Ordinanza sezione VI civile, 24 settembre 2012, n. 16203
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Ordinanza sezione VI civile, 24 settembre 2012, n. 16203
Archivio selezionato: Sentenze Cassazione Civile ESTREMI Autorità: Cassazione civile sez. VI Data: 24 settembre 2012 Numero: n. 16203 CLASSIFICAZIONE GIURISDIZIONE CIVILE - Straniero (giurisdizione sullo - ) - in genere Costituzione della Repubblica italiana - Straniero (condizione dello) - Procedimento giurisdizionale - Modifica dell'art. 35, comma 11 del d.lg. n. 25 del 2008 - Legittimazione del Ministero degli Interni - Applicabilità del principiotempus regit actum- Conseguenze Impugnazione della pronuncia di primo grado successiva all'entrata in vigore della novella introdotta dall'art. 1 legge 94 del 2009 - Ammissibilità INTESTAZIONE LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA CIVILE SOTTOSEZIONE 1 Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. SALME' Giuseppe - Presidente Dott. DI PALMA Salvatore - Consigliere Dott. MACIOCE Luigi - Consigliere Dott. DIDONE Antonio - Consigliere Dott. ACIERNO Maria - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente: ordinanza sul ricorso 6076-2012 proposto da: C.F.M. ((OMISSIS)) elettivamente domiciliato in ROMA, VIA P. LEONARDI CATTOLICA 3, presso lo studio dell'avvocato FERRARA ALESSANDRO, rappresentato e difeso dall'avvocato FERRARA SILVIO, giusta procura speciale in calce al ricorso; - ricorrente contro MINISTERO DELL'INTERNO COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI CROTONE; - intimato avverso la sentenza n. 132/2011 della CORTE D'APPELLO di CATANZARO del 22.9.2011, depositata il 10/10/2011; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26/06/2012 dal Consigliere Relatore Dott. MARIA ACIERNO. E' presente il Procuratore Generale in persona del Dott. MAURIZIO VELARCI. FATTO SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE Con la sentenza impugnata la Corte d'appello di Catanzaro, in riforma della sentenza di primo grado, respingeva la domanda di protezione internazionale proposta dal cittadino della Guinea Conakry C. F.M., ritenendo, contrariamente all'accertamento compiuto dal Tribunale, non sussistenti i presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria. Il richiedente era entrato in Italia il 5 gennaio 2008, tramite la frontiera aerea con passaporto falso, rappresentando immediatamente la volontà di proporre domanda di riconoscimento della protezione internazionale. Davanti alla Commissione territoriale di Crotone aveva dichiarato di essere stato membro del partito di opposizione politica del R.P.G. (Rassemblement Du People General) e di essere fuggito in seguito agli scontri insorti in occasione di una manifestazione del 17/2/2007, nel corso dei quali veniva arrestato, malmenato ed imprigionato per 78 giorni, senza accuse e senza assistenza legale. Riuscito a fuggire dal carcere, grazie all'aiuto della Croce Rossa Internazionale, arrivava in Italia, con le modalità sopra descritta. Aggiungeva che nel suo pese dopo un periodo di guerra civile era ascesa al potere una giunta militare presieduta da M.D.C., e che si verificavano frequenti episodi di grave violenza generalizzata nei confronti della popolazione civile. La Commissione Territoriale respingeva la domanda, mentre il Tribunale, previa audizione personale del richiedente ed acquista documentazione sulla condizione del suo paese d'origine, riconosceva la misura della protezione sussidiaria, fondandola sulla situazione di generale instabilità della Guinea, idonea a costituire una minaccia grave ed individuale alla vita e alla persona del ricorrente, specialmente dopo i fatti accaduti il 28/8/2009. Su appello del Ministero dell'interno, il giudice di secondo grado fondava la propria decisione di rigetto sulle seguenti argomentazioni: a) La giurisprudenza della Corte di Giustizia (sent. 17/2/2009 proc. C-465/07 causa Meki Elgafaji e Noor Elgafaji contro Staatssecretaris van Justitie), ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria aveva stabilito che il grado di violenza indiscriminata dovesse essere di livello così elevato da far fondatamente ritenere che un civile, rientrato nel paese d'origine, per la sola sua presenza nel territorio, potesse correre tale rischio: b) L'art. 8 della Direttiva 2004/83/CE afferma che, nell'ambito dell'esame di una domanda di protezione internazionale, gli Stati membri possono stabilire che il richiedente non necessiti di protezione internazionale se in una parte del territorio del paese d'origine non abbia fondati motivi di temere di essere perseguitato o non corra rischi effettivi di subire danni gravi e se è ragionevole attendere dal richiedente che si stabilisca in quella parte del paese. Dal sito www.viagqiaresicuri.it, in Guinea alla data del 22 settembre 2011 non risulta lo svolgimento di conflitti armati coinvolgenti il paese, neppure in parte, ma viene dato atto che a seguito delle elezioni presidenziali e dell'instaurazione di un nuovo governo la situazione è in via di stabilizzazione. c) Lo straniero non corre, pertanto, alcun pericolo di danno grave alla persona se rientra nel proprio paese. Avverso tale pronuncia viene proposto ricorso per cassazione da O. F.M. fondato su tre motivi. Nel primo motivo viene dedotta la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35, comma 11, vigente ratione temporis al momento della proposizione della domanda di riconoscimento della protezione internazionale e la conseguente nullità del procedimento d'appello perchè instaurato sulla base paese, neppure in parte, ma viene dato atto che a seguito delle elezioni presidenziali e dell'instaurazione di un nuovo governo la situazione è in via di stabilizzazione. c) Lo straniero non corre, pertanto, alcun pericolo di danno grave alla persona se rientra nel proprio paese. Avverso tale pronuncia viene proposto ricorso per cassazione da O. F.M. fondato su tre motivi. Nel primo motivo viene dedotta la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35, comma 11, vigente ratione temporis al momento della proposizione della domanda di riconoscimento della protezione internazionale e la conseguente nullità del procedimento d'appello perchè instaurato sulla base dell'impugnazione proposta dal Ministero dell'Interno, non legittimato ad agire alla luce della normativa allora vigente. Il predetto comma 11, art. 35, prima della modifica intervenuta con la L. n. 94 del 2009, art. 1, comma 13, limitava la legittimazione ad impugnare al pubblico ministero e al ricorrente, mentre attualmente tale legittimazione è estesa anche al Ministero dell'Interno. Ma, in virtù del principio dell'irretroattività della legge, tale innovazione può ritenersi applicabile esclusivamente ai procedimenti instaurati dopo la sua entrata in vigore, così come precisato anche dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 20414 del 2006. Nel secondo e terzo motivo vengono dedotte violazioni plurime delle norme del D.Lgs. n. 251 del 2007 e 25 del 2008 che definiscono i requisiti delle misure di protezione internazionale, stabiliscono i poteri doveri istruttori del giudice ed indicano i criteri di valutazione della credibilità del richiedente, nonchè vizio di motivazione in ordine alla rappresentazione della situazione politica e di sicurezza della Guinea. In particolare, viene osservato che la Corte d'appello non ha tenuto in alcun conto il parametro della diligenza e buona fede integrativa dell'insufficiente quadro probatorio prevista dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5 nella valutazione delle dichiarazioni del ricorrente ed ha svolto un'istruzione officiosa del tutto lacunosa fondandosi esclusivamente sui dati, peraltro parziali, del sito www.viaqqiaresicuri.it. prendendo in considerazione la situazione della Guinea, alla data della decisione di secondo grado, invece che quella esistente alla data di proposizione della domanda. In particolare, non sono state utilizzate tutte le informazioni provenienti dalla ricerca, peraltro insufficiente, svolta sul solo sito www.viaggiaresicuri.it, perchè dalla sua consultazione possono ricavarsi informazioni ben più allarmanti sulla situazione del paese, (riferibili al settembre 2011) del tutto omesse nella scarna motivazione della sentenza di secondo grado. L'istruttoria, infine, non si è fondata sulle fonti d'informazione istituzionali indicate nel D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 ma esclusivamente su alcune indicazioni parziali del predetto sito. Il ricorrente ha depositato memoria. Il primo motivo non è fondato. La modifica normativa del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35, comma 11, per effetto della L. n. 94 del 2009, art. 1, comma 13, è entrata in vigore il giorno 8 agosto 2009. La legge non contiene una disciplina transitoria per le norme di natura processuale. Deve, pertanto, ritenersi, anche alla luce dell'orientamento di legittimità citato dalla parte ricorrente (Cass. 20414 del 2006), che la novella sia applicabile agli atti processuali successivi alla sua entrata in vigore, ai sensi dell'art. 11 preleggi, comma 1 e art. 15 preleggi, ma non a quelli precedenti, così come ribadito nella stessa sentenza invocata per sostenere la soluzione contraria. Ne consegue che, con riferimento alla proposizione dell'impugnazione della pronuncia di primo grado, la esclusione della legittimazione ad agire del Ministero dell'interno, permane in vigore fino al giorno 7 agosto 2009, mentre per le impugnazioni successive, quale quella relativa al presente procedimento (29/4/2011) risulta pienamente applicabile la nuova disciplina normativa, in virtù del principio che ogni atto del procedimento giurisdizionale è regolato dalla legge processuale applicabile al momento in cui viene in essere, salva una diversa disciplina transitoria. Nessun rilievo ha, infine il riferimento all'art. 5 c.p.c., riguardando la novella processuale il potere d'impugnare e non la giurisdizione o la competenza. Gli altri motivi sono fondati. Pur non potendosi condividere l'affermazione del ricorrente, secondo la quale la situazione del paese del rimpatrio deve essere valutata alla luce della situazione prospettata al momento della proposizione della domanda, in quanto contrastante con il chiaro disposto del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3, lett. a) che si riferisce invece al "momento dell'adozione della decisione", la sentenza impugnata non rispetta il parametro normativo stabilito dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5 ai fini della valutazione delle dichiarazioni del ricorrente, omettendone del tutto l'esame e la comparazione con la situazione oggettiva. Per quanto riguarda l'esercizio del dovere di cooperazione al fine di accertare i fatti posti a base della domanda, attraverso gli ampi poteri officiosi riconosciuti dalla legge e dalla giurisprudenza di legittimità (S.U. 27310 del 2008; 26056 del 2010), non può che esserne sottolineata la estrema lacunosità e il mancato rispetto dei criteri indicati nel D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, così come richiesto con orientamento costante dalla giurisprudenza di questa sezione (Cass. 10202 del 2011). Non risulta dalla motivazione della pronuncia che sia stata compulsata la Commissione nazionale per il diritto d'asilo, come espressamente previsto dalla predetta norma nè che siano stati consultati l'ACHNUR o siti del Ministero degli Esteri diversi da www.viaggiaresicuri.it che si rivolge ai turisti e ai cittadini stranieri che intendono visitare il paese oggetto d'indagine informativa. L'indagine compiuta non risponde, pertanto, nè ai criteri indicati dal citato art. 8 nè alle esigenze di pertinenza imposte dalla natura dei diritti in gioco che proprio per il loro rango di diritti umani richiedono al giudice lo specifico compito "di accertare la situazione reale del paese di provenienza mediante l'esercizio di poteridoveri officiosi d'indagine e di acquisizione documentale, peraltro derivanti anche dall'adozione del rito camerale, in modo che ciascuna domanda venga esaminata alla luce di informazioni aggiornate sul paese di origine dei richiedente asilo" (Cass. 10202 del 2011). L'assolvimento di tale dovere di cooperazione non risulta svolto dal momento che le uniche informazioni assunte dal sito www.viaggiaresicuri.it risultano anche incomplete, così come evidenziato dalla parte ricorrente. La richiesta e l'adozione delle fonti indicate dal citato art. 8 non ha, peraltro, carattere esclusivo, ben potendo essere integrata da informazioni assunte, anche via web, attraverso altri canali d'informazione ma non può essere sufficiente, senza neanche aver dato conto dell'attivazione dei canali informativi previsti dalla legge, il riferimento a dati, cronologicamente generici e desunti da fonti riguardanti categorie di soggetti, come i turisti od i cittadini stranieri, non comparabili con i richiedenti la protezione internazionale. Infine, occorre osservare, ai fini della dedotta dimensione locale della situazione di grave rischio per la persona del ricorrente, che dalle dichiarazioni del cittadino straniero e dalla lettura degli atti difensivi non emerge la dimensione meramente locale del fenomeno. Ne consegue la mancanza di corrispondenza con quanto affermato nella pronuncia n. 6879 del 2011 che si riferisce specificamente ad un conflitto relativo ad un villaggio, non estensibile all'intero paese. Il ricorso deve, in conclusione essere accolto, essendo state violate le norme relative alle modalità di accertamento dei fatti posti a base della domanda di protezione internazionale ed essendo risultata carente la motivazione relativa alla credibilità soggettiva ed alle condizioni oggettive del paese d'origine dello straniero. La pronuncia deve essere cassata con rinvio alla Corte d'Appello di Catanzaro, in diversa composizione, che dovrà attenersi al seguente principio di diritto: nell'esame delle dichiarazioni del richiedente una misura di protezione internazionale non deve essere omessa la valutazione della credibilità soggettiva del richiedente, alla stregua dei criteri stabiliti nel D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5 (verifica dell'effettuazione di ogni ragionevole sforzo per circostanziare la domanda; la deduzione di un'idonea motivazione sull'assenza di riscontri oggettivi; la non contraddittorietà delle dichiarazioni rispetto alla situazione del paese; la presentazione tempestiva della domanda; l'attendibilità intrinseca), mentre l'acquisizione delle informazioni sul contesto socio politico del paese di rientro deve avvenire in correlazione con i motivi di persecuzione dedotti (requisiti per il rifugio politico) o di pericolo oggettivamente riscontrabili (requisiti per la protezione sussidiaria), sulla base delle fonti d'informazione indicate nel D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, ed in mancanza, o ad integrazione di esse, mediante l'acquisizione di altri canali informativi, dando conto delle ragioni della scelta. P.Q.M. P.Q.M. Accoglie il ricorso. Cassa e rinvia anche per le spese del presente giudizio alla Corte d'Appello di Catanzaro in diversa composizione. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 26 giugno 2012. Depositato in Cancelleria il 24 settembre 2012 P.Q.M. P.Q.M. Accoglie il ricorso. Cassa e rinvia anche per le spese del presente giudizio alla Corte d'Appello di Catanzaro in diversa composizione. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 26 giugno 2012. Depositato in Cancelleria il 24 settembre 2012 CONFORMI E DIFFORMI (1) Non si rinvengono precedenti in termini. Cassazione civile sez. VI, 24 settembre 2012, n. 16203 Utente: CAB CENTRO ATENEO PER BIBLIOTECHE cabce6412 Tutti i diritti riservati - © copyright 2012 - Dott. A. Giuffrè Editore S.p.A.