n. 20 19 Maggio - Settimanale La Vita

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n. 20 19 Maggio - Settimanale La Vita
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LaVita
20
Anno 116
dal 1897
G I O R N A L E
C A T T O L I C O
DOMENICA
19 MAGGIO 2013
T O S C A N O
Ancora
sui
principi
non
negoziabili
e1,10
1,10
e
L’aldilà
degli italiani
Un’indagine
sociologica diretta
dal professor Franco
Garelli, ci rivela le
convinzioni, i dubbi
e le contrarietà degli
italiani relativamente
ai temi dell’escatologia
PAGINA 2
Il professor Antonio Maria Baggio, durante la Settimana sociale dei cattolici toscani ha tenuto una interessante lezione sull’impegno politico dei cattolici, chiamando
in causa un non dimenticato documento del 2002, che porta la firma del cardinal Joseph Ratzinger
F
ra i documenti della
chiesa concernenti la
presenza dei cattolici in
politica, ce n’è uno particolarmente importante,
che porta la data del 24
novembre 2002 ed è firmato dall’allora cardinal Joseph Ratzinger, prefetto
della Congregazione per la Dottrina
della fede. Per i suoi notevoli contenuti, questa Nota dottrinale continua
a essere citata e ricordata, in particolare per la presentazione dei principi non negoziabili, che da tempo
costituiscono oggetto di discussione e
di polemica all’interno della comunità cristiana. Un richiamo autorevole
l’abbiamo ascoltato anche di recente,
in occasione della Settimana Sociale
dei cattolici della Toscana celebrata
nella città di Pistoia. Pensiamo che
per questo sia utile una rilettura del
famoso documento, anche per evitare
ricorsi tendenziosi e strumentali ai
suoi contenuti. Dei testi ratzingheriani tutto si potrà dire, tranne che non
siano chiari e chiarificatori nelle loro
enunciazioni.
Di principi non negoziabili fino allora non si era parlato. Il passo che dà
inizio a questa problematica si trova
al n. 4, nel contesto della condanna
del pluralismo esasperato e del relativismo oggi imperante, specialmente
nella cultura occidentale. Si tratta
sostanzialmente di specificazioni del
valore e del rispetto della persona
umana, che costituisce da sempre il
punto di riferimento centrale dell’intero pensiero della chiesa, comprendendo naturalmente anche la dottrina
sociale. Alla resa dei conti, il principio
non negoziabile è esattamente quello
della persona, di tutto ciò che impedisce il suo sviluppo e la ferisce nei
suoi elementi costitutivi ed essenziali.
Tutto, senza eccezioni di sorta.
“Poiché, dice il testo, la fede costituisce come un’unità inscindibile,
non è logico l’isolamento di uno solo
dei suoi contenuti a scapito della
totalità della dottrina cattolica”. E
allora si cominci pure dalla condanna
dell’aborto, dell’eutanasia (da non
confondersi con l’accanimento terapeutico), dalla difesa dell’embrione
umano, dalla tutela della famiglia
fondata sul matrimonio monogamico
tra persone di sesso diverso e protetta
nella sua unità e stabilità. Ma non ci
si fermi qui. Perché, allo stesso modo
va garantita ai genitori la libertà di
educazione dei propri figli, riconosciuta tra l’altro dalle Dichiarazioni
internazionali dei diritti umani, va
eliminata ogni forma di schiavitù (si
pensi anche alla droga e allo sfruttamento della prostituzione), va assicurato il diritto alla libertà religiosa
(e alla libertà in genere), va garantito
lo sviluppo dell’economia al servizio
della persona e del bene comune (non
si dimentichi la condanna ripetuta del
neo-liberismo, che non intende affatto morire, nemmeno dopo la grande
crisi da esso provocata ai nostri giorni), va riconosciuto il rispetto della
giustizia sociale e della solidarietà
soffocata attualmente dall’imperante individualismo, va salvaguardata
la pace nel rispetto della giustizia e
nella pratica della carità, secondo
il programma tracciato da Giovanni
Paolo II. Non rimane fuori nulla: si va
dall’aborto alla pace, passando attraverso una completa concezione della
società rispettosa delle persone e degli enti intermedi che la compongono.
Ora cosa succede normalmente?
Che si scelgono alcuni di questi principi e si rifiutano gli altri. In nome di
una precedente scelta politica, che
così, rovesciando i termini, comanda
alla fede e ai suoi imperativi categorici. La fede che da giudicante passa
al rango di giudicata: per il vero credente un vero e proprio sovvertimento
di valori. La destra e la sinistra nascono normalmente così. Prima si fa la
propria scelta politica, poi da quella
posizione data come stabile e irrimovibile, si scelgono gli elementi religiosi
e morali con essa coerenti, gli altri si
dimenticano e si mettono decisamente in disparte. Almeno si capisse che
siamo fuori strada, da una parte e che
il processo educativo è rimasto monco
e incoerente, dall’altra. Si impone a
tutti un supplemento di riflessione.
Il discorso continua. La non negoziabilità dei principi ora ricordati
va vista in rapporto alla concezione
relativistica che nega ogni fondamento oggettivo della verità. È in questo
senso che i principi non sono sottoposti alla discrezione dei singoli. Essi rimangono per sempre un’indicazione
e un’imposizione per tutti.
Ma l’impegno del politico va visto
in un contesto diverso. Egli è chiamato alla realizzazione del principio
nella misura che gli è consentita dalla
mentalità e dalla cultura del proprio
tempo, non perché rinuncia al principio, ma perché in questo momento
non è possibile fare di più. La sua
testimonianza per questo non rimane
scalfita, anzi nello stesso momento
egli si impegna a lavorare nella società perché quello che non è possibile
ottenere oggi diventi possibile in un
tempo futuro. Si tratta della famosa
mediazione, che è stata molto criticata da parte di certi cattolici, ma
che non sembra affatto misconosciuta
nel nostro testo. Riprendendo infatti
un’affermazione dell’Evangelium vitae di Giovanni Paolo II, il documento
della Congregazione riconosce la possibilità che un parlamentare cattolico
di fronte a una legge abortista, rimanendo fermo nelle sue convinzioni di
fondo, possa “lecitamente offrire il
proprio sostegno a proposte mirate a
limitare i danni di una tale legge e a
limitarne gli effetti negativi sul piano
della cultura e della moralità pubblica”. Non è in effetti questa una vera
e propria opera di mediazione?
Giordano Frosini
LA CRISI DEL LAVORO
HA RADICI ETICHE
Varare “riforme
strutturali” che diano
più “competitività”
al nostro sistema
produttivo, premiando
il merito e operando
“una sorta di grande
riconciliazione
tra mondo del lavoro
e famiglia”
PAGINA 4
VIOLENZA
SULLE DONNE
Un problema che si sta
aggravando, giorno
per giorno, provocando
uccisioni e violenze
giornaliere, in
particolare da parte
dei compagni di vita
e degli amici occasionali
PAGINA 14
SOMALIA: UN PAESE
DIMENTICATO
DOVE REGNANO
FAME E GUERRA
Attentati, raid
e carestie l’unica
realtà contro cui
da anni si confronta
la popolazione
PAGINA 15
2
primo piano
“R
eligione all’italiana” è il titolo
del libro-indagine di Franco
Garelli – ospite a Pistoia nell’ambito
dell’ultima Settimana teologica - su
quella che definisce essere “la curiosa situazione religiosa dell’Italia
contemporanea”. Sì, perché i risultati
dell’analisi rivelano tratti molto particolari del rapporto che gli italiani
hanno con la Chiesa, i sacramenti,
il Papa e tutto ciò che rientra nella
cornice della “religione”. Tratti che
appaiono decisamente “particolari”
se confrontati con quelli delle altre
nazioni, ma che in realtà si armonizzano molto bene con i caratteri
dell’improvvisazione, del pressapochismo, dello “speriamo che me la
cavo”, tipici di noi italiani nei vari
aspetti del vivere, dai livelli più
quotidiani a quelli politicamente più
elevati. Le domande su cui l’inchiesta
del sociologo Garelli si incentra
sono numerose: dalle immagini di
Dio alla pratica della messa domenicale, dalla frequenza all’eucaristia alla
preghiera individuale, dallo sposarsi
in chiesa all’adesione ad associazioni
cattoliche di volontariato, dal sentimento di vicinanza che ci accosta
al parroco alle distanze che invece
comunemente si sente nei confronti
del vescovo. Qui, proviamo a seguire
nel dettaglio i risultati della ricerca
intorno alla fede sulle realtà ultime:
inferno purgatorio, paradiso.“L’aldilà
nebuloso” è il titolo del paragrafo,
per segnalare immediatamente una
certa vaghezza dei contorni della
fede degli italiani sull’aldilà.
L’aldilà nebuloso
Subito i dati.
Alla domanda “Che cosa crede
vi sia dopo la morte?”, gli italiani,
in percentuale, hanno espresso la
seguente opinione: il 36, 3 % dei
casi pensa che vi sia un’altra vita;
il 22, 5% dei soggetti esprime la
valutazione “oggettiva” di essere
una tale domanda fuori dalla portata
degli esseri umani, mentre il 21,4%
si limita a dire,“soggettivamente”, di
non saperlo; il 14,6% vede, invece, il
“nulla”. Tra le fasce molto ridotte
di coloro che hanno fornito un
altro tipo di risposta si ritaglia una
menzione il 3,5% degli interpellati
che hanno dichiarato di credere
in una reincarnazione in un’altra
persona o essere vivente. Un dato,
quest’ultimo, che nello spettro delle
percentuali può sembrare rilevante,
ma solo perché siamo in Italia, essendo in assoluto una quota molto
piccola se confrontata con i dati di
altre parti del mondo.
Anche quando il campione si
concentra sulla fetta di coloro che si
dichiarano “credenti” non mancano
alcune caratteristiche peculiari. Solo
il 70,7% dei cristiani che si dichiarano “convinti ed attivi” ritiene di
potersi dire “certo” dell’esistenza
di una vita ultraterrena. Il dato
cala al 44, 2% per i cristiani che si
auto-definiscono “convinti, ma non
sempre attivi” e perfino al 30,1%
per quelli che si ritengono “selettivi”.
Soltanto il 18,2% tra i cattolici che
si definiscono tali “per tradizione ed
educazione” aderiscono alla credenza di una vita ultraterrena.
Lo studioso trae la conclusione
che da questi dati, “contrariamente
a ciò che pensano molti uomini di
chiesa, la verità sulle questioni ultime
non sono del tutto cadute nell’oblio
n. 20 19 Maggio 2013
RELIGIONE ALL’ITALIANA
Vita
La
L’aldilà in discussione
Una recente indagine del sociologo Franco Garelli, pubblicata nel libro Religione
all’italiana. L’anima del Paese messa a nudo, fa il punto sulla condizione religiosa
degli italiani. Estraiamo dal testo la parte relativa alle forme di fede nell’aldilà
di Andrea Vaccaro
nella nostra cultura”. Esse possono
risultare “allentate” o rappresentate
in modo non del tutto ortodosso,
tuttavia la loro persistenza rivela
che gli italiani preferiscono affidarsi,
dinanzi a tali domande, al repertorio di idee e di immagini offerte
tradizionalmente dall’educazione
religiosa, piuttosto che brancolare
nell’incertezza o cercare di trovare
spiegazioni “in proprio”.
Salvarsi da soli
o con la Chiesa?
Rientra nell’ambito della ricerca
sulla credenza degli italiani nell’aldilà
la questione di chi possa ottenere la
salvezza, ovvero se il paradiso sia una
prerogativa esclusiva di coloro che
osservano diligentemente i dettami
della chiesa oppure vi sia possibilità
di salvezza per tutti gli “uomini di
buona volontà”, a prescindere dalla
loro adesione alla fede, ai dogmi, ai
sacramenti della religione cristiana.
Unitamente a tale questione sta
poi la domanda sul legame che si
presume possa esserci tra la condotta tenuta nel corso della nostra
vita terrena e il destino eterno
dell’essere umano, ovvero se vi siano
diverse forme di vita ultraterrena (di
beatitudine o di sofferenza) e se queste dipendano dal comportamento
tenuto in questo mondo.
Garelli ricorda che, da un punto
di vista teologico, il principio della
“extra ecclesiam, nulla salus”, insegnato dalla chiesa nelle epoche
passate, si è nel corso del tempo
decisamente ammorbidito e che
l’attuale dottrina della chiesa insegna
che “possono essere salvati quanti
cercano con sincerità Dio”, anche
nel caso in cui non abbiano conosciuto Cristo o non partecipano alla
vita sacramentaria della chiesa.
Se questo è l’insegnamento
“ufficiale” della teologia, tuttavia,
non è detto che gli italiani cattolici
aderiscano ad esso diligentemente,
come accade in molte altre sfere
della religiosità. Abbastanza in linea
con quanto appena esposto, tuttavia, i 2/3 degli italiani dichiarano
di credere che la salvezza non sia
prerogativa esclusiva dei cristiani,
in quanto “tutti possono salvarsi”.
Solo il 13% dichiara, invece, di credere che solo i “cristiani autentici”
potranno godere delle gioie del
paradiso. Tutto sommato, risulta
di gran lunga prevalente l’idea che
tutti possano ottenere la salvezza
tramite una condotta di vita onesta
e responsabile e che, in questo caso,
non vi siano steccati tra credenti e
non-credenti, appartenenti a questa
o a quella fede religiosa.
Sulla seconda questione, ovvero
sul rapporto “condotta di vita-stato
di vita ultraterrena”, le opinione
risultano assai diversificate. La maggioranza relativa degli italiani, per
l’esattezza il 44,6%, crede che la qualità della vita terrena comporti delle
conseguenze sulle condizioni dell’altra vita, mentre il 32,5% non vede
la possibilità di tale connessione. I
dati in questioni raccolgono poco
meno dell’80% della popolazione,
poiché circa 1/5 della popolazione
si è tratta d’impaccio dalla domanda
dichiarando di non credere in una
vita ultraterrena.
Conclusione
parziale
Considerato l’insieme dei dati,
risulta, dunque, più diffusa la convinzione che tutti gli esseri umani
possano ottenere la salvezza indipendentemente dalla religione di
appartenenza rispetto all’idea che
essa possa essere guadagnata tramite
un impegno morale nella vita terrena. Questo esito conduce Garelli a
concludere che “si sta stemperando
anche l’idea -poco ecumenica- che il
deposito della verità religiosa spetti
soltanto a una confessione religiosa,
mentre tutte le altre sarebbero
portatrici di verità anche importanti,
ma non decisive”.Anche questa considerazione, tuttavia, è resa nebulosa
dal confronto incrociato con altre
domande. Alla domanda circa la
possibilità che la religione “vera” sia
soltanto una oppure sia, per così dire,
“plurima”, il 44,7% degli interpellati
risponde optando per la prima ipotesi, mentre il 44,1% dichiara invece
di credere che, in fondo, tutte le
religioni contengono delle verità
spirituali di pari dignità. Il restante
11,2% nega che le religioni siano
portatrici di verità morali o spirituali.
La grande maggioranza degli
italiani dimostra, dunque, una sensibilità religiosa viva e un rispetto
verso il “depositum fidei”. L’idea che
le religioni siano portatrici di verità
è, però, in qualche misura offuscata
dall’incertezza circa l’esclusività di
una determinata religione e della sua
superiorità rispetto alle altre. Questo dato è riscontrato anche dalla
“libertà” che la maggior parte degli
italiani dichiara circa la professione di
una particolare confessione religiosa
e la loro preferenza nei confronti di
uno stile di vita corretta piuttosto
che in una precisa pratica religiosa.
“In questo quadro, dunque, i concetti
di verità e di salvezza religiosa non
sono scomparsi dall’orizzonte di
senso di molte persone; tuttavia si
guarda ad essi in termini assai più
aperti e pluralistici che nel passato,
quando prevalevano su questi temi
concezioni esclusive e tradizionali
che confinavano sia la verità che la
salvezza religiosa nella professione
prevalente nel proprio ambiente
sociale e storico”.
Gruppi sociali
e forme di adesione
alla fede
La variazione più significativa
nelle risposte emerge a livello di
genere, nel senso che è confermato,
anche da rilevazioni statistiche a
livello internazionale, il maggior impegno religioso delle donne rispetto
a quello degli uomini.
Nel mondo femminile, risulta
che il 55,3% delle donne dichiara di
credere in Dio, a fronte di un 36,3%
dichiarato dagli uomini. Scendendo
nel dettaglio dell’indagine, il dato
è confermato: l’82,5% delle donne
crede nella figura di un “Dio paterno ed amorevole”, a confronto del
68,3% degli uomini; e il 71,5% delle
donne ritiene che ogni essere umano
abbia un’anima immortale, a fronte
del 55,9% del sesso maschile.
Una seconda significativa variazione avviene nell’ambito delle
generazioni. Le differenze esistono
dunque non solo tra uomini e donne,
ma anche tra giovani ed anziani. La
quota dei soggetti che dichiara di
credere aumenta notevolmente con
l’aumentare dell’età. Dichiara, infatti,
di credere in Dio solo 1/3 dei giovani
contro il circa 2/3 delle persone che
hanno più di sessantacinque anni. Si
dichiarano, corrispondentemente,
atei il 22,4% dei giovani e neanche il
9% degli anziani. Anche su domande
religiose di altro tipo, viene segnalata
una distanza anche di 25-30 punti
percentuali tra le due generazioni. Il
punto di maggior distanza, tra tutte le
domande, è la credenza che “la chiesa
sia assistita dallo Spirito Santo”, che
trova una grandissima resistenza
presso le giovani generazioni.
La terza variazione rilevante
-dopo quelle tra uomini e donne e
tra giovani e meno giovani- è stata
riscontrata nel confronto tra soggetti con tipi di istruzione diversa, con
un’adesione largamente più ampia
alla religione presso i gruppi con
livelli formativi più bassi rispetto a
quelli maggiormente scolarizzati.
Proprio i laureati costituiscono il
gruppo che esprime maggior difficoltà ad aderire ad alcune delle
immagini tradizionali che la storia
del cristianesimo ha proposto sulla
persona di Dio e sulle raffigurazioni
dell’aldilà.
La variazione
più notevole
La variazione più marcata in
Italia, in relazione alla fede religiosa,
si riscontra però dal punto di vista
geografico, risultando, di fatto, la
penisola spaccata in due o tre macroaree. Il Mezzogiorno e le Isole
costituiscono ancora le roccaforti
della religione italiana, con una maggioranza di credenti che si colloca al
58, 1%. La fede di questa maggioranza
è definita “certa e indubitabile”. Il
Centro Italia rappresenta, invece, la
zona religiosamente più incerta, con
picchi in basso del solo 37%. In una
posizione di mezzo, seppur più vicina
ai dati del Centro rispetto a quelli
del Sud, si colloca la rilevazione del
Nord Italia. La variazione si fa ancora
più notevole quando si passano ad
analizzare le immagini tradizionali
della fede popolare. Al Sud prevale
una cultura religiosa più in linea con
l’ortodossia cristiana; un’immagine
largamente più secolarizzata prevale
nelle altre zone.
Vita
La
19 Maggio 2013
3
n. 20
LEGGERE E PENSARE
Sognavano Francesco e... Carlo
afferrare come può afferrare un povero la rivelazione del vero amore”.
L’uso distorto della cultura è
uno dei punti su cui torna più spesso
il Poverello. I nuovi frati, quelli che
dovrebbero seguire il suo esempio,
non fanno che dire “Occorrono libri,
molti libri. I frati debbono essere
colti. Non basta leggere il Vangelo!”,
mentre il loro padre spirituale viene
assalito dai dubbi: “Il vedere i frati
diventare sapienti della sapienza del
mondo mi era insopportabile e mi
consumavo dentro”.
Anche quando affronta il problema delle prime divisioni dell’ordine,
il Francesco di Carretto mostra di
La storia
del Santo di Assisi
per la penna
di Carretto (1980)
di Marco Testi
“S
ono un sognatore.
Sono Francesco
d’Assisi”.
È il modo di presentarsi, quando ormai la sua storia
volge al termine, del Poverello
secondo Carlo Carretto. A più di
trent’anni di distanza “io, Francesco”
(si noti la non casuale i minuscola del
titolo), edito nel 1980 da Cittadella
Editrice di Assisi eD Edizioni Messaggero di Padova (181 pagine, con una
appendice di preghiere francescane)
del “profeta di Spello” acquista una
nuova vitalità. Non solo per la scelta
del cardinal Bergoglio di chiamarsi
Papa Francesco, primo nella storia
della Chiesa, ma perché questa sorta
d’ideale “autobiografia” del Santo
assisiate cela un’impressionante
attualità. Per esempio il riferimento
a Romero (“Che sublime esempio
ha dato quest’uomo disarmato,
che parole non ha detto contro i
prepotenti che massacrano il suo
popolo!”) che anticipa di trent’anni
la volontà del Pontefice di accelerare
la causa di beatificazione dell’arcivescovo ucciso nel 1980. Per esempio
- e questo dovrebbe servire ad allontanare da Carretto i vecchi sospetti
di eccessivo uso ideologico del Vangelo - gli attacchi all’iper-liberismo
economico che sono tutt’uno con
quelli portati ai totalitarismi “socialisti”. Se il poverello, guardando
agli anni Ottanta del Novecento,
afferma che “il capitalismo, il liberalismo (ma probabilmente voleva
significare il liberismo esasperato)
che ha fatto del denaro la molla del
Carlo Carretto
suo agire, muore nei suoi disastri e
nelle sue vergogne”, ne ha anche per
il marxismo,“che non ha capito quasi
niente dell’uomo. Lo ha violentato
e ha costruito sistemi altrettanto
tristi e noiosi. Non c’è molta gioia
a percorrere una città socialista!”.
Questo tributo a Francesco non
ha però una dimensione esclusivamente “politica” in senso lato e sociale, anzi: affronta i grandi problemi
dell’uomo, che nascono dalla società,
e questo è un altro importante messaggio del libro, ma possono essere
affrontati e risolti dalla volontà e
dall’amore del singolo. Il Francesco
che parla qui rovescia i parametri
materialistici e deterministici del
marxismo, e questa è un’altra prova
dell’indipendenza del pensiero di
Carretto: l’uomo, con il suo esempio,
la sua tempra, la sua capacità di andare controcorrente, può ribaltare
quello che la società ha costruito
nel corso dei secoli. La prova ne
è Francesco di Bernardone, che
in un momento in cui sembravano
contare solo il denaro e il possesso,
osò sfidare quella visione del mondo.
Non lo fece predicando o rimproverando, ma con l’esempio radicale,
dando un altro ammaestramento
che potrà sembrare, alla fine del
Novecento iper-critico e intellettualistico, ingenuo e inattuale.
L’attacco di Francesco-Carretto
è anche contro un altro vezzo di
quella sinistra alla cui schiera l’autore veniva allora ascritto, il razionalismo spocchioso ed esclusivista,
di una certa intellighenzia: “Siete
troppo razionalisti voi moderni ed
è anche questo uno dei motivi della
vostra tristezza. (...) I troppo intelligenti mi facevano paura. Sentivo
che la complessa realtà dell’universo doveva essere affrontata con
umorismo”.
Nonostante i digiuni, le penitenze, i lunghi viaggi a piedi, la cecità,
i dispiaceri delle diaspore del suo
gregge appena nato, il sorriso rimane
uno dei punti fermi di FrancescoCarlo. Non è però un sorriso che
nasce da un momento particolare.
Scaturisce da più lontano, dalla
comunione con il Creato, dall’aver
capito che Dio ci sta già stringendo
in un abbraccio di perdono e di gioia:
“Al di là di me, per puro dono di Lui,
ero entrato a vivere il vero mistero
che domina l’universo invisibile, ad
La paura della miseria
Dalla prefazione dell’ultimo numero della rivista pistoiese
i “Quaderni di Farestoria”
di Roberto Barontini
[…] L’evento che più mi ha colpito in questi ultimissimi giorni è il fatto che, a Civitanova Marche,
un intera famiglia si sia suicidata, avvolta dal dramma insopportabile della povertà e della solitudine.
Non era mai avvenuto un evento di questa portata. Nella storia suicidi di coppia esistono:Von Kleist e la sua donna che si uccisero per paura della
malattia, Stephan Zweig e sua moglie si presero
per mano e si suicidarono per l’insopportabile tormento dell’avvento del nazismo e del razzismo nel
mondo sconvolto senza pace e senza amore. Mai
però avevamo visto un suicidio che rappresenta
l’epifenomeno e la conseguenza di un agghiacciante crisi economica e sociale che avvolge l’umanità
e soprattutto la parte più povera e impotente
dell’umanità stessa.
Attenzione però, qui non si tratta soltanto della
paura della povertà, ma si tratta purtroppo della
paura della miseria.
Edgar Morin ha scritto: «La povertà deve essere
distinta dalla miseria. Certo, povertà e miseria
sono due poli di una realtà senza frontiere distante
tra loro. Nella società tradizionale i poveri dispongono di un sistema minimo di assistenza; nelle società del Nord, dispongono spesso, e per ora, di un
assistenza sociale. La miseria, al nord come al sud,
è precarietà, marginalità, esclusione».
Forse l’immagine della miseria, della profonda miseria che più coinvolge e angoscia, è quella riportata da Charles Baudelaire in una sua poesia:
«[…] Penso alla negra smagrita e tisica,
scalpicciante nel fango, in atto di cercare,
con suo occhio sconvolto,
gli alberi di cocco assenti della sua superba Africa
dietro il muro immenso della nebbia;
penso a chi ha perduto quel che non si ritrova
mai più, a coloro che si saziano di lacrime,
succhiando il Dolore come una buona lupa
ai magri orfanelli appassitisi come fiori!
[…] E penso ai marinai dimenticati su un isola,
ai prigionieri,
ai vinti... e a molti altri ancora!»
non gradire l’ideologia in quanto
tale, rimproverando gli estremisti
“eccentrici”, “senza equilibrio” che
facevano “penitenze disumane”. Per
questo il Santo appare amareggiato
fino all’immersione nella notte che
attende le anime alla ricerca di Dio,
che ha fine con le stimmate della
Verna e con il ritorno alla casa del
Padre. Il Santo si spegne nella sua Assisi, attorniato dai suoi figli spirituali,
e la narrazione di questo passaggio
è una delle pagine più belle del libro:
“Transitai per la porta e mi parve
sentire un coro. Forse erano gli angeli di quella chiesina di S. Maria degli
Angeli, la mia prediletta di sempre”.
“Il necessario fondamento
umanistico
del “comunismo”
Un libro di Carmine Fiorillo e Luca Grecchi
di Leonardo Soldati
Un’opera sulla progettualità teorica del comunismo vista la grave condizione di
sofferenza materiale e spirituale prodotta dal modo di produzione capitalistico, dal
titolo “Il necessario fondamento umanistico del “comunismo”, di Carmine Fiorillo
e Luca Grecchi per le edizioni dell’associazione culturale Petite Plaisance. Tale
progettualità avvertono gli autori, per essere buona necessita di un fondamento
filosofico, ossia di una buona conoscenza della natura umana.
In assenza di questo fondamento «”il comunismo” si trasforma in mera istanza
oppositiva, smarrendo le proprie profonde radici culturali, orientali, greche, cristiane,
medievali, non solo moderne. Solo recuperando una solida fondazione filosofica,
nonché la consapevolezza della propria costante presenza nella storia umana, il
“comunismo” potrà tornare ad essere pensato nella maniera corretta, ovvero come
un modo di produzione sociale ideale in cui vivere, in quanto conforme alla natura
comunitaria dell’uomo». Il libro è dunque un invito a confrontarsi in conformità a
buoni progetti, razionali e morali, e di ampio respiro. «Anche progettandolo –afferma
Carmine Fiorillo- possiamo offrire ai nostri figli e agli uomini che verranno un mondo
migliore di come lo abbiamo trovato. Pur se non riusciremo a veder compiutamente
realizzato ciò che abbiamo progettato e tentato di realizzare ne avremo comunque
vissuto e respirato l’essenza. È proprio questo respiro il lascito più importante, spirito
comune a tutti gli uomini, insostituibile viatico sia per chi ha concluso il proprio
viaggio sia per chi è e sarà ancora per la via». Nell’introduzione al volume due
celebri ed indicative citazioni, di Aristotele da “Politica”VII, 1, 1323 a, 1-4: “Chi vuol
fare una ricerca conveniente sulla Costituzione migliore, deve precisare dapprima
quale è il modo di vita più desiderabile. Se questo rimane sconosciuto, di necessità
rimane sconosciuta anche la Costituzione migliore»; e di Karl Marx da “Il Capitale”:
«Quello che fin dall’inizio distingue il peggiore architetto dalla migliore delle api è il
fatto che egli ha costruito la celletta nella sua testa prima di averla costruita nella
cera (…) Egli non opera soltanto un mutamento di forma dell’elemento naturale;
egli contemporaneamente realizza in questo il proprio fine, di cui ha coscienza».
INFO E CONTATTI: editrice Petite Plaisance: via di Valdibrana 311 Pistoia,
tel. 0573/480013, e-mail: [email protected]; sito www.petiteplaisance.it
Poeti Contemporanei
Un gioco molto
speciale
Giocava con l’argilla una mattina
e faceva pupazzi il piccolo Gesù.
E testa e piedi e mani e tutto il resto
ad ogni pupazzo metteva al posto giusto.
La vita diede infine a tutti insieme.
Ed ecco uno stuolo di bambini
insieme a Lui si misero a giocare.
Venne la sera. Ma nel far la conta
uno dei bimbi gli mancò all’appello.
Era caduto e si era fatto male;
si era ferito, ma senza aver dolore,
giusto per questo non aveva chiamato.
Presto fu poi tutto chiarito:
del dolore il congegno, la mattina,
il piccolo Gesù s’era scordato,
quando quel bimbo era ancor d’argilla.
Giovanni Sguazzoni
4
attualità ecclesiale
È “umanizzare”
la parola-chiave
del Rapporto Cei.
Dare fiducia e
spazio ai giovani
e puntare di più
sull’occupazione
femminile
di M. Michela Nicolais
V
arare “riforme strutturali”
che diano più “competitività” al nostro sistema produttivo, premiando il merito e operando “una sorta di grande
riconciliazione tra mondo del lavoro e
famiglia”, e puntare di più sui giovani e
sulle donne. Sono due delle proposte
concrete “per il lavoro”, contenute nel
rapporto-proposta sulla situazione
italiana elaborato dal Comitato della
Cei per il progetto culturale. A presentarlo, a Roma, sono stati il cardinal
Ruini, il sociologo Sergio Belardinelli,
il presidente del Censis Giuseppe De
Rita e Michele Tiraboschi, docente
di diritto del lavoro all’Università di
Modena-Reggio Emilia.
Per un lavoro
degno dell’uomo
“Rivoluzionare il modello” del
lavoro “grazie al supporto di un
pensiero nuovo, fermamente convinti che il lavoro è decisivo per la
definizione dell’umano”. A proporlo
è il cardinal Angelo Bagnasco, nel
testo letto da monsignor Crociata.
“È necessario creare un contesto
sociale ed economico nel quale si
dia vita ad un lavoro dignitoso”, afferma il presidente della Cei citando
Benedetto XVI ed esortando a “sviluppare ogni sforzo affinché siano
eliminate, oltre alle numerose sacche
di non lavoro, le condizioni lavorative
non degne della persona, ogni forma
d’asserimento dell’uomo al capitale e
tutte le situazioni di sfruttamento”,
o peggio di “schiavitù”, di cui sono
“vittime” troppe persone nel mondo,
come ha denunciato Papa Francesco
durante l’udienza generale del 1°
maggio. “La soluzione dei problemi
legati al lavoro necessita di un profondo rinnovamento strutturale, che
ponga l’uomo al centro del processo
di sviluppo”, è la tesi del cardinale,
secondo il quale “la crisi impone
di superare innumerevoli ostacoli
e di liberarsi da pesanti zavorre,
che impediscono di offrire risposte
adeguate e di generare speranza. La
disoccupazione, che ha raggiunto
ormai livelli patologici soprattutto
per le fasce giovanili, così come
il sempre più diffuso precariato,
hanno enormi riflessi sulla vita delle
persone, collocandole in un alveo di
insicurezza e instabilità che minano la
progettualità sul proprio futuro”. La
crisi del lavoro, insomma, come “crisi
profonda a livello etico, ancor prima
che a livello economico”.
Un triplo appello
“Armonizzare il più possibile”
le due dimensioni, “soggettiva e
oggettiva”, del lavoro, che invece
“tendono sempre di più a divaricarsi e
contrapporsi”. È l’invito del cardinale
Camillo Ruini, che ha rivolto un appello ai “tanti giovani che non hanno
ancora un lavoro, o che ne hanno
uno insoddisfacente: accettare il più
possibile le occasioni e condizioni
di lavoro che effettivamente si pre-
La crisi del lavoro
ha radici etiche
sentano, non però per accontentarsi
di esse e fermarsi ad esse, bensì per
migliorarle e superarle, creando così
effettive possibilità di scelta e un reale
- e non solo immaginario - spazio di
espressione della propria soggettività”. A livello di politiche del lavoro,
l’appello è a “liberare il mercato del
lavoro da norme e regolamentazioni
ormai obsolete e controproducenti,
non però per lasciarsi guidare da una
pura e astratta logica di mercato”, ma
per “assumere come criterio e punto
di riferimento delle normative l’interesse comune”. Tutto ciò, “non per
eliminare la logica della competizione,
ma per mettere in chiaro che questa
logica non può che essere subalterna,
rispetto alla necessità e all’urgenza
di affrontare insieme una situazione
economica e sociale molto grave e difficile per l’intero Paese”, che richiede
a sua volta “un forte appello anche al
mondo della politica, come a tutto il
O
ltre 800 superiore generali da 75 Paesi diversi,
in rappresentanza di
circa 700mila religiose
di tutto il mondo. È un universo
di fede in cammino quello giunto
a Roma per la XIX assemblea plenaria dell’Unione internazionale
delle superiore generali (Uisg)
che, dal 3 al 7 maggio, si è riunito
per discutere insieme del “servizio
dell’autorità secondo il Vangelo”.
Diverse nel carisma e nella cultura,
le suore dell’Uisg sono accomunate da un’identità che affonda
le radici nella sequela di Cristo
nella vita religiosa apostolica. Ed è
proprio l’organizzazione della vita
comunitaria che sarà al centro
dei lavori, con un’attenzione particolare all’esercizio dell’autorità.
Abbiamo parlato con suor Josune
Arregui, carmelitana della Carità
di Vedruna, segretaria esecutiva
dell’Uisg.
“Il servizio dell’autorità
secondo il Vangelo”. Perché
questo tema?
“Perché coinvolge direttamente i
membri dell’Uisg: sono tutte superiore generali delle rispettive Congregazioni religiose apostoliche
femminili. E poi perché si tratta di
un tema chiave del rinnovamento
post-conciliare che l’Uisg cerca di
promuovere. La vita religiosa, così
come accade più in generale per
tutta la Chiesa, ha la tendenza ad
adattarsi alla realtà sociale entro
cui è inserita, e spesso nel mondo
vediamo la brama del potere in
chi esercita l’autorità e assistiamo a lotte per il controllo della
leadership. A tutti piace parlare di
democrazia - intesa come potere
esercitato dal popolo - ma molti
sono gli esempi di potere assoluto,
a volte addirittura oppressivo. Dal
Vangelo, invece, si alza una denuncia che ancora oggi ha una grande
attualità: ‘Non sia così tra voi!’”.
Come è stato recepito il
Vita
La
n. 20 19 Maggio 2013
nostro sistema-paese”.
Un doppio
“sì”
alle loro aspirazioni, ai loro talenti e
bisogni”. È questa la ricetta su cui sta
puntando l’Europa, e che comporta
anzitutto due vantaggi: il reddito delle
famiglia aumenta, e nello stesso tempo
l’occupazione femminile crea altro
lavoro, oltre a contribuire a “tessere” una rete di relazioni. Un doppio
sì”: questo può diventare l’impegno
femminile nel lavoro e nella famiglia,
un processo cioè di “costruzione
dell’identità, in grado di superare la
dicotomia in ambiti differenti”.
Rivalutare il lavoro
intellettuale
Il capitolo giovani, centrale nella
questione del lavoro, “introduce
anche l’importanza della loro formazione, sollevando l’urgenza di rilanciare in Italia il ruolo fondamentale
del lavoro intellettuale”. È uno degli
spunti più originali del Rapporto.“Insegnanti demotivati e mal pagati - la
denuncia - sono un danno che oggi
nessuna società può permettersi.
Meno che mai ci si può permettere
di trascurare il lavoro di coloro che
dedicano la propria vita allo studio e
alla ricerca. La crescita e il progresso
di una comunità dipendono in gran
parte proprio da questo tipo di
lavoro intellettuale, che purtroppo
viene spesso trascurato”.
Troppe donne a casa
e troppe culle vuote: è
la fotografia del lavoro
“rosa” in Italia, che registra oggi un tasso di
occupazione femminile
tra i più bassi d’Europa
e un tasso di natalità tra
i più bassi del mondo.
Le donne, oggi, “non
vogliono più essere costrette a scegliere tra
famiglia e lavoro”, è uno
dei dati del Rapporto,
in cui il tema del lavoro
femminile è considerato
“cruciale” per la società. “Far ripartire l’Italia
richiede di poter dare
più spazio alle donne,
LE SUPERIORE GENERAli
Donne protagoniste
A Roma, dal 3 al 7 maggio, la XIX assemblea plenaria sul tema conciliare “servizio
dell’autorità secondo il Vangelo”. Suor Josune Arregui, segretaria esecutiva dell’Uisg:
“Il ruolo della donna nella Chiesa deve cambiare, così come deve cambiare nella società”
di Riccardo Benotti
Concilio dalla vita religiosa
in questi 50 anni?
“Il Vaticano II, partendo dal concetto di dignità umana, ha introdotto
e incoraggiato atteggiamenti come
il dialogo, la partecipazione, il discernimento. Tutti elementi che in
questo mezzo secolo sono stati
incorporati nelle Costituzioni e in
particolare nello stile di esercizio
della leadership delle Congregazioni religiose. Ma è un tema che non
può essere trascurato perché, come
possiamo constatare, persistono
modelli verticali, a volte giustificati
da una tendenza al maternalismo o
da altre ragioni. La corresponsabilità
che nasce dalla sequela di Cristo
resta tutt’oggi una sfida”.
Dunque il cammino è verso forme di autorità non
verticali all’interno della
Chiesa…
“È l’esempio che ci viene proposto
dal Vangelo. Gesù dice: ‘Chi vuol
essere il primo sia il servo di tutti’ e
‘Non chiamate nessuno di voi padre
né maestro, perché uno solo è il
vostro Maestro’. La testimonianza
che Gesù ci offre attraverso il gesto
della lavanda dei piedi e molto più di
un semplice ‘rito’, è parte dell’utopia evangelica a cui non possiamo
rinunciare. Siamo convinte che
se la vita religiosa sarà capace di
testimoniare questo stile fraterno
di leadership, potrà essere profezia
nella Chiesa e per il mondo”.
Qual è oggi il ruolo delle
donne consacrate?
“Il ruolo della donna nella Chiesa
deve cambiare, così come deve
cambiare nella società. Nel momento in cui le donne prendono consapevolezza della loro ‘pari’ dignità
e dispongono di una preparazione
uguale - a volte addirittura superiore - a quella maschile, è chiaro che
devono essere chiamate a ruoli di
maggiore responsabilità. Nella realtà sociale siamo a volte scandalizzati
dal fatto che le donne, in alcune
culture, vengono ancora schiacciate e asservite agli uomini. Talvolta
l’idea di servitù e sottomissione
delle donne appartiene anche alla
vita consacrata e, in questo senso,
la Chiesa deve fare dei passi avanti.
I 50 anni di rinnovamento postconciliare nella linea della corresponsabilità hanno dato seguito ad
uno stile di vita religiosa femminile
che non a tutti piace. Alcuni preferirebbero un atteggiamento più
assoggettato e disponibile. Questo
crea conflitti. Ma è stato proprio
in obbedienza alla Chiesa che tale
processo è stato posto in atto ed
oggi risulta irreversibile”.
Una donna protagonista
anche nella Chiesa…
“Come discepole alla sequela di
Gesù abbiamo annunciato il Vangelo
a tutti, essendo ‘memoria di Gesù’
attraverso il nostro stile di vita.
Questa è la missione specifica della
vita religiosa. Inoltre, come donne,
credo che siamo chiamate a essere
presenza viva della misericordia
di Dio, con quelle caratteristiche
umanizzanti che ci sono proprie
e che rendono visibile il volto materno dalla Chiesa all’interno della
quale, insieme ad altri laici cristiani,
abbiamo il dovere di chiedere una
maggiore partecipazione nelle
strutture educative ecclesiali, parrocchiali e di governo. Dobbiamo
superare il volto maschile della
Chiesa che spinge alcune donne ad
allontanarsi da essa”.
C’è un “rischio estinzione”
delle religiose?
“Assolutamente no. Finché ci saranno credenti in Gesù ci saranno
anche persone chiamate alla sequela, chiamate a seguirLo in comunità,
a vivere come Lui il celibato, la
comunione dei beni e l’obbedienza
apostolica. Un dato però è certo: il
numero dei religiosi sta diminuendo
fortemente in Occidente, mentre
cresce nelle Chiese più giovani
dell’Asia e dell’Africa. In ogni caso
la vita religiosa è chiamata ad essere
lievito e per far questo non sono
necessari i grandi numeri.
Quali sono le attese per il
pontificato di Papa Francesco?
“L’inizio di questo pontificato ci
porta a sperare in una Chiesa rinnovata ed evangelizzatrice, significativa
per il mondo di oggi. Ci dà speranza
anche il suo essere ‘gesuita’: è un
riconoscimento ecclesiale importante dato che alcuni considerano
ormai superate le Congregazioni
tradizionali. Che abbia scelto il
nome di Francesco ci incoraggia
poi ad essere ciò che siamo, a non
perdere la radicalità evangelica e a
seguire questo nuovo stile che sta
inaugurando con i suoi gesti e con
le sue parole, rafforzando la nostra
vicinanza e la nostra presenza tra
i poveri”.
Vita
La
19 Maggio 2013
In 40mila, per le vie
di Roma, per “difendere i
diritti di chi non ha voce”
di Nike Giurlani
“A
vanti popolo della vita”.
Questo il coro che domenica 12 maggio ha animato
i partecipanti della terza
edizione della Marcia per la vita. In quarantamila hanno sfilato dal Colosseo fino a Castel
Sant’Angelo, per poi portare il loro saluto al Papa.
Associazioni cattoliche e non, famiglie e giovani
provenienti da tutte le parti d’Italia, e del mondo,
hanno marciato per le vie di Roma per “difendere
i diritti di chi non ha voce”.“La nostra marcia -ha
dichiarato la portavoce Virginia Coda Nunzianteè quella di un popolo che vuole infondere nuova
vita in una società che si decompone e muore”.
“La legge 194, a favore dell’aborto, approvata in
Italia 35 anni fa, ha causato la morte di quasi 6
milioni di bambini -ha continuato-, oggi noi siamo
qui anche per loro, affinché venga perseguita dai
governi di tutta Europa una scelta di civiltà”.
n. 20
attualità ecclesiale
MARCIA PER LA VITA
Tante voci dal mondo
per fermare l’aborto
In molti, infatti, hanno posto l’accento sull’importanza di “educare alla vita” e di “spiegarlo
alle nuove generazioni”. Una missione portata
avanti anche da padre Marcel Guarnizo, sia in
America sia in Europa, il quale ha incitato i
presenti a “resistere” e a “impegnarsi in prima
persona per ottenere la chiusura delle cliniche
abortiste nelle proprie città”. “In Belgio, ogni
anno, 1 bambino su 6 viene ucciso a causa
delle leggi liberticide, questo è inaccettabile e
dobbiamo lottare insieme per costruire una
nuova Europa”, ha sottolineato Paul Forget,
di “Génération pour le Vie”. “La lotta contro
l’aborto è una lotta mondiale - ha incalzato il
portavoce dell’associazione spagnola ‘Derecho
a Vivir’ - e deve vederci tutti coinvolti”.
Lottare insieme
oltre i confini
Un “popolo” quello che è sceso in piazza
che non ha confini, ma che condivide lo stesso obiettivo: “Affermare la sacralità della vita
umana e, perciò, la sua assoluta intangibilità dal
concepimento alla morte naturale, senza alcuna
eccezione, alcuna condizione, alcun compromesso”. A sostenere questo messaggio c’era
anche Jeanne Monahan, neopresidente della
“March for Life” di Washington. Quarant’anni
fa, infatti, in concomitanza con l’approvazione
della legge americana a sostegno dell’aborto,
proprio a Washington si tenne la prima marcia a sostegno della vita. “In pochi credevano
che il nostro grido sarebbe stato recepito
dall’opinione pubblica, i difensori dell’aborto
sostenevano che dopo poco tempo la Marcia
avrebbe perso entusiasmo e partecipazione,
invece, non solo il numero, ma anche l’interesse
è fortemente cresciuto negli anni, coinvolgendo
sempre più giovani, che sono diventati i nostri
principali sostenitori”. Non a caso è proprio
N
ella solenne teofania della Pentecoste, con la drammatica
discesa dello Spirito Santo, il
meraviglioso intervento con cui
Dio ha redento l’uomo trova il suo perfetto
compimento. Il fatto avviene «nella stanza al
piano superiore, dove erano soliti riunirsi: vi
erano Pietro e Giovanni, Giacomo e Andrea,
Filippo e Tommaso, Bartolomeo e Matteo,
Giacomo figlio di Alfeo, Simone lo Zelota e
Giuda figlio di Giacomo. Tutti questi erano
perseveranti e concordi nella preghiera,
insieme ad alcune donne e a Maria, la madre
di Gesù, e ai fratelli di lui […] il numero delle persone radunate era di circa centoventi
[…]. Mentre stava compiendosi il giorno
della Pentecoste, si trovavano tutti insieme
nello stesso luogo.Venne all’improvviso
dal cielo un fragore, quasi un vento che si
abbatte impetuoso, e riempì tutta la casa
dove stavano. Apparvero loro lingue come
di fuoco, che si dividevano, e si posarono su
ciascuno di loro, e tutti furono colmati di
Spirito Santo». (At 1, 12-14; 2, 1-4).
Proprio da questo giorno, la Chiesa, adesso compiutamente costituita, inizia il suo
cammino nello spazio e nel tempo, forte
della presenza della SS. Trinità. Lo assicura la
promessa di Gesù (lettura evangelica, Gv 14,
15-16): «Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi
darà un altro Paràclito perché rimanga con
voi per sempre. Se uno mi ama, osserverà
la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi
verremo a lui e prenderemo dimora presso
di lui». Da notare che in questo testo Gesù
presenta l’ “altro Paràclito”, come una nuova
e perpetua presenza che così viene così
5
Il futuro dell’Europa
una giovane ragazza americana, classe 1988, Lila
Rose, la principale nemica di Planned Parenthood, il più grande ente abortista del mondo.
Presente anche lei all’evento ha voluto raccontare le attività promosse con il suo gruppo
“Live Action”.“È importante educare l’opinione
pubblica sulla cruenta pratica dell’aborto - ha
dichiarato - e nel far questo è fondamentale
diffondere le immagini che testimoniano cosa
accade all’interno delle cliniche abortiste”.
Educare alla vita
Raccontare cosa si cela dietro la parola
“aborto” è l’obiettivo anche di Irene van der
Wende, attivista olandese che, dopo aver
subito una violenza carnale, rimase incinta e
decise d’interrompere la gravidanza. Pentitasi
di questo gesto, da allora partecipa a numerose
iniziative pro-life per portare la sua testimonianza, ma anche “per diffondere le immagini
tangibili di cosa significa uccidere un bambino”.
La Parola e le parole
Domenica di Pentecoste - Anno C
At 2, 1-11; Sal 103; Rm 8, 8-17; Gv 14, 15-16. 23-26
avvertita dagli Atti degli Apostoli: «La Chiesa […] con il conforto dello Spirito Santo,
cresceva di numero» (At 9,31). «Mentre essi
stavano celebrando il culto del Signore e
digiunando, lo Spirito Santo disse: «Riservate per me Bàrnaba e Saulo per l’opera alla
quale li ho chiamati» (At 13,2). Gli Apostoli
ne sono tanto consapevoli da dichiarare, a
conclusione del concilio di Gerusalemme: «È
parso bene, infatti, allo Spirito Santo e a noi»
(At 15,28).
Tuttavia oggi potrebbe ripetersi ciò che accadde ad Efeso all’apostolo Paolo che, avendo chiesto ad alcuni cristiani: “Avete ricevuto lo Spirito Santo, quando siete venuti alla
fede?”, si sentì rispondere: “Non abbiamo
nemmeno sentito dire che ci sia uno Spirito
Santo!” (At 19,2). “I predicatori parlano della
Madonna e dei Santi, ma dello Spirito Santo
tacciono!”, scriveva nel 1895 a Leone XIII
una suora, Elena Guerra, beatificata nel 1961.
Nel secolo scorso alcuni teologi parla¬vano
dello Spirito Santo come del “grande sconosciuto” o, addirittura, del “parente povero”
della SS. Trinità (M.H. Lavocat, L’Esprit de
Vérité et d’Amour, 1968).
Una curiosità: con la riforma liturgica del
1964, la Pentecoste, che precedentemente
aveva la stessa dignità della Pasqua (doppio
di prima classe con ottava privilegiata di
primo ordine), superiore a quella del Natale
(doppio di prima classe con ottava privilegia-
ta, ma di terzo ordine), fu privata dell’ottava
e perciò retrocessa al terzo posto, ma nel
calendario civile di Germania e Francia essa
ha conservato la sua posizione, tanto che il
lunedì di Pentecoste è rimasto festivo al pari
di quello di Pasqua!
È vero che oggi si parla molto di più dello
Spirito Santo ma, forse, non ancora abbastanza. Un noto sacerdote cantautore,
Don Giuseppe “Giosy” Cento, così si sfoga:
«Quando penso a questa “quasi sconosciuta” persona divina che, senza ricevere
applausi, guida i cuori e la Chiesa, illumina e
riscalda, mi sento commuovere». Si insegna
che Gesù è presente in mezzo a noi nell’Eucarestia, nella persona del Papa, nei poveri,
ma forse si dovrebbe insistere di più sulla
sua presenza in noi anche mediante la potenza dello Spirito Santo, così descritta da S.
Giovanni Crisostomo: «Se non esistesse lo
Spirito Santo, non potremmo dire “Signore
Gesù”, poiché nessuno può invocare Gesù
come Signore se non nello Spirito Santo
(1 Cor 12, 13). Se non esistesse lo Spirito
Santo, non potremmo pregare con fiducia;
infatti, quando preghiamo diciamo: “ Padre
nostro che sei nei cieli” (Mt 6, 9). Se non
esistesse lo Spirito Santo non potremmo
chiamare Dio Padre nostro […]: “E siccome
siamo figli, Dio mandò nei nostri cuori lo
Spirito del suo figlio che grida: Abbà, Padre”
(Gal 4, 6). […] Se non esistesse lo Spirito
occante, infine, la testimonianza di Xavier
Dor, medico attivista francese che nonostante l’età, i problemi di salute e i vari arresti a
causa delle sue proteste, continua a battersi
per il “sì alla vita”. Molti, infatti, i medici che
sono scesi in piazza e hanno voluto marciare
a fianco degli attivisti indossando i loro camici
bianchi per prendere le distanze dai colleghi
favorevoli all’aborto. “È per questo che oggi
siamo qui, per difendere la nostra ideologia e
il nostro credo”, dichiara una studentessa della
Facoltà di medicina del Sant’Andrea di Roma.
Tra la folla, infine, anche associazioni e gruppi
provenienti da Malta, Irlanda e Polonia, Paesi
che stanno subendo forti pressioni dall’Europa
perché attuino quanto prima una legge a favore dell’aborto. Proprio tra loro sventolavano
striscioni che ricordavano le parole di Papa
Giovanni Paolo II, una, in particolare, ricorreva
spesso, “una nazione che uccide i propri figli è
una nazione senza futuro”.
Santo, non ci sarebbe nella Chiesa nessuna
parola di sapienza o di scienza perché è
scritto: “La tua parola di sapienza è data
dallo Spirito” (1 Cor 12, 8). Se lo Spirito
Santo non fosse presente, la Chiesa non
esisterebbe».
Sarebbe tutt’altro che improprio estendere
anche ai battezzati e ai cresimati la raccomandazione dell’apostolo Paolo al suo discepolo e vescovo Timoteo, «Non trascurare il
dono che è in te e che ti è stato conferito,
mediante una parola profetica, con l’imposizione delle mani da parte dei presbiteri»
(1Tm 4,14), mettendola in relazione con le
parole della colletta, che vale, appunto, per
tutti i battezzati: «O Padre, che nel mistero
della Pentecoste santifichi la tua Chiesa in
ogni popolo e nazione, diffondi sino ai confini della terra i doni dello Spirito Santo, e
continua oggi, nella comunità dei credenti, i
prodigi che hai operato agli inizi della predicazione del Vangelo». Lo Spirito Santo che
agisce nella Chiesa di oggi è lo stesso che
agiva sulla Chiesa delle origini e conserva
la stessa forza. Tocca quindi a noi prendere
consapevolezza di questa sua potenza, cantata dalla Sequenza - «O luce beatissima,
invadi nell’intimo il cuore dei tuoi fedeli;
senza la tua forza, nulla è nell’uomo, nulla
senza colpa; dona ai tuoi fedeli, che solo in
te confidano, i tuoi santi doni» - , aprendoci
ad essa fiduciosamente e coraggiosamente,
perché così santificati ed illuminati, possiamo
presentarci, come già facevano i protagonisti
degli Atti degli Apostoli, come suoi trasparenti strumenti a tutti coloro che, non importa come, avremo occasione di avvicinare.
Don Umberto Pineschi
Pistoia
Sette
N.
20
19 Maggio 2013
Dopo la prima Settimana
sociale di Pistoia
Incontro con Edoardo Baroncelli dell’ufficio pastorale sociale del lavoro
di Daniela Raspollini
È
stata redatta
un’agenda di speranza per la Toscana. Quali sono gli
aspetti più significativi che
hanno interessato il mondo
del lavoro giovanile?
L’attenzione ai giovani è stato
uno dei tratti caratteristici di questa
Prima Settimana sociale dei cattolici
toscani. Proprio per questo i vescovi
hanno chiesto che un terzo dei delegati delle diocesi fosse al di sotto dei
40 anni. Penso che questa attenzione
privilegiata dei vescovi possa essere
ricondotta anche alla situazione che
il nostro paese sta attraversando
e che sembra togliere la speranza
di un futuro possibile, di un lavoro
possibile, di una famiglia possibile,
soprattutto ai giovani.
La Settimana sociale aveva il
compito di essere uno strumento
di ascolto del tempo presente e una
occasione di confronto e di approfondimento su quanto è urgente fare.
Ho avuto modo di vedere i risultati
dei lavori di gruppo sui cinque ambiti:
il confronto è stato generoso, ampio
e approfondito e ci sono tutti i presupposti l’agenda di speranza che la
Conferenza episcopale elaborerà
con l’ausilio della Commissione regionale della pastorale sociale potrà
davvero essere un’occasione di rilancio per l’azione ecclesiale e perché si
possa, come chiesa, svolgere sempre
meglio il servizio che siamo chiamati
a dare al mondo, ovvero portare
criteri e sguardi nuovi, ispirati al
Vangelo, capaci di intravedere e di
contribuire a costruire, nuovi inizi.
Quindi, ascolto, analisi e riflessione da un lato; confronto, approfondimento e proposta dall’altro. Cerco di
spiegarmi con un esempio. Se da un
lato la Settimana sociale è stata l’occasione per comprendere di nuovo
che la crisi che stiamo attraversando
ha reso evidenti le contraddizioni e i
Battistero di San
Giovanni in Corte
Cattedrale San Zeno
Piazza Duomo
Veglia di
Pentecoste
In Cattedrale, sabato 18 maggio
alle 21, la chiesa di Pistoia partecipa
alla Veglla di Pentecoste presieduta
da monsignor Mansueto Bianchi,
vescovo di Pistoia.
animata da reale spirito di servizio e
disponibilità ad operare per il bene
comune, non soltanto a parole.
Ma l’elenco è davvero molto
ampio, per ciascuno degli ambiti.
Davvero ci sono segni di vitalità
e di speranza nelle nostre chiese
che attendono solo di diventare
concretezza.
limiti dell’attuale sistema economico,
dall’altro ha riportato all’attenzione
della comunità ecclesiale l’urgenza
di proporre e praticare modelli
economici diversi e nuovi modi di
fare impresa, in particolare l’impresa
cooperativa, capaci di valorizzare tramite il protagonismo giovanile anche
beni e terreni incolti, e prendere sul
serio alcuni numeri della Caritas in
Veritate. Mi ha fatto grande piacere
che il Progetto policoro sia stato
citato come uno strumento valido in
questo orizzonte operativo.
Le altre diocesi che si sono
sedute ai tavoli di lavoro hanno portato nuovi progetti e
L
a presenza albanese a Pistoia, è conosciuta come
la comunità albanese più
grande d’Italia; questo dato
ha destato la curiosità di alcuni amici
e li ha spinti a proporre questa mostra, per conoscere un pò di più la
storia e le origini di questo popolo
che ci è compagno in questo pezzo
di storia della nostra città, e che ci
è “vicino” più di quanto possiamo
pensare.
L’ufficio Migrantes della diocesi
ha voluto pertanto promuovere
una mostra ed alcuni incontri con
lo scopo di accompagnare il popolo
albanese nella comprensione della
propria identità e allo stesso tempo
proporre alla città di Pistoia l’opportunità per conoscere meglio questa
importante presenza. La mostra, con
il seguente titolo «Albania, Athleta
Christi, alle origini della libertà di un
idee? Vi è stato un momento
di condivisione?
Sì, molte proposte assai incisive o
di grande respiro sono emerse dalle
indicazioni dei vescovi, dai contributi
delle diocesi e dai lavori di gruppo.
Ne cito solo alcune a mo’ di elenco:
separare normativamente le attività bancarie speculative da quelle
creditizie; ripensare radicalmente il
rapporto tra scuola e lavoro, affermando l’idea che la stessa manualità
è necessaria alla formazione della
persona riportando all’attenzione dei
giovani il recupero di antichi mestieri;
l’impegno a ri-significare e rimotivare
il volontariato; la burocrazia asfissiante; l’urgenza di una buona politica
Tra i relatori della settimana sociale, Emanuele Rossi
ha sottolineato che la chiesa
deve svolgere un’azione di
tipo educativo per aiutare
cristiani e laici a produrre
innovazione e sviluppo sociale e deve svolgere un’azione
di supporto e di supplenza a
fronte di tanti bisogni delle
persone. In queste sue parole
io vedo l’impegno e la concretezza di progetti che l’ufficio
di pastorale sociale del lavoro
sta portando avanti, come
“Policoro” e la “Casa dei mestieri”. Può illustrarceli?
Il progetto Policoro è effettivamente una bella occasione a disposizione delle diocesi dove questo è
attivo. Ripeto spesso, proprio per
sottolineare l’aspetto di concretezza del progetto, che Policoro ha
contribuito a dare vita a oltre 600
cooperative e ditte individuali. Non
sono numeri da capogiro, ma sono
piccoli segni di speranza, piccoli miracoli, che possono fare la differenza.
Anche da noi, anche se il progetto ha
appena un anno di vita, già vediamo
nascere i primi segni di concretezza.
I bisogni sono moltissimi, e sopravanzano le nostre capacità e le nostre
possibilità. Cerchiamo solo di poter
dare il contributo più generoso e più
limpido che possiamo alla vita e alla
formazione dei giovani.
La Casa dei mestieri va in questa
direzione. Al suo interno la diocesi
tramite il Progetto policoro ha
portato anche un’idea semplice ma
forse significativa, apprezzata anche
a livello universitario.
Ogni volta che abbiamo davanti
una azienda che voglia terminare la
propria attività, perchè il titolare ha
raggiunto l’età pensionabile o per
altre ragioni, senza una “eredità”
lavorativa, possiamo provare a intervenire e riallacciare i fili del patto tra
le generazioni.
La domanda che ci poniamo,
confermati da alcune esperienze
concrete, è se ci possano essere
alcuni giovani che, opportunamente
formati, desiderino proseguire quel
lavoro e raccogliere il testimone
lavorativo. Percorsi di formazione
che intrecciano due movimenti:
quello dell’elaborare conoscenza
e acquisire competenze partendo
dall’esperienza e dal contatto con
altri; quello del sostare in prossimità
della storia personale e lavorativa
di altri, dell’educarsi a percepire
se stessi “consegnati” a una storia,
interiorizzando i doni vitali che altri
ci hanno fatto e ci fanno.
È necessario riscoprire e ricostruire una vera e propria alleanza
tra le generazioni, per uscire dalla
prigione della nostra particolarità,
condizione necessaria perché un
progetto come questo possa risultare efficace. I ragazzi sembrano
smarriti di fronte alla complessità,
hanno bisogno di qualcuno con cui
camminare assieme per uscire dalla
nebbia. Policoro cerca di fare semplicemente questo.
FONDAZIONE MIGRANTES
“Albania, Athleta Christi,
alle origini
della libertà di un popolo”
popolo», sarà inaugurata venerdì 31
maggio alle 21,15 presso l’oratorio di
San Gaetano, C.so Amendola (accanto
alla chiesa di S. Paolo apostolo), alla
presenza di monsignor Angelo Massafra arcivescovo di Scutari e presidente
della conferenza episcopale albanese
e Zhirajr Mokini Poturljan curatore
della mostra, e rimarrà aperta fino
al 15 giugno.
La mostra è un percorso multimediale, che dopo un iniziale premessa
sui dati che ne documentano i temi,
racconta le origini del popolo albane-
se, della propria radice indoeuropea e
del loro legame con l’Impero romano
al quale fornisce otto imperatori. Per
poi passare alla prima figura storica di
rilievo, Giorgio Castriota Scanderbeg,
l’Atheleta Christi che fermò l’avanzata
ottomana verso l’Europa. Il condottiero che dette vita ad un epopea che
segna ancora profondamente l’identità degli albanesi. Per proseguire con le
figure che predominano e permettono “il risorgimento albanese”, facenti
parte per la maggior parte dell’ordine
religioso francescano e gesuita, e che
portarono all’indipendenza del 1912
dall’Impero ottomano. Infine il periodo oscuro del comunismo albanese,
uno dei regimi più cruenti del XX
secolo, per terminare con il movimento di liberazione e la formazione
della Repubblica albanese nel 1992.
La mostra durante il percorso storico offre al visitatore alcuni spunti di
riflessione personale, interrogandolo
su cosa costituisce l’identità di una
nazione, cosa risponde alle attese di
libertà personali e collettive.
Paolo Palazzi
8
comunità ecclesiale
Incontrando
un grande
testimone
di speranza:
Loris
Capovilla
Il nuovo papa, attraverso il corso
delle vicende della vita, è come il figlio
di Giacobbe che incontrandosi con i suoi
fratelli di umana sventura, scopre a loro
la tenerezza del cuor suo e scoppiando
in pianto, dice: ‘Sono io... il vostro fratello
Giuseppe’. Ecco a noi sta a cuore in
maniera speciale il compito di pastore
di tutto il gregge... Ma certo è che tutte
le fisionomie dei Papi che si succedono
nel corso dei secoli si devono riflettere
nel volto di Cristo. Ora l’insegnamento
divino è riassunto in queste parole del
divino maestro: ‘Imparate da me che
sono umile e mite di cuore’. Dunque la
grande mitezza e umiltà.” (Dal discorso
di Giovanni XXIII per l’incoronazione)
Sabato 27 aprile, è stata organizzata
dalle comunità parrocchiali di BonelleRamini e di Vicofaro, insieme al Centro
di documentazione e di progetto “don
Lorenzo Milani” di Pistoia, una gitapellegrinaggio a Sotto il Monte Giovanni
XXIII, sia per visitare i luoghi del grande
pontefice del concilio, sia per incontrare
il suo segretario monsignor Loris Capovilla. Hanno partecipato alla visita,
oltre ai membri delle due comunità, un
gruppo cospicuo di ragazzi della scuola
di Ramini, che sono stati i referenti privilegiati durante i vari momenti della visita.
Momento di toccante emozione è stato
a Ca’ Maitino -luogo, per oltre 30 anni,
delle vacanze di papa Giovanni- l’incontro
con il segretario del papa, che ha voluto
rivolgere un messaggio di memoria e
di speranza alla nostra comunità. Ha
ricordato, come esempi da tenere sempre
presenti nella nostra ricerca, due grandi
figure legate alla Toscana, don Lorenzo
Milani e Giorgio La Pira. Proprio partendo
dal difficile presente anche politico della
società italiana, ha rievocato il messaggio
di vita e di insegnamento di Giovanni
XXIII, che seppe indicare strade nuove,
con la convocazione del Concilio, con le
sue encicliche, con la sua stessa vita umile
e generosa. Ha espresso anche grande fiducia in papa Francesco, che si pone sulla
linea dei gesti e del messaggio del grande
predecessore, richiamandosi sempre alla
povertà e alla misericordia. Profonda
emozione ha suscitato la rievocazione
della morte, quando papa Giovanni gli ha
ricordato le dure opposizioni che entrambi avevano incontrato nel portare avanti
il rinnovamento della chiesa. Ma per lui,
papa Giovanni si può riassumere nei suoi
occhi, nel suo volto aperto all’umanità.
Nel pomeriggio abbiamo incontrato don
Ezio Bolis -direttore della Fondazione
Giovanni XXIII di Bergamo- che, in sintesi,
rivolgendosi ai ragazzi che hanno seguito
sempre attenti, ha individuato i punti
centrali delle grandi intuizioni di papa
Giovanni, legate al concilio, al dialogo
ecumenico, alle encicliche. Abbiamo poi
visitato la Colombera, la casa natale del
pontefice, che proprio nella sua povertà
dà il senso delle origini evangeliche di un
messaggio così coinvolgente. La giornata
si è conclusa con la celebrazione della
Messa nella chiesa di Santa Maria in
Brusicco da parte di don Massimo: membri della comunità, intervenendo durante
la messa, hanno espresso il senso di una
giornata che rimarrà indimenticabile per
tutti i partecipanti.
Massimo Biancalani,
Mauro Matteucci
n. 20 19 Maggio 2013
Santuario della Madonna delle Grazie
Vita
La
Maggio a Valdibrana
Numerosi gli appuntamenti per i fedeli. Ogni martedì alle 21 recita del rosario
O
gni anno come antica e
tradizionale devozione
il popolo della diocesi di
pistoia si reca al Santuario della Madonna di Valdibrana per
toccare il sasso dove è apparsa la
Vergine e partecipare alla messa, al
rosario e alla fiaccolata che si tiene
in prossimità della fine del mese e
alla quale prendono parte l’Unitalsi
e i malati.
Valdibrana è la piccola Lourdes
locale: la Madonna lì venerata, è donna del popolo o, come la definisce il
vescovo Mansueto Bianchi nella preghiera a lei dedicata, “nostra Signora
dei giorni qualunque”.
Maggio a Valdibrana è un appuntamento mariano irrinunciabile che
molti fedeli nella Chiesa pistoiese
attendono. Maggio infatti è il tempo
dei numerosi pellegrinaggi da parte
di tante parrocchie, che possono
prenotarsi presso il santuario, di cui
è rettore monsignor Cesare Tognelli.
Dentro il santuario, sulle pareti
dietro l’altare sono esposti molti ex
voto. Oltre a quelli, innumerevoli, di
più antica fattura, ve ne sono aggiunti
anche di recenti.
Il santuario Madonna delle Grazie sorse nel 1650 sul luogo di un
piccolo oratorio al cui interno già
dalla fine del XIV secolo era conservata un’immagine miracolosa
della Vergine
Come a Lourdes, anche a Valdibrana il culto è legato ad un’apparizione: quella di Maria a una
pastorella, per rivelarle dove era
sepolta quella sua immagine, che era
andata perduta.
Intorno all’immagine ritrovata
fiorirono i primi miracoli e si formò
il santuario.
Don Cesare afferma “Ogni anno
c’è un incremento della partecipazione sia dei singoli sia dei gruppi
parrocchiali e di altri visitatori. In
MOICA
Incontro di spiritualità
N
ell’alveo della tradizione devozionale mariana, che a Pistoia
trova il suo punto di riferimento nel santuario di Valdibrana
nel quale è custodita un’immagine della Madonna tanto cara
al cuore dei pistoiesi, il Moica organizza un pellegrinaggio che
avrà luogo il 23 maggio alle ore 16,15. L’iniziativa nasce dall’intento di
solennizzare il mese dedicato a Maria e di corrispondere alle numerose richieste espresse in tal senso da iscritte ed iscritti all’associazione.
Il programma prevede: «Riflessione condotta da monsignor Giordano
Frosini sul tema “Papa Francesco contro gli idoli di oggi”». La sede sarà il
circolo locale posto a pochi metri dal Santuario. Al termine dell’incontro
verrà celebrata la Messa. Nell’occasione sarà distribuito l’ultimo numero
della rivista nazionale “Penelope” che dedica la copertina ed un ampio
spazio interno allo splendido patchwork opera di socie Moica ed esposto nel Museo del ricamo.
Si segnala che la linea 24 del Copit parte da Pistoia per Valdibrana alle
ore 16. Chi per particolari difficoltà non potesse utilizzare il proprio
mezzo o i mezzi pubblici, può contattare la presidente Annamaria Palchetti per reperire un passaggio con le auto di altri partecipanti.
Si comunica a quanti fossero interessati che per il giorno 11 giugno prossimo è prevista una gita del Moica con meta Abetone, San Pellegrino in
Alpe. L’invito a partecipare è rivolto ad iscritti ed amici. Su questo giornale verrà comunicato quanto prima il programma dettagliato della gita.
conseguenza di questo incremento
aumenta anche il numero degli ex
voto a dimostrazione di particolari
grazie che i fedeli attribuiscono
all’intercessione di Maria.Valdibrana
anche per questo è davvero un luogo
particolare”.
I prossimi appuntamenti in programma al Santuario di Valdibrana
sono sabato 25 maggio, alle 17,30,
con il pellegrinaggio diocesano Unitalsi, presieduto da monsignor Mansueto Bianchi; domenica 19 maggio,
Giornata della devozione mariana
con la presentazione dei bambini e
ragazzi a Maria.
Questo gli orari delle messe e
della recita del rosario per il mese
di maggio.
Giorni feriali: ore 7 Lodi - ore
17.30 Rosario - ore 18 Messa con
riflessione mariana
Giorni festivi: sabato ore 17.30
rosario - ore 18 Messa festiva; domenica ore 7 - 8.30 – 10 - 16.30 - 18
Messa, ore 17.30 rosario
Confessioni: ogni giorno, nel
pomeriggio dalle 16.30 alle 17.45;
mercoledì e venerdì al mattino dalle
ore 9 alle 12.
D.R.
Ente Camposampiero
Appuntamento a “Sfornaciando”
per conoscere un piccolo villaggio
della solidarietà
A
ppuntamento dal 30 maggio
al 2 giugno con la festa di
quartiere “Sfornaciando”
che si svolgerà presso la
sede dell’ente Camposampiero e che
prevede varie iniziative culturali, musicali e ricreative. Sarà un’occasione
per conoscere da vicino l’ente Camposampiero, che da quasi ottant’anni
opera a Pistoia in favore dei poveri e
delle famiglie in difficoltà.
Nell’ambito della festa sarà anche
inaugurato il nuovo ascensore per
disabili realizzato grazie al contributo
della Fondazione Cassa di risparmio di
Pistoia e della Lucchesia e alle offerte
dei singoli cittadini.
L’ente Camposampiero è sorto a
Pistoia il 20 gennaio 1946 per onorare
la memoria di Giuseppe Camposampiero, eminente studioso, apprezzato
insegnante e appassionato sostenitore
del riscatto e delle necessità dei più
poveri.
La Camposampiero oggi come ieri
opera con lo stesso spirito di servizio
di allora e con le stesse aspirazioni che
hanno motivato e mosso Giuseppe
Camposampiero e le signorine Borgioli, in particolare la professoressa
Angela Borgioli, che hanno dato seguito concreto alle idee di giustizia
sociale e solidarietà umana e cristiana
promosse dal fondatore.
“Anche oggi, come ieri, - afferma
Luca Traversari, responsabile dell’Ente
Camposampiero - sembra che la povertà bussi alla porta di tante famiglie
che vivono nella nostra città e nei
nostri quartieri. È povertà materiale,
che riduce i consumi delle famiglie,
ma è anche sopratutto mancanza di
entusiasmo, di energia per realizzare
il futuro e perdita di speranza”.
Quale risposte avrebbe dato
Giuseppe Camposampiero oggi a
questa sfida? Non lo sapremo mai, ma
possiamo vedere quello che si cerca
di realizzare oggi alla Camposampiero.
“Invitiamo tutti a venire a conoscere meglio questa realtà associativa
pistoiese, - prosegue Traversari - che
ha sede in Via Antonelli 307: è un
piccolo villaggio della solidarietà,
dove operano varie cooperative che
si occupano di inserimenti lavorativi
per fasce deboli (ex carcerati, disabili),
un centro adolescenti che raccoglie i
ragazzi della zona, la cooperativa di
produzione Manusa, che si occupa di
riuso di vestiti usati e messa a nuovo
degli stessi, una scuola materna comunale e la Fabbrica delle emozioni,
che rappresenta uno spazio aperto ad
associazioni e realtà del quartiere”.
L’ente Camposampiero, associazione di soli volontari senza dipendenti, nell’ultimo periodo si è
impegnata per la realizzazione di un
impianto fotovoltaico che produce
il 50% dell’energia elettrica di cui
la struttura necessita, di un centro
Caritas per l’ascolto, ha effettuato
la distribuzione di vestiti e aiuti alle
famiglie del quartiere in difficoltà, e
ha realizzato corsi per tagli e cucito.
Opera anche in collaborazione
con la Leonardo da Vinci nell’allestimento di opere teatrali di natura
storica da realizzare con i ragazzi che
frequentano la scuola.
Ultimamente, con un gruppo di ragazzi aiutati da dei volontari, l’ente sta
recuperando le zone verdi circostanti,
la struttura è in abbandono, creando
un orto sociale e un frutteto biologico.
In questo modo i ragazzi coinvolti
ricevono un contributo economico
che li aiuta in un momento della loro
vita non certo facile e contribuiscono
a migliorare l’ambiente della zona.
D.R.
Vita
La
19 Maggio 2013
Castellina Serravalle
Restaurato
il complesso
dei Ss. Filippo
e Giacomo
Il 24 aprile alle 17 si è tenuta una
celebrazione per l’inaugurazione
dei lavori di restauro del complesso parrocchiale della Chiesa dei
Ss. Filippo e Giacomo. All’evento
erano presenti il vescovo di Pistoia
Mansueto Bianchi, la soprintendente
ai beni archittetonici per Firenze
Pistoia e Prato Alessandra Marino, il
presidente della fondazione Caripit
Ivano Paci, il sindaco di Serravalle
pistoiese Patrizio Mungai e la vicesindaco Simona Querci.
I lavori dei restauri del complesso
parrocchiale della Chiesa dei Ss:
Filippo e Giacomo a Castellina di
Serravalle Pistoiese sono iniziati
nel 2012.
La chiesa fu costruita nel 1159, quando il vescovo Tracia, ne autorizzò
l’edificazione e la volle dedicare a
SS. Filippo ed Jacopo sul colle di S.
Maria, dov’era un castello.
Nei verbali delle visite pastorali la
chiesa compare a partire da quella
del vescovo Vivenzi.
Le tracce della Chiesa originaria
del XII secolo si ritrovano in qualche tratto dei muri esterni e della
facciata.
Commentando i restauri inaugurati,
il parroco, don Stanislao Jakubczak
ha affermato:“Con questa opera abbiamo realizzato i desideri di tantissime persone, anche di coloro che non
sono più con noi.Abbiamo lasciato il
segno concreto della nostra fede per
le generazioni che verranno dopo di
noi. La chiesa insieme con il complesso parrocchiale sarà a disposizione
di tutti, dai bambini agli anziani, per
lodare il Signore, per il catechismo
e anche come luogo di ritrovo per
la nostra comunita.”
D.R.
D
ieci anni orsono il 3 del
mese di luglio, giorno in
cui la liturgia della chiesa fa memoria dell’apostolo Tommaso, dopo dodici anni di
sofferenza trascorsi nell’infermeria
del seminario, a causa dei postumi
di un grave incidente stradale, don
Marino faceva ritorno alla casa del
Padre. Don Marino Pratesi nacque
a Fucecchio il 23 ottobre 1923 dove
il padre carabiniere prestava servizio. Nel 1935 entrò nel seminario
a Pistooia, ove studiò; preghiera
e disciplina erano le costanti che
scandivano il tempo dei futuri ministri dell’altare.
Per il giovane chierico furono anche anni difficili, sia per la perdita
improvvisa del padre, sia per un
infortunio durante la guerra che
lasciò in lui problemi alla vista. Finalmente il 29 giugno 1948, insieme
ad altri compagni riceve dalle mani
consacrate di monsignor Debernar-
n. 20
comunità ecclesiale
COMNVEGNI “MARIA CRISTINA”
9
Verso la beatificazione
M
aria Cristina di Savoia
regina del Regno delle due
Sicilie sarà a breve Beata.
La notizia arriva nell’anno
della fede e per il bicentenario della sua
nascita, dopo che Papa Francesco ha
firmato il decreto riguardante un miracolo
attribuito alla sua intercessione.
Anche nella nostra diocesi l’associazione “Convegni Maria Cristina di Savoia”
ha accolto con gioia la notizia.
“Convegni Maria Cristina di Savoia”
nella diocesi di Pistoia è un’associazione
autonoma, laicale, riconosciuta dalla competente autorità ecclesiastica nel 1973.
Il movimento nasce a Roma nel 1937,
quale “Opera” dipendente dall’Unione
donne di Azione cattolica; l’associazione
si è costituita dopo che il papa Pio XI
ha dichiarato venerabile la Regina delle
due Sicilie, Maria Cristina di Savoia. Essa
“nasce per difendere e promuovere la
cultura cristiana, sopratutto in ambienti
che, per tradizione, non sono raggiunti
dalle associazioni cattoliche e che nella
trasformazione istituzionale, rischiavano di
rimanere isolati”. I suoi scopi principali sono
dunque: la formazione cristiana, religiosa,
morale, culturale e sociale degli aderenti,
la loro testimonianza cristiana e presenza
attiva nella vita sociale. L’associazione
oggi conta circa 3.500 iscritte e più di 80
“Convegni” in tutta Italia.
I “Convegni” locali organizzano conferenze, incontri tavole rotonde su argomenti
religiosi, sociali, culturali. L’attività culturale
si accompagna ad una attenzione alle
persone, attraverso momenti di convivialità
ed iniziative culturali di alto respiro.
A proposito della nuova beata, il postulatore della causa di beatificazione, padre
Giovan Giuseppe Caligano ofm, afferma
che “con la sua dolce figura di sposa, di
consigliera del re, di donna della preghiera,
di madre di carità per il popolo ci mostra
in maniera eminente che la vocazione alla
santità è per tutti i battezzati, nel pieno
gioioso compimento della propria vocazione
“e, sottolinea, bisogna ringraziare il Signore
che ha disposto di portare a compimento
questa storica causa nel corso dell’anno
della fede ed delle celebrazioni per il
bicentenario della nascita della venerabile
(2012-2013)”.
Maria Cristina di Savoia era figlia
secondogenita di Vittorio Emanuele I
(1759-1824) re di Sardegna e di Maria
Teresa d’Asburgo-Este (1773-1832). Il
re di Napoli Francesco I l’aveva presa in
considerazione come possibile sposa per il
proprio figlio Ferdinando, ma Maria Cristina
aveva detto più volte di preferire alle gioie
del mondo il ritiro del chiostro.Tuttavia
sopratutto dopo la morte della madre,
convinta da Carlo Alberto e dal confessore
della defunta, padre Terzi, vinse gli scrupoli
religiosi e accettò di sposarsi. Il matrimonio
fu celebrato a Genova il 21 novembre 1832
e nel complesso fu piuttosto felice. Grazie
alla influenza della moglie, il re intensificò
il suo impegno per le opere di carità. Infatti
per Maria Cristina i poveri costituivano il
primo dovere: le persone da lei beneficate
non si contano e molti condannati a morte
dovettero a lei la grazia o la commutazione
della pena capitale. Trascorsi tre anni di
matrimonio, la mancanza di un figlio la faceva soffrire e pregava incessantamente la
Madonna affinché il suo desiderio di averlo
fosse realizzato. Finalmente Maria Cristina
fu esaudita. Dalla reggia di Portici, dove
trascorse gli ultimi mesi della gravidanza,
all’avvicinarsi del parto scriveva alla sorella:
“Questa vecchia va a Napoli per partorire e
morire”. Purtroppo era vero! Infatti l’erede
al trono nacque il 16 gennaio e già il 29
Maria Cristina era morente per complicazioni sopravvenute al parto. Prendendo in
braccio il tanto atteso piccolo Francesco e
porgendolo al re suo marito disse: “Tu ne
risponderai a Dio e al popolo e quando
sarà grande gli dirai che io muoio per lui”.
La fama di pietas di Maria Cristina e
della sua devozione alla Madonna si diffuse
e consolidò rapidamente. Nella chiesa di
santa Chiara, la tomba di Maria Cristina,
che si era conquistata l’appellattivo di “reginella santa” ed era molto amata dal popolo,
divenne un luogo di pellegrinaggio pieno di
ex voto per interventi ritenuti prodigiosi. Più
tardi, nel 1937, Pio XI ne dichiarò eroico
l’esercizio delle virtù cristiane autorizzandone il culto come venerabile. Siamo in
attesa della data nella quale finalmente la
Regina salirà agli onori dell’altare.
D.R.
La tavola domestica: luogo di pastorale
B
asta accendere il televisore
e saltando da un canale
all’altro troveremo diverse
trasmissioni di cucina, con
cuochi professionisti o anche con semplici donne o uomini di casa. Èla moda del
momento! Perché non seguirla, perché
non usare questo linguaggio mediatico
che è così comune che tutti riescono ad
ascoltare e capire?
Allora partiamo dalla casa, dalla
nostra casa.
All’inizio non pensavamo di ripescare un tema a noi così caro! Sì, da
sempre crediamo nella bellezza di ogni
casa domestica, del grande valore che è
metterla a disposizione per le più varie
occasioni, ordinarie e straordinarie.
Abbiamo così scoperto un’opportunità che può essere offerta alle coppie:
semplici cene presso una coppia ospitante, per ritrovare o approfondire la
bellezza della relazione di coppia. Il tutto
in un clima di accoglienza, di amicizia
sulla base di contenuti ben definiti su cui
riflettere e dialogare in coppia.
Al centro di tutto c’è il desiderio di
ravvivare il dono dell’amore attraverso
la presenza del Signore, vero ospite
della casa da invocare e pregare. Non
grandi numeri, ma un massimo di tre
coppie invitate a riscoprire il potenziale
di amore che sta dentro ciascuna di esse.
Per privilegiare il lavoro di coppia
evitiamo il lavoro di gruppo, lasciando
ad altri validi contesti (gruppi famiglia,
gruppi parrocchiali,…) la ricchezza
dello scambio e della condivisione.
Fondamentale è la totale gratuità
dell’esperienza da parte di chi ospita.
Ci ha colpito questo elemento della
gratuità con cui la coppia ospitante
mette a disposizione la propria casa,
il proprio tempo, la propria cucina, i
propri ambienti. Forse non siamo più
abituati a questo e non sappiamo offrire
niente se non dietro un compenso o un
pagamento; questa è la nostra società!
Al contrario è vincente la carta della
gratuità, che non vuol perseguire nessun
secondo fine e non nasconde alcun trabocchetto o “predicozzo” finale. Punta
esclusivamente sul farsi strumento di
amore, di accoglienza, sul dare stima,
confidenza, condivisione.
La coppia ospitante deve aver
chiaro che al centro di tutto non c’è la
sua bravura ma l’opera efficace dello
Spirito ricevuto nel sacramento delle
nozze; non c’è la capacità a produrre
nell’altro cambiamenti o soluzioni, ma
l’opportunità che è data attingendo interiormente la forza dell’Amore, sostenuti
dalla preghiera.
È un’esperienza in cui non esistono
ruoli (come troppe volte si annidano
nelle nostre comunità parrocchiali) e
le coppie ospiti sono coppie chiamate
con l’unico strumento vero: la relazione! Quella relazione che ti permette
di chiamare il collega, il vicino di casa,
la parrucchiera, il convivente, chi si è
allontanato dalla chiesa, chi ha voglia di
provare qualcosa di insolito…
Questa esperienza ci interpella
a mettere le nostre nozze a servizio
degli altri per diventare riflesso vivo
dell’amore trinitario e così è nato in
noi il desiderio di diventare tessitori di
comunione per dare lode a colui che
sta all’origine di un mistero così grande.
Per questo l’uomo lascerà suo padre
e sua madre e si unirà alla sua donna e i
due formeranno una carne sola. Questo
mistero è grande; lo dico in riferimento a
Cristo e alla chiesa! (Ef 5, 31-32)
Piero e Paola Pierattini
Ricordo di don Marino Pratesi
nel 10° anniversario della morte
di il tanto sospirato Ecce sacerdos.
Dopo una breve esperienza a
Masiano fu invitato a S. Ippolito di
Vernio in diocesi di Prato. Era allora
una parrocchia molto difficile soprattutto per le ideologie politiche
fortemente anticlericali. Tuttavia il
giovane prete dotato di una forte
personalità che lo sosterrà per
tutta la vita cominciò a “seminare”
-azione cattolica, giovani, ecc.- ed
i frutti non tardarono a maturare.
Purtroppo una seria pleurite lo
costrinse a lasciare e a fare ritorno
al Santonuovo, suo paese d’origine, dove trascorse diversi mesi a
riposo.
Nell’attesa di una completa guarigione viene inviato a Spedalino nel
dicembre 1951. A questo punto
è necessaria una precisazione. La
chiesa di Santa Maria Assunta a Spedalino, pur trovandosi nel territorio
parrocchiale di San Piero Agliana,
aveva sempre vissuto di una vita
liturgica autonoma, specialmente
negli anni in cui fu curata da due
sacerdoti spedalinesi: don Bartolomeo Magni e il di lui nipote il canonico monsignor Geremia. Qui don
Marino iniziò un lavoro proficuo
sotto ogni aspetto, compreso quello
sociale. L’entusiasmo dimostrato
riaccese nella popolazione la spe-
ranza cullata fin dagli anni quaranta
di essere parrocchia autonoma. La
sua realizzazione non fu una cosa
semplice; tuttavia con l’aiuto di un
solerte comitato il sogno si realizzò
e il 22 gennaio 1961 con decreto di
monsignor Longo Dorni, la chiesa
di Spedalino fu elevata al grado di
prioria e don Marino nominato
primo parroco. Con il trascorrere
degli anni fu necessario pensare alla
costruzione di una nuova chiesa e
relativi servizi pastorali. Purtroppo
don Marino non riuscì che a vedere
il solo terreno per la sua costruzione, acquistato grazie alla generosità
della popolazione.
Il 7 novembre 1988 –come dicevamo all’inizio- rimase vittima di
un incidente stradale, le cui conseguenze lo costrinsero a lasciare la
parrocchia.
Alcuni anni dopo la sua morte l’amministrazione comunale di Agliana
in segno di ricordo e gratitudine,
decise di intitolargli una strada che
si trova vicino al nuovo complesso
parrocchiale. Leggendo quella targa
che reca il suo nome, par di vedere
una sentinella che continua a vegliare su quella comunità che tanto lo
amò, e per la quale spese quasi tutta
la sua vita di uomo e di sacerdote.
Franco Biagini
10 comunità e territorio
Vita
La
n. 20 19 Maggio 2013
SOCIETà
Un giovane su tre
si sente insicuro
dell’iniziativa -, ma per i giovani, che si
stanno adattando a questa situazione
nel bene e nel male, rimane ancora
un punto sicuro. La sensazione di insicurezza deriva invece dall’aumento
degli episodi legati alla criminalità, ma
anche dalla mancanza di lavoro e di
opportunità per il futuro».
La settima edizione di «Dai un
senso alla vita», prevedeva anche un
concorso multimediale. Gli studenti
di varie scuole superiori della provincia sono stati chiamati ad esprimere
il proprio pensiero sul tema «Una società sicura: tra percezione e realtà»,
attraverso brevi filmati. Al termine
del convegno sono stati premiati i
migliori elaborati.
Al primo posto si è classificata
Ottavia Loppi (liceo artistico Petrocchi), 2° Marco Anastasio (liceo artistico Petrocchi), 3° Marta Zingarello
(Istituto Pacini), 4° Margherita Azzini
(liceo Forteguerri–Vannucci), 5°
Francesca Sensi (Istituto Einaudi), 6°
Tilde Esposito (Liceo Mantellate), 7°
Alessio Fontanelli (Istituto Pacinotti),
8° il gruppo composto dagli studenti
Breschi, Trabaldo, Maddalloni, Mannucci, Cirri, Zanobetti, Dimeglio,
Anastasio (liceo artistico Petrocchi);
9° Fabbri (liceo artistico Petrocchi).
Nuovo ospedale
Una commissione
di “saggi” per
sceglierne il nome
Emerge da una
ricerca realizzata
su 700 studenti
pistoiesi. Temono
anche la povertà e
l’incertezza
sul futuro
di Patrizio Ceccarelli
C
resce la percezione di
insicurezza, anche tra
i giovani. Lo dice una
ricerca realizzata su 700 studenti
pistoiesi delle scuole superiori dal
dipartimento regionale dell’Associazione nazionale sociologi (Ans) e dal
Laboratorio toscano Ans di scienze
sociali, comunicazione e marketing,
che ha sede a Pistoia. A preoccupare
i giovani sono, oltre alla criminalità
crescente, l’incertezza sul futuro,
la mancanza di lavoro, la salute e il
rischio di povertà. La famiglia, invece,
rimane un nido sicuro per gran parte
degli intervistati.
I risultati dello studio sono stati
illustrati nel corso di un convegno
che si è svolto alla biblioteca San
Giorgio di Pistoia, nell’ambito della
settima edizione di «Dai un senso
alla vita: rispettala!».
«Emerge la contraddittorietà
che definisce e denota la situazione
attuale - afferma Andrea Spini, docente di sociologia all’Università di
Firenze - Gli stessi ragazzi che dicono
la famiglia è un nido sicuro, la trovano
allo stesso tempo anche oppressiva,
quella che limita, che tarpa le ali, per
usare le loro parole. Inoltre, manca
la sicurezza, la prospettiva di iniziare
un cammino alla fine del quale c’è la
soluzione».
«La famiglia si dice sempre che
si sta disgregando, in realtà si sta
trasformando - sostiene il sociologo
Giuliano Bruni, dirigente del Laboratorio toscano Ans e promotore
immigrati
Scritte razziste contro
il ministro Kyenge
Parole di condanna da tutto il mondo politico e istituzionale
N
etta condanna da parte
del mondo politico-istituzionale nei confronti
degli autori delle scritte
razziste contro il ministro per l’Integrazione Cecile Kyenge, apparse
venerdì 10 maggio nei pressi del
centro commerciale Panorama e in
via Pertini, nell’area ex Breda. «Sono
scritte volgari e spregevoli dettate
dalla paura e dall’odio - le parole
di condanna del sindaco Samuele
Bertinelli - che offendono, insieme
al ministro Kyenge, tutta la città di
Pistoia che quotidianamente coltiva,
nelle sue scuole, nelle numerose
associazioni di volontariato, nei
suoi circoli e nelle sue parrocchie,
il progetto di una comunità ispirata
ai principi di solidarietà, eguaglianza,
libertà e giustizia. «L’autore o gli
autori delle scritte razziste contro
il neo-ministro Kyenge hanno certo
letto pochissimi libri e fra questi, di
sicuro, né il Vangelo né la Costituzione. Consiglierei di cominciare a
farlo». È il commento del vescovo di
Pistoia, Mansueto Bianchi. «Mi colpisce la circostanza che proprio oggi
si ricorda l’ottantesimo anniversario
del terribile incendio con cui Hitler
cercò di incenerire quei simboli di
cultura che sono i libri: leggere il libro
eversivo per eccellenza, il Vangelo,
aprirebbe certo gli occhi a persone
- afferma ancora il vescovo - che con
un gesto così inqualificabile pensano di intimidire un ministro della
Repubblica la cui scelta costituisce
sintomo di civiltà e di attenzione verso le grandi sfide del dialogo e della
comprensione in un mondo piccolo
come un villaggio». «Si tratta di atti
miserabili e razzisti, che poco hanno
a che fare con i principi di civiltà e di
democrazia - afferma la presidente
della Provincia, Federica Fratoni - Atti
offensivi non solo del singolo, ma
dell’intera comunità pistoiese, che si
riconosce nei valori della convivenza,
della partecipazione e dell’integrazione». «Non c’è bisogno di troppe
parole né per condannare il gesto
né per capire quanto sia lontano dai
sentimenti dei pistoiesi e dei toscani - dice il presidente della Regione,
Enrico Rossi -. L’autore, o gli autori,
delle scritte razziste contro il ministro Kyenge cercano evidentemente
un clamore mediatico. Sono certo
che il loro intento sarà sconfitto da
un altro clamore: quello della risposta democratica della società civile».
«Chi è stato educato al confronto
civile e democratico - afferma la
deputata Caterina Bini - può sostenere la propria contrarietà a scelte
o idee diverse dalle proprie senza
ricorrere ad atti indecorosi e parole
violente». «Non è tollerabile vedere
scritte minacciose sui muri di Pistoia
contro il ministro Kyenge - dice Anna
Maria Celesti, capogruppo del Pdl
in Consiglio Comunale a Pistoia L’odio e il razzismo sono estranei alla
convivenza civile e vanno combattuti
senza timori».
P.C.
Tramontata la proposta di dedicarlo al patrono,
S. Jacopo, in lizza scienziati illustri pistoiesi,
come Pacini, Tigri, Civinini e Matani
S
e scegliere la localizzazione del nuovo ospedale di Pistoia non è
stata cosa facile, tanto che qualcuno disse lo faremo con le ruote,
così lo potremo spostare di volta in volta, trovargli il nome sembra
essere ancora più difficile. Intitolarlo a San Jacopo, il patrono della
città, sembrava ormai cosa decisa e acquisita, ma evidentemente non è
così.Tanto che è stato messo in piedi un tavolo informale per sviscerare la
questione. È bastato riunire una volta una ventina di conoscitori della storia
locale per veder fioccare proposte. A spemersi le meningi sul «nome più
evocativo possibile», sono stati invitati storici, architetti, artisti, alcuni indicati
dal Comune, altri dall’Azienda sanitaria. Fra i «saggi» qualcuno tendeva a
condividere la prima scelta avanzata qualche anno fa dall’allora sindaco,
Renzo Berti per San Jacopo. Lo stesso vescovo Mansueto Bianchi, allora,
la benedisse subito, sottolineando che l’inaugurazione sarebbe d’altronde
avvenuta proprio per il giorno del patrono. Ma al più recente «tavolo»
non tutti si sono trovati d’accordo. «Non certo per livore anticlericale -si
precisa subito- quanto piuttosto perchè, trattandosi di materia sanitaria, si
dovrebbe puntare di più su uomini di scienza». Ecco giungere allora le prime
preferenze per Filippo Pacini, lo scopritore del vibrione del colera, per il
momento fra i più graditi, ma la rosa, che sarà oggetto di discussione nelle
prossime settimane, si è subito arricchita anche di altri pistoiesi illustri in
campo medico-scientifico come Atto Tigri, Filippo Civinini e Antonio Matani.
MONTAGNA PISTOIESE
Verso il comune
unico
L
a montagna pistoiese
verso il comune unico
Verso un comune unico
per la montagna pistoiese.
Lo scorso 14 maggio infatti è arrivata
in consiglio Regionale la proposta
di legge “Istituzione del Comune
Montagna Pistoiese mediante fusione
dei Comuni di Abetone, Cutigliano,
Piteglio e San Marcello Pistoiese”
che è stata presentata dal gruppo
Più Toscana.
“Siamo assolutamente soddisfatti
di come sia andata la votazione –
ha detto il capogruppo Antonio
Gambetta Vianna, primo firmatario
dell’atto che vede come proponente
anche il collega di Più Toscana, Gian
Luca Lazzeri – e siamo tuttavia anche
molto fiduciosi per arrivare al referendum entro il prossimo autunno
in modo da poter vedere la nascita
di Montagna Pistoiese a inizio 2014
per arrivare al voto amministrativo
della prossima primavera.”
Fra i favorevoli anche Roberto Orlandini del Comitato per il Comune
unico, Valerio Sichi del gruppo consiliare Uniti per Piteglio, Davide Luca
Ferrari, del gruppo consiliare Bene
Comune di San Marcello Pistoiese i
quali hanno sottolineato tutti i possibili vantaggi per il territorio derivanti
dalla fusione dei vari comuni.
Sulla stessa lunghezza d’onda Sergio
Giusti della Cna pistoiese e Nicola
Orlandini amministratore delegato
della Sistemi biologici srl, la società
che gestisce l’impianto di compostaggio di Piteglio, che hanno messo
in evidenza gli effetti positivi per le
imprese e non solo. Gabriele Ferrari
dell’Avis locale ha ricordato inoltre
che l’operatività a livello sovra comunale ha permesso alla sezione di
raggiungere la cifra di 500 donatori
stabili.
Antonio Gambetta Vianna ha ringraziato infine il presidente della 1°
commissione “Affari Istituzionali”,
Marco Manneschi e tutti i componenti della commissione per “aver
prestato particolare attenzione alle
esigenze della montagna senza perdere inutilmente tempo e per aver
espresso un parere unanime per
indire il referendum.”
Edoardo Baroncelli
Vita
La
19 Maggio 2013
comunità e territorio
n. 20
11
“Pistoia con altri occhi” Cappuccetto rosso
Lo spettacolo del Liceo Forteguerri-Vannucci
di Silvia Mauro
“I
o credo questo: le
fiabe sono vere”, diceva Italo Calvino
nella raccolta “Fiabe
Italiane”. E senz’altro una grande avventura è stata quella vissuta da nove
alunni diversamente abili del Liceo
delle Scienze Umane “ForteguerriVannucci” di Pistoia - presenti in
istituto con percorsi differenziati
- grazie al lavoro dei quali, lunedì 6
maggio, sul palcoscenico di un Teatro
Bolognini quanto mai gremito, ha preso vita la divertente favola “La bella
Caterina o la novella de’Gatti” di
Gherardo Nerucci, letterato, linguista
e filologo originario della montagna
pistoiese, ma soprattutto autore
delle “Novelle popolari montalesi”,
grande fonte di ispirazione per lo
stesso Calvino.
Il progetto “Pistoia con altri
occhi”, che ha preso il via all’inizio
dell’anno scolastico, ha visto infatti i
ragazzi - supportati da un’operatrice
teatrale, cinque docenti del Liceo
pistoiese e due assistenti della Cooperativa “Gli altri” – impegnati nella
trasposizione della novella scritta in
dialetto dall’autore montalese. Un
lavoro lungo e impegnativo, che ha
coinvolto anche gli studenti della classe I° A, sviluppatosi a partire dall’analisi letteraria del testo - effettuata in
classe grazie all’aiuto della docente di
Lettere, professoressa Beatrice Fattori - e poi proseguito con la messa
in scena della fiaba e, contemporaneamente, con la realizzazione dei
costumi e delle scenografie, nel laboratorio di arte della professoressa
Carmen Manca. Come elaborazione
della fiaba in forma grafico-pittorica, è
stato inoltre realizzato dagli studenti
delle classi IVA e IVC - coordinate
dalla professoressa Carmen Manca
e con la collaborazione di una ex
alunna del Liceo Pedagogico, Selene
Franci - anche un libro con illustrazioni tattili e didascalie in braille. Un
ciclo di conferenze – svolto grazie al
Centro Titflodidattico di Firenze e
all’Unione Italiana Ciechi, con l’aiuto
della dottoressa Elisabetta Franchi,
della signora Tiziana Lupi e della
professoressa Jessica del Moro - ha,
inoltre, contribuito a sensibilizzare gli
studenti sulle strategie di inclusione
sociale e scolastica delle persone
non vedenti.
Un momento prezioso di crescita
e di responsabilizzazione verso gli altri componenti del gruppo, ma anche
un’occasione imperdibile, per tutti
gli alunni coinvolti, di sperimentare
realmente valori come la solidarietà,
la condivisione e la collaborazione,
e, soprattutto, un’opportunità per
vivere ed apprezzare la diversità
altrui come fonte di arricchimento
individuale. “La bellezza di questo
spettacolo è stata proprio quella di
non essere imperniato su di un unico protagonista: tutti i ragazzi sono
stati indispensabili per la sua riuscita
ed ognuno di loro ha contribuito
con grande generosità, mettendosi
in gioco e dando il meglio di sé”, ha
assicurato la regista, professoressa
Serena Mazzotta, durante la presentazione dello spettacolo.
“Un’esperienza nuova. All’inizio
l’intesa non è stata immediata, ma
alla fine siamo veramente felici e
soddisfatti”, ci confessano Lorenzo
e Samuele della I° A, rispettivamente
uno scanzonato principe azzurro ed
un Gatto Mammone furbo e sornione. Grande l’emozione e la gioia
anche per Giulia ed Emma, due delle
ragazze con diverse abilità coinvolte
nel progetto, deliziose e divertenti
nei ruoli dello scrittore e di una delle
gattine.
Il progetto è stato realizzato
grazie al supporto del Comune di
Pistoia - in particolare, dell’assessorato educazione e cultura - ed al
suo inserimento nel Piano educativo
zonale dell’area pistoiese, come ha
chiarito, nel corso della presentazione dell’iniziativa, la dirigente del Liceo
“Forteguerri-Vannucci”, Patrizia
Belliti, annunciando al tempo stesso
che, in segno di ringraziamento, il
libro tattile sarà in seguito donato
dall’istituto agli alunni delle scuole
primarie di Pistoia.
“La scuola non è solo sapere,
ma crescita ed educazione, e con la
preside ci siamo riproposte proprio
questo nella realizzazione dello
spettacolo: preparare i ragazzi, futuri
cittadini, alla convivenza ed al rispetto
dell’altro da sé”, ha concluso la coordinatrice del sostegno e responsabile
del progetto, professoressa Claudia
Ciocchetti.
E così tra variopinte scenografie,
elaborati costumi e vaporosi mantelli,
in un turbinio di stelle e cuori volanti
(“tutto realizzato dai ragazzi, che
sono stati bravissimi”, ci ha assicurato
la professoressa Manca) è andata in
scena molto più di una favola. Diceva
Calvino: “La fedeltà ad un impegno e
la purezza di cuore sono virtù basilari
che portano alla salvezza e al trionfo”.
Nelle fiabe, come nella vita.
MUSICA
Al via le iscrizioni alla scuola
comunale Mabellini
al Palazzo comunale
di Pistoia
È
finita da qualche giorno la mostra “Lo specchio del mondo”:
Casa del tempo e Cappuccetto Rosso (Palazzo Comunale, Sale
Affrescate, 7 aprile-1 maggio), basata sulle stampe delle immagini di Roberto Innocenti (Bagno a Ripoli, 1940), il maggiore
illustratore italiano, molto apprezzato a livello internazionale,
unico italiano a ricevere il prestigioso Ibby Andersen Award a Copenhagen nel 2008. La mostra che è stata inaugurata il 6 aprile scorso ha
riscontrato grande successo ed ha avuto un alto numero di visitatori. La
peculiarità dell’evento è stata quella di avvicinare adulti e bambini al fantastico mondo di una fiaba antica, quella di Cappuccetto Rosso collocato
però in un nuovo contesto dove deve affrontare un bosco moderno descritto come una immaginaria città piena di insidie e di pericoli facilmente riscontrabili nel nostro vivere quotidiano. Riuscirà alla fine a salvarsi
e a salvare la nonna dalle grinfie del lupo dopo aver attraversato mille
avventure. Ci sono voluti due anni di lavoro perché Roberto Innocenti
completasse questa sua moderna fiaba. Una storia metropolitana imbevuta di tutti i modelli della contemporaneità, vuoti, quasi sempre senza una
identità propria. Durante lo svolgimento di questo suo lavoro Innocenti
afferma “Sto preparando un Cappuccetto rosso ambientato in periferia.
In queste agglomerazioni urbane dove vive un terzo dell’umanità, non vi
sono connotazioni particolari, qualsiasi ragazzo che vive in America o in
Europa, ci si ritrova. La periferia, con i suoi segni sui muri, è quel luogo
che in maniera più o meno simile si ripete in qualsiasi parte del mondo.
Come? Il bosco si trasforma in un centro commerciale, il lupo in un motociclista vestito di nero, mentre il pericolo è rappresentato dal consumismo. Il bosco e il lupo non parlano più ai bambini di oggi, per raccontare
storie dalle morali semplici, come quella di non prendere caramelle dagli
sconosciuti, bisogna renderle attuali affinché, in esse, i bambini possano
riconoscersi”. Nella seconda sezione della mostra, il visitatore ha potuto
ammirare la “Casa del Tempo” dove sono rappresentate in una ventina di
tavole le modifiche che una casa toscana subisce nell’arco di un secolo,
dal 1900 al 1999. Così rappresentando i cambiamenti dei tempi , ogni
volta in una stagione diversa, Innocenti ci sorprende disegnando i contadini e il lavoro dei campi e le vicende che toccano i momenti della vita
di ogni famiglia come il matrimonio, le nascite, la morte. Anche momenti
storici importanti del nostro Paese sono stati disegnati da Innocenti in
maniera magistrale, dall’avvento del fascismo all’abbandono delle campagne e il sogno della città. Il disegnatore che in maniera scrupolosissima
traccia particolari decisivi è riuscito ad evidenziare sui volti delle infinite
piccole figure le espressioni tipiche delle emozioni e dei sentimenti
umani. Meritoria l’opera dei promotori della mostra, il Comune, l’associazione Teatrale Pistoiese, la Regione Toscana e la Fondazione Cassa di
Risparmio di Pistoia e Pescia, che hanno contribuito alla realizzazione di
questa incantevole mostra. Roberto Innocenti che ha trattato attraverso
i racconti illustrati per bambini “Rosa Bianca” e “Storia di Erika” il triste
tema della Shoah, si può annoverare, senza paura di essere smentiti, tra i
più importanti illustratori dei nostri tempi.
Quattro i percorsi offerti: classico, jazzistico, propedeutico e danza classica e moderna
A
l via le iscrizioni alla scuola
di musica e danza Teodulo
Mabellini per i corsi del
prossimo anno accademico 2013-2014. Gli studenti già
iscritti all’anno appena concluso, in
tutto 425, possono rinnovare la loro
iscrizione fino a venerdì 31 maggio,
mentre i nuovi aspiranti allievi do-
vranno presentare la loro iscrizione
a partire dal 3 giugno e fino al 24
giugno (info: 0573-904604; email:
[email protected]).
Agli studenti vengono offerti
quattro diversi percorsi: il classico,
il jazzistico, quello propedeutico, e
quello di danza classica e moderna.
Nella sezione classica vengono inse-
COMUNE DI AGLIANA
P
Bando pubblico
ubblicato nei giorni scorsi dal Comune di Agliana il bando
per l’erogazione di contributi economici ad integrazione
dei canoni di locazione per il 2013. Requisito principale
per fare domanda è la residenza ad Agliana, per i cittadini
extracomunitari la residenza per 5 anni nella stessa Regione o per 10
in Italia e la titolarità di un contratto di affitto regolarmente registrato.
I criteri per fare domanda sono abbastanza complessi, è necessario calcolare l’ISE e l’ISEE e richiedono un’attenta lettura del bando che è possibile
scaricare sul sito del Comune di Agliana. Per ogni informazione, chiarimento
e per poter fare domanda è necessario recarsi all’Urp del Comune aperto
il lunedì e il mercoledì dalle 8,30 alle 13,30, il martedì e il giovedì dalle 8,30
alle 16,30, il venerdì ed il sabato dalle 8,30 alle 12. La domanda deve essere
presentata entro il prossimo 1 giugno. La graduatoria provvisoria verrà
formata entro il 15 giugno e quella definitiva entro il 15 luglio. Chi otterrà
il contributo dovrà presentare le ricevute di pagamento degli affitti del 2013
a gennaio 2014. Per informazioni: tel. Urp 800.131.161.
gnati tutti gli strumenti di un’orchestra sinfonica, con in più gli strumenti
tradizionali a tastiera (pianoforte
ed organo) e la chitarra, sia classica
che elettrica. In quella jazzistica si
imparano i tipici strumenti jazzistici,
cioè il pianoforte, il sax, la chitarra
elettrica ed il basso elettrico e la
batteria. In questa sezione, oltre
all’insegnamento individuale, è prevista la musica d’insieme, dal duo
fino alla big band. La terza sezione
è quella propedeutica, riservata ai
bambini delle scuole elementari, con
educazione al movimento ritmico,
all’uso della voce e dei piccoli strumenti del metodo Orff. Infine nella
quarta sezione di danza classica e
moderna, la danza è abbinata ad
esecuzioni musicali dal vivo. La scuola
comunale Mabellini, fondata nel 1858,
dal 2008 vede la collaborazione del
Comune con l’Associazione Teatrale
Pistoiese, che si occupa dell’attività
di progettazione ed organizzazione
dei percorsi formativi. Questa collaborazione ha potenziato i risultati
nella gestione, facendo conoscere e
apprezzare la scuola quale significativa realtà della città.
di Alessandro Orlando
ABETONE
Stagione sciistica
positiva
Superati i 3,7 milioni di passaggi. Intanto il
comprensorio si sta preparando per la stagione estiva
«P
ossiamo definirla una stagione buona, con 3.743.000
passaggi, simile quindi a 2 anni fa (2010/2011), quando registrammo 3.863.000 passaggi, mentre la scorsa
stagione (2011/2012) siamo stati al di sotto dei 3
milioni (2.800.000)». Così il presidente di Abetone Multipass, Giovanni
Guarnieri, commenta la fine della stagione invernale abetonese, durata
quest’anno ben 5 mesi, con le prime sciate iniziate il 2 dicembre e le ultime domenica 5 maggio.
«Questo non significa aver risolto tutti i problemi dell’Abetone - aggiunge -, che peraltro condividiamo con quasi tutte le località di sport invernali, ma certo ci conforta sapere che la nostra è sempre una stazione
apprezzata dagli sciatori. Da segnalare anche, in questa stagione, le tante
promozioni, in particolare quella che ha permesso agli under 14 di sciare
con solo 1 euro se accompagnati da un adulto pagante».
I biblietti ad un solo euro venduti nei comprensori di Abetone e Cutigliano, infatti, sono stati oltre 18mila. Il progetto «Neve baby free» è stato
reso possibile grazie anche al contributo di 150.000 euro stanziato dalla
Camera di Commercio di Pistoia.
Intanto, la montagna pistoiese si sta organizzando per accogliere al meglio i turisti estivi. La stagione estiva ripartirà l’8 giugno con l’apertura
del Gravity park e dei percorsi per la Mtb downhill.
Vita
La
S
n. 20
LA LEZIONE DI ALDO MORO
19 Maggio 2013
Governare
la complessità
ono passati 35 anni, lo spazio di una generazione matura. Eppure l’anniversario
dell’assassinio di Aldo Moro,
il 9 maggio del lontano 1978, ce lo
fa ancora più presente, in questo
momento di transizione. E non solo
perché da 35 anni si continua a discutere della sua morte, uno dei più
eclatanti omicidi politici consumati
nelle democrazie occidentali dal secondo dopoguerra. Sono state scritte
biblioteche sui misteri d’Italia e ancora se ne parla appassionatamente,
anche se forse la verità è proprio
quella, orrenda e banale che è stata
oggetto di più di una sentenza.
Ma oggi, in un momento di passaggio, di cambiamento, di crisi, di
incertezza è piuttosto sulla sua vita
politica che vale la pena di tornare a
ragionare.A partire da un paradosso.
Ai tempi di Moro la grande questione
era l’assenza di alternanza. Oggi, dopo
vent’anni di alternanze inconcludenti,
siamo alla ricerca della stabilità. Che
è il vero problema dell’Italia, un problema di sostanza, e non di forma
del sistema politico, un problema che
non può essere risolto con l’ingegneria istituzionale, con le formule e i
sistemi elettorali, ma con la capacità
e la qualità dei politici.
Ecco allora la lezione di Moro
che sinteticamente si può definire la
disponibilità e la capacità a fare i conti
con la complessità, con le contraddizioni della storia, secondo una linea
U
n momento delicato in cui
la gioia per la nomina a
ministro di Cécile Kyenge, si
accompagna alla delusione
per le offese degli ultimi giorni.
“Ormai ho imparato che quando
pensi che le cose stiano migliorando
basta un attimo per ritornare indietro”,
racconta Kossi Kolma-Ebri, medico
e scrittore, di cui il nuovo ministro
dell’integrazione è stata segretaria
dal 2009.
Arrivato in Italia nel 1974, Kolma-Ebri,
si definisce un “artigiano della parola”,
amante della lingua di Dante a tal
punto da sceglierla per i suoi racconti.
La nomina di Cecile Kyenge
ha riacceso il dibattito sull’integrazione. Quale pensa potrà essere il suo contributo?
“Non so se potrà risolvere tutti i
problemi, ma certamente la sua
nomina permetterà di metterli sul
tavolo. Nessuno vuole negare che la
priorità oggi sia il lavoro, anche perché,
quando la coperta è corta, si diventa
tutti più egoisti, ma per troppo tempo
in Italia parlare di immigrazione ha
significato parlare di sicurezza arrivando all’equazione tra immigrato,
clandestino e criminale. Non è vero.
Ci sono immigrati che delinquono e
per questo vanno perseguiti e puniti,
così come ci sono italiani che lo fanno.
Del resto la parola ‘mafia’ non è di
origine africana. Ma non credo che
la maggioranza degli italiani la pensi
così, altrimenti perché affiderebbero
agli immigrati le loro cose più care: la
Il 9 maggio del 1978, 35 anni fa, fu
ucciso dalla Brigate Rosse, dopo una lunga
prigionia, il presidente della Democrazia
Cristiana. Ai suoi tempi la grande
questione era l’assenza di alternanza.
Oggi, dopo vent’anni di alternanze
inconcludenti, siamo alla ricerca della
stabilità. E così ritorna il tema della
complessità, constatato il fallimento della
logica binaria e contrappositiva
in cui siamo immersi
di Francesco Bonini
attenta a cogliere (e intervenire) sui
cambiamenti. Che è poi la prospettiva
della Democrazia cristiana, la sua eredità migliore, ormai ad oltre vent’anni
dalla sua dissoluzione.
Della Dc, che ha saputo guidare
e interpretare, Moro ha sempre
puntato a promuovere l’unità, ma
anche l’iniziativa. Serviva persuadere,
coinvolgere, responsabilizzare, con
pazienza e determinazione. Così
sono rimasti famosi i suoi discorsi
lunghissimi, come quello di sei ore al
congresso di Napoli, per portare la
Dc unita al governo di alleanza con i
socialisti nel 1962. Ecco allora le sue
formule apparentemente oscure e
contraddittorie, come le famose
“convergenze parallele”: il non-senso
geometrico serviva per spiegare l’alleanza tra diversi che tali rimanevano,
ma dovevano collaborare.
Sembra il contrario delle regole
della comunicazione che oggi imperano, per cui tutto si consuma in un
tweet. Ma la suggestione deve essere
raccolta, per costruire strumenti e
prospettive nuove. Perché oggi ritorna il tempo della complessità, constatato il fallimento di una logica binaria,
contrappositiva in cui siamo immersi.
“Studiare Aldo Moro per capire l’Italia” è intitolato il convegno storico
che accompagna l’anniversario.
Padroneggiare la complessità
oggi è indispensabile per governare.
Si parla infatti di “multi level governance”, cioè si constata, in Europa,
che esistono molti livelli di azione di
governo, che devono essere tra loro
coerentemente gestiti. E non solo
molti livelli in senso verticale, dal locale al sovra-nazionale, ma anche sul
piano orizzontale, quello che articola
pubblico, privato e privato–sociale.
Per rispondere adeguatamente a un
pressante bisogno di rappresentanza,
così come di efficacia e di efficienza.
INTEGRAZIONE
“Il ministro Kyenge?
Per noi è una roccia”
di Michele Luppi
casa, i figli e gli anziani. Il problema
è che questa maggioranza è troppo
silenziosa”.
Avendo lavorato per anni al
suo fianco, secondo lei il neoministro per quale caratteristica vorrebbe fosse ricordata?
“Il suo lavoro a favore dei diritti. La
chiamiamo ‘roccia’ perché è una donna
che non molla mai. È una persona molto generosa, impegnata, che non inizia
qualcosa per poi lasciarla a metà”.
Alcune sue dichiarazioni hanno riacceso il dibattito sullo
“Ius Soli”. Cosa ne pensa?
“Non so dove questo dibattito condurrà, ma credo sia già positivo che
il problema venga posto. Ma vorrei
sfatare un mito: non credo che se lo
‘ius soli’ dovesse essere introdotto in
Italia, assisteremmo ad un’invasione
di donne incinte provenienti dall’Africa.
Viviamo vicini alla Francia, unico Paese
europeo ad avere lo ‘ius soli’, e non mi
sembra ci sia la corsa degli immigrati
italiani ad andare a partorire là. Detto
questo credo si possa discutere sul tipo
di legge da introdurre perché la convivenza la si costruisce partendo dalla
condivisione dei valori costituzionali e
dei valori morali”.
Parlando di integrazione,
quale crede sia l’urgenza più
grande?
“Quella delle cosiddette ‘seconde generazioni’: ci sono un milione di ragazzi
nati e cresciuti in Italia, ma che sono
discriminati nella quotidianità. Quando
i loro compagni di scuola vanno in gita
all’estero non possono partire, quando
i loro genitori perdono il lavoro e con
esso il permesso di soggiorno, lo perdono anche loro. Questa è una forma
di razzismo istituzionale, la peggiore
perché non da a tutti le stesse opportunità”.
Uno dei suoi libri più conosciuti “Imbarazzismi”
raccontava con ironia l’esperienza di tanti immigrati
vittime del pregiudizio. A
circa quindici anni dall’uscita, come vede la situazione
italiana?
“Oggi, purtroppo, se dovessi scrivere
un libro come quello, lo intitolerei “razzismi” e sostituirei l’ironia con la denuncia. Allora volevo dimostrare come
13
dall’Italia
la non conoscenza della differenza
creasse imbarazzo. Oggi la situazione
è tragica perché la possibilità di conoscere c’è, ma a questa viene contrapposto il rifiuto e la discriminazione”.
Come si può intervenire?
“Non si può imporre l’integrazione o
l’inclusione per decreto. È necessario
lavorare per creare spazi di rapporti
quotidiani, a partire dalla scuola. Bisogna far capire che le nostre differenze
(colore della pelle, aspetto fisico, età)
sono minori rispetto a ciò che ci accomuna (sogni, aspettative, emozioni). Il
problema è che per scoprire le cose
in comune non basta guardarsi, ma è
necessario parlarsi”.
Come vede il futuro?
“La ragione mi rende pessimista, ma
emotivamente voglio credere che le
cose cambieranno, che dopo la notte
venga il giorno. La nomina di Cécile è
un tassello che può portare a questa
strada. Mi permetta un’immagine:
nessuno vuole una società che sia un
frullato insapore di culture diverse, ma
una macedonia. Una società multiculturale dove si possa sentire il gusto di
ogni singolo frutto”.
INCIDENTE GENOVA
Il dolore
della città
di Adriano Torti
N
ove morti, quattro feriti e
due dispersi: è il bilancio
della tragedia avvenuta
il 7 maggio nel porto di
Genova. Intorno alle 23 la nave portacontainer Jolly Nero della Compagnia
Ignazio Messina ha urtato il molo
durante le operazioni per uscire dal
porto, provocando il crollo della torre di
controllo dei piloti. I lavoratori dello scalo
hanno interrotto il lavoro. Numerosi gli
attestati di solidarietà dal mondo della
politica, del lavoro e della Chiesa.
Profondo
cordoglio
“Profondo cordoglio, solidarietà e vicinanza ai familiari delle persone coinvolte”. Li ha espressi il cardinale Bagnasco,
presidente della Cei e arcivescovo del
capoluogo ligure, venuto a conoscenza
del tragico incidente. Il cardinale, si legge
in una nota diffusa dall’Ufficio diocesano per le comunicazioni sociali,“insieme
ai fedeli tutti e ai sacerdoti della diocesi
prega il Signore per tutte le vittime”.
Maria
con i suoi figli
“Solidarietà e vicinanza alle vittime e
alle loro famiglie per l’immane tragedia
che ha colpito il porto di Genova, la città
e il mondo marittimo italiano”, è stata
espressa anche da Massimo Franzi,
diacono responsabile della “Stella Maris
Genova” e presidente della Federazione nazionale “Stella Maris”. Franzi,
ricordando che “sulla Torre era stata
ricollocata la statua di Maria Regina di
Genova, ritrovata nei fondali del porto
dopo i bombardamenti della seconda
guerra mondiale”, sottolinea: “Ancora
una volta, Maria Santissima è scesa in
mare con i suoi figli per condividerne
le sorti”. Il diacono ricorda anche che
“il direttore nazionale dell’Apostolato
del mare e il cardinale Antonio Maria
Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio
per i migranti e gli itineranti al quale
l’Apostolato del mare mondiale fa capo,
hanno espresso la loro solidarietà e
vicinanza alla città”.
La forza
della fede
Tutta la Chiesa genovese in queste
ore si sta stringendo attorno a quanti
sono stati colpiti direttamente dalla
tragedia. “Siamo vicini agli uomini e ai
loro familiari con tutto il cuore perché
tragedie come queste ci toccano da
vicino come uomini e come sacerdoti”,
afferma monsignor Giovanni Denegri,
primo cappellano militare di Genova,
che si è subito recato al porto dopo
la tragedia. Anche monsignor Luigi
Molinari, responsabile dei cappellani
del lavoro della diocesi di Genova,
esprime “vicinanza e una grandissima
solidarietà alle vittime, alle famiglie,
alle aziende coinvolte e alle istituzioni”,
anche perché “le persone coinvolte le
conosciamo tutte personalmente per
rapporto di lavoro e di fiducia. Preghiamo per loro e per le loro famiglie”. Di
un “fatto che ci addolora tantissimo
perché ha coinvolto i nostri ragazzi”,
ha parlato il comandante Giambattista
Ponzetto, ufficiale della Capitaneria di
porto (Genova). “Si tratta di un grave
lutto per tutti noi - ha aggiunto - e il
nostro corpo deve affrontare questa
difficoltà con la forza dello spirito e,
per chi crede, con la forza della fede”.
14 dall’italia
n. 20 19 Maggio 2013
LA STRAGE DELLE DONNE
Il criminologo
Duccio Scatolero
mette in guardia
dai conflitti
che hanno
una dinamica
paritaria e si
sviluppano fino
alla prova finale,
quella fisica.
In cui prevale
il più forte.
“Non devono essere
lasciati andare fino
a quel livello”
“Troppe
relazioni
guaste”
di Patrizia Caiffa
I
laria, Chiara e Alessandra
sono solo i nomi delle ultime vittime di una strage
che i media definiscono oggi
“femminicidio”. Nel 2012 sono state
uccise 124 donne, quest’anno già
36. Le stime dicono che in Italia una
donna viene uccisa ogni tre giorni,
uno dei più alti tassi al mondo. Di
solito i responsabili sono mariti o
ex fidanzati di ogni età o ceto sociale che dichiarano di “amarle”. Ne
abbiamo parlato con il criminologo
Duccio Scatolero, dell’Università di
Torino, che amplia l’analisi ad una
sorta di “guasto” che colpisce tutte
le relazioni.
Cosa sta succedendo in
Italia? Cosa pensa del cosiddetto “femminicidio”?
“Sicuramente le cifre sono in
aumento. Non sono incredibili in
termini assoluti perché gli omicidi
si contano sull’ordine delle unità.
Ma certo un aumento di quaranta
è già fenomenale. Ed in altri Paesi
non succede. A me la definizione
di ‘femminicidio’ non piace perché
semplifica un problema molto complesso. Vorrebbe dire costituire una
nuova categoria di autori di reati, che
non si chiamerebbero più omicidi ma
‘autori di femminicidio’, che non vuol
dire nulla. Non penso che lo scontro
di genere sia un nuovo problema
sociale e culturale, anzi, mi sembra
che in questa stagione di crisi, di
difficoltà, sia molto più forte l’unione
tra i generi, la collaborazione”.
Però si parla di un machismo che torna in una veste
nuova, diversa…
“Non credo nemmeno a questo.
Penso invece ci siano molte più
eventualità di scontro e prove di
forza tra gli umani. Ci sono molti
scontri non gestiti, non tenuti sotto
osservazione, fino ad arrivare alla
prova di forza finale, nella quale la
donna è fisicamente più debole. Il
conflitto ha una dinamica paritaria
che si sviluppa fino ad arrivare alla
prova finale, di forza fisica. I conflitti
non devono essere lasciati andare
fino a quel livello. Perché quando ci
si arriva è inevitabile che uno vinca
e l’altro perda. Ma la questione del
conflitto tra persone non trova
nessun interesse pubblico”.
Qual è il percorso che porta alla violenza estrema, fino
all’omicidio?
“Il percorso della violenza è lo
stesso per tutti: de-umanizzare chi
hai di fronte, farlo diventare una
cosa.A quel punto lo colpisci. Questi
processi di de-personalizzazione, che
una volta facevano parte dei sintomi
dell’infermità mentale, oggi sono
diffusi tra le persone normali. Oggi si
de-personalizza il proprio interlocutore mille volte durante una giornata:
allo sportello della Asl, per la strada,
sull’autobus. Diventa un processo
così facile, quotidiano, che quando
arriva il momento adatto è semplice
fare il passaggio e trasformare chi hai
di fronte in un oggetto e colpirlo”.
E come si argina la violenza?
“La violenza viene da un impulso naturale all’aggressività. Poi per
fortuna gli umani, a differenza degli
animali, sono dotati di un’arma di
È
difficile negarlo, forse
è possibile rimuoverlo,
ma con quali conseguenze? Ormai è una
costante, leggendo i nostri quotidiani, trovarsi dinanzi alla notizia
di un omicidio, magari talvolta
passato con inganno ad altro termine: tragico incidente, scontro
verbale degenerato.Vi abbiamo
fatto il callo? Siamo diventati insensibili per proteggerci? Forse la
risposta si colloca sul confine ed
accetta più elementi per essere
composta. In quanti lettori e lettrici è affiorato un altro rilievo?
Donne, giovani o magari anziane
vengono colpite a morte. Perché?
Ai nostri giorni non è il caso di
parlare di sesso debole o di oppressione patriarcale, pur sempre
presente in alcune sfere della nostra società. Allora dove trovare
il bandolo per darsene ragione?
Fermarsi alla fenomenologia, alla
superficie dei “casi”, porterebbe
ad una degenerazione duplice: le
persone, cioè le donne in questo
specifico caso, verrebbero ridotte
a rango di “caso”. Ed è notorio
che il “caso”, essendo più asettico,
più neutro, si scava nella nostra
mentalità un pertugio indolore.
Quando però il “caso” ha il volto
di una figlia, di una sorella, di una
cara amica? È ancora un pertugio
indolore oppure acquista i toni di
un dramma in cui la sofferenza si
fa acuta e insostenibile? Si avvie-
difesa, che è la cultura. In contesti in
cui la cultura si è impoverita o non
funziona più come freno, gli umani
seguono l’impulso naturale. Cultura
non significa istruzione, ma riferimenti culturali come l’etica, i valori,
i principi, la considerazione della vita
propria e degli altri, il rispetto del
corpo, la dignità. O si usa la cultura
per tenere a bada la voce dell’istinto.
Oppure, quando si sdoganano tutti
questi valori e contenuti culturali che
dovrebbero accompagnare la nostra
vita, si segue l’istinto”.
Sarebbe utile una “task
force” contro il “femminicidio”?
“Non so cosa si intenda per task
force. I processi sono lunghi e comprendono, da un lato interventi molto
più approfonditi per le vittime, come i
centri di aiuto, che non ci sono o non
hanno abbastanza risorse. L’unico
vero intervento di protezione delle
vittime è fare qualcosa nei confronti
degli autori, che non vuol dire solo
sbattere in galera chi commette i
reati. Bisogna considerare che chi va
in galera, se non ha ucciso dentro di
sé la propria vittima, esce e riattiva
i meccanismi che ha in testa in una
nuova relazione. E Il discorso ricomincia. È un lavoro psicologico, di decondizionamento e disintossicazione
dalla violenza”.
E leggi contro la violenza o
limiti alla mercificazione del
corpo delle donne?
“Non si può pensare che una
legge risolva tutto. Sono dei baluardi
di difesa utili ma non illudiamoci che
risolvano ciò che ha radici sociali,
culturali e psicologiche e richiede
interventi non solo giudiziari. Sicura-
Vita
La
mente limitare la mercificazione del
corpo delle donne può servire per
contribuire a ri-umanizzare i percorsi di vita quotidiana, ricordando che
intorno a noi ci sono persone in carne e ossa, non solo immagini o figure
virtuali. Bisogna rimettere in gioco
la dimensione umana delle relazioni.
Ciò che può essere più utile è offrire
a chi sta vivendo esperienze conflittuali con il prossimo, degli spazi dove
ricevere aiuto, ascolto e accoglienza.
Le relazioni domestiche si sono guastate e non c’è nessuno intorno a cui
rivolgersi per dire: ‘non ce la faccio
più’. È vero che ci sono gli enti di
solidarietà che danno aiuti alimentari
o economici ma c’è chi non regge più
l’impatto sul piano delle relazioni. E
dove vanno queste persone? Non
sono malati che possono rivolgersi
alla sanità o casi sociali che possono
ricevere assistenza. Non hanno un
posto dove andare”.
Siamo dunque una società seriamente malata nelle
relazioni?
“Esatto. Ci sono delle relazioni
guaste e bisogna trovare figure,
anche volontari, che ascoltino i
problemi delle persone. Dovrebbero essere presidi sul territorio.
Pensiamo a tutti i casi di suicidi di
disoccupati, imprenditori, familiari.
Prima di arrivare a quel punto ci dovrebbe essere un posto dove andare
a chiedere una mano. È la malattia di
una società che non è più capace di
occuparsi del prossimo. Bisognerebbe anche lavorare molto nelle scuole,
educando i ragazzi a gestire il reale
e il virtuale. L’intervento più utile a
livello governativo sarebbe di mettere a disposizione qualche risorsa agli
enti locali, perché possano rimettere
in moto dei meccanismi naturali di
aiuto e accoglienza sul territorio”.
UCCISIONI A CATENA
Sta a noi donne crescere
Ma anche agli uomini...
La cronaca ci restituisce una sequenza infinita di violenze omicide su giovani o
anziane. A colpirle spesso sono proprio i compagni di vita o gli amici occasionali
di Cristiana Dobner
rebbe una sorta di registro in cui
il “caso” entrerebbe nell’ambito
dell’inchiesta, della percentuale.
Bisogna ammettere che una simile procedura, in fin dei conti,
rassicura donne e uomini. Perché
è ben più raro che una donna
uccida. Come uscire dal vicolo
cieco? Volutamente cieco? Si deve
affrontare con coraggio il “perché”
sotteso a questi omicidi in cui le
donne sono vittime. Il nostro vivere quotidiano è stato privato di
una solida radice con cui confrontarsi: la certezza che come io sono
in vita per dono del Creatore che
ha avuto compartecipi quell’uomo e quella donna che chiamo
genitori, così anche l’altro e l’altra,
sono doni preziosi. Non esistono
esistenze di seconda categoria o
di seconda scelta e neppure reali
esistenze “usa e getta”. Eliminata
questa consapevolezza di profondo rispetto, prima per se stessi
e poi per gli altri, che cosa resta?
La violenza che esplode quando
tutto e tutti non si sottomettono
a voglie, capricci, interessi. La donna diventa un “usa e getta” che si
consuma, sessualmente, economicamente, anche nella vita di coppia
che non trova stabilità e non
sperimenta la dedizione. Chi fra le
donne non si presenta palestrata o
addestrata nelle arti marziali, soccombe alla forza fisica del maschio.
Chi cerca amore e affetto e viene
intrappolata in una relazione temporanea che non chiede riscontri
ed obblighi ma si butta così in
un’avventura passeggera, si ritrova
non solo nel trash ma talvolta persino all’obitorio. Non è argomento
banale invocare “i principi” che
poi non si sanno né declinare, né
spiegare, è questione di non aver
sperimentato nella vita che cosa
significhi sguardo amoroso sulla
vita altrui, nel guardare alla donna
per il valore che ha in sé e con
la quale posso condividere il mio
progetto di vita. Se però, quest’ultimo disegno si pone all’insegna
delle luci rosse, del bagliore delle
insegne luminose di Las Vegas o di
quelle più modeste ma non meno
dannose delle sale gioco con le
slot machine, si può diventare
persone o si scatenano gli istinti
più brutali che possano albergare
in una persona? Il mercato della
droga, la dipendenza da uno stupefacente, diventa motivo di azzardo
assoluto; una gelosia non verificata
conduce ad un’esplosione in cui ci
si scaglia e si elimina la donna; la
noia porta al consumo del sesso
ridotto a brandello di umanità e
non segno e comunione di amore.
Certo, sta a noi donne crescere e
dimostrarci per quello che siamo:
persone con cui condividere la
vita, capaci di stare accanto con tenerezza, ma proprio perché abbiamo intuito che non tutto quanto
brilla o è fosforescente, è duraturo.
Bisogna però crescere insieme,
uomini e donne, e guardarci come
il Creatore ci ha creati: pellegrini
nell’avventura d’amore eterno.
Vita
La
19 Maggio 2013
dall’estero
n. 20
SOMALIA
Un paese dimenticato
dove regnano fame e guerre
U
na strage continua. Circa 260mila
Somali, metà dei
quali bambini d’età
inferiore ai cinque anni, sono
morti di fame tra ottobre
2011 e aprile 2012 a causa
della grave crisi alimentare
che ha sconvolto il Paese e alla
quale – secondo uno studio
pubblicato dalle Nazioni Unite – è stata data una risposta
umanitaria “insufficiente”.
Il bilancio della crisi, che si
è tradotto in sei mesi di carestia, supera – secondo il documento dell’Onu – quello della
terribile carestia del 1992, che
uccise 220mila persone in dodici mesi. In base a una prima
stima scientifica,“la carestia, e
la grave insicurezza alimentare
hanno ucciso il 4,6 per cento
della popolazione totale e il
10 per cento dei bambini con
meno di cinque anni nel sud
e nel centro della Somalia”,
è l’agghiacciante statistica
riportata dalle Nazioni Unite.
“Nelle regioni di BasShabelle, di Mogadiscio e di
Bay, le più duramente colpite
– riferiscono i relatori del
N
on ci saranno grandi cambiamenti in
Pakistan con la vittoria alle elezioni
generali di Nawaz Sharif, leader della Lega dei musulmani
(Pml-N), formazione moderata
di centro-destra. I pakistani cristiani e le altre minoranze non
subiranno pesanti contraccolpi
ma certo non potranno sperare
in una revisione della legge contro la blasfemia, perché Sharif è
stato lanciato proprio dal generale Zia-ul-Haq che in passato
ha introdotto la normativa. È
però “una bella notizia che i
partiti fondamentalisti abbiano
perso”. È il parere di Ejaz Ahmad, giornalista, direttore della
rivista dei pakistani in Italia
“Azad” e mediatore culturale
per il Forum intercultura della
Caritas di Roma. Dopo il voto
dell’11 maggio, insanguinato
da oltre 150 morti in attentati
compiuti nelle ultime settimane, il Pakistan ha premiato
Sharif, magnate dell’acciaio,
che è già stato premier due
volte. Abbiamo chiesto ad Ahmad un’analisi degli scenari
che si aprono.
Quali novità da queste
elezioni?
“Tutti pensavano vincesse
Imran Khan, ex campione di
cricket, perché si è presentato
per la prima volta ed è una
persona carismatica. È stato
molto votato anche dai pakistani in Italia. Il fatto nuovo è
che Khan, pashtun, ha vinto
nella provincia del nord che
prima era governata un partito
Attentati, raid
e carestie l’unica
realtà contro cui
da anni si confronta
la popolazione
di Angela Carusone
rapporto – la crisi alimentare
ha ucciso rispettivamente il
18, il 17 e il 13 per cento dei
bambini con meno di cinque
anni. Inoltre, la fame ha provocato 30mila morti al mese
tra maggio e agosto del 2011”.
Lo stato di emergenza per
carestia era stato proclamato
a luglio del 2011 in due regioni
della Somalia, per poi essere
esteso al resto del paese
nel mese successivo. L’Onu
aveva dichiarato la fine della
carestia a febbraio del 2012,
avvertendo però che un terzo della popolazione somala
aveva ancora bisogno di aiuti
alimentari urgenti. La carestia
aveva colpito quattro milioni
di persone, ossia la metà
della popolazione. “Una delle
peggiori carestie degli ultimi
25 anni”, ha affermato Chris
Hillbruner, uno dei relatori del
documento.
Ma le 260mila persone
uccise dalla fame si aggiungono
ai 290mila morti stimati nelle
stesse regioni nel periodo
considerato. “Questo incredibile ecatombe, che comprende anche i decessi legati al
conflitto in corso nel Paese –
aggiunge Hillbruner – rappresenta un tasso di mortalità due
volte superiore a quello medio
dell’Africa subsahariana”.
Provocata principalmente
dalla grave siccità che ha colpito in quel periodo tutta la
regione del Corno d’Africa, la
carestia e la crisi alimentare
sono state aggravate dalla
situazione catastrofica della
Somalia, sconvolta dal caos
e dalla guerra civile da oltre
vent’anni, da quando fu deposto il presidente Siad Barre nel
1991. “Gli effetti della siccità
sono stati aggravati da diversi
fattori – si legge nel rapporto
delle Nazioni Unite – non
ultimo una crisi prolungata
combinata al conflitto armato, un rialzo dei prezzi e un
debole aiuto umanitario”. “È
incontestabile che la risposta
alla carestia sia stata tardiva
e insufficiente – sottolinea il
rapporto – ma è anche vero
che l’accesso limitato alle popolazioni colpite, conseguenza
dell’insicurezza generalizzata e
delle restrizioni alle operazioni
di aiuto imposte alle agenzie
internazionali dai gruppi armati, abbia avuto un effetto
moltiplicatore”.
È ormai dal 1991 che la
Somalia è nelle mani delle
milizie dei signori della guerra,
di gruppi islamisti e di gang
criminali, e oltre un milione
di Somali si è rifugiato nei
Paesi vicini, mentre un altro
milione costituisce l’esercito
dei profughi interni. Il ritiro
delle milizie islamiste Shebab
da Mogadiscio lo scorso settembre e l’elezione di nuove
autorità hanno aperto uno
spiraglio alla speranza che il
Paese, dopo 22 anni, posssa
trovare una qualche stabilità
e dotarsi di un vero governo.
Ma da allora è anche uno stillicidio di attentati e raid che
lasciano sul terreno lunghe
scie di sangue, come i 34 civili
uccisi lo scorso 14 aprile a
Mogadiscio, quando un’ autobomba è esplosa davanti
al tribunale della città, o la
dozzina di vittime provocata
da un kamikaze a Galkayo, nel
centro del Paese, l’11 febbraio.
Per questo il Consiglio di
sicurezza dell’Onu ha deciso
il 2 maggio di istituire una
nuova missione delle Nazioni
Unite in Somalia, per assistere
il presidente eletto Hassan
Cheik Mohamud durante la
fase di transizione che dovrà
portare il Paese verso la democrazia e uno Stato di diritto.
La missione, che dovrebbe
prendere le mosse il 3 giungo,
avrà la durata di dodici mesi
e il mandato di “sostenere
il processo di pace e riconciliazione portato avanti dal
governo federale somalo”, e di
fornire ad esso “orientamenti
e consigli strategici in materia
di consolidamento della pace
e creazione dello Stato”. Essa
dovrà inoltre “coordinare
l’azione dei donatori internazionali”, e promuovere il
rispetto dei diritti umanitari.
Per fermare la strage.
ELEZIONI IN PAKISTAN
damentalismo. Il consenso
nazionale andrebbe contro
qualsiasi partito che dichiarasse di volerla cambiare. Solo se
diminuisse il fondamentalismo,
le minoranze avrebbero più
respiro”.
attentati, il Paese ha premiato Nawaz Sharif, leader della Lega
dei musulmani. Il commento del giornalista Ejaz Ahmad
I sanguinosi attentati
delle ultime settimane
sono riusciti a orientare il voto? Il nuovo governo riuscirà a gestire
la sicurezza?
“A Karachi hanno raggiunto lo
scopo perché devono votare di
nuovo. Il partito che ha avuto
più vittime ha perso le elezioni.
Il governo sarà più instabile,
i problemi sociali e i conflitti
aumenteranno. Ci sarà una
ripresa nello sviluppo ma non
credo più pace e sicurezza. I talebani sono amici di Sharif ma
con gli Usa e l’India ci saranno
più problemi geostrategici”.
Non ci saranno
grandi
cambiamenti
Dopo il voto dell’11 maggio, insanguinato da oltre 150 morti in
di Patrizia Caiffa
la legge contro la blasfemia
perché è stata fatta proprio
da Zia-ul-Haq. Però è un moderato, quindi li rispetterà.
Ma non ci saranno vantaggi.
Per fortuna ultimamente tutti
i partiti insieme, compresi i
militari, hanno dichiarato che
il fondamentalismo interno è
una malattia sociale. Questo è
un passo in avanti”.
fondamentalista. Invece Sharif
rappresenta l’alternanza al
potere, ma per governare dovrà
fare delle alleanze. A Karachi,
invece, che è una polveriera,
dovranno rifare le elezioni. È
una città con più di 18 milioni
di abitanti e tanti problemi, con
una guerra civile etnico-religiosa
e legata alle mafie”.
La vittoria di Sharif
assicurerà maggiore
stabilità al Pakistan?
“No. Cinque anni fa il People’s
party aveva i numeri per governare il Paese. Ora è molto
più difficile. Il partito di Sharif,
la Lega dei musulmani, già governava il Punjab e lo ha fatto
bene, nello stile pakistano, un
po’ feudale. Ma ricordiamo che
Sharif è nato con Muhammad
Zia-ul-Haq, un dittatore terribile che aveva tolto i diritti alle
minoranze e istituito la legge
contro la blasfemia. Sharif era il
suo delfino. Però è un moderato,
quindi potrebbe gestire i rapporti con gli Usa, al contrario di
Zia-ul-Haq. Ora vedremo come
faranno le alleanze”.
Quali ricadute sui pakistani cristiani e le altre
minoranze religiose?
“I cristiani erano politicamente divisi tra People’s party e
Lega dei musulmani. Sharif
non toccherà assolutamente
Casi come quello di
Asia Bibi, legati alla
legge contro la blasfemia, rischiano di non
risolversi?
“No, peggioreranno. Asia Bibi è
punjabi. Ricordiamo che quando è stato ucciso il governatore
del Punjab, Salman Taseer, per
averla difesa, Sharif aveva
scelto il silenzio”.
Quindi non ci sono
speranze che la normativa venga rivista?
“In questo momento nessuno
può cambiare questa legge,
nemmeno Khan l’avrebbe
fatto. Perché nessuno ha il
coraggio di contrastare il fon-
Quali bisogni sociali
della popolazione evidenzia questa vittoria?
“Sharif è un industriale. Il popolo spera che il cambiamento
arrivi con l’industrializzazione.
Tutti gli industriali lo appoggiano perché in Pakistan manca
la corrente elettrica 16 ore al
giorno e Sharif intende risolvere questi problemi, con l’aiuto
della Cina. Conosce bene le
caste, è ben inserito nel tessuto sociale, feudale, pakistano.
Grandi intellettuali pakistani
dicono che è un cambiamento
positivo perché un industriale
può portare un po’ di sviluppo”.
15
Dal mondo
Giotto
al Louvre
Fino al prossimo mese di luglio,
il giorno 15, la città di Parigi
accoglie in mostra nelle sale
del Louvre la collezione “Giotto
e compagni”. Si tratta di una
trentina di opere ordinate nella
cappella del museo fra le quali
figurano dipinti, disegni, sculture
e miniature: di esse la metà è
attribuita a Giotto di Bondone
1267 circa - 1337) e alla sua
bottega, e altra parte è assegnata a pittori dell’epoca soggetti
all’influenza artistica di Giotto.
È una rassegna i cui gioielli,
proprio delle varie fasi della produzione di Giotto, sono costituiti
dal grande “San Francesco che
riceve le stigmate” (proveniente
da Pisa, e firmato negli anni
giovanili), la monumentale croce
dipinta (restaurata dalle italiane
Rosana Motta e Claudia Sindaco), la crocifissione ideata e nata
a Napoli nel XIV secolo, intorno
al 1330.
Oppio afghano
Ogni record del tempo nel quale
l’Afghanistan era dominato dai
talebani è superato: il mercato
dell’oppio nel paese centro-asiatico è rigoglioso, e la produzione
della sostanza pare sia destinata
a crescere per il terzo anno
consecutivo: è l’allarme lanciato
dall’ufficio delle Nazioni Unite
per la droga e il crimine (Unodc).
L’incremento delle coltivazioni fa
sì che l’Afghanistan rischi di divenire un “narco-stato” a meno che
una strategia mirata e stringente
abbia subito applicazione; il governo è attivo nel distruggere le
coltivazioni di papavero, ma ciò
non è sufficiente dal momento
che gli agricoltori non riescono
a individuare alternative utili per
vivere:“Quattro chili di Oppio valgono quanto cinque tonnellate di
grano lamenta un coltivatore e il
raccolto del grano serve appena
per mangiare”. Nel 2014 il ritiro
delle truppe internazionali genererà forse una ulteriore spinta al
commercio criminale dell’oppio, i
cui guadagni sono appannaggio
dei talebani.
Innalzamento
del mare
Allo scopo di moderare l’azione di innalzamento dei livelli
del mare, ossia per prevenire
temporaneamente la velocità di
aumento del livello marino dal
25 al 50%, è necessario ridurre
le quantità dei quattro principali inquinanti che resistono in
atmosfera per la durata di una
settimana e fino a un decennio:
metano, ozono troposferico,
idrofluorocarburi, fuliggine. È il
risultato di uno studio effettuato
dai ricercatori dello “Scripps
institution for oceanography”
di San Diego in collaborazione
con il “National center for atmosferic research” (Ncar) e con
il “Climate central”. Si tratta di
gas che possono influenzare il
clima in maniera più rapida del
biossido di carbonio, che rimane
nell’atmosfera per secoli. È stato
dimostrato che una nutrita riduzione di tali inquinanti, quelli a
più breve durata, a partire dal
2015 potrebbe equilibrare l’innalzamento delle temperature
fino al 50% entro il 2050, perciò
rallentando assai l’innalzamento
del livello del mare.
16 musica e spettacolo
Vita
La
n. 20 19 Maggio 2013
AL CINEMA
L
Passione sinistra
iberamente tratto
dal romanzo di Chiara Gamberale “Una
passione Sinistra”, il
film “Passione Sinistra” è una
commedia ironica prodotta da
Rai Cinema, dimostrante che
cuore e cervello non si danno
mai del tu quando prevalgono
i sentimenti. Nina è idealista
ed è convinta che valga la pena
lottare per avere un mondo
migliore. Vive con Bernardo
(Vinicio Marchioni), giovane
intellettuale e scrittore non
ancora arrivato al successo.
Giulio (Alessandro Preziosi),
invece, erede di una famiglia
di industriali, è arrogante e
qualunquista ed è fidanzato
con Simonetta (Eva Riccobono), una simpatica ragazza
Un film con Alessandro Preziosi e
Valentina Lodovini
di Leonardo Soldati
bionda alle volte nemica dei
congiuntivi. Nina e Giulio
casualmente si incontrano ed
è odio a prima vista. Mondi
ed ideali (o non ideali) diversi i loro, ma il confine tra
odio e amore è molto labile
quando la passione irrompe
sulla scena (Nina parla per
l’appunto di una ‘passione
inquietante, sinistra!’), quando
ogni presunta certezza viene
distrutta e le proprie esistenze
sconvolte. Ma è proprio vero
che in amore le regole non valgono?. La canzone di Giorgio
Gaber sui titoli di testa in una
commedia sentimentale per
la regia di Marco Ponti, che
mette alla berlina entrambe
le parti con un girotondo di
coppie e slalom degli attori
tra luoghi comuni e qualche
stereotipo politico. Storia in
cui l’attualità politica si insinua
tra le pieghe della commedia
all’italiana, sul genere di “Benvenuto presidente!” (sempre
di Ponti), “Metalmeccanico e
parrucchiera…” (con Tullio
Solenghi e Irene Pivetti) di Lina
Wertmuuller o “Matrimoni e
altri disastri” (Margherita Buy
e Fabio Volo).Valentina Lodovini (Nina), bella e brava, deve
decidere se gli steccati ideologici hanno ancora un senso,
in quanto spin doctor di un
aspirante sindaco, Andrea
Splendore (Glen Blackhall),
bravo a vendersi come il
nuovo che avanza. Un cameo
da parte del giornalista Marco
Travaglio, nel cast principale
anche Geppi Cucciari. Marco
Ponti è considerato il regista
del citazionismo di cuore ma
allo stesso tempo sa essere
divertente, ha all’attivo come
film, oltre alla sceneggiatura
de “L’uomo perfetto”, anche
la regia di “Santa Maradona”
e “A/R:Andata e Ritorno” con
Vanessa Incontrada.
spor t pistoiese
EVENTI
Memorial Giampaolo Bardelli
C
i saranno anche i
presidenti del Coni
nazionale, Giovanni
Malagò, del Coniregionale toscano, Salvatore
Sanzo, e di quello provinciale
pistoiese, Gabriele Magni, sabato
1° giugno 2013 alla cerimonia di
premiazione del XXIX Memorial
Giampaolo Bardelli. Si preannuncia, quindi, un evento grandioso,
come nelle intenzioni del suo
creatore Renzo Bardelli, tra l’altro
massimo dirigente del “Gruppo
Sportivo Giampaolo Bardelli per
lo sport etico”, la società organizzatrice della manifestazione.
La cerimonia di premiazione
del riconoscimento etico per
antonomasia, che da quest’anno
insignisce non solo chi compie
atti tangibili nella lotta al doping
ma anche le eccellenze pistoiesi,
si terrà appunto il 1° giugno
nella splendida cornice dell’Hotel
Villa Cappugi, in Via Collegigliato,
45, a Pistoia: dalle 9.30 alle 13
verranno celebrate le eccellenze
pistoiesi, dalle 15 alle 17.30
si svolgerà il Memorial vero e
proprio, con la partecipazione, in
qualità di ospiti d’onore non solo
della presidente della Camera
dei Deputati, Laura Boldrini, e del
magnifico rettore dell’Università
di Firenze, Alberto Tesi, ma anche
dei sovra citati Malagò, Sanzo e
Magni.Tra le novità dell’ultim’ora,
anche i nomi importanti di Riccardo Magrini, montecatinese
d’origine, ex corridore ciclistico e
attuale telecronista di Eurosport,
e di Claudio Rosati, saggista, ex
capo di gabinetto di diversi sindaci pistoiesi, direttore del polo
museale di Villa Bellosguardo a
Lastra a Signa, già direttore dei
musei della Regione Toscana,
cui verranno attribuiti premi in
qualità di eccellenze pistoiesi (si
andranno ad aggiungere, tra gli
altri, al celebre teologo monsignor
Giordano Frosini, direttore del
nostro settimanale). Grande gioia,
poi, per la conquista della maglia
rosa da parte di Vincenzo Nibali,
lo Squalo dello Stretto, uno degli
insigniti del Memorial 2013.
Il campione, che ha sempre
dichiarato di non essersi mai
sottoposto a pratiche dopanti
e che proprio per questo motivo verrà celebrato sabato 1°
giugno, aveva promesso la sua
prima eventuale maglia rosa
all’organizzatore Renzo Bardelli.
Il Memorial Giampaolo Bardelli,
quindi, si fregerà dell’ambitissimo
trofeo.
Gianluca Barni
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Calcio - Basket
Tempi Supplementari
P
di Enzo Cabella
istoia Basket e Pistoiese calcio
stanno viaggiando a gonfie vele
nei playoff. La squadra di basket
ha vinto le prime due gare che
si sono giocate al PalaCarrara di via Fermi,
superando nettamente la squadra di Scafati,
sotto di 21 punti nella prima partita, di 11
nella seconda. Troppo forte il divario tra le
due formazioni. Ora i biancorossi di Moretti
sono chiamati a confermare anche in casa
della formazione salernitana la loro superiorità. La terza partita (la prima in casa Scafati)
è stata giocata ieri; se Toppo e compagni
avranno saputo confermare le qualità e le
prestazioni viste in gara-1 e gara-2 Pistoia
dovrebbe aver acquisito il lasciapassare per
andare avanti. In caso contrario, ci sarà la
gara-4 per rifarsi. Le speranze generali sono
comunque ben radicate, proprio per quanto
la squadra di Moretti ha saputo fare nelle
due partite giocate in casa. Ha ritrovato la
condizione fisica che aveva un po’ perso nelle
ultime gare del campionato regolare, ha visto
crescere le seconde linee, in particolare Borra
e Rullo, ha visto che Fajardo è un campione e
sarà molto utile per le prossime sfide. Senza
contare Toppo che dimostra, di partita in
partita, di essere un grande capitano, non
solo per il carisma ma anche per il costante
miglioramento dei suoi mezzi tecnici e atletici.
La Pistoiese di Massimo Morgia non finisce
di stupire. Conquistato il quarto posto nei
playoff, dopo una rincorsa durata undici
giornate, la squadra arancione ha esordito nel
mini torneo con una probante vittoria sulla
Massese, che al termine del campionato regolare era arrivata seconda dietro il Tuttocuoio.
C’era qualche giustificato timore sull’esito
della partita di Massa, soprattutto ricordando
la pesante sconfitta partita nel ritorno del
torneo regolare. Ma Gambadori e compagni
hanno superato la prova dimostrando di non
essere inferiori a nessuno e di avere le qualità
per imporre il proprio gioco. Dopo Massa,
mercoledì ha giocato la finale del girone D
contro il Piacenza, che in semifinale aveva
sbancato lo stadio lucchese. Non sappiamo
quale sia stato il risultato della sfida: se avrà
vinto, avrà compiuto una grande impresa,
come scalare l’Everest; in caso di sconfitta,
dovremmo ugualmente applaudire la squadra
di Morgia per quanto ha fatto sotto la guida di
Morgia, dopo aver rischiato di cadere nel più
assoluto anonimato nel campionato regolare.
Ad ogni modo, sia la squadra di basket che
quella di calcio meritano il plauso sincero di
tutti i pistoiesi. Comunque andrà a finire, sarà
un successo.
LaVita
Settimanale cattolico toscano
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CHIUSO IN TIPOGRAFIA: 15 MAGGIO 2013