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RISORSE AGGIUNTIVE ONLINE Conoscere, intervenire, riflettere e collaborare DISLESSIA e altri DSA a scuola Strategie efficaci per gli insegnanti DEI I I T IBU ERT R T CON I ESP N EI CO IOR D O GG L CAMP A M NE SA D Ediz Ed iziio oni ni Ce Cent n ro ro St Stud di E Erriccksso on n S. S.p .p p..A A.. Costruire il PDP – Piano Didattico Personalizzato 233 CAPITOLO 9 COSTRUIRE IL PDP – PIANO DIDATTICO PERSONALIZZATO Edizioni Centro Studi Erickson S.p.A. Fonti del capitolo Paragrafi Le origini del Piano Didattico Personalizzato: tratto e adattato da AID – Associazione Italiana Dislessia, Guida al Piano Didattico Personalizzato, www.aiditalia.org, 2010, p. 2. Che cos’è il Piano Didattico Personalizzato?: tratto e adattato da AID – Associazione Italiana Dislessia, Guida al Piano Didattico Personalizzato, www.aiditalia.org, 2010, pp. 2-3; F. Fogarolo, Costruire il Piano Didattico Personalizzato, Trento, Erickson, 2012, pp. 17-18. Un piano efficace: tratto e adattato da F. Fogarolo, Costruire il Piano Didattico Personalizzato, Trento, Erickson, 2012, pp. 18-19. Dalla diagnosi funzionale al PDP: chi redige il PDP: tratto e adattato da C. Vio, P.E. Tressoldi e G. Lo Presti, Diagnosi dei disturbi specifici dell’apprendimento scolastico, Trento, Erickson, 2012, p. 33; F. Fogarolo, Costruire il Piano Didattico Personalizzato, Trento, Erickson, 2012, pp. 108-109; AID – Associazione Italiana Dislessia, Guida al Piano Didattico Personalizzato, www.aiditalia.org, 2010, p. 3. IL PDP non è un elenco di strumenti compensativi e misure dispensative: tratto e adattato da F. Fogarolo, Costruire il Piano Didattico Personalizzato, Trento, Erickson, 2012, pp. 20-24. I contenuti del PDP: tratto e adattato da M. Ambrosini, B. Carta, C. Munaro e C. Scapin in F. Fogarolo, Costruire il Piano Didattico Personalizzato, Trento, Erickson, 2012, pp. 40-45, 58-68 (Didattica individualizzata e personalizzata); F. Fogarolo e P. Rizzato in F. Fogarolo, Costruire il Piano Didattico Personalizzato, Trento, Erickson, 2012, p. 79 (Gli strumenti compensativi); P. Baron e L. Ceola in F. Fogarolo, Costruire il Piano Didattico Personalizzato, Trento, Erickson, 2012, pp. 90, 95-96 (Le misure dispensative); M.R. Cortese e A. Dalla Valle in F. Fogarolo, Costruire il Piano Didattico Personalizzato, Trento, Erickson, 2012, pp. 99-100 (La valutazione). Il ruolo della famiglia + La giusta prospettiva: lo studente come primo protagonista: tratto e adattato da M.R. Cortese e A. Dalla Valle in F. Fogarolo, Costruire il Piano Didattico Personalizzato, Trento, Erickson, 2012, pp. 109-114. Box Approfondimento: La strategia di Costruire il Piano Didattico Personalizzato: tratto e adattato da F. Fogarolo, Costruire il Piano Didattico Personalizzato, Trento, Erickson, 2012, pp. 25-26. LINEA TEMPORALE SEQUENZIALE In quale fase temporale si collocano le indicazioni di lavoro che troveremo in questo capitolo? Quadro conoscitivo introduttivo Diagnosi e individuazione precoce Modelli/teorie di riferimento Caratteristiche dei DSA Progettazione e intervento Lavoro sugli aspetti emotivo-motivazionali © Edizioni Centro Studi Erickson S.p.A. Costruzione delle alleanze educative MAPPA CONCETTUALE INIZIALE Di che cosa tratteremo in questo capitolo? PDP Piano Origini Didattico Cos’è Personalizzato Cosa contiene: – interventi didattici personalizzati e individualizzati – strumenti compensativi – misure dispensative – modalità di verifica e valutazione Il ruolo della scuola Chi lo fa L’importante ruolo della famiglia Lo studente come PROTAGONISTA © Edizioni Centro Studi Erickson S.p.A. 236 Sezione II – Programmare e agire CAPITOLO 9 COSTRUIRE IL PDP – PIANO DIDATTICO PERSONALIZZATO Le origini del Piano Didattico Personalizzato Associazione Italiana Dislessia Il Piano Didattico Personalizzato (PDP) è la diretta e coerente conseguenza della normativa scolastica degli ultimi decenni nella quale è stata posta, con sempre maggiore forza, attenzione alla realizzazione del successo nell’apprendimento e alle problematiche dell’abbandono scolastico. Le sue radici possono essere individuate nel primo accenno teorico-indicativo della personalizzazione dell’apprendimento che si ritrova nell’articolo 21 della legge 15 marzo 1997 n. 59, nel quale «si permette» alle scuole, per tutti gli studenti, di «concretizzare gli obiettivi nazionali in percorsi formativi funzionali tesi alla realizzazione del diritto di apprendere e alla crescita educativa di tutti gli alunni; che riconoscono e valorizzano le diversità, promuovono le potenzialità di ciascuno adottando tutte le iniziative utili al raggiungimento del successo formativo». Nel DPR 1999 n. 275, Regolamento recante norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche, all’articolo 4 (Autonomia didattica), si legge: «1. Le istituzioni didattiche riconoscono e valorizzano le diversità, promuovono le potenzialità di ciascuno adottando tutte le iniziative utili al raggiungimento del successo formativo. © Edizioni Centro Studi Erickson S.p.A. Costruire il PDP – Piano Didattico Personalizzato 237 2. Le istituzioni scolastiche regolano i tempi dell’insegnamento e dello svolgimento delle singole discipline e attività nel modo più adeguato al tipo di studi e ai ritmi di apprendimento. A tal fine possono adottare tutte le forme di flessibilità che ritengono opportune […] e tra l’altro: […] anche l’attivazione di percorsi didattici individualizzati». Oggi, con la Legge 170/2010 e i decreti attuativi, per il Piano Didattico Personalizzato si passa dalle semplici indicazioni di indirizzo a un percorso per la sua realizzazione pratica. Che cos’è il Piano Didattico Personalizzato? Associazione Italiana Dislessia; Flavio Fogarolo Cosa significa «Piano Didattico Personalizzato»? È obbligatorio redigere un PDP per gli alunni con DSA? Analizziamo le parole che compongono la definizione di Piano Didattico Personalizzato. Piano. È «studio mirante a predisporre un’azione in tutti i suoi sviluppi»: un programma, un progetto, una strategia. Didattico. Lo scopo della didattica è il miglioramento: • dell’efficacia e soprattutto dell’efficienza dell’apprendimento dell’allievo, che comporta, quindi, una diminuzione dei tempi di studio e del dispendio di energie; • dell’efficacia e dell’efficienza dell’insegnamento del docente. Personalizzato. Indica la diversificazione delle metodologie, dei tempi, degli strumenti nella progettazione del lavoro della classe (DM 5669/2011 e annesse Linee Guida MIUR). «Con la personalizzazione si persegue l’obiettivo di raggiungere i medesimi obiettivi attraverso itinerari diversi. Questa strategia implica la messa a punto di nuove forme di organizzazione didattica e di trasmissione dei processi del “sapere” e del “saper fare” in modo da predisporre piani di apprendimento coerenti con le capacità, i ritmi e i tempi di sviluppo degli alunni» (Chiosso, 2010). L’obbligo di redigere annualmente per gli alunni con DSA un PDP è una delle novità della Legge 170/2010 e del successivo decreto attuativo (DM 5669 del 12 luglio 2011) e annesse Linee Guida. In realtà né la Legge, né il decreto, né le Linee Guida formalizzano espressamente questo dovere. L’articolo 5 del DM dice: «La scuola garantisce ed esplicita, nei confronti di alunni e studenti con DSA, interventi didattici individualizzati e personalizzati, anche attraverso la redazione di un Piano Didattico Personalizzato, con © Edizioni Centro Studi Erickson S.p.A. 238 Sezione II – Programmare e agire Cosa deve contenere un PDP? Entro quando deve essere redatto? l’indicazione degli strumenti compensativi e delle misure dispensative adottate». Il concetto che questo tipo di documento non sia l’unico strumento che le scuole possano usare è ribadito anche nelle Linee Guida, ad esempio a pagina 8: «Tale documentazione può acquisire la forma del Piano Didattico Personalizzato». Di fatto l’obbligo sussiste, considerando che il principio fondamentale, chiaramente ribadito nel DM, è che non basta che la scuola attivi una serie di azioni didattiche, ma che esse vadano anche esplicitate. Se la comunicazione è obbligatoria, perché prevista da una norma, deve necessariamente essere scritta e formalizzata e assumere quindi le caratteristiche di un documento. Ed è quello che affermano le Linee Guida (MIUR, Linee Guida, 2011, p. 8): «la scuola predispone, nelle forme ritenute idonee e in tempi che non superino il primo trimestre scolastico, un documento che dovrà contenere almeno le seguenti voci, articolato per le discipline coinvolte dal disturbo: – dati anagrafici dell’alunno; – tipologia di disturbo; – attività didattiche individualizzate; – attività didattiche personalizzate; – strumenti compensativi utilizzati; – misure dispensative adottate; – forme di verifica e valutazione personalizzate». Di fatto i margini di discrezionalità, per la scuola, vengono drasticamente ridotti: può definire come redigere questo documento («nelle forme ritenute più idonee») e può eventualmente anche decidere di chiamarlo in altro modo, ma la norma ne definisce chiaramente i contenuti e anche i tempi. È bene ricordare che le Linee Guida fanno parte integrante del Decreto Ministeriale (articolo 3) e che, quindi, quando danno indicazioni esplicite e cogenti, come in questo caso, sono vincolanti per le scuole tanto quanto gli articoli del decreto stesso. Un piano efficace Flavio Fogarolo Un piano che rimane sulla carta, o dentro a un cassetto, può eventualmente assolvere un obbligo formale, ma di fatto serve a poco o a nulla. © Edizioni Centro Studi Erickson S.p.A. Costruire il PDP – Piano Didattico Personalizzato 239 In cosa consiste l’efficacia di un PDP? Come devono essere le indicazioni in esso contenute? Perché il PDP deve essere continuamente verificato e monitorato? L’efficacia di questo documento è connessa innanzitutto alla sua capacità di modificare effettivamente i comportamenti e i procedimenti attivati a casa e a scuola da parte degli insegnanti e, per quanto di loro competenza, dei genitori. Il piano deve quindi contenere indicazioni: – significative: a volte bastano poche cose, ma importanti, per determinare effettivamente un cambiamento; – realistiche: considerare attentamente i vincoli ed evitare di fare promesse che non si possono mantenere o, rispetto all’alunno, prevedere prestazioni che mai sarà in grado di compiere; – coerenti: evitare contraddizioni interne ma anche, ed è il rischio più frequente, palesi e ingiustificate difformità tra le varie discipline o attività; – concrete e verificabili: affermazioni vaghe e generiche, interpretabili a piacere, non producono alcun risultato. Tutti, e in primo luogo la famiglia, dovranno in seguito essere in grado di riconoscere se quanto è stato previsto nel PDP è stato effettivamente messo in pratica. Il piano, infatti, deve essere continuamente verificato e monitorato; lo afferma chiaramente la stessa Legge 170 (articolo 5, comma 3): «Le misure di cui al comma 2 devono essere sottoposte periodicamente a monitoraggio per valutarne l’efficacia e il raggiungimento degli obiettivi». Dalla diagnosi funzionale1 al PDP: chi redige il PDP Claudio Vio, Patrizio Emanuele Tressoldi e Gianluca Lo Presti; Flavio Fogarolo; Associazione Italiana Dislessia Da chi viene redatto il PDP? Nella diagnosi funzionale redatta dal clinico è opportuno definire un protocollo in cui siano contenute quelle informazioni che la scuola ritiene importante confrontare con la propria valutazione, al fine di elaborare il Piano Didattico Personalizzato. Il PDP viene redatto dal team dei docenti o dal consiglio di classe, una volta acquisita la diagnosi specialistica di DSA. La ste1 Come evidenziato nel modello bio-psico-sociale ICF e nel testo dell’Accordo su «Indicazioni per la diagnosi e la certificazione dei Disturbi specifici di apprendimento (DSA)» tra Stato e Regioni sottoscritto nel luglio 2012, oltre che nel modello unico nazionale per la certificazione dei DSA, si parla di «profilo di funzionamento» (e non di «diagnosi funzionale»). È facile prevedere che in futuro questa sarà la terminologia più usata — come anche noi del resto auspichiamo —, ma nel presente volume si è scelto di utilizzare l’espressione «diagnosi funzionale», perché è ancora quella più comunemente adottata all’interno della documentazione per gli alunni con BES. © Edizioni Centro Studi Erickson S.p.A. 240 Sezione II – Programmare e agire Di quale libertà possono godere gli insegnanti e la scuola? Qual è il ruolo del dirigente scolastico? Cosa deve garantire il dirigente scolastico? Quali compiti ha il docente? sura del documento prevede una fase preparatoria d’incontro e di dialogo tra docenti, famiglia e specialisti nel rispetto dei reciproci ruoli e competenze. Come visto in precedenza, la legge consente alle scuole e agli insegnanti di essere liberi nell’individuazione delle modalità di insegnamento più idonee a corrispondere alle necessità di ciascun allievo, ivi compresi gli strumenti compensativi e dispensativi per gli allievi con DSA. La scuola, ambiente di apprendimento che promuove la formazione, la crescita sociale e civile degli alunni in un contesto relazionale positivo, è chiamata a una serie di azioni che coinvolgono più componenti e ne richiedono la partecipazione responsabile. In particolare, le Linee Guida per il diritto allo studio degli alunni e degli studenti con DSA, allegate al DM 12/07/2011, vedono nel dirigente scolastico «il garante delle opportunità formative offerte e dei servizi erogati, colui che attiva ogni possibile iniziativa affinché il diritto allo studio di tutti e di ciascuno si realizzi» (MIUR Linee Guida, 2011, p. 22). Le Linee Guida specificano ulteriormente come, in una logica di autonomia scolastica, egli debba: – garantire il raccordo scuola e territorio; – rendere operative le indicazioni condivise con gli organi collegiali e le famiglie (attivando interventi preventivi, acquisendo le certificazioni diagnostiche e condividendole con i docenti); – promuovere iniziative di formazione/aggiornamento sui DSA; – promuovere e valorizzare azioni progettuali mirate; – definire le modalità di documentazione dei percorsi didattici individualizzati e personalizzati di alunni e studenti con DSA; – gestire risorse umane e strumentali; – promuovere rapporti collaborativi tra docenti e famiglie; – attivare forme di monitoraggio delle azioni messe in atto per la riproduzione di buone prassi. Ma affinché l’intera comunità educante sia corresponsabile del progetto formativo pensato per gli alunni con DSA, ciascun docente per sé e collegialmente è chiamato a fare propri gli strumenti di conoscenza e competenza. Come? Anche in questo caso, le Linee Guida precisano che il docente deve: – seguire con particolare cura le prime fasi degli apprendimenti strumentali, facendo attenzione ai segnali di rischio; – mettere in atto strategie di potenziamento; © Edizioni Centro Studi Erickson S.p.A. Costruire il PDP – Piano Didattico Personalizzato 241 – segnalare alla famiglia la persistenza delle difficoltà; – redigere il piano didattico individualizzato e personalizzato, sulla base della documentazione diagnostica presentata alla scuola dalla famiglia; – realizzare azioni di potenziamento, supporto compensativo e dispensativo; – adottare adeguate e coerenti modalità di verifica e valutazione; – curare i momenti di continuità nel passaggio da un ordine di scuola all’altro. Chi è e che funzioni ha il docente referente? Al fine di conseguire gli obiettivi proposti, il dirigente scolastico può servirsi di un docente referente (che può essere anche figura strumentale) al quale assegnare compiti di informazione, consulenza e coordinamento all’interno dell’istituzione scolastica: «Le funzioni del referente sono, in sintesi, riferibili all’ambito della sensibilizzazione e approfondimento delle tematiche, nonché del supporto ai colleghi direttamente coinvolti nell’applicazione didattica delle proposte» (MIUR Linee Guida, 2011, p. 23). Quest’ultimo dovrà informare, dare indicazioni di natura didattica, collaborare per fronteggiare i problemi della classe, supportare dal punto di vista dei materiali e sussidi specifici, promuovere azioni di sensibilizzazione e formazione, fungere da mediatore nei rapporti con le famiglie e il territorio. Ciò nell’ottica della presa in carico dell’alunno con DSA da parte dell’intero corpo docente, ponendo altresì attenzione affinché non si sviluppino meccanismi di delega o forme di deresponsabilizzazione da parte di alcuno. IL PDP non è un elenco di strumenti compensativi e misure dispensative Flavio Fogarolo Qual è il primo obiettivo del PDP? Il primo obiettivo del PDP è proprio quello di individuare un sistema efficace per portare l’alunno con DSA a superare i limiti del suo disturbo per arrivare veramente a imparare. Spesso, purtroppo, questo piano è concepito dalle scuole come una lista di strumenti compensativi e misure dispensative, eventualmente con la definizione di qualche criterio di valutazione, mentre del tutto secondaria appare la sezione in cui viene esplicitato come la scuola intende adattare le sue modalità di insegnamento per far conseguire all’alunno, nonostante le difficoltà, un autentico successo formativo. © Edizioni Centro Studi Erickson S.p.A. 242 Sezione II – Programmare e agire Che tipi di intervento possono essere attuati? Cosa ci deve essere alla base della progettazione del PDP? Va ribadito che la prima «cura» per l’alunno con DSA è proprio una didattica efficace, ossia un modo di fare scuola che tenga conto delle sue specificità, valorizzandone le potenzialità. Gli strumenti compensativi e, tanto meno, le misure dispensative non possono assolutamente essere messi sullo stesso piano, come ingredienti equivalenti e intercambiali del nostro PDP: un po’ di questo, un po’ di quello, secondo i gusti. Esiste una gerarchia funzionale, che va rispettata: – prima di tutto vengono gli interventi di tipo abilitativo, finalizzati cioè a dare delle abilità, tra i quali rientra certamente, anche se non è l’unico, l’insegnamento; – quando l’intervento abilitativo non è efficace si può ricorrere a un intervento di tipo compensativo, individuando un sistema alternativo per raggiungere, almeno in modo parziale o in alcune limitate circostanze, risultati funzionalmente equivalenti; – infine, se non ha funzionato l’intervento abilitativo e non sono stati individuati sistemi compensativi efficaci, è possibile prevedere anche una strategia di tipo dispensativo, che non risolve i problemi esistenti ma almeno ne evita di nuovi. Nel PDP la definizione degli interventi didattici, individualizzati e personalizzati, deve essere alla base della progettazione. In questo campo c’è purtroppo il rischio di perdere quelle caratteristiche di concretezza e verificabilità che sono state considerate essenziali per la sua efficacia. L’autonomia di studio si basa su una serie di processi cognitivi e metacognitivi che non possono essere semplificati in procedure senza correre il rischio di banalizzarli. Ma non possono neppure rimanere solo indicazioni generiche, non verificabili. È importante, ad esempio, che la scuola si attivi per promuovere processi metacognitivi, ma se questo impegno non si accompagna ad azioni concrete e specifiche, rimane facilmente privo di efficacia. Molte sono le indicazioni di questo tipo che possono essere date, in base ai bisogni e all’età dell’alunno: dai suggerimenti per organizzare e selezionare le conoscenze al potenziamento delle informazioni visive, dalla valorizzazione dell’apporto dei compagni alla didattica laboratoriale. Certamente molte indicazioni si rivelano utili per tutti, non solo per gli alunni con DSA, e il loro inserimento in un quadro di individualizzazione può apparire riduttivo, se non un controsenso. Affermano, infatti, le Linee Guida: «Si deve sottolineare che le me- © Edizioni Centro Studi Erickson S.p.A. Costruire il PDP – Piano Didattico Personalizzato 243 Quale spazio per gli strumenti compensativi nel PDP? Come considerare le misure dispensative nel PDP? Quali criticità sono connesse alla stesura del PDP? todologie didattiche adatte per i bambini con DSA sono valide per ogni bambino, e non viceversa» (MIUR Linee guida, 2011, p. 10). Uno spazio considerevole avranno indubbiamente anche gli strumenti compensativi: la compensazione in certi casi può essere estremamente efficace per gli alunni con DSA, ma i vantaggi vanno verificati e valutati caso per caso; inoltre, soprattutto con le tecnologie, per il successo conta assai più la competenza del soggetto nell’uso dell’apparecchio che non le caratteristiche dei prodotti usati, e quindi è fondamentale accompagnare i ragazzi e insegnare loro a usarle correttamente. Si dovranno infine considerare le misure dispensative come una necessità, non come un rimedio, e un processo di autonomia dovrebbe mirare a una progressiva diminuzione degli effetti della dispensa e a un parallelo aumento dell’autonomia operativa dell’alunno. In questo panorama, un’importante riflessione va fatta anche sulle criticità connesse agli strumenti spesso utilizzati. Per stendere il PDP si utilizzano normalmente dei modelli cartacei con campi da compilare e opzioni da selezionare con delle crocette. Proprio da questa modalità di compilazione, che obbliga a una scelta esclusiva, «Sì» o «No», nasce una prima criticità. È infatti un sistema di selezione in molti casi troppo drastico, mentre bisognerebbe poter calibrare o modulare le varie voci per un’effettiva personalizzazione. Si prenda ad esempio una delle più diffuse misure dispensative: «Dispensato dalla lettura ad alta voce». Se si seleziona questa voce, significa che all’alunno non verrà mai chiesto di leggere ad alta voce? Neppure in un piccolo gruppo, con un brano che conosce molto bene, in un contesto rilassato e tranquillo? Una scelta di questo tipo impedirebbe un percorso di autonomia, pur modesto, anche quando sarebbe invece praticabile. Come si è detto, soprattutto nelle misure dispensative è importante graduare l’intervento e calibrarlo sugli effettivi bisogni, ma anche, se possibile, su una progressiva riduzione dell’intervento. Nell’uso degli strumenti compensativi la gradualità potrà riguardare, in particolare, l’autonomia e la conseguente diversa importanza dello strumento alternativo nelle varie attività. L’indicazione, ad esempio, sull’uso dei libri digitali ha un valore diverso se data a un alunno che inizia a servirsene per la prima volta, e per il quale si auspicherà al massimo l’acquisizione di un minimo di competenza operativa, rispetto a un ragazzo più grande, esperto © Edizioni Centro Studi Erickson S.p.A. 244 Sezione II – Programmare e agire nell’uso del PC, per il quale si può invece ipotizzare un utilizzo quotidiano e diffuso. Un altro limite dei modelli predisposti è dato dal fatto che le voci proposte sono riferite a un generico alunno con DSA, mentre servirebbero spesso delle formulazioni più specifiche che tengano conto del tipo di disturbo, delle sue conseguenze, delle potenzialità emerse, dello stile di apprendimento, del contesto educativo e altro. Ci vorrebbero dei modelli molto più ampi e dettagliati, che sarebbero però eccessivamente onerosi nella loro gestione e, quindi, di fatto improponibili. Infine si nota come, con il sistema a crocette, l’attenzione delle famiglie sia inevitabilmente attratta più dalle voci che non sono state selezionate («Perché non gli date anche questa misura dispensativa?») che da quelle effettivamente esplicitate. © Edizioni Centro Studi Erickson S.p.A.