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CARRIERA. Come crescere nelle organizzazioni senza cadere nell'adulazione
La differenza tra cordate e
network
In un momento di grande fragilità personali e collettive, è facile che nelle
organizzazioni le consorterie riprendano forza e potere, con un'illusoria promessa
di protezione. Ma attenzione, servono solo a imporre il potere di pochi sui tanti
di Paolo lacci
S
i narra che l'ammiraglio Wellington una notte fosse svegliato
all'improvviso dall'attendente, assai preoccupato: «Ammiraglio, c'è
una nave di fronte a noi in rotta
di collisione». E Wellington: «Comunicate
che si spostino di 30 gradi sud». Dopo un
po' torna l'attendente: «Ammiraglio scusi, ma
chiedono a noi di modificare la rotta». Allora
Wellington, molto scocciato, si alza - «.. .devo
fare sempre tutto io» — va in sala comando
e fa trasmettere la seguente comunicazione:
«Sono l'ammiraglio Wellington, comandante
della nave inglese Queen Mary. Richiedo
che modifichiate la vostra rotta di 30 gradi
sud, altrimenti adotteremo misure drastiche».
Arriva pronta la risposta: «Sono un marinaio
di seconda ma vi esorto lo stesso, con urgenza, a correggere voi la rotta di 30 gradi sud».
Adesso Wellington è fuori di sé dalla rabbia:
«Sono una nave da guerra». «Ammiraglio
Wellington, qui è il faro».
Nell'aneddoto, non si sa quanto veritiero, c'è
tutta l'arroganza del potere e lo smacco cui incorre quando smette di guardare la realtà con
gli occhi di tutti noi. Tanta spocchia ricorda
molti protagonisti del Bel Paese.
Classe dirigente in difetto
Gli italiani adorano gli uomini di potere. Farebbero qualsiasi cosa pur di stare all'ombra
del potente. Per godere della sua vicinanza e
farsene vanto. Tanta avidità di arrivare vicino al
potere sembra però annichilirli appena entrano
nella stanza dei bottoni. Quando prendono in
mano le redini di una qualsiasi cosa, sembrano
improvvisamente colpiti da impotentia generarteli e non riescono a farsi classe dirigente. Si
preferisce strisciare piuttosto che comandare.
Sembra sia preferibile vivere all'ombra dei
potenti, piuttosto che assumersi, oltre agli
onori, anche gli oneri del potere. Questo è il
motivo culturale per cui l'Italia è uno dei paesi
dove più si sente la mancanza di una classe
dirigente autorevole. Nel nostro paese non c'è
insofferenza verso l'eccesso di autorità, ma, al
contrario, rammarico per la sua mancanza. Gli
italiani la vorrebbero forte, molto autorevole,
talvolta perfino un po' autoritaria. Negli ultimi
trent'anni, invece, la classe dirigente italiana è a
poco a poco evaporata. E gli italiani la ripagano
d'ugual moneta. Il livello di fiducia della gente
verso le nostre istituzioni o verso i singoli leader non è mai stato così basso. Parallelamente,
l'italiano medio ha perso il senso del proprio
essere come entità distinguibile da tutte le altre,
in una parola la sua identità, come popolo e
spesso anche come singolo individuo.
Paolo lacci è
presidente Eca
Italia e Presidente
Aidp Promotion
(Associazione italiana
per la direzione del
personale)
Attenzione al ritorno delle
All'origine dell'attuale crisi d'identità e di
appartenenza c'è lo sgretolamento di quelli
che in passato erano stati i fattori aggreganti:
fede, lavoro e ideologie oggi appaiono sempre
meno capaci di costituire il tessuto connettivo
della nostra società. La perdita di ogni tipo
di riferimento, politico, civile, sociale, etico
confina l'individuo in una crisi che oggi non è
più solamente economica, ma anche valoriale.
Sono evidenti le manifestazioni di fragilità sia
personali sia collettive: comportamenti e atteggiamenti spaesati, indifferenti, cinici, passivamente adattativi, prigionieri delle influenze mediatiche, condannati al presente senza
profondità di memoria e futuro. Intanto,
L'ARTE
STRISCIARE
L'arte di strisciare.
Come avere
successo nella vita
e nel lavoro, Paolo
lacci Icori prefazione
dì Enrico Finzil,
guerini Next, 2015
LIMPRESAN°10/2015
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COMPETENZE
nelle organizzazioni la meritocrazia
muore, il ricambio sociale è ai minimi storici, e nelle imprese nessuno
decide. In questo clima le consorterie
riprendono corpo, potere e funzione.
Danno la sensazione, assolutamente
infondata, di poter assumere una
funzione difensiva verso i singoli, che
così si sentono meno soli, più tutelati.
"L'arte di strisciare" codifica la possibilità di pochi di primeggiare sui
molti, indipendentemente dalle capacità e dai meriti. Basterebbe poco
per bloccare "i soliti furbetti". Basterebbe dire "No". Ma nessuno lo dice.
Ci si sente soli, abbandonati, precari
e ci si rifugia nella falsa apparenza
protettiva della "corte" aziendale. Ci
scaviamo, cioè, la fossa da soli.
Cordate aziendali, cancri
organizzativi
Nel Medioevo le consorterie erano
associazioni di famiglie nobili, nate
a cavallo tra il dissolversi del mondo
feudale e l'affermarsi del Comune,
che si univano "a una medesima
sorte", spesso legandosi con rapporti
di parentela e matrimoni incrociati.
Le consorterie furono alla base di
epici scontri tra fazioni, come a Firenze tra i guelfi e i ghibellini. Nelle
moderne aziende si formano gruppi informali in cui tutti gli adepti
si muovono di concerto, occupando
quante più posizioni di potere possibile, in un meccanismo di favori
incrociati, per consentire carriere più
veloci e una vita aziendale migliore
a tutti gli appartenenti allo stesso
gruppo. Questo tipo di alleanze richiede fedeltà, nel senso del dovere
che gli inferiori hanno verso il capo
branco. Tutt'altra cosa dalla lealtà
richiesta tra amici, tra persone che
si stimano vicendevolmente e che
hanno tra loro un rapporto paritario.
Le cordate aziendali sono dei veri e
propri cancri organizzativi. Come le
cellule neoplastiche, nel corso della
loro moltiplicazione, formano propaggini che avvinghiano le cellule
normali vicine e le distruggono, così
le fazioni aziendali antepongono gli
interessi dei propri adepti a quelli di
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L1MPRESAN°1O/2O15
II decalogo dello scalatore
di organigrammi
Si può far carriera anche senza leccare
incessantemente le terga del potente di
turno? Certamente si! Giocare però tutto sulla propria professionalità potrebbe
rivelarsi conditio necessaria ma, talvolta,
non sufficiente.
Imparate allora a memoria il decalogo
della carriera:
Sii leale, non fedele. I cani sono fedeli,
i collaboratori onesti non smettono di
pensare con la propria testa.
Nelle organizzazioni tutti sanno tutto
e nessuno dimentica nulla. Chi crede
di essere sempre il più furbo alla fine
rischia di trovarsi in mezzo a brutte
sorprese.
Una cordata non è mai per sempre.
Ormai gli scenari organizzativi sono così
velocemente mutevoli che non è mai
buona cosa addormentarsi sugli allori.
Sii gentile con le persone che incontri salendo, perché sono le stesse che
incontrerai scendendo.
Tratta il tuo collaboratore pensando
che un domani potrebbe diventare il tuo
capo.
Sii riconoscente con chi ti ha aiutato.
Sembra ovvio, ma è la regola meno praticata.
Quando assumete un nuovo incarico,
date il 100% subito, ma se non è abbastanza, date il rimanente subito dopo.
Il miglior modo di evitare il pericolo è
affrontarlo coraggiosamente.
È inutile lamentarsi, se il mondo fosse perfetto, non lo sarebbe.
E per finire, la regola base dello scalatore di organigrammi: se non sapete
dove state andando, vi troverete a vagare altrove. Prendete in mano il vostro
destino, siete gli unici davvero interessati a farlo.
chiunque altro e formano strutture
informali che aggrediscono i nuclei
sani dell'organizzazione. Dare nuovo
vigore concreto ad alcuni principi
cardine come la responsabilità individuale e il merito è l'unico modo per
sconfiggerle.
llruc
Le conventicole, 1 giri dei soliti noti,
le lobby hanno la funzione di proteggere i propri adepti in quanto
"servi", membri fedeli della setta,
indipendentemente dai loro meriti e
dalle capacità che possono mettere a
disposizione degli altri. Al contrario,
i network di persone sono la base
del principio di comunità dentro le
strutture organizzative. Non hanno
la funzione di dispensare favori ai
loro membri, ma mettono in comunicazione le persone tra loro, affinchè
vi possa essere scambio e crescita
comune superando eventuali barriere
organizzative o di altra natura (censo,
geografica, di appartenenza, e così
via). Luna è l'esatto opposto dell'altra. Gli italiani però sono il popolo
meno cooperativo e più individualista che ci sia. Da qui la necessità che
ci si impadronisca dei meccanismi di
funzionamento dei network e che si
impari come stabilire rapporti empatici con le persone all'interno delle
organizzazioni, pubbliche o private
che siano. L'arte dello strisciare è come Giano bifronte. Da un lato, è l'insieme dei meccanismi che sostiene
tutte le consorterie: queste determineranno, se non sconfitte, il collasso
del nostro sistema. Ma, nello stesso
tempo, è anche la capacità di stabilire
connessioni positive tra le persone
perché possano, insieme, vincere la
solitudine propria di questo nostro
mondo sempre più complesso, destrutturato, ad altissima innovazione
e a bassissima intensità di rapporti
umani "caldi". Il tema, in realtà, è
tutt'altro che nuovo. Nel 1813, ad
esempio, viene pubblicata postuma
la "facezia filosofica" Essai sur l'art
deramper, à l'usage des courtisans (L'arte di strisciare, a uso dei cortigiani) di
Paul H e n r i Thiry, barone d'Holbach.
A distanza di più di duecento anni,
ho deciso di riprendere quella critica
ironica e corrosiva contro la classe
dirigente del tempo, corredata da
un'appendice letteraria sull'adulazione e la piaggeria nei secoli. C o n il
sorriso sempre sulle labbra. C o n tutta
la serietà che il tema richiede, con
tutta la leggerezza che il richiamo a
d'Holbach impone.
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