa e piena di occasioni per non annoiarsi, ma anche per
imparare.
$ H 2 FRPH WXWWL L EDPELQL GHOOH YDULH FODVVL VL VRQR PHVVL LQ ¿OD H WUDscinando piedi e cartelle si avviano verso l’uscita. Fuori, una schiera di
sorridenti genitori è pronta ad accoglierli.
Qualche saluto ad alta voce, qualche promessa di ritrovarsi in biblioteca o
al campetto dopo la merenda, portiere che sbattono, gipponi che sfrecciano, pedoni che sbuffano. La baraonda dura per fortuna un breve attimo e in
men che non si dica la folla si dissolve come per magia. Ciascuno va veloce per la sua strada e davanti al cancello non rimane più nessuno… Anzi,
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come se aspettasse un padroncino. Ma i ragazzi sono usciti tutti ed è rimasta solo la bidella Grazia che poi ha tre gatti e non può certo avere anche
un cagnolino…forse sarà solo curioso. Non si muove, sembra proprio che
aspetti qualcuno. E’ tutto scuro, con una macchia bianca che splende sulla
70
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La sua coda è davvero vivace: spazzola la strada senza sosta.
A e O che si erano persi ad osservare il cagnolino, ora si guardano sconsolati: “E la mamma dove sarà ?”
Forse il bus è in ritardo o la mamma ha avuto un contrattempo. Non resta
che aspettarla. Tanto lei sa che i suoi bambini conoscono bene le regole
della sicurezza: “ Non si esce da soli dal cortile della scuola per nessun
motivo”.
“…per nessun motivo? “ dice O. “ E se venisse il terremoto? E se la scuola
prendesse fuoco? E se dovessimo metterci in salvo da chissà quale pericolo?”.
A – Non farti prendere dall’ansia O, aspettiamo un attimo e tutto si risolverà. Però rimaniamo nel cortile della scuola come ci hanno insegnato.
O – Va bene, aspettiamo.
Il tempo passa, ma la mamma non si vede ancora, mentre il cagnolino è
sempre lì seduto. Fissa A e O con occhi che sembrano chiedere qualcosa
e la coda intanto spazzola la strada, con il ritmo di un tergicristallo,.
O – Beh, non sarà certo violare le regole se intanto carezziamo il cagnolino, no?
I due fratellini si muovono di un passo e, come se con quel gesto avessero
schiacciato l’interruttore giusto, il cagnolino parte come una freccia verso
di loro: sgambetta storto, si gira su se stesso, si proietta in un salto acrobatico e sferra una bella leccata sul naso di O.
Poi subito si accuccia ai piedi dei due bimbi guardandoli negli occhi dal
basso verso l’alto come implorando protezione. Ha una targhetta di metallo dorato al collo su cui c’è scritto in caratteri leggeri: Patufé..
O – Si chiama Patufé…
E a sentir pronunciare il suo nome il cagnolino si riaccende come prima:
stesso salto, stessa leccata, ma questa volta sul naso di A.
Poi si accuccia sui piedi della bimba e guardando lontano, con i suoi tristi
occhioni, piange sommessamente.
A – Ci scommetto che si è perduto. Dobbiamo aiutarlo ci sta chiedendo
aiuto.
O – Ma non avevi detto… LE REGOLE ? Da soli non si esce da scuola!
A – Ma noi non siamo soli…
O – E’ vero!!!
E’ trascorso qualche minuto e ora un foglio di quaderno, a righe, appeso al
cancello avverte: “MAMMA ASPETTACI QUI. UNA QUESTIONE DI VITA O
DI MORTE CI TERRA’ OCCUPATI PER ALMENO DIECI MINUTI”
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in loro.
O - Come faremo a ritrovare la casa di Patufé?
? I cani non parlano e quindi
non ci può aiutare…
A – Non dimenticarti che proprio oggi siamo usciti con la maestra e abbiamo conosciuto un sacco di gente, chiederemo a tutte le persone che
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incontreremo.
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mercato: nulla e soprattutto nessuno che conosca Patufé.. A e O si siedono
sconsolati su una panchina davanti alla fermata del 73. Giunge l’autobus
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Patufé,, FRPH
come
attratta da un irrefrenabile istinto salta sul mezzo con un balzo. I due bambini, rischiando di rimanere intrappolati nelle porte che si stanno già chiudendo la seguono con un tuffo.
“Patufé,
Patufé,, sei a spasso con i tuoi parenti oggi?”, dice l’autista lanciando uno
sguardo nel grande specchio retrovisore. E Patufé ricambia la frase amiFKHYROHFRQXQDOHFFDWLQDGLQDVRFKHDUULYD¿QRDIDUJOLVROOHYDUHLOFDSpello che porta in testa.
O - Scusi, ma lei conosce questo cane?
Autista – Certo, è la cagnolina della signora Tatiana, credevo foste suoi
parenti.
A – No, è che l’abbiamo trovata davanti a scuola e abbiamo pensato si
fosse perduta…
Autista – Oh, ecco: questa è la loro fermata, scendono sempre qui. La
signora Tatiana è la custode della scuola materna…Un grazie veloce e i
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Patufé.. /D
La signora
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da lontano riconosce il suo cagnolino che fa ritorno a casa…
Una bella avventura, solo che quando A e O arrivano di nuovo davanti alla
scuola il foglio di quaderno a righe che avevano appeso al cancello è nelle
mani di un poliziotto, mentre il suo collega cerca di consolare la mamma
che piange disperata…
Una sgridata, ma anche una nota di merito e soprattutto un onorevolissimo
ritorno a casa sull’auto della polizia, con il lampeggiante in funzione.
tre: racconta la tua avventura
tempo: 15 minuti
obiettivi: dare ai bambini la possibilità di raccontare le proprie piccole o grandi esperienze di autonomia, e riflettere su quello che li fa sentire sicuri quando sono da soli, cosa temono, e quali raccomandazioni vengono loro fatte.
cosa serve: se si vuole un cartellone, o la lavagna per annotare le cose che vengono dette.
svolgimento: oggi si discute di “autonomia”: si può iniziare chiedendo ai bambini dove vanno e
cosa fanno da soli, oppure in gruppo, ma senza la presenza di adulti. Poi provate a chiedere a che cosa
stanno attenti, quali sono gli “elementi” che tengono sotto controllo e quali invece quelli che li fanno
sentire sicuri. Se volete, segnate le esperienze sul cartellone o sulla lavagna, così che emergano i
tratti comuni.
72
quattro: riprogettiamo la città
tempo: 30 minuti
obiettivi: elaborare dei progetto collettivi che, a partire dagli elementi della città evidenziati negli
incontri precedenti, immaginino strategie e soluzioni che rendano l’ambiente più adatto alle loro esigenze e più vicino al loro ideale di città.
cosa serve: quattro fogli grandi o cartelloni, dei pennarelli per scrivere.
svolgimento: riprendete tutti i materiali prodotti negli incontri precedenti relativi all’analisi dei luoghi ed alle impressioni che situazioni e persone hanno suscitato nei ragazzi.
Per non ampliare troppo l’ambito di riflessione forse è meglio limitarsi all’ambiente esterno, il quartiere, e lasciar stare invece l’analisi della scuola (che volendo si può utilizzare in un altro momento)
recuperando i cartelloni preparati durante l’incontro 4 e gli appunti relativi all’uscita dell’incontro 5.
Rivedete insieme gli elementi negativi emersi, anche solo rileggendoli.
È arrivato il momento di provare a pensare a qualche soluzione per migliorare la città, cercando di
prendere in considerazione sia le proposte più ambiziose che i piccoli stratagemmi che si potrebbero
adottare nel quotidiano.
Per guidare la progettazione, se volete, si può lavorare in gruppi, assegnando ad ogni gruppo un punto
di vista diverso attraverso un personaggio di riferimento. Proponiamo quattro gruppi e quattro personaggi: il sindaco, l’inventore, la maga e i bambini –A e O-, ma se volete sceglietene altri o aggiungetene. Ogni personaggio ha un ruolo peculiare e osserva la città con il proprio sguardo; i bambini
dovranno provare ad immedesimarsi a proporre soluzioni da quello specifico punto di vista. Date a
ciascun gruppo un cartellone e 15 minuti circa di tempo per scrivere le proposte.
L’unica regola da tenere presente è che non sono ammesse soluzioni aggressive o punitive (ad esempio, non si possono togliere le gomme alle auto per non farle circolare o mettere in prigione i passanti
maleducati).
Terminato il lavoro, ogni gruppo presenta agli altri le proprie proposte, magari attraverso un portavoce. Se volete, potete chiedere loro di
teatralizzare un po’ questa presentazione.
Può essere sufficiente dire loro di
scegliere un modo consono di presentarsi al pubblico, e troveranno
un modo originale di portare la loro
proposta; se volete aiutarli, ricordate
loro le caratteristiche del personaggio che interpretano.
cinque: concludiamo
tempo: 10 minuti
svolgimento: questa volta sarebbe importante interrogarsi sul senso e sulla sostenibilità delle proposte fatte. Ogni gruppo avrà proposto soluzioni diverse, alcune più realistiche e altre meno realizzabili. Da quale partirebbero se potessero iniziare a lavorarci davvero? Come farebbero a metterle in
pratica?
sei: ci salutiamo
tempo: 5 minuti
”guardo avanti e guardo intorno, continuiamo un altro giorno!”
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autonomia: tempo per fare cosa?
Chiedendo a genitori e figli di valutare il livello di autonomia in città i risultati
non corrispondono: i bambini dichiarano una autonomia maggiore rispetto a
quella riconosciuta loro dai genitori (dalla ricerca del CNR “l’autonomia di
movimento dei bambini italiani”, 2002). Non potendo valutare l’autonomia
reale i ricercatori del CNR ipotizzano che i bambini tendano a sovrastimare
e i genitori a sottostimare. E che i bambini sovrastimino per un desiderio
di maggiore libertà, mentre i genitori sottostimino in conformità al proprio
ruolo di responsabilità e protezione.
In altri casi la disparità di punti di vista è oggettiva e non una questione di
valutazione: ad esempio un bambino e un adulto possono impiegare tempi
molto diversi a compiere uno stesso percorso.
Il ricercatore americano R.C. Moore ha seguito una bambina lungo la strada
da scuola a casa. Il percorso, cronometrato, è di circa 20 minuti. Kayla ne
impiega 45. Leggere cosa fa lungo il percorso da l’idea di cosa significa la
strada per un bambino molto meglio di qualsiasi riflessione.
Ecco il “viaggio” di Kayla:
Kayla e il suo amico Simon attraversano Claremont Avenue aiutati dal vigile
urbano
raccoglie dello sporco e dice: “la gente butta un sacco di immondizie nelle
strade”
si ferma davanti a una pozzanghera e trova una farfalla mezzo annegata,
scivola sull’acqua raccoltasi sotto il gradino del marciapiede nella pioggia
del giorno precedente
raccoglie qualche foglia d’albero
si ferma davanti alla casa di Dennis e butta nel bidone lo sporco raccolto in
precedenza
vede una bandiera degli Stati Uniti sulla strada e domanda a un passante
perché si trovi lì
attraversa Piedmont Avenue senza guardarsi attorno
nota che il rivolo d’acqua lungo la strada diventa sempre più piccolo
sale su un camion posteggiato
74
ambedue i bambini raccolgono una foglia dall’acqua, scrivono i loro nomi
su di essa con il fango, si lavano le mani nell’acqua e giocano camminando
attraverso il fango
trovano l’auto dei genitori di Simon parcheggiata dal benzinaio per il lavaggio, su quell’auto Kayla aveva scritto “lavami” quel giorno stesso andando
a scuola. Kayla beve un sorso d’acqua alla fontana
attraversano College Avenue (una strada di scorrimento veloce a quattro
corsie) facendo molta attenzione e continuano quindi lungo Webster Street
prendono una “scorciatoia” che comporta il seguente tragitto: entrare nella
corte interna di un condominio d’angolo, salire le scale, scivolare lungo una
siepe di bambù, riemergere infine in Webster Street (“difficilmente si può
definire una scorciatoia!”, commenta il ricercatore)
i bambini vengono fermati da un auto con adesivi della campagna elettorale
di McGovern; parlano delle mock election che avevano avuto in classe e
quindi tracciano delle scritte sull’auto bagnata
camminano tra due case ed entrano in un piccola area-gioco di un asilo,
giocano sulle altalene
Kayla arriva a casa.
Il percorso casa-scuola di Kayla è tratto da R.C. Moore, “Streets as Playgrounds”, in A. Vernez Moudon, Public Streets for Public Use, ed., Van
Nostrand Reinhold Co., New York, 1987. Si veda anche “Abitare il tempo, una guida alle politiche sui tempi”, di Mauro Giusti e Giancarlo Paba,
1999.
come potremmo migliorare la città:
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gruppo inventore
per far stare tranquilli gli automobilisti: una macchina “tranquillante”, con i
sedili che vibrano per rilassare e un aroma diffuso. Per far stare tranquilli i
pedoni: le strisce pedonali che cambiano colore. Per tenere pulite le strade:
un liquido da dare a tutti i cani per far sì che la loro cacca venga assorbita
dal terreno e si trasformi nello stesso materiale: cemento, asfalto, terra...
E ancora: cestini meccanizzati per eliminare la spazzatura, lampadine che
illuminano con il fuoco al posto dell’elettricità, macchine volanti che non
inquinano e bici con la radio per ascoltare la musica. E poi, inventare oggetti
che si trasformano in case per i poveri e costruire parchi per i bambini piccolissimi ma che possono usare anche i bambini più grandi.
gruppo maga
potremmo fermare il tempo. Potremmo migliorare le menti dell’uomo (così
che le persone rispettino le regole, che si salutino quando si incontrano...).
Potremmo preparare la pozione per far divertire, la pozione per essere ricchi,
75
la pozione per non avere occhiali e apparecchi. Potremmo fare una magia
per far salutare tutte le persone.
gruppo sindaco
potremmo: aggiustare le strade, mettere poliziotti dappertutto, imprigionare
chi supera il limite di velocità, mettere più telecamere, piantare molte piante, cercare di diminuire gli incroci (con sotto e sovrappassi), cercare di
fare meno cose che inquinano, fare una fabbrica per città (una sola molto
grande, per poter eliminare tutte le altre), mettere più rotonde e meno semafori, avere più centri abitati (più case, soprattutto per gli immigrati che arrivano e hanno bisogno di una casa), avere più statue, più case di risposo,
più ospedali, più chiese, più scuole, più parchi, più supermercati e negozi,
più lavoro, più centri caritas, mense più gustose, teatri e cinema, meno
smog e più piscine.
gruppo A e O
proponiamo: un robot succhiacacche (che A e O sanno costruire); una rivoluzione bambinistica (tutti i bambini si riuniscono in una manifestazione
contro l’inquinamento e i problemi della città); usare le macchine a energia
solare; tingere le case di colori allegri; far rispettare i prati e i parchi; aiutare
gli anziani; buttare i rifiuti nei cestini; intrattenere i bambini; far comparire
spesso l’arcobaleno; dar da mangiare ai randagi; protestare contro i ragazzi
che rovinano tutto; inventare macchine che non superano i limiti di velocità;
far comparire una piazza fatta di dolci; far costruire una torre di controllo per
prestare soccorso immediato a tutti; inventare nuvole di zucchero filato per
bambini adulti e anziani che non causano carie o mal di pancia.
76
LA MERENDA
ore 17.30
pagina 8
della giornata di A e O
incontriamo gli abitanti del quartiere
alla scoperta del vicino nascosto, che gusto c’è in una
merenda senza nuovi amici?
ore 17.30, pagina 8 della giornata di A e O
LA MERENDA
incontriamo gli abitanti del quartiere
qual è l’obiettivo?
“Non parlare con gli sconosciuti!!” è la saggia esortazione che rivolgiamo ai bambini ogni qualvolta
concediamo loro un po’ di libertà. In questa puntata l’obiettivo è quello di offrire ai bambini la possibilità di uscire dalla scuola e incontrare le persone, sconosciute, sul territorio, provando a interagire
con loro e conoscerle un po’: il passante, il vigile urbano, il giornalaio, il vicino di casa. Perché il
fattore umano della città, che così spesso nel nostro immaginario è legato alla minaccia e alla paura,
è altrettanto intimamente connesso alla sensazione di trovarsi in un luogo sicuro: ci si sente “a casa”
dove si percepisce la presenza di una rete informale di controllo e di cura da parte delle persone che
vivono in un territorio.
quali sono le attività?
il gioco dei nomi
5
minuti
il racconto, XQDPHUHQGDGDOHFFDUVLLEDI¿
15
minuti
alla scoperta degli abitanti del quartiere
45/60
minuti
concludiamo
10
minuti
5
minuti
ci salutiamo
uno: il gioco dei nomi
tempo: 5 minuti
questa volta si può dire il proprio nome e una cosa che si sa cucinare.
due: il racconto, una merenda da leccarsi i baffi
tempo: 15 minuti
Il pomeriggio ormai è stanco e si prepara a lasciare il posto alla sera che
sta per arrivare. Ma la luce del sole illumina ancora un attimo le strade
prima del tramonto. Molta gente ha terminato il lavoro ed ora comincia a
ripopolare il quartiere. A e O la chiamano “l’ora delle tante voci”. Si, perché
ogni giorno, soprattutto nelle belle giornate, a quest’ora è come se la città
si risvegliasse per la seconda volta, proprio prima della sera. La gente
sbuca da ogni portone e da ogni via e si mette a passeggiare.
Le voci di grandi e bambini salgono allegre e sonore e superano persino
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l’ultimo ingrediente per preparare una buona cena, passeggiare e incontrare amici. Come è bella la città a quest’ora prima che scenda il buio.
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scendere in strada. Ci vorrebbe un’idea…A e O si guardano illuminati: ecco
l’idea! Si mettono d’accordo in gran segreto.
A – Mamma, oggi a scuola abbiamo fatto esperienze bellissime…siamo
78
andati a scoprire i luoghi del quartiere vicino alla scuola…
Mamma – State diventando grandi, ed è giusto che sappiate muovervi per
le strade anche da soli. La maestra lo sa ed è per questo che vi aiuta a
conquistare sicurezza.
O – Sai mamma, oggi abbiamo sentito qualcosa di meraviglioso…
Mamma – In che senso?
A – Abbiamo sentito, vicino al mercato, un profumo irresistibile di tortelle...
O – Frittelle!
Mamma - Frittelle?
A – Sì mamma, sia io sia mio fratello volevamo chiederti se ci insegni a
preparare le frittelle. Frittelle di mele!
Mamma – Ma è quasi l’ora di cena…
O – Ma noi non abbiamo ancora fatto merenda. Come si fa ad arrivare
alla cena senza essere prima passati dalla merenda…lo stomaco si ribella
all’idea.
Mamma – Io avrei dello yogurt per voi e del budino…
A – Sì, ma sai come è buono il budino con le frittelle di mele?
Mamma – Non è per deludervi, ma non abbiamo in casa nulla per fare le
frittelle di mele.
O – Se è solo per questo, ci pensiamo noi!
Mamma – Ma come fate, bisogna girare il quartiere e comprare ciò che
manca...
A - Hai detto tu che stiamo diventando grandi, no? Andremo dal fruttivendolo e poi al supermercato all’angolo…stai tranquilla, non ci perderemo.
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Mamma – Va bene, va bene… state diventando grandi…
La mamma sembra convinta. Consegna allora ai bambini un portafogli con
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di salutarli raccomanda loro di passare dalla signora Paola, la panettiera.
La signora Paola è una donna ancora giovane anche se fa la panettiera
da molti anni. In verità la signora Paola sa fare tutto: dipinge, scrive poesie, sa aggiustare la sua macchina quando è in panne, sa cucire vestiti per
bambole e bambini, sa fare costumi di carnevale e maschere anche coi
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uomo e una donna. La signora Paola è la donna più speciale del quartiere:
quando arrivano le feste, prepara la vetrina della panetteria con casette di
marzapane e strade di biscotto. I tetti sono di pane e il lago è fatto di pizza.
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si incantano davanti a tanta bellezza. Col naso appiccicato alla vetrina si
dimenticano quasi dei fatti loro e si perdono nelle stradine di quel paese
un po’ dolce e un po’ salato, piene di cosucce da sogno.
A e O sono felici di andare dalla signora Paola. Scendono le scale e in un
attimo sono nel negozio…
Signora Paola – Oh, le frittelle di mele… vi devo dire la verità, non le ho
mai fatte, ma non mi spaventa la questione. Le inventeremo insieme. La
signora Paola conduce A e O nel retro della panetteria e intorno ad un gran
tavolo di legno consumato, avvolti dal profumo di farina, i tre inventano la
79
ricetta delle frittelle di mele: farina, burro, zucchero, ovviamente mele.
Quando A e O escono dal negozio sono felici e con la fantasia già assaporano le loro frittelle. Sono felici di essere per strada, si sentono grandi
e liberi. La gente è tutta come loro: allegra, curiosa, felice di essere libera
per la strada. Il vigile di quartiere li saluta e li fa attraversare. Una signora li
accarezza con un buffetto sulla testa. Un’altra chiede loro dov’è la fermata
del 5. Prima il supermercato, poi il fruttivendolo…i prodotti da comprare, i
soldi da contare, i pacchetti da ordinare, la borsa da portare, la strada da
trovare…Questa è vita!
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e papà.
tre: alla scoperta degli abitanti del quartiere
tempo: 45/60 minuti
obiettivi: entrare in contatto con le persone che si incontrano nel proprio quartiere, dando loro un
nome e conoscendo un po’ la loro storia. Superare ritrosia e timore, per trovare, in picccoli gruppi,
“la chiave giusta” per avvicinarsi un po’ di più alle persone che vivono, lavorano, o transitano sul
nostro territorio.
cosa serve: una traccia dell’intervista per ogni bambino, (se volete potete utilizzare la traccia riportata a pag. 84, oppure prepararne una ad hoc), una penna per scrivere le risposte degli intervistati.
svolgimento: vi proponiamo di formare gruppi da tre, ogni gruppo farà almeno tre interviste, così
che ogni bambino ne possa condurre una. Se si divertono e se c’è tempo possono poi farne altre.
Serve un luogo con un passaggio sufficiente di persone, può essere lo stesso della casa di A e O o
qualsiasi altro che riteniate indicato.
Ogni gruppo dovrebbe avvicinare le persone da intervistare, passanti, negozianti…, autonomamente,
senza il vostro aiuto. Se all’inizio dovessero essere timidi, o incontrare passanti poco disponibili,
incoraggiateli a continuare senza perdersi d’animo.
Se volete potete suggerire di organizzare il lavoro all’interno del gruppo in questo modo: una persona
farà le domande, una scriverà le risposte, e la terza osserverà attentamente l’intervistato per poi farne
un ritratto –con un disegno o parole-, una volta tornati in classe.
quattro: concludiamo
tempo: 10 minuti
svolgimento: sull’esperienza fatta in questo incontro sicuramente non mancheranno elementi di
cui discutere insieme. Come sono andate le interviste? Come hanno reagito le persone? E i bambini
quali difficoltà hanno incontrato? Quali reazioni hanno avuto di fronte ai diversi atteggiamenti delle
persone? Qual è stata la persona che li ha incuriositi di più e perché?
cinque: ci salutiamo
tempo: 5 minuti
”guardo avanti e guardo intorno, continuiamo un altro giorno!”
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prendersi cura di:
la sicurezza come responsabilità condivisa
A volte quando, parlando con i cittadini di un quartiere, si affronta il tema
della sicurezza urbana, si percepisce una sensazione comune riassumibile
in “ormai è troppo tardi”, “ormai si è già andati oltre”. Nelle discussioni più
brillanti emerge la possibilità di una riduzione del danno con alcuni accorgimenti. Meglio se gli accorgimenti li prendono altri deputati a garantire la
sicurezza dei cittadini:le Istituzioni, le Forze dell’Ordine….
Sembra che il territorio che tutti i giorni abitiamo, attraversiamo, ascoltiamo,
osserviamo non ci appartenga e sia esclusivamente un terreno ostile, pieno
di pericoli dai quali difenderci ma verso i quali noi, in qualità di cittadini,
non possiamo fare nulla.
I genitori sono sempre più preoccupati per i rischi che potrebbero incontrare
i loro figli nelle differenti situazioni esterne alla famiglia. Ma difficilmente
se ne occupano scegliendo di assumere un ruolo attivo nella ricerca di strategie che potrebbero migliorare la sicurezza di un territorio e aumentare la
possibilità di sviluppare dinamiche di solidarietà sociale tra le persone che
vivono lo stesso spazio.
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Quali possono essere queste strategie?
E’ chiaro a tutti che i grandi hanno la responsabilità della sicurezza dei più
piccoli e hanno il dovere di proteggerli. Non solo e non esclusivamente dei
“propri” piccoli, ma di tutti i piccoli che abitano un territorio.
Condividere tale responsabilità tra adulti responsabili è un primo passo.
Tessere reti informali, con l’obiettivo di “vigilare” sulla sicurezza, tra le
persone che abitano la strada – adulti, giovani, genitori, vigili, negozianti,
anziani - restituisce a tutti una maggiore tranquillità perchè sentiamo che
il sistema di protezione è attivato da una collettività che sa sempre chi sta
81
attraversando, giocando o passeggiando e, con il suo sguardo attento, lo
protegge.
Sembra una riflessione semplice e banale ma oggi appare come una pratica
un po’ in disuso. Travolti dalla fretta spesso ci ritroviamo a correre da una
parte all’altra della città senza nemmeno guardarci intorno, approfittando di
quella breve passeggiata per fare una telefonata, ascoltare la musica con le
cuffiette o, semplicemente, per pensare ai fatti nostri.
Un altro fattore importante è la conoscenza. Tutti noi abbiamo paura di ciò
e di chi non conosciamo. Non mi fido perché non conosco. Eppure molti
di noi non conoscono nemmeno il vicino di casa che abita sullo stesso
pianerottolo da molti anni. E ovviamente non ci fidiamo di quel vicino di
casa. Lo stesso succede rispetto ai negozianti che lavorano nei pressi delle
nostre abitazioni perché facilmente facciamo la spesa vicino ai nostri posti
di lavoro o al grande supermercato.
Conoscere le persone che vivono tutti i giorni nel nostro quartiere, entrano
ed escono dagli stessi condomini, dagli stessi negozi, dalle stesse scuole,
dalle stesse palestre, dalle stesse chiese ci permette di avere dei riferimenti
conosciuti dei quali possiamo scegliere di fidarci o non fidarci.
Infine, un ultimo piccolo suggerimento di riflessione: il gruppo. Una volta
i bambini e le bambine si muovevano in gruppo. Piccole bande composte
da più grandi e più piccoli. I più grandi avevano la responsabilità dei più
piccoli. Erano una forza perché erano un gruppo. Oggi è raro incontrare le
bande perchè i bambini, spesso figli unici, non sono più abituati a vivere il
gruppo. E siccome ci vuole molto coraggio ad andare da soli a spasso nelle
nostre città si sceglie di stare chiusi in casa. Peccato.
“Stefano era molto sorridente e anche generoso, con il viso un po’ tondo.
Sorridendo la faccia gli diventa tutta rosa.”
D A I L A B O R AT O R I P I LO T A
Sanata
82
83
il PDF dell’intervista pronto da stampare è nel DVD
intervistatori:
data:
1 come ti chiami?
2 dove abiti?
3
come ti sposti di solito in città?
4 dove abitavi da piccolo?
5 come andavi a scuola (a piedi, in bici…) ?
6 cosa ti raccomandavano i tuoi genitori quando uscivi da solo?
7 e a me che raccomandazione faresti?
8 dove giocavi?
9 che giochi facevi?
10 se potessi farmi provare una cosa che c’era quando eri piccolo tu quale sceglieresti?
LA SERA
ore 21.00
pagina 9
della giornata di A e O
per un progetto importante servono gli altri
torna la sera, e la nostra giornata diventa una storia:
da scrivere, da raccontare, da recitare, da cantare...
magari anche da assaggiare, tutti insieme!!!
ore 21.00, pagina 9 della giornata di A e O
LA SERA
per un progetto importante servono gli altri
qual è l’obiettivo?
Questo incontro propone una riflessione conclusiva sulle uscite delle giornate precedenti: quali strumenti si sono aggiunti o affinati nella nostra cassetta degli attrezzi? Come si possono condividere
le scoperte fatte con i nostri “vicini di casa”? Un’idea può essere quella di organizzare un piccolo
momento di festa in uno spazio pubblico vicino, che potrebbe essere pensato per raggiungere due
obiettivi:
- da un lato comunicare agli altri il frutto di questo percorso compiuto sulla città. Nel corso degli
incontri sono state scoperte e discusse tante cose, si tratta ora di dare loro una forma condivisibile
e in questo modo provare a sensibilizzare gli altri bambini della scuola, le famiglie, gli abitanti del
quartiere…
- sperimentare e far sperimentare direttamente un piccolo momento di trasformazione della città. Scegliendo di fare una festa in uno spazio pubblico
(la strada di fronte alla scuola, la piazza più vicina, i giardini…) lo si trasforma, anche se solo per alcune ore, in un luogo diverso, magari più vivibile,
sicuramente più interessante.
E allora via, si organizza.
quali sono le attività?
il gioco dei nomi
5
minuti
il racconto, A e O e il teatrino con la calza
15
minuti
vorremmo che...
15
minuti
prepariamo la festa
30
minuti
concludiamo
10
minuti
5
minutii
minut
ci salutiamo
uno: il gioco dei nomi
tempo: 5 minuti
Questa volta si può dire il proprio nome e un personaggio, anche fantastico, che si inviterebbe alla
propria festa.
due: il racconto, A e O e il teatrino con la calza
tempo: 15 minuti
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la sera. Si accendono le luci giallognole delle strade, le auto si fanno più
rare e i pedoni si rintanano frettolosi nei portoni. Solo i palazzi sembrano
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tutti i loro mille occhi luminosi.
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le più lontane, ci siano uomini, donne e bambini che stanno facendo qualcosa. Li vedo indaffarati in non so che cosa…infagottati nelle loro piccole
e calde case”.
A – Che vuol dire infagottati?
O – Infagottati! Come messi dentro un fagotto caldo che li protegge…
A – Bello infagottati!
E stringendosi a O si infagotta anche lei.
O – Sai cosa penso a volte A? Se non avessero inventato la tivù questo
sarebbe stato lo spettacolo della sera: immaginare la vita nelle altre case.
C’è da non annoiarsi mai.
E’ la voce della mamma ora che si sente dalla cucina. Chiama i due fratellini alle loro responsabilità: sparecchiare, preparare la cartella, aiutare il
babbo a piegare i vestiti appena stirati per deporli poi nei cassetti. Impilare
almeno le calze, che tanto, anche se non sono piegate bene, nessuno se
ne accorge.
A e O sbuffano un po’, ma poi si convincono che non c’è scampo: le responsabilità pesano, ma sono necessarie.
Le calze di papà sono tutte lisce e scure, tranne quelle grigie pelose che
mette solo in casa.
A – Ehi O, a guardarla bene questa calza sembra la faccia di Patufé…e
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&KLVVjLQTXDOHGLTXHOOH¿QHVWUHOOHDELWHUj3DWXIp«PDJDULLQTXHVWRSUHciso istante starà scorazzando per casa, o forse sarà già appallottolata in
una cuccia di stoffe di lana, vicino ai piedi della sua amorevole padrona.
Che nostalgia…e insieme che pizzico di gioia mista a tenerezza sentono
ora in fondo al cuore i due bambini, ripensando al musino di Patufé.
E’ la voce della mamma che li chiama, un poco di televisione e poi a dormire…
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con scope, sedie e stoffe. Si sentono strascichi e colpi…e anche qualche
voce strana. Ma che cosa staranno facendo chiusi là dentro?
Basta poco per scoprirlo: la porta della stanza dei ragazzi si spalanca con
un botto, mostrando una specie di capanna di stoffe colorate e trapunte
patchwork, che somiglia vagamente ad un teatrino dei burattini. Ha l’aria
di stare in piedi per miracolo, ma promette qualcosa di divertente e misterioso. Davanti al teatrino di stoffa i due ragazzi hanno preparato anche la
platea: almeno quindici posti a sedere, con sedie di diverse altezze, uno
sgabello di legno, una seggiolina di paglia che dall’altezza sembra quella
degli gnomi.
Un cartello scritto a mano e appeso davanti al boccascena dice così: “Oggi,
alle ore 21 in punto, grande spettacolo di burattini dal titolo. Patufé perduta
e ritrovata per amore. Quasi tragedia in un atto ”.
A e O ora sono frenetici per l’emozione, vanno avanti e indietro dalla stan]DHVLLQ¿ODQRPLOOHYROWHVRWWROHVWRIIHGHOWHDWULQRHSRLQHHVFRQRIXRUL
Devono preparare ancora molte cose segrete. Mamma e papà, pressati
87
dai ragazzi, si affrettano a concludere ogni faccenda serale, compreso lo
spegnimento della tivù.
Mamma e papà sono frastornati: A telefona a qualcuno, mentre O va avanti
e indietro dalla porta di casa…
Una sarabanda che fa girar la testa. Sarà meglio accomodarsi in platea e
aspettare.
O – No papà quello è il posto per i nostri amici, tu mettiti lì che sei alto.
Papà – Lì? Ma non ci sto nemmeno se mi tagli a metà…
O - Papà!!!… Fai uno sforzo!
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nella seggiolina degli gnomi. Poi fa per rialzarsi ma la sedia si solleva con
lui: ormai è incastrata saldamente al suo sedere. Sembra di vedere un
lumacone con appiccicato dietro un piccolo guscio di paglia.
Il campanello squilla impazzito e la casa è un andirivieni di bambini e genitori. Come se tutto il quartiere si fosse improvvisamente trasferito in casa di
A e O. Un colpetto di tosse di A fa ammutolire la platea, annunciando che lo
spettacolo sta per cominciare. Si abbassano un poco le luci mentre piano
piano tacciono le voci di grandi e bambini. L’emozione ora regna sovrana
nella muta stanza. Il sipario si apre ed ecco spuntare da un lato delle quinte
un musino grigio argentato, si lamenta e pigola, sembra proprio un cagnoOLQR(FKHVLPSDWLFRFDJQROLQR«6RORLOEDEERIDXQDVPRU¿DGLVWXSRUHH
sottovoce dice alla mamma “Le mie calze anti-scivolo…” Shh, silenzio” si
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Lo spettacolo fu un vero successo. Esausti ma felici A e O si ritrovano nel
letto, pronti per una grande dormita.
O - “E’ stato bellissimo A, hai sentito che applausi. Si sono davvero divertiti
tutti. Che ne dici se domani rappresentiamo lo spettacolo anche a scuola”
A - Non voglio pensarci adesso mi sto addormentando…E sai chi c’è con
me? Un cagnolino argentato di nome Patufé”
Nel libro di classe trovate la filastrocca di A e O.
tre: vorremmo che…
tempo: 15 minuti
obiettivi: progettare insieme un piccolo “piano di comunicazione”
rivolto a coloro che, bambini o adulti, si vogliono coinvolgere e sensibilizzare, al fine di trovare il mezzo più adatto per far conoscere il
percorso e le riflessione fatte.
cosa serve: un cartellone o la lavagna per prendere appunti.
svolgimento: si può partire provando a riprendere tutti i temi toccati
durante gli incontri, provando a mettere a fuoco insieme quali si vogliono condividere con gli altri. Nell’incontro 7 abbiamo pensato ad
un po’ di proposte per “migliorare la città”, nell’incontro 8 abbiamo
parlato un po’ delle relazioni fra le persone e di come siano una parte
88
importante della vita in città.
A partire dai temi che si ritengono più interessanti si decide insieme il messaggio da trasmettere
durante la festa, ad esempio quali piccole strategie adottare per vivere meglio in città. Man mano che
i bambini suggeriscono elementi, potete prendete appunti.
A questo punto bisogna scegliere quali strumenti utilizzare per trasmettere nel modo più efficace il
messaggio individuato.
Ad esempio, ammettiamo di aver scelto un messaggio del tipo “usiamo di più la città, gli spazi pubblici, per giocare, incontrarci…”. Si può comunicare in molti modi diversi (al di là del fatto che la
festa è gia comunicazione “occulta”). Si possono fare dei cartelloni, delle piccole rappresentazioni
teatrali, un volantino divertente da distribuire…potete vedere nel box al fondo di pag. 91 per avere
altri spunti.
quattro: prepariamo la festa
tempo: 30 minuti
obiettivi: organizzare questo momento festoso, ma anche decidere insieme come realizzarlo per
coinvolgere efficacemente le persone con cui si vogliono condividere le scoperte fatte.
cosa serve: sempre cartellone e/o lavagna.
svolgimento: questa festa può essere davvero qualsiasi cosa, non è necessario che sia grandiosa,
i punti importanti dovrebbero essere quelli di farla in uno spazio pubblico e invitare tutte le persone
che si desiderano. Se non fosse troppo complicato, si potrebbe decidere di chiudere la strada davanti
alla scuola al traffico per qualche ora e organizzare tornei di giochi da strada, si possono metter dei
banchetti di promozione…è importante scegliere qualcosa che non comporti troppa fatica né spesa
(se si vuole fare merenda ad esempio si può chiedere
alle famiglie di portare qualcosa). In questa attività
di organizzazione quindi è necessario lasciar liberi i
bambini di pensare alla festa che vorrebbero, riportandoli alla fattibilità dell’iniziativa se necessario.
Bisogna quindi decidere:
- chi si invita e come (passaparola, biglietto d’invito…)
- quali attività si fanno (giochi, balli, musica, presentazioni…)
- si mangia? E se sì, cosa?
…
cinque: concludiamo
tempo: 10 minuti
svolgimento: questo incontro è stato tutto centrato sulla discussione, quindi non è necessario tirare
delle conclusioni vere e proprie. Magari si può ricapitolare ciò che si è detto all’inizio, il messaggio
che si è deciso di trasmettere con questa festa…
sei: ci salutiamo
tempo: 5 minuti
Per una volta si può cambiare e inventare una nuova filastrocca, magari facendoci tutti i complimenti
per essere arrivati quasi alla fine e per aver organizzato una bella festa.
ciccia ciccia fiera tresca, preparata e’ gia’ la festa!!!
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spazi urbani e sicurezza
Qual è il legame tra la forma della città e il modo in cui ci si vive?
Qual è la responsabilità dei muri, degli edifici, delle strade, di chi li ha pensati, di chi li ha costruiti, di chi li vive?
Proviamo a partire da un esempio: in una città qualunque c’è uno spiazzo
di fronte a una chiesa, asfaltato, senza nulla, privo di qualità; è uno spazio
deserto.
L’amministrazione di quella città decide di riqualificare questo spazio: vengono costruiti muretti per sedersi, piantati degli alberi, posizionate panchine
e una pavimentazione a ciottoli.
I ragazzi del quartiere adesso si trovano lì il pomeriggio e la sera.
Un altro esempio? C’è, in un’altra città, una piazzetta con degli alberi. La sera
è piuttosto buia e passa poca gente, capita che diventi un ritrovo di persone
che bevono e lasciano bottiglie e cartacce. Alcune signore che abitano sulla
piazza decidono di fare qualcosa: fondano un’associazione e cominciano ad
organizzare attività: mostre, musica. Da allora ogni venerdì sera in piazzetta
si può prendere l’aperitivo, chiacchierare con gli altri abitanti, organizzare
SU
nuovi progetti.
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Non esiste una ricetta fissa per avere uno spazio che funzioni, uno spazio
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accogliente, animato, sicuro. Di certo entrano in gioco tanti fattori: lo spazio
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negozi, i trasporti…), la comunità che lì abita o transita.
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Però, su ognuno di questi fattori si può provare ad agire per cercare di progettare uno nuovo spazio che nasca sotto buoni auspici, oppure per migliorare uno spazio esistente.
E noi cosa possiamo fare?
Certo, molti interventi spettano agli attori istituzionali, ma, come dimostra il
secondo esempio, si può anche inventare e fare qualcosa da sé.
Tutto il percorso proposto da questo kit vuole essere un piccolo esempio di
qualcosa che si può fare da sé, adulti e bambini, per lasciare un segno, pur
impercettibile, nel territorio in cui si vive. E se poi i segni impercettibili si
D A I L A B O R AT O R I
P I LO T A
moltiplicano, chissà…
tre città, tre feste
I bambini di Torino hanno organizzato una festa un lunedì pomeriggio, sul
marciapiede lungo la cancellata della scuola. Si sono divisi in quattro gruppi
e ogni gruppo ha scelto un tema su cui sensibilizzare le persone, preparato
un cartellone con una filastrocca e una scenetta “educativa”.
Genitori e passanti venivano agganciati, assistevano alle scenette e ricevevano un volantino colorato con le quattro filastrocche.
91
I bambini di Trecate hanno voluto fare la loro festa un sabato, nella piazza
del municipio. C’era un gazebo con il buffet della merenda preparata dalle
mamme e la musica per ballare. Passanti e genitori hanno ricevuto uno
scoobydoo colorato fatto a mano, insieme a un bigliettino con scritta una
filastrocca-consiglio su come vivere meglio in città.
I bambini di Casale Monferrato hanno detto che volevano regalare ai loro
genitori una giornata di felicità.
Hanno organizzato la festa nella strada di fianco alla scuola, chiusa per
l’occasione. Hanno invitato tutti i bambini della scuola e i loro genitori.
A ognuno hanno regalato il seme di una pianta (limoni, mele, uva…) da
interrare e coltivare. Si è giocato a bandiera –una bandiera con 70 bambini
e qualche mamma e papà-, a “al centro tutti quelli che…”, a mondo e campana. Si è fatta merenda con una torta alla nutella gigante fatta da un papà
pasticciere e altre cose buone.
92
IL SOGNO
ore 24.00
pagina 10
della giornata di A e O
l’orologio ha fatto il giro, torna la notte, e nei
sogni si svela una magica città...
ma è un sogno davvero? Come potrebbe essere la città
in cui ci sentiamo a casa, in cui la piazza è il nostro soggiorno, il bar sottocasa la cucina e il parchetto pubblico
il nostro giardino?
ore 24.00, pagina 10 della giornata di A e O
IL SOGNO
l’orologio ha fatto il giro, torna la notte, e nei sogni si svela una magica città...
qual è l’obiettivo?
Questo è l’incontro finale. Non è prevista nessuna attività particolare, se non la lettura dell’ultimo episodio della storia di A e O, e poi la realizzazione della vostra festa! Si tratta di un momento bello e importante, organizzato con le vostre forze e che si propone di innescare qualche piccolo cambiamento
nel modo di vivere la città e i rapporti con gli altri. Dopo la festa potete riunire i bambini e discutere
un po’ su come è andata, sulle emozioni provate nel vedere realizzata una propria iniziativa, e magari
anche immaginare la possibilità che ve ne siano altre, in altri luoghi, o con altre modalità.
Se oggi avete animato il cortile della scuola lasciandolo aperto per chiunque volesse entrare e giocare
e far festa, si potrebbe provare un’altra volta a coinvolgere i genitori in un’iniziativa per una passeggiata in bici in quel parco in cui non va mai nessuno...largo all’immaginazione e ai desideri!!
Perché tutto questo lungo viaggio in compagnia di A e O non finisce oggi, ma speriamo diventi un
piccolo patrimonio di esperienza e conoscenza che accompagni bambine e bambini, famiglie, e insegnanti, a muoversi più liberamente, e appassionatamente, nel proprio quartiere e tra i suoi abitanti,
e a prendersene un po’ cura, facendo “ come se fossero a casa propria”...
l’ultimo racconto: pizzicami, perché non so se sto sognando…
tempo: 15 minuti
Ricreata la situazione del racconto, spiegate che questa sarà l’ultima volta in cui leggerete un racconto di A e O, ma che la possibilità di immaginarne il seguito potrebbe essere ancora più divertente per
tutti. Tutte le storie da raccontare, anche le più belle, hanno una fine e che è proprio questa fine che
ci permette di immaginare i nostri beniamini alle prese con nuove avventure.
Quando scende la notte e entra nelle case stendendo il suo mantello di
silenzio e tranquillità, trova tutti i bambini con le testoline sprofondate nei
cuscini. Una tenue luce illumina i loro visi beati.
Gli occhi sembrano chiusi ma non è così. Sono aperti, dietro le palpebre, e
stanno guardando cose incredibili. Luoghi meravigliosi e fantastici. Pianure
verdeggianti, ricche di acque e foreste, e città incredibili, che solo di notte,
nel proprio letto, si possono incontrare.
La bocca poi è sorniona: sorride chissà di che, seppur sembri chiusa.
E’ la magia del sogno. Un pezzo della vita di tutti noi che solo i bambini
sanno apprezzare davvero. Perché i bambini ci credono ai sogni e i grandi
purtroppo no.
La notte è entrata anche nella stanza di A e O e anche loro riposano uno
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anche la calza Patufé li guarda…stesa sul boccascena con il viso ancora
sveglio e curioso, seppure immobile. Sembrano due docili e amichevoli
guardiani che vegliano sul sonno dei bambini.
Ma A e O sono ormai lontani, là dove il sogno li sta portando per mano.
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A - “Chi l’avrebbe detto che dietro la scuola c’era la piscina con il palazzo
del ghiaccio. Ma ci abita la maestra! E’ tutta sua e quanti camerieri…non
ci ha mai detto nulla perché evidentemente non vuole essere disturbata…ecco perché ci dice sempre di non salire sul muretto, ecco perché ha
piantato questa gigantesca foresta, per non farci vedere al di là…
Fortunata lei, guardala che fa il bagno!!! Ma è matta, fa il bagno nei cubetti
di ghiaccio…speriamo che non mi scorga qui arrampicata sul muro di cinta…poi è così alto…oh!”
E invece il fratellino O, dov’è?
O - “Il circo è tutto da montare e la gente sta già arrivando. Accidenti!
Come pesano questi pali e il telone è immenso, non riuscirò mai a dispiegarlo da solo…ma dove sono almeno i clown, loro potrebbero intrattenere
il pubblico...eccoli, stanno facendo un girotondo là in piazza per i bambini
della scuola e intanto io sono qui da solo. Ci sono anche gli animali con
loro e Patufé è un elefante col cappello, ecco perché si è perduta, con
quella enorme mole non ci stava sul bus e neanche in casa”.
Intanto, l’orologio sul comodino gira senza fretta, vuole lasciare ai sogni il
tempo di divertirsi con i bambini.
Si, perché i sogni sono un poco birichini e si divertono a rendere strambe
le cose nelle menti dei bambini. E quando sono stanchi di una testa, escoQRGDOuHVLLQ¿ODQRLQXQ¶DOWUD(LOJLRFRULSUHQGH«HFRPHVHODULGRQR
se poco poco i bambini si spaventano, si emozionano, piangono o ridono
dimostrando di credere al sogno.
Ora infatti i due sogni dispettosi si scambiano le teste.
“Patufé non tuffarti in piscina sei troppo grande, sei grande come un elefante. E poi c’è il ghiaccio non l’acqua!!! Oh no, la maestra si è messa le
pantofole di pelo di mio papà, gliele avrà rubate e lui se la prenderà con
me…incredibile non è una piscina è un circo!”
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di montare il circo, gli spettatori si arrabbieranno…Oh, ma che bel posto
signora maestra. Nel cortile della scuola hanno fatto un villaggio di pala¿WWHHVRWWRF¶qO¶DFTXDYHUDHFLVRQRSXUHLSHVFL(JOLVFLYROLSHUHQWUDUH
nell’acqua…”
Piano piano però anche i sogni si sciolgono come la terra nell’acqua. Così
le immagini si dileguano nelle prime luci del giorno. L’orologio ora gira
troppo in fretta per stargli dietro e A e O si trovano in strada con le cartelle
in spalla, di corsa per non tardare e la notte e i sogni sembrano ormai
immagini di un’altra epoca.
“Ma che è successo? Ieri non c’era” dice A. All’angolo della strada, dove
doveva esserci una piattaforma d’asfalto per i posteggi delle auto dei condomini, hanno messo alberi e panchine di legno e c’è anche una fontana…e una pista da skate gigante!
O - Guarda A hanno abbattuto il muraglione delle Poste e dietro si vede
una nuova costruzione di vetro e ferro che sembra fatta di aria…
A - No, non di aria di acqua, è una piscina vera!
Ti prego O, pizzicami, per favore, perché non so se sto sognando.
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C!VIVOCONTINUA...
C! VIVO potrebbe finire qui. Esattamente qui. In questo rigo.
Basterebbe aggiungere qualche riferimento bibliografico. Un po’ di saluti e molti ringraziamenti.
Ma a noi piace pensare che C! VIVO continui.
Nelle scuole, nelle classi, nelle case.
Continua perché è un gioco. E quindi viene voglia di farlo e di rifarlo.
Ma continua anche quando lo mettiamo a dormire nella sua scatolina.
Perché giocando con C! VIVO ogni giocatore, grande o piccolo, sperimenta le differenti possibilità
che può agire per migliorare gli spazi che abita o attraversa e le relazioni che intreccia. Ogni giorno.
Le sperimenta per gioco ma poi, magari, ci prende gusto, esce dalla simulazione e le attua. Veramente. E qualcosa cambia. Piano,piano.
Perché il cambiamento è possibile.
Ce lo insegnano i bambini e le bambine che vivono in un mondo ricco di soluzioni fantasiose, spontaneità e saggezza.
Vagano per il mondo con il naso all’insù e ogni giorno scoprono con grande entusiasmo cose grandi
e piccine.
E, se lasciati liberi, seguono il loro impulso a esplorare il mondo con i sensi spalancati, strilli d’impazienza e gran godimento.
Loro includono sempre la possibilità del cambiamento. Davvero.
Sono molto più bravi di noi. Basterebbe ascoltarli per scoprire che quella che a noi sembra l’unica
soluzione possibile è solo una delle tante (e non sempre è la migliore).
Perché i bambini hanno molte idee quando si affrontano temi che li riguardano direttamente.
Idee spesso meravigliosamente semplici, affidate al buon senso. Idee sempre originali.
Perché i bambini quando poniamo loro delle domande ci pensano. Per davvero.
Non sono come noi che peschiamo la prima vecchia idea precostituita che ci viene in mente.
Sembra quasi un paradosso che siamo noi adulti a crescere i bambini, perché di sicuro siamo noi che
possiamo imparare tanto da loro.
Buon senso, innocenza, curiosità, apertura, voglia di dialogare, di scoprire, di imparare…sono tutti
ingredienti indispensabili per vivere meglio spazi e relazioni.
Basterebbe fermarsi. Per un attimo. Osservarli con attenzione e fare anche noi quello che fanno i
bambini.
Spalancare i nostri sensi. Vagare per il mondo con il naso all’insù.
Attraversare i luoghi con curiosità, coraggio, voglia di conoscere lasciando spazio all’improvvisazione, alla creatività, alla voglia di inventarci qualcosa da fare o da non fare.
Osservare con attenzione tutto quello che ci circonda.
Tutto. Il bello e il brutto. Il facile e il difficile. L’ordine e il disordine.
Per poi pensare a cosa può fare, ognuno di noi, per trasformare anche il brutto in bello, il difficile in
facile, il disordine in ordine.
Per poi capire cosa ci piace e cosa non ci piace; cosa ci fa paura e cosa ci dà tranquillità.
Per assumere con coscienza un atteggiamento attivo di partecipazione; per recuperare, insieme, una
pratica molto preziosa del passato: il fare comunità.
Superare la dimensione privata per investire energia nella dimensione collettiva, nella cura del territorio, delle relazioni, dei rapporti affettivi, di fiducia, riconoscendo la ricchezza della vita sociale,
politica e culturale.
Quanto più ci rendiamo disponibili all’incontro, al rinnovamento, tanto più le nostre idee precostituite
lasceranno spazio alla ricerca di soluzioni creative.
E allora il cambiamento diventa possibile.
Soprattutto se siamo capaci di rinunciare a piccoli privilegi individuali per ottenere grandi privilegi
collettivi e restituire alla vita comunitaria più ricchezza e più senso.
Magari vorrà dire rinunciare al nostro posto auto nel cortile per restituire quello spazio ai bambini che
abitano il nostro condominio e non sanno più dove andare a giocare.
Ma, in fondo, è solo un posto auto.
Magari dovremo sopportare il rumore che fanno i bambini giocando sotto le nostre finestre. Ma in
cambio avremo la tranquillità di vederli giocare in libertà in un posto sicuro.
Basterebbe abbandonare lo sguardo estraneo che spesso volgiamo verso quello che accade accanto
a noi per sostituirlo con uno sguardo amorevole.
Basterebbe cambiare punto di vista e, rinunciando al meccanismo della delega, iniziare a credere
nella forza della partecipazione attiva e della contrattazione che utilizza il lavoro di tutti fatto con intelligenza, l’arte, la festa, le tradizioni, il piacere dell’incontro imprevisto.
I bambini, in questo, sono maestri. Perché non sono nati per diventare adulti come tutti gli altri, ma
per svolgere un lavoro particolare.
“ I grandi hanno su ogni cosa idee precostituite che gli servono per parlare senza riflettere:
ora le idee già precostituite sono generalmente idee malfatte.
Sono state costruite così da tanto tempo e non si sa più per chi,
sono molto usate e poiché ce ne sono tante a proposito di qualunque cosa,
sono anche molto pratiche perché si possono cambiare quando si vuole.
Se siamo nati per diventare adulti come tutti gli altri,
le idee precostituite si dispongono facilmente nella nostra testa, a mano a mano che si cresce.
Ma se noi siamo nati per svolgere un lavoro particolare,
che richiede di osservare bene il mondo che ci circonda, le cose non sono più così facili.
Le idee precostituite si rifiutano infatti di rimanere nella nostra testa: escono dall’orecchio sinistro
subito dopo essere entrate da quello destro, poi cadono per terra
e si rompono.”
da Il bambino dai pollici verdi di Maurice Druon
e così C!VIVO continua...
Per salutarci vi regaliamo una filastrocca. Nel CD la trovate musicata,
animata e pronta da stampare se volete imparare a cantarla.
Perché i bimbi san scherzare…
I bambini son piccini i bambini son speciali
Sanno mettere al pensiero colorate grandi ali
E se fanno galleggiare una noce in un lavello
Già la vedono nel mare diventare un bel vascello
Se nel libro della scuola ci si perdon col pensiero
Il bidello è un re cattivo e la maestra l’uomo nero
Se in cortile fan la pigna con i sassolin di ghiaia
Già la vedon diventare alta come l’Himalaya
Perché i bimbi san scherzare con il falso e con il vero
San capire che per gioco si può credere a un mistero
Perché i bimbi san giocare con il buio e la paura
Sanno credere che un mago passi in una serratura
I bambini sono bambini e credon vere le parole
San volar con il pensiero sulla luna e anche sul sole
Se la sera quando è buio passa un tipo troppo snello
Già lo vedono un fantasma tutto avvolto in un mantello
Se per caso i suoi capelli sono dritti come spago
Già si sentono di fronte a un terribil grande drago
E se invece è un po’ robusto ed in man porta un ombrello
Già s’immaginan babau pronto a darle col randello
Perché i bimbi san scherzare con il falso e con il vero
San capire che per gioco si può credere a un mistero
Perché i bimbi san giocare con il buio e la paura
Sanno credere che un mago passi in una serratura
I bambini son piccini e di pazienza ne hanno poca
Ma van matti per gli scherzi che san dar la pelle d’oca
Con le mani fanno ombre tutte nere come inchiostro
Che sul muro sembran vivi il gigante l’orco e il mostro
Poi fan versi con la bocca o torcendo il naso e il mento
Per provar che in fondo è bello sussultar per lo spavento
Per veder se la paura ha il coraggio di scappare
E il coraggio la paura dalla vita sa scacciare
Perché i bimbi san scherzare con il falso e con il vero
San capire che per gioco si può credere a un mistero
Perché i bimbi san giocare con il buio e la paura
Sanno credere che un mago passi in una serratura
Perché i bimbi san che il bianco per magia diventa nero
Se lo vuol la fantasia e se lo vuole il tuo pensiero
Perché i bimbi san che i mostri non esistono in natura
Ma ti dan la tremarella che fa rider di paura.
ciao dalla classe IV B
della scuola elementare
San Paolo
di Casale Monferrato
ciao dalla classe IV B
della scuola elementare
Margherita di Savoia
di Torino
ciao dalla classe V A
della scuola elementare
Don Milani
di Trecate
“C!VIVO..meglio. Esperienze ludiche sulla sicurezza urbana” è un kit didattico che
intende acompagnare allievi ed insegnati del secondo ciclo della scuola primaria alla
scoperta del proprio territorio e delle persone che lo abitano, per costruire insieme quel
senso di appartenenza e familiarità che permetta di sentirsi “a casa” negli spazi attorno
a noi. E’ stato pensato e realizzato insieme a tre classi di tre città della Regione
Piemonte, che hanno giocato con noi al gioco del “C!VIVO…meglio.”
Si tratta di un percorso articolato in dieci incontri, che, attraverso strumenti ludici e
teatrali,
conduce dalla conoscenza di sé verso la scoperta degli altri (compagni di
scuola, vicini di casa, negozianti del quartiere..), fino all’esplorazione vera e propria
degli spazi ( il quartiere, la piazza, il cortile della scuola, il parco) per attivare microcambiamenti e promuovere un uso più consapevole degli spazi in cui si abita. Per
provare a costruire una città più vivibile e sicura.
Il kit contiene:
una guida didattica per gli insegnanti:la descrizione delle attività da proporre; la
storia di A e O che costituisce il filo conduttore del percorso; strumenti di riflessione
un libro di classe per i bambini: spazi per scrivere, disegnare, appiccicare; la storia
di A e O; strumenti di riflessione
un DVD con una filastrocca musicale e un video che illustra il percorso.
con il patrocinio di