il destino bambina - Laure Mi Hyun Croset

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il destino bambina - Laure Mi Hyun Croset
Q
Laure
Mi Hyun
IL DESTINO
e la
BAMBINA
di CHIARA OLTOLINI foto GIOVANNI GASTEL
TALK ABOUT
0679114_04_tk [email protected] 193
NUOVI CULT
ualcuno dice che
il destino sia scritto nel nome. Mi
Hyun, in coreano,
significa bellezza e
intelligenza. È così
che l’hanno chiamata i suoi genitori, pochi mesi prima di lasciarla in
un orfanotrofio di Seul insieme al fratello maggiore. Presto, una famiglia
svizzera li ha adottati entrambi, li ha
portati a Ginevra e ha ribattezzato
la bambina Laure. Ma lei resta Mi
Hyun, bella e intelligente.
Incontro Laure Mi Hyun Croset al Modena BUK Festival, la kermesse della
piccola e media editoria d’élite. È
minuta e delicata, ha lunghi capelli
corvini e un ciuffo ribelle che il cerchietto nero non riesce a tenere a
bada. Non dimostra i suoi 40 anni.
Indossa un tubino rosso bon ton e
un paio di décolletée con tacchetto stile anni ’60. I suoi due libri, Les
Velléitaires e Polaroïds, spopolano in
Francia e in Svizzera. Adesso sono in
attesa di essere tradotti in italiano.
Parlami di loro.
«Il primo, Les Velléitaires, è una raccolta di 22 storie, ognuna racconta un piccolo o grande fallimento,
Abbandonata
in un orfanotrofio
coreano, adottata
da una coppia
svizzera,
in Francia è un
caso letterario.
E una donna
molto glamour
ambizioni professionali e sogni
d’amore che s’infrangono per
mille e una ragione: pigrizia, paura, pensieri non condivisi... La seconda pubblicazione è autobiografica: in Polaroïds ci sono istantanee della mia vita, i momenti di
solitudine e di vergogna. La sfida
è stata mettere questi “scatti” nero
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re per Le Monde e Paris Match. Mi
propone di scrivere la sua biografia
a quattro mani. Ci incontriamo a
Parigi. L’anno scorso viene ucciso
in Siria. Per me è uno shock. Dopo i
funerali, metto da parte il progetto.
Ma adesso sento l’urgenza di riprenderlo per raccontare la storia
di un eroe».
Sembra che il passato ti perseguiti. Hai mai ritrovato i tuoi genitori naturali?
«Mio padre, durante uno dei miei
tanti ritorni a Seul. Un giorno mi ha
scritto per comunicarmi che voleva incontrarmi. L’ho accontentato.
Ma riuscire ad avere un bel rapporto... quella è un’altra cosa».
Che cosa fai per staccare la testa e distrarti un po’?
«Inaspettatamente, sono un animale da party. E adoro i club dove
Fashion editor Valentina Di Pinto. Abito nero Dsquared2, abito cipria Ermanno Scervino. Grooming Loris Rocchi @ Close Up Milano
ra in un appuntamento
fisso, magari al mattino
prima di ogni impegno.
Però, non ci riesco. Divoro romanzi con il favore
del buio, da mezzanotte
alle 3 passate. Non mi
addormento mai presto e tendo a ritardare il
buongiorno».
I colleghi che sono
fonte di ispirazione,
non d’imitazione?
«Chi copia manca tristemente di curiosità...
Mi piacciono i grandi
che sono scomparsi.
Primo fra tutti Gustave
Flaubert, per l’ironia e
la capacità di scrivere
bene di piccole cose.
Poi, Marcel Proust per
Il romanzo che avrei
voluto firmare io? Madame
Bovary di Flaubert
su bianco, con dignità, ironia, una
giusta distanza e leggerezza».a».
Eppure il tuo passato è forte.
«Crescere con la consapevolezza di essere stata rifiutata avrebbe
potuto farmi impazzire. Invece, ho
trovato nella letteratura un modo
sano di impegnare le energie, negative e positive. E di evitare che il
passato condizionasse il futuro».
È più difficile scrivere di se stessi
che delle esistenze degli altri?
«Se stessi è il tema più semplice ma
anche il più scottante. E, comunque, ogni autore è sempre la controfigura nell’opera che realizza».
Il segreto per scrivere bene, indipendentemente dal soggetto?
«Leggere tanto, leggere spesso».
E tu quanto leggi?
«Almeno due libri alla settimana.
L’ideale sarebbe trasformare la lettu-
l’intelligenza sensibile e Charles
Bukowski per la generosa follia».
Proprio nessun contemporaneo?
«Olivia Rosenthal: è tecnica ed
emozione. Poi, sperimenta molto. In
Che fanno le renne dopo Natale?,
per esempio, crea geniali parallelismi tra una bambina e gli animali».
Proprio nessun italiano?
«Lo confesso: leggo pochi testi in
lingua straniera. Però non mi sono
fatta mancare Italo Calvino, Cesare
Pavese e Antonio Tabucchi».
Il romanzo che avresti voluto firmare tu?
«Madame Bovary di Flaubert».
E quello che non hai ancora
pubblicato?
«Due anni fa, ricevo la mail di un
ragazzo coreano che, come me, è
stato adottato. Mi spiega di essere
un fotografo free lance e di lavora-
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fanno buona musica elettronica».
Perché ti piace?
«È intellettuale, creativa, contemporanea, esigente. Per un po’ ho
vissuto a Parigi: invece di frequentare il master in Letteratura francese alla Sorbona – terribilmente noioso –, mi sono data al clubbing.
Più curiosa nei confronti delle
esperienze umane che degli insegnamenti accademici, ho girato
i migliori locali della città, dove si
esibiscono artisti internazionali».
L’electrosound è la colonna sonora per il mestiere di scrittrice?
«Meglio una sinfonia classica, che
ha uno sviluppo rigoroso. Del resto,
questo lavoro è di una precisione
quasi ingegneristica».
Ha pure un lato glamour, vero?
«Bellezza + intelligenza = glamour.
Quindi, la letteratura è glamour».
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