Italia Oggi, Il Sole 24 Ore e Altro

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Italia Oggi, Il Sole 24 Ore e Altro
Rassegna Stampa settimanale dal 15 al 21 luglio 2013
Gruppo Finanza Locale
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Articoli tratti da:
Italia Oggi, Il Sole 24 Ore e Altro
Lunedi 15 luglio 2013
Il Sole-24 Ore del lunedì
PRIMO PIANO
Infrazioni stradali
IL BILANCIO
Crisi e caos delle regole tagliano le multe
Nel 2011 i Comuni hanno incassato il 7,5% in meno dell'anno prima
Accertamenti a quota 1,47 miliardi
LE CAUSE
Pesano i buchi normativi sulla riscossione locale e la congiuntura economica che ha fatto crollare la
mobilità degli italiani
Gianni Trovati
Se diserta anche un esercito fedele come quello delle multe, che negli anni tante soddisfazioni ha assicurato agli
assessori al bilancio, significa che il quadro dei conti comunali è davvero preoccupante.
Battute a parte, la notizia è che la rassegna delle entrate raccolte dai Comuni sulla strada, che Il Sole 24 Ore
effettua ogni anno con l'aiuto della banca dati AidaPa di Bureau van Dijk, segna per la prima volta pesanti segni
meno rispetto all'anno prima. Il periodo di riferimento, fornito dagli ultimi certificati di conto consuntivo disponibili
per tutti i Comuni, è il 2011: in quell'anno gli accertamenti, cioè le sanzioni che i sindaci iscrivono nel bilancio
consuntivo, si sono attestate a 1,47 miliardi, cioè il 6,5% in meno rispetto all'anno precedente. Ma ancora peggio
sono andate le riscossioni, vale a dire gli incassi effettivi. Quelle complessive si sono fermate a 1,19 miliardi, con
una flessione del 7,5% rispetto a 12 mesi prima, e quelle «in conto residui», che riguardano i verbali di anni
precedenti non ancora finiti in cassa, non hanno superato i 255 milioni: una miseria, pari al 20,4% in meno di
quanto raccolto nei dodici mesi precedenti.
I dati dei consuntivi scontano sempre un certo "invecchiamento", ma altri due numeri sono sufficienti a
confermare che la tendenza è proseguita anche negli ultimi mesi. Per pescarli bisogna rivolgersi alla banca dati
del ministero dell'Economia, che monitora in tempo reale gli incassi delle amministrazioni pubbliche, e mostra che
nei primi sei mesi del 2013 le riscossioni da «sanzioni e ammende» sono crollate di un altro 25 per cento.
È «finita la pacchia», come sicuramente penseranno molti automobilisti e le associazioni che in questi anni hanno
combattuto contro una certa bulimia da multe registrata in tanti Comuni? Pare di sì, se in capoluoghi come
Nuoro, Brindisi, Teramo o Salerno gli accertamenti si sono più che dimezzati in un anno, se anche la «regina delle
multe», Rovigo, piazza in tabella un -12,6% e solo Firenze, tra le città tradizionalmente primatiste, mantiene i
livelli dell'anno prima. Tra le altre grandi, Roma e Napoli sono ancora in crescita (ma nel capoluogo campano la
riscossione nell'anno si ferma al 23%, e nel bilancio ci sono ancora quasi 200 milioni di «crediti dubbi» per le
vecchie sanzioni mai incassate), mentre Milano frena del 7,9 per cento.
La questione, però, va ben al di là di un "rinsavimento" da parte delle amministrazioni locali che in effetti negli
anni passati hanno in alcuni casi fatto un affidamento eccessivo sulle multe per quadrare bilanci che non
tornavano. Prima di tutto, come accennato le riscossioni effettive frenano più degli accertamenti, a indicare il
fatto che anche se i verbali diminuiscono, cresce la quota di quelli che non arrivano alla cassa.
Un fenomeno di questo tipo è senza dubbio favorito dal caos continuo che domina sulla riscossione locale, e che
proprio a metà 2011 ha vissuto il proprio punto di svolta con il «decreto sviluppo» di maggio che sanciva l'uscita
di Equitalia dal ramo dei tributi locali. Due anni abbondanti sono passati, l'addio dell'agente nazionale della
riscossione non c'è ancora stato ma la pioggia di proroghe, gli inciampi normativi e l'assenza di prospettive del
settore non hanno certo fatto bene alla macchina della riscossione. Giusto poche settimane fa l'ultimo rinvio,
inserito in Parlamento nel decreto «sblocca-debiti» per tenere in piedi il rapporto fra Equitalia e Comuni fino al 31
dicembre, si era "dimenticato" delle multe occupandosi solo dei «tributi», imponendo una correzione in corsa
nell'ennesimo pacchetto sviluppo. A non essere stato davvero corretto, però, è un altro ostacolo alla riscossione
innalzato nel 2011, con la norma che ha di fatto bloccato le azioni esecutive per i debiti sotto i 2mila euro:
doveva alleviare la tensione fra contribuenti ed Erario, ma ha colpito soprattutto le casse comunali e in particolare
le multe, perché per arrivare a 2mila euro occorrono più di 50 divieti di sosta medi, oppure 12 verbali lasciati
invecchiare per anni facendo lievitare sanzioni e interessi. L'ultima legge di stabilità è intervenuta sul problema,
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ma continua a prevedere un intervallo di almeno sei mesi fra l'invio di una «comunicazione dettagliata sul debito»
e l'avvio dell'eventuale azione esecutiva.
L'altro colpo alle multe è dato dalla crisi economica, che oltre ad aumentare il tasso di morosità in tutti i settori ha
cambiato le scelte di spostamento degli italiani. Secondo l'ultimo rapporto Isfort-Hermes presentato da Asstra,
l'associazione delle aziende di trasporto pubblico, fra 2008 e 2012 la mobilità è diminuita del 23,9%, ed è
aumentata la quota di persone che scelgono i mezzi pubblici perché più economici: e chi si sposta in treno o in
autobus non prende multe.
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Il Sole-24 Ore del lunedì
AUTONOMIE LOCALI E PA
ANALISI
Per i ritardi della Pa rimborsi con il freno
di Marcello Clarich
Il rispetto del termine per la conclusione dei procedimenti amministrativi e i ritardi nell'emanazione degli atti è un
problema annoso che negli ultimi tempi è diventato quasi un'ossessione del legislatore. Anche il recentissimo
decreto del "fare" (n. 69/2013) introduce un nuovo rimedio: l'indennizzo automatico di 30 euro per ogni giorno di
ritardo fino a un massimo di duemila euro.
Come valutare questa iniziativa?
Anzitutto bisogna ricordare che la prevedibilità dei tempi delle decisioni delle amministrazioni è un principio di
civiltà e di efficienza. Consente infatti la programmazione delle attività dei privati che per esempio chiedono il
permesso a costruire o un'autorizzazione necessaria per avviare un'attività economica. Oltre vent'anni fa la legge
sulla trasparenza amministrativa (n. 241/1990) introdusse un sistema per stabilire per ciascun tipo di
procedimento un termine certo. Ma subito si pose un problema: che succede se l'ufficio non lo rispetta?
Le conseguenze inasprite da leggi recenti sono di più tipi: responsabilità disciplinare del funzionario negligente;
nei casi più gravi responsabilità penale per il reato di rifiuto o omissione di atti d'ufficio (articolo 428 del Codice
penale); intervento sostitutivo del superiore gerarchico sollecitato dall'interessato; ricorso al giudice
amministrativo contro il cosiddetto "silenzio" della Pubblica amministrazione per ottenere il provvedimento
richiesto anche attraverso la nomina da parte del giudice di un commissario ad acta; risarcimento per il danno da
ritardo.
Anche la legge anticorruzione (n. 190/2012) prevede che il responsabile della prevenzione della nominato in
ciascuna amministrazione debba monitorare il rispetto dei termini procedimentali. I ritardi costituiscono infatti uno
dei fattori che promuovono atti corruttivi volti a "oliare" gli ingranaggi burocratici.
Il decreto del fare aggiunge ora l'indennizzo automatico (articolo 29), riprendendo una proposta avanzata già
negli anni Novanta del secolo scorso (legge 59/1997).
Anzitutto il nuovo rimedio è introdotto per ora solo in via sperimentale. Vale infatti solo per i procedimenti che
riguardano le imprese e tra 18 mesi si stabilirà se confermarlo, rimodularlo o abbandonarlo.
In secondo luogo, il diritto all'indennizzo sorge a due condizioni: che l'interessato abbia richiesto al superiore
gerarchico entro un termine perentorio di sette giorni un intervento sostitutivo; che anche il superiore gerarchico
non rispetti il termine previsto per l'esercizio del potere sostitutivo. Viene meno così l'automatismo visto che si
presuppone comunque una reazione dell'interessato.
Infine, il decreto del fare prevede alcune norme processuali per agevolare la liquidazione dell'indennizzo e l'invio
delle sentenze di condanna alla Corte dei conti affinché questa possa recuperare il danno erariale.
Con queste cautele e limitazioni è probabile che neppure il sistema dell'indennizzo sia risolutivo. Infatti, quasi mai
l'interessato "osa" sollecitare il potere sostitutivo. In ogni caso, specie nei casi di iniziative economiche ritardate
dalle lungaggini burocratiche, 30 euro al giorno rappresentano una magra consolazione.
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AUTONOMIE LOCALI E PA
Tributi. Gli effetti dell'ordinanza di Milano
Sull'Ici di categoria D nodo-indennizzi per 590 Comuni
La partita sulle compensazioni della vecchia Ici relativa ai fabbricati di categoria «D» riaperta nei giorni scorsi dal
tribunale di Milano sul caso del Comune di Monza riguarda almeno 590 Comuni. In gioco ci sono in alcuni casi
cifre importanti in valore assoluto, a partire da Roma dove sono in ballo 23,4 milioni di euro, a Milano invece la
questione vale 16,3 milioni, mentre Torino e Bologna viaggiano sotto i 10 milioni.
Non sempre, comunque, come mostrano le rilevazioni condotte dall'Ifel, l'istituto per la finanza e l'economia
locale dell'Anci, sono le dimensioni del Comune a determinare l'entità delle somme contese fra amministrazione
locale e ministero dell'Economia. A Rivoli, meno di 50mila abitanti in provincia di Torino, la partita supera i 7
milioni, a Ghedi, che ha meno di 19mila residenti nel bresciano, si sfiorano gli 1,8 milioni, cifra "vantata" anche da
alcuni capoluoghi di Provincia: e sono molti i casi in cui poche centinaia di migliaia di euro fanno la differenza sui
bilanci di piccoli Comuni in cui anche un solo fabbricato industriale ha un peso rilevante sul complesso della base
imponibile. Tutte cifre che tornano di attualità dopo che i giudici milanesi hanno dato ragione al Comune nella
battaglia interpretativa con il ministero dell'Economia sulle modalità di calcolo dei rimborsi.
Il punto (si veda Il Sole 24 Ore del 12 luglio) è quello delle compensazioni ai Comuni sulla perdita di gettito Ici
che è conseguita all'autodeterminazione provvisoria della rendita catastale per i fabbricati di categoria «D». Con
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questa procedura, nata per riallineare i valori degli immobili a stima diretta rispetto a quelli (in genere più elevati)
indicati nei documenti contabili, si è intervenuti per sterilizzare gli effetti sui conti comunali dell'Ici che sarebbe
venuta a mancare. La Finanziaria per il 2001 (articolo 64, comma 1 della legge 388/2000) aveva mirato a questo
scopo con il sistema dei rimborsi, che potevano essere chiesti dal Comune a patto che il mancato gettito
superasse i tre milioni di lire (1.549,37 euro) e il 5 per mille della spesa corrente.
Ad accendere la miccia è stato un cambio di interpretazione del ministero dell'Economia, che dal 2009 ha
considerato rilevanti solo le differenze di gettito dell'ultimo anno, senza consolidare quelle derivate dalle
autodeterminazione delle rendite catastali avvenute negli anni precedenti.
Il cambio di rotta è stato subito contestato dalle amministrazioni locali, supportate da Anci e Ifel, e a Monza è
arrivata la prima pronuncia sul tema. La legge, hanno scritto i giudici milanesi nell'ordinanza, non offre alcun
appiglio all'interpretazione ministeriale, anche perché la ratio della norma è di indennizzare i sindaci dell'intera
perdita di gettito: una decisione, è ovvio, che riaccenderà l'intero contenzioso sul tema.
L'anticipazione
Sul Sole 24 Ore del 12 luglio è stata illustrata l'ordinanza del Tribunale di Monza che ha dato ragione al Comune
capoluogo della Brianza nel contenzioso contro i ministeri di Economia e Interno sulle modalità di calcolo dei
rimborsi per la predita di gettito Ici conseguente alle vecchie autodeterminazioni provvisorie delle rendite catastali
dei fabbricati di categoria «D». L'ordinanza si limita a fissare il principio, rimandando a un giudizio separato la
quantificazione del rimborso al Comune. Il dato-chiave, comunque, è la bocciatura delle modalità di calcolo
ministeriali, che considera rilevanti solo le perdite di gettito dell'anno.
Il Sole-24 Ore del lunedì
AUTONOMIE LOCALI E PA
Partecipate. Per i municipi fino a 30mila abitanti vale la scadenza del 30 settembre
Società strumentali, un rinvio solo a metà
La proroga non ha cambiato i termini per le dismissioni di tutte le aziende
Gianni Trovati - Alberto Barbiero
Il decreto «del fare» ha rinviato i termini per dismettere le società strumentali come imposto dalla spending
review dello scorso anno, ma lo slittamento opera in pieno solo nei Comuni con più di 30mila abitanti. Per la
stragrande maggioranza dei Comuni (7.787 su 8.092) che non raggiungono questa cifra, il rinvio opera solo a
metà, perché entro il 30 settembre scatta l'obbligo di liquidazione delle società o di dismissione delle
partecipazioni previsto dall'articolo 14, comma 32 del Dl 78/2010.
L'ennesimo intreccio normativo sul travagliato mondo delle partecipate, insomma, fa inciampare ancora una volta
i piani del legislatore, alle prese ormai con un affastellarsi di regole praticamente ingestibile. Proviamo a fare
ordine.
Il Dl 95/2012 ha imposto la privatizzazione entro il 30 giugno scorso o lo scioglimento entro il 31 dicembre
prossimo delle società controllate che nel 2011 hanno raccolto almeno il 90% del fatturato dalla Pa. Il Dl 69/2013
(articolo 49, comma 1), constatata l'ovvia difficoltà applicativa (denunciata su questo giornale fin dall'anno
scorso) ha introdotto la consueta soluzione del rinvio, allineando al 31 dicembre i termini per la privatizzazione e
lo scioglimento, e facendo decorrere dal 1° luglio 2014 l'assegnazione del servizio alla società privatizzata per 5
anni.
Il solito escamotage non ha però fatto i conti con l'articolo 14, comma 32 del Dl 78/2010, cioè la norma che vieta
ai Comuni fino a 30mila abitanti di avere società e ne consente solo una agli enti che contano fra 30.001 e 50mila
abitanti. Nemmeno questa norma ha evitato il consueto tran tran di rinvii, con il solito corredo di inciampi e
interventi scoordinati. Nella sua formulazione attuale, la stop alle partecipazioni nei Comuni fino a 30mila abitanti
scatta al 30 settembre prossimo (articolo 29, comma 11-bis della legge 14/2012), e dal momento che non
effettua distinzioni di sorta riguarda sia le società di servizi pubblici locali sia le aziende strumentali. Nei Comuni
fino a 30mila abitanti, dunque, queste ultime si vedono di fatto prolungare il calendario di soli tre mesi, dal 30
giugno al 30 settembre.
In questa chiave, allora, torna utile ricordare le due deroghe agli obblighi di dismissione previsti dalla stessa
manovra del 2010: la chiusura in utile dei bilanci degli ultimi tre anni, il superamento del limite dimensionale
grazie a più Comuni soci.
Diverso, e ancor più intricato, il caso dei Comuni che contano fra 30.001 e 50mila abitanti. L'articolo 29, comma
11-bis della legge 14/2012, ha spostato di nove mesi solo il termine riferito alle società dei comuni con meno di
30mila abitanti, in quanto fa riferimento alla precedente disposizione di modifica del comma 32 (articolo 16,
comma 27 della legge 148/2011), che riguarda appunto solo la prima parte della disposizione, e non i Comuni fra
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30mila e 50mila abitanti. Per loro, quindi, sarebbe rimasta inalterata la scadenza del 31 dicembre 2012 introdotta
dall'articolo 2, comma 43 della legge 10/2011.
Tuttavia su questo punto alcune sezioni regionali della Corte dei Conti hanno individuato la scadenza sulla base di
un'interpretazione sistemica, che spostando tutti i termini originari di 9 mesi porta la loro scadenza al 30
settembre 2014 (sezione regionale Lombardia, delibera 66/2013/PAR).
Le date
30/9 La scadenza generale
Entro questa data i Comuni fino a 30mila abitanti devono dismettere le loro partecipazioni, sia quelle in società di
servizi pubblici locali sia quelle in aziende strumentali. Possibile derogare solo nel caso in cui gli ultimi tre bilanci
della società siano stati chiusi in utile
31/12 I termini per le strumentali
A questa data è stato rinviato dal Dl del «Fare» (articolo 49, comma 1 del Dl 69/2013) il termine per l'alienazione
delle società strumentali, che era stato fissato al 30 giugno dal Dl 95/2012. Il rinvio a fine dicembre, però, nei
fatti opera solo per i Comuni sopra i 30mila abitanti
ItaliaOggi Sette
FISCO
La Consulta sulla disciplina del processo tributario
Inammissibilità del ricorso, contestazione da riproporre
Pagina a cura di Sergio Trovato
I motivi di contestazione della pretesa tributaria devono essere riproposti in caso di erronea dichiarazione di
inammissibilità del ricorso nel giudizio di primo grado per tardività dell'impugnazione, irregolare costituzione del
contribuente o per altri motivi. I casi di rimessione dal giudice d'appello alla commissione tributaria provinciale
sono tassativi. Dunque, qualora non ricorra uno dei vizi della pronuncia contemplati dalla legge il giudice d'appello
decide anche nel merito.
Secondo la Corte costituzionale (ordinanza 166/2013), infatti, non lede il diritto di difesa del contribuente la
disciplina del processo tributario nella parte in cui non contempla tra i casi di rimessione della causa dalla
commissione tributaria regionale alla provinciale quello dell'erronea dichiarazione d'inammissibilità del ricorso
pronunciata dal giudice di primo grado. La Consulta ha ritenuto che non c'è alcun vuoto nella normativa
processuale e qualora non ricorra una delle ipotesi di rimessione alla commissione tributaria di primo grado,
elencate dall'art. 59 del dlgs 546/1992, non è preclusa in appello la possibilità di esame del processo nel merito
purché il contribuente o il suo difensore abbiano l'accortezza di riproporre insieme all'impugnazione della
sentenza per erroneità della dichiarazione d'inammissibilità anche le contestazioni che riguardano il merito della
controversia. Bisogna ricordare che in base all'art. 56 del suddetto decreto le questioni ed eccezioni non accolte
nella sentenza del giudice di primo grado, che non sono specificamente riproposte in appello, s'intendono
rinunciate. La comminatoria della decadenza dalle domande ed eccezioni non accolte nella sentenza di primo
grado, non espressamente riproposte in appello, è basata sul presupposto di una presunzione assoluta di
rinuncia. La stessa regola vale nel caso in cui non siano state accolte perché non esaminate dal giudice. Questo
accade quando il giudice si limita a dichiarare inammissibile il ricorso per motivi di rito.
Il giudizio di secondo grado. Nel giudizio di appello non è riscontrabile una fase rescindente, in quanto non è
prestabilita dalla legge la determinazione dei vizi della sentenza, ma è affidata alla stessa parte. L'appello ha
quindi sempre per sua natura un carattere rescissorio, posto che il giudice procede a un secondo giudizio che
sostituisce quello compiuto dal primo giudice. La causa decisa dal giudice di primo grado passa alla cognizione
piena della commissione regionale, con l'unico limite rappresentato dai motivi dell'impugnazione proposta.
Nell'atto di appello deve essere specificato: la commissione tributaria a cui è diretto; l'appellante e le altre parti
nei cui confronti è proposto; gli estremi della sentenza impugnata; l'esposizione sommaria dei fatti; l'oggetto della
domanda; i motivi d'impugnazione.
Il ricorso in appello è inammissibile se manca o è assolutamente incerto uno degli elementi sopra indicati o se
non è sottoscritto. Non è invece richiesta l'allegazione della sentenza impugnata. Va posto in rilievo che l'art. 53
richiede l'indicazione dei motivi specifici dell'impugnazione. Quindi, la norma non consente che l'invocata riforma
della sentenza impugnata possa essere basata su sommarie o generiche doglianze. I motivi specifici
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dell'impugnazione costituiscono un requisito essenziale dell'atto, in quanto servono a individuare l'ambito del
riesame.
I casi di rimessione. Solo in alcuni casi, che rappresentano delle eccezioni, la sentenza d'appello non ha efficacia
sostitutiva e non riesamina il merito della causa. Questo avviene nelle ipotesi contemplate dall'art. 59. Quando
ricorrono le ipotesi elencate dalla norma, il giudice d'appello non può che rimettere la causa alla commissione
provinciale che ha emesso la sentenza impugnata. Ciò si verifica quando: a) dichiara la competenza declinata o la
giurisdizione negata dal primo giudice; b) nel giudizio di primo grado il contraddittorio non è stato regolarmente
costituito o integrato; c) riconosce che la sentenza impugnata, giudicando in maniera erronea, ha dichiarato
estinto il processo in sede di reclamo contro il provvedimento presidenziale; d) il collegio giudicante non era
legittimamente composto; e) manca la sottoscrizione della sentenza da parte del giudice.
Corriere della Sera - Ed. nazionale
Stretta sulla spesa per finanziare Iva e Imu
Costi standard, meno sgravi fiscali e agevolazioni alle imprese: il Tesoro a caccia di risorse
La nomina
In arrivo nei prossimi giorni un nuovo commissario per gli interventi della spending review
Valentina Santarpia
ROMA - Sta per essere nominato a sorpresa il commissario per la spending review: il governo guidato da Enrico
Letta ha finalmente trovato la figura giusta a cui affidare i tagli della nostra spesa pubblica, un «mostro» da 800
miliardi. Il nome sarà rivelato solo nei prossimi giorni, ma dalle prime indiscrezioni si tratta di un italiano che
ricopre attualmente un ruolo in un organismo internazionale e che quindi rientrerebbe proprio per fare le pulci
agli sprechi di casa nostra. Un compito delicato: in assenza di nuove entrate possibili, i tagli di spesa dovranno
essere usati anche per trovare le coperture strutturali per il taglio dell'Imu e il rinvio dell'aumento dell'Iva fino a
dicembre. E' infatti questo l'obiettivo del ministero del Tesoro: dopo un primo rinvio del rincaro fino al 30
settembre, che per il governo è coperto dall'aumento degli anticipi dei prelievi fiscali, via XX Settembre punta a
rimandare fino al 31 dicembre lo scatto dell'Iva. Così da chiudere il 2013 e rimandare la questione Iva
direttamente alla legge di Stabilità. Quindi non c'è nessuna manovra correttiva in vista:
«Sarebbe un provvedimento autolesionista perché, oltre ad aggravare la recessione, aumenterebbe il debito
pubblico», sottolinea il viceministro all'Economia Stefano Fassina (Pd). E il ministro della Pubblica amministrazione
Gianpiero D'Alia spiega: «Non è alle porte alcuna manovra correttiva. Saccomanni sta facendo con grande serietà
un lavoro difficile per trovare le risorse necessarie a intervenire su Imu e Iva».
L'argomento sarà sul tavolo della cabina di regia del governo fissata per giovedì 18: dopo l'appuntamento saltato
la scorsa settimana, infatti, è stato deciso di riunire in un solo incontro entrambi i temi. Si tratta di un
capitolo che vale al massimo 5 miliardi: uno per coprire il secondo rinvio dell'Iva, sempre che il Pdl non si metta
seriamente di traverso alla copertura ipotizzata dal governo (in quel caso i miliardi diventerebbero due, uno per il
primo rinvio e l'altro per il secondo); e quattro per l'abolizione totale dell'Imu sulla prima casa, ipotesi sostenuta
strenuamente dal Popolo delle libertà. Che invece il Pd vorrebbe rivedere «al ribasso»: cioè rimodulando la tassa
sulla prima casa in modo tale da esentare la maggior parte dei proprietari e far pagare solo i più ricchi.
Come si trovano questi cinque miliardi? Sono tre i capitoli su cui i tecnici stanno lavorando: la spinta per
l'adozione dei costi standard per Pubblica amministrazione e enti locali; la diminuzione delle agevolazioni fiscali
per i benestanti (per esempio, solo i bisognosi potrebbero detrarre gli occhiali dal 740); e la razionalizzazione
delle agevolazioni per le imprese. Ma c'è un altro argomento spinoso che probabilmente finirà nella riunione:
l'adozione di contratti a causali per tre anni, slegati dalla contrattazione collettiva, in vista dell'Expo: un tema che
sta a cuore al presidente della commissione Lavoro al Senato, Maurizio Sacconi:
«Bando alle polemiche, la maggioranza dovrebbe incoraggiare il governo a decidere in questo senso».
E le "grane" non finiscono qui. «Esistono almeno altri tre capitoli cui guardare per valutare tutto il discorso delle
coperture - avverte il sottosegretario all'Economia Pierpaolo Baretta - Bisogna trovare fondi, difficilmente
quantificabili, per finanziare il patto di Stabilità dei Comuni, in modo che possano sbloccare risorse per scuole e
rischio idrogeologico. Poi bisogna rimettere mano alla Cassa integrazione guadagni, almeno per un miliardo. E va
coperta anche la Tares, rinviata a dicembre, per un altro miliardo». E' vero che qualche spicciolo potrebbe
arrivare dalla riduzione degli interessi sul debito pubblico. Ma quelli dovrebbero andare alla riduzione del cuneo
fiscale, altro tema caldo dell'autunno italiano .
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Il Messaggero - Ed. nazionale
IL RETROSCENA
L'Imu sarà in base a nucleo familiare e metri quadri Resta l'ipotesi-rinvio
Il governo smentisce manovre correttive e prepara il vertice di giovedì. Franceschini: «Intervenire
con la legge di stabilità»
ROMA Messi alle spalle i venti di crisi, incassato l'impegno di Silvio Berlusconi a sostenere il governo
«indipendentemente» dalle sue vicende giudiziarie, Enrico Letta affronta una nuova settimana di passione. Ci
sono sei decreti da approvate in appena tre settimane, prima della pausa estiva dei lavori parlamentari. E c'è
da definire l'intesa sulle nuove coperture per il rinvio dell'Iva e per l'Imu sulla prima casa. Giovedì è fissata la
nuova riunione della "Cabina di regia", ma tra oggi e domani i tecnici dell'Economia e di palazzo torneranno a
riunirsi per portare avanti il lavoro e per tentare di presentare «un'ipotesi compiuta» al vertice di giovedì. IL
DOPPIO BINARIO Sull'Imu si viaggia su due binari. Il primo è quello classico, vale a dire l'accorpamento, in una
nuova "service tax", della tassa sulla casa alla Tares, l'imposta municipale non ancora entrata in funzione. «Ma i
tecnici», come riferisce Paola De Micheli del Pd, «si trovano alle prese con il problema enorme dell'Imu pagata dal
proprietario e della Tares a carico dell'affittuario che produce una "biforcazione"
fiscale per gli immobili locati». Così sta prendendo quota un'altra opzione: calcolare l'Imu in base ai metriquadrati
dell'abitazione e al numero di persone che vi vivono, calcolando tra i parametri anche la qualità dell'immobile (di
lusso o popolare, ad esempio) e il numero di anziani e figli a carico. «Così verrebbero garantite equità e
progressività», dice un ministro che lavora al dossier-Imu. Da vedere se al Pdl, che ha fatto una bandiera della
cancellazione tout court della tassa sulla prima casa, accetterà questa proposta. «Per ora è una delle opzioni sul
tappeto, una delle più razionali», afferma il viceministro dell'Economia, Stefano Fassina, «ma prima bisogna
coinvolgere nella discussione i Comuni». L'accordo, come ha ricordato il ministro Fabrizio Saccomanni, dovrà
avvenire entro il 15 agosto. Ma visto che la partita è molto complessa e il tempo è poco, non è escluso che Letta
decida di non decidere. Tant'è, che è in campo anche l'ipotesi di un rinvio dell'Imu sulla prima casa: un
congelamento per tutto il 2013. «In questo caso bisognerebbe trovare altri due miliardi di copertura, per un
totale di quattro, e l'impresa è tutt'altro che semplice», osserva Fassina. E che questa sia la strada più probabile è
confermato da Dario Franceschini, ministro ai rapporti con il Parlamento:
«Credo che la riforma dell'Imu andrà nella legge di stabilità, è una materia complicata, visto che va ridisegnata
tutta la fiscalità locale. Ma intanto dovremo trovare i due miliardi di copertura per non far pagare la rata Imu
sospesa a giugno». Fassina e il responsabile della Funzione pubblica, Giampiero D'Alia, escludono
però che sia necessaria una manovra correttiva.
L'INGORGO-DECRETI C'è poi la corsa a ostacoli per l'approvazione dei sei decreti. In settimana va convertito in
legge quello che ha sospeso l'Imu e ha rifinanziato la cassa integrazione: venerdì è arrivato il sì della
Commissione del Senato, ora tocca all'Aula. Franceschini, per evitare l'ingorgo delle doppie letture, ha chiesto alle
commissioni Bilancio di Camera e Senato di lavorare insieme, in modo di ridurre al minimo le correzioni nel
passaggio da una camera all'altra. E ha trasformato il decreto sulla spesa sanitaria in un emendamento al
"decreto Fare", quello sulle semplificazioni. In più Franceschini ha ottenuto che tra il 20 e il 22 luglio il Senato
licenzi il decreto sul lavoro per passarlo alla Camera e la Camera approvi lo stesso giorno il "decreto Fare" per
farlo transitare contestualmente al Senato.
«C'è da correre, lavoreremo almeno fino all'8-9 agosto. E non sarà certo un problema...», dice il ministro.
Alberto Gentili
Martedi 16 luglio 2013
Il Sole-24 Ore
PRIMO PIANO
Italia bloccata - I CONTI PUBBLICI
Il federalismo quadruplica le tasse locali - Confcommercio: aumento di spese e tagli ai trasferimenti
trainano le entrate, +500% in 20 anni
L'APPELLO DI SANGALLI
Il presidente Confcommercio: «Aumento incompatibile con ogni prospettiva di ripresa.
È ora di fare il tagliando alla riforma»
Davide Colombo
ROMA
Vent'anni di fisco decentrato non son riusciti neppure ad avvicinare l'obiettivo d'una miglior gestione delle
politiche pubbliche e dei loro costi nella prospettiva di quell'autonomia impositiva degli enti locali che, secondo il
legislatore, avrebbe dovuto garantire (almeno) la sostanziale invarianza della pressione fiscale.
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In particolare dal 1992, quando son stati avviati i primi decreti, le uscite primarie correnti delle amministrazioni
locali sono salite da 90,5 a 205 miliardi (+126%) mentre la spesa delle amministrazioni centrali è passata da 225
a 343,5 miliardi (+53%). Nel complesso la spesa corrente delle amministrazioni pubbliche, comprese le spese
sostenute dagli enti previdenziali, è passata da 413 miliardi a 753 (+82,5%) nonostante l'apporto negativo fornito
dalla spesa per interessi (-12% pari a circa 12 miliardi). A fronte di questa esplosione della spesa locale i
trasferimenti delle amministrazioni centrali sono aumentati solo del 20% in vent'anni, passando da 72 a 86
miliardi di euro. Non sorprende, quindi, il boom delle imposte. Se a livello centrale sono aumentate del 95% (da
186 a 362 miliardi) quelle riconducibili alle amministrazioni locali sono invece cresciute da 18 a 108 miliardi, con
un eccezionale incremento di oltre il 500%.
A fotografare questa mutazione strutturale delle dinamiche fiscali tra centro e periferia è un'analisi di
Confcommercio realizzata con il Cer - Centro europa ricerche. Lo studio conferma la contraddizione di un
federalismo che ha prodotto una duplicazione di funzioni senza impedire la sovrapposizione fra tassazione locale
e centrale. Solo nell'ultimo decennio, fanno notare gli analisti, risulta quasi triplicato il peso delle addizionali
regionali e comunali sull'Irpef complessiva gravante sui salari: dal 4,2% all'11,2% nel caso del lavoratore "single";
dal 5,8% al 17,1% nel caso del "coniugato". Un aumento di imposizione incompatibile con ogni prospettiva di
ripresa economica, ha sottolineato il presidente della Confcommercio Carlo Sangalli. Anche le valutazioni
sull'imposizione locale - ha osservato Sangalli - confermano tristemente che ogni livello di governo contribuisce
all'aumento della pressione fiscale. «È l'ora – ha detto il numero uno dei commercianti – di fare il tagliando anche
alla riforma federalista, e la maturazione delle istituzioni e della politica in senso federale necessita oggi di una
riflessione sulle strategie di completamento di questa grande riforma. La pressione fiscale dunque – conclude –
rimane il grande problema irrisolto del nostro Paese».
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Il Sole-24 Ore
PRIMO PIANO
I dati del Tesoro. Nel periodo gennaio-maggio
Entrate tributarie in calo dello 0,4%
ROMA
A causa di una flessione dell'1,2% sul versante contributivo nel periodo gennaio-maggio di quest'anno calano
dello 0,4% le entrate tributarie. Che sul fronte fiscale fanno registrare una crescita dello 0,1% (148 milioni di
euro) con una lievitazione del gettito Irpef dell'1,4% e un significativo calo dell'Iva (-6,8%). A comunicarlo in via
definitiva è il ministero dell'Economia che sottolinea che «il gettito dei primi cinque mesi del 2013 è
sostanzialmente in linea con quello dell'analogo periodo dell'anno scorso». Da via XX settembre si fa poi notare
che la frenata delle entrate contributive è da addebitare al «crescente ricorso alla rateazione dei pagamenti».
Quanto alle entrate tributarie, risultano in crescita le imposte degli enti locali (+514 milioni di euro, +5,4 per
cento) e i ruoli incassati che ammontano a 2.826 milioni di euro (+118 milioni di euro, +4,4 per cento). Le poste
correttive, che nettizzano il bilancio dello Stato, aumentano lievemente (-111 milioni di euro, -1,2%). Il ministero
dell'Economia spiega che tra le imposte dirette, il gettito Irpef si è attestato a 67.503 milioni di euro (+912
milioni, pari a +1,4%) «trainato dalla dinamica favorevole delle ritenute sui redditi di lavoro dipendente del
settore pubblico e redditi da pensione (+3,9%) legata agli effetti dei conguagli fiscali».
In calo l'Ires: gettito di 1.575 milioni (-187 milioni, pari a -10,6 per cento). Il ministero afferma che «l'andamento
delle imposte sostitutive sui redditi da capitale è sostenuto principalmente dall'imposta sostitutiva delle imposte
sui redditi nonché ritenute su interessi e altri redditi di capitale (+667 milioni), dall'imposta sostitutiva sui redditi
da capitale e sulle plusvalenze (+793 milioni) e dall'imposta sostitutiva sul valore dell'attivo dei fondi pensione
(+440 milioni di euro). La crescita marcata riflette in particolare gli effetti del nuovo regime di tassazione.
Per quanto riguarda la componente contributiva, gli incassi registrati nei primi cinque mesi del 2013 si sono
attestati a quota 89.061 milioni di euro, con una flessione dell'1,2 per cento rispetto allo stesso periodo del 2012.
Il Sole-24 Ore
NORME E TRIBUTI/GIURISPRUDENZA
«Pa». Deliberazione della Civit
Enti locali, piano trasparenza a gennaio 2014
Arturo Bianco
Tutte le amministrazioni pubbliche, compresi gli enti locali, sono tenute ad approvare entro il 31 gennaio 2014 il
piano per la trasparenza, termine che è stato spostato rispetto a quello inizialmente fissato per il prossimo 20
luglio. È questa la prima indicazione di rilievo contenuta nella deliberazione della Civit n. 50 «Linee guida per
l'aggiornamento del Programma triennale per la trasparenza e l'integrità 2014/2016».
Il documento è aggiornato alle novità introdotte dal Dlgs 33/2013. Nelle more della adozione del piano, ogni
amministrazione deve comunque dare corso alla pubblicazione sul proprio sito internet delle informazioni minime
imposte da tale provvedimento. Viene ricordato che l'obbligo di istituzione della sezione "amministrazione
trasparente" è dettato anche per le società controllate relativamente alle attività di pubblico interesse.
Il termine di approvazione del piano della trasparenza è stato spostato in quanto strettamente connesso con il
piano anticorruzione, di cui costituisce di regola una sezione, nonché con il piano delle performance. Alla base di
questo rinvio la mancanza del piano nazionale anticorruzione (solamente nei giorni scorsi la Funzione pubblica ha
licenziato la proposta che dovrà essere approvata dalla Civit) e delle linee guida per la lotta alla corruzione da
parte di regioni ed enti locali (che devono essere adottate dalla Conferenza unificata). Non viene invece rinviato il
monitoraggio sul rispetto degli obblighi di trasparenza che sarà comunque effettuato in ogni ente entro la fine del
2013 da parte degli Oiv e i cui esiti dovranno essere comunicati alla stessa Civit. Regioni ed enti locali,
nell'adozione del piano della trasparenza, dovranno tenere conto delle linee guida che saranno elaborate dalla
Conferenza unificata.
Ogni Pa si deve dare un responsabile della trasparenza, che di regola coincide con quello per la prevenzione della
corruzione. Il suo compito essenziale è garantire il rispetto degli obblighi di pubblicità dettati dal legislatore e dei
vincoli dettati dal piano della trasparenza. Egli deve inoltre garantire il cosiddetto accesso civico, cioè il diritto dei
privati di avere tutte le informazioni che devono essere pubblicate sul sito.
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Il piano della trasparenza deve indicare le misure attraverso cui dare attuazione a questi nuovi vincoli. Può
prevedere referenti nei singoli uffici delle amministrazioni complesse e indica le procedure di monitoraggio. Esso
deve inoltre contenere gli obiettivi strategici che si vogliono conseguire in tema di trasparenza, le modalità di
coinvolgimento delle strutture e dei soggetti esterni portatori di interessi. E ancora, vanno disciplinate le iniziative
e gli strumenti di comunicazione per la diffusione dei contenuti del Programma e dei dati pubblicati, nonché
l'organizzazione e i risultati attesi delle Giornate della trasparenza che ogni Pa deve realizzare per favorire il
controllo diffuso. Nel piano vanno infine indicati i dati ulteriori rispetto a quelli minimi fissati dal legislatore che
ogni amministrazione decide di pubblicare.
ItaliaOggi
PRIMO PIANO
Il provvedimento del sindaco Pd di Bologna, Merola, entrerà in vigore entro settembre
Sconto Imu per i bar senza slot
Mentre 100 sindaci chiedono la riduzione dell'offerta
di Giorgio Ponziano
I sindaci si mobilitano. In 200 hanno già sottoscritto il «manifesto dei sindaci per la legalità» in cui si chiede la
riduzione dell'offerta del gioco d'azzardo, il contenimento dell'accesso e un'adeguata attività informativa e di
prevenzione oltre alla trasparenza dei flussi di denaro dei concessionari. Non è schizofrenico un apparato pubblico
che, da un lato, consente la diffusione del gioco e delle slot machine, incamerandone l'aggio fiscale (più sale
gioco ci sono, più alto è il guadagno), dall'altro lato interviene, spendendo risorse pubbliche, per parare i danni
che quello stesso gioco provoca su chi ne diventa dipendente o quasi?
Dopo avere cantato vittoria per questa liberalizzazione ecco il de profundis degli stessi politici: le macchinette
installate ovunque spingono al gioco e finiscono per fare cadere nella rete chi non riesce a fermarsi in tempo. È
un po' come le sigarette: lo Stato incassa e si salva la coscienza imponendo scritte terrificanti sui pacchetti, poi
spende milioni per curare chi si ammala per colpa del fumo. Una sorta di insana partita di giro. Come quella che
incomincia ad avvenire per il gioco ed ecco partire l'allarme dal basso, cioè dai Comuni: la compulsione sta
raggiungendo percentuali preoccupanti e quindi si moltiplicano i casi disperati, mettendo a dura prova gli uffici di
assistenza sociale, per altro decimati dalla spending review.
Le larghe intese, a livello locale, sembrano cementarsi su questo tema: sindaci Pd e Pdl uniti nella lotta alle slot.
Il sindaco pidiessino di Bologna, Virginio Merola, sta lavorando a un provvedimento che entrerà in funzione a
settembre: i bar e i locali senza macchinette avranno uno sconto sull'Imu e sulla Tares. Spiega Nadia Monti,
assessore comunale al Commercio: «Non abbiamo una legge che ci dia la possibilità di impedire l'apertura di certi
locali ma abbiamo strumenti amministrativi da utilizzare, per esempio gli incentivi fiscali a favore dei locali senza
slot».
Insomma: niente slot, poca Imu. Il Pdl ha promesso l'appoggio e anzi va oltre, è stato formato un comitato per
proporre un referendum nazionale abrogativo delle norme sul gioco considerate troppo permissive. Obiettivo:
raccogliere 500 mila firme entro quest'anno con una mobilitazione anche via web attraverso un sito ad hoc:
www.nontazzardare.it.
In attesa del referendum, il parlamentare europeo Sergio Berlato, che è anche coordinatore del Pdl a Vicenza,
sollecita a Enrico Letta un provvedimento normativo: per potere accedere al gioco sia obbligatorio presentare la
tessera sanitaria magnetica, con la possibilità di disabilitarla su richiesta del soggetto interessato o a seguito del
riconoscimento di una forma di ludopatia. «La febbre da gioco sta assumendo i connotati di un'emergenza
nazionale - dice l'europarlamentare vicentino - per questa ragione urgono misure volte a tutelare le persone più
vulnerabili».
Intanto a Viadana (Mantova) la giunta di centrosinistra guidata da Giorgio Penazzi ha posto al top della classifica
per l'Imu le sale da gioco, con l'aliquota del 10,6 (rispetto al 5 della prima abitazione), stessa decisione a Crema
(Cremona) dove il sindaco Stefania Bonaldi, Pd, ha deciso che solo una categoria di immobili abbia l'Imu al 10,6 e
si tratta dei locali con le slot, un provvedimento preso dopo che a una trentina di chilometri di distanza la barista
cremonese Monica Pavesi ha deciso di denunciare pubblicamente i rischi delle slot e le ha radiate dal suo locale:
«Sono contenta di averlo fatto- dice- ora mi sento a posto con la mia coscienza».
A Voghera tutti i gruppi hanno votato in consiglio comunale il divieto di aprire sale gioco nel raggio di 500 metri
da asili e scuole mentre a Teramo maggioranza e minoranza hanno inviato insieme un appello al presidente della
repubblica perché dia la sveglia al governo.
Tutti insieme contro le slot, ma in ordine sparso. Finchè non arriverà la corte costituzionale ad avvertire che il
giocatore romano non può incontrare tagliole che quello veneziano non conosce. Così la Regione Emilia-Romagna
ha appena votato una legge che obbliga i possessori di slot ad esporre il cartello «Il gioco d'azzardo patologico è
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una malattia che si può curare», col numero verde del servizio sanitario regionale (800 033 033) a cui ci si può
rivolgere. Mentre a Reggio Emilia è stata aperta la prima comunità che accoglie i malati da gioco: da 2 settimane
a 3 mesi di cura. In Italia ci sono tra i 700 e gli 800 mila giocodipendenti, di cui almeno 300.000 patologici.
In Senato il 5stelle Giovanni Endrizzi ha parlato di intreccio tra politica e gioco: «Ben sette ministri (compreso il
primo ministro Enrico Letta) fanno parte di una fondazione che si chiama VeDrò finanziata anche da due
multinazionali del gioco, Lottomatica e Sisal, Letta ricevette anche 15 mila euro di contributo da Porsia, titolare
della Hbg, una delle più grandi aziende del gioco d'azzardo. Il nuovo ministro Bray è anche direttore della rivista
Italianieuropei, già sostenuta da importanti contratti pubblicitari con le industrie del gioco d'azzardo.
Da vari dossier si apprende che Snai ha finanziato regolarmente: Gianni Alemanno, Gianni Cuperlo, Margherita,
Udc, Ds, Mpa. Compaiono ex politici e loro parenti entrati nel business, cito rapidamente: Augusto Fantozzi,
presidente Sisal, Vincenzo Scotti, che lanciò «Formula Bingo» insieme a Luciano Consoli, uomo di fiducia di
Massimo D'Alema. E ancora Antonio Cannalire, proprietario della Jackpot Game che a Milano gestiva sale da gioco
insieme alla Finanziaria Cinema, di proprietà di Marco Jacopo Dell'Utri, figlio di Marcello Dell'Utri. Si ricorda che il
governo Berlusconi liberalizzò i giochi d'azzardo on-line. Casualmente, ma solo casualmente, qualche giorno
prima la Mondadori acquisì il controllo del 70% di Glaming, che opera nel gioco d'azzardo on-line. Infine non
possiamo omettere Pellegrino Mastella, figlio di Clemente Mastella, che attraverso Sgai e Betting 2000 dei fratelli
Renato e Massimo Grasso avviò altre aziende di gioco, fra queste King Slot e Wozzup, poi indagate per gravissimi
reati».
A Milano è stato ospite a Palazzo Marino il direttore generale dell'area monopoli dell'agenzia dogane e monopoli,
Francesco De Donato: È forte il rischio delle irregolarità, di apparecchi modificati, di evasione delle imposte, di
truffe ai danni dei clienti», ha detto, «ma ora la situazione è assai migliore che in passato, solo nel 2 % dei casi
riscontriamo illegalità e irregolarità».
Il gioco, a Milano, vale 2,4 milioni di euro al giorno, duemila esercizi commerciali dispongono di slot, ogni
macchinetta rende circa 300 euro al giorno.
Nel 2011 l'amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato ha raccolto quasi 80 miliardi di euro col gioco
d'azzardo, il 5 % del prodotto interno lordo: il 56,3% da slot machine e video-lotterie, il 12,7 % dai gratta e vinci,
l'8,5 dal lotto, il 4,9 dalle scommesse sportive, il 3 % dal superenalotto, e il rimanente da bingo e scommesse
ippiche.
ItaliaOggi
IMPOSTE E TASSE
Lo prevede il decreto del Mse che attua le norme del 2013 sulle agevolazioni fiscali
Zone franche urbane, no Imu
Esenti le minimprese che avviano attività economiche
di Ilaria Accardi
Sono esenti dall'Imu gli immobili situati nelle zone franche urbane (Zfu) posseduti e utilizzati dalle piccole e micro
imprese per l'esercizio delle nuove attività economiche. L'esenzione è riconosciuta per i primi quattro anni a
decorrere dal periodo di imposta di accoglimento dell'istanza da presentare al ministero dello sviluppo economico
A stabilirlo è l'art. 4, comma 1, lettera c) del decreto del ministero dello sviluppo economico 10 aprile 2013,
predisposto di concerto con il ministro dell'economia e delle finanze, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 161
dell'11 luglio 2013. Detto provvedimento che non fa altro che dare attuazione a quanto previsto nel dl 18 ottobre
2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, che all'art. 37, comma 4,
rinviava appunto a un decreto la determinazione delle condizioni, dei limiti, delle modalità e dei termini di
decorrenza delle agevolazioni fiscali stabilite in favore delle piccole e micro imprese localizzate all'interno delle per
le zone franche urbane individuate dalle delibere del Cipe ovvero del territorio dei comuni della provincia di
Carbonia-Iglesias.
Si deve ricordare che l'esenzione per le zone franche urbane in materia di tributi locali era prevista per la sola Ici,
ma l'art. 37 del dl n. 179 del 2012, al comma 3, ha precisato, nel comma 3, che «ai fini di cui al presente articolo,
l'esenzione di cui all'articolo 1, comma 341, lettera c), della legge n. 296 del 2006, deve intendersi riferita alla
«imposta municipale propria»».
L'esenzione prevista da quest'ultima norma veniva riconosciuta dall'anno 2008 e fino all'anno 2012, per i soli
immobili siti nelle zone franche urbane posseduti ed utilizzati per l'esercizio delle nuove attività economiche dalle
piccole e micro imprese, come individuate dalla raccomandazione 2003/361/Ce della commissione, del 6 maggio
2003, che iniziano, nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2008 e il 31 dicembre 2012, una nuova attività
economica. In pratica il periodo di agevolazione era ormai scaduto.
Con la disposizione del decreto del ministero dello sviluppo economico 10 aprile 2013 viene, di fatto, concessa
un'ulteriore proroga del termine per godere delle esenzioni in questione, giacché, in base all'art. 12 del decreto
l'esenzione dall'Imu è riconosciuta per i primi quattro anni a decorrere dal periodo di imposta di accoglimento
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dell'istanza che deve essere presentata al citato ministero nei termini previsti con il bando che lo stesso dovrà
adottare per dare avvio alla procedure che porteranno alla concessione delle agevolazioni fiscali.
È fondamentale precisare che l'art. 12 del decreto stabilisce che l'esenzione dall'Imu può essere riconosciuta
esclusivamente per gli immobili situati nella Zfu, che siano posseduti e utilizzati, per l'esercizio dell'attività
d'impresa, dai soggetti di cui all'art. 3 dello stesso decreto e cioè le imprese:
a) di micro e piccola dimensione, ai sensi di quanto stabilito nell'allegato 1 al Regolamento (Ce) n. 800/2008 della
Commissione del 6 agosto 2008 e dal decreto del ministro delle attività produttive 18 aprile 2005;
b) già costituite alla data di presentazione dell'istanza, purché la data di costituzione dell'impresa non sia
successiva al 31 dicembre 2015, e regolarmente iscritte al Registro delle imprese;
c) che svolgono la propria attività all'interno della Zfu;
d) che si trovano nel pieno e libero esercizio dei propri diritti, che non sono in liquidazione volontaria o sottoposte
a procedure concorsuali.
Per accedere alle agevolazioni, è necessario, inoltre, che i beneficiari abbiano un ufficio o locale destinato
all'attività, anche amministrativa, all'interno della Zfu.
Peraltro, i soggetti che svolgono attività non sedentaria devono altresì alternativamente impiegare almeno un
lavoratore dipendente presso l'ufficio o il locale che si trova all'interno della Zfu o realizzare almeno il 25% del
volume di affari all'interno della Zfu.
ItaliaOggi
IMPOSTE E TASSE
Il versamento di imposte e contributi è ad assetto variabile: il punto sulle scadenze
Rateizzazione a scelta multipla
Resta il termine ultimo di pagamento entro novembre
di Fabrizio G. Poggiani
Rateizzazione imposte ad assetto variabile. L'importo dovuto in dichiarazione (Unico 2013) per imposte e
contributi come saldo 2012 e acconto 2013 può essere versato in un'unica soluzione, ma anche a rate. Fermo
restando che il completo pagamento si deve concludere entro novembre prossimo.
Dopo la proroga concessa con il Dpcm 13/06/2013, che ha stabilito all'8 luglio 2013 ovvero al 20 agosto 2013
(con applicazione della maggiorazione dello 0,40%) il versamento delle imposte determinate in sede dichiarativa
(Unico/Irap 2013) per i contribuenti soggetti agli studi di settore, si rende necessario fare il punto, stante
l'imminente prima scadenza e i termini differenziati.
Per i soggetti con periodo d'imposta coincidente con l'anno solare, la rateizzazione deve concludersi entro il mese
di novembre e si rende necessario calcolare gli interessi, nella misura dello 0,33% mensile (4% annuo), a
decorrere dal termine per il versamento del saldo e della prima rata di acconto.
Si ricorda, sul punto, che sussistono termini differenziati per i versamenti a seconda che il soggetto sia
interessato o meno dagli studi di settore: nel primo caso, il versamento delle imposte e dei contributi doveva
avvenire entro l'8 luglio scorso ovvero entro il prossimo 20 agosto con applicazione dello 0,40%; mentre per i
secondi il versamento doveva avvenire entro lo scorso 17 giugno e, con la medesima maggiorazione, entro il 17
luglio 2013.
Per determinare il numero di rate con cui si rende possibile ripartire il debito tributario e contributivo si rende
necessario, inoltre, individuare il termine di pagamento della prima rata, corrispondente a quello disposto per il
versamento dell'unica soluzione.
Come detto, anche i contributi previdenziali (Ivs e gestione separata), determinati in sede di dichiarazione dei
redditi (Inps, circ. 7/06//2013 n. 88), possono essere rateizzati come i debiti tributari derivanti dalla
dichiarazione, rispettando le medesime scadenze e con applicazione della maggiorazione (0,40%).
Con riferimento all'Iva il contribuente può sempre differire il versamento del saldo 2012, e se presenta la
dichiarazione in forma unificata lo può fare aggiungendo gli interessi nella misura dello 0,40% per ogni mese o
frazione di mese successivo al 18 marzo 2013; pertanto, il saldo Iva deve essere maggiorato dell'1,20% e può
essere rateizzato per il numero individuato dal contribuente, aggiungendo uno 0,33% a titolo di interessi mensili
sugli importi riferiti alle rate successive alla prima. I contribuenti che liquidano trimestralmente l'Iva devono
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anche applicare gli interessi trimestrali (1%), con la conseguenza che prima applicano questi interessi e solo
successivamente, su detto montante, applicano l'ulteriore maggiorazione dello 0,40%.
Si rateizza anche la maggiore Iva per l'adeguamento agli studi di settore, mentre resta esclusa la maggiorazione
del 3% (obbligatoria se la differenza tra i ricavi presunti da Gerico e quelli realizzati supera il 10%), e sono
rateizzabili l'imposta sostitutiva per i nuovi minimi (co. 1 e 2, art. 2, dl 98/2011), quella per i contribuenti che
applicano il regime delle nuove iniziative produttive (art. 13, legge 388/2000) e quanto dovuto in applicazione
della cedolare secca, dell'imposta sugli immobili e sulle attività all'estero e come contributo di solidarietà (3% per
i redditi superiori a 300 mila euro). È opportuno evidenziare che in presenza di compensazioni tra crediti e debiti,
il contribuente non deve applicare la maggiorazione (0,40%) per il differimento soltanto in presenza
compensazione totale, mentre deve applicarla sulla differenza, in presenza di debiti di ammontare superiore ai
crediti (ministero dell'economia e delle finanze, nota 17/04/1998 n. 61366). Infine, in caso di rateazione nel
modello di delega «F24» deve essere indicato il numero della rata cui fa riferimento il versamento stesso e il
numero complessivo delle rate, arrotondando al centesimo di euro l'importo di ogni singola rata.
ItaliaOggi
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
In 20 anni tasse locali da 18 a 108 mld
Con il federalismo fiscale il gettito locale è sestuplicato dal 1992 a oggi: le imposte riconducibili alle
amministrazioni locali sono cresciute da 18 a 108 miliardi, «con un eccezionale incremento di oltre il 500%». È
quanto emerge da un'analisi di Confcommercio realizzata in collaborazione con il Cer - Centro Europa Ricerche.
Negli ultimi venti anni, ricorda l'analisi, «la spesa corrente delle amministrazioni centrali (stato e altri enti) è
cresciuta del 53%. La spesa di regioni, province e comuni del 126% e quella degli enti previdenziali del 127%: il
risultato è che la spesa pubblica complessiva è quasi raddoppiata, passando da 412 miliardi del 1992 a 753 del
2012 (+82,5%). Per fronteggiare questa dinamica, spiega lo studio Confcommercio-Cer, si è assistito a una
esplosione del gettito derivante dalle imposte (dirette e indirette) a livello locale con un aumento del 500% a cui
si è associato il sostanziale raddoppio a livello centrale. Inoltre, nell'ultimo decennio, risulta quasi triplicata
l'incidenza delle addizionali regionali e comunali sull'Irpef.
Pronta la replica dell'Anci che fa notare come in questi 20 anni i trasferimenti erariali ai comuni siano scomparsi,
obbligando gli enti a ricorrere a imposte locali. «Non si possono analizzare le dinamiche del prelievo tributario dei
comuni senza compararle con i rilevanti e continui tagli subiti dagli enti locali nei trasferimenti dello stato», ha
commentato il presidente dell'Anci Piero Fassino.
Avvenire - Ed. nazionale
Tasse locali da record: +500% in vent'anni
Confcommercio fotografa l'impennata Sangalli: «Questo livello di pressione fiscale è nemico della
ripresa»
Sale la spesa pubblica
LUCA MAZZA
piccole Imu crescono. E l'elenco potrebbe essere interminabile. Si chiamano Tarsu (la tariffa per lo smaltimento
dei rifiuti), Ica (l'imposta comunale per le affissioni) o le più note addizionali Irpef. Sono alcune
delle tasse locali che negli ultimi vent'anni hanno rappresentato una spada di Damocle sulla testa dei contribuenti
e delle imprese: dai 18 miliardi di euro del 1992 si è arrivati oggi a quota 108, con un incremento boom del
500%. Le imposte centrali, invece, risultano raddoppiate. A fotografare questa escalation del gettito è uno studio
della Confcommercio, che in collaborazione con il Cer ha analizzato le dinamiche legate al federalismo fiscale a
partire dall'inizio degli anni Novanta. Nello stesso periodo di tempo - segnala il dossier - la spesa corrente delle
amministrazioni centrali è aumentata del 53%, quella degli enti locali 126% e quella degli enti previdenziali del
127%. Complessivamente si tratta di un esborso pari quasi al doppio, che ha avuto come conseguenza la ricerca
di nuove entrate. L'aumento della pressione fiscale, comunque, resta ingiustificabile per le proporzioni e
soprattutto per il livello dei servizi erogati ai cittadini, rimasto (nel migliore dei casi) invariato. A finire sul banco
degli imputati, dunque, è il federalismo fiscale. Spese raddoppiate, bilanci locali in rosso, ritardi nei pagamenti
con i fornitori privati, famiglie più povere e imprese senza ossigeno: questi elementi dimostrano che il sistema
nato per instaurare una proporzionalità diretta fra le imposte riscosse in un determinato territorio e l'effettivo
utilizzo delle stesse ha sostanzialmente fallito. Tanto che anche il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli,
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invoca un cambio di rotta: «È ora di fare il tagliando alla riforma federalista - afferma -. La maturazione delle
istituzioni, e della politica in senso federale, necessita oggi di una riflessione sulle strategie di completamento di
questa grande riforma». La pressione fiscale insomma è uno dei grandi nodi non sciolti degli ultimi anni e - alla
stregua della questione occupazionale - rappresenta uno dei principali ostacoli alla crescita. «Anche le valutazioni
sull'imposizione locale confermano tristemente che ogni livello di governo contribuisce all'incremento della
pressione fiscale aggiunge Sangalli -, mentre Paese, cittadini e imprese avrebbero necessità di una riduzione netta del carico
tributario. Questo livello di tassazione è incompatibile con qualsiasi concreta e realistica ripresa dell'economia».
Oltre che per il loro impatto quantitativo, segnala ancora Confcommercio, le imposte locali si
contraddistinguono per il forte aumento del grado di frammentazione apportato al sistema fiscale. Il peso assunto
dai tributi prelevati dagli enti decentrati varia a seconda della Regione in cui si risiede. La differenza
di pressione fiscale fra il territorio dove minore è l'incidenza delle aliquote locali (Valle d'Aosta e provincia di
Bolzano) e quelli dove è maggiore (Campania e Molise) è molto rilevante passando dal 3,74 al 6,03%.
Significa che l'aliquota Irap per un'impresa della Campania è quasi doppia rispetto a quella che deve pagare
un'azienda di Bolzano. Il presidente dell'Anci, Piero Fassino, invita però ad analizzare la pressione fiscale dei
Comuni comparandola con «i rilevanti e continui tagli subiti dagli enti locali nei trasferimenti dello Stato». Il
prelievo, infine, è cresciuto anche sul lavoro. Nell'ultimo decennio il peso delle addizionali regionali e comunali
sull'Irpef complessiva gravante sui salari è passato dal 4,2% all'11,2 nel caso di un lavoratore single e dal 5,8% al
17,1 per chi è coniugato.
Europa
XX SETTEMBRE
Si valuta se inserire Imu e Iva nella legge di stabilità, ma preoccupa il
deficit
RAFFAELLA CASCIOLI
Si valuta se inserire Imu e Iva nella legge di stabilità, ma preoccupa il deficit. Nell'affannosa corsa a smentire il
ricorso a manovre correttive, vero tormentone di questa prima metà di luglio, il governo è alla ricerca delle
coperture per Iva e Imu con la consapevolezza di chi sa fin d'ora che la partita della ripresa non può essere
legata a queste due tasse. O, comunque, non solo a queste. E così, al di là della strategia di rinvio fin qui
adottata dal ministro dell'economia Fabrizio Saccomanni, l'obiettivo è quello di iniziare a sfoltire gli 800 miliardi di
spesa pubblica. Non a caso, dopo aver messo la spending review sotto la diretta responsabilità della Ragioneria
generale, nei prossimi giorni il ministro dovrebbe nominare un nuovo commissario per i tagli che, a questo punto,
dovranno essere strutturali e offrire le coperture sia per l'ulteriore
rinvio all'aumento di un punto dell'aliquota Iva a fine anno sia per la cancellazione dell'Imu sulla prima casa.
Una partita che, a conti fatti, vale circa 5 miliardi di euro e che dovrebbe essere sul tavolo della cabina di
regia in programma per dopodomani tra il governo e la maggioranza. Una cabina di regia alla quale dovrebbe
partecipare anche il presidente del consiglio Enrico Letta. «La cabina di regia dovrebbe servire a discutere le
prossime mosse da qui a dicembre e non solo da qui alle ferie estive» spiega a Europa il sottosegretario al Tesoro
Pierpaolo Baretta, secondo cui non esiste solo il nodo dell'Imu o quello dell'Iva ma, da qui alla fine dell'anno,
occorrerà discutere dell'allentamento del patto di stabilità interno, della riduzione del cuneo fiscale, del
rifinanziamento della cig in deroga e dell'incremento dei pagamenti della pubblica amministrazione. «Concentrarsi
unicamente su Imu e Iva è limitativo - sottolinea ancora Baretta - e impedisce una visione più generale». Sarà
anche per questo che l'obiettivo di Saccomanni è di rinviare quanto più possibile i dossier politicamente più
scottanti alla legge di stabilità che, fra le altre cose, sarà chiamata a rifinanziare la cassa integrazione in deroga
ed ad affrontare il nodo dei ticket sanitari. Si potrebbe obiettare che se per il rinvio dell'Iva non esiste una
discordanza temporale con la legge di stabilità, lo stesso non si può dire per il nodo dell'Imu che il governo si è
impegnato a sciogliere per fine agosto altrimenti il 16 settembre scatterà il pagamento della prima rata. Tra le
ipotesi allo studio figura o la rimodulazine dell'Imu con l'ampliamento della franchigia a 600 euro così da alzare
l'esenzione dal pagamento dell'imposta ad almeno l'80% dei contribuenti oppure l'accorpamento dell'Imu in una
nuova service tax nella quale confluirebbe anche la Tares. E se ieri il presidente dell'Anci Piero Fassino ha preso
carta e penna per scrivere a Saccomanni cui ha chiesto di «attivare immeritamente un tavolo di confronto per
elaborare un quadro normativo che definisca un ordinato ed efficace sistema di riscossione degli enti locali», per
oggi è il ministro del lavoro Giovannini a convocare le parti sociali per discutere di flessibilità. Sul tema però i
sindacati "vedono" troppa flessibilità mentre il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi parla di posizioni
preconcette perchè «questo è un paese che non può andare avanti sullo status quo». Tuttavia, al momento,
sarebbe un numero decimale ad agitare le notti del ministro Fabrizio Saccomanni. È quello 0,1% che secondo
diversi economisti farebbe sforare al momento per l'anno in corso la soglia del 3%. Tutta colpa di una crescita
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che non solo non c'è ma che, probabilmente, non arriverà prima della fine dell'anno. E se dal fabbisogno di
maggio arrivano conferme per le stime del governo, è sul fronte del deficit che occorrerà concentrare gli sforzi
così come sugli stimoli all'economia. Per questo l'incontro di oggi organizzato da Giovannini è sicuramente
importante.
Il Messaggero - Ed. nazionale
LE IPOTESI
Imu, si lavora al maxi-sconto Iva verso altri tre mesi di rinvio
Un miliardo di tagli di spesa servirà a spostare a gennaio il ritocco all'aliquota Giovedì il vertice di
maggioranza per trovare le coperture per i due tributi
PER GLI IMMOBILI RESTA PROBABILE UNA SOLUZIONE IN DUE TEMPI ETRATE TRIBUTARIE
STABILI A MAGGIO
Luca Cifoni
R O M A Il primo obiettivo della riunione di maggioranza di giovedì è definire i correttivi al "decreto del fare",
quindi in materia di lavoro e di Iva: nodi che dovevano essere affrontati nell'incontro della settimana scorsa
saltato per le turbolenze politiche. Poi si parlerà anche di Imu, ma non è affatto scontato che su questo tema
si arrivi alla soluzione. L'ipotesi più probabile resta quella di una soluzione in due tempi, con un assetto
provvisorio per il 2013 e poi la riforma complessiva eventualmente da mettere a punto con la legge di stabilità. In
ogni caso occorre trovare la copertura per ridurre, se non proprio cancellare, la quota di quest'anno, dopo che è
stato rinviato il pagamento della prima rata.
L'AUMENTO DELLA DETRAZIONE La soluzione più a portata di mano resta quella di incremento della detrazione
per l'abitazione principale oggi fissata a 200 euro, che potrebbe crescere fino a 600: in questo modo si otterrebbe
l'esenzione di fatto per l'85 per cento dei contribuenti. Questa soluzione costa comunque quasi tre miliardi, che
vanno trovati; ovviamente un importo un po' minore della detrazione ridurrebbe quello della copertura finanziaria
da trovare. Il ministro dell'Economia intende proporre alle forze politiche le varie alternative per poi trovare
insieme una soluzione condivisa. Saccomanni non ha rinunciato all'idea di archiviare l'intero dossier prima
dell'estate, ma restano tutte le difficoltà innanzitutto di ordine politico. A spingere per soluzioni il più possibile
chiare e immediate spingono anche i Comuni, che hanno bisogno di certezze sulle risorse finanziarie a propria
disposizione. Per l'assetto definitivo della tassazione immobiliare restano in campo le varie ipotesi elaborate in
questi giorni, da quelle che prevedono di tener conto - ai fini dell'esenzione - del numero di componenti della
famiglia e dei metri quadrati effettivi dell'abitazione, all'unificazione dei vari tributi in una sola tassa comunale sui
servizi. Al 2014 è rinviata anche la soluzione per le imprese, che sperano di poter contare su una forma di
deducibilità dalle imposte dirette del prelievo sugli immobili strumentali, come capannoni e negozi. Ma l'obiettivo
più immediato di governo e maggioranza è intervenire su un'altra imposta, l'Iva che in assenza di nuove misure è
destinata ad aumentare dal primo ottobre. Per portare la scadenza a fine anno serve un altro miliardo, che
potrebbe essere trovato con opportune riduzioni di spesa. Siccome però questi soldi servono subito, non ci sarà
tempo per attendere i risultati della revisione strutturale della spesa, che pure Saccomanni vuole assolutamente
avviare. Si tratterà quindi con tutta probabilità di tagli ai bilanci dei ministeri, che risparmieranno però il sociale, la
scuola, gli investimenti innovativi. Probabile invece che si vadano a toccare fondi per le infrastrutture non
immediatamente utilizzabili.
LE COPERTURE ALTERNATIVE Se per questa via si potrà trovare un miliardo, è il ragionamento che si fa a Via
Venti Settembre, potrà essere utilizzato per spostare in avanti di altri tre mesi le lancette dell'aumento Iva. A quel
punto la copertura individuata per il primo rinvio fino a ottobre, l'incremento degli acconti sulle imposte dirette,
potrebbe restare quella che è a meno che le forze politiche non siano in rado di proporre soluzioni alternative. In
autunno, con la legge di stabilità, il governo spera di avere un quadro più definito della situazione che possa
trarre vantaggio anche da un'eventuale inizio di ripresa dell'economia. Uno dei test decisivi riguarda l'andamento
delle entrate. Ieri il Dipartimento delle Finanze ha rilasciato i dati definitivi relativi al mese di maggio che vedono
nei primi cinque mesi dell'anno entrate tributarie praticamente stabili (+0,1 per cento) mentre quelle contributive
sono calate dell'1,2 soprattutto per il ricorso a pagamenti rateali. A giugno le cose sono andate un po' meglio ma
si attende la fine di questo mese per avere un'indicazione ancora più attendibile.
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Il Giornale - Ed. nazionale
LA CRISI ECONOMICA
Salasso da Comuni e Regioni È boom di tasse locali: +500%
Dal 1992 impennata delle imposte decentrate. Ma dove si paga di più l'inefficienza è maggiore. È il
declino
del federalismo amministrativo
Gian Battista Bozzo
Roma Che cosa ha portato finora ai contribuenti il federalismo fiscale? Per il momento un aumento delle imposte
locali del 500%, dal 1992 a oggi. E mentre le imposte comunali e regionali continuavano a lievitare,
cresceva a dismisura anche la spesa corrente delle amministrazioni locali: dai 98 miliardi e mezzo del '92 si è
passati a quasi 205 miliardi di euro, con un incremento del 126,5%. Cifre impressionanti quelle della ricerca
commissionata al Cer (il Centro europa ricerche) dalla Confcommercio. Dati che dimostrano un fatto: il processo
di decentramento non ha portato risparmi di spesa né ha reso più efficiente la macchina amministrativa. Ha
semplicemente duplicato prelievo fiscale e spesa corrente. Le Regioni dove famiglie e imprese pagano di più sono
anche le più inefficienti. La pressione fiscale locale record è nel Lazio, seguito dalla Campania, dall'Abruzzo, dalla
Liguria, dalla Lombardia, dalla Sicilia. Campania e Lazio hanno una pressione derivante da addizionali Irpef e Irap
(non si considera l'Imu) circa doppia rispetto alle Regioni più
virtuose, il Trentino Alto Adige e la Valle d'Aosta. L'incidenza sul reddito delle addizionali Irpef a Catanzaro è
del 2,83%, a Bolzano dell'1,10%. I poveri hanno peggiori servizi e pagano di più. Un bel risultato. Quanto alle
imprese, l'aliquota Irap di una azienda della Campania è circa il doppio di quella che la stessa impresa
pagherebbe a Bolzano. L'obiettivo principale del federalismo fiscale era di suddividere equamente il prelievo
centrale da quello locale, mantenendo tuttavia inalterata la pressione complessiva. L'obiettivo, come rileva lo
studio Cer-Confcommercio, è stato completamente disatteso. Anche dal punto di vista strettamente politico,
cioè il giudizio negativo dei cittadini nei confronti delle amministrazioni più esose, nulla ha funzionato: del resto,
le amministrazioni hanno aumentato il prelievo, a prescindere dal colore politico. Nessuno controlla gli
sprechi. Il fisco locale è stato utilizzato solo per fare cassa e finanziare l'aumento spropositato della spesa
pubblica, sia centrale sia periferica. Nel complesso - fra amministrazione centrale ed enti locali - la spesa corrente
(che non comprende quindi gli investimenti) è passata dai 412 miliardi del 1992 ai 753 miliardi del 2012. E per
fortuna si è ridotta del 12% la spesa per interessi sul debito pubblico, altrimenti la catastrofe avrebbe assunto
proporzioni ancora maggiori. L'aumento delle tasse, commenta il presidente della Confcommercio, Carlo Sangalli,
è incompatibile con la ripresa economica. La pressione fiscale rimane, aggiunge, il grande problema irrisolto del
nostro Paese. In Italia c'è il gasolio più caro di tutta Europa a causa dell'aumento delle tasse (le accise). Secondo
il monitoraggio di Quotidiano energia l'aumento delle quotazioni non dà tregua: siamo, nella media, a 1,836 euro
per un litro di benzina e 1,739 euro per il diesel. Per il gasolio è record europeo, per la benzina ci precede
l'Olanda. Il ministro dello Sviluppo economico Flavio Zanonato ha richiamato i petrolieri, e parla di un non meglio
precisato «piano» per evitare altri aumenti. Ma i gestori degli impianti criticano il ministro, giudicando «inerte» il
suo comportamento, e confermano lo sciopero dei benzinai nelle autostrade, tangenziali e raccordi compresi,
dalle 22 di oggi alle 6 di venerdì. Dal 2011 a oggi le accise sui carburanti sono state aumentate per ben sette
volte.
Il Giornale - Ed. nazionale
Il caso Il Pdl in pressing sull'esecutivo
Imu e Iva, settimana decisiva per il governo
Giovedì la cabina di regia della maggioranza per le coperture: resta la tassa sulle e-cig
Antonio Signorini
Roma È una «settimana decisiva» per portare a casa «i primi risultati definitivi sul lavoro, Iva, Imu e sul decreto
Fare». Il capogruppo del Pdl Renato Brunetta affila le armi in vista della seconda riunione della cabina di regia
che si terrà giovedì. In origine si sarebbe dovuta occupare solo di Imu, ma visto che la riunione saltata della
settimana scorsa non è stata riconvocata, in una sola mattinata i leader di maggioranza
e i ministri dovranno sciogliere insieme quasi tutti i nodi. Innanzitutto la copertura per il rinvio dell'aumento
dell'Iva. È la misura più urgente. Nel decreto del governo c'è l'aumento degli acconti fiscali, ma dopo il pressing
del centrodestra - come ha anticipato il Giornale la settimana scorsa - via XX Settembre proporrà coperture
alternative rispetto all'aumento degli acconti Irpef, Ires e Irap. Innanzitutto tagli alle spese. Ma resta la revisione
di alcune entrate che già facevano parte delle coperture, ma non hanno suscitato proteste come il ricorso agli
anticipi di memoria andreottiana. Sicuramente i vari tagli alle dotazioni di fondi che erano già previsti dal decreto.
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Ma, con tutta probabilità, non scomparirà nemmeno la tassa sulle e-cig, le sigarette elettroniche che il decreto
porta al 58,5 per cento. Aveva suscitato proteste nel settore dei commercianti, ma
non tensioni politiche. Più complessa la partita dell'Imu. Il governo in questo caso presenterà un bozza del
progetto complessivo di riforma e le relative coperture. Il premier Enrico Letta ha intenzione di arrivare a un
progetto organico prima di Ferragosto. Difficilmente si tratterà di un'unica service tax, come era stato ipotizzato
nei giorni scorsi, perché è difficile mettere insieme una imposta patrimoniale come l'Imu e una tassa che finanzia
servizi. Comunque l'onere della proposta è tutto del governo e in questo senso c'è un'inversione di metodo
rispetto alle settimane scorse, quando il ministro dell'Economia Fabrizio Saccomanni
aveva chiesto alle parti politiche di proporre coperture alternative alle sue che erano state bocciate. Sarà via
XX Settembre a presentare la sua proposta con la premessa spiegano fonti del governo - «che non ci sono
posizioni rigide». Unica condizione che Saccomanni considera dirimente è che siano coperture certe. Sfida che
resta difficile, anche alla luce dei dati sulle entrate diffusi ieri, dai quali emerge che nei primi cinque mesi
dell'anno sono scese dello 0,4%. Ancora una volta è cresciuta l'Irpef, male le imposte legate alle attività
economiche come l'Iva e l'Ires. Altro capitolo all'esame al vertice di giovedì le modifiche al pacchetto lavoro
varate dal ministro Giovannini. L'idea del Pd di introdurre una sperimentazione di contratti più flessibili in vista
dell'Expo è stata accettata dal ministro che ha convocato i sindacati.
Mercoledì 17 luglio 2013
Il Sole-24 Ore
NORME E TRIBUTI
Autonomie. Delega fiscale in Aula prima dell'estate
La riforma della riscossione non premierà i «monopoli»
AD ARMI PARI
Dopo l'addio di Equitalia i privati chiedono concorrenza vera nei rapporti concessionari-enti locali
ROMA
Scrivere i decreti attuativi in un anno e non in due, e approvare il primo provvedimento in 4 mesi. Con gli
emendamenti proposti ieri dal presidente della commissione Finanze della Camera Daniele Capezzone (Pdl) e
approvati in comitato ristretto (si veda anche pagina 4), la delega fiscale prova ad accelerare: l'obiettivo è di
arrivare in Aula prima della pausa estiva (anche se il calendario è fitto di decreti da convertire), e comunque di
accorciare drasticamente la fase attuativa.
E in lizza per il primo decreto attuativo c'è in particolare la riforma della riscossione locale, che attende l'uscita di
Equitalia in programma per fine anno dopo l'ultima proroga. Una riforma, ha sottolineato ieri il viceministro
dell'Economia Luigi Casero intervenendo a un convegno di Anacap (l'associazione dei concessionari privati della
riscossione locale), che «va fatta subito e deve chiarire una volta per tutte il quadro delle competenze. Anche in
questo settore vale il principio della sussidiarietà, che apre ai privati tutte le attività possibili». Le ultime parole di
Casero servono a rassicurare le aziende private di riscossione, che temono un rientro della concessionaria
pubblica anche dopo l'addio di Equitalia, magari attraverso il Consorzio ipotizzato dall'ultima proroga. «Non si può
pensare a organismi pubblici in condizione di monopolio o di oligopolio - ha sostenuto sul punto anche Daniele
Capezzone - perché la concorrenza può far risparmiare la Pa a patto che le regole siano uguali per tutti e gli abusi
siano repressi». E proprio a chiarire le regole di sistema punta la delega fiscale, che deve riscrivere le modalità di
gestione dei rapporti fra enti e concessionari (conti dedicati, riversamenti, aggi e così via) e mette in agenda
anche il nuovo codice deontologico per gli iscritti all'albo della riscossione. «L'ingiunzione introdotta nel 1910 è
ultracentenaria - ha aggiunto il presidente di Anacap, Piero di Benedetto - e non può più essere la base normativa
di un'attività tanto essenziale per l'ente locale. Non siamo contro nessuno - ha chiarito - ma chiediamo solo regole
efficienti e imparziali».
Proprio la complessità dei problemi in campo, aggravati nei due anni di "congelamento" vissuti dal 2011 a oggi,
obbliga la delega fiscale a mettere in campo in pratica un nuovo testo unico della fiscalità locale, anche per dare
strumenti più efficaci per evitare il ripetersi di casi di mancati riversamenti delle imposte come accaduto con
Tributi-Italia. Proprio per questo la riscossione locale potrebbe imboccare la corsia preferenziale verso il primo
decreto attuativo, anche se l'obiettivo di tagliare il traguardo dell'attuazione entro fine anno continua ad apparire
arduo.
ItaliaOggi
IMPOSTE E TASSE
Immobili, c'è il team
Un comitato ristretto per stabilire le priorità in materia di riforma della tassazione immobiliare. Questo è quanto
stabilito dal presidente della commissione finanze del senato, Mauro Maria Marino, ieri, a termine dell'indagine
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conoscitiva sulla tassazione immobiliare. «La mia speranza», ha sottolineato Marino, «è che i componenti del
Comitato riescano a lavorare insieme per stabilire quali sono le priorità relative al settore immobiliare, in modo
che, nelle opportune sedi parlamentari prima e durante la riforma del catasto poi, le conclusioni siano spendibili di
fronte al governo per far valere la nostra posizione».
A far parte del ristretto numero di addetti ai lavori, senatori appartenenti a più schieramenti politici. In
rappresentanza del Pd, il presidente Marino ha nominato Federico Fornaro a cui saranno affiancati, Franco
Carraro (Pdl), Andrea Olivero (Scelta civica) e Raffaella Bellot (Lega nord). Nessun rappresentante invece per il
M5S, che ha liberamente preferito non partecipare all'iniziativa.
ItaliaOggi
IMPOSTE E TASSE
Imu-Cig alle battute finali Oggi l'ok dal senato
Imu-Cig in dirittura d'arrivo. A seguito della relazione di ieri del presidente della commissione finanze del senato,
Mauro Maria Marino e delle successive repliche, è atteso per oggi il via libera al decreto da parte dell'aula. Il testo
dovrà poi nuovamente passare al vaglio della camera prima di essere definitivamente licenziato entro il 20 luglio,
data ultima stabilita per la conversione in legge.
Durante il suo iter a palazzo Madama il testo non ha subito sostanziali modifiche, «perché l'obiettivo che ci
eravamo prefissati», ha spiegato a ItaliaOggi il presidente Marino, «era quello di salvaguardare le caratteristiche
intrinseche del decreto, ovvero quelle di essere prima di tutto, una maxinorma ponte esentata, quindi,
dall'affrontare temi di carattere sostanziale e, in secondo luogo, la caratteristica di essere un decreto strutturato
per diventare uno strumento attraverso cui gli addetti ai lavori e il governo potranno affrontare al meglio la fase
di transizione da settembre fino alla fine della riforma del catasto».
Proprio la necessità di riformare il sistema di calcolo delle rendite catastali ha fatto sì che non trovassero spazio
all'interno del decreto disposizioni di carattere sostanziale.
«La riforma dei criteri di calcolo per le rendite catastali», ha sottolineato Marino, «sarà il primo scoglio che
dovremo superare insieme ai colleghi della camera che, proprio in questi giorni, stanno lavorando sull'art. 2
(revisione del catasto) della delega fiscale».
Giovedi 18 luglio 2013
Il Sole-24 Ore
PRIMO PIANO
Tagli per l'Iva e operazione a tappe per l'Imu
IL DOSSIER SACCOMANNI
Focus dettagliato su tutte le ipotesi di intervento per la tassa sugli immobili. Sull'Iva nuova
copertura con strette semi-lineari sui ministeri
Dino Pesole
Marco Rogari
ROMA
Un vero e proprio dossier sull'Imu con un dettagliato ventaglio di proposte di riforma e di ipotesi per reperire le
risorse necessarie. È quello che presenterà questa mattina al tavolo della cabina di regia il ministro dell'Economia,
Fabrizio Saccomanni, insieme a una nuova opzione di copertura per l'Iva da oltre 1 miliardo (più di 2 su base
annua) per lo stop all'aumento, imperniata su tagli semi-lineari da concordare con i singoli ministeri. E proprio
sull'Iva lo stato di avanzamento dell'istruttoria sembra aprire la strada a una soluzione già nell'immediato.
Sull'Imu invece la riunione a Palazzo Chigi rischia di rivelarsi interlocutoria. Anche se il "dossier Saccomanni"
dovrebbe contribuire a fertilizzare il terreno per giungere, magari nelle prossime settimane, a una sorta di
compromesso tenendo conto delle richieste della maggioranza ma anche dei vincoli di finanza pubblica. Un
compromesso che potrebbe essere individuato su un'operazione articolata in tre punti: completa cancellazione del
pagamento della rata di giugno (fin qui soltanto congelato) trovando una copertura compensativa, ricorso a una
sorta di fase transitoria fino a dicembre quando verrebbe comunque versata la seconda rata (eventualmente con
qualche deroga o rimodulazione parziale) per giungere alla riforma vera e propria che scatterebbe il 1° gennaio
2014. Una riforma che sarebbe definita con la prossima legge di stabilità.
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Saccomanni, comunque, questa mattina punterà soprattutto a illustrare gli effetti prodotti dalle varie ipotesi di
riforma e sul "peso" delle coperture da garantire caso per caso. Un peso che sarà particolarmente elevato
nell'eventualità di azzeramento dell'imposta, così come chiesto dal Pdl. Tra le opzioni su cui si soffermerà il
ministro tre sembrano essere, al momento, quelle maggiormente praticabili: l'incremento della detrazione per
l'abitazione principale dagli attuali 200 euro a 600 euro, che garantirebbe l'esenzione per l'85% dei contribuenti; il
ricorso a una "service tax" in cui far confluire anche la Tares; la parametrazione dell'imposta tenendo conto del
numero dei componenti del nucleo familiare e dei metri quadrati effettivi dell'abitazione. La strada per un'intesa
in tempi rapidi non appare però in discesa, anche se il ministro dell'Economia resta intenzionato a trovare una
soluzione condivisa prima della pausa estiva.
Soluzione che sembra più a portata di mano sul versante dell'Iva. La nuova copertura per oltre 1 miliardo con
tagli semi-lineari da concordare con i ministeri (sotto tiro sembrano esserci in particolare quelli delle Infrastrutture
e Trasporti e dell'Ambiente) potrebbe consentire di prolungare lo stop dell'aumento dell'Iva a fine anno, sempre a
patto che il Pdl dia l'ok a lasciare vincolato alla lievitazione degli acconti Irpef, Ires e Irap il "congelamento" già
deciso fino al 1° ottobre.
Un via libera non affatto scontato quello del partito di Berlusconi che non gradisce l'operazione acconti. Resta
quindi sul tavolo l'ipotesi di sostituire semplicemente la vecchia copertura con la nuova, rinviando la partita per
prolungare la sterilizzazione dell'aumento Iva a settembre, in concomitanza con la stesura della prossima legge di
stabilità.
Restano i paletti dell'Economia. Il primo è che la «coperta è corta» e dunque la decisione sulle "priorità" è tutta
politica: in sostanza dovrà essere la maggioranza che sostiene il Governo a garantirne il percorso. Il secondo
paletto è che ogni ipotesi di copertura alternativa a quelle che Saccomanni si appresta a proporre (o a quelle già
delineate per il rinvio dell'aumento dell'Iva al 1° ottobre) dovrà garantire l'invarianza complessiva dei saldi. Per
l'anno in corso la previsione di un deficit al 2,9% è già resa complessa dall'ulteriore frenata del Pil, che potrebbe
richiedere in autunno una mini-correzione. Eventualità che potrebbe essere scongiurata qualora la spesa in conto
interessi, indicata al momento al 5,3% del Pil, indichi un profilo più incoraggiante.
Le carte più rilevanti andranno giocate con la prossima legge di stabilità. In quella sede il Governo indicherà
l'effetto sui saldi di finanza pubblica del «margine di flessibilità» offerto da Bruxelles sul fronte degli investimenti
pubblici produttivi: una partita che vale 7-8 miliardi di cofinanziamenti nazionali diretti a progetti comunitari. Da
qui la prudenza di Saccomanni, poiché anche un minimo scostamento dal target 2013 per quel che riguarda il
deficit, chiuderebbe la strada anche a questa, sia pur contenuta, spinta al sostegno della domanda interna.
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Il Sole-24 Ore
PRIMO PIANO
Italia bloccata
GOVERNO E PARLAMENTO
Si allarga il raggio di azione del Durc
Ridotte le semplificazioni per bonifiche - Rimborsi fiscali da 730 anche a disoccupati
EMENDAMENTI AL DL FARE
Niente «ganasce fiscali» se i beni mobili sono strumentali all'attività dell'impresa Limitate le
deroghe in tema di sicurezza sul lavoro
ROMA
Slitta a lunedì mattina, con votazioni nel pomeriggio e possibile fiducia, la discussione generale in Aula a
Montecitorio sul decreto "del fare". Il rinvio è stato deciso su richiesta dei presidenti delle commissioni Affari
costituzionali e Bilancio, che stanno esaminando il provvedimento, con maratone notturne, e proveranno lo sprint
per chiudere entro stasera.
Tra le novità attese in queste ultime ore ci sono lo snellimento delle procedure per la vendita del patrimonio degli
enti locali e ulteriori facilitazioni sul Fondo centrale di garanzia (si veda Il Sole-24 Ore del 14 luglio) mentre
restano ultime incertezze sul voucher per progetti di digitalizzazione delle Pmi e sul tax credit per agevolare gli
investimenti in campagne pubblicitarie.
Via libera, intanto, all'ampliamento del raggio d'azione del Durc (documento unico di regolarità contributiva).
Varrà anche per contratti pubblici diversi da quelli per i quali è stato espressamente acquisito. L'incremento della
validità temporale viene ridotto rispetto al testo arrivato in commissione (si passa da 90 a 120 anziché 180 giorni)
ma vale anche ai fini della fruizione di benefici in materia di lavoro e per finanziamenti e sovvenzioni comunitarie,
statali e regionali. Il Durc dovrà essere acquisito d'ufficio dalle Pa anche nel caso di ammissione delle imprese ad
agevolazioni oggetto di cofinanziamento comunitario finalizzate a realizzare investimenti produttivi. L'estensione
da 90 a giorni, altra novità, si applica anche ai lavori edili per soggetti privati (ma in questo caso solo fino al 31
dicembre 2014).
Nel capitolo fiscale, approvato un emendamento che concede la possibilità a chi ha perso il lavoro (e quindi non
ha più un sostituto d'imposta) di rivolgersi a un Caf e ottenere comunque eventuali rimborsi fiscali entro
settembre. L'emendamento risolve un problema che, secondo Marco Causi (Pd), primo firmatario, «riguarda
400mila lavoratori ormai in stato di disoccupazione avendo perso sia il lavoro che la cassa integrazione».
Modifiche rilevanti al capitolo ambientale, con l'indebolimento delle semplificazioni per le imprese in materia di
gestione delle acque di falda sotterranee emunte per bonifica o messa in sicurezza dei siti contaminati. Un
emendamento Pd-M5S-Sel-Scelta civica elimina i riferimenti alle operazioni da condurre solo dove
«economicamente sostenibile» e al concetto di semplice «attenuazione». Semplificazione più soft anche per la
gestione delle terre e rocce da scavo. Per restare sul fronte deregulation, ci sono novità anche per gli
spedizionieri, la cui attività non sarà più soggetta a licenza di pubblica sicurezza. Mitigate anche le semplificazioni
per la sicurezza sul lavoro. Si eleva da cinque a dieci il numero dei lavoratori necessari per individuare le aziende
e i cantieri a cui si applicano le nuove semplificazioni; vengono inoltre vengono precisate le caratteristiche e le
competenze che dovrà avere l'«incaricato per la sicurezza» che potrà sostituire il Documento di valutazione del
rischio (il Duvri).
"Garanzie" sui macchinari delle imprese: non potrà essere sequestrato da Equitalia o dall'agente della riscossione
il macchinario o il bene mobile se il debitore, entro 30 giorni, può dimostrare che «il bene mobile è strumentale
all'attività di impresa o della professione». Doppia novità per l'Expo 2015. Un emendamento dei relatori prevede
che, per garantire massima trasparenza, il Comune di Milano e gli altri enti coinvolti pubblichino sul proprio sito
ufficiale il rendiconto delle spese sostenute per l'organizzazione dell'evento. Arrivano inoltre 3 milioni per favorire
la presenza all'Expo delle Ong italiane impegnate nella cooperazione internazionale.
Confermato il rinvio alle prossime elezioni amministrative dell'incompatibilità tra le cariche di parlamentare e di
sindaco di Comune superiore ai 5.000 abitanti.
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IMU–CIG
Sul decreto c'è l'ok finale del Senato
Il decreto che sospende la rata estiva dell'Imu sulla prima casa e rifinanzia (1 miliardo) della Cig in deroga è
legge, dopo il via libera definitivo arrivato dal Senato. In caso di mancata riforma del sistema fiscale immobiliare
entro il 31 agosto i contribuenti saranno comunque chiamati al versamento Imu il prossimo 16 settembre. Il
decreto interviene anche sui costi della politica abolendo il doppio stipendio parlamentare-ministro. La norma
proroga poi i contratti a tempo determinato nella pubblica amministrazione dal 31 luglio alla fine del 2013.
Il Sole-24 Ore
PRIMO PIANO
Regioni. Il consuntivo 2012 ai raggi X
In Piemonte spunta un buco da 3 miliardi nell'ultimo bilancio
DALLA SINISTRA ALLA LEGA
Equilibri «abbelliti» cancellando spese obbligate e iscrivendo entrate dubbie anche per coprire gli
effetti della vecchia gestione
Gianni Trovati
MILANO
Nel consuntivo 2012 della Regione Piemonte si è aperta una falla da 2,84 miliardi di euro, una cifra che al bilancio
statale basterebbe per rinviare l'aumento Iva alla tarda primavera 2014 senza far lievitare gli acconti o inventarsi
altri ritocchi fiscali; per i contribuenti piemontesi, invece, si prospettano nuovi aumenti, perché è già stato deciso
che l'Irpef regionale crescerà nel 2014 dello 0,4% per i redditi più bassi e dell'1,1% per quelli più alti, e anche
questa misura potrebbe non bastare alla luce dei nuovi numeri.
A scoprire il maxi-disavanzo è stata la sezione regionale piemontese della Corte dei conti, che ieri ha negato la
parifica di rito al quadro riassuntivo della gestione 2012 se Palazzo Lascaris non troverà il modo di finanziare lo
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sbilancio. Un'altra pessima notizia per la Giunta guidata dal leghista Roberto Cota, che martedì ha incassato la
condanna a Londra sui derivati (si veda Il Sole 24 Ore di ieri), ma la ricostruzione dei magistrati contabili mostra
che a far zoppicare i bilanci piemontesi contribuiscono anche i "virus" sviluppati dal 2007, negli anni del
centrosinistra guidato da Mercedes Bresso.
La storia, prima di tutto. Il 2012, nella ricostruzione della Corte, è iniziato malissimo, su basi pericolose. A parte il
fatto che la Regione non approva il documento di programmazione annuale dal lontano 2010, nel preventivo
dell'anno scorso è stato applicato un «avanzo», cioè un risparmio dall'anno precedente, di 400 milioni di euro, ma
il consuntivo ha poi rivelato che il 2011 si era chiuso con un rosso da 484,6 milioni. Fin dall'inizio, di conseguenza,
mancavano poco meno di 900 milioni per raggiungere il pareggio scritto nei documenti ufficiali, che si reggevano
anche su 265 milioni previsti da valorizzazione del patrimonio ma difficilissimi da incassare e da 242 milioni di
euro di nuovi prestiti illegittimi perché il Piemonte ha già superato i livelli massimi di debito (l'indebitamento
complessivo è di 6,22 miliardi).
Dopo questo avvio, il quadro non poteva che peggiorare, portando a chiudere il 2012 con un disavanzo ufficiale
da 1,15 miliardi. I magistrati torinesi, però, hanno ricostruito la situazione effettiva, riportando alla luce una serie
di mine che però non trovavano riscontri nei conti ufficiali: 370 milioni di euro di spese obbligatorie, ma non
impegnate, per il trasporto pubblico locale, 866 milioni di disavanzo sanitario nato nel 2007-2009 ma mai coperto,
397 milioni di un'anticipazione di tesoreria da restituire a Unicredit, e 57 milioni da versare sempre a Unicredit per
una sentenza che ha visto soccombere la Regione in un contenzioso relativo all'ospedale Mauriziano. A conti fatti,
il disavanzo 2012 è volato appunto a 2,84 miliardi, una cifra 2,5 volte più grande di quella scritta nel bilancio
ufficiale.
La bordata della Corte dei conti arriva proprio mentre a Palazzo Lascaris, la sede della Regione a poche centinaia
di metri dagli uffici dei magistrati contabili, è iniziato l'esame dell'assestamento 2013-2015. Il provvedimento
punta a recuperare l'equilibrio soprattutto grazie alle anticipazioni di liquidità previste dal decreto «sblocca-debiti»
per Regioni e sanità, oltre che su qualche taglio di spesa, mentre già nel 2013 bollo auto e altre entrate
extratributarie dovrebbero portare 357 milioni in più.
I numeri calcolati dalla Corte dei conti, però, mostrano che la salita è decisamente più ripida del previsto, anche
perché anticipazioni e altre iniezioni di liquidità possono combattere i sintomi ma non le cause strutturali del
problema.
Il Sole-24 Ore
NORME E TRIBUTI
Adempimenti.
In arrivo una circolare delle Entrate per precisare il «modico valore» sotto al quale non si procede
contro il contribuente
Il Fisco «perdona» i piccoli errori
Una soglia per ridurre o azzerare le sanzioni per versamenti diretti, ravvedimenti e adesioni
MENO PROCEDIMENTI
L'obiettivo è anche quello di salvare l'operatività degli strumenti deflativi penalizzati per ritardi lievi
o importi minimi
Salvina Morina - Tonino Morina
Fisco al lavoro per ridurre o azzerare le sanzioni a carico dei contribuenti che commettono piccoli errori in buona
fede, senza l'intento di evadere. Sul tavolo varie ipotesi: basti pensare che una norma già esistente
nell'ordinamento prevede l'abbandono dei crediti erariali perr importi fino a 30 euro mentre altre si attestano su
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valori più bassi (si veda anche l'articolo sotto). L'obiettivo è evitare contenziosi inutili e costosi oltre a procedure
di recupero che si rivelano anti-economiche anche per l'amministrazione finanziaria.
La circolare che deve segnare la svolta è alla limatura finale prima del via libera dei vertici dell'agenzia delle
Entrate. L'obiettivo è segnare un ulteriore passo nella strada dell'attuazione del pacchetto di semplificazioni
annunciato dal direttore dell'agenzia delle Entrate, Attilio Befera. Era stato lo stesso Befera, del resto, in
occasione della presentazione del pacchetto, ad annunciare che sarebbe stata presto chiarita la definizione di
«errore per modico valore». Questo anche per "salvare" le eventuali adesioni agli strumenti deflativi del
contenzioso, come il ravvedimento, il reclamo-mediazione o l'adesione agli accertamenti (si veda Il Sole 24 Ore
del 4 luglio). In questo modo si dovrebbero scongiurare richieste inutili ai contribuenti e così "superare" recenti
interventi della Corte di cassazione che ha censurato ravvedimenti sbagliati per errori minimi.
Resta da definire la soglia di rilevanza dell'errore. Anche se un punto di riferimento potrebbe venire dalle regole
già esistenti nell'ordinamento. Va ricordato, infatti, che per le richieste del Fisco, con differenze di pochi euro, una
norma di legge già prevede l'abbandono della riscossione di importi minimi. Il Dpr 16 aprile 1999, n. 129, infatti,
dispone, proprio per ragioni di economicità dell'azione amministrativa, l'abbandono dei crediti erariali, regionali e
locali di importo non superiore a 16,53 euro. Il vecchio limite di 16,53 è stato, poi, elevato a 30 euro dal decreto
legge 16/2012. Dal 1° luglio 2012, infatti, si abbandonano i crediti erariali, regionali e locali di importo non
superiore a 30 euro, al posto del precedente limite di 16,53 euro. Ne consegue che non si procede ad
accertamento, iscrizione a ruolo e riscossione dei crediti relativi ai tributi erariali, regionali e locali, nel caso in cui
l'ammontare dovuto, comprensivo di sanzioni e interessi, per ciascun credito, con riferimento a ogni periodo
d'imposta, non superi l'importo di 30 euro. D'altra parte è possibile trovare punti di appoggio anche in precedenti
circolari della stessa agenzia delle Entrate. Un riferimento può essere fatto, per esempio, alla circolare 9/E del 19
marzo 2012, che ha per oggetto la mediazione tributaria. Con questa circolare, le Entrate avvertono che, se le
somme versate a seguito dell'accordo sono lievemente inferiori a quelle dovute per una svista del contribuente
che - anche oltre il termine di legge - ha poi sanato l'errore, l'ufficio valuta l'opportunità di ritenere valido il
pagamento, tenendo conto dell'intento deflativo dell'istituto e dei princìpi di economicità, nonché di conservazione
dell'atto amministrativo. Le stesse valutazioni possono essere effettuate nel caso di lieve ritardo nel versamento o
di altre minime irregolarità. In proposito, valgono anche le indicazioni fornite dalle Entrate, con la circolare
48/E/2011, nel punto in cui si legge che «gli uffici non mancheranno, tuttavia, di fare corretta applicazione del
principio dell'errore scusabile» enunciato all'articolo 16, comma 9 della legge 289/2002, secondo cui «in caso di
pagamento in misura inferiore a quella dovuta, qualora sia riconosciuta la scusabilità dell'errore, è consentita la
regolarizzazione del pagamento medesimo entro 30 giorni dalla data di ricevimento della relativa comunicazione
dell'ufficio».
Il Sole-24 Ore
NORME E TRIBUTI
Il quadro. Regole ancora in ordine sparso
Limite generale a 30 euro ma non per le dichiarazioni
I cittadini possono essere "liberi" dalle tasse se il debito, per ciascun tributo, non supera i 30 euro. Questo limite
può valere in sede di saldo delle dichiarazioni annuali dei redditi, dell'Iva e dell'Irap, relative all'anno 2012. Ad
esempio, un contribuente che, in sede di Unico 2013, deve pagare come saldo Irpef 23 euro, più 25 euro di Irap,
più 18 euro di addizionale regionale all'Irpef, potrà beneficiare dalla norma, non pagando alcun importo, in
quanto l'ammontare dovuto, comprensivo di sanzioni e interessi, per ciascun credito, con riferimento al periodo
d'imposta, non supera l'importo di 30 euro. In questo caso, anche per ragioni di economicità dell'azione
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amministrativa, è facile che sarà abbandonato il recupero dei crediti in quanto i singoli importi non superano i 30
euro.
La norma in forza della quale non si fa luogo ad accertamento, iscrizione a ruolo e riscossione dei crediti relativi ai
tributi erariali, regionali e locali se di importo non superiore a 30 euro, non ha però modificato i "minimi" di
versamento previsti per il saldo delle imposte che, in verità, anche per evitare confusione, andrebbero adeguati.
Salvo future modifiche, sono perciò ancora validi i minimi previsti, che sono i seguenti. Considerato che nelle
dichiarazioni annuali, modello 730, Iva, Irap e Unico compreso, gli importi sono indicati con arrotondamento
all'unità di euro, i versamenti si eseguono a partire da 11 euro per Iva e Irap (fino a 10 euro non si versa e
nemmeno si rimborsa o si compensa) o a partire da 13 euro per Ires, Irpef e relative addizionali (fino a 12 euro
non si versa e nemmeno si rimborsa o si compensa). Per le imposte sostitutive del 5% (regime dei superminimi
dal 2012), del 10% (regime sostitutivo, ex articolo 13, legge 388/2000) si applicano i minimi previsti per l'Iva e
l'Irap. Di conseguenza, anche per le imposte sostitutive si applica lo stesso minimo di 11 euro, mentre fino a 10
euro non si versa e nemmeno si rimborsa o si compensa.
I "minimi" sono previsti sia per il pagamento, sia per il rimborso o la compensazione. Questo significa che
l'importo che è inferiore al "minimo", come esonera dal pagamento, esclude che possa essere rimborsato o
compensato. In tema di errori di importo minimo, per esempio, è frequente il caso del contribuente che esegue il
saldo Iva dopo la scadenza del 16 marzo e sbaglia il calcolo dello 0,40 per cento. Ad esempio, il saldo dell'Iva
2012, da parte dei contribuenti tenuti alla dichiarazione unificata, che presentano il modello Iva 2013 con l'Unico
2013, entro il 30 settembre 2013, se persona fisica o soggetto diverso dalla persona fisica interessato dagli studi
di settore, può ancora essere fatto fino al 20 agosto 2013. Chi ha eseguito il saldo Iva, in scadenza ordinaria al
18 marzo 2013 (il 16, di scadenza, era sabato ed il 17 era domenica), nel periodo dal 19 marzo all'8 luglio 2013,
doveva maggiorare la somma dovuta dello 0,4% per mese o frazione di mese, senza però considerare alcuna
maggiorazione per il periodo di proroga concesso dal 17 giugno 2013 all'8 luglio 2013 (maggiorazione totale
1,2%). Se, invece, effettua il versamento dal 9 luglio al 20 agosto 2013, l'ulteriore maggiorazione dello 0,4%
deve essere applicata sulla somma calcolata al 17 giugno 2013. Resta fermo che, in caso di compensazione di
debiti con crediti dell'Unico 2013, se i crediti superano i debiti, la maggiorazione dello 0,4% non è dovuta,
nemmeno per lo spostamento dal 19 marzo 2013 al 20 agosto 2013. Se i debiti dell'Unico 2013 sono superiori ai
crediti, lo 0,4% si applica sulla differenza. E in questa selva di obblighi e scadenze è possibile incorrere in qualche
errore minimo: proprio quelli che si vorrebbe trovare il modo di perdonare.
Il Sole-24 Ore
NORME E TRIBUTI
GIUSTA DIREZIONE
Una scelta di normalità nei rapporti con i cittadini
Raffaele Rizzardi
Avevano destato sconcerto le ordinanze della Corte di cassazione che nel 2011 e nel 2012 avevano respinto la
posizione del contribuente relativa alla convalida del ravvedimento, in presenza di un versamento inferiore
all'esatto computo della sanzione ridotta e degli interessi.
La seconda ordinanza (numero 14298) è ancora più drastica: ritiene ultroneo e inconferente il richiamo allo
Statuto del contribuente e condanna il contribuente alle spese.
Ovvio che se la questione è arrivata alla Corte, significa che c'era stato un provvedimento di rigetto da parte
dell'amministrazione finanziaria che ora, con le nuove istruzioni agli uffici che sono in arrivo, imbocca una strada
del tutto normale in qualsiasi altro ordinamento tributario. Prima ancora della regola da rispettare in modo
rigidamente formale, esistono la logica, il buon senso, e la correntezza del rapporto tributario. Per fare un
esempio concreto se gli interessi e le sanzioni ante ravvedimento sono pari a 1.000, e la definizione spontanea si
può ottenere con 400, ma il contribuente ne versa 398, essendo chiara la volontà di ricorrere all'istituto premiale,
dovrebbe essere più che sufficiente mandare una lettera al cittadino per chiedergli due euro di differenza e non
602 (1.000 meno 398). Meglio ancora: cerchiamo di cancellare il termine stesso di ravvedimento, che ricorda la
Santa Inquisizione, per usare quello di adempimento tardivo.
Se il contribuente si autodenuncia visto che l'amministrazione deve (ri)fare i conteggi, non potrebbe mandarli
subito all'interessato, che così non rischia di fare un atto contro la sua volontà, cioè un pagamento parziale?
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Il Sole-24 Ore
NORME E TRIBUTI
Servizi. Boom per l'estratto conto in rete
Equitalia, si paga con carta di credito
ROMA
Boom dell'estratto conto online per Equitalia: ogni mese lo usano 650 mila cittadini. E intanto arriva la possibilità
di pagare anche con carte prepagate e carte di credito. Lo precisa Equitalia in una nota in cui si sottolinea come
lo sviluppo di canali di assistenza più evoluti, sicuri ed efficienti, consente all'azienda di puntare a una continua
semplificazione del rapporto con i cittadini e le imprese. In particolare, è stata estesa a tutto il territorio nazionale
di competenza di Equitalia, con esclusione quindi della Sicilia, la possibilità di pagare online cartelle e avvisi
utilizzando carte prepagate e carta di credito.
Con pochi clic è facile effettuare il pagamento: basta collegarsi al sito Internet di Equitalia
www.gruppoequitalia.it, entrare nella sezione "Paga online", senza bisogno di registrazione, inserire il numero del
bollettino (codice Rav di 17 cifre), il relativo importo e il codice fiscale dell'intestatario. Inoltre, in caso di
pagamento oltre la data di scadenza indicata sul bollettino, il sistema è in grado di ricalcolare e aggiornare
l'importo. Tale funzionalità, al momento, è disponibile solo per le cartelle non interessate da una procedura (ad
esempio fermo amministrativo, ipoteca, eccetera). Il servizio è sempre attivo e al termine dell'operazione il
contribuente riceverà il riepilogo e la ricevuta di pagamento.
L'estratto conto online è una sorta di sportello virtuale che consente sempre di monitorare la propria situazione
debitoria complessiva e di verificare la presenza di cartelle da pagare, il dettaglio dei singoli tributi, la ripartizione
degli interessi e le altre spese. Per mezzo dell'estratto conto, inoltre, è possibile controllare il piano di rateazione
in corso e aggiornarsi sugli eventuali provvedimenti emessi (per esempio sgravi, sospensioni e fermi
amministrativi).
ItaliaOggi
DIRITTO E FISCO
Equitalia amplia il servizio di pagamenti su web
Sono 650 mila i cittadini che ogni mese accedono all'estratto conto online di Equitalia per verificare in un clic i
dettagli del proprio debito. E ora il servizio online è anche più ampio ed è possibile mettersi in regola con i
pagamenti senza dover andare allo sportello: è stata estesa, infatti, a tutto il territorio nazionale di competenza di
Equitalia (con esclusione quindi della Sicilia), la possibilità di pagare online cartelle e avvisi utilizzando carte
prepagate e carta di credito.
- La procedura di pago online. Collegandosi al sito internet di Equitalia (www.gruppoequitalia.it) ed entrando nella
sezione «Paga online», senza registrazione, è sufficiente inserire il numero del bollettino (codice Rav di 17 cifre),
il relativo importo e il codice fiscale dell'intestatario. In caso di pagamento oltre la data di scadenza indicata sul
bollettino, il sistema ricalcola e aggiorna l'importo (al momento solo per le cartelle non interessate da una
procedura come per esempio fermo amministrativo, ipoteca). Al termine dell'operazione il contribuente riceverà il
riepilogo e la ricevuta di pagamento.
- L'estratto conto in un clic. Ai servizi di pagamento su web si affianca anche l'estratto conto online. Una sorta di
sportello virtuale che consente di monitorare la propria situazione debitoria complessiva e di verificare la presenza
di cartelle da pagare, il dettaglio dei singoli tributi, la ripartizione degli interessi e le altre spese. Per mezzo
dell'estratto conto, inoltre, è possibile controllare il piano di rateazione in corso e aggiornarsi sugli eventuali
provvedimenti emessi. Per accedere al servizio è possibile utilizzare le credenziali (nome utente e password)
fornite dall'Agenzia delle entrate o dall'Inps oppure avvalersi della Carta nazionale dei servizi. Per effettuare il
pagamento, a seguito del check up delle cartelle, è sufficiente selezionare le cartelle interessate e creare il codice
Rav (la serie numerica che identifica il pagamento) da utilizzare, entro la giornata, per pagare sul sito di Equitalia,
attraverso la rete bancaria o dei tabaccai, oppure tramite il proprio servizio di home banking.
ItaliaOggi
DIRITTO E FISCO
Modifiche al dl Fare. Rimborsi fiscali anche a chi perde il lavoro. P.a. lente, indennizzi comodi
Ganasce con effetto ritardato
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Chi paga entro 30 giorni blocca il fermo del veicolo
di Francesco Cerisano
Le imprese che vorranno chiedere l'indennizzo per i danni da ritardo della p.a. non saranno costrette a una corsa
contro il tempo. Avranno infatti 20 giorni, e non più solo sette, dalla scadenza del termine di conclusione del
procedimento, per attivare la procedura sostitutiva necessaria per ottenere il ristoro. I contribuenti colpiti dalla
ganasce fiscali avranno 30 giorni di tempo per evitare che scatti il fermo del veicolo. Chi ha perso il lavoro, e
quindi si trova senza sostituto d'imposta, potrà rivolgersi ai Caf e ottenere comunque entro settembre i rimborsi
fiscali se dovuti. Negli appalti pubblici di lavori, servizi e forniture il Documento unico di regolarità contributiva
(Durc) avrà validità di 120 giorni (non più 180 come originariamente previsto).
Sono alcune delle novità introdotte dagli emendamenti al «decreto del fare» (dl n. 69/2013) approvati dalle
commissioni bilancio e affari costituzionali della camera riunite per licenziare il testo che inizierà lunedì la
discussione in aula. Tra le modifiche anche una che farà molto discutere e già ribattezzata «norma salva De
Luca», perché consentirebbe all'attuale viceministro alle infrastrutture di mantenere la poltrona di sindaco di
Salerno. La norma che sancisce l'incompatibilità tra la carica di sindaco nei comuni con più di 5.000 abitanti e gli
incarichi di governo (o di parlamentare) si applicherà solo ai sindaci eletti dopo la sua entrata in vigore (13 agosto
2011). Lo ha previsto un emendamento bipartisan che però non piace a una larga detta del Pdl che già annuncia
battaglia in aula. «Non è una presa di posizione contra personam, visto che è chiaro a tutti che tra i beneficiari
rientra anche il sindaco della mia città, Vincenzo De Luca», ha dichiarato l'ex ministro Mara Carfagna. «È
piuttosto una questione di principio. Svolgere bene, con competenza, assiduità, attenzione e impegno, due
incarichi di estrema delicatezza come quelli di primo cittadino ed esponente di governo è impossibile».
Per il momento, invece, viene accantonata l'ipotesi di una proroga di un anno (al 15 agosto 2014) del termine per
la stipula dell'assicurazione obbligatoria dei professionisti. La proposta di modifica presentata da Lorena Milanato
(Pdl) non è stata inserita nel pacchetto di «emendamenti segnalati» su cui le commissioni parlamentari hanno
deciso di limitare la discussione e il voto al fine di contingentare i tempi di approvazione. L'emendamento,
secondo quanto risulta a ItaliaOggi, è stato messo da parte per estraneità di materia rispetto all'impianto del
decreto ma potrebbe essere ripresentato dal governo nel primo provvedimento utile prima dell'attuale scadenza
del 15 agosto 2013. Ma vediamo tutte le misure nel dettaglio.
Ganasce fiscali. Il restyling delle procedure sul fermo dei beni mobili registrati è il frutto di due emendamenti
gemelli presentati da Barbara Saltamartini (Pdl) e da Gianluca Benamati (Pd). La procedura di iscrizione del fermo
di beni mobili registrati sarà avviata dall'agente della riscossione con la notifica al debitore o ai coobbligati iscritti
nei pubblici registri di una comunicazione preventiva contenente l'avviso che, in mancanza del pagamento delle
somme dovute entro il termine di trenta giorni, sarà eseguito il fermo, senza necessità di ulteriore comunicazione.
La procedura potrà però essere neutralizzata dimostrando, sempre nel termine di 30 giorni, che il bene mobile è
strumentale all'attività di impresa o alla professione del debitore.
Rimborsi fiscali. La buona notizia relativa ai rimborsi fiscali per i disoccupati arriva grazie all'emendamento di
Marco Causi (Pd). «È stato risolto un problema che riguarda 400 mila lavoratori ormai in stato di disoccupazione
avendo perso sia il lavoro che la cig», ha commentato. «Coloro che si trovano in questa situazione infatti non
erano più nelle condizioni di ricevere gli eventuali crediti fiscali non avendo più un sostituto di imposta. Grazie alla
modifica approvata, proposta da tutti i deputati Pd, riceveranno a settembre i rimborsi».
Falde acquifere. Novità anche in materia ambientale. Salta la discussa norma che avrebbe modificato l'art. 243
del Testo unico ambientale del 2006, in materia di bonifiche delle falde acquifere contaminate, introducendo il
principio della opzionalità della bonifica definitiva in base al criterio della sostenibilità economica da parte
dell'impresa inquinatrice. Nel nuovo testo l'eliminazione della fonte inquinante diventa obbligatoria e scompare il
principio secondo cui la bonifica permanente diviene necessaria solo «ove possibile e economicamente
sostenibile». In un comunicato il Forum dei movimenti per l'acqua ha espresso soddisfazione per il dietrofront,
ottenuto «grazie alle pressioni sui parlamentari, all'iniziativa parlamentare di diversi gruppi che hanno compreso i
gravissimi rischi per l'ambiente e hanno svolto un intenso lavoro per disinnescare le enormi criticità introdotte dal
decreto nella versione approvata dal governo».
Borse di studio. Confermate le borse di studio per gli studenti meritevoli. Un emendamento del Pd prevede che le
borse di mobilità saranno attribuite con una graduatoria nazionale. Nel testo del provvedimento varato dal
governo invece le borse erano assegnate secondo una graduatoria «adottata da ciascuna Regione per le
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università site nel proprio territorio». Per effetto della modifica da 25.000 a 40.000 studenti «capaci e meritevoli,
ancorché privi di mezzi» in più all'anno potranno avere una borsa di studio. Il numero delle borse dipenderà dai
criteri fissati dal governo. «Se i prossimi passaggi parlamentari dovessero confermare le norme sulle borse di
mobilità e sul programma nazionale di diritto allo studio, approvate», sottolinea Marco Meloni, responsabile
istruzione, università e ricerca del Pd e primo firmatario degli emendamenti, «si aprirà una pagina nuova per gli
studenti italiani e il loro diritto a una piena attuazione dell'articolo 34 della Costituzione».
Lavoro, semplificazioni non a scapito della sicurezza. Le misure previste dal dlgs n. 81/2008 per la tutela della
salute e la sicurezza dei lavoratori nei cantieri temporanei o mobili non si applicheranno ai piccoli lavori (impianti
elettrici, reti informatiche, gas, acqua, condizionamento e riscaldamento) di durata inferiore ai dieci giorni, ma
solo a condizione che i lavoratori non siano esposti a rischi. Lo prevede un emendamento firmato dalle deputate
Pd Floriana Casellato e Simonetta Rubinato.
Farmaci. Su proposta del ministro della salute, Beatrice Lorenzin, è stato approvato un emendamento che
garantisce tempi rapidi per la fornitura a carico del Servizio sanitario nazionale dei farmaci cosiddetti «orfani»
(che non vengono prodotti e immessi sul mercato a causa della domanda insufficiente a coprire i costi di
produzione, ndr) e di quelli di eccezionale rilevanza terapeutica e sociale. L'emendamento, condiviso dal consiglio
dei ministri, prevede una corsia preferenziale che impegna l'Aifa a sveltire l'iter di autorizzazione e negoziazione
per questi farmaci in modo da garantire tempi certi, comunque non superiori a 100 giorni complessivi.
Un prestito per la Croce rossa. Per la Croce rossa italiana arrivano 150 milioni di anticipazioni di liquidità per il
2014 da parte del ministero dell'economia. Lo prevede un emendamento del Pd (a firma di Stefania Covello).
Entro il 30 settembre prossimo la Cri potrà presentare al Mef «un'istanza di accesso ad anticipazione di liquidità,
per l'anno 2014, nel limite massimo di 150 milioni di euro», previa presentazione «di un piano di pagamenti dei
debiti certi, liquidi e esigibili alla data del 31 dicembre 2012 anche a carico di singoli Comitati territoriali». La Cri
dovrà predisporre «misure idonee e congrue di copertura annuale del rimborso» della somma e degli interessi e
dovrà impegnarsi a restituire prestito e interessi in un periodo non superiore a 30 anni.
ItaliaOggi
IMPOSTE E TASSE
Dal senato ok definitivo al dl
Lo stop all'Imu adesso è legge
di Giovanni Galli
Sospensione del pagamento della rata dell'Imu di giugno, rifinanziamento della Cig in deroga, divieto del doppio
stipendio per i membri del governo, rinvio della scadenza dei contratti della pubblica amministrazione. L'aula del
senato ha approvato in via definitiva il decreto Imu-Cig (numero 54 del 2013) che diventa quindi legge. I voti a
favore sono stati 245, i contrari 3 e le astensioni 16. Si tratta di un decreto ponte fatto per tamponare le prime
emergenze con cui si è confrontato il governo Letta. Entrando nello specifico, l'articolo 1 del dl convertito in
legge, nelle more di una riforma della disciplina dell'imposizione fiscale sul patrimonio immobiliare, dispone la
sospensione, per l'anno 2013, del versamento della prima rata dell'Imu per alcune categorie di immobili. Al fine di
garantire la liquidità necessaria a compensare i minori introiti conseguenti alla sospensione dell'Imu si prevede, in
deroga al Testo unico sugli enti locali, un temporaneo innalzamento dei limiti massimi di ricorso alle anticipazioni
di tesoreria per i comuni fino al 30 settembre 2013. In ordine alla copertura finanziaria degli oneri complessivi si
prevedendo la riduzione del fondo per gli interventi strutturali di politica economica (12,5 milioni di euro),
risparmi di spesa derivanti dal contenimento dei costi della politica (600.000 euro), la riduzione del fondo speciale
di parte corrente nello stato di previsione del ministero dell'economia (5,1 milioni di euro). L'articolo 2 dispone
invece che la riforma della disciplina dell'imposizione fiscale sul patrimonio immobiliare di cui all'articolo 1 dovrà
essere attuata nel rispetto degli obiettivi programmatici primari indicati nel Documento di economia e finanza
2013 e in coerenza con gli impegni assunti in ambito europeo. In caso di mancata adozione della riforma entro il
31 agosto 2013, continuerà ad applicarsi la disciplina vigente in materia d'imposizione fiscale del patrimonio
immobiliare e a tal fine il termine di versamento della prima rata dell'Imu è fissato al 16 settembre.
E ancora, l'articolo 3 stabilisce il divieto di cumulo per i membri del governo del trattamento stipendiale spettante
in quanto componenti dell'esecutivo con l'indennità parlamentare. La camera ha specificato che l'intervento
riguarda anche i viceministri e ha esteso il divieto di cumulo ai membri del governo non parlamentari.
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L'articolo 4 dispone infine un incremento pari a 715 milioni di euro del finanziamento per il 2013 degli
ammortizzatori sociali in deroga prevedendo che l'Inps effettui un monitoraggio della spesa. Un decreto del
ministro del lavoro definirà i criteri di concessione degli ammortizzatori sociali in deroga. È altresì prevista la
proroga, fino al 31 luglio 2014, di alcuni contratti di lavoro a tempo determinato del personale educativo e
scolastico operante negli asili nido e nelle scuole d'infanzia.
Il Messaggero - Ed. nazionale
L'INCONTRO
Imu, tempi più lunghi per la riforma
Sulla tassazione immobiliare verso una soluzione-ponte
Per l'assetto definitivo si attenderà la legge di stabilità
Oggi il vertice di maggioranza, al primo punto l'Iva: un miliardo di tagli per spostare di altri 3 mesi
l'aumento
POSSIBILE UN COMPROMESSO SULLE SIGARETTE ELETTRONICHE: PRELIEVO
CALCOLATO IN BASE ALLA NICOTINA
Luca Cifoni
ROMA Tutte le ipotesi saranno passate in rassegna, ma è del tutto improbabile che dal vertice di maggioranza in
programma per oggi esca una soluzione definitiva sull'Imu. Con l'approvazione definitiva da parte del Senato è
stato appena convertito in legge il decreto che sospendeva la prima rata in pagamento a
giugno; ora governo e partiti dovranno tentare di delineare lo scenario futuro, che per quanto riguarda il prelievo
sugli immobili potrebbe prevedere a questo punto un assetto provvisorio per l'anno in corso e poi una riforma più
organica da applicare a partire dal 2014. L'incontro di stamattina però servirà innanzitutto a
definire la questione Iva, più urgente perché vanno presentati alla Camera i relativi emendamenti. I nodi sono
due: trovare le risorse per prorogare di altre tre mesi l'attuale livello dell'imposta ed eventualmente individuare
una copertura alternativa rispetto a quella già definita per il rinvio dell'aumento da luglio a ottobre. Se il ministero
riuscirà a mettere insieme un miliardo di risparmi è probabile che siano usati per la prima finalità; a quel punto
per il restante miliardo resterebbe in piedi la copertura consistente nell'aumento degli acconti delle imposte
dirette. Un aggiustamento potrebbe invece essere trovato sul tema della tassazione delle sigarette elettronica,
sempre contenuto nel decreto "del fare" (che assicura comunque importi molto più piccoli): il prelievo del 58 per
cento potrebbe essere sostituito con una tassazione fissa di 2 centesimi su ogni milligrammo di nicotina. Una
volta definiti questi aspetti, ed affrontato anche il tema degli eventuali aggiustamenti alle norme per il lavoro ai
giovani, si potrà passare a discutere dell'Imu. Il primo obiettivo è naturalmente definire cosa succederà nel 2013:
dato per scontato che la prima rata saltata a giugno non sarà messa in pagamento nemmeno a settembre, l'arco
delle soluzioni va sulla carta dalla cancellazione totale voluta dal Pdl a ipotesi di rimodulazione. Trovare in una
fase già avanzata dell'anno altri quattro miliardi, che dovrebbero arrivare da ulteriori risparmi di spesa, appare
però impresa quanto mai ardua e al di là delle dichiarazioni di principio difficilmente sostenibile per gli stessi
partiti. Già la metà sarebbe una cifra assai consistente, che permetterebbe di dimezzare il versamento
dell'imposta per il 2013. Resta da stabilire se ridurlo con la stessa intensità per tutti i contribuenti, oppure
procedere con una rimodulazione quale ad esempio l'incremento della detrazione base per abitazione principale,
oggi a 200 euro. L'assetto finale della tassazione immobiliare sarebbe rinviato alla legge di stabilità, in occasione
della quale sarà fatto il punto sulle risorse complessivamente disponibili per il 2014. Potranno essere prese in
considerazione molte delle ipotesi emerse nelle settimane scorse: oltre all'eventuale cancellazione totale, anche
l'ancoraggio dell'esenzione per abitazione principale all'Isee oppure il ricorso al parametro dei metri quadrati
effettivi. Ovviamente queste soluzioni sono connesse alla riforma del catasto a cui nel frattempo dovrebbe essere
dato il via con la legge delega sul fisco; una riforma che comunque avrà bisogno di alcuni anni per passare alla
fase di attuazione.
Avvenire - Ed. nazionale
Sull'Imu rispunta la soluzione ponte per il 2013
Per Saccomanni l'abolizione non è praticabile
La cabina di regia di questa mattina si annuncia interlocutoria Sul tavolo anche il nodo Iva a «cabina» si riunisce
anche se la regia è a rischio bufera: il vertice governo-maggioranza sui temi economici e in particolare sul fisco,
dall'Iva all'Imu, è confermato per questa mattina a Palazzo Chigi in un clima politico certo non agevole. A
incontrare i capigruppo ci saranno il premier Letta e il vice Alfano e i ministri Franceschini e Saccomanni. Il
ministro dell'Economia si presenterà con un ventaglio di proposte sui diversi capitoli. Tra queste non ci sarebbe
però l'ipotesi, cara al Pdl, di un azzeramento dell'Imu prima casa già dal 2013. Troppo difficile e per nulla indolore
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tagliare il bilancio di 4 miliardi nei pochi mesi restanti dell'anno. Si punta quindi su una soluzione transitoria. Di
abolizione dell'imposta si potrebbe semmai parlare - ma è solo una delle ipotesi - nell'ambito della riforma
strutturale della tassazione immobiliare che potrebbe scattare dal 2014. Proprio ieri il Senato ha dato l'ultimo ok
al decreto che ha sospeso la rata di giugno dell'Imu e rifinanziato con un miliardo di euro la cassa in deroga. In
base al Dl la rata dell'imposta slitterebbe a settembre se non si trovasse una soluzione promessa dal governo
entro agosto. Saccomanni indicherà i costi delle diverse proposte: toccherà ai partiti valutarle e proporre soluzioni
diverse nell'ambito di margini di bilancio che per il 2013 sono molto rigidi. Sul tavolo ipotesi come l'innalzamento
della franchigia a 5-600 euro per esentare dal pagamento circa l'80% dei contribuenti, l'incrocio dei valori
catastali con i redditi Isee, la rideterminazione della platea delle case di pregio, l'introduzione di una «service tax»
assorbendo la Tares.
Saccomanni punterebbe più sulla rimodulazione che sull'azzeramento, con una soluzione ponte per l'anno in
corso. Sull'Imu oggi comunque non si decide, sarà solo un primo di giro di tavolo. Si parlerà soprattutto di Iva
perché il decreto con lo slittamento di tre mesi degli aumenti è già all'esame delle Camere e se si vogliono
modificare le coperture (come chiede il Pdl) bisogna fare in fretta: l'obiettivo è trovare il miliardo di euro
necessario attraverso interventi di spending rewiev, evitando così gli anticipi fiscali di fine anno. Inoltre il decreto
risolve il problema solo fino al 1 ottobre. Saccomanni dovrebbe dare qualche indicazione su un nuovo rinvio fino a
gennaio.
MF - Ed. nazionale
OGGI LA CABINA DI REGIA, MA SOLO PER LE COPERTURE DEI DECRETI GIÀ ALLE CAMERE
Imu e Iva vanno in secondo piano
L'attenzione del premier è concentrata sulla mozione di sfiducia ad Alfano, che il Senato discuterà
domani.
Letta scende in campo per difendere il suo vice. Girano comunque voci di un cambio al Viminale
Antonio Satta
La riunione della Cabina di regia di oggi ha perso gran parte della sua importanza e non tanto perché non c'è
ancora la soluzione al problema della cancellazione dell'Imu prima casa e del rinvio dell'aumento dell'Iva al 22%
(nella riunione si dovrebbe solo discutere delle coperture dei decreti già all'esame delle Camere). A distrarre
l'attenzione di premier, ministri ed esponenti della maggioranza sono soprattutto le sorti del governo, squassato
dagli effetti delle polemiche sul caso Shalabayeva, l'arresto e l'espulsione della moglie del dissidente kazako,
Mukthar Ablyazov. La mozione di sfiducia nei confronti del ministro dell'Interno e vicepremier, Angelino Alfano,
presentata da Sel e M5S al Senato sta portando le fibrillazioni al livello di guardia. Non che ci sia il rischio che
possa passare alla Camera o al Senato (tra l'altro la Lega ha già detto che non la voterà, facendo mancare altri
voti alle opposizioni), ma la spaccatura nel Pd, dopo che i renziani hanno detto chiaramente che voteranno la
sfiducia, mentre Gianni Cuperlo, che è uno dei candidati alla segreteria, ha chiesto esplicitamente le dimissioni di
Alfano. Per correre ai ripari i vertici del Pd hanno deciso di spostare a oggi entrambe le assemblee dei gruppi
parlamentari, convocate per decidere la posizione del partito. Ci sarà quindi una notte in più per trattare, ma
Enrico Letta, che ieri era a Londra per incontrare sia il premier britannico David Cameron, sia il leader laburista Ed
Miliband, ha subito messo in chiaro che lui considera chiuso il caso con la relazione del capo della Polizia,
Alessandro Pansa, dalla quale a suo giudizio «emerge la totale estraneità di Alfano da quella vicenda». Letta per
la verità ha fatto anche di più, ha detto che lui sarà presente al Senato e parlerà nel dibattito, spostando quindi la
discussione dalla sorte di Alfano a quella del governo. E da Londra ha spedito alla politica anche un altro
messaggio, condiviso dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano: «La stabilità politica è essenziale per la
crescita. Chiederò ai partiti di continuare su questa strada». Basterà questo per far rientrare l'affondo dei
renziani? Difficile dirlo, Letta non scommette sul risultato di venerdì ma afferma di non vedere «nubi
all'orizzonte». Gira però anche la voce di un pressing su Alfano perché si dimetta da ministro (facendo decadere
la mozione di sfiducia) per mantenere comunque l'incarico di vice premier. Ma forse è una soluzione che
creerebbe più problemi di quelli che potrebbe risolvere. Non sanerebbe le tensioni interne al Pd e aprirebbe una
corsa nel Pdl per occupare la poltrona del Viminale (un candidato sarebbe Renato Schifani, ma non è l'unico ad
avere ambizioni). Ecco perché lo stesso Silvio Berlusconi è sceso in campo per dire che Alfano non si tocca. Ma
anche questa mossa ha agitato ancora di più il Pd.
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Corriere della Sera - Ed. nazionale
Retroscena Possibile uno slittamento e una soluzione per tappe
Le tasse nella «cabina di regia» Iva, rinvio di altri tre mesi
L'incontro tra governo e maggioranza
Le ipotesi
Un decreto entro Ferragosto per l'Imu , fino a dicembre niente rincaro dell'imposta sul valore
aggiunto
Mario Sensini
ROMA - Dopo le schermaglie, i proclami e gli ultimatum che hanno segnato la campagna elettorale ed i primi
mesi di vita del governo Letta, è arrivato, per la maggioranza, il momento del redde rationem sull'Imu, sull'Iva e
sulle risorse che devono essere trovate per abbattere l'una ed evitare l'aumento dell'altra imposta.
Stamattina il ministro dell'Economia, Fabrizio Saccomanni, metterà sul tavolo dei partiti tutte le carte e le multime
elaborazioni del Tesoro. E starà poi a Pd, PdL e Scelta civica scegliere tra le opzioni che il Tesoro ritiene possibili,
o proporre eventuali alternative. Naturalmente anche per quanto riguarda la copertura, cioè il modo di finanziare
l'allentamento fiscale.
Di fatto, la maggioranza sarà messa di fronte a una scelta cruciale. Per eliminare l'Imu sulla prima casa (il decreto
approvato ieri dal Parlamento prevede solo la sospensione della prima rata fino al 16 settembre) servirebbero 4
miliardi già quest'anno, mentre l'ulteriore rinvio di tre mesi dell'aumento Iva costa un altro miliardo. Il problema è
che questi soldi nel bilancio non ci sono, e a meno di non inventarsi qualche nuova tassa o di infrangere il tetto
del 3% di deficit, ipotesi che il Tesoro esclude categoricamente, bisognerà ipotizzare tagli di spesa pesanti. O
accontentarsi solo di un alleggerimento dell'Imu sulla prima casa, un'opzione che non piace affatto al
centrodestra.
Anche la partita sull'Iva appare dagli esiti molto incerti. Il governo ha rinviato l'aumento dell'aliquota dal 21 al
22% dal primo luglio al primo ottobre, e per coprire le mancate entrate ha previsto un aumento degli acconti
fiscali. Soluzioni che non piacciono molto né al Pd né al PdL, che stanno lavorando sulle possibili coperture
alternative, e con il Tesoro cominceranno a discutere oggi anche i meccanismi per finanziare un ulteriore rinvio
dell'aumento Iva almeno fino alla fine dell'anno (che costerebbe un altro miliardo di euro).
Difficile che già oggi possa emergere la soluzione del puzzle sul tavolo del governo e della maggioranza. È
possibile, invece, che fin da subito ci si orienti su una soluzione per tappe, con due scadenze. Un decreto entro
Ferragosto per l'Imu 2013 e il rinvio di altri tre mesi dell'aumento dell'Iva. La legge di Stabilità 2014, da
presentare a ottobre e approvare entro l'anno, per l'assetto definitivo della tassazione degli immobili e
dell'imposta sui consumi. Sempreché governo e maggioranza, per allora, abbiano trovato i soldi necessari ed
un accordo su come procedere.
Dal sito Equitalia
[17-07-2013] Equitalia amplia i servizi sul web
Dall’intero territorio nazionale è possibile effettuare pagamenti e ottenere informazioni sempre aggiornate sul
proprio debito, semplicemente collegandosi al portale del gruppo Equitalia www.gruppoequitalia.it.
Pagare on line è semplice e veloce, bastano pochi clic senza dover andare allo sportello.
Pagamenti web attivi in tutta Italia
Comunicato stampa
Dal sito del Senato
Legislatura 17ª - 6ª Commissione permanente - Resoconto sommario n. 22 del 16/07/2013
Programmazione del seguito dell'indagine conoscitiva sulla tassazione degli immobili
Il presidente Mauro Maria MARINO ricorda che l'indagine conoscitiva in titolo ha visto impegnata la Commissione
dal 15 maggio al 25 giugno: sono stati ascoltati numerosi soggetti che hanno formulato osservazioni e
suggerimenti su un vasto spettro di problematiche. Sono inoltre pervenuti e acquisiti ulteriori documenti inviati da
soggetti non auditi, ovvero ad integrazione della documentazione formalmente depositata.
Com'è noto il calendario delle audizioni è stato organizzato e programmato con l'obiettivo di concludere i lavori
prima della fine del mese di luglio, tenendo conto della tempistica prospettata dal Ministro dell'economia e delle
finanze per elaborare la riforma. La prossima settimana è previsto l'intervento del Ministro Saccomanni al fine di
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portare a compimento la fase istruttoria e per interloquire direttamente circa le linee della riforma della
tassazione immobiliare.
Dopo aver precisato che le indagini conoscitive si concludono di prassi con un documento nel quale la
Commissione esprime una valutazione di sintesi e formula indicazioni e suggerimenti, puntualizza che, nel caso in
esame, l'interlocutore privilegiato è certamente il Governo, impegnato, come detto, a definire una revisione della
materia della fiscalità immobiliare.
Per predisporre tale documento ritiene opportuno coinvolgere più relatori, designati dai gruppi che intendono
partecipare al lavoro redazionale, ai quali affidare il compito di riferire alla Commissione immediatamente dopo
l'audizione del Ministro circa gli argomenti da affrontare e le soluzioni condivise da suggerire al Governo.
Su indicazione dei rispettivi gruppi, intende designare relatori i senatori Carraro, Fornaro, Olivero e Bellot.
Rileva infine che la conclusione della procedura informativa costituisce l'occasione per ribadire l'obiettivo di una
interlocuzione paritaria tra il Parlamento e il Governo, in uno spirito certamente collaborativo, ma nel rispetto
delle reciproche prerogative.
Dopo un'interlocuzione del senatore CARRARO (PdL) il presidente Mauro Maria MARINO specifica che l'audizione
del ministro Saccomanni è programmata per il giorno 25 luglio, in congiunta con la Commissione Finanze della
Camera dei deputati, per l'esposizione delle linee programmatiche in materia tributaria: la revisione della
tassazione immobiliare e l'esame delle delega fiscale costituiranno gli argomenti principali dell'esposizione del
Ministro.
Il senatore CARRARO (PdL) richiama le posizioni espresse dalla propria parte politica sulla revisione della
disciplina dell'IMU, sottolineando l'esigenza di sostenere per tale via la domanda interna, ma soprattutto
auspicando che l'interlocuzione con il Governo possa diradare l'incertezza sulla futura disciplina, che è essa stessa
fonte di freno alla espansione dei consumi.
A giudizio del senatore SCIASCIA (PdL) le ipotesi prospettate dal Presidente sono ampiamente condivisibili, ma
richiama l'esigenza di una tempistica non troppo stringente sia per i lavori cui è chiamata la Commissione nelle
prossime settimane, sia per la complessità delle questioni esaminate nel corso dell'indagine conoscitiva con
particolare riferimento alla revisione del catasto e alla potestà impositiva degli enti locali.
Dopo un'interlocuzione del senatore FORNARO (PD), il PRESIDENTE puntualizza che la scelta di nominare più
relatori è comunque funzionale al raggiungimento di un'intesa quanto più ampia possibile tra i vari Gruppi,
rimarcando che un'opinione maggioritaria della Commissione costituisce il presupposto naturale di una forte e
incisiva interlocuzione con il Governo.
La senatrice BELLOT (LN-Aut) apprezza il coinvolgimento del proprio Gruppo nella elaborazione del documento
conclusivo e tuttavia rimarca l'esigenza che, dopo l'audizione del Ministro, possa esserci un ulteriore lasso di
tempo per individuare le soluzioni più adatte.
Il presidente Mauro Maria MARINO puntualizza che il mancato coinvolgimento del Movimento 5 Stelle nella
predisposizione del documento conclusivo deriva da una scelta di tale parte politica.
Il senatore VACCIANO (M5S) mette in guardia dal rischio che l'auspicata interlocuzione del Governo, come è già
avvenuto in molte occasioni, si risolva in un nulla di fatto, esprimendo il timore che la tempistica della revisione
della disciplina IMU consenta al Governo di non prendere in considerazione le posizioni che saranno espresse
dalla Commissione finanze, con una grave lesione delle prerogative parlamentari.
Il presidente Mauro Maria MARINO, nel ricordare le disposizioni contenute nel decreto-legge n. 54 in materia di
IMU, non sottacendo il valore della preoccupazione espressa dal senatore Vacciano, si dichiara convinto che gli
spazi per un'interlocuzione con il Governo in materia di tassazione immobiliare rimangono al momento pressoché
intatti.
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Il senatore Gianluca ROSSI (PD) condivide la preoccupazione sulla tempistica sul lavoro istruttorio che dovrà
essere compiuto dai relatori, giudicando essenziale compiere un'attenta analisi dell'esposizione del ministro
Saccomanni. Condivide in conclusione le proposte del Presidente.
Venerdì 19 luglio 2013
Il Sole-24 Ore
PRIMA
Nella cabina di regia deciso l'anticipo dei fondi 2014 - Su Imu e Iva decisione entro il 31 agosto
Debiti Pa, il governo prova lo sprint
Imprese: obbligo di regolarità tributaria - Fondo garanzia esteso ai professionisti
Accelerare il pagamento dei debiti della Pa anticipando in autunno alle imprese la tranche prevista per il 2014.
Cosa che farà lievitare il gettito Iva e aiuterà l'individuazione della copertura (oltre 1 miliardo) per prorogare a
fine anno lo stop all'aumento "dell'imposta sui consumi". È il percorso tracciato ieri dalla Cabina di regia, che si è
occupata anche del dossier-Saccomanni sull'Imu: subito un tavolo tecnico per rispettare la scadenza del 31
agosto per la stesura della riforma. Quanto al Decreto del fare, un emendamento ha introdotto il Durt,
documento sulla regolarità tributaria delle imprese. Per i professionisti in arrivo l'estensione del fondo di garanzia.
Il Sole-24 Ore
PRIMO PIANO
L'Italia bloccata
GOVERNO E PARLAMENTO
Debiti Pa, dote 2014 anticipata
Entro il 31 agosto le soluzioni su riforma Imu, Iva, ammortizzatori e esodati
IL NODO «PRIMA CASA»
Per trovare una soluzione condivisa sulla riforma da lunedì parte il tavolo con gli esperti del Tesoro
e della maggioranza
Marco Rogari
ROMA
Un'accelerazione del pagamento dei debiti della pubblica amministrazione. Da realizzare anticipando in autunno,
in toto o più probabilmente in parte (almeno 8-10 miliardi), la restituzione alle imprese della seconda tranche da
20 miliardi fin qui prevista per il 2014. Con il risultato di far lievitare anche il gettito Iva e agevolare così
l'individuazione della copertura necessaria (oltre 1 miliardo) per prorogare a fine anno lo stop all'aumento
"dell'imposta sui consumi" al momento limitato al 1° ottobre. È questo uno degli «impegni» che governo e
maggioranza annunciano di voler onorare entro il 31 agosto, insieme a quelli sulla riforma della tassazione
dell'Imu con rimodulazione o superamento dell'Imposta, sugli ammortizzatori sociali e sugli esodati, oltre che
sull'Iva. Il tutto facendo sostanzialmente leva sulla prossima legge di stabilità.
La road map è stata tracciata al termine di una riunione della cabina di regina durata quasi due ore in cui la
fibrillazione politica per gli effetti del "caso kazako" ha fatto da convitato di pietra. Una vertice che, hanno detto
alcuni dei partecipanti, si è comunque svolto in un clima costruttivo e di assoluta collaborazione. A Palazzo Chigi
insieme ai capigruppo della maggioranza erano presenti il premier Enrico Letta, il vicepresidente del Consiglio e
ministro dell'Interno, Angelino Alfano, e i ministri dell'Economia, Fabrizio Saccomanni, dei Rapporti con il
Parlamento, Dario Franceschini, degli Affari Regionali e Autonomie, Graziano Delrio. A sottolineare che l'incontro
si è svolto senza tensioni è una nota della Presidenza del Consiglio diffusa al termine della cabina di regia: nel
corso della riunione «sono emersi forte sostegno politico, unità d'intenti e larga condivisione sull'impostazione, i
tempi, il merito dei provvedimenti da attuare in materia di politica economica nei prossimi mesi, in particolare per
ciò che attiene alla Legge di Stabilità».
Anche il ministro Saccomanni con un tweet non nasconde la sua soddisfazione: «Apertura, confronto,
collaborazione: un nuovo metodo di lavoro che consolida i rapporti tra il governo e la maggioranza».
Proprio il dossier-Saccomanni sull'Imu (si parla di 14 ipotesi) è stato il piatto forte dell'incontro. Per accelerare il
più possibile e rispettare la scadenza del 31 agosto per la stesura della riforma è stato deciso di far partire
all'inizio della prossima settimana (forse già lunedì) un tavolo tecnico con esperti del ministero dell'Economia e
della maggioranza. Che potrebbe essere rappresentata da Renato Brunetta per il Pdl e Matteo Colaninno per il
Pd. Ma Pdl e Pd restano ancora distanti sul tipo di riforma di addottare. Si tenta di raggiungere un difficile
compromesso su un percorso a tappe (v. Il Sole 24 Ore di ieri): azzeramento della rata di giugno fin qui
congelata, fase transitoria con possibile norma ponte per la fine del 2013 (eventuale aumento delle detrazione
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per l'abitazione principale da 200 a 600 euro) e riforma, probabilmente improntata alla "service tax" (in cui
magari inglobare anche la Tares) da far scattare il 2014 attraverso la legge di stabilità.
A sostenere che «non è possibile rinunciare interamente ai 4 miliardi di gettito annuale dell'Imu», è, intervenendo
al Tg2, il capogruppo del Pdl alla Camera, Roberto Speranza, che chiede di far pagare la tassa in modo
progressivo. Ma Brunetta afferma che nel vertice «nessuno ha parlato di ipotesi-ponte» e ripete che la riforma
deve contenere da subito «l'eliminazione dell'Imu sulla prima casa» e l'alleggerimento per i capannoni industriali,
anche se aggiunge di essere disponibile ad approfondire la materia.
Quanto all'Iva resta il nodo copertura. Al momento l'aumento degli acconti Irpef, Ires e Irap per lo stop
dell'aumento fino al 31 ottobre sembra confermato, anche se al Senato, dove è all'esame il decreto Iva-lavoro,
non si esclude del tutto almeno un intervento per bloccare i ritocchi a Ires e Irap sulle società. Per
l'individuazione delle risorse necessarie per prorogare il congelamento a fine anno la soluzione che sembra farsi
strada è un mix di tagli semi-lineari ai ministeri e di un "soccorso" dal maggior gettito Iva derivante
dall'estensione dell'operazione dei pagamenti dei debiti Pa.
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Il Sole-24 Ore
NORME E TRIBUTI
Delega fiscale. Il comitato ristretto ha concluso l'esame degli articoli su immobili, evasione ed
erosione
Tornano ai Comuni le funzioni catastali
LE ALTRE INDICAZIONI
Possibile allargamento dei conflitti di interesse Monitoraggio costante sugli illeciti tributari e
sull'uso degli sconti
Saverio Fossati
La delega fiscale va avanti, tornano in scena i Comuni per la gestione del catasto e su evasione ed erosione
fiscale le Entrate dovranno produrre relazioni periodiche al Parlamento. Verrà rafforzato anche il conflitto
d'interessi. Ieri, con la conclusione dell'esame degli articoli 2, 3 e 4, il comitato ristretto delegato a formare un
testo base su cui lavorerà la commissione Finanze ha formulato indirizzi precisi, che vanno a impattare
direttamente sul testo della vecchia delega arenatasi in Senato, sullo scorcio della XVI legislatura.
Il comitato è partito dal testo predisposto a Palazzo Madama lo scorso dicembre per elaborare il nuovo testo
base. «Si può dire che i punti di maggiore criticità - spiega Michele Pelillo, componente del comitato - siano stati
individuati in modo unanime nella fiscalità locale e nella riscossione dei tributi locali. In questo ambito la riforma
del catasto è ineludibile, perché qualunque revisione di Imu e dintorni non potrà prescindere da questo». Un
punto centrale, tiene a sottolineare Pelillo, viene da una sollecitazione dell'Anci: «Abbiamo voluto ricordare al
legislatore delegato che esistono già esistono già progetti di funzioni catastali decentrate, quindi vogliamo dare
coerenza a questo lavoro e valorizzare quelle esperienze pilota che alcuni Comuni avevano già realizzato, con
ulteriori strumenti a disposizione dei Comuni sia per l'individuazione del valore patrimoniale che per l'attribuzione
delle rendite catastali. E stiamo parlando di principi condivisi da tutti quanti». In particolare, sulla rendita
catastale, è stato riscritto il discorso delle unità storico-artistiche: «Solo alcune, infatti, hanno poca attitudine a
esprimere valore commerciale, quindi la commissione Finanze interverrà distinguendo in questo senso».
Quanto alle commissioni censuarie, prosegue Pelillo, andranno riviste includendo nelle competenze anche la
validazione delle funzioni statistiche (cioè gli algoritmi): «Cambierà la procedura del contenzioso con
un'autotutela più efficace e verrà modificata la composizione delle commissioni, con la presenza anche degli enti
locali, di esperti indicati da associazioni di categoria del settore, ancora da individuare, di docenti e di magistrati
amministrativi. Sull'impugnazione delle rendite attribuite, il ricorso del contribuente dovrebbe andare al giudice
naturale, la commissione censuaria, mentre il Tar dovrebbe interessarsi solo dei vizi del procedimento, quindi solo
nelle prime fasi».
Altra novità importante è che il processo di revisione del sistema estimativo sia reso pubblico online con la nota
metodologica, il processo statistico e i criteri seguiti. I tempi, dice Pelillo, dovranno essere rapidi: «Proprio perché
per la revisione del catasto serviranno 3-4 anni e sono già due anni che stiamo cercando di far uscire Equitalia dal
sistema della riscossione dei tributi locali, parlandone con il vice ministro Luigi Casero abbiamo sottolineato che
questi temi siano affrontati in tempi ragionevolmente brevi».
Inoltre, conclude Pelillo, abbiamo previsto gli allargamenti dei conflitti d'interesse, lasciandone al governo
l'individuazione, «e ci sono altri due importanti aspetti: l'attuazione del monitoraggio sull'evasione fiscale con
stime e risultati, e un aggiornamento costante in occasione della legge di stabilità e del Dpef». Stesso
monitoraggio dovrà essere realizzato sull'erosione fiscale, il complesso sistema di sconti e detrazioni spesso fuori
controllo.
È stato anche recepito quanto aveva chiesto il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi: quanto sarà
risparmiato col taglio dei sussidi alle imprese, verrà restituito allo stesso sistema delle imprese in termini di
abbassamento della pressione fiscale. «Culturalmente è un passaggio importante - sottolinea il presidente del
comitato ristretto, Daniele Capezzone - perché si passa dal sussidio, con tanto di intermediazione politica,
all'abbassamento della pressione fiscale».
ItaliaOggi
ENTI LOCALI
In commissione finanze alla camera proseguono i lavori sulla delega fiscale
Arriva il catasto statistico e concertato con i proprietari
di Beatrice Migliorini
Criteri trasparenti per il calcolo delle rendite catastali. Commissioni censuarie aperte ai rappresentanti di categoria
del settore immobiliare e possibilità per i proprietari di tutelarsi contro le decisioni prese. Devoluzione di tutto il
ricavato derivante dalla lotta all'evasione, per la quale è stato reintrodotto il contrasto di interessi, nel fondo per
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la riduzione dell'imposizione fiscale. Questo il risultato dei lavori svolti ieri dal Comitato ristretto in Commissione
finanze alla Camera, sulla delega fiscale.
I ricorsi. L'era in cui i proprietari di immobili potevano solo subire le decisioni prese dalle Commissioni censuarie si
appresta a finire. Stando a quanto stabilito dal Comitato ristretto, all'interno dell'art. 2 della delega fiscale, oltre a
tutelarsi in prima battuta con la partecipazione di rappresentanti di associazioni di categoria alle riunioni delle
Commissioni censuarie, i proprietari avranno a disposizione altre tre soluzioni: prima tra tutte quella di agire in
autotutela di fronte alla pubblica amministrazione. La possibilità di agire per vie giurisdizionali non è però esclusa.
Le opzioni previste per i proprietari consistono, infatti, nella possibilità di poter ricorrere sia in Commissione
tributaria, sia di fronte al Tar. «La decisione di lasciare aperte più opzioni di difesa al soggetto proprietario» ha
spiegato a ItaliaOggi il presidente della Commissione finanze e relatore della delega, Daniele Capezzone «non
solo garantisce il contraddittorio tra le parti, ma garantisce anche quel livello di trasparenza a cui tutti i
meccanismi relativi al catasto dovranno attenersi» (si veda ItaliaOggi del 18 luglio). Il Comitato ristretto ha infatti
confermato che i criteri di calcolo per l'attribuzione delle rendite catastali dovranno attenersi a criteri di pubblicità
e trasparenza.
Resta invece aperta la questione relativa alla possibilità di poter impugnare il criterio di calcolo adottato per
ottenere il valore della rendita. «La questione sarà oggetto di discussione in aula alla Camera» ha spiegato a
ItaliaOggi Enrico Zanetti membro del Comitato ristretto «resta il fatto però che, se effettivamente il criterio di
calcolo in sé potesse essere oggetto di impugnazione, la sede opportuna potrebbe essere solo la Commissione
tributaria». A commentare la decisione del Comitato ristretto, il presidente della Confedilizia, Corrado Sforza
Fogliani : «Nonostante fosse già possibile ricorrere alla giustizia tributaria a amministrativa, con un catasto basato
su nuovi algoritmi, il contenzioso catastale andrà ripensato alla luce delle funzioni statistiche sulle quali si
baserà».
Anci. Hanno infine trovato accoglimento le proposte avanzate dall'Associazione nazionale comuni d'Italia (Anci) in
materia di decentramento catastale. «Quello che l'Anci ha proposto» ha spiegato a ItaliaOggi il vicepresidente
Anci Alessandro Cattaneo «è di fare in modo che il catasto centrale non monopolizzi i lavori sulle rendite catastali,
in modo che, una volta stabilito un criterio di calcolo, ogni ente locali possa gestirlo e applicarlo in autonomia. In
questo modo ogni ente locale potrà organizzarsi per reperire le risorse necessarie per la gestione del proprio
territorio eliminando la necessità di imposte ad hoc per gli immobili».
Il contrasto di interessi. Le fatture saranno scaricabili dalla dichiarazioni dei redditi. Durante la seduta ha infatti
trovato conferma il reinserimento della misura del contrasto di interessi, così come era stato programmato durate
i lavori sulla delega fiscale svolti dalla scorsa legislatura. In concreto, la disposizione originariamente collocata
all'interno dell'art. 2, comma 9, prevede la possibilità per il contribuente di portare in detrazione dall'Irpef lorda
una parte delle spese sostenute e documentate da scontrini e ricevute. La norma delega, infatti, il governo a
«emanare disposizioni per l'attuazione di misure finalizzate al contrasto d'interessi fra contribuenti, selettivo e con
particolare riguardo alle aree maggiormente esposte al mancato rispetto dell'obbligazione tributaria». Pare quindi
superato l'ostacolo relativo al dubbio circa la possibilità che agli effetti positivi dell'emersione di maggiore base
imponibile, potesse essere contrapposto il rischio che le detrazioni abbattessero il gettito in misura maggiore
rispetto alla corrispondente crescita Iva.
Il fondo per la riduzione dell'imposizione fiscale. Affrontata infine la questione relativa alla devoluzione delle
risorse reperite tramite la lotta all'evasione fiscale. «Il principio generale su cui c'è stato ampio consenso
all'interno del Comitato», ha evidenziato Capezzone, «è quello secondo cui tutte le risorse che lo stato riuscirà a
reperire tramite il contrasto all'evasione, dovranno essere devolute al fondo per la riduzione dell'imposizione
fiscale sia sui cittadini sia sulle imprese. In particolare, per queste ultime, è importante che tutto ciò che gli
dovesse eventualmente essere tolto in termini di incentivi o agevolazioni, sia trasformato in una diminuzione
dell'imposizione fiscale».
ItaliaOggi
ENTI LOCALI
Il ministero: proventi da non ripartire
Statali, multe tutte ai comuni
di Stefano Manzelli
Gli importi delle multe accertate dai vigili con l'autovelox sulle strade statali non vanno ripartiti ma spettano
integralmente agli enti locali. Trattandosi infatti di strade in concessione salta in questo caso la regola della
ripartizione a metà dei proventi tra organo accertatore ed ente proprietario della strada. Lo ha chiarito il ministero
dei trasporti con il parere n. 2144/2013. La vicenda dei proventi autovelox è indecifrabile perché dopo una
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complessa discussione parlamentare la tanto decantata riforma introdotta con la legge 120/2010 per contrastare
l'abuso dei controlli municipali si è arenata, sia per la mancanza dei provvedimenti attuativi sia per alcuni errori di
sostanza. Questo ha scatenato polemiche che alla fine sono confluite nel comma 16 dell'art. 4-ter del dl 16/2012,
inserito in sede di conversione dalla legge n. 44/2012. Questo provvedimento ha inciso in maniera grossolana
sulla delicata questione. In pratica la novella ha introdotto un automatismo specificando che anche in mancanza
del decreto necessario ai sensi dell'art. 25 della legge 120/2010 per avviare il complesso meccanismo della
ripartizione dei proventi il meccanismo anti abusi entrerà comunque in vigore. Formalmente quindi dal 1° gennaio
è in vigore la novella che prevede la ripartizione a metà dei proventi autovelox tra organo accertatore ed ente
proprietario della strada. Ma alle ragionerie degli enti locali manca ancora di comprendere come dovranno
provvedere allo storno dei proventi ovvero se al netto delle spese e con quale tempistica. Resta intanto sul
tappeto il nodo delle strade statali. Per affrancare dal meccanismo della ripartizione le autostrade il frettoloso
legislatore ha specificato che la ripartizione a metà delle multe tra ente proprietario della strada ed organo
accertatore non riguarda le strade in concessione. E quindi neanche tutte le strade statali in concessione all'Anas.
Il ministero specifica quindi che in base alla formulazione letterale dell'art. 142/12-bis del codice stradale non
scatta nessuna divisione a metà dei proventi delle multe autovelox accertate su strade statali. Tutto il bottino
resta nelle tasche dell'organo accertatore.
Il Mattino - Ed. nazionale
Nel dossier Saccomanni c'è anche l'abolizione
Luca Cifoni Michele Di Branco Roma. L'approdo finale più probabile resta quello di un'unica tassa comunale sui
servizi, che in prospettiva potrebbe assorbire non solo l'Imu e la Tares, ma anche l'attuale addizionale Irpef. Ma
nonostante la volontà del governo di rispettare i tempi previsti, il percorso potrebbe non essere del tutto lineare.
E dunque resta in campo l'ipotesi di un intervento di rimodulazione basato sull'aumento dell'attuale detrazione
sull'abitazione principale, meccanismo che eventualmente potrebbe essere applicato in via provvisoria alla fine
dell'anno se non sarà possibile far partire da subito il nuovo assetto. Ma le variabili tecniche che entrano in questa
partita sono diverse e ne condizionano l'esito finale. La prima è naturalmente la disponibilità di risorse finanziarie.
Nel voluminoso dossier presentato dal ministro dell'Economia all'incontro di ieri mattina sono elencate tutte le
possibilità, compresa la cancellazione totale per le prime case, che costa 4 miliardi. Vengono poi passate in
rassegna alcune ipotesi di rimodulazione, con la detrazione base diversamente graduata oltre gli attuali 200 e fino
a 600. Ma si considera anche la possibilità di arrivare a definire per altra via l'esenzione totale o parziale dal
tributo: o attraverso la ricchezza familiare misurata con l'Isee, o in base al numero dei componenti della famiglia
e dei metri quadrati dell'abitazione. Per le varie soluzioni è specificato il relativo costo; sono indicate in maniera
dettagliata anche una serie di possibili riduzioni di spesa che toccano i programmi di uscita e i bilanci dei ministeri
con l'esclusione di alcune voci quali il sociale, l'istruzione, gli investimenti innovativi. Siccome il governo deve
trovare anche le risorse finanziarie necessarie a rinviare di altri tre mesi, da ottobre a gennaio 2014, l'aumento di
un punto dell'aliquota ordinaria dell'Iva (un miliardo) le possibilità che si possa arrivare all'abolizione totale voluta
dal Pdl appaiono remote. La soluzione - in particolare per quest'anno - andrà cercata nel mezzo: il beneficio
complessivo per i contribuenti potrebbe quindi aggirarsi intorno ai due miliardi. Sul piano più strettamente tecnico
il lavoro non è semplice ma si può avvalere di studi già messi a punto in precedenza. C'è ad esempio il database
dell'Osservatorio sul mercato immobiliare dell'Agenzia delle Entrate, che permetterebbe di ricavare stime di valore
degli immobili più vicine a quelle di mercato senza attendere che sia completata la riforma del catasto. Anche
l'Ifel, il centro studi dei Comuni, ha già definito una proposta per l'istituzione di un tributo unico che toccherebbe
non solo i proprietari ma anche gli inquilini e coloro che comunque dispongono di un'abitazione. Quanto al fronte
delle dismissioni, vale 340 miliardi di euro il patrimonio immobiliare dello Stato. Dopo decenni di sterili
supposizioni, una parola definitiva sulla dote pubblica l'ha espressa alcuni mesi fa il responsabile della direzione
finanza e privatizzazioni del dipartimento del Tesoro Francesco Parlato, nel corso di un'audizione alla camera. Tra
palazzi, caserme, scuole, ospedali e altre costruzioni si parla di 543 mila unità immobiliari alle quali vanno
aggiunti 760 mila terreni. Il patrimonio riferito allo Stato centrale pesa per 55 miliardi, mentre quello delle altre
amministrazioni, in base ai prezzi medi fissati sul mercato elaborati dall'Agenzia del Territorio, viaggia intorno ai
285 miliardi. Quanto alla destinazione d'uso, il 70% della superficie è utilizzato per lo svolgimento di attività
istituzionali mentre il 47% delle unità immobiliari (percentuale sensibilmente inferiore in termine di superficie) è
destinato a uso residenziale, per gran parte detenuto da comuni, enti previdenziali e Istituti case popolari. Numeri
alla mano, si tratta dunque di una massa patrimoniale enorme. Ma le cose cambiano se si guarda a questo
volume di immobili con l'obiettivo di fare cassa. Magari per ridurre il debito pubblico. L'ex ministro dell'Economia
Vittorio Grilli aveva ipotizzato un piano per la cessione di immobili del patrimonio dello Stato per 15 miliardi
all'anno (pari a 1 punto di Pil ). La cifra è ambiziosa considerato che svariati tentativi di cessione e valorizzazione
dei patrimoni immobiliari pubblici del passato (cartolarizzazioni, società costituite ad hoc (Patrimonio spa) e
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vendite estemporanee, finora hanno prodotto incassi inferiori a 10 miliardi. E nel bilancio dello Stato, alla voce
«alienazione di beni patrimoniali», per gli anni 2013, 2014 e 2015 si fa riferimento a ricavi per 1,25 miliardi di
euro. Fonti del Tesoro ipotizzano che, nella migliore delle ipotesi, con un buon piano di dismissioni, gli immobili
pubblici possano fruttare complessivamente 40 miliardi di euro. Si tratta di una stima molto simile ad una
simulazione effettuata tempo fa dall'istituto di ricerca Bruno Leoni (che ha calcolato un gettito potenziale di 36
miliardi). La possibilità di centrare l'obiettivo è affidata a una Sgr istituita dal governo Monti (c'è già il via libera di
Bankitalia), che gestirà il «fondo dei fondi» cui spetterà il compito, mai riuscito finora, di fare cassa con la
valorizzazione del patrimonio immobiliare di Stato ed enti locali. La società sarà partecipata al 60% dal Demanio e
al 40% dal Tesoro. Da Via XX Settembre, però, si invoca prudenza sui risultati. Appena una anno fa Fabrizio
Saccomanni, allora direttore generale di Bankitalia, avvertì che di privatizzazioni ne erano state fatte tante
osservando che «i proventi sono finiti nel bilancio generale» e non a ridurre il debito. E l'Agenzia del Demanio,
guidata da Stefano Scalera, ha individuato appena 350 immobili del valore di circa 1,5 miliardi, «potenzialmente
conferibili».
La Stampa - Ed. nazionale
LA CRISI LE CONTROMISURE
Tutti d'accordo Iva e Imu slittano a fine anno
Spending review nei ministeri per trovare la copertura
Paolo Russo Roma
Su Imu e Iva avanti tutta. Con i rinvii. Lasciate fuori dalla porta le tensioni sul caso Ablyazov il vertice di
maggioranza a Palazzo Chigi ieri ha messo pace tra i partiti, per una volta uniti nel decidere che dopo le vacanze
estive non dovremo pagare l'acconto Imu a settembre sulla prima casa e nemmeno temere l'aumento dell'Iva ad
ottobre. Per entrambe se ne riparlerà a dicembre, quando a pagare la tassa sugli immobili dovrebbe rimanere
non più del 15% dei proprietari di prima casa, mentre sull'Iva si lavorerà di cacciavite, senza aumenti
generalizzati ma spostando qualche bene non proprio di prima necessità dalle aliquote agevolate del 4 e del 10%
a quella ordinaria del 21. «Apertura, confronto, collaborazione», così in un tweet il ministro dell'Economia
Saccomanni descrive il clima della «cabina di regia», che ha fissato al 31 agosto la deadline non solo per decidere
le sorti di Imu ed Iva, ma anche per accelerare i pagamenti della pubblica amministrazione e garantire le risorse
necessarie per ammortizzatori sociali ed esodati. E a fine agosto bisognerà trovare le risorse necessarie per
coprire l'ennesimo rinvio delle due imposte e a ridisegnare da cima a fondo quella sulla casa, che da Imu si
trasformerà in «service tax», accorpando anche la Tares sui rifiuti. Quindi, primo problema: con la nuova imposta
chi pagherà e quanto dell'Imu 2013? Sicuramente verrà abbonato l'acconto, ma Saccomanni ha detto a chiare
lettere che non intende dare all'Europa l'impressione di aver dato un colpo di spugna su tutta l'imposta per l'anno
in corso. Probabilmente si deciderà di assestare una stangata di Natale a quel 15% di proprietari più facoltosi che
dovrebbero pagare la service tax per tutto il 2013. Poi c'è il secondo problema: quello delle coperture. Per coprire
i circa 3 miliardi di mancato gettito per lo slittamento di Imu e Iva si punterà a tagli selettivi sul bilancio dello
Stato e dei singoli ministeri. Il metodo imposto da Letta e Saccomanni in cabina di regia è stato quello di girare la
frittata ai ministri, invitandoli a fare una loro spending review nei loro dicasteri. Ciascuno dirà quanto si può
tagliare. Meno risorse ci saranno e meno sconti saranno possibili su Iva e Imu. Anche se a via XX settembre la
vera spending review sull'intera spesa pubblica la stanno quasi per ultimare e non sarà una manovra da poco. «Il
metodo utilizzato è quello dei costi standard», spiega il sottosegretario l'Economia in quota Pd, Pier Paolo Baretta.
«Abbiamo individuato i fabbisogni per garantire l'efficienza amministrativa e chi è sopra dovrà tagliare». Altre
risorse arriveranno probabilmente da un disboscata alla giungle delle agevolazioni fiscali e degli incentivi alle
imprese. Una manovra di dimensioni vaste, che a questo punto potrebbe però spostare tutta la partita dentro la
legge di stabilità ad ottobre, con un quadro più chiaro sui conti pubblici. Intanto, mentre ci si arrabatta a trovare
le risorse, al Senato la tassa del 58,5% sulle sigarette elettroniche viene dirottata dalla copertura del primo rinvio
Iva verso la cancellazione dei tagli agli agenti penitenziari. Alla Camera un emendamento al «decreto del fare»
cancella il taglio del 50% alle spese per le auto blu dei manager pubblici. E sempre a proposito di caste scatta la
polemica sulla norma, inserita nello stesso decreto, che salva lo scranno dei deputati-sindaci dei grandi Comuni e
che qualcuno ha letto come una ciambella di salvataggio lanciata al viceministro alle Infrastrutture, nonché primo
cittadino Pd di Salerno, Vincenzo De Luca.
3 Miliardi È la cifra che il governo deve trovare per coprire il rinvio sull'Imu e il previsto aumento dell'Iva 85%
case esenti È la quota di cittadini che non dovrebbe pagare l'Imu a dicembre dopo le riduzioni che verranno
studiate entro il 31 agosto.
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La Stampa - Ed. nazionale
Dossier / I tributi intoccabili
Tasse, la politica dell'eterno rinvio
Le decisioni su Imu, Iva e Tares prorogate a causa delle divergenze tra le varie anime della
maggioranza
In campo provvedimenti ponte, le scelte definitive a cavallo del 20132014.
Riuscirà il governo a trovare la quadra?
RAFFAELLO MASCI
Alberto Bisin "La questione fiscale va affrontata in blocco, questa è solo manfrina" È del tutto evidente che i temi
fiscali come Imu, Iva, Tares e affini meritano di essere analizzati complessivamente, in un unico discorso sulla
revisione dell'imposizione tributaria e della sua ridistribuzione - dice Alberto Bisin, economista della New York
University - e quindi se mi si chiede se sia giusto affrontare insieme questa materia, la mia risposta è sì». Ma la
disputa meramente tecnica perde significato se la si cala nella realtà effettiva, «perché bisogna fare i conti con la
realtà e con le modalità a cui questo governo ci ha abituato - aggiunge il professore – e quindi questo quadro va
bene se guardiamo la realtà da Marte ma non dalla Terra e dall'Italia in particolare. Qui da noi tutto questo ha il
sapore di un ennesimo rinvio per non dire di una manfrina inconcludente».
Queste misure fiscali, finora affrontate solo con provvedimenti tampone che rimandavano in avanti le decisioni - è
il ragionamento di Bisin - «potevano benissimo esser affrontate anche prima, se si fosse voluto.
Che cosa ci fa pensare che in sede di legge di stabilità si possa trovare quell'accordo che solo due mesi prima non
appariva neppure all'orizzonte?». Quanto alle modalità di copertura del costo di questa manovra (verosimilmente
12 miliardi, «non c'è dubbio che non si possa ricorrere a ulteriori tasse - dice Bisin perché questo sarebbe un
intervento mortale per un'economia in recessione. Sulla spesa, invece, si può agire ma – è la domanda di Bisin questo governo è capace di individuare dei tagli seri, strutturali e fattibili nei tempi richiesti da una manovra
economica? Non c'è riuscito Monti, con la sua sbandierata spending review, figuriamoci in governo diviso su
tutto!». Paolo Leon "I tagli dovrebbero essere selettivi Ma i partiti sono troppo divisi" Rinviare tutto a settembre
avrebbe avuto un senso - dice Paolo Leon che insegna Economia politica a Roma Tre - se stessimo ad aprile e ci
fosse il tempo per maturare una decisione condivisa, ma ora, francamente, mi sembra quasi un azzardo». Tutto
appare come un ennesimo rimbalzo per non decidere, è l'opinione dell'economista. Inoltre, per quanto riguarda la
possibile copertura di questa pesante manovra, «non si può certo pensare a tagli lineari di spesa - dice Leon che si sono dimostrati fallimentari e nocivi, ma ci vorrebbe, semmai, una scelta selettiva rispetto alla quale però
manca il consenso politico. Istruzione, sanità e pensioni, che sono gli ambiti a cui sempre si guarda in caso di
tagli, non sono ulteriormente aggredibili senza indurre una ricaduta recessiva. E allora?». L'ipotesi sul tappeto
poteva essere quella di rivedere il patto europeo per renderlo meno stringente, specie dopo le elezioni tedesche
di settembre, «ma anche questa ipotesi sfuma, alla luce dei fatti, perché una vittoria della Merkel consacrerebbe
la linea finora adottata, ma anche i socialdemocratici si sono dimostrati in questo ambito non meno
germanocentrici. Quindi non mi pare ci siano margini di manovra. Senza dire che le elezioni sono a settembre e
quindi troppo a ridosso della legge di stabilità». Come se ne esce? «Dato che questo governo non riesce a trovare
alcun accordo condiviso con la propria maggioranza, si potrebbe pensare ad una maggioranza differente proprio
a ridosso dell'approvazione della legge di stabilità. Ma è un'ipotesi praticabile, mi chiedo? E allora, se non c'è un
accordo sui tagli e neppure è possibile una differente maggioranza, ciò che abbiamo sotto gli occhi è l'ennesimo
rinvio in vista di una soluzione senza soluzione». Gustavo Piga "Inutile parlare dei 12 miliardi Va rimessa in moto
l'economia" Il problema vero non è trovare 12 miliardi per tappare un'emergenza e fare fronte a una manovra su
temi che finora non si è stati capaci di affrontare dice Gustavo Piga, economista della Seconda università di Roma
- ma ridare fiato alla domanda interna, in maniera robusta, perché solo questo può consentire di ritrovare un
gettito adeguato, far ripartire l'economia e perfino l'occupazione». Ci vuole, insomma, un gesto di coraggio, che
questo governo, secondo Piga, nonostante le alte qualità umane e politiche del premier, non ha dimostrato. «Per
imprimere forza alla domanda interna - continua Piga – non basta ridare due soldi alle famiglie agendo sulla leva
fiscale, perché in mancanza di un clima di fiducia quei soldi non finirebbero al consumo ma al risparmio: sotto il
mattone, insomma. Si tratta, semmai di agire su tre filoni principali: il primo è una spending review seria,
obiettivo che sembra essere stato abbandonato dal governo attuale, senza guardare in faccia le grandi burocrazie
che remano contro e applicando a questa operazione 200 persone e non tre segretarie come erano state date a
Bondi. Il secondo filone è il pagamento dei debiti che la pubblica amministrazione ha verso le aziende, e che da
solo metterebbe in circolo 40-50 miliardi da subito. Il terzo è rivedere il governo degli appalti pubblici, dalla cui
revisione si possono recuperare (quelli sì che sono sprechi veri!) almeno 30-40 miliardi». La ricetta del
professore, dunque, è di compiere un gesto forte che non tema di scontrarsi con le lobby e con le resistenze degli
apparati. Riuscirà il governo in un'operazione del genere? E soprattutto riuscirà nei tempi stretti che la legge di
stabilità impone? Alberto Mingardi "Il problema? I politici hanno paura a compiere delle scelte precise" Accorpare
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tutte le decisioni in materia di politica fiscale può essere una decisione saggia - dice Alberto Mingardi, direttore
generale dell'Istituito Bruno Leoni - ma dipende dallo spirito con cui si fa». E si spiega. Primo caso: «Facciamo
l'ipotesi che sia una vera scelta politica e che questo accorpamento si configuri come la più oculata delle
decisioni. La cosa è possibile: Imu, Iva, tasse locali fanno parte di un unico discorso sulla ridistribuzione del carico
fiscale e quindi vanno viste nel loro insieme, tanto più che spostando aliquote si vanno a toccare gruppi di
interesse e politiche sociali». È questo che il governo ha in mente? «Benissimo! C'è da chiedersi come mai non
abbia pensato prima a tutto questo, dato che è all'ordine del giorno fin dal suo varo, ma tant'è». Dopo di che c'è
la seconda ipotesi, alla quale Mingardi sembra credere di più, e cioè «che questa scelta sia figlia delle divergenze
plateali all'interno della maggioranza, dove non solo ogni ministro sembra parlare per sé ma che così faccia anche
ogni esponente della maggioranza che abbia una qualche autorità in materia economica» e questo genera una
grave incertezza che mina il clima di fiducia di investitori e cittadini. «In linea di principio - spiega ancora Mingardi
- Fassina e Brunetta sembrano avere la stessa politica economica. In linea istituzionale fanno parte di un governo
fortissimo, capace di individuare tagli e di metterli in pratica. Ma in via di fatto hanno paura a prendere delle
decisioni, persino quelle condivise, perché ne temono i contraccolpi politici». Da qui lo spostamento di tutta la
questione in sede comunitaria: se qualcosa non si riesce a fare è colpa dell'Europa e delle sue regole stringenti.
«O il governo si dà una linea e prende decisioni rapide, o tutto è galleggiamento e rinvio».
Sabato 20 luglio 2013
Il Sole-24 Ore
NORME E TRIBUTI/GIURISPRUDENZA
Le motivazioni. Lo stop al superamento delle province
Enti locali, riforma possibile senza legge costituzionale
IL CHIARIMENTO
Decreti legge bocciati per la mancanza del requisito dell'urgenza, ma nulla osta a un restyling
istituzionale con legge ordinaria
Arturo Bianco
La riforma degli enti locali non può essere effettuata con decreto legge, mentre non è indispensabile la legge
costituzionale. La modifica del territorio delle province richiede l'iniziativa dei comuni e l'acquisizione del parere
delle regioni.
Possono essere così riassunte le principali indicazioni contenute nella sentenza della Corte costituzionale 220/13,
le cui motivazioni sono state depositare ieri. Vengono così cancellate le disposizioni dei Dl 201/11 e 95/12 che
limitavano i compiti delle province al coordinamento, ne riformavano gli organi di governo e i meccanismi
elettorali, imponevano il trasferimento delle loro risorse e del loro personale, dettavano i principi per il loro
riordino territoriale e le abrogavano nelle città metropolitane.
La sentenza afferma in primo luogo il principio che si possono consentire interventi nelle materie attribuite alla
competenze legislativa esclusiva dello Stato tramite i provvedimenti d'urgenza solamente «su singole funzioni
degli enti locali, su singoli aspetti della legislazione elettorale o su specifici profili della struttura e composizione
degli organi di governo» e non certo per dare corso a interventi organici di riforma.
I provvedimenti d'urgenza devono peraltro limitarsi a contenere disposizioni immediatamente applicabili. La
mancanza del requisito dell'urgenza è implicitamente stata riconosciuta dallo stesso legislatore nel momento in
cui, con la legge 228/12, ha sospeso per un anno l'applicazione di buona parte della riforma. Si «conferma la
palese inadeguatezza dello strumento del decreto-legge a realizzare una riforma organica e di sistema, che non
solo trova le sue motivazioni in esigenze manifestatesi da non breve periodo, ma richiede processi attuativi
necessariamente protratti nel tempo, tali da poter rendere indispensabili sospensioni di efficacia, rinvii e
sistematizzazioni progressive, che mal si conciliano con l'immediatezza di effetti connaturata al decreto-legge,
secondo il disegno costituzionale». Da ciò non si deve trarre la conseguenza – dichiarata espressamente – che
occorre necessariamente una legge costituzionale per una riforma compiuta: è questa una indicazione che
assume una notevole rilevanza per il futuro. La sentenza si limita ad affermare unicamente che i decreti legge in
queste materie possono introdurre solo «misure meramente organizzative».
L'istituzione di nuove province e/o la loro cancellazione deve, e siamo alla ulteriore censura, essere precedute
dalla iniziativa dei comuni e dal parere delle regioni: il rispetto di tale procedura ha un carattere vincolante. È
evidente che questi obblighi procedurali non si conciliano con il carattere urgente dei decreti legge. Viene infine
stabilita l'illegittimità dell'obbligo prescritto alle regioni a statuto speciale di adeguare sollecitamente i loro
ordinamenti alla riforma.
Occorre, infine, ricordare alcune ulteriori ed importanti indicazioni. L'obbligo dei comuni con popolazione inferiore
a 5.000 abitanti a centrali uniche di committenza non si applica nelle regioni a statuto speciale. Sono legittime le
disposizioni sulle unioni dei comuni. È legittimo il disporre il carattere onorifico della presenza nei consigli
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circoscrizionali, salvo che nelle città metropolitane; con il chiarimento che anche questa disposizione non si
applica nelle regioni a statuto speciale. Infine, si ribadisce che le regioni sono legittimate a sollevare la questione
di legittimità costituzionale anche a tutela degli interessi degli enti locali. Mentre i ricorsi dei comuni e delle
province, anche nella forma di adesione a quelli delle regioni, non possono essere in questa sede esaminati.
Domenica 21 luglio 2013
Il Sole-24 Ore
PRIMA
Concluso l'esame della riforma: i valori saranno legati alle medie dell'ultimo triennio Cambiano le
rendite: così il nuovo catasto Verso lo stop agli aumenti degli acconti Ires e Irap società
DECRETO IVA-LAVORO Le aziende evitano un onere da 480 milioni
Gianni Trovati
Comuni in campo per ridisegnare Catasto: saranno loro a raccogliere i dati che daranno vita alla nuova rendita
castastale e al nuovo valore patrimoniale, i due parametri con cui si misurerà il valore degli immobili. Lo prevede
la delega fiscale sul catasto, di cui il comitato ristretto ha completato l'esame. I valori saranno legati alle medie
dell'ultimo triennio. Sul fronte del decreto Iva-lavoro si profila uno stop all'aumento degli acconti su Ires e Irap
delle società. È in arrivo un emendamento per modificare la copertura per bloccare l'incremento dell'Iva. Il
ministro Zanonato: a ottobre via l'Imu e stop all'aumento Iva.
Il Sole-24 Ore
PRIMO PIANO
Fisco e lavoro
LE MISURE IN PARLAMENTO
Acconti imprese, verso l'alt agli aumenti
Probabile cancellazione del rincaro al 101% su Ires e Irap società - Zanonato: in autunno stop Iva e
via l'Imu
SI ACCELERA SULL'IMU
Parte domani il tavolo con gli esperti del ministero dell'Economia e dei tre partiti della maggioranza:
si lavora alla nuova «service tax»
Marco Rogari
ROMA
Si concluderà tra domani e mercoledì la partita sullo stop all'aumento degli acconti deciso dal Governo al
momento del varo del decreto Iva-lavoro. Nelle commissioni Finanze e Lavoro del Senato, dove si sta esaminando
il provvedimento, o al più tardi in Aula potrebbe arrivare un emendamento, forse a firma dei relatori, per
modificare almeno in parte la copertura decisa per bloccare fino al 1° ottobre il "balzello" dell'Iva. Che peraltro il
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Governo ha già deciso di congelare almeno fino al 31 dicembre. L'esito della partita però non è scontato. Con il
trascorrere delle ore prende sempre più quota l'ipotesi di un blocco parziale. Lo stop riguarderebbe solo la
lievitazione dal 100% al 101% degli acconti Ires e Irap sulle società per l'anno in corso. Con una nuova copertura
per quasi 480 milioni (meno della metà dei circa 1,1 ai quali è vincolato il congelamento dell'Iva fino all'autunno)
da garantire con tagli semi-lineari ai ministeri e rimodulazioni di poste di bilancio. Che però i tecnici dell'Economia
non avrebbero ancora perfezionato. In ogni caso nella maggioranza c'è chi continua a spingere per un
azzeramento totale degli aumenti degli acconti.
Intanto il ministro dello Sviluppo economico, Flavio Zanonato, al Tg1 afferma che «all'inizio dell'autunno sarà
possibile annunciare che non ci sarà un punto di Iva in più e non ci sarà l'Imu sulla prima casa». E aggiunge: Il
Governo sta lavorando per «stabilizzare» le misure prese prima dell'estate.
Per tornare alla partita che si sta giocando in Senato sul decreto Iva-lavoro, con l'ipotesi del blocco parziale
resterebbero immutate le lievitazioni dal 99 al 100% dell'acconto Irpef e di quello Irap sulle persone fisiche. Che
invece almeno una parte della maggioranza vorrebbe eliminare. Unico punto fermo, al momento, appare la
conferma dell'incremento al 110% dell'acconto dovuto da istituti e aziende di credito alla tesoreria sulle ritenute
sugli interessi e sui redditi di capitale. Che da solo vale 209 milioni.
Indicazioni precise dal ministero dell'Economia sulla fattibilità dell'operazione potrebbero arrivare già domani.
Martedì il decreto Iva-lavoro sarebbe dovuto approdare in Aula al Senato per ottenere entro la fine della
settimana il primo via libera parlamentare. Ma la necessità di attendere l'esito della riunione della cabina di regia
di giovedì scorso ha prodotto un allungamento dei tempi. Con conseguente inversione del programma dei lavori a
Palazzo Madama che vedono ora in "pole" per martedì il decreto legge sull'esecuzione della pena ("svuotacarceri").
Anche a causa di questo rallentamento l'ipotesi di un ricorso dell'esecutivo alla fiducia sul decreto Iva-lavoro (che
dovrebbe arrivare in Aula non prima di mercoledì) già al Senato starebbe prendendo forza.
Nei prossimi giorni dovrebbe diventare più chiaro anche il quadro contabile che farà da sfondo al prolungamento
del congelamento dell'Iva. Il Governo in via ufficiale ha fatto sapere che gli strumenti per garantire la nuova
copertura (servirà un altro miliardo) saranno individuati entro il 31 agosto. Ma è chiaro che l'eventuale
rimodulazione, anche parziale, della copertura sulla sterilizzazione già decisa fino al 1° ottobre farebbe da
apripista all'intervento per congelare l'Iva fino al 31 dicembre. Le risorse potrebbero arrivare in parte da tagli
semi-lineari e per un'altra fetta dal maggior gettito Iva che sarebbe garantito dall'anticipo in autunno della nuova
tranche dei pagamenti dei debiti della Pa, attualmente calendarizzata al 2014.
Da domani comincerà a entrare nel vivo anche la partita sulla riforma dell'Imu. In programma c'è la prima
riunione del tavolo con gli esperti del ministero dell'Economia e della maggioranza allestito dal ministro Fabrizio
Saccomanni. La strada abbozzata a via XX Settembre dovrebbe portare a regime al modello "service tax" con
particolari misure di garanzia per gli affittuari.
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Il Sole-24 Ore
PRIMO PIANO
Fisco e immobili
LA DELEGA FISCALE
Accelera il Catasto fondato sul mercato
Concluso nel comitato ristretto l'esame della riforma - Valori legati alle medie dell'ultimo triennio
Saverio Fossati
MILANO
Il nuovo Catasto sta diventando una priorità, visto che l'autonomia fiscale degli enti locali e in particolare l'Imu
dipendono strettamente dai valori attribuiti agli immobili. Il comitato ristretto presieduto da Daniele Capezzone,
che sta elaborando il nuovo testo base della delega fiscale, ha completato l'esame della parte dedicata al Catasto.
Apportando alcune importanti modifiche al testo da cui era partita, cioè quello passato alla commmissione
Finanze del Senato sul finire della scorsa legislatura.
In sostanza resta l'impianto di fondo, cioè la nascita di due diversi dati, un valore patrimoniale e una rendita
catastale, determinabili attraverso un algoritmo basato su funzioni statistiche, ma spunta di nuovo il "federalismo
catastale" tramontato tre anni fa.
Nella "vecchia" delega tutto il lavoro avrebbe dovuto essere scaricato sull'ex agenzia del Territorio ma c'erano
delle perplessità come sarebbe stato possibile effettuare una ricognizione su 60 milioni di unità immobiliari, anche
potendo utilizzare professionisti esterni ma con un budget molto risicato di circa 500mila euro. Del resto si tratta
un'opera impegnativa: cancellare i "vani", la categorie e le classi (ridotte a poche unità) e sostituire il sistema con
i metri quadrati. Si tratterà, anzitutto di «definire gli ambiti territoriali del mercato immobiliare di riferimento»
(volendo ci sono già le microzone, che erano state individuate proprio a questo scopo). Poi si procederà a
individuare due valori, approssimati alle medie dell'ultimo triennio: quello patrimoniale e la rendita (si veda
l'articolo qui sotto).
L'aiuto dovrebbe venire dai Comuni, che dovrebbero comunicare gli aspetti presenti nell'algoritmo che verrà
utilizzato per calcolare il «valore patrimoniale» degli immobili di categoria A, B e C che gli uffici del Territorio si
trovano nell'impossibilità di verificare. Come l'affaccio, allo stato di manutenzione, all'esposizione, che in un
progetto edilizio sono facilmente riscontrabili ma in una mappa catastale no.
Forse anche per questo nel nuovo testo base elaborato dal comitato ristretto si è deciso di ridare corpo alle
funzioni catastali dei Comuni, un progetto complesso partito con il Dpcm del 14 giugno 2007, che dava
concretezza al progetto del passaggio ai Comuni delle funzioni catastali (legge 296/2006). Nel marzo 2008 già
5.068 Comuni avevano scelto, con delibera, quali e quante funzioni assumere e 2.374 erano stati già considerati
"pronti" mentre altri 481 avevano deciso di affidarsi completamente all'ex agenzia del Territorio, che gestisce
centralmente il Catasto. Le delibere di altri 2.213 Comuni erano invece state respinte al mittente per irregolarità.
Proprio quando già si stavano già individuando i dipendenti del Territorio da trasferire ai Comuni, un ricorso al Tar
Lazio di Confedilizia aveva bloccato il 3 giugno 2008 il Dpcm. La decisione era stata cassata dal Consiglio di stato
e rinviata al Tar Lazio, che alla fine aveva emesso una sentenza (4312/2010) che comunque confermava
l'annullamento dell'articolo 3, comma 4 del Dpcm del 14 giugno 2007, per cui il governo avrebbe dovuto emanare
un nuovo Dpcm per meglio precisare le specifiche attività di esercizio delle funzioni dei comuni: «soprattutto per
impedire forme di accertamento catastale del tutto arbitrarie».
Ora, comunque, nella delega fiscale l'intenzione è di tornare in qualche modo sulla questione, (si veda «Il Sole 24
Ore» del 19 luglio), ridando corpo all'ipotesi del decentramento per facilitare la fornitura dei dati necessari per la
revisione delle rendite e valorizzando le esperienze positive sin qui realizzate, soprattutto in Comuni come Torino
e Genova. Qui, tra l'altro, i controlli sulle mancate comunicazioni di variazioni al Catasto per immobili ristrutturati
(che avrebbero dovuto passare di categoria e quindi aumentare la base imponibile) avevano già dato ottimi frutti.
LA PAROLA CHIAVE
Valore patrimoniale
Il valore patrimoniale di un immobile, necessario per la determinazione del valore catastale, sarà correlato alla
superficie dell'unità immobiliare e non più al numero dei vani, criterio attualmente utilizzato.
Per le unità immobiliari a destinazione catastale ordinaria (categorie A, B e C), il valore patrimoniale dipenderà
anche da valore di mercato, localizzazione e caratteristiche edilizie
Rassegna Stampa settimanale dal 15 al 21 luglio 2013
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Il Sole-24 Ore
PRIMO PIANO
Gli effetti. Le tariffe d'estimo a metro quadrato
Nella roulette delle rendite poche tutele per i proprietari
EQUILIBRIO DIFFICILE
Il gettito fiscale complessivo dovrebbe rimanere invariato ma la nuova distribuzione dei carichi
comporterà rincari per Irpef, Ires e Imu
Quali saranno, in concreto, gli effetti del nuovo Catasto, o meglio delle nuove tariffe d'estimo a metro quadrato?
È evidente che, partendo da dati oggettivi e di mercato, i valori e le rendite salirebbero moltissimo rispetto a oggi
(si veda la tabella a lato), anche se una norma della delega tutela, a dire il vero con formula un po' generica,
l'invarianza di gettito. Le aliquote Irpef, Ires e Imu delle imposte indirette dovrebbero, quindi, adattarsi alle nuove
basi imponibili. Del resto anche la delega (versione 2012, che però non risulta mutata in questo aspetto)
richiamava esplicitamente un intervento sulle aliquote Imu e soprattutto sul meccanismo delle detrazioni,
anticipando il dibattito di questi giorni perché imponeva di di rivedere il sistema considerando le condizioni socio
economiche delle famiglie come rappresentate dall'Isee.
Lo scopo finale, certo, è quello di un maggiore equità. Come rileva l'esperto fiscale dell'Unione nazionale
consumatori, Antonino Armao: «Oggi manca un sistema per aggiornare i redditi delle singole unità immobiliari e
di conseguenza si è prodotto nel tempo un progressivo scollamento tra la realtà dei valori catastali e i valori del
mercato immobiliare».
Rassegna Stampa settimanale dal 15 al 21 luglio 2013
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I valori previsti nel nuovo Catasto sono due: valore patrimoniale e rendita. Per il primo, partendo dal metro
quadrato, verrà elaborato un algoritmo che tenga conto del valore di mercato, della localizzazione e delle
caratteristiche edilizie (queste ultime, soprattutto, non vengono considerate nel mercato immobiliare). Per la
seconda il dato di base sono i redditi di locazione medi, la localizzazione e le caratteristiche edilizie; in assenza di
un mercato locativo attendibile, si potranno usare «saggi di redditività», desumibili dal mercato dell'ultimo
triennio e applicati al nuovo «valore patrimoniale». L'aiuto verebbe dai Comuni, che dovrebbero comunicare gli
aspetti presenti nell'algoritmo che verrà utilizzato per calcolare il «valore patrimoniale» che gli uffici del Territorio
si trovano nell'impossibilità di verificare (come l'affaccio, lo stato di manutenzione, l'esposizione).
L'altro aspetto importante, strettamente connesso ai nuovi valori e modificato con il nuovo testo base è la
struttura delle commissioni censuarie (incaricate appunto di validare le future rendite catastali), dove entreranno
anche esponenti degli enti locali e, novità assoluta, delle associazioni di categoria del mondo immobiliare (ma
quali, lo deciderà il Governo). Come è stato meglio chiarito venerdì, contro le decisioni delle comissioni censuarie
sarà possibile un ricorso amministrativo in autotutela ma destinatari del ricorso giusrisdizionale vero e proprio
saranno le commissioni tributarie. Al ricorso in autotutela sull'attribuzione delle nuove rendite e valori, peraltro,
dovrebbe essere data risposta in 60 giorni (termine che non risulta variato nel nuovo testo base): ma stiamo
parlando, con ogni probabilità, di centinaia di migliaia di ricorsi, quindi la gestione sarà complicata.
Per Corrado Sforza Fogliani, presidente di Confedilizia, il rischio è sulla formazione dell'algoritmo, chiave della
faccenda, la tutela del contribuente sia meno forte. «Mentre Tar e Consiglio di Stato giudicano solo in materia di
vizi di legittimità e le Commissioni tributarie giudicano anche nel merito, ma solo per quanto attiene
all'applicazione dell'algoritmo alla consistenza catastale. In sostanza l'algoritmo – come atto generale – sarebbe
impugnabile, sempre, solo per vizi di legittimità e non per ciò che invece interessa, cioè la congruità. Salvo,
naturalmente l'eccesso di potere, difficilmente, per non dire solo eccezionalmente, ravvisato. Occorre,
all'evidenza, trovare (e non è difficile) una via che salvaguardi il legittimo diritto del contribuente ad avere un
rimedio giurisdizionale (terzo) nel merito e, nello stesso tempo, che scongiuri la possibilità di un eccesso di
contenzioso e di un blocco del procedimento estimativo».
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